
Il giorno 30 maggio 2025 alle ore 17.30, Claudia Chianese presenta, negli spazi del suo Atelier, il progetto Rose is a rose is a rose is a rose, a cura e con un testo critico di Roberta Melasecca.
Claudia Chianese Rose is a rose is a rose is a rose A cura di Roberta Melasecca Inaugurazione 30 maggio 2025 ore 17.30 Atelier Claudia Chianese Via Palermo 47 – Roma Fino al 21 giugno 2025 |
Come scrive la curatrice, in questo nuovo progetto espositivo e di ricerca «Claudia Chianese sceglie la via dell’attraversare. Non rimane sui bordi, delinea i dettagli da scandagliare e invoca la forma che meglio la tratteggia. Identifica l’oggetto che costituisce il topos letterario e figurativo per eccellenza – la rosa – e lo fa proprio. In esso riversa un’ansia di conoscenza, di scoperta, di determinazione. Nel ritrarre la rosa – nel suo significato di secoli di arte, letteratura e spiritualità – l’artista compie un viaggio nei meandri intricati del reale, senza il timore di toccarne le molteplici raffigurazioni, consapevole della triplice essenza di fiore, foglia e spina.

Ogni immagine fotografata, ogni linea segnata, ogni colore steso diventano atto di incontro, di pensiero, per riportare alla luce porzioni di sé. Claudia reitera continuamente e instancabilmente il soggetto, lo declina attraverso differenti media – fotografia, pittura, collage – conferendogli diverse conformazioni, dalle più descrittive alle più immaginifiche. Eppure nulla è mai esaustivo. Nessuna rappresentazione termina completamente perchè la fine del cercare è sempre lontana, e ogni opera apre a nuovi segmenti di se stessa, ancora inesplorati.
Torna alla mente il verso tautologico di Gertrude Stein, Rose is a rose is a rose is a rose (una rosa è una rosa è una rosa è una rosa). Come osserva Umberto Eco nel saggio La struttura assente, nell’usare la figura retorica della ripetizione la scrittrice richiama le tante connotazioni e accezioni che la rosa trascina con sé, lasciando la libertà di riempire quella parola di ciò che parla di ognuno di noi. La rosa è una rosa: afferma il principio di identità. Ma la seconda rosa è già un’altra, una diversa. E la terza rosa è quella verità profonda – e il suo opposto. Così anche le prime opere di Claudia dedicate alla rosa esprimono un avvicinamento. Le successive un attraversamento del proprio spirito e quelle dopo, e dopo ancora, testimoniano la bellezza ritrovata dal dolore, dalla meraviglia. Claudia riscopre un angolo di pacificazione, in un transito di affioramenti e dissoluzioni. Indugia, guarda le cose silenziose, ascolta. Non riduce la realtà a informazioni, genera momenti epifanici dove ogni elemento si manifesta come luce del mattino che eleva di grado».

Claudia Chianese – Note biografiche
Claudia Chianese è nata nel 1969. Si diploma a Roma in arti visive, specializzandosi in graphic design al Centrostudi Comunicazione Cogno Associati con il massimo dei voti. Vince una borsa di studio della Regione Lazio all’Accademia del Superfluo dove si diploma in decorazione e restauro di decorazione. Studia fotografia all’Istituto Superiore di Fotografia, disegno con Beatrice Tabegna e con Ellen Wolf. Studia pittura con Fausta D’Ubaldo, della scuola di Pedro Cano e con Guido D’Angelo all’Accademia di Belle Arti Rufa dove frequenta alcuni corsi di approfondimento. Nel 1990 inizia come graphic designer nello Studio Convertino di Roma. Nel 1994 approda in pubblicità in Saatchi & Saatchi. Poi, dal 1997, in Mc Cann-Erickson Roma come art director su molti dei più importanti clienti. Nel 1999 trascorre tre mesi in Amsteryard New York dove lavora per Martini. Nel 2004 ritorna in Saatchi & Saatchi Roma dove prende l’incarico di creare “Saatchi Design”. Come direttore creativo del reparto, cura la coorporate identity di molti clienti dell’agenzia. Ha vinto un Leone di Bronzo a Cannes, due Argenti all’ADCI, due Argenti al New York Press and Poster Festival e un premio per la miglior sceneggiatura al Mezzo Minuto d’Oro. Ha accumulato sette ingressi all’ADCI e due all’ADCE ed è stata finalista al Key Awards, al Cresta Awards, al New York Film Festival, al New York Press and Poster Festival, al Lapis Annual, all’Epica e al London International Awards. Ha collaborato con l’Istituto Superiore di Fotografia e con l’Istituto Europeo di Design come docente. Artista da sempre, nel 2008 lascia i suoi impegni pubblicitari per dedicarsi a tempo pieno alla ricerca creativa. Lavora su scultura, pittura, fotografia e gioiello scultura. Il suo profondo legame con gli alberi e l’ambiente la porta ad indagare sugli elementi e sull’intima relazione tra essere umano e natura, tendendo continuamente ad un punto di equilibrio tra parti apparentemente opposte e inconciliabili come terra e cielo, luce e ombra, bianco e nero. Hanno scritto su di lei Brunella Buscicchio, Manuela De Leonardis, Anna D’Elia, Francesco Gallo Mazzeo, Roberta Melasecca, Selene Sconci.
M’incanta il mormorio
di Roberta Melasecca
M’incanta il mormorio di un’ape, recita Emily Dickinson. Ed è più facile morire che rispondere a certi interrogativi che, all’apparenza, sembrano semplici. Solo all’apparenza. Smetti di leggere queste righe, torna ai versi. Recitali ad alta voce:
M’incanta il mormorio / di un’ape – / se qualcuno chiede perché – / più facile è morire / che rispondere. / Il rosso sopra il colle / annulla la mia volontà – / se qualcuno sogghigna / stia attento – / perché Dio è qui – / questo è tutto. / La luce del mattino / mi eleva di grado – / se qualcuno chiede come – / risponda l’artista / che mi tratteggio così.
Ti accorgerai, ora che li hai enunciati, che essi non pongono domande generiche ma la domanda:
da questo universo che esiste fuori e dentro di me, da questo spazio unico di cui sono parte, dalla luce del mattino che mi eleva, dal rosso del colle da cui scorgo Dio…
Esiste un messaggio? Uno che mi definisca, che mi tratteggi, che stabilisca la mia esistenza?
Il quesito sottende un sistema complesso. Come notava il fisico danese Niels Bohr, esistono due tipi di verità: le verità semplici, il cui opposto è un assurdo, e le verità profonde, il cui opposto è un’altra verità. Nel gioco delle antinomie, allora, non troviamo risposte definitive, ma una visione processuale dell’esistere, che si può percorrere in due modi: avanzando lungo il confine senza mai varcare l’oltre, oppure attraversando le cose e penetrandole.
In entrambi i casi, ci muoviamo in un magma impastato di sentimenti primordiali, dove distinguiamo le energie termodinamiche che consentono il cammino e le variabili che disequilibrano la vita: la bellezza e il dolore.
Lungi dall’essere termini antitetici, estetica e sofferenza appaiono invece indissolubili. Forse perché la bellezza si compone di due dimensioni: quella sensibile – dei sensi, della materia, dell’io – e quella sovrasensibile, che è un’ulteriorità, un’eccedenza.
Per citare Emanuele Severino, la stessa filosofia nasce dalla meraviglia, intesa nel significato greco di thauma, lo stupore angoscioso sul divenire del mondo, sul trasformarsi delle cose. E come scrive il filosofo sud coreano Byung-Chul-Han, solo la vita che vive, che è capace di provare dolore, riesce a pensare.
Claudia Chianese sceglie la via dell’attraversare. Non rimane sui bordi, delinea i dettagli da scandagliare e invoca la forma che meglio la tratteggia. Identifica l’oggetto che costituisce il topos letterario e figurativo per eccellenza – la rosa – e lo fa proprio. In esso riversa un’ansia di conoscenza, di scoperta, di determinazione.
Nel ritrarre la rosa – nel suo significato di secoli di arte, letteratura e spiritualità – l’artista compie un viaggio nei meandri intricati del reale, senza il timore di toccarne le molteplici raffigurazioni, consapevole della triplice essenza di fiore, foglia e spina.
Ogni immagine fotografata, ogni linea segnata, ogni colore steso diventano atto di incontro, di pensiero, per riportare alla luce porzioni di sé. Claudia reitera continuamente e instancabilmente il soggetto, lo declina attraverso differenti media – fotografia, pittura, collage – conferendogli diverse conformazioni, dalle più descrittive alle più immaginifiche.
Eppure nulla è mai esaustivo. Nessuna rappresentazione termina completamente perchè la fine del cercare è sempre lontana, e ogni opera apre a nuovi segmenti di se stessa, ancora inesplorati.
Torna alla mente il verso tautologico di Gertrude Stein, Rose is a rose is a rose is a rose (una rosa è una rosa è una rosa è una rosa). Come osserva Umberto Eco nel saggio La struttura assente, nell’usare la figura retorica della ripetizione la scrittrice richiama le tante connotazioni e accezioni che la rosa trascina con sé, lasciando la libertà di riempire quella parola di ciò che parla di ognuno di noi.
La rosa è una rosa: afferma il principio di identità. Ma la seconda rosa è già un’altra, una diversa. E la terza rosa è quella verità profonda – e il suo opposto.
Così anche le prime opere di Claudia dedicate alla rosa esprimono un avvicinamento. Le successive un attraversamento del proprio spirito e quelle dopo, e dopo ancora, testimoniano la bellezza ritrovata dal dolore, dalla meraviglia.
Claudia riscopre un angolo di pacificazione, in un transito di affioramenti e dissoluzioni. Indugia, guarda le cose silenziose, ascolta. Non riduce la realtà a informazioni, genera momenti epifanici dove ogni elemento si manifesta come interlocutore svettante che si impone sopra di noi, come luce del mattino che eleva di grado.
È una questione di fede.
Fede in quanto stiamo concretizzando nella vita. Nella mano che genera e plasma, nella voce che costruisce narrazioni e memorie.
È riconoscere il mistero del progetto umano: quel “non conosciuto” che ci dona un destino, una storia, una coscienza materiale, un desiderio. Il desiderio ri-materializzare il mondo di cose che appartengono al reale – da toccare, odorare, assaporare – ma anche all’universo del sogno.
M’incanta il mormorio
di un’ape –
se qualcuno chiede perchè –
più facile è morire
che rispondere.
Il rosso sopra il colle
annulla la mia volontà –
se qualcuno sogghigna
stia attento – perchè Dio è qui –
questo è tutto.
La luce del mattino
mi eleva di grado –
se qualcuno chiede come –
risponda l’artista
che mi tratteggio così.
1- Umberto Galimberti, Il mistero della bellezza, 2016, Orthotes editore
2- Byung-Chul-Han, La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite, 2021, Einaudi
3- Byung-Chul-Han, Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale, 2022, Einaudi
4- Ibidem
5- Emily Dickinson
Claudia Chianese Rose is a rose is a rose is a rose A cura di Roberta Melasecca Inaugurazione 30 maggio 2025 ore 17.30 Fino al 21 giugno 2025 Orari: su appuntamento claudia@claudiachianese.it Atelier Claudia Chianese Via Palermo 47 – Roma claudia@claudiachianese.it www.claudiachianese.it Comunicazione Roberta Melasecca Melasecca PressOffice – blowart roberta.melasecca@gmail.com |
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