Le Passeggiate del Direttore: Faraoni Dei e Re

Cosa c’è di meglio di una web serie per tenervi compagnia? A grande richiesta, vi presentiamo LE PASSEGGIATE DEL DIRETTORE, la prima stagione di una serie firmata dal Museo Egizio, un viaggio nella storia suddiviso in brevi episodi. 

Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo. Nel 2004 il ministero dei beni culturali l’ha affidato in gestione alla “Fondazione Museo Egizio di Torino”. Nel 2019 il museo ha fatto registrare 853 320 visitatori, risultando il sesto museo italiano più visitato. Nel 2017 i Premi Travellers’ Choice di TripAdvisor classificano l’Egizio al primo posto tra i musei più apprezzati in Italia, al nono in Europa e al quattordicesimo nel mondo.
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Le Passeggiate del Direttore: Faraoni Dei e Re 

IMMAGINE DI APERTURA – Ingresso del museo egizio, Torino (Fonte Wikipedia)

Letizia Sechi – Editoria digitale

Questo testo propone uno spaccato sul panorama dell’editoria digitale, illustrando i presupposti che ne favoriscono la diffusione e analizzando nel dettaglio linguaggi, formati, dispositivi e concrete esperienze editoriali, con un occhio di riguardo ai problemi pratici legati alla produzione dei libri digitali e ad alcune criticità come quelle poste – per esempio – dal copyright. Queste le domande intorno a cui si sviluppa il discorso: cos’è l’editoria digitale? Su quali prodotti si concentra? Come vengono distribuiti? In quali formati? Come cambia il flusso di lavoro sul contenuto? Al centro una riflessione sull’alternativa tra libri stampati e libri elettronici, e un’analisi sulle possibilità offerte da nuove tecnologie per la presentazione dei contenuti. Senza dimenticare che attraverso il Web e i motori di ricerca trovare e leggere è diventato più semplice e veloce. Un libro per riconsiderare il processo che porta un contenuto al lettore. In pratica per imparare a fare editoria digitale.

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Pexels da Pixabay

Paul Gauguin – Il Cristo giallo

Il Cristo giallo, 1889, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo

IL DIPINTO

Il Cristo giallo (Le Christ jaune) è un dipinto del pittore francese Paul Gauguin, realizzato nel 1889 e conservato alla Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. Gauguin qui si confronta con un tema religioso che ha già affascinato migliaia di artisti: la crocifissione di Gesù. Se, tuttavia, il racconto dei Vangeli testimonia come che il supplizio di Gesù Cristo sulla croce avvenne sulla piccola altura del Golgota a settentrione di Gerusalemme, Gauguin opera una trasposizione spazio-temporale, e riconduce l’evento alla dimensione quotidiana della Bretagna ottocentesca, regione presso la quale egli risiedeva sin dal 1886. Riprendendo il commento dello stesso Gauguin, l’opera raffigura «un Cristo pietoso e selvaggio […] imbrattato di giallo» sullo sfondo di «una campagna affogata nel giallo». Mai descrizione poteva essere più veritiera: le campagne bretoni, costellate qua e là di alberi che divampano con una suggestiva colorazione rosso-arancio, si tingono infatti di un giallo intensissimo, ripreso e variato nell’incarnato del Cristo, crocifisso in primo piano e circoscritto da un contorno nero e verde. Gauguin per il Gesù si ispira alle fattezze del proprio volto e, soprattutto, a un crocifisso ligneo policromo, opera tardomedievale di un artigiano minore, che aveva potuto ammirare alla cappella di Trémalo, frazione rurale poco distante da Pont-Aven. Tutt’intorno alla croce, infine, si dispongono alcune contadine bretoni abbigliate con i loro vestiti tradizionali, quasi fossero delle pie donne evangeliche.

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Autoritratto con il Cristo giallo, 1889, Museo d’Orsay, Parigi

L’ARTISTA

Paul Gauguin (Parigi, 7 giugno 1848 – Hiva Oa, 8 maggio 1903) è stato un pittore francese, considerato tra i maggiori interpreti del post-impressionismo. Eugène-Henri-Paul Gauguin nacque il 7 giugno 1848 a Parigi, al n. 56 di rue Notre-Dame-de-Lorette, celebre strada di Montmartre. La madre, Aline Marie Chazal (1831-1867), discendeva da una famiglia spagnola con diramazioni in Perù, stato presso il quale godeva di notevole prestigio politico e benessere finanziario: la madre della Chazal era infatti Flora Tristan, una scrittrice molto nota dall’animo ribelle e avventuroso, impegnata politicamente (supportava con calda simpatia la causa del socialismo sansimoniano) e socialmente (era infatti una femminista ante litteram e una sostenitrice dell’amore libero). Il padre, Clovis Gauguin, era un giornalista al servizio della rivista Le National animato da un solido credo repubblicano, che gli costò tuttavia notevoli attriti con la presidenza di Napoleone III. Nel 1849 la stanchezza del parlamentarismo e della Repubblica, attraversata com’era da fortissimi conflitti intestini, era palese a tutti i Francesi, e altrettanto trasparenti erano le ambizioni di Napoleone III di far rivivere lo spirito bonapartista dello zio defunto e di restaurare l’Impero con un colpo di stato. Clovis Gauguin, spaventato da un clima politico così teso, nello stesso anno decise di approfittare delle ramificazioni peruviane della famiglia della moglie e di trasferirsi a Lima, in Sud America, insieme a Flora, a Paul e alla primogenita Marie. Papà Clovis morì il 30 ottobre 1849 durante il viaggio in piroscafo: ciò, tuttavia, non compromise la fanciullezza del giovane Gauguin, che si consumò in un’agiatezza idilliaca e in un borgo splendidamente pittoresco, quale era Lima, che poi egli stesso rievocherà nei suoi scritti colorandolo della sua grande nostalgia di emigrato.

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Le Passeggiate del Direttore: Petamenofi e l’Egitto romano

Cosa c’è di meglio di una web serie per tenervi compagnia? A grande richiesta, vi presentiamo LE PASSEGGIATE DEL DIRETTORE, la prima stagione di una serie firmata dal Museo Egizio, un viaggio nella storia suddiviso in brevi episodi. 

Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo. Nel 2004 il ministero dei beni culturali l’ha affidato in gestione alla “Fondazione Museo Egizio di Torino”. Nel 2019 il museo ha fatto registrare 853 320 visitatori, risultando il sesto museo italiano più visitato. Nel 2017 i Premi Travellers’ Choice di TripAdvisor classificano l’Egizio al primo posto tra i musei più apprezzati in Italia, al nono in Europa e al quattordicesimo nel mondo.
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Le Passeggiate del Direttore: Petamenofi e l’Egitto romano

IMMAGINE DI APERTURA – Ingresso del museo egizio, Torino (Fonte Wikipedia)

Il turismo italiano contribuisce all’economia più di Francia e Spagna

di Francesca Cicatelli
Enit – Direzione Esecutiva – Comunicazione e Ufficio Stampa Enit

Il turismo italiano concorre all’economia più di Francia e Spagna. Il contributo diretto del turismo all’economia italiana nel confronto internazionale in termini economici (mantenendo fermo il PIL nazionale totale economia 2019) diminuirà di -2,6 punti percentuali nel 2020 (3,2% del PIL) rispetto al 2019 (5,7% del PIL). Sebbene significativo, questo calo è inferiore a quello di molti altri Paesi: 4,5% la Francia, -3,1% la Spagna. “La flessibilità del nostro sistema di offerta compensa parzialmente la riduzione dei flussi stranieri grazie alla capacità dei nostri operatori di attrarre sia il mercato domestico” dichiara il Presidente Enit Giorgio Palmucci. In effetti, il contributo diretto del turismo in Italia all’economia in generale si riduce di poco meno della metà, rispetto a più della metà per tutti gli altri Paesi selezionati. L’analisi delle prenotazioni aeroportuali da settembre fino a novembre nel confronto con i competitor diretti Spagna e Francia, rileva in Italia 49mila 588 prenotazioni a settembre, 43mila 501 a ottobre e a novembre di 18mila 538 prenotazioni, per un totale di 162 mila 083 prenotazioni aeroportuali da agosto a novembre, grazie alla migliore performance prevista per settembre e ottobre. Nel complesso tra agosto e novembre sono 170mila 587 prenotazioni di passeggeri aeroportuali internazionali per la Spagna e 154 mila 873 per la Francia, su cui l’Italia ha un vantaggio competitivo. Dagli ultimi aggiornamenti si prevede che i visitatori internazionali pernottanti diminuiranno del -58% (37 milioni di visitatori) nel 2020. Il numero dei pernottamenti diminuirà di 126 milioni rispetto al 2019. Sul mercato domestico è confermato il trend discendente del -31% (16 milioni di visitatori); i pernottamenti domestici si prevedono inferiori di 46 milioni nel 2020 rispetto al 2019. I mercati di prossimità restituiscono la seguente fotografia del turismo. Attraverso 4500 contatti per individuare il campione valido di 1.500 vacanzieri all’estero, tra francesi, tedeschi e britannici è emerso che per le future vacanze in Italia i Paesi di prossimità come Francia, Germania e Uk si orienteranno su varie combinazioni di prodotto. I francesi e i britannici su cultura, vacanza gourmand e mare; i tedeschi il mare si abbina alla cultura e al relax. Interessante per i turisti britannici anche il folklore e la vacanza sociale in gruppi. Tra le esperienze interessanti per i turisti britannici anche la tradizione ed il folclore e la vacanza sociale. Tra le destinazioni che vorrebbero visitare ci sono le bellezze toscane (69%) con in testa Firenze e Pisa, quelle lombarde (65%) con Milano e il lago di Como, il Lazio (63%) con Roma (61%), il Veneto (62%) con Venezia e le altre città venete e la Campania (60%) con Napoli, le zone archeologiche, Ischia e Capri. Quella futura in Italia sarà una vacanza di coppia o in famiglia con i bambini per tutti, in media in gruppo di 3/4 persone, di durata di 9/10 notti. Si tratterà di una vacanza tutto compreso per il 50% dei britannici, il 30% dei tedeschi ed il 29% dei francesi. L’alloggio per la futura vacanza in Italia sarà in hotel 4 o 5 stelle per i turisti da UK (45%), 3 stelle per i francesi (34%). Tra chi utilizzerà le abitazioni private i tedeschi (25%) in particolare in affitto (21%).

IMMAGINE DI APERTURA Foto di Wolfgang Eckert da Pixabay

Vincent van Gogh – Ritratto del dottor Gachet

Ritratto del dottor Gachet, 1890, Collezione privata

IL DIPINTO

Il Ritratto del dottor Gachet è un’opera pittorica di Vincent van Gogh eseguita nel 1890. Paul Gachet era un medico psichiatra, amante dell’arte: incontrò Vincent van Gogh tramite il fratello di lui Theo e immediatamente i due si trovarono in sintonia nell’analoga visione dell’arte. Il dottore si rese disponibile a posare per Vincent, che da tanto tempo cercava un modello da ritrarre dal vero. Lavorando in comunione alla realizzazione dell’opera i due ottennero un risultato straordinario. Il dottore ne fu talmente compiaciuto che ne volle la realizzazione di una copia. Il dipinto è estremamente innovativo: Van Gogh abbandonò le pose statiche e convenzionali dei precedenti dipinti. Il triste volto del dottore è «l’espressione disillusa del nostro tempo» ebbe modo di affermare Van Gogh in una lettera indirizzata al collega ed amico Paul Gauguin (lettera n. 643 del giugno 1890). In un altro messaggio al fratello Theo in cui descrive l’ultimo frutto della sua passione, il pittore dichiarò: «la testa con un berretto bianco, molto bionda, molto chiara; anche la carnagione delle mani molto bianca, un frac blu e uno sfondo blu cobalto. Le mani sono mani da ostetrico, più chiare del volto.» (lettera n. 638, datata 4 giugno 1890). Nel ritratto l’artista attua un forte contrasto cromatico. In primo piano, sul tavolo, accanto ai libri una pianta di digitale. Diverse inclinazioni del pennello sono abbinate nell’insieme; dense e marcate pennellate che animano la giacca del dottore e lo sfondo, omogeneamente accompagnano le dritte e piatte linee del tavolo. Infine la parte superiore dell’opera è separata da una linea ondulata.

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Autoritratto, 1887, The Art Institute of Chicago

L’ARTISTA

Vincent Willem van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) è stato un pittore olandese. Fu autore di quasi novecento dipinti e di più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e i tanti appunti destinati probabilmente all’imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese. Tanto geniale quanto incompreso se non addirittura disprezzato in vita, Van Gogh influenzò profondamente l’arte del XX secolo; dopo aver trascorso molti anni soffrendo di frequenti disturbi mentali, morì all’età di soli trentasette anni. Iniziò a disegnare da bambino nonostante le continue pressioni del padre, pastore protestante che continuò ad impartirgli delle norme severe; continuò comunque a disegnare finché non decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere tardi, all’età di ventisette anni, realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. I suoi soggetti consistevano in autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazione di campi di grano e girasoli. La sua formazione si deve all’esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet.

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Edmondo de Amicis a Porta Pia: “Ho visto passare il 40º a passo di carica”

Nel 1870, appena 23enne, Edmondo de Amicis si trovava sul campo di battaglia al seguito del Regio Esercito quale cronista militare. Questo il suo resoconto pubblicato il 21 Settembre.

Roma 20 settembre 1870 – La breccia, qualche decina di metri sulla destra di porta Pia, in una foto di Lodovico Tuminello

di Edmondo de Amicis

Ieri mattina alle quattro fummo svegliati a Monterotondo, io e i miei compagni, dal lontano rimbombo del cannone. Partimmo subito. Appena fummo in vista della città, a cinque o sei miglia, argomentammo dai nuvoli del fumo che le operazioni militari erano state dirette su varii punti. Così era infatti. Il 4º corpo d’esercito operava contro la parte di cinta compresa tra porta San Lorenzo e porta Salara; la divisione Angioletti contro porta San Giovanni; la divisione Bixio contro porta San Pancrazio. Il generale Mazè de la Roche, colla 12ª divisione del 4º corpo, doveva impadronirsi di porta Pia.
A misura che ci avviciniamo (a piedi, s’intende) vediamo tutte le terrazze delle ville piene di gente che guarda. Presso la villa Casalini incontriamo i sei battaglioni bersaglieri della riserva che stanno aspettando l’ordine di avanzarsi contro porta Pia. Nessun corpo di fanteria aveva ancora assalito. L’artiglieria stava ancora bersagliando le porte e le mura per aprire le breccie. Non ricordo bene che ora fosse quando ci fu annunziato che una larga breccia era stata aperta vicino a porta Pia, e che i cannoni dei pontificii appostati a quella porta erano stati smontati. Si parlava di qualcuno dei nostri artiglieri ferito. Ne interrogammo parecchi che tornavano dai siti avanzati, e tutti ci dissero che i pontificii davano saggio d’una meravigliosa imperizia nel tiro, che i varchi già erano aperti, che l’assalto della fanteria era imminente. Salimmo sulla terrazza d’una villa e vedemmo distintamente le mura sfracellate e la porta Pia malconcia. Tutti i poderi vicini alle mura brulicavano di soldati. In mezzo agli alberi dei giardini si vedevano lunghe colonne di artiglieria. Ufficiali di stato maggiore e staffette correvano di carriera in tutte le direzioni.
È impossibile ch’io vi dia notizie particolari di quello che fecero le altre divisioni. Vi dirò della divisione Mazè de la Roche, che è quella ch’io seguii.
La strada che conduce a porta Pia è fiancheggiata ai due lati dal muro di cinta dei poderi. Ci avanzammo verso la porta. La strada è dritta e la porta si vedeva benissimo a una grande lontananza; si vedevano i materassi legati al muro dai pontificii, e già per metà arsi dai nostri fuochi; si vedevano le colonne della porta, le statue, i sacchi di terra ammonticchiati sulla barricata costrutta dinanzi; tutto si vedeva distintamente. Il fuoco dei cannoni pontificii, da quella parte, era già cessato, ma i soldati si preparavano a difendersi dai muri. A 300 o 400 metri dalla barricata due grossi pezzi della nostra artiglieria traevano contro la porta e il muro. Il contegno di quegli artiglieri era ammirabile. Non si può dire con che tranquilla disinvoltura facessero le loro manovre, a così breve distanza dal nemico. Gli ufficiali erano tutti presenti. Il generale Mazè, col suo stato maggiore, stava dietro i due cannoni. Ad ogni colpo si vedeva un pezzo del muro della porta staccarsi e rovinare. Alcune granate, lanciate, parve, da un’altra porta, passarono non molto al disopra dello stato maggiore. Gli zuavi tiravano fittissimo dalle mura del Castro Pretorio, e uno dei nostri reggimenti ne pativa qualche danno.
Quando la porta Pia fu affatto libera, e la breccia vicina aperta sino a terra, due colonne di fanteria furono lanciate all’assalto. Non vi posso dar particolari. Ho visto passare il 40º a passo di carica. L’ho visto, presso alla porta, gettarsi a terra per aspettare il momento opportuno ad entrare. Ho sentito un fuoco di moschetteria assai vivo; poi un lungo grido Savoia! poi uno strepito confuso; poi una voce lontana che gridava: Sono entrati! — Allora giunsero a passi concitati i sei battaglioni bersaglieri della riserva; giunsero altre batterie di artiglieria; s’avanzarono altri reggimenti; vennero oltre, in mezzo alle colonne, le lettighe pei feriti. Corsi cogli altri verso la porta. I soldati erano tutti accalcati intorno alla barricata; non si sentiva più rumore di colpi; lo colonne a mano a mano entravano. Da una parte della strada si prestavano i primi soccorsi a due ufficiali di fanteria feriti; gli altri erano stati portati via. Ci fu detto che era morto valorosamente sulla breccia il maggiore dei bersaglieri Pagliari, comandante il 35º. Vedemmo parecchi ufficiali dei bersaglieri colle mani fasciate. Sapemmo che il generale Angelino s’era slanciato innanzi dei primi colla sciabola nel pugno come un soldato. Da tutte le parti accorrevano emigrati gridando. Tutti si arrestavano un istante, a guardare il sangue sparso qua e là, per la strada: sospiravano, e via.
La porta Pia era tutta sfracellata, la sola immagine enorme della Madonna che le sorge dietro era rimasta intatta, le statue a destra e a sinistra non avevano più testa, il suolo intorno era sparso di mucchi di terra, di materassi fumanti, di berretti di zuavi, d’armi, di travi, di sassi.
Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti.
In quel momento uscì da porta Pia tutto il corpo diplomatico in grande uniforme, e mosse verso il quartier generale.
Entrammo in città. Le prime strade erano già piene di soldati. È impossibile esprimere la commozione che provammo in quel momento; vedevamo tutto in confuso, come dietro una nebbia. Alcune case arse la mattina fumavano, parecchi zuavi prigionieri passavano in mezzo alle file dei nostri, il popolo romano ci correva incontro. Salutammo, passando, il colonnello dei bersaglieri Pinelli; il popolo gli si serrò intorno gridando. A misura che procediamo nuove carrozze, con entro ministri ed altri personaggi di Stato, sopraggiungono. Il popolo ingrossa. Giungiamo in piazza di Termini; è piena di zuavi e di soldati indigeni che aspettano l’ordine di ritirarsi. Giungiamo in piazza del Quirinale. Arrivano di corsa i nostri reggimenti, i bersaglieri, la cavalleria. Le case si coprono di bandiere. Il popolo si getta fra i soldati gridando e plaudendo. Passano drappelli di cittadini colle armi tolte agli zuavi. Giungono i prigionieri pontificii. I sei battaglioni bersaglieri della riserva, preceduti dalla folla, si dirigono rapidamente, al suono della fanfara, in piazza Colonna. Da tutte le finestre sporgono bandiere, s’agitano fazzoletti banchi, s’odono grida ed applausi. Il popolo accompagna col canto la musica delle fanfare. Sui terrazzini si vedono gli stemmi di Casa Savoia. Si entra in piazza Colonna: un grido di meraviglia s’alza dalle file. La moltitudine si versa nella piazza da tutte le parti, centinaia di bandiere sventolano, l’entusiasmo è al colmo. Non v’è parola umana che valga ad esprimerlo. I soldati sono commossi fino a piangerne. Non vedo altro, non reggo alla piena di tanta gioia, mi spingo fuori della folla, incontro operai, donne del popolo, vecchi, ragazzi: tutti hanno la coccarda tricolore, tutti accorrono gridando: — I nostri soldati! — I nostri fratelli!
È commovente; è l’affetto compresso da tanti anni che prorompe tutto in un punto ora; è il grido della libertà di Roma che si sprigiona da centomila petti; è il primo giorno d’una nuova vita; è sublime.
E altre grida da lontano: — I nostri fratelli!

IMMAGINE DI APERTURA –  “Carica dei Bersaglieri a Porta Pia”, Michele Cammarano, 1871, conservato al Museo di Capodimonte, Napoli. (Fonte commons.wikimedia)

Jacques Le Goff – L’ uomo medievale

“L’uomo e gli uomini, gli uomini nella società dell’Occidente cristiano, nelle loro principali funzioni (ossia nei tratti essenziali, ma anche nella concretezza del loro status sociale, del loro mestiere, della loro professione), al tempo di un dittico medievale che nella prima faccia mostra il prodigioso sviluppo della Cristianità fra l’anno Mille e il secolo XIII, mentre la seconda rappresenta quel tempo sconvolto, chiamato Basso Medioevo, dove girano vorticosamente insieme un mondo del passato in crisi e il mondo di un nuovo Medioevo, il Rinascimento; infine degli uomini viventi (nelle loro condizioni di vita, con le loro credenze, le loro pratiche): ecco l’oggetto di questo libro.” Jacques Le Goff

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IMMAGINE DI APERTURA: Disegno di Jo-B da Pixabay 

Paul Cézanne – Le grandi bagnanti

Les grandes baigneuses, 1894-1905 circa, National Gallery, Londra

IL DIPINTO

Le grandi bagnanti (Les grandes baigneuses) un dipinto a olio su tela (127,2×196,1 cm) di Paul Cézanne, databile al 1894-1905 circa e conservato nella National Gallery. Assiduo frequentatore del Louvre, Cézanne aveva avuto modo di familiarizzare col tema classico delle bagnanti, rappresentato da numerosi artisti del passato, come Tiziano e Poussin. Si trattava di un soggetto amato da artisti e mecenati, che esprimeva l’idea di armonia tra uomo e natura nell’idilliaca Arcadia. L’artista, a differenza dei suoi predecessori, tralasciò tutte le componenti letterarie e mitologiche, concentrandosi sulle sole questioni compositive, di colore e di forma. Ne fece diverse composizioni dal 1870 in poi, utilizzando figure maschili e femminili, in gruppi o da sole. In tutta la sua carriera però creò solo tre versioni “grandi” del soggetto: una è quella di Londra, una è alla Barnes Foundation di Merion (Pennsylvania) e una è al Philadelphia Museum of Art. Sembra che prima di morire stesse lavorando a tutte e tre queste opere contemporaneamente.

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Autoritratto, 1883-1887, Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen

L’ARTISTA

Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 – Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906) è stato un pittore francese. Paul Cézanne nacque a Aix-en-Provence, cittadina nel meridione della Provenza, in Francia, il 19 gennaio 1839 in seno a una famiglia dalle origini italiane. Secondo una recente scoperta storicamente ben documentata le vere origini del pittore Cézanne sarebbero a Cesena, in Romagna. In un libro di memorie scoperto a Milano nel 1995 dallo studioso Romano Pieri c’è una autocertificazione che recita testualmente: “Il padre di Paul Cézanne era originario di Cesena, in Romagna.” Nell’archivio del museo Cézanne venne trovata una vecchia richiesta del gallerista Vollard che chiedeva precisi dati biografici della famiglia da riportare sul dépliant della grande mostra di Cézanne a Parigi. Da quella scoperta nel Castello Sforzesco di Milano, Romano Pieri iniziò a ricostruire la storia di una famiglia: il padre del pittore si chiamava originariamente Luigi Augusto Cesena (della popolosa comunità ebraica di Cesena) che da giovane forse apprende il mestiere di cappellaio nella città romagnola e si trasferisce in Francia, a Aix en Provence, continuando la sua attività presso un laboratorio che gli offre piena ospitalità di residenza, favorendo anche una relazione amorosa con un’operaia dalla quale nascerà il figlio Paul. Luigi Augusto era così intraprendente da avere poi successo nel gestire una banca locale che gli consente di mantenere il figlio a Parigi, presso l’Accademia delle Belle Arti (notizie ed riportate nel libro “Cézanne Genio cesenate” scritto da Romano Pieri ed edito dalla casa editrice Ponte Vecchio nel 2005).

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Visite virtuali: la Cappella Sistina

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La Cappella Sistina (Latino: Sacellum Sixtinum), dedicata a Maria Assunta in Cielo, è la principale cappella del palazzo apostolico, nonché uno dei più famosi tesori culturali e artistici della Città del Vaticano, inserita nel percorso dei Musei Vaticani. Fu costruita tra il 1475 e il 1481 circa, all’epoca di papa Sisto IV della Rovere, da cui prese il nome. È conosciuta in tutto il mondo sia per essere il luogo nel quale si tengono il conclave e altre cerimonie ufficiali del papa (in passato anche alcune incoronazioni papali), sia per essere decorata da opere d’arte tra più le più conosciute e celebrate della civiltà artistica occidentale, tra le quali spiccano i celeberrimi affreschi di Michelangelo, che ricoprono la volta (1508-1512 circa) e la parete di fondo (del Giudizio universale) sopra l’altare (1535-1541 circa). È considerata forse la più completa e importante di quella «teologia visiva, che è stata chiamata Biblia pauperum». Le pareti sono decorate da una serie di affreschi di alcuni dei più grandi artisti italiani della seconda metà del Quattrocento (Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Pinturicchio, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli, Piero di Cosimo e altri).

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VIRTUAL TOUR

IMMAGINE DI APERTURA – Cappella SistinaL’interno con il Giudizio universale sullo sfondo (Fonte Wikipedia)