Mandanici è il luogo dove a settembre, per input di “Archetipi e territorio, osservatorio di antropologia cognitiva”, confluiscono numerosi studiosi afferenti ad aree del sapere obiettivamente distanti. Sono chiamati a sviscerare un tema, nella settima edizione incentrato su “Mediterraneo Europa Occidente, nuovi scenari, immaginario e destino”. Chi ha organizzato e coordinato la connessione fra saperi, in tre giorni d’intense esposizioni, è Pino Mento: «La vera conoscenza di un “territorio” – puntualizza – dovrebbe sempre tendere ad una “esplorazione cognitiva delle memorie” dalla quale possa emergere una nuova coscienza collettiva dell’abitare e attraversare i luoghi, non solo in senso fisico ma anche in senso spirituale, immaginario, metafisico e simbolico». Ecco, allora, che discipline differenti tendono a convergere su principî comuni. Questa intesa è stata concettualmente definita da Jean Piaget come “interdisciplinarità”, poiché dà seguito «a interazioni vere e proprie, a reciprocità di scambi, tali da determinare mutui arricchimenti». Cito di Piaget “L’épistémologie des relations interdisciplinaires” dal momento che il termine è ormai entrato nel frullatore delle parole abusate, confuso in un tutt’uno con multidisciplinarità, pluridisciplinarità, transdisciplinarità. Sinonimi? Vale distinguere. Multidisciplinarità e pluridisciplinarità evidenziano una presenza concomitante di discipline senza relazione alcuna la prima e un accenno la seconda. A Mandanici, invece, i 50 studiosi convenuti hanno tentato di superare i limiti delle proprie conoscenze specialistiche per guardare l’uno con gli occhi dell’altro. La transdisciplinarità? Sarà il traguardo dei prossimi anni; non soltanto sui Peloritani. Le diverse discipline avvieranno una coordinazione complessa tralasciando origini distinte a vantaggio delle soluzioni.