Michelopoli. Ci sono convention accolte con enorme favore di popolo, che riportano la memoria ad anni tanto lontani da ritrovarli soltanto sui libri di storia. Piazza Cairoli in baracca ricorda i giorni del bisogno. Quando il 16 febbraio del 1909 l’onorevole Micheli annota sull’ultimo numero di “Ordini e notizie” che «tutto sta per rientrare nelle condizioni normali», l’emergenza è ormai trascorsa, ma le sorti di Messina sono ancora da prevedere. Come oggi. Tra la baraccopoli provvisoria – che l’onorevole Giuseppe Micheli, deputato parmense, ha eretto in “piazza S. Martino” – e i primi alloggi della città definitiva del piano Borzì, passeranno non meno di 20 anni. Si dovrebbe scrivere la storia di una città di legno che fece da connessione tra la Messina del passato e quella della rinascita. Transitoria sì, ma col carattere pressoché stabile, che grande influenza ebbe sull’assetto futuro: con strade ortogonali, isolati, alloggi per la residenza e padiglioni speciali per uffici pubblici e scuole. Certo per chi ha vissuto i giorni dell’emergenza l’immagine della città «piena di baracche nuove, belle, allineate» rinfranca l’animo e il ricordo dei ricoveri di fortuna allestiti con materiali di recupero può suscitare persino la nostalgia nel rievocare i momenti trascorsi. Scrive uno dei soccorritori: «Chi potrà dimenticare quei primi giorni meravigliosi nei quali si dibatteva l’avvenire di Messina, la cui vita debole e quasi spenta palpitava intorno ai pochi fuochi di piazza S. Martino? Sotto l’acqua torrenziale rincasavamo stanchi a tarda sera e dopo l’unico pasto pareva soffice anche la terra». Sentimenti poetici, come quelli suscitati in chi gusta un arancino nella grande festa gastronomica di oggi, tra aromi e sapori. Ma nonostante ogni impegno, la scenografia ha richiamato (purtroppo) la “piazza S. Martino” di un tempo.
Pubblicato su 100NOVE n. 40 del 19 ottobre 2017