Tra i
grandi architetti barocchi della
grande stagione romana, va
ricordato quello che viene
considerato l’antagonista del
Bernini: Francesco Borromini. Il
suo capolavoro è ritenuto la
chiesa di San Carlo alle Quattro
Fontane. Egli ricevette un
incarico quasi impossibile da
portare a termine. Vi riuscì con
arte e perfezione. Aveva di fronte
a sè un lotto piccolissimo
d’angolo, dove i monaci volevano
inserito: un ingresso, un
convento, un chiostro ed una
chiesa. La piccola chiesa di
San Carlino è veramente una
bomboniera. Coperta da una cupola,
retta da quattro pennacchi che
poggiano sulla trabeazione, lo
spazio interno dialoga con le
pareti di contenimento. Qui sono
state ricavate delle cappelle,
inserite in un contorno concavo e
convesso, che dà forma, movimento
e sorpresa. Nella facciata di San
Carlino, che Borromini progettò
quando era anziano, il gioco delle
superfici concave e convesse
dell’interno si riflette
sull’esterno, con una fluidità da
grande maestro. Tuttavia, il
suo capolavoro è unitariamente
indicato nella chiesa di Sant'Ivo
alla Sapienza, iniziata nel 1642.
Poco distante da San Carlino,
l’edificio chiude un cortile, che
era stato progettato da Giacomo
Della Porta. La pianta
dell’edificio è creata da due
triangoli equilateri che si
contrappongono. L’interno si
caratterizza con le convessità e
concavità tipiche della sua
architettura. Ma la parte più
originale sta nella cupola a
coronamento, che presenta una
lanterna a spirale, mai progettata
prima. Il suo talento
eccezionale non mancò d’essere
notato, tanto che papa Innocenzo
X, gli affidò il restauro della
grande e importante Basilica
di San Giovanni in Laterano. Il
suo progetto d’intervento non
venne nai realizzato totalmente,
ma le sue trasformazioni,
soprattutto interne, resero la
basilica tra le più belle di Roma.
Le aperture della navata centrale
e le cappelle, che si trovano
sulle navate laterali, portano la
sua firma. Infatti, esse sono
state pensate con angoli concavi
che sfumano nelle volte.
A
pochi anni di distanza, destinato
ad intervenire sul lavoro degli
altri, Borromini completò il
progetto avviato da Girolamo
Rainaldi (1570-1655) e dal figlio
Carlo, della chiesa di Sant'Agnese
in Agone (il progetto fu ripreso
in seguito dallo stesso Carlo
Rainaldi). Il tempio presenta una
pianta a croce greca coperta da
una cupola. Il genio
dell’architetto si mostra in
particolare, sul prospetto
principale. La facciata, infatti,
viene arretrata in modo da
muoversi con un andamento concavo
che si raccorda agli edifici
laterali. Viene, inoltre,
individuato lo spazio necessario
per una coppia di campanili
frastagliati verso l’alto.
Nel campo dei palazzi
ecclesiastici a cui lavorò, da
citare è il Collegio di Propaganda
Fide (che custodisce all’interno
la Cappella dei Re Magi).
Rilevante il suo prospetto ,molto
fluido e dinamico. Tra gli altri
progetti religiosi eseguiti dal
Borromini, troviamo l'Oratorio dei
Filippini, la chiesa di Santa
Maria dei Setti Dolori e il
rifacimento della torre campanaria
di Sant'Andrea delle Fratte.
Anche Borromini operò nel campo
dell’illusionismo ottico. Ne è
esempio il
Trompe-l'œil posto nella
galleria di Palazzo Spada
(1652-1653), che ne aumenta la
profondità. Verso la metò del
secolo Borromini lavorò sul
progetto di Palazzo Pamphilj a
Piazza Navona, che verrà
costruito, in seguito, da Girolamo
Rainaldi.
Le due chiese di
Piazza del Popolo, vertice del
tridente formato da via del Corso,
via di Ripetta e via del Babuino,
furono, invece, affidate a Carlo
Rainaldi. La prima, dedicata a
Santa Maria in Montesanto, del
1662, iniziata su un progetto del
Bernini, e conclusa da Carlo
Fontana (1638-1714). La seconda,
consacrata a Santa Maria dei
Miracoli, è del 1675. Anche qui,
il Rainaldi fu coadiuvato dal
Fontana. Sono apparentemente due
chiese gemelle. In realtà, mentre
la prima è a pianta circolare, la
seconda è a pianta ellittica, cosa
permessa dalla maggiore profondità
del lotto a disposizione. Pur
nella diversità, fu mantenuta
l'apparente simmetria del fronte
di Piazza del Popolo.
Tra
gli architetti del periodo del
barocco romano, si evidenzia, per
la sua abilità plastica di
comporre superfici, spazi e masse,
Pietro da Cortona. Nella sua
chiesa dei Santi Luca e Martina,
del 1635, pur ispirandosi ad una
chiesa rinascimentale, come Santa
Maria della Consolazione a Todi,
egli riesce ad apportare alcune
modifiche innovative. La pianta,
ad esempio, a croce greca,
presenta l’allungamento di uno dei
bracci, quindi, un ibrido
planimetrico, e mostra una
facciata, convessa. Tra il 1656 ed
il 1657, Pietro da Cortona lavora
al prospetto della chiesa di Santa
Maria della Pace. Da bravo
architetto barocco, egli non si
limitò al prospetto in questione,
ma intervenne anche sulle facciate
degli edifici circostanti. Creò
una piccola piazzadallo stile
unitario, dove inserì un colonnato
semicircolare. La composizione che
ne scaturì, servì, persino, allo
stesso Bernini èer il suo
intervento sulla chiesa di
Sant'Andrea al Quirinale-
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