Editoria: “La casa delle ombre” – Il nuovo romanzo di Rosalia Lodato

Breve estratto

“Mi appoggiai con le spalle a una colonna e all’improvviso vidi uno stormo di uccelli neri che si alzò in volo.
Erano corvi che volavano all’impazzata, svolazzando proprio a poca distanza dai miei compagni impedendo loro di avvicinarsi e di fatto, crearono una barriera fra me e loro. Io mi tenevo con le mani saldamente attaccata alla balaustra in pietra e guardavo la scena. Tutto prese all’improvviso un altro ritmo e rallentò. Le ali dei corvi si mossero lentamente, Nicholas impiegò un’eternità per alzare la gamba e appoggiare il piede a terra, la polvere alzata dallo scalpiccio dei piedi ricadde a terra formando una spessa coltre. Anche i suoni rallentarono, incupendosi. Sentivo il battito del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie e dal nulla prese consistenza la figura di una donna.”

La casa delle ombre è la storia di una donna, Agata, che è costretta a scappare dal proprio paese da un cacciatore di streghe e per sopravvivere agli stereotipi creati dagli uomini, cambia innumerevoli volte vita e pelle.
In seguito, dovrà adeguarsi alle più inverosimili situazioni pur di trovare il suo posto nella società, infatti arriva a Londra e si traveste da uomo per trovare lavoro.
La casa in cui serve come maggiordomo, però, nasconde dei misteri, e la presenza che la abita si impadronisce della sua volontà, costringendola a scrivere una storia che dovrebbe restare ignota agli uomini.
La casa delle ombre è la storia di un tormento e la ricerca di una liberazione.

Durante il suo percorso incontrerà tante maschere e pochi volti, tanti personaggi con doppie personalità e, come in un continuo gioco di specchi, nessuno è quello che dice di essere.
Sta alla protagonista saper vedere oltre le apparenze per scoprire chi le è amico e chi invece trama alle sue spalle. I colpi di scena sono innumerevoli, come i personaggi, che sono i coprotagonisti delle vicende che si svilupperanno tra cielo e terra, tra magia e realtà.
Quando la vita di Agata giunge al termine, le vicende che la riguardano sopravvivono alla sua morte e il tarlo che tormentava la sua mente si impossessa della volontà di sua nipote, e tutto si ripeterà ancora ed ancora.

BIOGRAFIA di Rosalia Lodato

Rosalia Lodato

Rosalia Lodato nasce a Cava de’ Tirreni, una cittadina in provincia di Salerno, il 5 ottobre 1967.
Compie studi tecnici ma non abbandona mai la sua passione per la lettura.
Grande appassionata di libri gialli e fantasy, è autrice di:
–  Il maligno (Pav edizioni)
–  Nemesi, la gemella dimenticata (Altromondo editore)
–  La morte può attendere, la lunga vita della regina Nebet (Altromondo editore)

Il romanzo La casa delle ombre di Rosalia Lodato è stato pubblicato dalla Casa Editrice GPM Edizioni, 202 le pagine.
È pubblicato anche su tutte le migliori piattaforme online, in versione cartacea e formato digitale.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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Editoria: “Il codice di Bianzano e i templari nella bergamasca” – Il nuovo romanzo di Luigi Fiorentini

Breve estratto

“Qualcuno, in quel preciso momento, suonò al citofono.
Il marito, che stava seduto su una sedia e chinato verso il camino, si alzò e andò ad aprire, senza neppure chiedersi chi fosse dietro la porta. Aperto l’uscio di casa, vide davanti a sé un uomo robusto, sulla trentina; quest’ultimo, senza pensarci neppure un attimo, spinse con inaudita violenza l’anziano verso l’interno e irruppe bruscamente in casa, seguito da altri tre individui: due uomini e una donna. L’ultimo dei quattro balordi, chiuse la porta alle sue spalle e, com’era evidente da quella loro inspiegabile incursione, cominciarono a minacciare i due anziani con coltelli e bastoni. Ciò che parve più strano agli anziani coniugi, fu il fatto che nessuno di loro aveva mai visto prima di allora quegli inquietanti individui; così come anche questi ultimi non conoscevano assolutamente i padroni di casa.”

“Il codice di Bianzano e i templari nella bergamasca” di Luigi Fiorentini è un romanzo esoterico ambientato nel territorio bergamasco; in esso, a quelli espressamente drammatici si alternano contenuti fantastici.
L’opera inizia con un episodio risalente al 1312.
A distanza di settecento anni, però, una bambina di nome Ester scorge un’antica pergamena nei pressi di una chiesetta; la estrae e la porta con sé, a casa.
La perfida madre di una sua compagna di scuola, essendo un’adepta di una setta dedita a pratiche occulte pure alla ricerca di quella pergamena, comunica al suo sacerdote nero di sapere dove si trova quel prezioso oggetto.
Qualche anno dopo, Ester si trasferisce in Francia, con i suoi genitori.

Passati nove lunghi anni, ed essendo diventata già una giovane donna, un giorno Ester lascia incustodita la pergamena e suo padre la scopre.
Costui, Tarcisio, essendo un ex cavaliere Templare, aiuterà la figlia a decriptare il codice contenuto nella pergamena.
Nell’agosto del 2022, tornati nella loro terra d’origine per un periodo di vacanza, in Val Cavallina, ne approfittano per recarsi nei luoghi indicati sulla pergamena.
Dopo lunghe e accurate ricerche, riescono finalmente a decifrare quel codice segreto scoprendo, così, il luogo esatto in cui sarebbe conservata una sacra reliquia.
Essendo però perseguitati da quella setta, che vuole impossessarsi a ogni costo della misteriosa pergamena, Ester e Tarcisio, al fine di risolvere quanto prima quella pericolosa situazione, escogitano un piano davvero geniale.
Nel corso dei successivi e ultimi capitoli, una serie di situazioni impreviste e colpi di scena animeranno intensamente il resto della narrazione.

BIOGRAFIA di Luigi Fiorentini

Luigi Fiorentini, nato a San Biagio Platani in provincia di Agrigento nel 1967, è compositore, scrittore e didatta.
Ha ottenuto riconoscimenti in vari concorsi di Composizione, collabora con un periodico di arte e ha pubblicato molti lavori musicali.
Dal 1996 vive nella bergamasca dove insegna musica e scrittura creativa.
Sue opere letterarie sono:
La musica nell’anima (2013) eI doni del fantasma (2018) con Sensoinverso Edizioni – Ravenna
Il fantasma di Osio (2016) con Arduino Sacco Editore – Roma
L’altra faccia della musica (2018) con Herkules Books – Policoro
Ritornano i fantasmi del presente (2017), Nel mistero, fra tenebre e luce (2020) e Incontro con un angelo(2022) con Editrice GDS.

Il romanzo Il codice di Bianzano e i templari nella bergamasca di Luigi Fiorentini è stato pubblicato da Editrice GDS, 262 le pagine.
È pubblicato anche su tutte le migliori piattaforme online, in versione cartacea e formato digitale.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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Editoria: “Il peso del dubbio” – Il nuovo romanzo dello scrittore Federico Li Calzi

“IL PESO DEL DUBBIO”: ARRIVA IN LIBRERIA IL NUOVO ROMANZO DI FEDERICO LI CALZI

Dopo il romanzo d’esordio “Nove Periodico”, lo scrittore Federico Li Calzi torna con una nuova storia avvincente ambientata tra la Sicilia e Roma, con la prefazione del giornalista Gaetano Savatteri.Un romanzo di formazione che apre una riflessione su temi di grande attualità: il ruolo della famiglia, la solitudine, il carrierismo, la mafia, la morte e l’amore.

A distanza di qualche anno dal primo romanzo, Federico Li Calzi torna torna ad affacciarsi nel panorama letterario con una prosa che sconfina nella poesia. Il risultato, definito da alcuni critici un capolavoro letterario, è il libro dal titolo Il peso del dubbio” edito da Medinova. Una storia avvincente, tra descrizioni dettagliate, idiomi ricercati e metafore, come è nello stile dello scrittore che ancora una volta trae ispirazione dalle contraddizioni ma anche dalla bellezza della propria terra.

Diviso in quattro atti ben delineati, il libro ci conduce attraverso un arco temporale che abbraccia l’intera vita del protagonista, Giulio.

Ogni atto presenta una conclusione autonoma, raccontando storie che, sebbene indipendenti, sono sempre legate alle sue esperienze. L’autore ripercorre gli anni che hanno visto la Sicilia nel mirino della mafia.

Al centro della storia è una famiglia che sceglie la ‘giustizia’ come professione e come habitus mentale ma che è costretta alla difesa da poteri occulti che vedono oltre le apparenze e possono colpire come e quando vogliono.

Il dubbio diventa un peso quando gli effetti del proprio operato coinvolgono altri che nel loro sacro diritto ad una vita serena si ritrovano ‘perseguitati’ da chi ha scelto la criminalità e non vuole pagarne le conseguenze. Attraverso le esperienze di Giulio, lo scrittore esplora la scelta di vita del protagonista, che abbraccia l’eredità educativa del padre, giudice di grande calibro costretto a compiere una scelta difficile per una causa contro la malavita, con il timore e la paura di possibili ritorsioni nei confronti della famiglia stessa.

Il libro è un susseguirsi di descrizioni emozionali e suggestive che avvicinano la prosa alla poesia, confermando la vicinanza dell’autore a questa forma letteraria.

Il romanzo trascina il lettore in un vortice di sentimenti contrastanti, immergendolo nelle dinamiche familiari, nelle tensioni politiche e nelle lotte contro il male che permeano la trama.

Di certo Federico Li Calzi conferma attraverso questa nuova pubblicazione il talento nell’evocare atmosfere intense e nel delineare personaggi complessi che lottano con le proprie scelte e i propri desideri.

La sua forza risiede nella capacità di saper comunicare le sensazioni forti di chi vuole vivere con tutto sé stesso, nella contraddizione e nel conflitto, tra sconfitte e sorprese inaspettate.

DICONO DEL LIBRO “IL PESO DEL DUBBIO”

Con una prosa raffinata e un lessico coinvolgente, l’autore riesce a catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine, portandolo a esplorare i labirinti intricati e i segreti di una Sicilia che si confronta con la paura”.

“Un libro in cui niente è lasciato al caso, niente fuori luogo, nessuna forma azzardata nella scrittura che rimane costantemente fluida e comprensiva. Un continuo rimando a situazioni forti, altre emozionali, altre ancora suggestive. Ma anche agli odori degli agrumi e delle zagare”.

LA SINOSSI IN BREVE

Il peso del dubbio ha al centro un tema di grande interesse sociale e culturale: “la relazione tra amore e potere e quanto la dimensione affettiva della vita possa convivere con l’ambizione e i prezzi del potere”. Il romanzo si sviluppa in un lungo arco di vita del personaggio Giulio che perde sempre più il rapporto con moglie, figlio, famiglia in parallelo alle sempre maggiori responsabilità di cariche e potere politico raggiunti. Narrazione fluida, intrigante, linguaggio crudo ed incisivo fanno di questo romanzo un capolavoro letterario.

BIOGRAFIA FEDERICO LI CALZI

Federico Li Calzi

Nato ad Agrigento il 28 Agosto 1981, ha studiato all’Università di Palermo. Vive e lavora a Canicattì (Ag), dove svolge la professione di imprenditore. Membro dell’Accademia Internazionale degli Empedoclei, da sempre si interessa di letteratura, ha ricevuto diversi riconoscimenti Nazionali per la sua attività letteraria. Promotore di diverse Associazioni culturali, fa parte di un attivo “cenacolo” di poeti e scrittori presenti sul territorio. Ha pubblicato per Edizioni Cerrito: “Poetica Coazione”, (2009); “Dittologie Congelate” (2012); “Nove Periodico” (2014); e “Tutto uguale a prima” (2017).


È possibile intervistare lo scrittore o richiedere una copia del libro, al fine di recensire l’opera, scrivendo all’indirizzo mail info@adcommunications.it

CONTATTI UFFICIO STAMPA
AD Communications – Deborah Annolino
Via Odofredo 6, 40136 Bologna |Tel. 0510959972 | Mail. info@adcommunications.it

Eleonora Coloretti, “Guardare il restauro” – Il metodo oltre la teoria

Gianluigi Colalucci nel 1986 lavora alla ripulitura della volta della Cappella Sistina –
Gianni Giansanti/Gamma-Rapho, tramite Getty Images

“Sono incuriosito ed emozionato, vedo qualcosa che non mi aspettavo”.

Ecco a voi la seduzione del restauro

Sono incuriosito ed emozionato, vedo qualcosa che non mi aspettavo, il colore azzurro, il meraviglioso colore azzurro… È una cosa straordinaria! Il colore azzurro è il colore di Dio secondo Michelangelo, come diceva Vittoria Colonna. In basso sfuma una sorta di crepuscolo, contro il quale si stacca la resurrezione dei morti e il gruppo dei dannati. Beh, ha ritrovato la sua composizione l’affresco… È straordinario. Una cosa straordinaria”.

Federico Zeri

  • Collana Storia dell’arte
  • Anno 2023
  • Pagine 84, con oltre 30 illustrazioni a colori e in b/n
  • Formato 21 x 27 cm, brossura
  • ISBN978-12-80956-10-1

Il libro apre con una prefazione curata da Claudio Strinati e una introduzione dell’autrice, Eleonora Coloretti.

La prima parte del volume è costituita dalle interviste a Gianluigi Colalucci, Carlo Giantomassi e Donatella Zari, Guido Botticelli, Antonio Forcellino.

La seconda parte del volume ripercorre e mette a confronto quattro restauri scelti fra quelli realizzati dai maestri intervistati:

  • La Cappella Sistina – Restauro di Gianluigi Colalucci
  • Giuditta e Oloferne – Restauro di Carlo Giantomassi e Donatella Zari
  • La Madonna del parto – Restauro di Guido Botticelli
  • La Tomba di Giulio II – Restauro di Antonio Forcellino

Sul libro
“Guardare il restauro”
di Eleonora Coloretti
LEGGI ANCHE:

Diana Daneluz, La storia e l’alchimia magica del restauro
in un libro

di Sergio Bertolami

Un libro che non ti emoziona non vale neppure aprirlo, ma se apri un libro come “Guardare il restauro” di Eleonora Coloretti, ricercato ed elegante già nella copertina e nella grafica, sai che dovrà essere letto tutto e attentamente. Pagina dopo pagina t’impegnerà a dipanare il fil rouge dei pensieri e dei ricordi, perché un libro che emoziona suscita sempre dei ricordi: i tuoi di lettore, quelli di chi lo ha scritto e quelli rievocati dai protagonisti. Qui il filo rosso è lo spirito sottile di cui è tessuta una professione, fatta di vicende personali ed esperienze, che hanno plasmato scienza e coscienza. «Da restauratrice professionista – scrive l’autrice – in questi anni ho sentito crescere il bisogno di indagare nel profondo il concetto di “Restauro” ed ho percepito fortemente l’odierna crescente perplessità riguardo al ruolo assunto dal restauratore nella società». Trovo questo filo rosso in ogni domanda che Eleonora Coloretti rivolge ai suoi amici speciali, fra i più grandi restauratori di questi nostri anni. Eleonora – da ora in poi mi riferirò a lei così, per nome, come compare nelle sue conversazioni – lo fa con garbo e desiderio di risposte sincere, per afferrare il quid di cui è costituita la professionalità quando raggiunge la sua massima espressione.

Se un libro che ti emoziona suscita dei ricordi, il mio conduce a Como. Nel bel parco di Villa Olmo affacciato sul lago, il buffet per il pranzo, in via del tutto eccezionale, è stato allestito all’aperto. Interrompe le lezioni full immersion di perfezionamento in restauro lapideo sulle orme dei Magistri cumacini. Ne approfitto per scambiare qualche impressione sui restauri della Volta Sistina con Pio Baldi, oggi Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere e già allora nome di rilevanza nel restauro architettonico. In quei giorni la controversia nei confronti di Gianluigi Colalucci era all’apice, capeggiata principalmente da James Beck, che sbandierava l’antica tecnica del “buon fresco”, secondo lui tradita da Colalucci, e poneva in primo piano l’aggressività di alcuni impacchi da lui azzardati impiegando il solvente AB-57. Baldi concluse il suo ragionamento con una battuta che, a memoria, pressappoco diceva: se qualcuno ha passato la vita ad esaltare le cupe tonalità michelangiolesche, che vuoi che dica dei colori squillanti riportati in luce da Colalucci? Risposi e ancora oggi risponderei: gli storici dell’arte dovrebbero essere più avvezzi a salire sui ponteggi.

Michelangelo Buonarroti, Volta della Cappella Sistina, Daniele, prima e dopo il restauro di Gianluigi Colalucci

Per quanto non si pensi, il restauro è prodigiosamente materico e ogni linea di principio teorico va inverata a trenta centimetri di distanza, scrutando la realtà delle superfici. Soltanto un conoscitore esperto dell’opera d’arte, in mancanza di documenti diretti, può prendere decisioni delicatissime, quanto pericolose. In tal senso si esprime anche Antonio Forcellino nel corso della sua conversazione con Eleonora. James Beck lo aveva contattato chiedendogli di sottoscrivere un’invettiva contro Colalucci. La sua risposta affermativa non era affatto scontata, perché Forcellino si schierò dalla parte di Colalucci. «Io penso che quello sia stato un lavoro straordinario, lui aveva cambiato l’immagine di Michelangelo e questo non glielo perdonarono». Aveva cambiato una immagine stereotipata e apparentemente inamovibile. «Colalucci ha fatto un lavoro straordinario, è riuscito a tenere sotto controllo un restauro di quella levatura, e tale capacità richiama l’idea del restauro come un processo critico intellettuale, fondamentale, che viene sempre misconosciuto perché si parla di restauro scientifico, di tecnica, di applicazione della procedura che era studiata o sperimentata, ma questo restauro era un’altra cosa: era il saper tenere sotto controllo il risultato di centinaia di metri quadrati».

Forcellino assomma molte competenze per potere esprimere un suo parere con cognizione di causa: è un restauratore proveniente dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), uno storico dell’arte, uno scrittore. È anche un architetto, che ha avuto il privilegio di formarsi con Frommel, Urbani, Marconi. Erano gli stessi anni in cui anche io andavo costruendo l’impalcatura di una professione rigorosa. Le lezioni di storia dell’architettura e di storia della critica d’arte tenute da Paolo Marconi, la frequentazione della biblioteca e dei convegni all’Accademia di San Luca, hanno permesso a me, a Forcellino, a noi studenti tutti, di affrontare la ricerca scientifica e la direzione di cantiere in un modo del tutto differente dalla maggior parte dei colleghi incontrati nel corso della professione. Forcellino è l’esempio lampante di tutto ciò: «Quando ero di fronte al Mosé io vedevo una statua che aveva delle evidenti incongruenze, invece gli storici dell’arte per secoli sono andati di fronte alla statua e hanno visto ciò che gli altri avevano scritto, questa è la differenza sostanziale».

Urgeva, quindi, una rilettura filologica condotta attraverso la ricerca dei documenti storici, del contesto in cui l’opera era stata generata. Oggi è possibile, attraverso l’interazione con le banche dati mondiali, confrontare lo stile di un artista con le altre opere della sua stessa produzione e col clima intellettuale riscontrabile fra i suoi contemporanei. Nondimeno, secondo Forcellino il problema che si pone oggi all’attenzione consiste nella progressiva cancellazione della connoisseurship in ambito storico-artistico, e questo esclusivamente per non mettere in discussione molti assunti della tradizione critica. Chi si occupa d’arte sa bene quanto sia vero. Basti ricordare le innumerevoli ed erronee attribuzioni di antica data. Ad esempio, nel Camposanto di Pisa – dove Eleonora è stata impegnata nel restauro di vari affreschi – tre storie del Beato Ranieri a lungo furono attribuite a Simone Martini, ma è grazie a Giovan Battista Cavalcaselle se oggi i tre dipinti sono riconosciuti come opere del domenicano Andrea di Bonaiuto.

Michelangelo Buonarroti, Mosè, Tomba di Giulio II – Restauro di Antonio Forcellino

Forcellino è nominato nella seconda parte del volume per il restauro del Mosè di Michelangelo in San Pietro in Vincoli a Roma, opera principale del complesso marmoreo della tomba di Giulio II. Alla domanda di Eleonora se lo abbiano mai attaccato per il lavoro svolto, Forcellino risponde che il tentato assalto è stato sferrato solo per essersi azzardato ad uscire dal recinto. Quale recinto? Quello esistente fra restauratori e storici dell’arte. Come affrontare la carica? All’epoca Forcellino ne “uscì vivo” grazie a Christoph Luitpold Frommel, forse il maggiore studioso della scultura di Michelangelo, che organizzò un seminario internazionale e aprì il dibattito. In modo esemplare Colalucci lo fece, invece, grazie alla determinazione e alla pacatezza con le quali ha sempre portato avanti teorie e convinzioni. In altre parole, il segreto è possedere una salda coscienza della propria identità, sapendo comprendere il limite che la distingue dalle alterità.

Oltre a quelle citate, ulteriori deplorazioni troviamo in questo stimolante libro di Eleonora, che pur manifestandone i punti di frizione non contrappone in modo assoluto restauratori e storici dell’arte. Tant’è che lei stessa, con spiccato equilibrio editoriale, affida la prefazione del suo volume proprio ad uno storico dell’arte come Claudio Strinati, fra i più conosciuti e seguiti per la limpidezza di idee persino dal pubblico non specialista. Il famoso critico, quasi a conclusione del suo brano, asserisce francamente: «Questo libro è destinato ad affiancarsi degnamente e autorevolmente sia ai trattati teoretici consacrati cui apporta comunque contributi di nuove idee e nuove conoscenze; sia ai testi storici anch’essi ormai divenuti veri e propri classici che ripercorrono la vicenda del restauro in Italia e sono sovente la migliore base su cui orientare la ricerca».

Claudio Strinati, storico dell’arte

A proposito di deplorazioni, sin dalle prime battute, Strinati non può non sottolineare quella che corre unanime in tutte le interviste. I restauratori di opere d’arte lamentano lo strapotere delle imprese afferenti all’imprenditoria edile. Sotto accusa è il codice degli appalti, che individua macrocategorie e sottocategorie a seconda del settore di riferimento. Per evidenti ragioni, il maggiore raggio d’azione garantisce le ditte edilizie da eventuali perdite finanziarie, al contrario dei restauratori che agiscono soltanto su opere il cui importo dei lavori è limitato e finalizzato quasi unicamente al recupero artistico. Se questa preminenza delle ditte vale nell’intervento pubblico, a più forte ragione vale in ambito privato. Commenta Colalucci: «Se ci si trova di fronte a una superficie decorata dell’architettura, sia essa una di quelle presenti in qualche caseggiato medievale che abbia un finto bugnato dipinto a quadri o a triangoli, o che siano gli affreschi di Giotto, se tu non sei in grado di fare la differenza e capire che cosa hai sotto le tue mani, se non sei pienamente consapevole del valore aggiunto che ti viene richiesto in qualità di esperto conoscitore del settore, accade che chiunque si possa sentire idoneo a fare tutto».

La dimostrazione è sotto gli occhi di tutti. La prova è nei molteplici interventi sui prospetti architettonici dei centri storici, che il più delle volte non tengono affatto conto delle coloriture originali dei paramenti, figurarsi poi se considerano l’esatto disegno nella risarcitura di fregi a rilievo o di decorazioni pittoriche. Sia in esterni che negli interni, parlare di calchi, stratigrafie di colore, scialbi, è adoperare un lessico del tutto estraneo a chi disconosce il linguaggio della conservazione. La verità sta nel fatto che la concezione di patrimonio culturale, nella sua vera essenza, interessa soltanto a chi esercita il lavoro di recupero – quello sotto l’alta sorveglianza delle soprintendenze, per intenderci – ma basta uscire dagli ambiti per ritrovare persino fra i proprietari di edifici vincolati una incultura davvero allarmante.

«Questo totale abbandono e distacco – lamenta Eleonora nei confronti della committenza privata – si percepisce ormai troppo spesso soprattutto dal modo in cui le persone si approcciano all’arte e alla testimonianze che essa ci ha lasciato; non c’è più amore, quasi nessun rispetto…». In modo quasi liberatorio Carlo Giantomassi risponde di aver sempre evitato di lavorare con i privati: «Avevamo contatti con tutti i sovrintendenti e storici dell’arte, soprattutto storici dell’arte, raramente architetti perché hanno sempre questa cultura dell’impresa, tranne qualche eccezione». È sicuramente una scelta decisa e congruente; ma non è l’unica, perché vi si può contrapporre la scelta, altrettanto legittima, di Forcellino: «Da un certo momento in poi tutta la mia carriera è stata al servizio di committenti privati e di questo sono fierissimo e tutti coloro che continuano a sbraitare sul buon funzionamento della pubblica amministrazione riguardo ai beni culturali non sanno di che parlano quando cantano le virtù delle sovrintendenze, perché evidentemente non sono mai stati al loro interno». Tutto ciò a dimostrazione che l’esercizio di una professione può seguire indirizzi del tutto differenti, ma il denominatore comune rimane il carattere intrinseco del “professare” – quindi manifestare, palesare, esercitare – un’idea colta, elevata, quale conseguenza di lunghi studi e applicazioni.

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Giuditta e Oloferne
Restauro di Carlo Giantomassi e Donatella Zari

Carlo Giantomassi e Donatella Zari, compagni nel lavoro e nella vita, non si sono mai limitati al semplice restauro, ma hanno sempre cercato di studiare l’opera d’arte per capirla e restituirla nella sua integrità. Nel libro sono menzionati per il restauro di Giuditta e Oloferne di Caravaggio, conservato nella capitale a Palazzo Barberini. Ma numerosi sono gli interventi realizzati nelle grandi località d’arte italiane come Assisi, Padova, Pisa o all’estero. «Quando lavoravamo fuori Roma – precisa Giantomassi – mentre gli altri tornavano a casa durante il weekend, noi rimanevamo per poter discutere e definire tutto il lavoro della settimana successiva senza interferenze da parte di altri». A ben considerare, ogni processo è la conseguenza di valutazioni e scelte, il più delle volte aderenti alla manualistica corrente, altre volte risultato di nuove prove da fronteggiare.

Eleonora, nel corso delle sue conversazioni, pone l’accento sulla necessità di una competenza pratica oltre che teorica, che sono le due componenti fondamentali per essere un professionista completo. Giantomassi non può che condividere il suo punto di vista: «Non ti concentravi solo sulla tecnica, quella ovviamente c’era, ma non era la prima cosa, entravi dentro l’opera a 360°…». L’afflato che sottende questi discorsi, convinti e convincenti, è l’effetto di un impegno svolto con passione: «Per esempio siamo stati a Kabul abbiamo ricostruito i frammenti delle sculture che i talebani avevano preso a martellate, alla fine circa il 95% dei frammenti siamo riusciti a ricostruirli… Questo perché ci appassionò farlo».

Occorre naturalmente poter fare affidamento su di una preparazione a tutto tondo che, tuttavia, appare carente nel bagaglio delle giovani generazioni, instradate verso un restauro sicuramente più scientifico, grazie all’apporto delle nuove tecnologie, ma per converso anche più limitativo e settoriale. «Oggi invece – chiosa Giantomassi – tutto è ormai specializzazione, forse un po’ troppo, noi abbiamo restaurato mosaici, materiali lapidei, affreschi, tempere, dipinti su tela e su tavola, un po’ di tutto, tranne metalli o ceramiche perché erano materiali che riguardavano il campo dell’archeologia». Come sempre occorre la giusta misura. La specializzazione non dovrebbe inficiare lo sguardo d’insieme, ma sembra che il sistema preferisca formare “restauratori incompleti”: c’è chi opera soltanto stuccature o descialbi e chi ritocchi pittorici, cosicché gli uni spesso trovano difficoltà ad eseguire il lavoro degli altri. Una sorta di pratica “imprenditoriale” dettata da una mera questione di soldi, una di catena di montaggio per abbattere i costi, anche dinanzi alle grandi opere del nostro immenso patrimonio artistico.

Piero della Francesca, Madonna del parto – Restauro di Guido Botticelli

La conversazione con Guido Botticelli si discosta dallo schema di domande e risposte adottato nella prima parte del libro. Ne risulta l’avvincente racconto di una vita. Il diploma iniziale alla scuola d’arte in ceramica. Lo studio di giorno e il lavoro di sera, per via delle ristrettezze economiche. L’approdo come apprendista al laboratorio di restauro del prof. Dino Dini. Per quanto sia tentato non mi soffermerò oltre – lasciandovi tutto il piacere della lettura – ma accennerò qualcosa su ciò che Botticelli afferma di avere imparato con l’andare del tempo: «Ho sempre avuto questa idea: puoi fare il restauratore o l’improvvisatore; l’improvvisatore è quello che fa soldi, il restauratore quello che se li suda». Poi ci sono coloro che si atteggiano a storici dell’arte ma non sanno spiegare il lavoro che hanno fatto: «Non so se pensare a superficialità o ad incompetenza». Botticelli è invece un maestro: non c’è studente che non abbia letto il suo libro: “Metodologia di restauro delle opere murali”. Una metodologia appresa in mille occasioni: dialogando a fine lavoro coi colleghi o affrontando la disastrosa alluvione del 4 novembre del 1966: «L’alluvione di Firenze ha cambiato tutto: ha aperto il rapporto con la scienza, ha richiesto un dialogo ancora più serrato con altri colleghi e con gli storici, ha creato i presupposti per sviluppi fino all’ora impensati nelle tecniche e nei materiali, ma tutto ha potuto avere luogo grazie al confronto e alla piena collaborazione tra le figure fondamentali nel restauro». In una parola: interdisciplinarità. Oggi, al contrario, sembra che ognuno sappia fare da sé e che le analisi scientifiche possano fornire sempre soluzioni sicure.

Eppure, per quante analisi siano prodotte, per quanti pareri si possano ascoltare, ci sarà sempre un momento in cui occorrerà assumersi la responsabilità di prendere la decisione giusta. Per attuare tutto ciò occorre sapere valutare la realtà per quella che è, afferma Botticelli: toccare con mano le problematiche, confrontare soluzioni, riconoscere i propri errori, manifestare le critiche necessarie: «Questo è stato sempre il mio modo di affrontare il mestiere come anche l’insegnamento: dire le cose senza nascondersi e mettersi sempre in gioco a scapito, a volte, di un po’ più di diplomazia». Ecco perché analizzare il passato, non solo attraverso gli studi teorici, ma attraverso la responsabilità del cantiere, può aiutarci a migliorare.

Gli esempi si susseguono, gli aspetti sono sviscerati, le indicazioni si fanno sempre più suadenti. Il racconto di Botticelli riassume e rilancia quello dei suoi amici e colleghi che Eleonora ha raccolto in queste sue pagine. Sono il frutto maturo delle esperienze. Per cui, lascerei concludere a Guido Botticelli questo mio lungo pezzo scritto per una rivista che, non a caso, si chiama Experiences: «Queste mie parole possono apparire pesanti, ma queste esperienze le ho vissute fino ad oggi in prima persona e voglio essere, con questa mia testimonianza, non solo uno stimolo per molti ma anche un elemento di disturbo che faccia in qualche modo riflettere e arrabbiare qualcuno: se ciò serve a scuotere le coscienze, in primis quelle degli operatori del settore, questa intervista non sarà stata inutile».


INSERTO FOTOGRAFICO


Umberto Segato: “Come un’oliva infilzata”, il romanzo perfetto per le vacanze

Trama

Il protagonista del romanzo, o meglio chi ci aiuta a raccontare la storia è Guido, scrittore e sceneggiatore.
Il suo amico Roberto trova un lavoro che sembra un affare, vendere la sceneggiatura per un film ad un riccone che vuole investire nel cinema.
L’appuntamento è vicino a Forte dei Marmi, in un hotel a 5 stelle che si chiama Il Bottaccio, un rifugio per chi ha bisogno di privacy.
Qui inizia la vera storia, tra chiacchiere e vicende tra giornalisti televisivi, sceneggiatori, produttori Tv e politici politicanti.
Si parla di morale e di potere, di gente che inganna e di gente ingannata, di cinici e di idealisti, di morale e di potere.
Si narra di uno scontro in cui il perdente è il vincitore… E tutte le vicende narrate accadono nell’arco di sole 24 ore.

Questo è un romanzo breve che si legge tutto in una volta, non si riesce a lasciare a metà ed incuriosisce ad ogni pagina.

L’autore ed ex giornalista Rai, Umberto Segato, immagina una lunga giornata tipo tra personaggi significativi del dietro le quinte del mondo dello spettacolo.

In una meravigliosa location in Versilia per ricreare alcuni degli episodi e circostanze che fanno importante questo scritto.

Il romanzo Come un’oliva infilzata di Umberto Segato è pubblicato su Ilmiolibro.it, per la categoria narrativa contemporanea, 137 le pagine.
E’ pubblicato anche su tutte le migliori piattaforme online, con l’eBook sempre al costo di €0,99.

Per saperne di più: https://www.iriseperiplotravel.com/umberto-segato/

Breve estratto


“Buscemi teneva sempre distinti la qualità dei film che uscivano dalla sua casa di produzione dai gusti personali.
Anzi, più erano divergenti più era convinto di rifarsi dei soldi spesi.
L’ultimo lavoro era stato un filmetto a bassissimo budget, rifacimento in versione porno soft di un film messicano da distribuire in Medio Oriente: Valchirie longilinee e mediterranei nerboruti.
Neanche una settimana di lavorazione. Un ciak e via. Per autodifesa, aveva firmato la sceneggiatura con un altro pseudonimo ancora: Manco Esserci.”

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Umberto Segato, biografia

Umberto Segato

Umberto Segato (Mira, 31 agosto 1932) è un giornalista, scrittore e poeta italiano.
Vive tra Roma e Todi. Giornalista de “Il Giorno” e poi, in televisione, è stato Inviato Speciale RAI del TG2.
Dal 1960 è iscritto all’albo dei giornalisti professionisti.
Ha pubblicato varie raccolte di poesia: Non arriva nessuno (1962), Viaggio a vista (1992, Premio “Cesare Pavese”[15]), Specchio in uno specchio riflesso (1999, nella rosa dei Premi Alfonso Gatto, Città di Marineo, Metauro e Viareggio, Versi scabri (2011).
Inoltre, ha pubblicato anche i romanzi I luoghi e il tempo (1988, Premio “Città di Benevento”), Candida (2015), Eredità o la colpa di Serena (2017), Racconti dal passato (2018).
Le ultime due opere sono pubblicate sulla piattaforma Ilmiolibro: Come un’oliva infilzata (2022) e L’eredità dei Crea (2023).
Per la biografia completa: https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Segato

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Sara Bontempi
Redattrice editoriale di GGBooks
https://gg-books.com/

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Salvatore Privitera racconta il suo romanzo fantasy: LARS E GLI ELFI. L’eredità di Zigramon e Cumumbra

Lars contro il Demone serpente

Lars e gli elfi (dietro le quinte)

di Salvatore Privitera

LARS E GLI ELFI – VOL I
L’eredità di Zigramon e Cumumbra

di Salvatore Privitera

Formato: 15×21
Pagine: 170
Collana: Fantasy
Cover Graphics: Claus Tamburini

«Papà, ho bisogno che mi racconti una storia, mi serve per riuscire a dormire!» disse il piccolo Lorenzo. E fu così che Lars, lo spensierato ragazzo del regno di Gemunda, iniziò a farsi strada nella mia mente e, quel che doveva rimanere il racconto di una sera, dieci indimenticabili minuti passati a far felice mio figlio, con una storiella per bambini, iniziò a trasformarsi in un vero e proprio romanzo fantasy per tutti. Si perché, se è vero che in precedenza avevo provato a mettere nero su bianco qualche idea, la storia di Lars e la sua compagnia di elfi (in questo caso piccoli come nell’immaginario dell’illustratore britannico Arthur Rackham) mi ha fatto capire quanto io ami scrivere del fantastico; così, tra i tanti impegni di un padre e di un marito, a conferma che la volontà è tutto, a ogni spazio libero progettavo e annotavo per poi agganciare tutto al posto giusto, anche e soprattutto di notte, a volte anche prendendo spunto e attingendo dalla storia di varie culture del globo.

Mappa di Gemunda

Dopo un anno e mezzo di appassionante lavoro, finalmente Lars e gli elfi vol I – L’eredità di Zigramon e Cumumbra – fu ultimata e, con mia grande sorpresa, la risposta positiva non tardò ad arrivare e il romanzo trovò casa presso PAV Edizioni.

Sei sono stati i mesi di trepidante attesa prima che tutto fosse pronto per la pubblicazione ma, alla fine, la soddisfazione è stata immensa nel mio piccolo e, senza neanche fermarmi, le basi per il secondo volume della trilogia sono già pronte per essere elaborate.

Finalmente ora lo posso dire: LARS E GLI ELFI L’eredità di Zigramon e Cumumbra è fuori! E questa qui sopra è la sua copertina!

Lars, è uno spensierato ragazzo del regno di Gemunda, che viene inviato dalla madre a raccogliere castagne. Presto scoprirà una realtà che gli uomini del suo tempo credevano ormai fosse leggenda. Tra elfi, demoni, creature e luoghi fantastici, Lars si ritroverà a vivere una incredibile avventura e a conoscere uno sconvolgente segreto su se stesso, mentre incombe su Gemunda una minaccia risvegliatasi dopo mille anni.

Sono molto contento di poter condividere la notizia con voi e – se avete voglia di immergervi in un mondo magico fatto da creature fantastiche, elfi, demoni e stregoni, dove l’avventura è padrona – troverete Lars e i suoi compagni sul sito della PAV, nella sua edizione Deluxe, con alette di copertina e carta più spessa.
Inoltre, è disponibile anche su Amazon nelle sua versione più economica, senza alette di copertina e carta più leggera, a un prezzo inferiore di due euro.

Il regno di Gemunda vi aspetta!

Salvatore Privitera

Nato a Messina, classe ’79, Salvatore Privitera si appassiona al fantasy dall’uscita nelle sale cinematografiche de La Storia Infinita. Da allora, oltre a diventare un assiduo divoratore di racconti appartenenti a questo genere letterario, soprattutto dei romanzi di Robert E. Howard, non smette di fantasticare e immaginare storie e mondi. Da qualche anno, parallelamente alle attività nel settore grafico creativo, si dedica alla scrittura fantasy e sceneggiature per fumetti.

Qui in basso, il link d’acquisto al sito PAV Edizioni!

Strepitosa novità: fino a data da definirsi inserendo il codice autori2023 potrete usufruire dello sconto del 10%

La costruzione della spinapesce nella copertura della sala ottagonale di Simon Mago nella fabbrica di San Pietro

La ‘lisca di pesce’ è un procedimento costruttivo, già noto al Brunelleschi e al Sangallo, che permette di voltare la cupola senza l’ausilio di rinforzi. Questa tecnica è stata adottata per rivestire le stanze ottagonali che circondano la cupola di San Pietro. Coadiuvati dalle tecniche analitiche fotogrammetriche e dalla simulazione al computer del processo costruttivo, gli Autori mostrano che la costruzione a “spina di pesce” in queste cupole si ottiene con il semplice ausilio di un supporto principale (vale a dire un longherone o un cavo fissato al centro della cupola ) e senza altri tracciati di guida. La curva così descritta dai mattoni della ‘spina di pesce’ sull’intradosso della cupola è una spirale ad angoli uguali (o lossodromica) simile alle spirali che si trovano in natura nelle conchiglie dei molluschi.

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IMMAGINE DI APERTURA tratta dall’interno del volume

Mario Docci – Riccardo Migliari
La costruzione della spinapesce

Oliviero Tronconi, Valentina Puglisi, Anna Gornati – Le nuove forme dell’abitare

Con i piedi ben saldi sulle possibilità e potenzialità offerte dalla rivoluzione tecnologica e con la mente proiettata alla modernità, attraverso un uso sapiente di materiali tradizionali ed innovativi, i grandi maestri dell’architettura nel passaggio tra ‘800 e ‘900 ridisegnano lo spazio domestico della contemporaneità. Il libro ha le proprie radici nei presupposti sinteticamente delineati. Un libro che affronta con un approccio interdisciplinare il tema dell’evoluzione dello spazio dell’abitare in tutte le sue articolate chiavi di lettura. Nuove richieste, non ancora sufficientemente esplorate, emergono dalla società mentre cambiano i protagonisti dell’offerta di abitazioni e muta, divenendo più complesso, il processo ideativo e realizzativo di questo tipo di prodotto.

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IMMAGINE DI APERTURA tratta dall’interno del volume

Oliviero Tronconi, Valentina Puglisi, Anna Gornati
Le nuove forme dell’abitare

Paola Mura: Il “Quarto tempo” del museo contemporaneo in Europa

Questa ricerca indaga i musei in Europa, nel passaggio tra XX e XXI secolo: questo periodo fu chiamato “Quarto tempo” – Quarto tempo – da Luca Basso Peressut (2005) con riferimento a Franco Albini, che nel 1958 definì “ Terzo tempo“ -Terza volta – nell’evoluzione del museo, nel contesto storico e culturale del secondo dopoguerra. Il Museo viene indagato, attraverso la presentazione di casi studio, nelle sue caratteristiche architettoniche, nelle sue funzioni e come spazio pubblico, rappresentativo dell’identità collettiva.

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IMMAGINE DI APERTURA tratta dall’interno del volume

Paola Mura
Il “Quarto tempo” del museo in Europa.
Architettura, funzioni e spazio pubblico
nel museo contemporaneo

Renata Ago – Tanti modi per promuoversi. Artisti, letterati, scienziati nella Roma del Seicento

L’idea centrale di questo libro è che dal Rinascimento e attraverso i secoli XVII e XVIII, un certo numero di artisti, studiosi e membri delle libere professioni ha lottato per auto-concepirsi come “persone intellettuali” dotate di tratti distinti che li collocavano in una rango sociale distinto. Lo hanno fatto individualmente e collettivamente, attraverso scritti teorici e attraverso la pratica, rivendicando apertamente il riconoscimento sociale o cercando più silenziosamente di ottenerlo attraverso le loro azioni. Ho preso in prestito la nozione di “persona intellettuale” da Lorrain Daston e Otto Sibum che nell’introduzione a un numero speciale di Science in Context hanno parlato di persona come “un’identità culturale che modella simultaneamente l’individuo nel corpo e nella mente e crea un collettivo con una fisionomia condivisa e riconosciuta”. Ma mentre Daston e Sibum erano principalmente interessati agli aspetti culturali di questo fenomeno, poiché consideravano la formazione delle personalità scientifiche nel contesto della storia della scienza, io preferirei concentrarmi sulle sue caratteristiche socio-economiche e politiche nel contesto di la storia dell’Ancien Regime, i. e. una società gerarchica, fortemente caratterizzata da uno status ascritto. Per persone intellettuali mi riferisco quindi a persone che esercitavano attività molto diverse – come dicevo artisti, studiosi, avvocati, medici – e tuttavia accomunate da una caratteristica comune: esercitavano tutte professioni “intellettuali” o “coltivate” e prestavano servizi “culturali”. o merci. E tutti pretendevano che questa speciale qualità delle loro attività li collocasse in un rango separato: se non appartenevano alla nobiltà titolata, non facevano certo parte dei ranghi operai della società.

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IMMAGINE DI APERTURA tratta dall’interno del volume

Renata Ago
Tanti modi per promuoversi.
Artisti, letterati, scienziati nella Roma del Seicento