Fabio Benzi – Il Futurismo

Scrivere oggi un libro sul futurismo è forse uno degli sforzi più complessi che uno storico dell’arte possa affrontare. Richiede infatti di compulsare un numero infinito di fonti, di interpretazioni, di contributi, che oltretutto si intrecciano a documenti epistolari (non sempre pubblicati o correttamente interpretati, e comunque sparsi in archivi e articoli innumerevoli) nelle cui pieghe (e talvolta persino nei cui silenzi) si nascondono esegesi di opere, di rapporti, di personaggi, che ancora possono cambiare la prospettiva di quanto normalmente si dà per acquisito. Come vedremo tra poco, nonostante l’importanza oggettiva del movimento e il discreto lasso temporale che ce ne separa, i tentativi di sintesi (quelli non solo divulgativi, naturalmente) sono ancora decisamente scarsi, o meglio irrisori; laddove prevalgono invece quelli analitici e filologici, per altro verso essenziali per poter permettere una corretta lettura e ricostruzione dei fatti storici e dei risvolti estetici e artistici. Molte sono le ragioni di questa strana dinamica critica, e proviamo qui a elencarne alcune, solo come esempi, senza pretesa di completezza.

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Fabio Benzi – Il Futurismo



Da sfogliare in biblioteca – Art Nouveau

Libri da riprendere in mano, da leggere, ma anche semplicemente da sfogliare, lasciando da parte i ricordi dell’estate trascorsa e cominciando a riassaporare pigramente le letture che ci impegneranno in autunno e in inverno, per ragioni di lavoro o di studio o semplicemente per passione. Prima di riprendere L’arte del Novecento, proviamo perciò a riempirci gli occhi, a spaziare con la mente, su quanto abbiamo già osservato e facciamolo attraverso letture di ampio respiro.

Art Nouveau: dalle origini all’Esposizione di Parigi

Il trionfo dell’Art Nouveau – Parigi mostra 1900

La scuola di Nancy. Art Nouveau e industria dell’arte (estratto)

L’età dell’Art Nouveau  

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Mohamed Hassan da Pixabay

Paola Scala – Elogio della mediocritas

In un mondo caratterizzato da una innaturale, esagerata relazione tra ogni cosa, ha ancora senso parlare di misura in architettura? Se sì, quali e quanti significati è possibile individuare per questo termine nell’epoca della “sproporzione”? L’uomo domina (ancora) il mondo con l’arte del misurare o invece ha trovato nuovi modi per organizzare lo spazio? Gestire la complessità del territorio contemporaneo è ancora, anche, una questione di misura e soprattutto questa misura trova ancora le sue ragioni nella struttura stessa del paesaggio ovvero nella sua architettura? Questo libro parte da molte domande… e da poche certezze. Uno dei punti certi di questo ragionamento è il punto di vista dal quale si affronta la questione, quello del “progetto intermedio”: un progetto in grado di interpretare e raccontare non soltanto le ragioni dell’opera costruita ma anche quelle del luogo che costruisce.

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Paola Scala – Elogio della mediocritas



Alexandra Chavarria Arnau – Medioevo Fantastico. L’invenzione di uno stile

Atti del ciclo di Conferenze “Medioevo fantastico. L’invenzione di uno stile nell’architettura tra fine ’800 e inizio ’900”. Il tema è trattato da due archeologi e cinque storici dell’architettura che ne analizzano le origini e lo sviluppo in alcune città (Padova, Verona, Milano, Siena e Napoli) e in relazione ai personaggi che ne furono i protagonisti (Pietro Selvatico, Camillo Boito, Luca Beltrami, Alfredo d’Andrade oltre ad altri meno noti).

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL LIBRO): Medioevo Fantastico. L’invenzione di uno stile nell’architettura tra fine ‘800 e inizio ‘900, Archeologia dell’Architettura, XXI, 2016 

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Marco Stigliano – Modernità d’esportazione. Costruire nei territori italiani d’oltremare

Il lavoro si propone di evidenziare come il viaggio (quale che ne sia la sua origine, dallo studio, al lavoro, al diletto), imprima nella memoria del viaggiatore un ricordo – non sempre necessariamente veritiero e certo – ma al contrario profondamente contrassegnato dalla propria sensibilità, formazione, provenienza. Dai taccuini di schizzi che vengono a posteriori ‘messi in bella’, alle raccolte di incisioni appositamente realizzate, fino ai ‘carnets de voyage’, la memoria assume codificazioni, modelli, a tratti ripetitivi, in altri casi innovativi, fino alla costruzione di paesaggi di mito, in larga misura inventati, nella maggior parte dei casi stereotipati.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL LIBRO): Modernità d’esportazione. Florestano Di Fausto e lo stile del costruire nei territori italiani d’oltremare.

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Chiara Devoti – Viaggiare, ricordare, narrare e rappresentare

Il lavoro si propone di evidenziare come il viaggio (quale che ne sia la sua origine, dallo studio, al lavoro, al diletto), imprima nella memoria del viaggiatore un ricordo – non sempre necessariamente veritiero e certo – ma al contrario profondamente contrassegnato dalla propria sensibilità, formazione, provenienza. Dai taccuini di schizzi che vengono a posteriori ‘messi in bella’, alle raccolte di incisioni appositamente realizzate, fino ai ‘carnets de voyage’, la memoria assume codificazioni, modelli, a tratti ripetitivi, in altri casi innovativi, fino alla costruzione di paesaggi di mito, in larga misura inventati, nella maggior parte dei casi stereotipati.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL LIBRO): Viaggiare, ricordare, narrare e rappresentare: modelli e soluzioni di trasmissione degli esiti del viaggio

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Zeila Tesoriere – Atlante Nuovo Edificio Pubblico

Genealogia breve, introduttiva ad una nuova idea di edificio pubblico. Si leggono gli inizi sparsi di trasformazioni progressive che oggi vanno condensate in nuovi edifici, in cui pubblico e privato superino un secolare antagonismo per attivare nuove capacità di esercizio, gestione, manutenzione, trasformazione delle architetture. Ridisegnati dagli studenti del mio Laboratorio IV di progettazione architettonica AA 2018-19, ogni settimana un approfondimento. Presentazione in seminario finale.

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Francesco Vitale – Note su Jacques Derrida, architettura e decostruzione

«L’interesse per l’architettura occupa un lasso di tempo ben definito nell’opera di Jacques Derrida. Almeno ad un primo sguardo. Da Labirinth und Architextur del 1984 a Talking about Writing del1993, poco meno di dieci anni, nel corso dei quali però l’attività è molto intensa: Derrida è tra i promotori della collaborazione tra l’allora nascente Collège international de Philosophie e il Centre de création Industrielle di Parigi. Scrive per la presentazione del progetto generale di Bernard Tschumi per il parco di La Villette a Parigi, collabora con Peter Eisenman al progetto di un sito all’interno dello stesso parco. Dialoga con gli studenti di architettura della Columbia University e con teorici all’avanguardia quali Marc Wigley, Jeffrey Kipnis, Anthony Vidler. Nel 1991 interviene al Berlin Stadtforum, al grande simposio dedicato alla ristrutturazione urbanistica di Praga, alla presentazione del progetto di Daniel Libeskind per il Museo ebraico di Berlino. Partecipa ai primi due incontri organizzati da Anycorporation per l’architettura del terzo millennio, nel1991 a Los Angeles, nel 1992 a Yufuin in Giappone. Poi dal 1993 più niente. L’incontro di Derrida con l’architettura, avvenuto per caso, si interromperebbe dunque altrettanto casualmente. Almeno ad un primo sguardo». Chi scrive e approfondisce questo argomento con grande partecipazione è Francesco Vitale, che insegna “Storia delle dottrine estetiche” presso l’Università di Salerno. Vitale ha dedicato all’opera di Derrida, oltre che numerosi articoli, pubblicati in Italia e all’estero, il volume Spettrografie (Genova,2008). Di Derrida ha inoltre curato l’edizione italiana di Economimesis. Politiche del bello (Milano, 2004) e la prima raccolta di tutti gli scritti che il filosofo francese ha dedicato all’architettura: Adesso l’architettura (Milano,2008).

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL SAGGIO): Politiche della casa. Note su Jacques Derrida, architettura e decostruzione, in F. Filipuzzi e L. Taddio (a cura di), Costruire Abitare Pensare, Milano, Mimesis, 2010.

IMMAGINE DI APERTURA – Elaborazione grafica tratta dalla copertina del volume

Paola Ardizzola – Il viaggio strumento di conoscenza: Il Giappone di Bruno Taut

Il 3 maggio 1933, Taut arriva in Giappone, da Berlino, accusato di bolscevismo. Durante il viaggio prende nota di impressioni e schizzi che verranno pubblicati come Verso il Giappone e Taccuino di viaggio. Nell’estate del 1933 scrive il primo saggio Il Giappone visto con gli occhi europei, una panoramica critica dello sviluppo artistico del Giappone all’inizio del XX secolo, mentre le caratteristiche fondamentali dell’architettura giapponese enfatizzano i valori di semplicità e purezza dell’architettura del XVII secolo, come nella villa imperiale Katsura e nel santuario di Ise, punti di riferimento della moderna architettura giapponese. Infine, il corposo libro Houses and people of Japan è un reportage di viaggio all’interno dell’architettura tradizionale e dell’urbanistica storica, che si conclude con il report della visita a Katsura: nella semplicità e nella purezza delle sue proporzioni, Taut riconosce le matrici del Modernismo.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL SAGGIO): Il viaggio come strumento di conoscenza: il Giappone di Bruno Taut nei suoi appunti, saggi e disegni

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Davide Crippa, Barbara Di Prete – Verso un’estetica del momentaneo

Attualmente la progettazione architettonica sembra interessata non solo allo spazio e alla forma, ma soprattutto a tutto ciò che nello spazio accade: persegue un’estetica aperta e mutevole, un “paesaggio di azioni” in cui i comportamenti dei fruitori assumono un valore estetico. La celebrazione del vivere urbano e delle ritualità quotidiane, che vengono innalzati ad una dimensione “spettacolare”, partecipano così alla definizione compositiva dello spazio. In questi progetti, costantemente mutevoli e godi in “quell’unico istante”, prevale dunque la dimensione temporale; in tal senso l’architettura si avvicina ad espressioni quasi performative ed è manifestazione di una nuova estetica del momentaneo. I fruitori recitano, inconsapevoli, la parte di un copione aperto: è una “nuova teatralità”, spontanea, che si afferma all’interno di una società in cui media, spettacolo e realtà vivono frammisti, ed in cui i progetti si configurano sempre più come scene in movimento, moderne “composizioni narranti”.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL SAGGIO): Verso un’estetica del momentaneo. L’architettura degli interni: dal progetto al «processo»

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