In Italia, dopo la seconda guerra mondiale, si ebbero,
con le loro grandi regie, messe in scena teatrali di livello
mondiale, grazie a Salvini, Visconti
e Strelher, importantissimi nella crescita del teatro
italiano. Anche grandi scrittori e critici teatrali
contribuirono a questo sforzo, come Silvio D'Amico, Paolo
Chiarini, Luciano Lucignani e Vito Pandolfi. Ebbe,
contemporaneamente, nuovo impulso il teatro lirico, in Italia
come all’Estero. Nello stesso periodo si ha la nascita dei
teatri locali, a volte dialettali: con Giacinto Gallina
(veneziano), Carlo Bertolazzi (milanese), Augusto Novelli
(fiorentino), Salvatore Di Giacomo e Edoardo de Filippo
(napoletani).
Nella seconda metà del secolo, il teatro
dell'assurdo di Samuel Beckett e Eugene Ionesco, si incrocia
con il teatro dell’incomunicabilità degli autori scandinavi
August Strindberg e Henrik Ibsen (il palcoscenico salotto),
dove si esalta l'individualismo e il socialismo. Originale
e innovativo è l’approccio di Frank Wedekind con la sua
Lulù e Alfred Jarry con l'invenzione dell’eroe
Ubu Roi.
In Germania è stato fondamentale il lavoro di Botho
Strauss e Rainer Werner Fassbinder, in Francia, tra i tanti,
Louis Jouvet o i testi estremi di Jean Genet, seguace della
drammaturgia di Artaud, in Svizzera hanno operato Friedrich
Dürrenmatt (1921-1990) e Max Frisch (1911-1991) Tra i
maggiori teorici del teatro del Novecento va citato il polacco
Tadeusz Kantor (1915-1990) che come pittore, scenografo e
regista teatrale, ha apportato grandi innovazioni nella
concezione della messa in scena.
Il Teatro americano, che aveva
trovato difficoltà a nascere durante il XIX secolo, esplode
con Eugene O'Neill,
inventore del monologo interiore che trasuda di idee
freudiane, astrazioni, allucinazioni ed i sogni sono la
caratteristica delle sue opere. A metà del XX secolo il
teatro drammatico americano ha avuto una considerevole
crescita, nelle forme originali e personali di alcuni autori,
come Torton Wilder,
Arthur Miller ( post-ibseniano) e Tennesse Williams (La
gatta sul tetto che scotta, Un tram che si chiama desiderio
ecc.) con il suo simbolismo poetico perverso e sensuale.
La commedia musicale trova un posto importante nel teatro
americano, basta citare titoli del calibro di "Oklahoma",
"West side story" "Poggy and Bess", My fair lady” e " Jesus
Cryste superstar" e tutti gli altri che sono seguiti.
La riflessione sul teatro diviene, nella seconda metà del
Novecento, a 360 gradi. La figura dell’attore non viene più
finalizzata alla sola rappresentazione, ma coinvolge la vita e
la filosofia stessa di questa. Negli anni ’60 e ’70 il teatro
occidentale trova punti di contatto con quello orientale, dove
ci si arricchisce con lo yoga, le arti marziali, le
discipline spirituali di Gurdjeff e le diverse forme di
meditazione. E’ una maturazione che coinvolge tutti gli
operatori, dagli attori ai registi ai drammaturghi. Nasce il
teatro sperimentale
di Carmelo Bene, l'Odin Teatret di Eugenio Barba, il
teatro povero di Jerzy Grotowski, il teatro fisico
del Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina, fino alle
realizzazioni "di cassetta" dell'Actor's Studio di Stella
Adler e Lee Strasberg, che ha formato nella sua storia attori
divenuti mitici per il pubblico (e per i critici).
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