La
storia di Adrano è racchiusa nel
suo castello, anzi è il castello
stesso. Fu edificato, dicono, su
una torre di difesa greca, dagli
arabi o forse dai normanni, se si
tiene in conto la tradizione. Fu
abitato dalle potenti famiglie che
governarono la contea, come
Sclafani e Moncada, e proprio da
Giovan Tommaso Moncada, nel XV
secolo furono attuati i lavori che
gli hanno dato l’aspetto che oggi
ammiriamo, avendone restaurata
l’antica torre circondandola di un
bastione di difesa con quattro
torricciole angolari. Nel Seicento
venne adoperato come carcere,
subendo la sorte di tante
fortificazioni dell’Isola. Rovinò,
persino, colpito da un disastroso
terremoto e come conseguenza
rimase disabitato ed esposto alle
intemperie. Quando infatti l’abate
benedettino Vito Amico nel 1757
scriveva di Adrano, nel suo
fondamentale Lexicon Siculum, non
poteva che annotare: "Il castello
è crollato nei soffitti, è
disabitato; solo il pianterreno è
abitato a carcere".
In
condizioni sempre peggiori il
castello è arrivato fino al 1958,
anno in cui l'edificio è stato
dichiarato pericolante. A partire
dall’anno successivo i lavori di
restauro da parte delle
Sovrintendenze di Siracusa e di
Catania, lo hanno reso fruibile
dal pubblico grazie
all’istituzione di un Museo. Dal
1999 il Museo è passato sotto la
cura dell’assessorato per i Beni
culturali e ambientali della
Regione Siciliana, che ne ha
avviato un progetto di
riorganizzazione e un nuovo
allestimento. Nelle sue sale si
possono ammirare i reperti di una
storia millenaria, che richiama
alla memoria la città sicula del
Mendolito e quella che si sviluppò
con l’integrazione dei coloni
greci o meglio della “greca”
Siracusa sotto il tiranno Dionisio
il vecchio. Questa integrazione
fra popoli diversi, per cultura,
per religione, è testimoniata dal
nome stesso della città, che
d’allora fu chiamata Adranon, in
onore del dio siculo Adranos,
venerato in questi luoghi da tempo
immemorabile.
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