Castello di Rivoli: Expanded With

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta Expanded With, una mostra che guarda al ruolo della fotografia nell’arte contemporanea degli ultimi decenni quale parte del programma di EXPOSED Torino Foto Festival. La mostra, allestita al terzo piano della Manica Lunga, raccoglie opere nelle quali il medium fotografico è il punto di partenza per indagare diversi tipi di relazione con il paesaggio. Dalle azioni performative degli anni 60-70, la mostra comprende opere di pionieri della Land Art, dell’Arte povera e della Body Art, includendo inoltre l’uso della fotografia come strumento concettuale, arrivando a ulteriori esperienze più contemporanee.

a cura di Marcella Beccaria
2 maggio – 25 agosto 2024
Manica Lunga, Terzo piano
Inaugurazione: giovedì 2 maggio 2024

“La mostra Expanded With – dichiara Marcella Beccaria – indaga l’immagine quale campo allargato, citando gli scritti della teorica d’arte americana Rosalind Krauss. Krauss analizza il modo in cui la pratica di artiste e artisti dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso modifica il concetto tradizionale di scultura per arrivare alla ‘costruzione di luoghi’, utilizzando molteplici media, tra cui la fotografia. A partire da queste premesse, la mostra raccoglie per la prima volta un significativo numero di opere fotografiche di artiste e artisti internazionali presenti in Collezione e in comodato al Castello di Rivoli, ripercorrendo la stretta relazione che lega l’uso della fotografia e gli sviluppi dell’arte contemporanea negli ultimi 50 anni”.

Expanded With è parte di Expanded, una mostra in tre capitoli a cura di Marcella Beccaria ed Elena Volpato pensata per valorizzare il nucleo fotografico della Collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT in comodato al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e a GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Proponendo un unico percorso coerente, la mostra è articolata nelle sedi di Castello di Rivoli, GAM e OGR Torino, e presenta la fotografia da tre angolature speciali. Oltre a Expanded With al Castello di Rivoli, il progetto include Expanded Without presso le OGR e Expanded – I Paesaggi dell’arte presso GAM a Torino. Expanded indaga l’immagine quale campo allargato, intenzionalmente citando gli scritti della teorica d’arte americana Rosalind Krauss.
 
In concomitanza con Expanded With, nella Sala 18 al secondo piano del Museo sarà invece possibile visitare la mostra Paolo Pellion di Persano. La semplice storia di un fotografo, a cura di Marcella Beccaria e Andrea Viliani, che riunisce per la prima volta un importante corpus di fotografie dell’artista, tra cui molti inediti, restituendo uno straordinario racconto dal quale emerge la vitalità artistica di Torino e del suo territorio.
 
Expanded With è parte del programma di EXPOSED Torino Foto Festival (2 maggio – 2 giugno 2024), il nuovo Festival Internazionale di Fotografia di Torino promosso da Città di Torino, Regione Piemonte, Camera di commercio di Torino, Intesa Sanpaolo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT su delega della Fondazione CRT e organizzato da Fondazione per la Cultura Torino.

Biglietti
Dal 2 maggio al 2 giugno alla mostra si potrà accedere anche con il PASS EXPOSED acquistabile al prezzo di € 25 in biglietteria INFOPIEMONTE – Desk ABBONAMENTO MUSEI di via Garibaldi 2, o sul sito di EXPOSED a questo link: https://www.exposed.photography/tickets


Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia
10098 Rivoli – Torino
Info: +39 0119565222
come arrivare

Le attività del Castello di Rivoli sono realizzate primariamente grazie al contributo della Regione Piemonte.
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Ufficio Stampa Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Manuela Vasco | press@castellodirivoli.org | tel. 011.9565209
 
Consulenza Stampa
Stilema | anna.gilardi@stilema-to.it | tel. 011.530066

Pubblicato il 22 Aprile 13:30 e aggiornato oggi

Boom di visitatori per “MONET. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris”

Continua a riscuotere un grandissimo successo la mostra “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris” al Centro Culturale Altinate | San Gaetano di Padova. Sono oltre 70milai visitatori che, a meno di due mesi, hanno potuto godere delle atmosfere magiche, dei colori e della luce dei capolavori di Monet, padre di quella corrente artistica che nacque proprio 150 anni fa a Parigi e che oggi è la più amata in tutto il mondo.

A Padova un appuntamento immancabile con Monet e l’Impressionismo che, fin dai primi giorni, ha visto all’ingresso del San Gaetano file ininterrotte di visitatori.
Sono infatti già sold out i biglietti in prenotazione online per tutti i week-end fino a fine mostra e, vista la grande richiesta, la mostra sarà aperta anche mercoledì 1° maggio con un orario prolungato fino alle 22.00 (ultimo ingresso ore 21).

L’assessore alla cultura e al turismo del Comune di Padova Andrea Colasio sottolinea:“Il grande successo registrato in meno di due mesi di apertura, oltre 70 mila visitatori, evidenzia l’importanza di Padova a livello nazionale come meta turistica di qualità. Si tratta di un risultato che consolida e rafforza il progetto culturale e turistico che, come Amministrazione, abbiamo avviato fin dal 2017, proponendo importanti mostre di livello e qualità internazionali, con cadenza regolare, in uno spazio della città che è oramai riconosciuto come il contenitore ideale per questi eventi. Una politica che abbina alle grandi mostre una costante attenzione per l’attività, in ogni ambito artistico e culturale, anche delle realtà locali, creando una offerta varia e di spessore che si rivolge ad un pubblico il più ampio possibile. Ringrazio Arthemisia per l’ottimo lavoro che sta realizzando con questa mostra su Monet e per la decisione di ampliare le possibilità di visita con questa apertura straordinaria del 1° maggio che sono certo, sarà molto apprezzata”.

In mostra 60 capolavori tutti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi – tra cui le Ninfee, gli Iris, i Paesaggi londinesi e molti altri ancora – arricchiti da sale spettacolari, tantissimi contenuti, video, testimonianze e atmosfere magiche.
Sono le opere a cui Monet teneva di più, le “sue” opere, quelle che ha conservato gelosamente nella sua casa di Giverny fino alla morte, da cui non ha mai voluto separarsi.
La mostra è quindi anche un viaggio nel mondo intimo di Monet, nella sua casa e nella sua anima.

La mostra “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris“, promossa dal Comune di Padova, è prodotta ed organizzata da Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi ed è curata da Sylvie Carlier, curatrice generale del Musée Marmottan Monet, con la co-curatela della storica dell’arte Marianne Mathieu e l’assistente alla curatela del Musée Marmottan Monet Aurélie Gavoille.

La mostra vede come sponsorGenerali Valore Cultura e AcegasApsAmgamedia partner la Repubblica, special partnerRicola e mobility partnerFrecciarossa Treno Ufficiale.
Catalogo edito da Skira.

Il Musée Marmottan Monet, di proprietà dell’Académie des Beaux-Arts di Parigi, accoglie la più grande collezione al mondo di opere di Claude Monet, con l’intento di far conoscere l’opera dell’artista e renderla accessibile al maggior numero possibile di persone, in particolare attraverso mostre temporanee.

La mostra al Centro Culturale Altinate | San Gaetano – che presenta sessanta opere che comprendono i capolavori di Monet, ma anche lavori di Delacroix, Boudin, Jongkind, Renoir e Rodin, che furono suoi maestri e amici – si fa portavoce di questa ambizione ed è particolarmente significativo in quanto rappresenta la prima esposizione delle opere provenienti dall’istituzione parigina nella città di Padova.

L’esposizione passa in rassegna le tappe della ricerca artistica del pittore: dagli inizi della sua carriera sulla costa della Normandia, attraverso i viaggi in Olanda, Norvegia e Londra, fino all’opera finale, le Ninfee, dipinti che il pittore ha conservato gelosamente nella sua casa di famiglia a Giverny, fino alla sua morte.

È un’occasione per immergersi nella rigogliosa creatività di Monet e coglierne le fonti di ispirazione, trasportati nel suo mondo intimo.

Prima sezione – Le origini del Musée Marmottan Monet: dall’impero all’impressionismo
Nel 1932, Paul Marmottan (1856-1932) lasciò in eredità il suo palazzo nel 16° arrondissement di Parigi e le sue collezioni all’Académie des Beaux-Arts che, nel 1934, trasformò l’edificio in un museo. I mobili imperiali e i dipinti neoclassici sono una dimostrazione della passione di Marmottan per l’arte dell’Europa napoleonica e costituiscono la prima collezione dell’istituzione parigina che nel 1999 ha adottato il nome di Musée Marmottan Monet.
L’aggiunta del cognome del grande pittore riflette l’arricchimento dell’istituzione stessa che attualmente conserva la prima collezione al mondo di opere dell’artista. Questo eccezionale ensemble è nato nel 1940 grazie alla donazione di Victorine Donop de Monchy, di cui è qui esposto un ritratto di Renoir, oltre a due dei capolavori da lei donati al museo, La primavera tra i rami e Il treno nella neve. La locomotiva, entrambi di Claude Monet.
Nel 1966 il museo diventa depositario della prima collezione al mondo di opere di Claude Monet (1840-1926) grazie al lascito del figlio più giovane e discendente diretto del pittore, Michel Monet che, oltre al busto di Monet di Paulin, aggiunge alle collezioni dell’istituzione un centinaio di dipinti del padre, dagli esordi fino all’ultimo periodo. Quaranta di loro costituiscono il nucleo di questa mostra.

Seconda sezione – Il Plein Air
Nell’Ottocento, l’avvento della ferrovia e l’invenzione della pittura tubolare diedero ai pittori una maggiore libertà di movimento, insieme alla possibilità di dipingere all’aperto, pratica che però aveva i suoi limiti. Costretti a spostarsi con il loro materiale, gli artisti scelsero tele di piccolo formato e facili da trasportare. Dovevano anche dipingere velocemente, per catturare ciò che vedevano all’istante. La pennellata più veloce e l’alleggerimento della tavolozza in pieno giorno rendono visibile la lavorazione.
Furono Johan Barthold Jongkind (1819-1891) e Eugène Boudin (1824-1898) a introdurre Monet a questa pratica. Il pittore viaggiò regolarmente in Francia e compì diversi viaggi all’estero con l’obiettivo di dipingere paesaggi marini, paesaggi e scene di vita familiare, come il ritratto abbozzato della moglie Camille (1870). In alcune delle sue sessioni en plein air, Monet si avvalse dei servizi di un facchino, come Poly, che incontrò a Belle-Île nel 1886 e di cui dipinse un ritratto.

Terza sezione – La luce impressionista
Con la decisione di lasciare lo studio e dipingere dalla natura, gli impressionisti ruppero con la gerarchia dei generi nella pittura.
Da quel momento in poi, ciò che prevale non è più tanto il soggetto quanto la sensazione provocata da un paesaggio o dalle scene di vita moderna.
Diventato un maestro della pittura en plein air, Monet dedicò tutta la sua vita a catturare le variazioni luminose e le impressioni cromatiche dei luoghi che guardava. Più che il motivo, il suo interesse era rivolto alla trasfigurazione di quest’ultimo attraverso l’opera della luce. Per cogliere questa luce cangiante, il pittore lavorava rapidamente con pennellate successive e non esitava ad avventurarsi in luoghi esposti a repentini cambiamenti del tempo. La costa della Normandia, i suoi tramonti e i paesaggi dell’Olanda, dove tornò nel 1886, gli permisero di avvicinarsi alle intensità luminose di una natura ancora selvaggia.

Quarta sezione – Il giardino di Monet a Giverny. Oltre l’impressionismo
Nel 1883 il pittore si stabilì a Giverny. Nel 1890 divenne proprietario della tenuta e da allora non lasciò mai più la valle della Senna. Migliorata la sua situazione economica, poté dedicarsi quasi esclusivamente per vent’anni all’allestimento della casa, e soprattutto alla progettazione del giardino. Questa ritrovata stabilità gli ha permesso di esplorare i dintorni e di affinare la sua visione e lo studio della natura dipingendo ogni aspetto delle piante e dei fiori che lo circondano. La figura umana scomparve progressivamente dalla sua opera, il cui unico soggetto finì per essere l’iris, l’hemerocallis, l’agapanthus e soprattutto le ninfee, mentre adottò come soggetto prediletto il suo giardino acquatico. Alla fine della sua vita, Monet visse circondato dalle sue creazioni, a metà strada tra il suo studio e il suo giardino. Le opere qui esposte provengono dalla sua casa e costituiscono, per la loro eccezionalità e dimensione, un insieme unico al mondo.

Quinta sezione – Le grandi decorazioni
Dal 1914 fino alla sua morte nel 1926, Monet raffigurò il suo giardino acquatico a Giverny in centoventicinque pannelli di grande formato, una selezione dei quali donò alla Francia (quelle che oggi sono conosciute come le Ninfee dell’Orangerie). Questi dipinti monumentali, dipinti direttamente in studio, portano ad un parossismo la ricerca già iniziata con le Ninfee del 1903 e del 1907. Raffigurando un frammento del suo laghetto in formati molto grandi, Monet non solo fa a meno di qualsiasi riferimento prospettico e spaziale, ma propone anche di immergere lo spettatore in una distesa d’acqua trasformata in uno specchio: nuvole e rami di salice si riflettono sulla superficie del laghetto dove non c’è più distinzione tra sopra e sotto. Questi paesaggi senza inizio né fine ci invitano a un’esperienza contemplativa in cui basta rappresentare un fiore, un dettaglio della natura, per suggerirne l’immensità.

Sesta sezione – L’astrazione in questione
Nel 1908, Monet iniziò a soffrire di cataratta, un disturbo che gli impediva di vedere chiaramente e alterava la sua percezione dei colori. Durante la lotta del pittore contro questa progressiva cecità, la sua tavolozza si riduce e domina con i marroni, i rossi e i gialli, come testimoniano all’epoca i cicli de Il sentiero delle rose, i Ponti giapponesi e I salici piangenti. Anche la sua pittura diventa più gestuale. Da quel momento in poi, la mano che tiene il pennello divenne visibile nei suoi dipinti. La forma si diluisce di fronte al movimento e al colore e nel suo passaggio dalla rappresentazione allo schizzo finisce per essere quasi indecifrabile.
Questi dipinti da cavalletto, senza precedenti nella carriera di Monet, hanno lasciato un segno profondo nei pittori astratti della seconda metà del XX secolo.


Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemsia.it | T. +39 06 69308306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

Ufficio stampa Comune di Padova
Franco Tanel | tanelf@comune.padova.it

A Pavia arriva Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani

Horti – Almo Collegio Borromeo porta a Pavia un’iniziativa di respiro italiano e internazionale, ideata e sviluppata dall’Associazione Genesi a partire dal 2021.

Dal 2021, infatti,Associazione Genesiha dato avvio a “Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani”, iniziativa espositiva ed educativa itinerante dedicata al tema dei diritti umani, ideata e curata da Ilaria Bernardi, nella convinzione che l’arte contemporanea possa assumere il ruolo di ambasciatrice dei diritti umani. Ogni sua tappa in una diversa città italiana e straniera è diversa dall’altra, è come un nuovo e differente anello che, unendosi agli altri, rafforza la catena di eventi espositivi ed educativi promosso dall’Associazione per la tutela e promozione dei diritti umani.

Associazione Genesi e Horti – Almo Collegio Borromeo
 
presentano

a cura di Ilaria Bernardi
 
Pavia, Horti – Almo Collegio Borromeo
4 maggio – 2 giugno 2024

Anteprima per la stampa e Opening della mostra:
Sabato 4 maggio 2024, ore 18:30 – 20:00

Grazie al contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Pavia ne accoglie una sua tappa, presso gli Horti dell’Almo Collegio Borromeo, dal 4 maggio al 2 giugno 2024.

Le tappe di Progetto Genesi prendono sempre spunto dai temi indagati dalle opere della collezione d’arte contemporanea dell’Associazione Genesi (la Collezione Genesi), che include artisti di tutto il mondo impegnati nelle più urgenti questioni culturali, ambientali, sociali e politiche coeve. Le aree tematiche prevalenti, sviluppate dalla Collezione Genesi fin dal suo inizio, sono sei: La memoria di un popolo, le tradizioni e la storia di ogni comunità come memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale; Un’identità multiculturale, identità molteplici e l’importanza del dialogo, dell’interscambio e del rispetto reciproco tra culture; Le vittime del Potere, le violenze perpetrate o tollerate, in alcune aree del mondo, dagli stessi governi sui propri cittadini, vittime di costrizioni, censure, genocidi, guerre, sfruttamento; Il colore della pelle, i pregiudizi e le ingiustizie che colpiscono le persone sulla base del colore della pelle negli Stati Uniti; La condizione femminile, il ruolo della donna all’interno di differenti contesti storici e geografici; La tutela dell’ambiente, i danni causati dalle attività umane all’ecosistema e l’urgenza di preservare l’equilibrio tra umano e natura mediante uno sviluppo sostenibile.

La mostra a Pavia è dedicata a una delle suddette sei aree tematiche, La tutela dell’ambiente, in linea con la mission degli Horti dove si intrecciano habitat naturali, arte contemporanea, etica, equità e inclusione sociale.

Ad essere esposte sono opere della Collezione Genesi che afferiscono al tema dell’ambiente oppure che presentano riferimenti iconografici alla natura, tutte realizzate da artiste provenienti da differenti paesi del mondo che offrono una prospettiva femminile su una importante questione attualmente nell’agenda di tutti i capi di stato, ancora oggi prevalentemente uomini. Per questa ragione, proporre opere di artiste donne significa parallelamente indurre una riflessione sul ruolo della donna (e in particolare della donna artista) all’interno di specifici contesti storici e geografici. Le opere esposte sono delle seguenti artiste: Leila Alaoui (Parigi, Francia, 1982 – Ouagadougou, Burkina Faso, 2016); Anna Boghiguian (Il Cairo, Egitto, 1946), Anne de Carbuccia (New York, NY, Stati Uniti, 1968), Binta Diaw (Milano, Italia, 1995); Irene Dionisio (Torino, Italia, 1986); Shadi Harouni (Hamedan, Iran, 1985); Zhanna Kadyrova (Brovary, Ucraina, 1981); Tala Madani (Tehran, Iran, 1981). Elena Mazzi (Reggio Emilia, Italia, 1984); Otobong Nkanga (Kano, Niger, 1974).

Come anticipazione e apertura della mostra troviamo uno spazio esclusivamente dedicato all’artista di fama internazionale Monica Bonvicini (Venezia, Italia, 1965). Oltre a costituire una perfetta apertura della mostra trattando il tema dei disastri ambientali, questo focus è dedicato a Monica Bonvicini in quanto è una delle quattro artiste selezionate per un importante progetto a cui l’Associazione Genesi sta lavorando e che sarà annunciato soltanto nell’autunno 2024.

Infine, à pendant della mostra ma staccata da essa, come sorta di teaser generale dell’Associazione Genesi, sarà allestita la video-installazione dell’artista iraniano Morteza Ahmadvand (Khorramabad, Iran, 1981) che corrisponde alla prima opera entrata a far parte della collezione d’arte contemporanea dell’Associazione Genesi: su tre schermi, i simboli delle tre principali religioni monoteiste (la Croce del Cristianesimo, la Stella di David dell’Ebraismo e il Cubo della Kaaba islamica) ruotano su loro stessi trasformandosi in una sfera, simbolo della sfera terrestre e, in quanto priva di spigoli, simbolo di pace e di equilibrio universale.

In ogni sua tappa, parte fondamentale di Progetto Genesi è sempre l’attività educativa, che a Pavia è distribuita in un programma di visite guidate e workshop gratuiti, da prenotare tramite il sito dell’Associazione Genesi e l’app di Progetto Genesi, caricabile gratuitamente da smartphone. Le scuole potranno invece prenotare visite guidate e workshop anche in altri giorni della settimana scrivendo a: info@horti.it.

Fondazione Gariwo, la foresta dei Giusti partecipa alla missione educativa di Progetto Genesi coinvolgendo le scuole del territorio a partecipare a visite guidate e workshop, mentre il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano coinvolgerà i volontari delle Delegazioni FAI, e in particolare i mediatori del progetto FAI Ponte tra culture ideato dall’Associazione Amici del FAI volto a favorire il dialogo interculturale tra persone di diversa provenienza geografica. I mediatori di FAI Ponte tra culture, provenienti da diversi paesi, offriranno un originale contributo raccontando le opere della Collezione Genesi tramite podcast ascoltabili dall’app Progetto Genesi realizzata da Hidonix, arricchendole di una testimonianza diretta e personale. L’attività espositiva dell’Associazione Genesi prevista per il 2024 è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) dal titolo “Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani” edito da Silvana Editoriale e curato da Ilaria Bernardi.


INFORMAZIONI PRATICHE
 
Horti – Almo Collegio Borromeo
Lungo Ticino Sforza, 46, 27100 Pavia
t.: +39 3888278157
m.: info@horti.it
 
Orari per il pubblico
Da martedì a domenica: 10:00-18.30. Ultimo ingresso ore 17.30.
 
Biglietti
L’ingresso alla mostra è gratuito in tutti i giorni e gli orari di apertura dello spazio espositivo.
 
 
CONTATTI PER LA STAMPA
 
Ufficio stampa Associazione Genesi:
info@associazionegenesi.it
 
Ufficio stampa Università Cattolica:
Nicola Cerbino: Nicola.Cerbino@unicatt.it; Katia Biondi: katia.biondi@unicatt.it
 
Ufficio stampa FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano:
Valeria Frisolone: ufficiostampa@fondoambiente.it  
 
Ufficio stampa Fondazione Gariwo, la foresta dei Giusti:
Joshua Evangelista: comunicazione@gariwo.net
 
Ufficio stampa RFK Human Rights Italia:
Amanda Giraldin: giraldin@rfkitalia.org
 

Reggio Emilia: A SINGLE MOMENT di Anna Caterina Masotti in FOTOGRAFIA EUROPEA

In occasione di Fotografia Europea 2024dal 27 aprile all’11 giugno la fotografa Anna Caterina Masotti renderà omaggio all’elemento naturale attraverso la mostra “A Single Moment“. Curata da Alessia Locatelli in collaborazione con Laura Frasca Art Manager di Green Whale Space, l’esposizione prenderà vita tra le mura dello spazio MIDA – Mancini Italian Design & Art a Reggio Emilia, nel cuore del centro storico della città.

ANNA CATERINA MASOTTI – GIROTONDO FLOREALE AGOSTO 2021 PANTELLERIA

Anna Caterina Masotti
presenta la mostra fotografica

A cura di Alessia Locatelli

Opening: 27 aprile 2024 ore 18.00
Fino all’11 giugno

Spazio espositivo MIDA – Mancini Italian Design & Art
Piazza S. Lorenzo 1, Reggio Emilia

In un contesto elegante – il progetto “A Single Moment” della Fotografa Anna Caterina Masotti, esposto per la prima volta a Bologna durante Art City – dialogherà con elementi di alto design: stampe fineart in bianco e nero di grande formato ricamate a manovideo mapping e drappi di chiffon e seta stampati, opere che celebrano la bellezza e la fragilità di un mondo sospeso tra eternità ed effimero in delicato equilibrio tra loro. Aderendo al concept di Fotografia Europea 2024 dal titolo LA NATURA AMA NASCONDERSI, l’esposizione indaga la complessità di questa interazione, approfondendo ed analizzando il confronto tra ciò che è nascosto allo sguardo e la scoperta, tra una natura celata e la sua vera essenza. Il focus delle fotografie di Masotti è l’istante, il qui ed ora, ed è riconducibile al tema centrale della XIX edizione del Festival: così come ogni istante catturato dall’obiettivo fotografico diventa eterno, ogni singolo sguardo rivolto alla natura e alla nostra stessa essenza rivela un’opportunità per riconnetterci con l’infinito ciclo della vita e con la nostra responsabilità nei confronti del pianeta.

L’artista, attraverso “A Single Moment”, esplora l’elemento naturale ed i sui ossimori, giocando con la luce, creando contrasti ed illusioni visive che rivestono un ruolo centrale nella sua arte. Come sottolinea la curatrice Alessia Locatelli: “Con un linguaggio dai bianchi e neri contrastati, Anna Caterina Masotti incanta lo spettatore negli scatti alla natura, sia essa macro che di paesaggio. Sovrastano la terra dei cieli intensi o pastosi mentre giocano coi fondi le silhouettes. La luce è la protagonista. Diurna o notturna, filtra negli interni creando pattern, riflettendo nell’acqua e sagomando sui muri delicati ornamenti floreali.”

È proprio negli studi ed esperimenti che ruotano attorno alla dicotomia fra il buio e la luce che emerge il tema del doppio e della coesistenza come parte di tutta la vita sulla Terra. L’artista mette in risalto come la luce e il buio si manifestano naturalmente in molteplici modi: influenzando i cicli di vita, la crescita delle piante, i comportamenti degli animali e persino i pattern climatici. D’altra parte, nel contesto delle esperienze umane la luce può rappresentare la conoscenza, la verità, la saggezza e la speranza, mentre il buio può simboleggiare l’ignoranza, la paura, la morte il misteroNon sempre questa distinzione è netta e assoluta: ci sono momenti in cui la luce può essere accecante e il buio può offrire rifugio e intimità. Esistono sfumature di grigio e zone d’ombra che sfidano questa contrapposizione, offrendo spunti di riflessione sulla complessità e la fluidità della realtà. Una contraddizione che invita l’essere umano a riflettere sulla ricchezza del mondo che lo circonda, invitandolo ad esplorare le molte sfaccettature della realtà e ad abbracciare la diversità e la complementarità degli opposti. Nella continua danza tra luce e buio, possiamo trovare un profondo senso di equilibrio e armonia, rivelando così la bellezza intrinseca della natura e dell’esistenza stessa. Questo concetto, immortale nell’immaginario poetico, diventa il punto di contatto tra l’umanità e la natura e il focus di “A Single Moment”, trasmettendo un desiderio di libertà ed incarnando la meraviglia di fronte alla bellezza del mondo che ci circonda.

L’esposizione è dunque un’occasione per intraprendere un percorso intimo, soffermarsi con lo sguardo sull’attimo fotografico per spingersi ad una riflessione sull’esistenza stessa. Anna Caterina Masotti afferma: “Il buio non spaventa. La luce non abbaglia. Illumina, disegna metafore. L’immagine è come una stampa, un ricamo, un fiore cresciuto nella stoffa. Nella lentezza della penombra, la fotografia esce dall’evanescenza, si crea un’atmosfera, e si stupisce un bambino.”

ANNA CATERINA MASOTTI

Anna Caterina Masotti nasce negli anni ‘70 a Bologna, dove attualmente vive. Dall’età di 10 anni inizia ad appassionarsi di fotografia: passione trasmessa dalla madre Olga, stilista innovativa che amava fotografare, nel tempo libero, fiori e paesaggi. Nel 2004 ritira assieme al padre Alberto il premio La Kore, Oscar della Moda. Nel 2010, le viene diagnosticato un problema agli occhi per il quale ha dovuto subire diversi interventi chirurgici. Da quel giorno i suoi sensi si modificano e la sua vita ha un inaspettato cambio di percorso. È da questo momento che fotografare diventa una priorità, attraverso una nuova visione che la porta ad esplorare modalità alternative di percezione della luce.


INFORMAZIONI UTILI

TITOLO: A Single Moment
DI: Anna Caterina Masotti
A CURA DI: Alessia Locatelli
DOVE: MIDA – Mancini Italian Design & Art S.r.l., Piazza S. Lorenzo 1, Reggio Emilia
PREVIEW PER I GIORNALISTI: 27 Aprile 2024 ore 17.30
OPENING: 27 Aprile 2024 ore 18.00
DATE: Dal 27 Aprile all’11 giugno 2024
INGRESSO GRATUITO
IN COLLABORAZIONE CON: Laura Frasca Art Manager di Green Whale Space

CONTATTI
SITO: www.annacaterinamasotti.com
INSTAGRAM: Anna_Caterina_Masotti
LINKEDIN: Anna Caterina Masotti
FACEBOOK: Anna Caterina Masotti Photographer

UFFICIO STAMPA
CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

051 6569105 – 392 2527126             
info@culturaliart.com
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Pubblicato il 7 Aprile 13:02

I Musei Reali celebrano il 300° anniversario del Museo di antichità

Torino celebra il tricentenario del Museo di Antichità, formatosi nel 1724, con una serie di iniziative promosse dai Musei Reali per valorizzare le numerose anime che l’Istituzione ha avuto nel corso di tre secoli di vita: luogo di studio e di ricerca in cui si è coltivato l’amore per la classicità e le grandi civiltà del passato, con particolare riguardo al territorio di appartenenza. La prima menzione del Museo di Antichità risale al 3 aprile 1724, quando il Canonico Gagliardi da Brescia, scrivendo al poeta Apostolo Zeno, ricordava come l’amico Scipione Maffei, importante storico e drammaturgo veronese, fosse impegnato in quel momento “a costruire un museo di iscrizioni intorno al gran cortile” dell’Università di Torino.

“Con la celebrazione del tricentenario – dichiara Mario Turetta, Segretario generale del Ministero della Cultura e Direttore avocante dei Musei Reali si riafferma il ruolo centrale del Museo di Antichità di Torino, sia per comprendere le origini della città attraverso l’inedito e suggestivo percorso basilicale paleocristiano, restituito attraverso una consolidata sinergia istituzionale, sia con l’approfondimento degli studi scientifici che, grazie alle ricerche condotte dai Musei Reali con l’Università di Torino, si focalizzano sul culto di Iside e sullo scavo della città romana di Industria; inoltre, un allestimento tecnologico aggiornato e una interpretazione innovativa offrono narrazioni che accolgono il pubblico in modo coinvolgente, rispondendo alle istanze della fruizione museale contemporanea”.

La città si riappropria di uno straordinario tassello della sua storia: per la prima volta apre al pubblico l’inedito percorso archeologico della Basilica paleocristiana del Salvatore, per mille anni il centro cristiano della città insieme alle vicine chiese di San Giovanni Battista e di Santa Maria.

Nel tardo Quattrocento, con Torino elevata a sede arcivescovile, l’edificio venne raso al suolo per realizzare il nuovo Duomo rinascimentale, su progetto di Amedeo di Francesco da Settignano, detto Meo del Caprino (Settignano, Firenze, 1430-1501). Nel 1909, dieci anni dopo il ritrovamento del Teatro Romano, lo scavo restituì strutture architettoniche, resti di sepolture, iscrizioni e lo straordinario mosaico duecentesco dedicato alla ‘Fortuna che regola le sorti dell’umanità’, subito trasferito nel museo civico di Palazzo Madama. Negli anni Novanta del ‘900 la Soprintendenza ha potuto completare lo scavo in estensione, ripristinando su di esso la pavimentazione di piazza San Giovanni. Restaurata grazie a un primo sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e, successivamente, con i fondi del Ministero della Cultura, l’intera area archeologica è stata consegnata nel 2021 ai Musei Reali di Torino. Oggi una musealizzazione di impatto, ricca di ricostruzioni tridimensionali del Teatro Romano e del complesso episcopale, restituisce accessibilità e leggibilità a questo straordinario patrimonio di archeologia urbana.

Per una straordinaria esplorazione diacronica della storia della città, la visita alle aree archeologiche si completa con il percorso che si snoda nella Basilica del Salvatore e nel decumano romano attraverso il passaggio dal Teatro, fino alla sezione del Museo di Antichità dedicata all’Archeologia a Torino, valorizzata dal rinnovato allestimento multimediale con una galleria di personaggi illustri.

Il programma di celebrazioni si è aperto con la mostra archeologica La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte, allestita nello Spazio Scoperte al secondo piano della Galleria Sabauda dal 23 aprile al 10 novembre 2024.

L’esposizione, curata dall’archeologa Elisa Panero dei Musei Reali, in collaborazione con l’Università di Torino, offre un viaggio nella città romana di Industria-Bodincomagus, centro “alpino” dalle forti connotazioni cosmopolite, che lega culti locali, orientali, rapporti economici e culturali con l’Egeo orientale: le sorti archeologiche del sito hanno accompagnato la storia e le vicende del museo torinese e del casato sabaudo, tra le più antiche attestazioni in Italia del culto di Iside, definita “La Scandalosa e la Magnifica” nell’inno del III- IV secolo d.C. rinvenuto a Nag Hammadi in Egitto e dedicato alla dea orientale, alla quale la mostra è intitolata.

La rassegna muove i passi dal fascino per l’Oriente e per l’Egitto nutrito dai Savoia sin dal Cinquecento, attraverso l’esposizione di 75 oggetti tra statue, statuette ed epigrafi, in bronzo e in marmo, con opere particolari ed evocative come l’Osiride Chronokrator – Signore del tempo – avvolto nelle spire del serpente Aion, datato alla prima metà del II sec. d.C. – III sec. d.C., che giunse nelle collezioni dinastiche nel 1612.

La mostra presenta inoltre interessanti manufatti in bronzo provenienti dall’area archeologica di Industria, oggi afferente alla Direzione regionale Musei del Piemonte, presso l’attuale Monteu da Po (TO), città segnalata da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, come la danzatrice in bronzo, datata I-II sec. d.C., ritrovata all’inizio dell’Ottocento dal Conte Bernardino Morra di Lauriano, e il celebre tripode in bronzo, opera di pregio datata alla metà del II secolo d.C., riccamente decorata da sileni su zampe leonine, sfingi accovacciate al di sopra di un motivo a racemi vegetali, sostegni superiori ornati da tre teorie figurate raffiguranti Dioniso e tre vittorie alate sul globo. Le peculiari sculture dedicate a varie divinità – Iside raffigurata anche nelle vesti di Fortuna, Arpocrate, Apollo, Mitra, Eracle, Giove Ammone – le iscrizioni e gli oggetti bronzei, quali il sistro e la statuetta di sacerdotessa, permettono di approfondire tradizioni, miti e varie religioni che rimandano a culti orientali in linea con la vocazione cosmopolita che la città di Industria doveva avere già nella sua fase preromana di mercato sul Po. Sono presenti anche materiali ceramici provenienti da tutto il Mediterraneo, alcuni esposti per la prima volta, ed epigrafi che attestano antichissime famiglie di origine centro-italica, quali gli Avilii, i Lolli, i Sertori e i Coccei, a testimoniare la vivacità del centro situato sull’asse del Po, nel cuore dei più importanti traffici economici, sociali e politici del tempo.

Tre secoli di storie, scavi e scoperte archeologiche legate al Museo di Antichità tracciano quindi la fisionomia di una città “sacra agli dei”, ma molto amata dagli uomini dediti agli scambi commerciali e alla politica dell’Impero, su cui molto resta ancora da scoprire: la sezione conclusiva è infatti l’occasione per fare il punto sull’urbanistica di Industria, sull’interpretazione dei suoi monumenti e sulle prospettive di ricerca.

La mostra rientra nel progetto Marmi romani e biografie torinesi: idee e materiali per la valorizzazione delle collezioni epigrafiche del Museo di Antichità di Torino, sostenuto da Fondazione CRT. L’esposizione è accompagnata dalla guida breve La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte, pubblicata nella collana I Cataloghi, dedicata dai Musei Reali al Museo di Antichità.

Per celebrare il tricentenario, lunedì 22 aprile 2024 si è svolta una festa di inaugurazione pubblica con l’apertura straordinaria e gratuita del Museo di Antichità, iniziata alle 19.45 con il concerto Musica x 2, esilarante spettacolo poetico messo in scena dal duo Gian Luigi Carlone e Matteo Castellan, impreziosito dalla declamazione dell’Inno a Iside a cura dell’attrice torinese Stefania Rosso. Ingresso libero, senza prenotazione, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Il Caffè Reale è stato aperto per tutta la serata e propone uno speciale miscelato, il Cocktail 300 dedicato alle celebrazioni, composto da vermouth bianco, assenzio e tonica, presente in carta per tutto il resto dell’anno.

L’anno commemorativo prosegue con un programma di iniziative collaterali, comprese nel palinsesto di ESTATE REALE. Insieme per i 300 anni del Museo di Antichità, quali il Festival del teatro studentesco, a maggio, e il ciclo musicale Torino Crocevia di Sonorità, tra giugno e settembre, in collaborazione con il Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino nel suggestivo Teatro Romano e nei Giardini Reali, oltre a visite tematiche, laboratori, attività educative e performative, anche nella Lingua dei Segni Italiana.

Dal 7 al 9 novembre 2024, il convegno Archeologia in vetrina. Archetipi espositivi e modelli di fruizione dell’antico dal ‘700 all’Era Digitale, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, aprirà una riflessione sul ruolo dei musei, in particolare di quelli archeologici, nella formazione scientifica e culturale italiana, con uno sguardo attuale sull’Europa e sul Mediterraneo.



1724-2024 | 300 ANNI DEL MUSEO DI ANTICHITÀ DI TORINO
La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte
Musei Reali, Galleria Sabauda, Spazio Scoperte
23 aprile – 10 novembre 2024
Da martedì a domenica, orario 9-19 (ultimo ingresso ore 18)
Ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali
Intero € 15,00 Ridotto: € 2,00 (ragazzi di età dai 18 ai 25 anni)
Gratuito: minori di 18 anni; persone con disabilità e un loro accompagnatore; Insegnanti con scolaresche; Guide turistiche con gruppi; Personale del Ministero; Possessori di Abbonamento Musei, Torino+Piemonte Card, tessera ICOM; Giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine
Aperture straordinarie: 25 aprile, 29 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 24 giugno 2024
E-mail: info.torino@coopculture.it
Telefono: +39 011 19560449
Sito per acquisto biglietti: https://www.coopculture.it/
Musei Reali, Museo di Antichità
Visite accompagnate al percorso archeologico della Basilica del Salvatore
Ogni martedì alle ore 15, 16 e 17 e ogni sabato alle ore 10, 11, 12.
Ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali, partenza dall’atrio della Manica Nuova
Sito internet: museireali.it Social:
FB museirealitorino
IG museirealitorino
X MuseiRealiTo
YouTube Musei Reali Torino
Ufficio stampa Musei Reali Torino
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | T +39 02 36755700 clara.cervia@clp1968.it | www.clp1968.it

4^ Biennale Disegno Rimini: Disegni da Sindrome di Stendhal

Il fior fiore della mitica Collezione del FRAC Picardie di Amiens, eccezionalmente in Italia, Ospite d’onore della quarta edizione della Biennale del Disegno di Rimini (4 maggio – 28 luglio).

4^ Biennale Disegno Rimini
 
Mostra
EVERYTHING SPOKE SO VIVIDLY
Disegni dalla Collezione FRAC – Picardie, Amiens
Rimini, Museo Fellini, Ala di Isotta
4 maggio – 28 luglio 2024

Mostra a cura di Jan-Philipp Fruehsorge

La FRAC di Amiens è ritenuta tra le più importanti, se non la più importante raccolta pubblica in Europa specializzata sul disegno. Riunisce 1300 opere di 250 artisti francesi e internazionali, a documentare – a livello di assoluta eccellenza – le diverse declinazioni del disegno contemporaneo, dal secondo dopoguerra ad oggi.

Everything spoke so vividly, scelto a titolo dell’esposizione riminese, riconduce alla sensazione di stordimento provata dallo scrittore francese Stendhal mentre, nel 1817 era in Italia impegnato nel Grand Tour.

«Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere». Così descrive quella che da allora sarà definita come la “Sindrome di Stendhal”.

Nell’accezione di questa grande mostra, quella frase, con giusta libertà poetica, descrive cosa può essere disegno: un gesto veloce, un lampo di creatività e intensità vitale.  Soprattutto quando il disegno è realmente opera creata da un vero artista. E di opere di grandi artisti la mostra è veramente ricca. Valgano i nomi di Giuseppe Penone, Raymond Pettibon, André Masson, Francois Morellet, Pierrette Bloch, Stéphanie Mansy, Jean-Chistophe Norman, Marlene Dumas, Konrad Klapheck, Yazid Oulab, Edithe Dekyndt, Robert Morris, Boryana Petkova, Françoise Pétrovitch, Jean-Luc Verna, Nancy Spero, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Ed Ruscha, Annette Messager, Agnes Martin, Matt Mullican, Pier Paolo Calzolari, Cy Twombly.


Info: www.biennaledisegnorimini.it
 
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Tel. +39 049.663499 | Rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net
 
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Tel. 0541 704262 | ufficio.stampa@comune.rimini.it
 
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4^ Biennale Disegno Rimini: Il fantasioso mondo di de Rienzi

La Biennale del Disegno di Rimini (dal 4 maggio al 28 luglio), a cura di Massimo Pulini e organizzata dal Comune di Rimini, si conferma  una miniera di scoperte e disvelamenti. Come il preziosissimo nucleo di disegni originali “Océan”, matita su carta, di Grégoire Louis Domeny de Rienzi  (1789-1843/1850?). Queste opere illustrano un, all’epoca, sconosciuto continente australe.

4^ Biennale Disegno Rimini
 
Mostra
LE VIE DEI RITI
L’Oceania sacra di Domeny de Rienzi
Rimini, Biblioteca Gambalunga, Sala Des Verge
4 maggio – 28 luglio 2024

Mostra a cura di Rosita Copioli, Alessandro Giovanardi
 

Si tratta di ben 285 disegni  su carta, oggi patrimonio della Biblioteca Gambalunga, che li custodisce negli armadi della Sala Des Verges.
La mostra, allestita al Museo Civico, presenta una selezione di questi fantastici documenti visivi, affiancati da un altrettanto selezionato nucleo di oggetti rituali tratti dalla collezione del Museo degli Sguardi, il Museo delle Culture Extraeuropee “Dinz Rialto” di Rimini. Ovvero uno dei principali musei italiani dedicati interamente, a livello etnologico ed archeologico, alle culture dell’Africa, dell’Oceania, dell’America precolombiana e in parte minore dell’Asia.

Ed è proprio lo sguardo il filo conduttore di questa raffinata esposizione.

Il focus è infatti sullo  sguardo dell’Occidente (nella prima metà del XIX secolo) sulle civiltà religiose dell’Oceania e sui loro molteplici riti, costumi, simboli sacri, assimilabili alle culture sacre sia dell’Australia, sia dell’India e dell’Indocina. Così come lo   sguardo   sui paesaggi esotici.

L’Autore, Grégoire Louis Domeny de Rienzi, fu egli stesso avventuriero, esploratore, geografo, fantasmagorico narratore.

Quello che si sa di lui è molto, ma è difficile il discrimine tra ciò che è storia e quello che è leggenda, spesso autoalimenta. La sua autobiografia lo farebbe discendere da Cola di Rienzo, eroico protagonista di infinti fatti d’arme sotto le più diverse bandiere. È certo il suo viaggio in Oceania, poi a Canton e all’Isola Bourbon, oggi Réunion, dove venne eletto deputato. Nel 1831 è a Parigi dove ottiene riconoscimenti per le sue esplorazioni e dove si scontra con Champollion. A Parigi pubblica, soffermandosi sulla descrizione soprattutto dei costumi tribali,  tre volumi sull’Oceania, Melanesia Micronesia e Polinesia. 

Non è sicura nemmeno la data del suo suicidio. Per alcuni sarebbe avvenuta nel 1843, per altri sette anni più tardi, nel 1850. Finale in linea, con l’estrosa ambiguità del personaggio.

 “Il nostro obiettivo – chiarisce Massimo Pulini – è valorizzazione attraverso alcuni exempla il preziosissimo patrimonio di 285 disegni a matita su carta custoditi nel Fondo Des Vergers, recuperando un’idea di Rosita Copioli mai realizzata per la II Edizione della Biennale del Disegno, in rapporto con manufatti etno-antropologici del Museo degli Sguardi poco noti o esposti. Si tratta di una importante sezione della Biennale dedicata a un fondo appartenente al Comune di Rimini, d’interesse internazionale e di perfetta adesione al tema della Biennale”.


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LA BIENNALE DI VENEZIA: Evento Collaterale presso la FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA

Tra gli eventi collaterali ufficiali della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, la Mostra personale e progetto di ricerca dell’artista messicana Betsabeé Romero, dal titolo The endless Spiral, è organizzata dal Museum of Latin American Art (MOLAA) di Long Beach CA e curata da Gabriela Urtiaga, storica dell’arte e ricercatrice argentina, Chief curator del museo stesso.

Museum of Latin American Art (MOLAA)
presenta la mostra personale
THE ENDLESS SPIRAL: BETSABEÉ ROMERO
Evento Collaterale
della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa
Piazza San Marco, 71C
20 aprile – 1° settembre 2024

L’esposizione si propone di esplorare il percorso artistico di Betsabeé Romero attraverso opere commissionate e nuove installazioni, ed è il risultato della lunga relazione tra l’artista e il Museo Molaa. Il suo lavoro infatti fa parte della collezione permanente del Museo e, al termine della mostra come Evento Collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, sarà allestita nel 2025 al MOLAA a Long Beach, Califonia USA.

Le linee e i concetti curatoriali si diramano lungo le sale degli spazi espositivi della Fondazione Bevilacqua La Masa, con l’implicita premessa di indagare il tema “Stranieri ovunque” titolo di questa 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia.

La mostra presenta diverse sezioni che creano un approccio differente a questo cruciale argomento, facendo emergere idee e concetti dal corpus delle opere evidenziando dualità, tensioni, conflitti e fratture nella nostra cultura e storia.

L’artista ha sviluppato inizialmente una forte narrativa ponendo l’accento sull’esperienza di essere straniero nel mondo. Dal punto di vista dei molti a cui manca un territorio dove trovare rifugio e sopravvivere. Parla di chi nella fuga si scontra con confini politici ed economici, sempre estranei ed escludenti; dallo specchio che non ci riconosce, che dubita, osserva, ignora e distorce. Da specchi che non includono identità e generi, al di là delle classificazioni e discriminazioni obsolete. Dalle case in cui prevale la violenza, esercitata da coloro che ne hanno raccolto il testimone, come un pugnale che segna arbitrariamente confini che definiscono il loro potere di piccoli patriarchi, a scapito della vita delle donne e dei bambini, vulnerabili e indifesi. Dalle comunità più sagge e coerenti che hanno dovuto nascondersi per difendere i propri luoghi sacri e salvare il mondo dalla barbarie, a cui ha condotto la logica dell’avidità e del consumo eccessivo.

La mostra è divisa in sei sezioni. L’esperienza estetica inizia con l’installazione “Segni per guidarci verso l’esilio”, che mette in discussione il concetto e le esperienze di migrazione avvenute prima, durante e dopo il nostro tempo, ed evidenzia come una comunità possa contribuire a smantellare l’orrore e le ingiustizie. Attraverso l’opera “Identità”, alcuni specchi concavi di sicurezza, che rivestiranno completamente la sala, osserveranno e distorceranno la nostra immagine. Specchi mappati e truccati, con linee dure e confinanti, specchi rotti in un universo rotto. “Barbed Borders” esplora la sofferenza che causa i confini. Sono linee imposte che si oppongono alla necessità, alla sopravvivenza e alla comprensione, cicatrici che sanguinano il mondo. Linee che ci inseguono per tutta la vita, inscritte sul corpo, incise nei piedi, nelle impronte che lasciamo. Linee crudeli, spigoli malati e mortali. L’installazione “Totem rotolanti di gomma e oro” introduce il visitatore alla mobilità e nei totem urbani su ruote, ruote incise a mano che un tempo erano strumenti di memoria, timbri cilindrici che hanno impresso la storia in tutte le culture dell’umanità. Le ruote occidentali hanno cambiato l’andamento della corsa, dando priorità alla velocità e all’oblio per continuare a travolgere. Questi pneumatici riciclati rivendicano la direzione opposta alla modernità; invece di servire sulle autostrade e ai veicoli del potere, si muovono all’indietro, azionati manualmente per ricordare e rendere visibile ciò che la velocità aveva lasciato dietro di sé, per non vederlo più. Un totem mobile dell’iconografia indigena di tutte le Americhe, ricami e ceramiche, stele e oggetti in pietra provenienti da diverse regioni e culture. “Nel punto di fuga delle ombre” l’artista riflette sulla cultura come casa che portiamo all’interno di un rifugio sopravvissuta all’ombra di tutti i poteri. Infine, “Feathers of a spiral sunrise”, e un viaggio attraverso una spirale senza fine, la saggezza che semina e germina in cicli, un compendio rotante di voli collettivi e accattivanti. Lumaca dalle ali circolari e labirintiche, una cresta orizzontale e infinita, veste architettonica e rituale, uno spazio dove tutti possono entrare e abitare.

La mostra è realizzata con il sostegno di William S. & Michelle Ciccarelli Lerach e Santiago García Galván.
Sarà inoltre accompagnata da una pubblicazione e una brochure disponibile per i visitatori.

Betsabeé Romero è un’artista che ha avuto l’opportunità di vivere e produrre il suo lavoro in paesi, culture e contesti diversi. Gabriela Urtiaga scrive di lei «Betsabeé è uno spirito nomade sempre alla ricerca di nuove esperienze e prospettive, con un focus sull’esame di diversi temi essenziali e urgenti per il pubblico internazionale. Lavora con una forte consapevolezza di questioni come la migrazione, i ruoli di genere, le tradizioni culturali, la religiosità, il meticciato e la memoria individuale e collettiva. Il suo metodo di trasgredire i limiti delle diverse categorie stabilite, di rendere visibile l’ingiustizia nel mondo come punto di esame e invito all’azione, viene ridefinito come un impegno comunitario attraverso un dialogo tra arte, giustizia sociale e patrimonio, che interagiscono per il bene comune. L’artista ha sviluppato una forte narrativa iniziale che si concentra sull’esperienza di essere straniero nel mondo, e dal punto di vista di molti a cui manca il territorio per cercare rifugio e sopravvivere».


Info
Dal mercoledì alla domenica dalle 10:30 alle 17:30 | Ingresso gratuito | Tel. +39 041 2747555
 
Ufficio stampa
StudioBegnini – Ufficio stampa
Roberto Begnini con Chiara Celsi | Federica Artusi | Maurizio Curtarelli
Tel. +39 348 4105409 (Whatsapp) | +39 328 6975261 | info@studiobegnini.it |studiobegnini.it

Alla Fondazione Magnani-Rocca scoppia la Munari-mania

Scoppia la Munari-mania. Un trionfo di pubblico senza precedenti alla Fondazione Magnani-Rocca per la mostra “Bruno Munari. Tutto”. E c’è anche un nuovo progetto multimediale.
Mamiano di Traversetolo, Parma — La Fondazione Magnani-Rocca celebra il successo straordinario della più grande mostra mai dedicata a una delle figure più iconiche del design e della comunicazione visiva del XX secolo quale fu Bruno Munari.

BRUNO MUNARI. TUTTO
Fondazione Magnani-Rocca
Mamiano di Traversetolo – Parma
16 marzo – 30 giugno 2024

Inaugurata il 16 marzo e aperta fino al 30 giugno 2024, la mostra sta attraendo un pubblico numerosissimo da tutta Italia, stabilendo un nuovo record per il museo e affermandosi come la più significativa degli ultimi quindici anni.
Un evento che sta catturando l’interesse degli appassionati di design, architettura e discipline creative e artistiche ma anche di numerose famiglie e figure educative, che riconoscono in Munari un innovatore della pedagogia e dell’Arte contemporanea. Qui il genio di Munari è raccontato non in ordine strettamente cronologico, ma per concetti e attitudini, dimostrando le interconnessioni tra i diversi lavori nelle differenti discipline: arte, design industriale e pedagogia.

La mostra “Bruno Munari. Tutto” alla Fondazione Magnani-Rocca (Mamiano di Traversetolo, Parma) è aperta per tutto il ponte del 25 aprile, anche mercoledì 1° maggio, offrendo un’ulteriore opportunità per visitare e vivere questa celebrazione di creatività e innovazione.

Per informazioni su orari visite guidate è possibile visitare www.magnanirocca.it

Alla Magnani-Rocca, nuovo progetto creativo – In questo periodo di fervente innovazione culturale e creativa, la Fondazione lancia un nuovo entusiasmante progetto: “La Villa dei Capolavori”, un podcast che è anche un’audioguida d’autore curata da Altremuse  il nuovo canale vocale della Fondazione Magnani-Rocca racconta la grande Arte all’interno del Museo e anche nel Mondo.

La prima stagione è a cura di Altremuse, il collettivo di storiche dell’arte, curatrici e creator digitali che oggi è diventato un media di divulgazione che è anche una rivista cartacea. Voci giovani, competenti, pop e irriverenti al punto giusto.

Il Podcast “La Villa dei Capolavori” si può vivere in due modi diversi. Per chi si trova al Museo è un’esperienza coinvolgente che svela, sala per sala, curiosità e retroscena che riguardano le opere e i più grandi artisti di ogni epoca come Tiziano, Canova, Monet, Cézanne, Goya, Burri, de Chirico, e altri miti della storia dell’Arte presenti nella collezione della Fondazione Magnani-Rocca.

Per chi lo ascolta al di fuori dalla Villa, ovunque si trovi nel mondo, è invece una serie di episodi emozionanti che raccontano di una Collezione straordinaria e di Luigi Magnani, l’uomo che l’ha resa possibile mettendo insieme alcune delle più importanti opere della Storia dell’Arte. Ascoltalo qui

In arrivo le prossime stagioni – Nuovi creator stanno lavorando alle prossime stagioni per raccontare la grande Arte attraverso, temi, mostre, approfondimenti.

Il progetto ideato da Kreativehouse è frutto della sperimentazione di nuovi linguaggi digitali ed è scritto e curato da Altremuse, segnalate dal Giornale dell’Arte tra 30 under 30 della creatività del futuro.

Il nuovo progetto podcast “La Villa dei Capolavori”, rappresenta il culmine dell’impegno della Fondazione Magnani-Rocca per la promozione culturale attraverso tecnologie innovative e media vocali, rendendo l’arte accessibile su scala mondiale. Con questo progetto, realizzato con il contributo di Regione Emilia Romagna e di Crédit Agricole Italia, la Fondazione Magnani-Rocca intende stabilire un nuovo standard per la comunicazione culturale, utilizzando la tecnologia dei media vocali per raggiungere e coinvolgere il pubblico in modi precedentemente inesplorati.

La Fondazione Magnani-Rocca tra le Case e studi delle persone illustri dell’Emilia-Romagna – Il progetto delle audioguide/podcast della Villa dei Capolavori è realizzato grazie alla legge regionale 2/2022 per il riconoscimento e la valorizzazione delle abitazioni e degli studi di esponenti del mondo della storia, della cultura, delle arti, della politica, della scienza e della spiritualità, denominate “Case e studi delle persone illustri dell’Emilia-Romagna”.

La Fondazione Magnani-Rocca, con la mostra “BRUNO MUNARI TUTTO”, la collezione permanente, il parco romantico, è aperta per tutto il Ponte del 25 aprile con orario continuato 10-19 (venerdì 26 aprile orario 10-18). 

Giovedì 25 e domenica 28 aprile ore 11.30, 12, 16, 17, venerdì 26 aprile ore 16.30, sabato 27 aprile ore 16.30 e 17, per chi lo desidera, è possibile visitare la mostra con guida specializzata prenotando a segreteria@magnanirocca.it , oppure presentandosi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo ingresso € 14, costo guida € 5.

Per il solo ingresso non occorre prenotare, i biglietti si acquistano all’arrivo.

La mostra dedicata a Bruno Munari è realizzata grazie al contributo di: FONDAZIONE CARIPARMA, CRÉDIT AGRICOLE ITALIA
Media partner: Gazzetta di Parma, Kreativehouse.
Con la collaborazione di: AXA XL Insurance e Aon
Angeli Cornici, Bstrò, Cavazzoni Associati, Società per la Mobilità e il Trasporto Pubblico.


BRUNO MUNARI. TUTTO
Fondazione Magnani-Rocca, via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Dal 16 marzo al 30 giugno 2024. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno. Lunedì chiuso, aperto Lunedì di Pasqua.
Ingresso: € 14 valido anche per le Raccolte permanenti e il Parco romantico – € 12 per gruppi di almeno quindici persone – € 5 per le scuole e sotto i quattordici anni. Il biglietto comprende anche la visita libera agli Armadi segreti della Villa. Per meno di quindici persone non occorre prenotare, i biglietti si acquistano all’arrivo alla Fondazione.
Informazioni e prenotazioni gruppi:
tel. 0521 848327 / 848148   info@magnanirocca.it   www.magnanirocca.it   
Il sabato ore 16.30 e la domenica e festivi ore 11.30, 16, 17, visita alla mostra ‘Munari’ con guida specializzata; è possibile prenotare a segreteria@magnanirocca.it , oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo € 19 (ingresso e guida).
 
Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Simone Raddi: simone@studioesseci.net

Rovigo, Palazzo Roncale: Matteotti, una Storia di tutti

È un Matteotti a tutto tondo quello che emerge nella mostra proposta ed organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comitato Provinciale per il Centenario di Matteotti, mostra che rappresenta uno dei momenti più alti delle Celebrazioni nazionali nei 100 anni dalla morte dello statista rodigino.

Rovigo, Palazzo Roncale

GIACOMO MATTEOTTI (1885 –1924). Una Storia di tutti

Mostra a cura di Stefano Caretti

All’interno delle diverse iniziative territoriali e nazionali, va ricordato anche il restauro e nuovo allestimento della Casa Museo dello statista a Fratta Polesine, Casa Museo che, nella sua nuova veste, aprirà i battenti al pubblico proprio il 10 giugno, in concomitanza con la giornata commemorativa nazionale.

“La sua denuncia della nascente dittatura, atto di coraggio già di per sé meritevole di essere tramandato come esempio, lo consacrò alla memoria dell’antifascismo durante e dopo il Ventennio, facendogli assumere tratti eroici” sottolinea Stefano Caretti curatore della mostra

 “Al di là dall’aspetto celebrativo, l’esposizione – afferma il curatore – ha l’obiettivo di ricollocare la storia del deputato all’interno del contesto polesano, dove nacque e visse gran parte della sua breve esistenza, un luogo in cui potevano leggersi, estremizzati, fenomeni comuni al resto d’Italia, come la povertà, l’emigrazione, la conflittualità sociale prima, le violenze del dopoguerra poi. Fu probabilmente quello sguardo sempre rivolto al suo territorio che permise a Matteotti di cogliere prima di altri i segni dei tempi.

L’angolo tra il Lungotevere e via Scialoia dove l’auto dei sicari attendeva il passaggio di Matteotti.

Nato a Fratta Polesine – da una famiglia molto agiata – aderì presto al socialismo e via via intensificò il suo impegno politico nel Partito e nell’amministrazione locale, assumendo sempre le conseguenze dell’espressione forte e pubblica delle proprie posizioni, spesso controcorrente e visionarie: dalle polemiche giornalistiche, al limite della diffamazione e della minaccia, fino alla condanna per disfattismo.

Pacifista convinto, dopo il confino in Sicilia, nel dopoguerra, venne eletto deputato, rinvigorendo le denunce alle crescenti violenze del fascismo, fino al suo clamoroso rapimento e omicidio compiuto il 10 giugno del 1924.

Il percorso espositivo propone un confronto tra il contesto sociale e culturale dell’epoca e le idee, e gli episodi, della vita di Matteotti, così da evidenziare le influenze e le peculiarità delle sue scelte, dando la possibilità al visitatore di inquadrare la sua azione nelle corrette coordinate spaziali e temporali.

La storia di Giacomo Matteotti è e deve essere considerata, soprattutto, una storia di tutti.

Per questo il compito principale della mostra è quello di promuovere la conoscenza della società italiana dell’epoca e, quindi, delle complesse dinamiche che portarono all’instaurarsi della dittatura, al fine di evitare che gli errori commessi in passato possano ripetersi in futuro”.

Su queste premesse, il percorso espositivo in Palazzo Roncale accompagna il visitatore ad approfondire una serie di precisi temi. Ad iniziare dall’ambiente in cui Giacomo è nato. Il titolo che il professor Caretti ha scelto per questa sezione è indicativo: “Ville e tuguri: Matteotti e il Polesine“: Il focus successivo la mostra lo riserva a “Velia Titta e la sua famiglia. La Belle Époque europea“, per ricordare l’amore sbocciato tra Giacomo e Velia, giovane di eccellente famiglia, sorella del celebre baritono Titta Ruffo. 

Appena tredicenne Giacomo si iscrive alla gioventù socialista e nel 1904 al partito. Colpito dall’estrema miseria in cui sopravviveva la popolazione rurale del Polesine. Ed è a queste sue lotte sociali che è riservata la terza sezione della mostra: “Dall’impegno sul territorio al socialismo“.

 “Per la guerra o per la guerra alla guerra”, tema della successiva sezione, documenta la profonda avversione di Matteotti alla guerra, presentata come “santa e rivoluzionaria”.

Come racconta la sezione “Nella guerra, in trincea e lontano dal fronte“, Matteotti, all’entrata dell’Italia nel conflitto, continua la sua opposizione in tutte le sedi in cui gli è ancora concesso esprimerla. Nonostante fosse stato riformato e congedato, viene arruolato e poi inviato al confino in Sicilia dove si adopera con la Croce Rossa per il rientro di prigionieri.

Il dopoguerra in Parlamento” ricorda l’elezione avvenuta nel 1919 e nuovamente nel ’21 e nel ’24 nel collegio Rovigo-Ferrara. La sua attività di parlamentare viene riconosciuta come “indefessa e onnipresente”. Sono anni in cui Matteotti matura la necessità di arrivare agli Stati Uniti d’Europa.

Capendo la natura totalitaria del fascismo vi si oppone strenuamente. Pubblica Un anno di dominazione fascista, volume che irrita Mussolini e il Regime.

L’epilogo del suo percorso parlamentare è illustrato nella successiva sezione riservata a “I congressi socialisti e la Marcia su Roma“. In essa rivivono gli anni fatidici dal Congresso Socialista di Livorno del 1921, del successivo di Roma nel ’22 e, nell’ottobre dello stesso anno, la Marcia su Roma: con il benestare del re il fascismo, forza antipartitica, diventava istituzionale. Quella di Matteotti, in Parlamento, sarà la voce più forte dell’opposizione.

La Lancia Kappa targata Roma 55-12169 usata da Dumini, Volpi, Viola, Malacria e Poveromo per il sequestro di Giacomo Matteotti

Il 10 giugno del ’24 questa voce scomoda venne fatta tacere per sempre. Matteotti fu rapito. Il suo corpo, straziato e denudato, verrà ritrovato il 16 agosto in una fossa a Riano Flaminio. Intanto il 27 giugno le opposizioni parlamentari mettono in atto la secessione dell’Aventino. Mussolini passa alla controffensiva e, a partire dall’anno successivo, approva senza ostacoli le “leggi fascistissime”. Nel novembre del ’26 i deputati dell’Aventino vengono dichiarati decaduti dal mandato parlamentare.

L’ultima sezione in mostra è dedicata al processo “beffa” di Chieti. Il “processo” dura appena una settimana, ben presidiato dai fascisti, dimostrandosi essere null’altro che una autentica “farsa”, come avrebbe scritto Turati a Velia Matteotti, una “beffa atroce… evidentemente concordata”.

“La denuncia della nascente dittatura, atto di coraggio già di per sé meritevole di essere tramandato come esempio, consacrò Matteotti alla memoria dell’antifascismo durante e dopo il Ventennio, facendogli assumere tratti eroici”, chiosa Stefano Caretti curatore della mostra.


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