Torino, Biblioteca Reale: Il genio e il suo tempo. A tu per tu con Leonardo

Torino, Biblioteca Reale: Il genio e il suo tempo. A tu per tu con Leonardo –
Leonardo da Vinci, Studi di carri falcati, 1485 circa

IL GENIO E IL SUO TEMPO
A TU PER TU CON LEONARDO

Biblioteca Reale
Torino, Piazza Castello 191
7 aprile – 9 luglio 2023

La Biblioteca Reale presenta tredici opere di Leonardo da Vinci, tra cui i celebri fogli con l’Autoritratto, il Volto di fanciulla, la Testa virile di profilo incoronata d’alloro, e il Codice sul volo degli uccelli.

Una rara selezione didisegni, incisioni, manoscritti, incunaboli, antiche carte geografiche illustrano gli eventi epocali che accompagnarono la vita di Leonardo dal 1452 al 1519.

Dal 7 aprile al 9 luglio 2023, la Biblioteca Reale di Torino propone un’occasione unica per conoscere ed esplorare da vicino l’opera di Leonardo da Vinci, grande protagonista del Rinascimento italiano, attraverso i suoi disegni, il taccuino dedicato al volo degli uccelli e altre rarissime testimonianze legate al suo tempo.

La mostra dal titolo Il genio e il suo tempo. A tu per tu con Leonardo è sostenuta da SMARTART Torino e da OMT – Officine Meccaniche Torino, realizzata in collaborazione con CoopCulture e con il patrocinio dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e della Città di Torino. Il percorso espositivo è allestito nei due caveaux della biblioteca, realizzati negli anni 1998 e 2014 con il sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.

Torino, Biblioteca Reale: Il genio e il suo tempo. A tu per tu con Leonardo – Enrica Pagella e Vittorio Sgarbi alla Biblioteca Reale – @ Davide Bozzalla

“Con questo percorso espositivo i Musei Reali – afferma la direttrice, Enrica Pagella – proseguono nell’impegno di garantire al pubblico, nei limiti concessi dai protocolli per la tutela, l’incontro con il grande patrimonio di opere grafiche conservato nelle collezioni della Biblioteca Reale e, in particolare, con le inestimabili testimonianze del genio di Leonardo da Vinci”.

La prima sezione segue il filo degli avvenimenti che hanno scandito la vicenda umana e artistica di Leonardo, dal 1452, anno della sua nascita a Vinci, fino al 1519, data della morte in Francia.

Un periodo storico in cui convergono e s’intrecciano i destini di personalità del calibro di Michelangelo e Raffaello, Lorenzo de’ Medici e Cesare Borgia, sullo sfondo di eventi di portata epocale, che hanno trasformato l’assetto sociale, culturale e artistico dell’Europa moderna: la caduta dell’Impero Romano d’Oriente, l’invenzione della stampa a caratteri mobili, il grandioso cantiere di San Pietro e della Cappella Sistina a Roma. Sessantasette anni di luoghi, fatti e persone evocati attraverso opere rare e preziose: manoscritti, come il Trattato di architettura civile e militare di Francesco di Giorgio Martini (1486) e le Storie di San Gioachino, miniate da Cristoforo De Predis per Galeazzo Maria Sforza (1476); incunaboli unici, come il foglio della Bibbia di Gutenberg, il primo libro a caratteri mobili, e il trattato De re militari di Roberto Valturio (1483); antiche carte geografiche, come la Carta dell’Italia e la Geocarta nautica universale di Giovanni Vespucci; disegni, come lo Studio per la Sibilla Cumana di Michelangelo.

Il percorso prosegue nel caveau Leonardo, con la sezione A tu per tu con Leonardo in cui sono esposti tredici disegni di Leonardo, il Codice sul volo degli uccelli e una selezione di 5 fogli di artisti vicini a Leonardo, dal suo maestro Andrea del Verrocchio agli allievi, che tramite l’esercizio del disegno si appropriavano del linguaggio espressivo di Leonardo.

La collezione di grafica della Biblioteca Reale conta oltre 2500 disegni, con un nucleo di 1585 fogli di antichi maestri italiani ed europei venduti nel 1840 al re Carlo Alberto da Giovanni Volpato, piemontese di Chieri, conoscitore e mercante d’arte vissuto tra Francia e Inghilterra. Fulcro del fortunato acquisto, in cui sono presenti anche fogli di Michelangelo, Rembrandt, Guercino, Canova, è il nucleo di autografi di Leonardo da Vinci, databili tra il 1480 e il 1515, che documentano l’attività e gli interessi del maestro dalla giovinezza alla piena maturità. Alcuni rimandano a celebri capolavori, come i nudi per la Battaglia d’Anghiari, i cavalli per i monumenti Sforza e Trivulzio, lo studio per l’angelo della Vergine delle Rocce, noto come Volto di fanciulla; altri, come le Proporzioni del volto e dell’occhio, testimoniano le sue ricerche sull’anatomia e sui “moti dell’animo”, di cui Leonardo è stato maestro indiscusso. Fino all’unicum, l’Autoritratto, una delle icone più celebri della storia dell’arte italiana. Infine, il Codice sul volo degli uccelli donato da Teodoro Sabachnikoff al re Umberto I nel 1893. Il taccuino, redatto tra il 1505 e il 1506, raccoglie in maniera organicale riflessioni di Leonardo per la realizzazione della macchina volante, oltre a pensieri in materia di meccanica, di idraulica, di architettura, di disegno di figura, intersecando questioni cruciali dei suoi studi.

Torino, Biblioteca Reale: Il genio e il suo tempo. A tu per tu con Leonardo – Allestimento della mostra

Dal 7 al 16 aprile, l’esperienza di visita, che si rinnova ogni anno in occasione delle feste pasquali, permette di ammirare le opere del genio di Vinci conservate a Torino. Dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 19, le guide di CoopCulture accompagnano il pubblico alla scoperta della Biblioteca Reale e del suo grande patrimonio vinciano.

Dal 18 aprile al 9 luglio, il percorso continua grazie alle riproduzioni al vero dei disegni, frutto di un’accurata preparazione di ogni replica attraverso il confronto con gli originali e sulla base di approfondite conoscenze sui materiali acquisite con le indagini diagnostiche condotte negli ultimi anni con la collaborazione dell’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro.

Al pari dei gabinetti di disegni dei grandi musei di tutto il mondo, i Musei Reali sono oggi in grado di proporre riproduzioni scientificamente corrette e di alta qualità, che consentono di rendere fruibile un patrimonio fragile per natura, come il disegno, preservandolo a beneficio delle generazioni future.

IL GENIO E IL SUO TEMPO
A TU PER TU CON LEONARDO

Torino, Biblioteca Reale (Piazza Castello, 191)
7 aprile – 9 luglio 2023

Orari: da martedì a domenica 9-19 (la biglietteria chiude alle ore 18).

Dal 7 al 16 aprile l’ingresso è consentito solo con visita guidata al costo di € 20 (ingresso gratuito per bambini da 0 a 6 anni, possessori di Abbonamento Musei, Torino + Piemonte Card e Royal Pass) per gruppi composti da massimo 25 visitatori ciascuno.

Dal 18 aprile al 9 luglio l’ingresso è consentito con visita libera al costo di € 13 o con biglietto integrato con il percorso dei Musei Reali al costo di € 20 (riduzioni e gratuità vigenti).

Aperture straordinarie: lunedì 10 e 24 aprile, lunedì 1 maggio e venerdì 2 giugno.

Il percorso della mostra è arricchito da contenuti audio di guida alla visita in italiano, inglese e francese, scaricabili gratuitamente tramite QR Code. Presso il Museum Shop dei Musei Reali e nel corner bookshop della Biblioteca Reale è disponibile la guida a stampa dell’esposizione, riccamente illustrata.


Sito internet: visita il sito

Prenotazioni
La prenotazione è vivamente consigliata:
E-mail: info.torino@coopculture.it
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Roma: LA__LINEA Arte Contemporanea presenta “Connessioni” con opere su carta dei due artisti Anna Di Fusco e Giovanni Mangiacapra

Anna Di Fusco, incisione e stampa su tetrapak 2023, cm 35×50.
Giovanni Mangiacapra- matie e acrilico su carta, 2023, cm 35x50JPG

Connessioni

Anna Di Fusco Giovanni Mangiacapra

a cura di Virginia Carbonelli 

Inaugurazione giovedì 20 aprile 2023, ore 18.00
Dal 20 aprile al 4 maggio 2023

Lunedì – venerdì – sabato  su appuntamento
Martedì – mercoledì – giovedì ore 16.30-19.30

Gli spazi de La Linea saranno allestiti con una serie di opere su carta di media dimensione che vedono come protagonisti Anna Di Fusco e Giovanni Mangiacapra, due artisti che hanno già collaborato con l’Associazione LA__LINEA in mostre e attività di stampa e incisione.

LA__LINEA Arte Contemporanea inaugura giovedì 20 aprile 2023 alle ore 18.00 Connessioni, una mostra duale di opere su carta che sancisce la collaborazione con Connessioni Aps, Associazione culturale con sede a Napoli che promuove artisti ed esposizioni nazionali ed internazionali. Gli spazi de La Linea saranno allestiti con una serie di opere su carta di media dimensione che vedono come protagonisti Anna Di Fusco e Giovanni Mangiacapra, due artisti che hanno già collaborato con l’Associazione LA__LINEA in mostre e attività di stampa e incisione.

Entrambi gli artisti si esprimono principalmente attraverso la materia pittorica e in questo progetto espositivo sono state selezionate opere su carta che prediligono in Anna Di Fusco la forma e nei lavori di Giovanni Mangiacapra il segno.

Anna Di Fusco per l’occasione ha eseguito delle stampe in bianco e nero su carta incidendo e lavorando il tetrapak senza mettere da parte la pittura, sua prescelta tecnica espressiva, che primeggia soprattutto nei monotipi esposti insieme alle incisioni. Le carte disegnate con graffi e segni dal gesto deciso e raffinato di Giovanni Mangiacapra si contrapporranno alla forma e alla geometria della Di Fusco, invitandoci ad entrare nei grovigli di “fili” colorati disegnati sulle opere dell’artista napoletano.


la__lineaartecontemporanea
Via di San Martino ai Monti, 46 – 00184, Roma
lalinea.arte@gmail.com
instagram: @lalineaartecontemporanea
T. 389/2729418

Il Museo Davia Bargellini di Bologna espone il dipinto restaurato di Lavinia Fontana “Giuditta con la testa di Oloferne” prima del prestito alla National Gallery of Ireland

Lavinia Fontana, Giuditta con la testa di Oloferne, 1600, olio su tela, cm 130 × 110
Bologna, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
A destra prima del restauro, a sinistra dopo il restauro.
Courtesy Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l.

Lavinia Fontana
Giuditta con la testa di Oloferne

5 – 12 aprile 2023
Esposizione del dipinto restaurato in occasione del prestito per la mostra Lavinia Fontana: Trailblazer, Rule Breaker(National Gallery of Ireland, Dublino | 6 maggio – 27 agosto 2023)

Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, Bologna
Strada Maggiore 44, Bologna

www.museibologna.it/arteantica

Restituito alla raffinatezza dei valori cromatici originari dopo un complesso e delicato restauro, il dipinto di Lavinia Fontana Giuditta con la testa di Oloferne torna ad essere visibile dal 5 al 12 aprile 2023 presso il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini di Bologna, in anteprima alla grande mostra personale Lavinia Fontana: Trailblazer, Rule Breaker che la National Gallery of Ireland di Dublino dedicherà alla celebre artista bolognese dal 6 maggio al 27 agosto 2023.
Con questa esposizione, i Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici Bologna intendono presentare al pubblico della città gli ottimi esiti ottenuti dall’intervento conservativo eseguito dal Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l. e salutare l’opera prima che abbiano inizio la fasi funzionali al trasferimento verso l’Irlanda a partire dal 13 aprile.

La mostra Lavinia Fontana: Trailblazer, Rule Breaker
Tra i massimi rappresentanti della pittura tardo-manierista in Europa, Lavinia Fontana (Bologna, 1552 – Roma, 1614) è considerata da molti la prima donna artista a raggiungere il successo professionale al di fuori dei confini di una corte o di un convento. La pittrice fu la prima donna a gestire una propria bottega e la prima a dipingere pale d’altare pubbliche e nudi femminili. Mantenne una carriera attiva, dipingendo per molti mecenati illustri e assumendo al contempo il ruolo di moglie e madre. Esplorando la straordinaria vita di Fontana attraverso i suoi dipinti e disegni, la mostra Lavinia Fontana: Trailblazer, Rule Breaker,a cura di Aoife Brady, offrirà una visione del clima culturale che le permise di prosperare come artista donna dell’epoca. La mostra di Dublino sarà la prima monografica ad esaminare il lavoro di Fontana in oltre due decenni e la prima a concentrarsi sui suoi ritratti. Sarà riunita una selezione delle sue opere più apprezzate, provenienti da collezioni pubbliche e private internazionali, insieme al celebre La visita della regina di Saba a re Salomone, proveniente dalla collezione permanente del museo nazionale irlandese.
Comeimmagine guida per la comunicazione dell’esposizione la scelta è ricaduta proprio sul dipinto Giuditta con la testa di Oloferne del Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini. L’olio su tela, firmato e datato LAVINIA FONTANA DE ZAPPIS FECE 1600, appartiene alla maturità della pittrice, che affronta il soggetto biblico di ambientazione notturna con grande padronanza degli effetti luministici e con una sensibile attenzione alla resa analitica dei dettagli, di gusto fiammingo. Il volto dell’eroina, come quello della fantesca, paiono restituire tratti fisionomici peculiari, tanto da suggerire che possano identificarsi in due ritratti, come per altro accade in altri dipinti di analogo soggetto prodotti in area bolognese negli stessi anni (ad esempio da Agostino Carracci). Giuditta, vedova audace e pia, che osa sedurre il tiranno per ucciderlo e liberare così il proprio popolo, si presta infatti a fornire i sembianti per un travestimento in veste biblica, essendo modello di virtù femminile apprezzato nell’età di Controriforma, tanto da divenire tema fra i più ricorrenti nei quadri da stanza destinati agli interni dei palazzi nobiliari.

Scheda critica a cura di Vera Fortunati
Lavinia affronta con audace originalità anche soggetti mitologici e biblici di eroismo femminile per giungere al genere più ambito della pittura di historia. È il caso delle due Giuditte, tema iconografico che gode di grande fortuna nel clima religioso e politico dopo il Concilio di Trento: nel 1586 con grande successo Tommaso Garzoni pubblica Le vite delle donne illustri della Scrittura Sacra, dove Giuditta viene con enfasi rilanciata suggerendo diverse interpretazioni. Nel 1592 circa Lavinia dipinge per la famiglia Ratta (Urbini, 1994) la Giuditta e Oloferne (Bologna, Fondazione del Ritiro di San Pellegrino), dove non sceglie l’acme del tragico racconto, ma raffigura la bellissima, pia vedova di Betulia, stante con in mano la testa di Oloferne posata su un tavolo, mentre alle spalle si intravvede il corpo decapitato del generale. Il modello di confronto è il dipinto di analogo soggetto (Bologna, UniCredit), attribuito ad Agostino Carracci (Benati, 1999), ma del tutto innovativa è l’ambientazione notturna, a “lume di torcia” secondo l’espressione di Malvasia (1679): il raffinato sperimentalismo luministico di matrice veneta, bassanesca, mette in risalto i filamenti luminosi delle preziose vesti della protagonista, fino ad evidenziare sulla spada il grumo di sangue (Biancani, 2022). Sono gli anni in cui la pittrice è particolarmente attenta alla pittura di Jacopo Bassano, conosciuta su esemplari conservati nelle collezioni bolognesi, come si può vedere nella bellissima Natività della Vergine (Bologna, chiesa della Santissima Trinità). In questa versione nel volto di Giuditta, gli occhi rivolti al cielo, vive lo slancio mistico di chi ha agito affidandosi interamente alla volontà divina che l’ha ispirata e guidata. Per la studiosa Murphy (2003) si tratterebbe di un cripto-ritratto di Laerzia Rossi Ratta, moglie del defunto Carlo Ratta, madre di Lorenzo erede di Monsignore Dionisio Ratta.
Sul finire degli anni ’90 la Giuditta e Oloferne del Museo Davia Bargellini si distanzia sia per una rilettura alternativa del testo sacro sia in seguito al recente restauro per una più matura assimilazione della pittura veneta, in direzione di Paolo Veronese, secondo un’ipotesi verisimile di un viaggio della pittrice a Venezia. Ma procediamo con ordine. L’avvenente eroina avanza verso lo spettatore, mostrando orgogliosa la testa del tiranno: è consapevole di aver salvato il suo popolo con il tragico gesto. È già la femme forte secondo l’immagine classica e biblica che sarà in auge nella letteratura femminista del Seicento europeo. Il restauro ha evidenziato l’eccezionale resa dei superbi accordi cromatici, debitori di una luce e di un colore non solo carracceschi ma anche veneti e la fresca vitalità di un lume otticamente meditato che fa risaltare la consistenza delle sete, dei veli, dei broccati e la lucentezza delle perle bianche, alcune fanno ombra, e la fastosa preziosità dei gioielli. Si segnala soprattutto il grande pendaglio, emblematico esempio dell’alta qualità dell’oreficeria presente a Bologna, con l’immagine del pavone, simbolo di generosità e lealtà d’animo (Cantaro, 1989; Urbini, 1994). Da notare anche la cesta con il panno bianco rimboccato, sorretta dalla giovane ancella Abra, compagna d’avventura: sembra già un brano di una natura morta. Anche se la firma e la data sono state ridipinte, questo capolavoro, a mio parere, è da collocare alla fine del Cinquecento, perché la protagonista, di una bellezza neoveronesiana, è simile ad alcune dame della corte della regina di Saba nel grande dipinto Visita della regina di Saba a Salomone (cm 256 x 325) di Dublino, National Gallery, originariamente nella collezione bolognese della famiglia dei conti Berò (Chiodini, 1999): la stessa liquida stesura cromatica esalta la profusione di ricami, di cascate di damasco e di velluti, di trine, come la lucentezza dei gioielli e delle pietre preziose.
Questi eccezionali risultati si ritrovano nell’ultima attività a Roma dove la pittrice si reca nel 1604. Vicina alla bionda Giuditta del Museo Davia Bargellini è anche la Samaritana nel dipinto Cristo e la Samaritana di Napoli, Museo di Capodimonte, firmato e datato 1607: le accomuna la stessa raffinata descrizione degli abiti e delle ricercate acconciature dei capelli, del tutto femminili, perché frutto di chi conosce per personale esperienza le sottili arti della seduzione.
Ma forse la vera erede della Giuditta Bargellini è la Minerva ignuda (collezione privata), celebrata nel poemetto di Ottaviano Rabasco (1605) con dedica a Marco Sittrico Altemps IV, futuro arcivescovo di Salisburgo (Tosini, 2019) e grande amico del cardinale Scipione Borghese: è la Minerva Pacifera, una iconografia in voga alla corte di Rodolfo II a Praga, è la dea nuda che governa le arti di pace dopo essersi spogliata del peplo, dell’elmo e della corazza.
Entrambe sono accomunate da un repertorio di sottili invenzioni erotiche (vedi i ricami dorati del velo trasparente…) che rimandano ai maliziosi prototipi dell’Ecole de Fontainebleau e della scuola rudolfina, ma soprattutto in entrambe il corpo della donna diviene per la prima volta campo espressivo di specifici, femminili stati d’animo, volti alla seduzione, esibiti senza compiacimento retorico ma con spontanea, istintiva naturalezza.
Per la Giuditta Bargellini alcuni studiosi, senza riferimento ad alcun documento di archivio, avanzano l’ipotesi che sia il ritratto di Costanza Bianchetti, la vedova di Galeazzo Bargellini.

Lavinia Fontana, Giuditta con la testa di Oloferne, 1600, olio su tela, cm 130 × 110
Bologna, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Particolare di pulitura
Courtesy Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l.

Il restauro conservativo
L’opera in generale presentava uno stato conservativo mediocre, restituendo una visione generale molto cupa, attenuata nelle tonalità e offuscata anche da depositi superficiali che riducevano notevolmente le qualità stilistiche e pittoriche della grande pittrice. Si è ritenuto che tale situazione conservativa sia stata dettata e abbia coinciso anche con le modifiche dimensionali subite dall’opera.
L’intervento di restauro, eseguito dal Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l. sotto la direzione tecnica di Giovanni Giannelli, è stato finalizzato al recupero di quei dettagli figurativi molto raffinati, quel colorismo, a quelle luci e tonalità accese e vivaci che contraddistinguono l’artista bolognese.
Eseguite le verifiche sul retro e riscontrata la funzionalità del telaio di supporto ma in particolare della tela di rifodero e rinforzo si è proceduto con l’analisi sul fronte del dipinto.

L’analisi attenta e articolata per il conseguimento del recupero cromatico originale, è iniziata con i consueti test di prova per individuare la corretta metodologia da applicare. Le operazioni di pulitura sono risultate molto complesse e delicate in quanto per rimuovere in sicurezza i vari strati di vernice sovrapposte si è reso necessario procedere con piccoli tamponi. Ultimata la fase di pulitura della superficie pittorica sono state verificate attentamente le stuccature presenti a integrazione di lacune materiche e realizzate a spessore con gesso di Bologna e colla di coniglio. Riscontrata la perfetta adesione al supporto, la compattezza e verificata la stabilità, si è ritenuto opportuno il mantenimento delle stesse e integrarle per riottenere i giusti livelli e riprodurre con specilli in acciaio le crettature che caratterizzano la superficie. Applicata a pennello vernice mastice diluita in essenza di trementina su tutta la superficie pittorica si è proceduto con la fase di integrazione pittorica delle lacune. Preliminarmente con integrazione delle zone perimetrali con tonalità adeguate e rifinite in continuità con i piani le forme corrispondenti. Le lacune sulla superficie pittorica originale sono state integrate a carattere mimetico per poter ottenere una visione di insieme uniforme e un equilibrio formale finalizzato alla massima valorizzazione dell’opera di elevatissima qualità.
L’imponente cornice presenta condizioni conservative buone e quindi è stata sottoposta a un intervento di manutenzione straordinaria con una pulitura per la rimozione superficiale del deposito polveroso parzialmente aggregato. Le piccole lacune e fessurazioni sono state colmate con gessatura preparatoria per l’integrazione eseguita con oro zecchino. L’attuale cornice è il frutto di un assemblaggio di tre elementi di diversa fattura: la cimasa superiore e la cassetta applicata dal retro, con una semplice chiodatura negli angoli alla cornice più antica e raffinata che circonda il dipinto. Questo intervento con molta probabilità coincide con uno dei restauri a cui è stata sottoposta l’opera in oggetto, con l’intento di dare maggiore sontuosità al dipinto.
Una particolarità riscontrata durante il restauro è stato il rinvenimento di un’ulteriore firma, immediatamente sotto a quella già presente. L’iscrizione è particolarmente abrasa ma leggibile in LAV FON. Con molta probabilità si tratta di quella originale, in quanto l’altra LAVINIA FONTANA DE ZAPPIS FECE 1600 appare molto incerta e grossolana. Questa deduzione si può riscontrare ingrandendone le dimensioni reali. Si potrà notare con chiarezza il tratto realizzativo molto incerto rispetto a quella rinvenuta durante il restauro che diversamente appare realizzata con molta cura e perizia. La scelta adottata in accordo con la direzione dei lavori di mantenerle entrambe risulta coerente in tema di conservazione, in quanto l’una ormai storicizzata, l’altra riportata alla luce in una visione di ritrovamento e motivo di studio e di riscontro su altre opere della pittrice che verranno sottoposte a interventi diagnostici o interventi di restauro.
L’opera ora restituisce quei dettagli raffinatissimi che si possono cogliere nel velo che scende sulle spalle dal capo, nei gioielli e nell’abito che indossa Giuditta. Il fondale non più cupo, ma luminoso e vibrato, le due figure, la mano destra con la spada e la sinistra con la testa di Oloferne ci riconsegna quella profondità e prospettiva scenica creata da Lavinia Fontana.

Lavinia Fontana, Giuditta con la testa di Oloferne, 1600, olio su tela, cm 130 × 110
Bologna, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Particolare della firma dopo il restauro
Courtesy Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l.

Bologna città delle donne artiste
Dal Medioevo al Novecento il ruolo femminile a Bologna è significativo sia nel campo delle arti figurative che in quelli della letteratura e delle scienze, anche per la specificità del contesto storico cittadino dove la presenza dello Studium precocemente è promotrice di valori alti femminili nella cultura. Bologna può essere considerata a tutti gli effetti la città delle donne artiste: Properzia de’ Rossi (Bologna, 1490 circa – Bologna, 1530), Lavinia Fontana (Bologna, 1552 – Roma, 1614), Ginevra Cantofoli (Bologna, 1618 – Bologna, 1672), Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – Bologna, 1665), Anna Morandi Manzolini (Bologna, 1714 – Bologna, 1774) e Clarice Vasini (Bologna, 1732 – Bologna, 1823) sono tra le più celebri protagoniste della storia dell’arte, tutte vissute nel capoluogo emiliano.
Nelle collezioni permanenti dei Musei Civici d’Arte Antica si conservano importanti testimonianze del fenomeno della donna artista: dallo Stemma della famiglia Grassi di Properzia de’ Rossi al Museo Civico Medievale al Ritratto di Gonfaloniere di Artemisia Gentileschi, a Giuditta con la testa di Oloferne di Lavinia Fontana del Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini. Nel museo situato nel Palazzo Bargellini sono inoltre conservati il piccolo gruppo in terracotta con la Madonna con il Bambino e Santi di Clarice Vasini, nominata Accademica Clementina ad honorem nel 1770, l’opera Fanciulla con pecorella (Sant’Agnese?), riferita su base stilistica alla mano di Ginevra Cantofoli, pittrice attiva nella bottega della celebre Elisabetta Sirani, la cui identità artistica è recentemente riemersa grazie agli studi critici, e alcuni lavori di ricamo e cucito provenienti dal Conservatorio delle Putte di Santa Marta, dove le orfane ospiti dell’istituto di assistenza hanno elaborato veri e propri capolavori d’arte, in genere destinati a committenti privati. Tra questi, merita di essere menzionato per l’altissimo valore artistico il piccolo quadretto del XVII secolo con il Miracolo di San Benedetto, realizzato in filo di seta policroma ricamata a punto piatto, che rientra nel capitolo della fortuna figurativa riservata, fra Sei e Settecento, al celebre affresco col Miracolo di San Benedetto realizzato da Ludovico Carracci nel Chiostro del Monastero di San Michele in Bosco, purtroppo andato perduto.


SCHEDA TECNICA

Esposizione
Lavinia Fontana
Giuditta con la testa di Oloferne

Periodo
5 – 12 aprile 2023

Sede
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44, Bologna

Orari di apertura
Martedì, mercoledì, giovedì ore 10-15
Venerdì ore 14-18
Sabato, domenica, festivi ore 10-18.30
Chiuso lunedì non festivi

Ingresso
gratuito

Informazioni
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44 | 40125 Bologna
Tel. +39 051 236708
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Instagram: @museiarteanticabologna
TiKTok: @museiarteanticabologna
Twitter: @MuseiCiviciBolo

Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Instagram: @bolognamusei

Ufficio Stampa Settore Musei Civici Bologna
Elisa Maria Cerra – Silvia Tonelli
Tel. +39 051 6496653 / 6496620
ufficiostampabolognamusei@comune.bologna.it
elisamaria.cerra@comune.bologna.it
silvia.tonelli@comune.bologna.it

Messina, FORO G gallery: GENERAZIONE A – Sul filo della memoria la mostra di Ilaria Rosselli del Turco e Chiara Smedile, a cura di Mariateresa Zagone e Roberta Guarnera

Due delle opere in mostra presso FORO G gallery
realizzate da Ilaria Rosselli del Turco (a sinistra) e Chiara Smedile (a destra)

Una doppia mostra personale dedicata alle vincitrici dell’open call “Segnalibro d’Artista” ,  “GENERAZIONE A” di Ilaria Rosselli Del Turco e Chiara Smedile. La mostra, curata da Mariateresa Zagone e Roberta Guarnera, si terrà nei locali di FORO G gallery giorno 15 aprile dalle ore 18:00.

Sabato 15 aprile, presso la FORO G Gallery di Messina (Ganzirri), alle ore 18:00 avrà luogo l’opening della mostra GENERAZIONE A, bipersonale delle vincitrici dell’open Call “Segnalibro d’Artista” a cura di Mariateresa Zagone e Roberta Guarnera con testo critico di Mariateresa Zagone.

GENERAZIONE A è la mostra meno fortemente curatoriale proposta in questi due anni dalla FORO G Gallery in quanto frutto di una Open Call le cui due vincitrici, mai conosciutesi e appartenenti a differenti generazioni, hanno personalità diverse con altrettanto differenti approcci e linguaggi. Due artiste le cui produzioni sono intrecciate in sottili trame, tra oggetti di uso comune e fotografie d’archivio; due viaggiatrici cui se ne accompagna una terza che le tiene per mano, una bellissima titanide, un archetipo potente: Mnemosine.

Il filo conduttore è quello della memoria, elemento comune della ricerca di entrambe, intesa come guscio accogliente che preserva i valori fondamentali della vita individuale e collettiva, una funzione che si assolve con tutto l’essere. Possiamo raggruppare i lavori delle due artiste in questa macroarea ma, volendoli intelligere, potremmo individuare il leitmotiv di Ilaria Rosselli del Turco nel ricordo, nella memoria quello di Chiara Smedile. La prima artista, genovese di origini ma vivente a Londra, presenta una serie di mezzetinte in cui si dispiegano piccoli oggetti di uso comune; la seconda, comasca, un archivio fotografico della Messina bombardata durante la seconda Guerra mondiale in cui il filo ricuce e ricrea i frammenti di pietre e di intonaci.

La mostra sarà visitabile fino a sabato 29 aprile. ° Si prega di seguire on line gli orari di visita


FORO G gallery
foroggallery.com
Via Lago Grande 43B 98165 Ganzirri (ME)

Instagram: @forog.gallery

Venezia, Spazio SV: SINFONIE – Personale di Bianca BEGHIN

Bianca Beghin, LONGING Desiderio nostalgico, 2metrix3, tecnica mista, 2021

SINFONIE
Personale di BIANCA BEGHIN

02-04 / 11- 04-2023

Centro Espositivo SpazioSV  – Scoletta San Zaccaria

Campo San Zaccaria, 30122 VENEZIA

Sabato 01 aprile 2023 è stata inaugurata la  personale “Sinfonie” di Bianca Beghin, esposizione che permetterà di mettere in luce personalità e aspetti del pensiero intimo e creativo dell’artista e sarà visitabile fino all’11 Aprile. 

Dal saggio critico di Lucia Spolverini: “Gli alberi sono come noi: “radici per terra e testa verso il cielo”. Oltre a permettere la vita, ne sono anche la perfetta “metafora”, il respiro dell’anima che rimanda all’esistere. Sono l’essenza dell’essere umano, che il mondo vegetale incarna straordinariamente, come lo sa incarnare l’artista Bianca Beghin. Il tratto poetico del suo colore diviene segno che muta da una rappresentazione del reale, per dare spazio a giochi informali in cui l’artista sembra far convergere emozioni travolgenti e calme interiori. Colori che richiamano l’attaccamento alla terra, alla vita, da far supporre che l’artista auspichi una riconciliazione ed una “sinfonia” ancor più profonda tra uomo e natura. Colori che sembrano spicchi di terra, di alberi, ritagli di natura a cui aggrapparsi, a cui conferire luci e linguaggi diversi. Le sue Sinfonie pittoriche sono intrise di poesia e melodie cromatiche. Il cardine della sua arte è “il vero” visibile agli occhi ma comprensibile nella sua profondità ed interezza solo con l’ausilio dei sentimenti che risiedono nei suoi dipinti descritti da cromie, gesti e espressioni accompagnate dal fascino di un silenzio musicale. Ogni tocco pittorico racchiude un simbolico silenzio, in cui l’uomo riscopre se stesso, ritrovando quel dettaglio nascosto che è il “quid” della propria esistenza nel mondo, e l’arte di Bianca Beghin ne è l’ausilio fittissimo per l’anima. Sinfonie, poesia e pittura rimandano
alla sua arte narrante, in cui ognuno può ravvisare un proprio e intimo dettaglio.”

Bianca Beghin, ABBANDONARSI, 100×80 tecnica mista, 2020

Note sul percorso dell’Artista

Il Veneto e la sua “policromia” morfologica fanno da culla a Bianca Beghin: quel suolo, così unico, sembra intrecciare un giaciglio naturale, che la predispone, indi, sin dalla tenera età, a percepire un legame simbiotico con la Natura, mater genera et magistra vitae. Essa stessa depone, tra le sue mani, un intuitivo talento, che sboccia, allora, sulle tele, durante l’adolescenza. In concomitanza agli studi classici, che la vedono conseguire una laurea in lettere, affronta, nel tempo, studi, con maestri di nota fama, tra cui si distinguono Andreas Kramer, col quale approfondisce la personalità del colore, e Vittorio Bustaffa, pittore e illustratore padovano. Le tecniche, così, si raffinano, evolvendo in interessanti composizioni estetiche: gesto e colore, ivi, si uniscono, maturando una cifra distintiva unica. Il lato fisico si perde, quando il colore, tra le mani dell’artista, si eleva a virtuosismi tonali, la cui sinergia, con la forza segnica, evoca stati poco emozionali, che coinvolgono l’osservatore, laddove la pittura è esperienza trascendentale. Il suo temperamento artistico trova, immediatamente, consensi, e da parte della critica e da parte del pubblico, dapprima in Italia e, poi, all’estero; numerose le performance d’arte collettive, che la vedono esperirsi, tra la penisola, la Germania, l’Austria, la Spagna e gli Stati Uniti. Attualmente, vive e lavora a Selvazzano Dentro, in provincia di Padova (Maria Marchese)


INFORMAZIONI

Vernissage: Sabato 01 aprile 2023, ore 17:00
Presentazione: Lucia Spolverini, Critica d’Arte

Apertura al pubblico: 02.04.2023 fino a 11.04.2023

Giorni: da Martedì a Domenica
Orari: Mattino 10:30-12:30 / Pomeriggio 16:00-19:00

CENTRO ESPOSITIVO “SPAZIO SV” – Scoletta San Zaccaria
CAMPO SAN ZACCARIA, 30122 VENEZIA
INGRESSO MOSTRA GRATUITO

CONTATTI
Christian Palazzo 
info@spaziosv.com 

Roma, Teatro Arciliuto: L’ARTISTA NON SARÀ PRESENTE di Erminio Tilesi – A cura di Francesca Perti

L’ARTISTA NON SARÀ PRESENTE 

di Erminio Tilesi
A cura di Francesca Perti

Inaugurazione 6 aprile 2023
ore 18.30

Teatro Arciliuto
Piazza Montevecchio 5 – Roma

Fino al 4 giugno 2023

Il giorno 6 aprile 2023 la Takeawaygallery presenta al Teatro Arciliuto, storico teatro di Roma dal 1967, la mostra personale di Erminio Tilesi, L’Artista non sarà presente, a cura di Francesca Perti. 
La Takeawaygallery, dopo essersi occupata negli ultimi anni di fotografia e grandi installazioni, torna alla pittura con la prima mostra inedita di Erminio Tilesi, scomparso nel 2013. 

Tilesi nasce ad Amatrice nel 1929, si trasferisce giovanissimo a Roma dove diventa allievo di Duilio Cambellotti, artista che si accostò inizialmente all’Art Nouveau per poi avvicinarsi al futurismo.

Tilesi è un artista libero, di una libertà inaudita, tanto da decidere di non esporre mai le sue opere. La sua è un’arte nascosta, un’azione intima ma, nello stesso tempo, Tilesi si estende oltre, si proietta nel cosmo con suoi mezzi. Semplicemente sente, percepisce, conosce: affina la propria sensibilità, acuisce la conoscenza, perfeziona la tecnica. Nelle opere troviamo tutte le sue passioni: la musica, il canto, i paesaggi che ama e frequenta: Positano e le montagne del Trentino, le sedie, tante sedie, che alludono alla vita come solitudine, ma, nella particolare rappresentazione di Tilesi, lasciano anche immaginare il calore della presenza umana appena svanita. La sedia diventa così un mezzo agile e leggero per sostare sul terreno della memoria. Sedie che invitano a riposarsi per un momento, ascoltando le storie di quelli che si sono riposati prima di noi. E poi bande di musici, scorci di luoghi amati, carretti solitari, anziane donne di paese vestite di nero, un magico bazar di souvenir della biografia personale dell’artista, un incontro ravvicinato con la memoria, la storia, il mito e soprattutto con sé stesso. 

Tilesi si muove come un funambolo tra materia e leggerezza, tra il colore usato come una pasta densa, il colore violento dell’impressionismo nordico e la leggerezza dell’acquarello. Un colore che vuole comunicare per vibrazioni sinestetiche, per istinto e sensualità, là dove intelligenza e sensualità, cultura e istinto convivono. È un artista silenzioso Tilesi che oggi, grazie a sua nipote Paola Morano, torna a parlare. Racconta Morano: “quando poteva amava sostare in una piazza qualsiasi e osservare la gente che passava. La sua gioia era guardare, guardare e dipingere.” Tilesi ci intrappola in un mondo che è al tempo stesso giocoso e malinconico. L’istante che fissa sulla tela diventa denso, immobile ed eterno e lascia a noi il compito di immaginare ogni azione che potrebbe accadere, un futuro che è già un rimpianto.


INFO

L’ARTISTA NON SARÀ PRESENTE
di Erminio Tilesi
A cura di Francesca Perti

Inaugurazione giovedì 6 aprile 2023 ore 18.30

Dal 6 aprile al 4 giugno 2023
Orari: da giovedì a domenica 18:30 alle 23.00
Su appuntamento : 06 6879410 / 3338568464
Ingresso Libero
Aperitivo e Drink

Teatro Arciliuto
Piazza Montevecchio 5 – Roma

Takeawaygallery Associazione Culturale
takeawaygallery@gmail.com
Contatti:
info@arciliuto.it
francescaromanaperti@gmail.com
takeawaygallery@gmail.com 


Ufficio Stampa
Roberta Melasecca – Melasecca PressOffice – Interno 14 next
roberta.melasecca@gmail.com
info@melaseccapressoffice.itinfo@interno14next.it
tel. 3494945612
www.melaseccapressoffice.itwww.interno14next.it

Fotografia Europea 2023, dentro il cuore dell’Europa

Agata Kubis, Women’s Strike protest against nearly total abortion ban,Warsaw,
Poland 26.10.2020,© Agata Kubis Courtesy of The Archive of Public Protests

Varsavia 26.10.2020, 4° giorno di protesta dello sciopero delle donne contro il quasi totale divieto di aborto. I manifestanti bloccano le strade di Varsavia. Le persone scendono regolarmente in piazza nonostante la pandemia di Covid-19.

FOTOGRAFIA EUROPEA 2023
“EUROPE MATTERS: VISIONI DI UN’IDENTITÀ INQUIETA”

Reggio Emilia 
28 aprile – 11 giugno 2023

Preview 27 aprile 

Eventi inaugurali dal 28 aprile al 1° maggio 2023

Dedicata all’idea di Europa e dei popoli che la abitano, la XVIII edizione del Festival di Reggio Emilia torna per raccontare le sfumature dell’identità di questa comunità multietnica.

Chiostri di San Pietro, Palazzo da Mosto, Chiostri di San DomenicoPalazzo dei Musei, Biblioteca Panizzi, Spazio Gerra, e gli spazi del Circuito OFF accolgono mostre di grandi maestri e di giovani esordienti

Dal 28 aprile all’ 11 giugno 2023 torna FOTOGRAFIA EUROPEA a Reggio Emilia, il Fstival di fotografia di caratura internazionale – fresco vincitore dell’edizione 2022 dei Lucie Awards a Los Angeles, il premio più ambito nel settore, quale miglior Photo Festival of the Year – promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e con il contributo della Regione Emilia-Romagna. Anche quest’anno, quindi, un’importante occasione per osservare un mondo in continuo e veloce cambiamento, di cui la fotografia congela il momento per aiutarci a capirne e comprenderne direzioni e dinamiche.

Lo sguardo di questa attesa XVIII edizione di Fotografia Europea è diretto verso la più stretta attualità, dove le radici della nostra identità individuale e sociale vengono messe costantemente alla prova. “Europe matters: visioni di un’identità inquieta”, è il tema a cui fanno riferimento i progetti selezionati dalla direzione artistica del Festival, composta da Tim Clark (editor 1000 Words & curator Photo London Discovery), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia), e Luce Lebart (storica della fotografia, co-autrice del fondamentale volume Une histoire mondiale des femmes photographes, curatrice di mostre e ricercatrice sia per la Collezione dell’Archive of Modern Conflict che in modo indipendente). Un’edizione caratterizzata, oltre che dalla qualità delle mostre, anche dal livello degli incontri, delle conferenze, delle presentazioni di libri e dalle attività educational che verranno organizzate nel corso del festival.

IL TEMA

Partendo da una riflessione sull’idea di Europa e sugli ideali che la costituiscono, le mostre mettono in luce domande sulla condizione attuale del mondo multiculturale e globalizzato che viviamo, un mondo in cui l’Europa non esercita più, ormai da tempo, quell’egemonia spirituale e materiale che per secoli le è stata riconosciuta. Gli artisti tracciano quindi, attraverso il medium fotografico, le linee dinamiche e incerte di un’identità sempre più mobile e variegata, con l’obiettivo di dare senso all’ inquietudine che la attraversa.

LE MOSTRE

Come sempre le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro saranno il fulcro del festival, ospitando dieci esposizioni.

Al primo piano, Mónica De Miranda mette in discussione le nozioni standard di identità basate sulle categorie di razza e genere con il progetto The Island che svela, attraverso una contro-narrazione costruita dalle biografie di uomini e donne di origine africana che vivono in Portogallo, i pregiudizi radicati nella società.

Nella sala successiva Güle Güle (arrivederci in turco) è la personale rappresentazione di Istanbul e dei profondi cambiamenti che stanno interessando la società turca attraverso lo sguardo di Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni. Documentando le comunità emarginate, questi scatti rivelano quel substrato umano che, secondo i due fotografi, rappresenta l’espressione più sincera di ogni luogo, oltre la superficiale “facciata” sociale comunemente accettata.

A seguire il progetto di Simon Roberts, Merrie Albion, fotografa il Regno Unito offrendo spunti di riflessione indispensabili sulle nozioni di identità e appartenenza e su cosa significhi essere britannici in questo momento cruciale della storia contemporanea. In mostra anche The Brexit Lexicon, un’opera video in due parti che riporta i termini più comuni che hanno caratterizzato le discussioni sulla Brexit in politica e nei media.

The Archive of Public Protests con You will never walk alone raccoglie, invece, le tracce visive dell’attivismo sociale, di tutte quelle iniziative di massa che si oppongono alle decisioni politiche, alle violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani. È una collezione di scatti che costituisce un monito contro il crescente populismo e contro la discriminazione, con l’intento di prolungare la vita di queste immagini, solitamente legate a eventi specifici e la cui esistenza termina con la loro pubblicazione sulla stampa.

Alessia Rollo, fotografa italiana di origini pugliesi, parla nel suo progetto multimediale Parallel Eyes di un viaggio alla scoperta degli antichi riti del Sud, restituendo all’osservatore il mistero della magia e delle forze ancestrali che legano la natura all’uomo e ai suoi simili. Nelle sue fotografie, Rollo ricostruisce l’identità culturale dell’Italia meridionale con tecniche di manipolazione analogiche e digitali, che introducono in un universo re-incantato, evocativo e spirituale, attingendo ad un patrimonio rituale tuttora vivente e sganciandolo contemporaneamente da quegli stereotipi culturali creati decenni fa dal neo-realismo.

Samuel Gratacap torna a Reggio Emilia con Bilateral, un lavoro inedito sul paesaggio visto da entrambi i lati del confine e attraverso la voce delle persone che quel confine cercano di attraversare. Il progetto si concentra  anche su coloro che lottano per rendere il mondo meno violento, mobilitandosi nei luoghi in cui vivono e, parallelamente, sui decisori, i responsabili di quelle disposizioni che tutti subiranno, invisibili, intercambiabili, senza volto ma padroni della loro immagine.

Il progetto fotografico Odesa dell’ucraina Yelena Yemchuk è l’ode visiva alla città che da sempre l’ha affascinata per la libertà di cui godeva durante l’epoca sovietica. Dopo averla visitata per la prima volta nel 2003, Yemchuk è tornata a Odesa nel 2015 per documentare i volti dei ragazzi e delle ragazze di sedici e diciassette anni dell’Accademia militare: il conflitto al confine orientale iniziato un anno prima l’ha convinta ad ampliare il progetto immortalando anche il contesto di vita di quei volti che si sarebbero trovati, di lì a poco, al fronte.

Un’esplorazione antropologica spinge il francese Geoffroy Mathieu a seguire i raccoglitori, persone che, ai margini delle aree coltivate o negli spazi incolti, vivono dei prodotti che la natura in modo spontaneo continua a offrire seppur in paesaggi danneggiati e precari. Il progetto fotografico che ne deriva, L’Or des ruines, racconta quindi di una sussistenza alternativa che vede nella ricerca di frutti e piante medicinali un nuovo modo di vivere in un mondo comune e scopre una possibile economia costruita sulla condivisione delle risorse spontanee della terra.

Cédrine Scheidig esplora, nel lavoro intitolato De la mer à la terre, le narrazioni personali dei giovani, in Francia e in Martinica, nel processo di scoperta di sé, aprendo al contempo spazi di riflessione su temi politici come il passato coloniale, l’ibridazione culturale, le mascolinità moderne e la migrazione. Lo fa mettendo in dialogo due serie recenti, It is a Blessing to be the Color of Earth (2020), che ritrae la diaspora afro-caraibica nella periferia parigina e Les mornes, le feu, iniziata nel 2022 a Fort-de-France, in Martinica, in cui l’artista rivela le connessioni tra due territori e gli immaginari dei loro abitanti.

La mostra storica di questa edizione sarà ospitata nelle sale affrescate del piano terra dei Chiostri di San Pietro e sarà dedicata a Sabine Weiss, una tra le più importanti voci della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau. Scomparsa nel 2021 all’età di 97 anni, Weiss ha esercitato questa professione per tutta l’arco della sua vita e abbracciato ogni campo della fotografia, immortalando emozioni e sentimenti dei suoi soggetti, indugiando sui loro gesti e sul rapporto che ogni volta riusciva ad instaurare con essi e da cui scaturiva la vera potenza dell’immagine. Attraverso foto d’archivio e numerosi documenti e riviste dell’epoca, la mostra Sabine Weiss. Una vita da fotografa a cura di Virginie Chardin, ripercorre l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 fino agli anni ’80. La mostra è prodotta da Atelier Sabine Weiss Studio e da Photo Elysée con il supporto di Jeu de Paume e Les Rencontres d’Arles e sotto il patrocinio della Confederazione Svizzera.

Nella sede dei Chiostri di San Domenico sarà esposta la mostra dedicata alla committenza che ogni anno il festival affida ad un artista diverso insieme ai due progetti vincitori della Open Call.

La committenza è stata affidata a Myriam Meloni, fotografa italiana che vive e lavora  tra Barcellona e Tangeri, che partendo dal mito di Europa narrato da Ovidio, costruisce un ritratto delle “Europa” contemporanee: giovani donne, autonome, professioniste, l’esito più felice del Novecento e del progetto Erasmus, che stanno attuando una rivoluzione gentile, radicandosi nelle comunità che le accolgono ma continuando a incarnare i valori dai quali provengono. Le immagini di Nelle giornate chiare si vede Europa sono la restituzione di un percorso, una costellazione di possibilità, che invitano a costruire una nuova prospettiva critica verso la contaminazione culturale, enfatizzando il dialogo tessuto da queste giovani donne che dalla riva, nei giorni chiari, guardano la loro Europa.

Mattia Balsamini, uno dei due vincitori dell’Open Call di Fotografia Europea, con Protege Noctem – If Darkness disappeared documenta un’altra battaglia rivoluzionaria nella guerra ecologica in atto in questa era, quella della difesa dell’oscurità. Per raccontarlo, porta nelle sue immagini l’alleanza che scienziati e cittadini hanno formato per mobilitarsi contro la scomparsa della notte e delle sue creature. Balsamini immortala il cielo notturno diventato un mosaico appannato, dimostrando come sia il mondo naturale sia il ciclo circadiano dell’uomo siano fortemente danneggiati dall’ostruzione dell’oscurità notturna causata dallo spettro rilasciato da miliardi di luci artificiali che abbagliano l’ecosistema.

Camilla de Maffei, anche lei vincitrice della Open Call, presenta Grande Padre, un progetto a lungo termine che, partendo dal caso particolare albanese, invita a riflettere sul rapporto globale tra individuo, società e potere. Il processo di ricerca, cominciato nel 2018 e realizzato in collaborazione con il giornalista Christian Elia, propone un’immersione nell’Albania contemporanea e si pone l’obiettivo di esplorare le implicazioni e le conseguenze dell’ascesa e del crollo di un regime, evidenziando le cicatrici che questo processo di transizione ha impresso nella società, documentando anche quello strano senso di vuoto che la libertà, riacquisita dopo quarantacinque anni di regime totalitario e capillare (il riferimento è alla dittatura di Enver Hoxha – una delle più feroci dell’età contemporanea), porta con sé.

Nella sede di Palazzo da Mosto trovano posto le opere fotografiche provenienti dalla collezione di Ars Aevi che celebrano la Bosnia Erzegovina come Paese Ospite di questa edizione del festival. Parziale anagramma della parola “Sarajevo”, Ars Aevi (“arte dell’epoca” in latino)  è un progetto, unico nel suo genere, di museo di arte contemporanea creato dalla volontà collettiva e di cooperazione etica di importanti artisti internazionali, curatori e musei di arte contemporanea, che hanno donato le proprie opere a Sarajevo durante la guerra, per sostenere la città stretta dall’assedio ed accompagnarne la rinascita civile, etica e culturale. Ars Aevi presenta  parte della sua importante collezione fotografica a Fotografia Europea 2023, a testimonianza di quella capillare rete internazionale di amici, partner e sostenitori che credono nell’importanza e nei valori morali, estetici e di sviluppo di cui l’arte contemporanea è portatrice. La mostra, che ha il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo, è il frutto dell’importante collaborazione sviluppata in questi anni tra il Comune di Reggio Emilia e la Municipalità di Centar Sarajevo, culminata nella firma di un patto di gemellaggio tra le due città il 9 maggio 2022 a Reggio Emilia, giorno in cui si celebra la Giornata dell’Europa, e il 12 luglio 2022 a Centar Sarajevo.

Al piano terra della stessa sede, Ariane Loze, artista belga, presenta Utopia e Studies and Definitions, due di quattro video realizzati tra aprile 2017 e ottobre 2018 per riflettere sull’Europa. Nel primo l’artista, vestita con un impermeabile giallo in un teatro blu, dà forma ad un dialogo a quattro su temi fondanti come l’essere comunità, il sentirsi rappresentati, la ricerca del bene comune e, infine, l’immaginazione di un’utopia. In Studies and Definitions, invece, assistiamo a un dibattito che nasce dalla lettura della prima pagina della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea, il tutto concepito da Ariane Loze per confrontarsi con i testi esistenti.

Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate nei loro spazi.

Palazzo dei Musei la sezione di fotografia prosegue la riflessione sul ruolo dell’immagine come strumento capace di rivelare le complessità della realtà e del tempo presente, con la mostra Un piede nell’Eden. Luigi Ghirri e altri sguardi (28 aprile 2023 – 25 febbraio 2024,  www.musei.re.it ), un ricco e articolato percorso  dedicato all’elemento naturale che, a partire dalle ricerche di Luigi Ghirri degli anni Settanta e Ottanta, ci invita a riflettere sull’elemento naturale e sulla necessità di una sua ricollocazione all’interno del nostro Orizzonte percettivo. La riflessione si allarga poi a Giardini in Europa, rivisitazione della mostra del 1988, curata da Luigi Ghirri e Giulio Bizzarri, che propone una serie di ricerche su aree verdi e giardini condotte, oltre che dallo stesso Ghirri, da tredici fotografi (Andrea Abati, Olivo Barbieri, Giovanni Chiaramonte, Joan Fontcuberta, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Francesco Radino, Olivier Richon, George Tatge, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura, Varena Von Gagern e Cuchi White) che testimoniano un sentimento di appartenenza nei confronti degli spazi naturali e la necessità di un loro profondo ripensamento nel contesto delle città moderne. La mostra, a cura di Ilaria Campioli, è promossa da Comune di Reggio Emilia (Musei Civici, Biblioteca Panizzi) in collaborazione con Archivio Eredi Luigi Ghirri.

Sempre a Palazzo dei Musei arriva Giovane Fotografia Italiana #10 | Premio Luigi Ghirri 2023, il progetto del Comune di Reggio Emilia che valorizza i talenti della fotografia italiana under 35. Curata da Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, la mostra collettiva dei sette artisti Eleonora Agostini, Andrea Camiolo, Sofiya Chotyrbok, Davide Degano, Carlo Lombardi, Giulia Mangione, Eleonora Paciullo, selezionati da una giuria internazionale, ruoterà attorno al tema Appartenenza. Oltre a concorrere per l’assegnazione del Premio Luigi Ghirri – che offrirà al progetto vincitore l’opportunità di presentare una mostra personale in Triennale Milano – da quest’anno uno fra i sette artisti parteciperà ad una residenza d’artista a Stoccolma, che culminerà nella realizzazione di una mostra a cura dell’Istituto Italiano di Cultura.

La fototeca della Biblioteca Panizzi parteciperà all’edizione del 2023 con Flashback, una selezione di opere fotografiche tra quelle esposte durante il festival Fotografia Europea del 2007, edizione anch’essa incentrata sul tema dell’Europa in rapporto con le sue città.  Questa piccola “antologica” dell’edizione del 2007, riproponendo la questione europea a distanza di oltre 15 anni, può essere fonte di nuove considerazioni sul nostro recente passato e stimolare riflessioni aggiornate alla luce dei recenti e dirompenti avvenimenti.

In Biblioteca Panizzi è inoltre presentata un’altra mostra collegata a Fotografia Europea, Alberto Franchetti e la fotografiache espone parte della recente donazione fatta dalla famiglia Ponsi sul patrimonio di fotografie scattate da Alberto Franchetti e che mette in luce l’interesse del musicista e compositore per il media fotografico, inteso come linguaggio della modernità tout court. Interessante è il suo sguardo, le inquadrature, i giochi di luce che testimoniano non solo la sua attenzione ma anche la sua sensibilità nei confronti del  mondo che lo circondava, fatto di momenti intimi e di paesaggi struggenti.

A un anno dalla scomparsa di Roberto Masotti e in occasione della riedizione del volume You Tourned the Tables On Me, lo Spazio Gerra propone 115 ritratti dei più noti musicisti contemporanei di tutto il mondo, tra cui John Cage, Philip Glass, Brian Eno, Steve Reich, Michael Nyman, Demetrio Stratos e molti altri. In questa serie di ritratti il tavolino assume la valenza di un palcoscenico su cui ognuno dei musicisti ha la possibilità di mettere in scena sé stesso, in molti casi con il medesimo spirito di sperimentazione che lo caratterizza nella musica.

A dimostrazione e rafforzamento della vivacità culturale che caratterizza Reggio Emilia durante il festival, altre istituzioni culturali presentano progetti ad esso collegati.

Collezione Maramotti presenta No Home from War: Tales of Survival and Loss, prima mostra in Italia del fotogiornalista inglese Ivor Prickett. Con oltre cinquanta fotografie scattate in scenari di conflitto dal 2006 al 2022, No Home from War rappresenta la più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino ad oggi. Il fotografo ha iniziato a occuparsi di Europa e di Medio Oriente con l’urgenza di restituire e denunciare gli effetti delle guerre sulla popolazione civile, sulle vite delle persone devastate e sradicate, a prescindere dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento. Partendo da una dimensione intima e domestica delle conseguenze sociali e umanitarie dei conflitti nel lungo periodo (Croazia, Abkhazia), Prickett si è spostato nei luoghi di migrazione forzata, nelle terre di ricercato rifugio (Medio Oriente ed Europa), fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento (Iraq, Ucraina).

CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma propone la mostra Antonio Sansone: Rituali d’Europa. Il fotoreporter Antonio Sansone (Napoli, 1929 – Farfa Sabina, 2008) è stato uno dei più significativi esponenti del fotogiornalismo di impegno civile del secondo dopoguerra. La sua è una visione militante, organica alla sinistra storica e alla Nuova Sinistra, in contrapposizione all’ufficialità delle grandi agenzie, degli organi di stampa filogovernativi.  Attraverso i suoi scatti restituisce un ritratto spesso inatteso del secondo Novecento europeo, dove al rigore dell’antropologo si affianca la sensibilità e l’empatia di un narratore. Le vivide indagini su Napoli, i volti e i rituali della politica italiana spesso colti con accenti salaci, ma anche il racconto indocile dei paesi di “oltrecortina”, dove ai rituali delle ufficialità, che scopriamo non così differenti da quelli dell’altro occidente, Sansone accosta indagini sulla quotidianità, sui fermenti che percorrevano l’Europa, dall’Irlanda alla Francia, all’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Romania.

Anche quest’anno lo Speciale Diciottoventicinque, il progetto formativo di Fotografia Europea, torna per accompagnare i giovani amanti della fotografia in un percorso che va dall’ideazione alla realizzazione di un progetto espositivo. Sarà Elena Mazzi l’artista che quest’anno accompagnerà i partecipanti tra i 18 e i 25 anni verso un progetto collettivo e che in 10 incontri li porterà a riflettere su un argomento, osservarlo e studiarlo attraverso la macchina fotografica. Di origini reggiane, Elena ha già conquistato, con i suoi progetti, una posizione di spicco nel panorama artistico contemporaneo, rileggendo poeticamente il patrimonio culturale e naturale dei luoghi e intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali.

Oltre alle mostre arricchisce il Festival un calendario di appuntamenti che accompagnerà i visitatori dalle giornate inaugurali – 28, 29, 30 aprile e 1 maggio – fino all’11 giugno.
In programma le conferenze con Rosella Postorino e Paolo Rumiz curate da Loredana Lipperini (curatrice, scrittrice e conduttrice radiofonica), quelle con Emilio Isgrò e Elena Loewenthal curate da Luca Beatrice (critico d’arte e curatore)  ed inoltre incontri con gli artisti, presentazioni di libri (tra cui Dear Kairos di Simon Bray, il vincitore del FE+SK Book Award, premio organizzato in collaborazione con la casa editrice indipendente Skinnerboox), book signing, letture portfolio ed inoltre [PARENTESI] BOOKFAIR, lo spazio dedicato agli editori indipendenti.

Fotografia Europea ripropone il grande successo della sua declinazione musicale FOTOFONIA, curata da Max Casacci, produttore e fondatore dei Subsonica. Sul palco anche quest’anno scopriremo un po’ dell’Italia sonora capace di sorprendere e dialogare con il mondo senza complessi di inferiorità.

Si parte venerdì 28 aprile in Piazza Prampolini con Whitemary, giovane cantante e autrice di una “dance” intelligente quanto trascinante; sempre nell’ambito della musica che si balla, il giovane produttore calabrese Indian Wells.

Sabato 29 aprile, sempre Piazza Prampolini, Spime.im, collettivo torinese che fa dell’interazione tra immagini e tecnologie musicali la propria cifra stilistica e il tastierista dei Nine Inch Nails, Alessandro Cortini con un proprio progetto elettronico dai grandi numeri d’ascolto.

Domenica 30 poi, in una location del tutto speciale come la Chiesa di San Francesco, Earthphonia Planet, un inedito e iper tecnologico spettacolo di suono, immagini e racconto della natura con Max Casacci e il professor Stefano Mancuso, celebre studioso dell’intelligenza delle piante.

Ad illuminare la Notte OFF, sabato 6 maggio in Piazza Casotti, le delicate sonorizzazioni della d.j. designer Luce Clandestina.

Grazie alla collaborazione con TIWI, venerdì 28, dalla mezzanotte, presso Polveriera, l’appuntamento con la fotografia sarà insieme a Nicolas Ballario (esperto d’arte contemporanea, volto di Sky Arte e voce di Radio Rai) e Rodrigo D’Erasmo (polistrumentista, compositore e membro degli Afterhours) con il progetto Lives che ambisce a stilare una serie di “romanzi musicali” dell’arte e, in questo caso, della fotografia con una special edition su Nan Goldin.

È tutto dal vivo: racconti incalzanti e diretti delle vicissitudini della vita e delle opere degli artisti, con una colonna sonora eseguita sul posto.

Anche per questa edizione il CIRCUITO OFF – l’evento collettivo e indipendente che arricchisce il Festival con una serie innumerevole di mostre diffuse in tutto il territorio cittadino – presenta progetti di fotografi professionisti accanto a giovani alle prime esperienze, appassionati e associazioni che dovranno misurarsi con il tema di quest’anno esponendo i propri scatti in negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte. Parte di questo circuito è anche il progetto OFF@school che coinvolge le scuole di tutta la provincia di Reggio Emilia. Il 6 maggio è la serata dedicata al Circuito Off e in questo evento sarà decretato il vincitore del premio Max Spreafico a cui sarà data l’opportunità di produrre una nuova mostra ed esporla durante la prossima edizione di Fotografia Europea, nel 2024. 

Special Sponsor per l’edizione 2023 si conferma Iren.


Ufficio stampa Fondazione Palazzo Magnani
Stefania Palazzo, tel. 0522.444409; s.palazzo@palazzomagnani.it

Ufficio stampa Studio ESSECI di Sergio Campagnolo s.a.s.
Simone Raddi, tel. 049663499; simone@studioesseci.net

Milano, Palazzo Reale: Dal 22 aprile la prima grande mostra in Europa di LEANDRO ERLICH

Leandro Erlich
The cloud (2012)
Digital ceramic ink printed on ultra-clear glass, wooden
case, and LED lights
Dimensions variable and different series
©Kioku Keizo, Morti Art Museum
Courtesy Galleria Continua

“Leandro Erlich”
22 aprile – 4 ottobre 2023
Palazzo Reale, Milano

Dal 22 aprile le opere di Leandro Erlich, l’artista contemporaneo che ha coinvolto numeri record di visitatori in ogni parte del mondo, arrivano finalmente a Palazzo Reale di Milano, per la sua prima mostra europea.

Un artista che non ha uguali e una mostra in cui nulla è come sembra.

Dal 22 aprilePalazzo Reale Milano accoglie per la prima volta in Europa un’ampia monografica di una delle maggiori figure di spicco della scena artistica internazionale: Leandro Erlich.
La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale Arthemisia, in collaborazione con lo Studio Erlich, con la curatela di Francesco Stocchi.

Artista argentino, nato a Buenos Aires nel 1973, Erlich crea grandi installazioni con cui il pubblico si relaziona e interagisce, diventando esso stesso l’opera d’arte.
Le sue opere sono uniche e rappresentano un’assoluta novità nel mondo dell’arte e uniscono creatività, visione, emozione e divertimento.

Palazzi in cui ci si arrampica virtualmente, case sradicate e sospese in aria, ascensori che non portano da nessuna parte, scale mobili aggrovigliate come fossero fili di un gomitolo, sculture spiazzanti e surreali, video che sovvertono la normalità.
Sono tutti elementi che ci raccontano qualcosa di ordinario in un contesto stra-ordinario, dove tutto è diverso da quello che sembra, dove si perde il senso della realtà e la percezione dello spazio.

I lavori di Erlich sono frutto di una ricerca artistica profonda e concettuale, che sfocia nel paradosso e che ha già conquistato milioni di visitatori nel mondo: 600.000 a Tokyo e 300.000 a Buenos Aires, ovunque il pubblico è accorso alle sue mostre, caratterizzate da installazioni site specific molto complesse da realizzare e quindi molto rare.

Dal 22 aprile 2023 a Palazzo Reale, viene data al pubblico la possibilità di conoscere il lavoro di Erlich attraverso le sue opere più note ed iconiche, per la prima volta riunite in una sola sede con l’intento di sistematizzare la produzione dell’artista.
Erlich ci porta in un altrove magico, dove il possibile diventa impossibile, ma che stupisce ed emoziona grazie ad un grande senso estetico e una poesia fortemente intrinseca.
Il risultato è esplosivo, divertente, appassionante, indimenticabile.

Il suo lavoro esplora le basi percettive della realtà e la nostra capacità di interrogare queste stesse basi attraverso un quadro visivo. L’architettura del quotidiano è un tema ricorrente nell’arte di Erlich, che mira a creare un dialogo tra ciò che crediamo e ciò che vediamo, così come cerca di colmare la distanza tra lo spazio del museo e l’esperienza quotidiana.

L’artista si descrive così: Mi piace presentarmi come un artista concettuale che lavora nel regno del reale e della percezione. Il mio soggetto è la realtà, i simboli e il potenziale di significato. Mi impegno a creare un corpo di opere – soprattutto nella sfera pubblica – che si apra all’immaginazione, sovverta la normalità, ripensi la rappresentazione e proponga azioni che costruiscano e decostruiscano situazioni per sconvolgere la realtà. Parlando in generale.

Ogni opera di Leandro Erlich è da leggersi come una finestra sul mondo sensibile allo sguardo, che invece di trarre in inganno svela il paesaggio che ognuno custodisce nel proprio sé.
Un’opera di Erlich suscita, come prima reazione, un senso di familiarità rispetto al quotidiano, per poi insinuare un certo dubbio. Osservando con attenzione l’opera, lo sguardo dello spettatore inizia a dubitare di ciò che percepisce trovandosi di fronte a un fenomeno inspiegabile.
Suscitare nel pubblico domande, dubbi, emozioni che interagiscono con i suoi lavori è il pensiero primario di Erlich, ed è proprio la partecipazione dello spettatore che rende completa l’opera.

Difficile spiegare Erlich a parole, bisogna provare l’esperienza per capire.

La mostra vede come sponsorGenerali Valore Culturamobility partnerFrecciarossa Treno Ufficiale e media partnerUrban Vision.
Il catalogo è edito da Toluca Studio.

Leandro Erlich
Classroom (2017)
Two rooms of identical dimensions, wood, windows,
desk, chairs, door, glass, lights, blackboard, school
supplies and other classroom decorations, and black
boxes
Dimensions variable
Kioku Keizo, Morti Art Museum

BIOGRAFIA

Artista contemporaneo argentino di fama mondiale, Leandro Erlich realizza opere che utilizzano illusioni ottiche ed effetti sonori per scuotere le nostre nozioni di senso comune. Sebbene ciò che il pubblico vede possa sembrare a prima vista familiare, dalle grandi installazioni ai video, a un esame più attento si rivela una sorprendente e inquietante deviazione dal solito, sotto forma, ad esempio, di una barca che galleggia in assenza di acqua o di persone attaccate al muro in varie pose.
Nato in Argentina nel 1973. Vive e lavora tra Parigi, Buenos Aires e Montevideo.

Le sue mostre hanno in tempi recenti battuto ogni record di ingresso, indipendentemente dalla geografia o il tipo di istituzione: dal MORI Art Museum (Tokyo, 2017) che ha attirato più di 600.000 visitatori, all’HOW Art Museum (Shanghai, 2018), fino a Liminal, la grande mostra antologica al MALBA (Buenos Aires) vista da più di 300.000 persone; in occasione di The Confines of The Great Void al CAFAM (Central Academy of Fine Arts, Pechino), il principale museo cinese, Erlich è diventato il primo artista non cinese a occupare l’intero spazio espositivo fino alla retrospettiva attualmente in tournée in Brasile (CCBB Belo Horizonte, Rio de Janeiro, San Paolo). Nel dicembre 2022, una nuova versione di Liminal, prima mostra antologica negli Stati Uniti, è stata inaugurata al PAMM di Miami, dove sarà esposta fino al settembre 2023.

Erlich ha iniziato la sua carriera professionale a 18 anni con una mostra personale presso il Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires e, dopo aver ricevuto diverse borse di studio (El Fondo Nacional de las Artes, Fundación Antorchas), ha proseguito gli studi al Core Program, una residenza per artisti a Houston (Glassell School of Art, 1998) dove ha sviluppato le celebri opere Swimming Pool e Living Room. Nel 2000 ha partecipato alla Biennale di Whitney con Rain e nel 2001 ha rappresentato l’Argentina alla 49° Biennale di Venezia con Swimming Pool, un’opera emblematica che fa parte della collezione permanente del 21st Century Museum of Art di Kanazawa (Giappone) e del Voorlinden Museum (Paesi Bassi).

Erlich è stato insignito di numerosi premi critici di livello internazionale, tra cui Il Roy Neuberger Exhibition Award (NY, 2017), la Nomination per il Prix Marcel Duchamp (Parigi, 2006), il Premio UNESCO (Istanbul, 2001), il Premio Leonardo (Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires, 2000), il Fondo Nacional de las Artes (Buenos Aires, 1992).
Le sue opere sono presenti in molte collezioni private e pubbliche, tra cui The Museum of Modern Art, Buenos Aires; The Museum of Fine Arts, Houston; Tate Modern, Londra; Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi; 21st Century Museum of Art Kanazawa, Giappone; MACRO, Roma; The Jerusalem Museum; FNAC, Francia; Ville de Paris et SCNF, Francia; Voorlinden Museum, Paesi Bassi; MUSAC, Spagna.


Informazioni e prenotazioni
T +39 02 892 99 21
www.palazzorealemilano.it
www.arthemisia.it
 
Hashtag ufficiale
#ErlichMilano
 
Biglietti
Open € 17,00
Intero € 15,00
Ridotto € 13,00

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Roma, Casino dei Principi, Musei di Villa Torlonia: Primarosa Cesarini Sforza – La materia e il perimetro – INAUGURAZIONE

UCCELLI, acrilico, fili di seta e piombo su tela, cm. 82×100

Primarosa Cesarini Sforza
LA MATERIA E IL PERIMETRO

A cura di Michela Becchis

Inaugurazione 4 aprile 2023
ore 17.00
Anteprima stampa 4 aprile 2023 ore 11.00-13.00

Casino dei Principi – Musei di Villa Torlonia

Via Nomentana 70 – Roma

Fino al 2 luglio 2023

L’esposizione ripercorre i 50 anni di attività dell’artista, nel costante confronto con la materia che l’ha portata a sperimentare le più disparate tecniche e materiali per dare forma al suo processo creativo

La mostra PRIMAROSA CESARINI SFORZA | LA MATERIA E IL PERIMETRO, ospitata al Casino dei Principi di Villa Torlonia dal 5 aprile al 2 luglio 2023, ripercorre i 50 anni di attività dell’artista, facendo emergere gli snodi fondamentali della sua ricerca, dagli esordi al lungo periodo americano, gli anni del rientro in Italia e poi gli ultimi decenni fino ad oggi.  

La retrospettiva, a cura di Michela Becchis, è promossa da Roma CultureSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Il titolo della mostra nasce dalle due coordinate che hanno contrassegnato il lavoro dell’artista. Da un lato il costante confronto con la materia che ha portato Cesarini Sforza a sperimentare le più disparate tecniche e materiali per dare forma al suo processo creativo: in esposizione saranno visibili, infatti, disegni, dipinti, istallazioni, grafiche, ceramiche, libri d’artista. Dall’altro un uso della memoria come perimetro dentro cui condurre quel confronto con la materia; una memoria che mai si è fatta nostalgia, malinconia, ma piuttosto chiave di interpretazione del suo essere costantemente nella contemporaneità, in ciò che le è stato e le è circostante. 

L’allestimento è una scomposizione critica per periodi che offrirà allo sguardo dei visitatori il lavoro incessante dell’artista che, solo visto nella sua interezza, dimostra tutta la sua compattezza intorno a queste due idee guida. 

La mostra prevede anche inserti scritti in cui Cesarini Sforza racconterà la sua biografia, cataloghi degli anni newyorkesi, ma anche cataloghi e fotografie che mostreranno come i lavori dell’artista siano stati visti, ricercati e apprezzati in molti paesi europei e nel mondo, a New Delhi, in Iran, a Istanbul, in Argentina. 

Con la mostra si intende quindi ricostruire la lunga carriera di Cesarini Sforza, ma anche la sua capacità di ramificarsi, collegarsi, intrecciare relazioni, dialogare con l’arte del suo tempo senza far venire meno la solidità della sua personale ricerca. Una mostra essenziale capace di offrire ai visitatori un esauriente spaccato di un lungo percorso artistico che ha indagato con cura il suo tempo in ogni suo mutamento intimo e collettivo.

La mostra vede la collaborazione di KMSTUDIO e TraLeVolte. Il catalogo è edito da AAIE Center for Contemporary Art. Un particolare ringraziamento a Alessandra Scerrato e Francesco Pezzini.

Primarosa Cesarini Sforza 1

Biografia

La carriera di Primarosa Cesarini Sforza, iniziata in età giovanissima, era in qualche modo predestinata, essendo nata in una famiglia di artisti e collezionisti (Cesarini Sforza, Cascella, Canevari). Dopo gli studi presso l’Istituto d’Arte di Roma, si trasferisce nel 1966 negli Stati Uniti vivendo appieno le esperienze e le sperimentazioni artistiche di quei decenni americani. Le prime mostre hanno avuto luogo nel 1968 a New York, città in cui l’artista ha continuato ad esporre in gallerie e istituzioni fino agli inizi degli anni ’80 ed ancora nel 2019 presso la Allan Stone Projects. Ha viaggiato ed esposto in molte città europee (Madrid, Colonia, Parigi, Lisbona, Bilbao) e fuori Europa (Argentina, Iran, India, Emirati Arabi, Marocco). Ha partecipato a residenze condividendo l’esperienza creativa con artisti provenienti da vari paesi, in Giordania, Marocco e Svizzera. Ha esposto sue opere in numerose manifestazioni tra le quali Arte/architettura/città (Palazzo delle Esposizioni, Roma), Art for All (Complesso San Salvatore in Lauro, Roma), Il luogo dei luoghi (Società Geografica di Roma), Lavori in corso -1999 (MACRO Roma; opera acquistata dal Museo), Carte 7 (Fondazione Niavaran, Teheran, e Ambasciata italiana, New Delhi), Rassegna nazionale del Libro d’artista (Foggia), Biennale delle Arti del Mediterraneo (Salerno), Kholn Art Salon di Colonia (Germania), Galleria Vigadò (Budapest), Dogus University (Istanbul), Casa dell’Architettura (Bilbao). Sue opere sono nelle collezioni del MACRO (Roma), MUBAQ (L’Aquila), Fondazione Orestiadi (Gibellina), Fondazione Mastroianni (Arpino), Ambasciata italiana (Brasilia), Ambasciata italiana (Cipro), Museo d’arte contemporanea (Asilah, Marocco), Museo d’Arte Contemporanea (Amman), Collezione Libri d’Artista (Cassino). Interventi critici: Mario de Candia, Patrizia Ferri, Enrico Gallian, Claudia Terenzi, Barbara Tosi, Ed Bryant, Simonetta Lux, Ivana D’Agostino, Gianluca Marziani, Lorenzo Canova, Fernando Carbonell, Carlo Fabrizio Carli, Enzo Bilardello, Ivana D’Agostino, Mary Angela Schroth, Antonello Rubini, Luciano Marziano, Francesca Gallo, Silvia Bordini, Nicoletta Cardano, Bruno Aller. Ultime mostre personali: Parigi, Mairie du quatrième arrondissement, marzo 2015; Roma, Spazio Y, 2017; Buenos Aires, Istituto italiano di cultura, 2017.


SCHEDA INFO
Titolo mostra PRIMAROSA CESARINI SFORZA | LA MATERIA E IL PERIMETRO
Luogo Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi – Via Nomentana, 70 – Roma 
Anteprima stampa 4 aprile 2023 ore 11.00 – 13.00
Inaugurazione 4 aprile 2023 ore 17.00
Apertura al pubblico 5 aprile – 2 luglio 2023
Orario martedì-domenica ore 9.00-19.00; ultimo ingresso ore 18.00; Chiuso: lunedì, 1° gennaio, 1° maggio e 25 dicembre 
Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
A cura di Michela Becchis
Con la collaborazione di KMSTUDIO, TraLeVolte
Organizzazione Zètema Progetto Cultura
Catalogo AAIE Center for Contemporary Art
Info Mostra Info 060608 (tutti i giorni ore 9.00–19.00)
www.museivillatorlonia.itwww.museiincomuneroma.it

Ufficio stampa Melasecca PressOffice
Roberta Melasecca
tel. +39 349 4945612
e-mail info@melaseccapressoffice.it – roberta.melasecca@gmail.com
testi e immagini scaricabili da www.melaseccapressoffice.it

Vicenza, Palladio Museum: Tutti conoscono il Raffaello pittore, in mostra scopriamo “Raffaello. Nato architetto”

Veduta di via della Lungara a Roma con le Scuderie Chigi . Da Roma al tempo di Clemente X: la pianta di Roma di Giambattista Falda del 1676, riproduzione in fac-simile del 1931 (© CISA Andrea Palladio).

RAFFAELLO. Nato architetto

Vicenza, Palladio Museum

7 aprile – 9 luglio 2023

Mostra sostenuta dal Ministero della Cultura

nell’ambito delle iniziative del Comitato Nazionale “Raffaello 1520-2020”

dalla Regione del Veneto e dalla Fondazione Giuseppe Roi

A cura di Guido Beltramini, Howard Burns, Arnold Nesselrath

INAUGURAZIONE giovedì 6 aprile 2023, ore 11.30

Dal 7 aprile al 9 luglio 2023, il Palladio Museum propone, nel decennale della sua fondazione, la mostra “Raffaello. Nato architetto”, curata da Guido Beltramini, Howard Burns e Arnold Nesselrath, promossa dal CISA – Centro internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio” nell’ambito delle iniziative del Comitato Nazionale “Raffaello 1520-2020” presieduto da Michela Di Macco.

Tutti conoscono il Raffaello pittore, ma non tutti sanno che è stato un grandissimo architetto, uno dei più influenti di tutto il Rinascimento. È Raffaello a definire lo status teorico e pratico del disegno architettonico, con cui si sono progettati gli edifici per i cinque secoli successivi, fino all’attuale rivoluzione del disegno al computer. È Raffaello a trasformare il modo di studiare l’architettura romana antica, facendone il punto di partenza nell’elaborazione di forme e decorazioni della nuova architettura rinascimentale: da un lato pone le basi dell'”invenzione” degli ordini architettonici dorico, ionico, corinzio e composito, dall’altro fa rinascere “la pelle” degli edifici antichi, intrecciando decorazione e architettura e usando campiture colorate, marmi preziosi, statue, stucchi. È Raffaello il primo a costruire palazzetti per gli alti funzionari della ristretta cerchia del papa Leone X, che sono veri e propri “ritratti in muratura”, in grado di esprimere sulla scena urbana le passioni e le ambizioni dei suoi clienti. Al tempo stesso è Raffaello a far rinascere la tradizione romana antica della vita in campagna, costruendo la prima villa pienamente rinascimentale, villa Madama, sulle pendici di Monte Mario a Roma. Un architetto come Palladio ha profondi, e malvolentieri riconosciuti, debiti con Raffaello: nel modo di disegnare, nel modo sistematico di indagare l’antico, nel concepire ville e palazzi “personalizzati”, e anche in elementi del linguaggio come la grande finestra termale di villa Malcontenta, copia letterale di quella di villa Madama.

La mostra percorre venticinque anni della vita di Raffaello decisa a dimostrare una tesi radicale: che Raffaello non nasce pittore e poi diviene architetto, quando gli viene affidato il cantiere dell’enorme basilica di San Pietro, dopo la morte di Bramante nel 1514. Non solo le sue prime opere edilizie, per il banchiere senese Agostino Chigi, risalgono a tre anni prima, ma Raffaello architetto lo è sin dall’inizio della propria attività di artista. Lo provano indizi concreti nei suoi disegni e dipinti a partire dal 1501, e nelle sue opere figurative vive da subito una nuova e innovativa idea di spazio, alimentata dallo studio e dall’imitazione dell’architettura della Roma antica, che porta l’osservatore all’interno degli edifici dipinti, con vedute che oggi definiremmo “cinematografiche” e “immersive”.

Raffaello Sanzio, Dettagli architettonici dell’interno del Pantheon a Roma Royal Institute of British Architects, Londra

In mostra disegni originali, fra cui preziosissimi autografi di Raffaello, provenienti dal Royal Institute of British Architects di Londra e dagli Uffizi, taccuini e manoscritti dalla Biblioteca Centrale di Firenze, sculture antiche e libri rinascimentali, presentano non solo le architetture costruite da Raffaello ma anche quelle – non meno affascinanti – rimaste sulla carta o andate distrutte, come palazzo Branconio dell’Aquila. Due riproduzioni ad altissima fedeltà degli enormi, intrasportabili cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina, come il “Sacrificio di Listra” e la “Predica di San Paolo ad Atene”, porteranno in mostra l’intreccio inscindibile del Raffaello pittore e architetto, realizzati dalla celebre Factum Arte di Madrid, il leader internazionale di queste produzioni in bilico fra tecnologia e arte.

Ad accompagnare la mostra, un catalogo scientifico che raccoglie gli esiti delle nuove ricerche sulle architetture costruite e dipinte di Raffaello. In particolare il volume, che riunisce i contributi dei curatori e di tutti gli specialisti che hanno partecipato al gruppo di lavoro, vede per la prima volta pubblicate le ricostruzioni dei progetti perduti di Raffaello.

La mostra è curata dagli storici dell’architettura Guido Beltramini (Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vicenza), Howard Burns (Scuola Normale Superiore di Pisa, emeritus) e Arnold Nesselrath (Antiquitatum Thesaurus – Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften). Accanto a loro, il progetto di ricerca vede coinvolto un gruppo di specialisti internazionali: Simone Baldissini (CISA Andrea Palladio, Vicenza), Amedeo Belluzzi (Università di Firenze), Maria Beltramini (Università di Torino), Christiane Denker Nesselrath (studiosa indipendente), Pierre Gros (Institut de France, Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Parigi), Francesco Marcorin (CISA Andrea Palladio, Vicenza), Timo Strauch (Antiquitatum Thesaurus – Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften).

L’allestimento è affidato all’architetto, nonché regista teatrale, Andrea Bernard.

La mostra è realizzata in sinergia con la Direzione regionale Musei del Veneto, guidata da Daniele Ferrara, nel quadro dell’Accordo di Valorizzazione di palazzo Barbaran da Porto fra Ministero della Cultura e Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio.


La mostra aprirà al pubblico venerdì 7 aprile. Sarà possibile visitarla dal mercoledì alla domenica, dalle 10:00 alle 18:00. Aperture straordinarie il: 9, 10, 24, 25 aprile,
1° maggio. 
Nei fine settimana di aprile e di maggio sono previste visite guidate a partenza fissa alle ore 11:00 e 16:00, le visite sono incluse nel costo del biglietto, ma è richiesta la prenotazione (www.palladiomuseum.org/it/mostre/raffaello_nato_architetto).
 
Ufficio Stampa locale
Lorenza Arzenton
comunicazione@aellecom.it
 
Ufficio Stampa nazionale
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
+39 049.663499
roberta@studioesseci.net, rif. Roberta Barbaro
 
dove
Palladio Museum
Vicenza, Contra’ Porti 11
 
orari
dal mercoledì alla domenica, 10:00-18:00 (ultimo ingresso 17:30)
martedì su prenotazione, gruppi min. 10 persone
 
informazioni
www.palladiomuseum.org/it/mostre/raffaello_nato_architetto
mail: accoglienza@palladiomuseum.org
tel: +39 0444 323014
 
social
Facebook: @palladiomuseum
Instagram: @palladiomuseum
Twitter: @palladiomuseum
 
biglietti
intero € 8,00
ridotto € 6,00
(gruppi di almeno 15 adulti, soci FAI, soci Touring Club, over 60, studenti under 25)
scuole € 2,00
(scuole, soci Touring Club Junior)
gratuito
(bambini fino a 6 anni compiuti, giornalisti, 1 portatore di handicap + 1 accompagnatore, soci ICOM, 1 insegnante accompagnatore per classe, militari)
Palladio family € 12,00
(da 1 a 4 bambini/ragazzi under 18 con due adulti)
Visite guidate € 80,00
(gruppi di massimo 25 persone)
 
Le tariffe ridotte o gratuite sono applicabili presentando un documento, tessera o badge valido e non scaduto che ne attesti il diritto.
 
Il museo è interamente accessibile alle persone con disabilità motorie.