Padova: Lo scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900

LO SCATTO DI GIOTTO.
La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900

Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024

Museo Eremitani, Padova

Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, il Museo Eremitani di Padova propone la mostra Lo Scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900. Curata dai Musei Civici, Biblioteca Civica e Ufficio Patrimonio Mondiale e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, la mostra ricostruisce attraverso un percorso espositivo composito la straordinaria fortuna visiva della Cappella degli Scrovegni.

Nota in tutto il mondo per essere il capolavoro assoluto affrescato da Giotto, pochi sanno però che Cappella degli Scrovegni è stata fra i primi monumenti italiani a essere riprodotto in fotografia in modo sistematico e puntuale: fu Carlo Naya, uno dei pionieri italiani della fotografia, a ammortarla per la prima volta nell’estate del 1863, a meno di venticinque anni dall’invenzione ufficiale di questa tecnologia.  Il percorso espositivo de Lo scatto di Giotto parte dalle prime riproduzioni degli affreschi giotteschi, in uno scenario in bianco e nero creato grazie alle rare e preziose lastre fotografiche realizzate da Luigi Borlinetto a partire dal 1883, patrimonio della Biblioteca Civica di Padova. Queste portano il visitatore a scoprire dettagli poco noti e punti di vista inconsueti, restituendo all’osservatore contemporaneo l’esperienza di un visitatore della seconda metà dell’Ottocento.

La mostra si affaccia poi al Novecento attraverso le celebri campagne fotografiche Alinari e di Domenico Anderson, il cui valore si intreccia con quello dell’editoria d’arte e di divulgazione. Sarà proprio grazie alle campagne fotografiche della Casa Editrice Alinari di Firenze che le immagini di Cappella degli Scrovegni verranno inserite nei cataloghi d’arte a partire dal 1906 e faranno il giro del mondo grazie alle edizioni tradotte in lingua inglese e francese. Ad Alinari si deve anche la prima campagna di fotografie della Cappella degli Scrovegni a colori: siamo nel 1952 e il capolavoro di Giotto è già diventato soggetto di un’opera cinematografica.

Nel 1938 il giovanissimo regista Luciano Emmer realizza il primo film sulla Cappella degli Scrovegni: Racconto da un affresco. Girato in 35 mm utilizzando una vecchia macchina da presa Pathé del 1913 e una truka artigianale, utilizzata per realizzare animazioni, riprese speciali, effetti particolari, Emmer eseguì lo storyboard disegnando a carboncino sulle fotografie e riprendendo poi fotogramma per fotogramma, ammettendo che “il film su Giotto può essere considerato il primo film neorealista italiano perché a ben vedere le pareti della cappella degli Scrovegni sono di fatto una specie di storyboard: mi sono limitato a filmarlo”. Più tardi anche Pier Paolo Pasolini fece suo il capolavoro di Giotto, utilizzandolo esplicitamente nelle scene del Decameron del 1971.

L’affascinante immaginario della Cappella degli Scrovegni sviluppatosi nel corso dei secoli è anche tema delle più avanzate tecnologie di riproduzione fotografica. La mostra invita infatti l’osservatore anche ad immergersi nella ricostruzione digitale del capolavoro di Giotto, concretizzando in un’esperienza nuova la proposta più innovativa avanzata da Giotto nel quattordicesimo secolo: che l’osservatore potesse entrare nel racconto che egli stesso aveva realizzato, così come fra Ottocento e Novecento avevano già fatto quanti si dedicarono alla riproduzione dei suoi affreschi.

La mostra, che resterà aperta fino al 7 aprile 2024, è realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di AcegasApsAmga S.p.A.  in collaborazione con Scripta Maneant Editori, Factorcoop S.p.A., Emilro Service e con il patrocinio di Commissione Nazionale Italiana UNESCO, Ministero della Cultura, ICOMOS, ICCROM.


Da Studio ESSECI info@studioesseci.net ù

Messina, Biblioteca Regionale: “Granelli di Polline” di Lia Savarino, studiosa di Imenotteri

Presentazione del LIBRO
“GRANELLI DI POLLINE”
di Lia Savarino

29 OTTOBRE 2023 ore 10:30
Sala Lettura
via I Settembre,117-Palazzo Arcivescovile

Domenica 29 ottobre 2023, alle ore 10:30, presso la Sala Lettura della Biblioteca Regionale Universitaria di Messina, si terrà la presentazione del libro “Granelli di Polline”, opera prima della Studiosa Lia Savarino, EBS Print, 2023.

L’iniziativa culturale si aprirà con i Saluti Istituzionali e l’Introduzione della Direttrice della Biblioteca Regionale Avv. Tommasa Siragusa, che fungerà poi da Moderatrice. Seguirà l’importante relazione del Dott. Guido Bissanti, Agronomo e Presidente del Coordinamento Agroecologia Sicilia. Sarà presente l’Autrice.

Nel 2017, l’ONU ha deciso di dedicare all’insetto pronubo per eccellenza un giorno tutto suo. Il 20 maggio ricorre dunque la Giornata mondiale delle api. È un’occasione per far conoscere questa specie protetta e il ruolo fondamentale che svolge per il benessere del nostro pianeta, e volta a sensibilizzare sull’importanza basilare nella sopravvivenza dell’uomo sulla terra.

La Biblioteca “Giacomo Longo”, come sempre assecondando opportune testimonianze e studi su argomenti di interesse socio-ambientale, intende sollecitare un approfondimento della tematica intorno alle api, per mettere il focus sulla loro centralità nella perpetuazione delle specie, con le connesse minacce incombenti a seguito della loro progressiva scomparsa, attraverso la preziosa pubblicazione di Lia Savarino, unica nel suo genere.

Studiosa di Imenotteri, la Savarino propone, infatti, con il testo un vero e proprio viaggio alla scoperta del mondo delle api. Gli insetti sono per Lei più che una passione, a loro si dedica con spirito di abnegazione, perfezionando vieppiù la sua ricerca. Ha partecipato a numerose giornate di studio e di incontro, coinvolgendo i partecipanti e favorendo l’approccio delle nuove generazioni al mondo meraviglioso della “dimensione Apoidei”.

La Scrittrice si accosta da adolescente alla tradizione contadina, anche a seguito di contingenze familiari, le cui vicissitudini la conducono in terra di Sicilia, a San Biagio Platani (Ag), luogo d’origine dei genitori. “La tenuta del padre, -come l’autrice rivela- un appezzamento di terreno esteso e fertile, le apre un mondo a lei sconosciuto: alberi, piante, colture, fiori selvatici di ogni tipo e piccoli insetti alati di varie fogge. Si appassiona così agli Apoidei il cui ronzio le arriva alle orecchie e le accarezza il cuore.”

(a cura di Maria Rita Morgana)


Post dell’iniziativa culturale saranno presenti sulle pagine social della Biblioteca:

Chi non potrà prendere parte all’evento in presenza, potrà scrivere sui social commenti e domande da rivolgere ai Relatori durante l’incontro.
Nei giorni a seguire sarà disponibile il video.

Per INFO:     Ufficio Relazioni con il Pubblico
                       tel.090674564
                       urpbibliome@regione.sicilia.it
                                 (A cura di Ufficio Relazioni con il Pubblico. Maria Rita

Lugano (Svizzera), MUSEC | Museo delle Culture: LUCA PIGNATELLI. ASTRATTO

Luca Pignatelli, Corpo di fabbrica, 2019. 171×146 cm © Luca Pignatelli. Ph. Michele Sereni

LUGANO (SVIZZERA)

MUSEC | MUSEO DELLE CULTURE

DAL 28 OTTOBRE 2023 AL 12 MAGGIO 2024

Luca Pignatelli Astratto

LA PRIMA GRANDE MOSTRA DEDICATA ALLA RICERCA SULL’ASTRATTISMO DEL CELEBRE ARTISTA MILANESE.

L’esposizione, nuovo appuntamento del progetto Global Aesthetics del MUSEC, presenta 49 opere di grandi dimensioni, per lo più inedite.

Dal 28 ottobre 2023 al 12 maggio 2024, il MUSEC | Museo delle Culture di Lugano (Svizzera) ospita una iniziativa dal grande valore storico-artistico.
Le sale del museo svizzero accoglieranno infatti la prima personale di Luca Pignatelli (Milano, 1962), dedicata esclusivamente alla sua ricerca astratta, a cui si è dedicato nell’ultimo decennio di attività.

L’esposizione, dal titolo Astratto, è nata da un lungo e continuo dialogo, iniziato due anni fa, tra l’artista milanese e Francesco Paolo Campione, curatore della mostra e direttore del MUSEC, condotto su un filo dialettico che univa ricordi e riflessioni direttamente suscitati dalle opere, dai libri, dalle fotografie e dagli oggetti che riempiono e animano il grande atelier di Luca Pignatelli.

Un confronto che ha permesso di far emergere il senso che assume per Pignatelli il lavoro sull’astrazione, che porta verso nuovi territori la sua personale e distintiva relazione alla materia e al tempo che caratterizza fin dagli inizi tutta la sua vasta ricerca.

La rassegna presenta quarantanove opere, per lo più inedite, di grandi dimensioni, ricavate da larghe porzioni di teloni ferroviari dismessi, giuntati, cuciti, forati, bruciati, e poi dipinti e lavorati con inserti di diversa natura. Una materia esausta e ulteriormente ridotta ai minimi termini per restituire, secondo le modalità espressive dell’astrazione, il sapore di un universo costruito da una molteplicità di significati.

Il percorso espositivo è ritmato da undici parole – persona, ricordo, memoria, impronta, frammento, relitto, abisso, grotta, spiaggia, terra, origine – che riassumono e puntualizzano i valori delle scelte espressive di Pignatelli; a ogni voce è associato un breve testo scritto dall’artista che conduce il visitatore lungo le varie sezioni della mostra.

Ogni termine è collegato a quello successivo – e l’ultimo al primo – per creare un itinerario a spirale che si estende verso un’infinita profondità spirituale.

“La ricerca di Luca Pignatelli – sottolinea Francesco Paolo Campione – permette infatti di comprendere come l’arte, prima di essere rappresentazione e decoro, sia tensione fondamentale verso il mondo spirituale, strumento primario di conoscenza che procede dal tutto verso le sue parti, compagna fedele dell’esercizio mitopoietico che traduce agli uomini la complessa struttura del cosmo, dando loro l’illusoria certezza di essere padroni del proprio destino”.

L’allestimento, pensato per i due piani dello Spazio mostre di Villa Malpensata a Lugano, sede del MUSEC, oltre a dare respiro alle grandi opere, trasferisce in alcune sale veri e propri angoli dello studio milanese dell’artista: tavoli, sedie, poltrone, divani e carrelli sopra o accanto ai quali, esattamente come nel loro ambiente originario, si trovano fotografie, carte, disegni, immagini ritagliate dai giornali, telai, mucchi di teloni ferroviari, cocci, chiodi, barrette di metallo, cordame, pennelli e latte di pittura. È questo il modo forse più semplice per mettere in evidenza la dimensione antropologica e il contesto sociale che fanno parte delle condizioni primarie di ogni creatività, anche la più astratta.

Luca Pignatelli, Parete ipogea, 2019. Dittico, 260×360 cm © Luca Pignatelli. Ph. Michele Sereni

L’iniziativa è il nuovo capitolo del ciclo «Global Aesthetics», con il quale il MUSEC esplora le varie forme e i diversi linguaggi della creatività contemporanea, “con l’ambizione – afferma Francesco Paolo Campione -, di andare controcorrente rispetto a una tendenza sempre più diffusa che trasforma l’arte contemporanea innanzitutto in un fenomeno di moda, per riportare al centro dell’attenzione le ragioni profonde e il contesto dei processi di creazione artistica e per porre il visitatore nelle condizioni ideali per vivere una esperienza estetica ricca di sfumature”.

Accompagna la mostra un catalogo in due edizioni, in italiano e in inglese di grande formato, a cura di Francesco Paolo Campione (Luca Pignatelli. Astratto Global Aesthetics/4, SKIRA Editore, pp. 164).

La Fondazione culture e musei pubblica inoltre un prezioso libro d’artista a cura di Francesco Paolo Campione intitolato Genesi e astratto, in 149 esemplari firmati e numerati, ciascuno corredato da un frammento di un’opera originale di Luca Pignatelli.

Il libro contiene la riproduzione su carta pregiata di tutte le opere in mostra più una selezione di altre opere, accompagnate da una conversazione tra Luca Pignatelli e Francesco Paolo Campione.

Note biografiche

Luca Pignatelli ritratto in studio © Luca Pignatelli.
Ph. Giuseppe Anello

Luca Pignatelli è nato nel 1962 a Milano, dalla psicologa Carla Autelli (1935-2022) e da Ercole Pignatelli (n. 1935), pittore e scultore di origini leccesi, nel cui atelier, sin da giovanissimo, egli ha mosso le sue prime esperienze. Completati gli studi superiori, nel 1981 si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano dove l’interesse costante nei confronti di ciò che con il tempo egli definirà «crescita sedimentaria della storia» lo porta in particolare a confrontarsi con gli scritti e le visioni di Adolf Loos e Aldo Rossi. In particolare, Pignatelli sente forte il richiamo dell’idea di edificio e di città come sommatoria organica degli stili e delle epoche che si sono succedute, un’idea che non porta al rifiuto, ma al dialogo con il passato e al tentativo di integrarlo attraverso forme ricorrenti: gli «archetipi», incessantemente capaci di sintetizzare la tradizione e la modernità.

Dai disegni su carta e su masonite, esposti per la prima volta nel 1987 alla galleria di Antonia Jannone a Milano, la sua produzione si è sviluppata attraverso l’uso eterodosso e la diversificazione sperimentale di materiali e di tecniche, indirizzandosi sempre più verso opere di grande formato.

I luoghi privilegiati della sua ricerca sono le fabbriche, gli arsenali militari e i depositi anonimi delle città portuali che si integrano, accomunati dal fascino di un’infinita aggregazione di contenuti, ai grandi edifici – templi, cattedrali e monumenti – che hanno definito il paesaggio antropico della storia europea. A partire dagli anni Novanta, Pignatelli ha introdotto l’uso, come supporti, di materiali che hanno esaurito la loro precedente destinazione d’uso, e già di per sé pittorici, come la tela di canapa dei convogli ferroviari e, successivamente, le carte assemblate, i tessuti, le vecchie tavole di legno, le lastre di ferro zincato e i tappeti persiani. Al contempo, è emersa inoltre una pratica artistica fondamentalmente seriale. Hanno così preso vita veri e propri cicli concepiti in occasione di esposizioni personali e installazioni specifiche di un sito, come: Arazzi italiani (2007-2008), Atlantis (2009), Schermi (2009), Analogie (2010), Cosmografie (2014); Sculture (2010), Standard (2014), Migranti (2015), Imperatori (2017) e Persepoli (2017).

Per quanto riguarda la sua estetica, si è affermato da un lato un interesse precipuo al dialogo con la storia e con la natura, dimensioni incarnate da immagini della statuaria classica (muse, eroi e imperatori), dalle memorie archeologiche dell’antichità, da orme di paesaggi naturali e urbani, da calligrafie e da caratteristiche allegorie della modernità come i dirigibili,  gli aeroplani, le navi e i treni a vapore; dall’altro lato si è fatto via via strada un linguaggio astratto, fatto di porzioni di materia che si stratificano su supporti di recupero.

Fra le principali esposizioni temporanee che hanno consacrato a livello internazionale il lavoro di Luca Pignatelli ricordiamo: la XII Quadriennale d’Arte di Roma (1996), la 53a Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Padiglione Italia (2009) e le personali tenute al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (2009); al MAMAC – Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza (2009); all’Istituto nazionale per la grafica di Roma (2011); al Museo di Capodimonte di Napoli (2014); alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino (2014); alla Galleria degli Uffizi di Firenze (2015); al Gran Teatro La Fenice di Venezia (2017); al Museo Stefano Bardini di Firenze (2019); alla New York Historical Society (2022); e al MUSEC – Museo delle Culture di Lugano (2023).

Oltre che in prestigiose collezioni private europee ed americane, le opere di Luca Pignatelli sono conservate da importanti istituzioni museali, fra le quali ricordiamo: la New York Historical Society di New York; la Galleria degli Uffizi di Firenze; il Museo di Capodimonte di Napoli; la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; il CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma; il PART – Palazzi dell’Arte di Rimini.

Studio dell’artista © Luca Pignatelli. Ph. Giuseppe Anello

Castello di Rivoli: Michelangelo Pistoletto. Molti di uno

Michelangelo Pistoletto
Venere degli stracci, 1967 Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT
in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Foto Paolo Pellion
Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Michelangelo Pistoletto. Molti di uno
a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
2 novembre 2023 – 25 febbraio 2024
Manica Lunga
Inaugurazione: 1° novembre 2023

Il Castello di Rivoli presenta una grande mostra dedicata a Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) in occasione del suo novantesimo compleanno. Allestita negli spazi della Manica Lunga, il progetto dell’artista Molti di uno reinventa l’architettura ortogonale della Manica Lunga trasformandola in uno stupefacente groviglio armonioso, un dispositivo urbano irregolare e libero attraverso il quale raccogliere e rileggere tutta la sua arte in un gigantesco autoritratto che funziona come la mappa di una Città ideale dell’avvenire.
 
“Pistoletto è una delle figure dell’arte contemporanea a livello globale più poliedriche, innovative, creative e aurorali”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. “Attivo già nella seconda metà del ventesimo secolo, è capace di reimmaginare il mondo nel ventunesimo secolo attraverso la sua ‘formula della creazione’, all’insegna di un nuovo equilibrio trinamico tra naturale e artificiale che egli chiama Terzo Paradiso”.
 
Pistoletto è tra gli artisti che hanno ridefinito il concetto di arte a partire dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso attraverso l’Arte povera. Già dalla prima metà degli anni cinquanta, l’artista si interroga sul concetto di identità personale e intraprende la via dell’autoritratto come espressione emblematica del suo pensiero secondo il quale il soggetto individuale prende vita in relazione agli altri divenendo un soggetto plurale. Dal 1962 realizza quadri specchianti, nei quali chi guarda e il mondo entrano nell’opera. Il superamento delle frontiere segnate dalla dimensione solo pittorica ha rappresentato per Pistoletto l’apertura a un paesaggio che si affaccia sulla contemporaneità dell’esistenza.
 “Ideata per la Manica Lunga”, afferma Marcella Beccaria, “Molti di uno è una città dell’Arte strutturata come architettura percorribile e composta da 29 Uffizi o stanze. Disegnati come spazi aperti e collegati tra loro, gli Uffizi includono metaverso, arte, scienza, filosofia, legge, diritto, architettura, comunicazione, politica, ecologia, sorveglianza, sport, matematica, spiritualità, religione, mitologia, formazione, nutrimento, simbologia, cosmologia, design, sepoltura, storia, urbanistica, moda, spazio, scrittura, salute, informatica, natura. I 29 Uffizi espongono la struttura che secondo l’artista è alla base della vita civile e sociale proponendo una vasta rete di interrelazioni e una propositiva condizione dinamica tesa ad abbattere muri e separazioni”. 

I 29 Uffizi sono tra loro comunicanti e interconnessi attraverso una serie di porte, ciascuna recante sull’architrave l’indicazione dell’attività specifica. La forma delle porte riprende il Segno Arte. Concepito dall’artista nel 1976, il Segno Arte è dato dall’intersezione di due triangoli, inscrivendo idealmente un corpo umano con braccia alzate e gambe divaricate. Il primo concetto di una architettura nell’architettura risale a Porte – Uffizi al MuHKA – Museum van Hedendaagse Kunst Antwerpen di Anversa. Riprende e sviluppa un precedente (Le Porte di Palazzo Fabroni) del 1995 ed è un dispositivo espositivo utilizzato più volte da allora, ma sempre rispecchiando una classificazione che si potrebbe dare alla società di quel momento e proponendo contemporaneamente una città ideale. L’articolazione della città in Uffizi riprende una riflessione alla quale l’artista ha dedicato spazio in La Formula della Creazione, 2022, libro nel quale egli esamina il proprio percorso, identificando 31 passi che, conducendo alla genesi di una nuova società, diventano punti cardinali alla base della Formula della Creazione.

Terzo Paradiso “1+1=3”, 2003-2023
Polistirene, tessuti, legno, acrilico
35 x 300 x 135 cm
Foto: Andrea Rossetti

La mostra svelerà una nuova opera-azione partecipativa nell’Uffizio Sorveglianza.
“Ma questa città futura è anche una città tecnologica, dei social media, e dell’intelligenza artificiale,” afferma Christov-Bakargiev, “è un mondo in cui lo specchio di un controllo costante, invisibile e ubiquo può portare alla necessità di reimmaginare la nozione di libertà. Cosa significa un mondo di homo cellularis, i cui gesti minimi sono registrati, misurati, archiviati, “estratti” a scopi predittivi? Uno specchio tecnologico che può rendere gli umani schiavi delle macchine AI, oppure capaci di crescere verso paradisi inattesi, a seconda di come, più o meno responsabilmente ed eticamente, verranno usati questi strumenti dai nostri discendenti? A questo Pistoletto ci fa riflettere, più che umanamente”.
 All’interno della visione di una nuova comunità eticamente responsabile, la mostra è anche un dispositivo per coinvolgere le persone, a partire dai lavoratori che a vario titolo operano all’interno e orbitano attorno al Museo rendendolo un microcosmo di una possibile città ideale. Ogni giorno, una persona dotata di un sapere e di una prassi specifica in un’area per la quale esiste uno dei 29 Uffizi sarà il responsabile catalizzatore della giornata: ad esempio un addetto stampa sarà responsabile dell’Uffizio Comunicazione, mentre il medico competente potrebbe collaborare in una giornata dedicata all’Uffizio Salute, tanto quanto un’Artenauta potrebbe condurre una giornata sull’educazione, così come un responsabile della caffetteria potrebbe seguire la giornata dedicata all’Uffizio Nutrimento, il giardiniere essere responsabile dell’Uffizio Ecologia e un curatore quello dell’Uffizio Arte, mentre una bibliotecaria potrebbe occuparsi della giornata dedicata all’Uffizio Scrittura. In questa maniera l’artista revitalizza e reinventa il concetto di mostra temporanea e contribuisce a realizzare pragmaticamente un nuovo mondo basato sulla Demopraxia.

Biografia di Michelangelo Pistoletto

Michelangelo Pistoletto. Foto Pierluigi Di Pietro
Courtesy Cittadellarte

Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Inizia a esporre nel 1955 e nel 1960 tiene la sua prima personale alla Galleria Galatea di Torino. La sua prima produzione pittorica è caratterizzata da una ricerca sull’autoritratto. Nel biennio 1961-1962 approda alla realizzazione dei Quadri specchianti, che includono direttamente nell’opera la presenza dello spettatore, la dimensione reale del tempo e riaprono inoltre la prospettiva, rovesciando quella rinascimentale chiusa dalle avanguardie del XX secolo. Con questi lavori Pistoletto raggiunge in breve riconoscimento e successo internazionali, che lo portano a realizzare, già nel corso degli anni Sessanta, mostre personali in prestigiose gallerie e musei in Europa e negli Stati Uniti. I Quadri specchianti costituiranno la base della sua successiva produzione artistica e riflessione teorica. Tra il 1965 e il 1966 produce un insieme di lavori intitolati Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera, movimento artistico di cui Pistoletto è animatore e protagonista. A partire dal 1967 realizza, fuori dai tradizionali spazi espositivi, azioni che rappresentano le prime manifestazioni di quella “collaborazione creativa” che Pistoletto svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori sempre più ampi della società. Tra il 1975 e il 1976 realizza nella Galleria Stein di Torino un ciclo di dodici mostre consecutive, Le Stanze, il primo di una serie di complessi lavori articolati nell’arco di un anno, chiamati “continenti di tempo”, come Anno Bianco (1989) e Tartaruga Felice (1992). Nel 1978 tiene una mostra nel corso della quale presenta due fondamentali direzioni della sua futura ricerca e produzione artistica: Divisione e moltiplicazione dello specchio L’arte assume la religione. All’inizio degli anni Ottanta realizza una serie di sculture in poliuretano rigido, tradotte in marmo per la mostra personale del 1984 al Forte di Belvedere di Firenze. Dal 1985 al 1989 crea la serie di volumi “scuri” denominata Arte dello squallore. Nel corso degli anni Novanta, con Progetto Arte e con la creazione a Biella di Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e dell’Università delle Idee, mette l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Nel 2004 l’Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Politiche. In tale occasione l’artista annuncia quella che costituisce la fase più recente del suo lavoro, denominata Terzo Paradiso. Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d’arte premonitrici che contribuiscono a una nuova comprensione del mondo”. Nel 2010 è autore del saggio Il Terzo Paradiso, pubblicato in italiano, inglese, francese e tedesco. Nel 2012 si fa promotore del Rebirth-day, prima giornata universale della rinascita, festeggiata ogni anno il 21 dicembre con iniziative realizzate in tutto il mondo. Nel 2013 il Museo del Louvre di Parigi ospita la sua mostra personale Michelangelo Pistoletto, année un – le paradis sur terre. In questo stesso anno riceve a Tokyo il Praemium Imperiale per la pittura. Nel 2017 viene pubblicato il suo testo Ominiteismo e Demopraxia. Manifesto per una rigenerazione della società. Nel 2021 viene inaugurato a Cittadellarte l’Universario, spazio espositivo in cui l’artista presenta le sue più recenti ricerche, e nel dicembre del 2022 è pubblicato il suo ultimo libro, La formula della creazione, in cui ripercorre i passi fondamentali e l’evoluzione del suo intero percorso artistico e della sua riflessione teorica.


Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia
10098 Rivoli – Torino
Info: +39 0119565222
come arrivare

Le attività del Castello di Rivoli sono realizzate primariamente grazie al contributo della Regione Piemonte.
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Ufficio Stampa Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Manuela Vasco | press@castellodirivoli.org | tel. 011.9565209
 
Consulenza Stampa
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Trieste: da oggi la Biennale Internazionale Donna – 4° Esposizione internazionale d’Arte

Nataša Gregorič Nabhas
Šeherzada Ahmetović, Giorgio Rossi, Eunice Tsang

Biennale Internazionale Donna
4° Esposizione internazionale d’Arte – BID23ART

“Respirare con il mondo / Breathing with the World” 

Magazzino 26 – Porto Vecchio Trieste 

28 ottobre 2023 – 7 gennaio 2024

Inaugurazione: 27 ottobre 2023

Dal titolo “Respirare con il mondo / Breathing with the World“, la Biennale Internazionale Donna 2023 nella sua 4° edizione apre al pubblico da sabato 28 ottobre 2023 a domenica 7 gennaio 2024 a Trieste, al Magazzino 26 del Porto Vecchio (con orari: giovedì 10 – 13 e 16 -19, venerdì 16 – 21, sabato, domenica e festivi 10 – 19; costo biglietto intero 5 euro, ridotto 3 euro). Inaugurazione: venerdì 27 ottobre 2023, ore 15.00.

Realizzata dall’Associazione Biennale Internazionale Donna, in coorganizzazione con il Comune di Trieste e il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia, BID23ART rappresenta un evento unico e di grande importanza per il panorama artistico e culturale, non solo a livello locale ma anche internazionale: i visitatori hanno l’opportunità di immergersi nell’arte contemporanea, scoprendo nuovi talenti e artiste affermate, lasciandosi ispirare dalle diverse prospettive e narrazioni.

Curata da Eunice Tsang” – ha sottolineato la presidente dell’Associazione Biennale Internazionale Donna architetto Šeherzada Ahmetović in occasione della conferenza stampa di presentazione – “BID23ART offre una piattaforma per celebrare e promuovere il ruolo delle donne nelle arti, nella cultura e nella società contemporanea. Durante il periodo di apertura della mostra, saranno organizzati eventi collaterali, tra cui incontri con le artiste, performance, presentazioni, eventi musicali e intrattenimento, nonché momenti formativi dedicati alla promozione dell’arte e della cultura. La nostra missione è creare un contenitore mirato a promuovere il lavoro della donna sotto molteplici aspetti” – continua Šeherzada Ahmetović – “e attraverso BID23ART, intendiamo creare un dialogo profondo tra l’arte contemporanea e il pubblico, stimolando riflessioni e connessioni che vanno al di là delle convenzioni”. 

“Trieste, da sempre crocevia di popoli e culture, città animata dall’ampio “respiro” del mare” – ha affermato l’Assessore alle politiche della cultura e del turismo del Comune di Trieste Giorgio Rossi – “pare essere il luogo ideale per questa mostra che, evocando poeticamente il tema de l’élan vital (la percezione intuitiva dell’esperienza e il fluire del tempo interiore), vuole celebrare il potere creativo della trasformazione e la capacità dell’arte di esprimere la speranza nel futuro, indagando contemporaneamente le dimensioni dell’ambivalenza, della criticità e dell’incertezza”.

Il titolo dell’esposizione di BID23ART “Respirare con il mondo / Breathing with the World” si ispira a un’immagine poetica tratta da uno dei Sonetti a Orfeo (1923) di Rainer Maria Rilke, il quale indagando l’intima connessione tra la vita e l’arte nelle sue varie forme espressive, ha cercato di mostrare quanto il potere evocativo della poesia sia in grado di tramutare i problemi dell’esistenza e di giustificare la realtà.

Questa Biennale intende dunque esplorare, mediante un innovativo approccio olistico, le molteplici forme espressive con cui artiste contemporanee di diverse generazioni e contesti culturali interrogano il loro rapporto con il mondo – inteso nel suo senso più ampio – dove il mondo esterno, visibile, è strettamente intrecciato con quello interiore. 

Il “respiro”, soffio vitale, poesia dell’invisibile, metafora di un’incessante e inesauribile forza rigeneratrice e ispiratrice, suggerisce simbolicamente un movimento di apertura e di connessione con il mondo attraverso modalità inesplorate di penetrazione delle sue diverse dimensioni: quella spazio-temporale, quella socio-culturale e, soprattutto, quella naturale di cui fanno parte tutti gli esseri viventi, verso la quale il consueto sguardo esclusivamente antropocentrico deve aprirsi alla consapevolezza che noi esseri umani siamo solo una delle infinite forme di vita da rispettare.

Ana Vivoda

L’esposizione propone in mostra 40 opere, scelte tra le molte candidate da tutto il mondo. La curatrice/artista Eunice Tsang presenta alcune opere di artiste affermate da lei selezionate, creando un dialogo con lo spazio e con il tema, invitando i visitatori a riflettere sulle suggestioni proposte dalla curatrice.

“È un grande onore unirmi a BID e immergermi nella scena creativa a Trieste e in tutta Italia” – ha dichiarato la curatrice Tsang. “Con BID23ART, spero di portare una visione basata sulle mie esperienze internazionali tra Hong Kong e l’Europa, per sfidare le narrazioni esistenti introducendo una moltitudine di voci creative, soprattutto dall’Asia, che amplificheranno l’interazione della Biennale con il pubblico. La parola respiro” – ha spiegato la curatrice Eunice Tsang – “evoca ritmi rigenerativi che sono finiti ma ciclici e incontri fisici che sono sensuali e a volte erotici; mentre “con il mondo” implica complesse interconnessioni che si estendono oltre i confini geopolitici che delimitano la nostra prospettiva antropocentrica, in un contesto di armonia e discordia”.

Nel contesto della sede della Biennale – il Porto Vecchio, un importante punto di riferimento della città che sta subendo una massiccia e complessa trasformazione – questa mostra cerca di immaginare la maschile e rumorosa vitalità del vecchio porto riempiendolo con una miriade di suoni e idee provenienti dalle 40 artiste. Tirando fuori le insidie e i cambiamenti delle correnti che sottendono alle tensioni transculturali di oggi, “Respirare con il Mondo” è un invito ad aprire le immaginazioni delle storie non scritte e dei sistemi matriarcali; a immergersi in lingue sconosciute che parlano di lavoro invisibile ed emotivo; e, ultimo ma non meno importante, a scoprire nuove modalità di cura e supporto per amici e estranei, non per respirare all’unisono, ma per concedersi reciprocamente lo spazio per respirare.

Loreto Buttazzoni

La curatrice/artista Eunice Tsang
Eunice Tsang è una curatrice/artista con sede a Hong Kong. Ha fondato e cura Current Plans, uno spazio d’arte sperimentale che promuove il dialogo interdisciplinare attraverso l’organizzazione di mostre. Durante il suo periodo a Tai Kwun Contemporary, ha istituito la Biblioteca di Artist Books Asiatici, dove ha condotto ricerche e costruito una nuova collezione di pubblicazioni moderne e contemporanee dedicate agli artisti asiatici. Fa parte del team curatoriale che organizza l’annuale Booked Art Book Fair, in cui, per le ultime 5 edizioni, ha presentato esposizioni speciali in stretta collaborazione con gli artisti. I suoi progetti curatoriali alla Current Plans variano in scala e forma, ma mantengono sempre un focus sull’offrire una piattaforma unica per le menti più fresche di Hong Kong e dell’Asia, con mostre vibranti e immaginative che superano i confini delle discipline creative. I suoi interessi curatoriali si concentrano su come gli artisti sviluppano nuovi linguaggi e simboli in periodi di cambiamento politico e su come manovrare lo spazio liminale tra legale e illegale, realtà e finzione, utilizzando il realismo magico, il sarcasmo, l’umorismo e la creazione di miti.
Alcune delle sue collaborazioni recenti includono ‘Fancy Creatures: The Art of the Wig’ con Tomihiro Kono e Sayaka Maruyama, ‘Witches Own Without’ co-curata con Ali Wong Kit Yi e Lok Wong, ‘Only a Joke Can Save Us’ con Tiffany Leung e presentazioni di libri con Three Star Books e Kurt Tong.Tsang ha tenuto programmi e conferenze presso Tai Kwun Contemporary, il Museo M+, il Centro per il Patrimonio, le Arti e il Tessuto/Mill6 Foundation, Art Central, la Fiera d’Arte S.E.A.Focus e altro ancora. Nel 2021 è stata una curatrice residente presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino. Ha conseguito una laurea in Belle Arti alla Slade School of Fine Art dell’University College di Londra e un master in Gestione Culturale all’Università Cinese di Hong Kong.

Savina Capecci

LE ARTISTE PROVENIENTI DA OLTRE DIECI PAESI

Asamer Ulrike
Gmunden, Austria; Bachel Nora Vienna, Austria; Burgard-Kaser Beatrix Vienna, Austria; Buttazzoni Loreto Santiago, Chile; Capecci Savina Roma, Italia; Célin Jiang Paris, Francia; Centa Lučka Ljubljana, Slovenia; Cink Asta Vienna, Austria; Culetto Lea Trbovlje, Slovenia; d’Aprile Marie-José La Chaux de Fonds, Svizzera; de Eccher Riccarda Udine, Italia; Epp Gabriele Vienna,  Austria; Faidiga Fabiola  Trieste, Italia; Fiabane Lidia Belluno, Italia; Gregorič Nabhas Nataša Sempeter pri Gorici, Slovenia; Gregorovich Nevia Trieste, Italia; Grilli Valentina Milano, Italia; Höller Barbara Vienna, Austria; Jazvic Paulina Zagreb, Croazia; Lau Hiu Tung Hong Kong, Cina; Leelee Chan Hong Kong, Cina; Middelmann Naomi Lausanne, Svizzera; Müller-Funk Sabine Munich, Germania;
Oreskovic Lara
Zagreb, Croazia; Patermo Bettina Modling, Austria; Pazzagli Francesca Cattolica, Italia; Ivana Putincanin Zug, Svizzera; Rosso Cicogna Caroline Eupen, Belgio; Sasaoka Yuriko

Osaka, Giappone; Tizian Chiara Vicenza, Italia; Vivoda Ana Rijeka, Croazia; Weinstein Daphna Tel Aviv, Israele.

EVENTI COLLATERALI 

Arti e Performance

Il partner ufficiale per la realizzazione degli eventi dedicati alle arti performative è il teatro La Contrada di Trieste. Inoltre, l’attrice e regista Sara Alzetta porterà in scena tra le opere alcuni spettacoli da lei ideati, il primo dei quali “In Fuga” si terrà sabato 28 ottobre, al Magazzino 26, tra le opere nelle sale espositive del primo piano, alle ore 17.00, così descritto dalla stessa Alzetta: una banda di eterogenea umanità attraversa spaesata e coatta le sale della Biennale Internazionale Donna. Chi si è perduta, chi cerca un riscatto, chi un omicidio… Disperate o buffe, svagate o folli, tutte alla ricerca di un approdo. Come noi

Arte, architettura e rigenerazione urbana

BID23ART per la prima volta ha introdotto il modulo espositivo satellite, un’occasione per connettere il Magazzino 26 e il centro città, attraverso un processo più ampio di rigenerazione urbana in collaborazione con Caterina Rosso, giovane imprenditrice donna alla guida di Seed, realtà del gruppo Rosso Srl, che ha fornito uno spazio espositivo temporaneo unico nel suo genere.
Ancora una volta, la BID si è posta come un faro guida: nel 2017, ha aperto le porte del Magazzino 26, e oggi nel 2023, vuole contribuire attivamente a un significativo progetto di rigenerazione urbana creando una connessione tra il Porto Vecchio e il tessuto urbano di Trieste.

Beatrix Burgard-Kaser

GIURIA e PREMI

Sarà assegnato un premio per l’Opera d’Arte/Artista più votata dal pubblico. All’interno dell’esposizione sarà possibile esprimere la propria preferenza in forma anonima tramite un apposito box. Con questa iniziativa, si mira a promuovere una maggiore partecipazione e interesse da parte del pubblico e dei visitatori, aprendo un dialogo sull’arte in un contesto più democratico.

Il Premio sarà intitolato a Barbara Fornasir, socia fondatrice e architetto delle prime edizioni che ha investito il suo impegno nell’apertura del Porto Vecchio verso la città di Trieste. 

La cerimonia di premiazione del premio – sostenuto e consegnato da ENAIP FVG – si terrà a dicembre 2023 al Magazzino 26.

L’OFFERTA EDITORIALE E IL PROGETTO GRAFICO

Il catalogo ufficiale, dal titolo “Respirare con il mondo / Breathing with the World“, a cura di Eunice Tsang, è dedicato all’esposizione BID23ART e comprende, oltre al contributo originale della curatrice, una serie di saggi critici di esperti. Il catalogo è dedicato alla raccolta delle opere esposte.

L’identità grafica della BID23ART e il design delle pubblicazioni sono curati da Eunice Tsang secondo l’immagine della mostra.

PARTNER E SPONSOR

BID23ART è realizzata dall’Associazione Biennale Internazionale Donna, in coorganizzazione con il Comune di Trieste e il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia, grazie al sostegno degli sponsor BBC Venezia Giulia, ENAIP FVG, Blasini Caffè by Antica Tostatura Triestina, Speranza Assicurazioni, Borgo delle Rose e dei partner Rosso Srl, La Contrada e iMagazine e con la collaborazione del Ministero della Cultura e Italia Nostra, nonché di Donatori ed Enti e Istituzioni internazionali.


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Milano, AMART: Un’anteprima sull’edizione di novembre 2023

Immagine di una edizione precedente

AMART 

Milano, Museo della Permanente
8 – 12 novembre 2023

AMART, la mostra di antiquariato organizzata dall’Associazione degli Antiquari Milanesiapre a illustri colleghi italiani ed esteri che hanno deciso di essere presenti a Milano: un progresso che porta al Museo della Permanente nomi di grande esperienza, molteplici competenze che arricchiranno l’offerta per i collezionisti.

“L’edizione che si inaugura il 7 novembre (su invito) è il frutto non solo del lavoro collegiale del nostro consiglio direttivo, ma anche di quello di tutti i colleghi antiquari che hanno creduto e sostenuto il nostro progetto” – spiega Michele Subert, presidente di AMART e dell’Associazione Antiquari Milanesi – “tra questi il nostro ricordo va, oltre che a Domenico Piva, a Daniela Balzaretti e a Giuliano Matteucci, recentemente scomparsi, ai quali la nostra professione deve moltissimo: hanno contribuito a dare valore alla figura dell’Antiquario, facendone risaltare non solo l’intelligenza imprenditoriale, ma soprattutto la competenza e la cultura” – continua Subert – “spronando la nostra passione infinita che ci porta a inseguire opere e artisti in un’esplorazione continua che coinvolge sia gli studiosi, sia i restauratori”.

Ricerca, studio e valorizzazione costituiscono il percorso virtuoso che porta a offrire il meglio del mercato dell’arte. L’articolo 4 dello statuto dell’Associazione recita infatti: “allo scopo di dare le più ampie garanzie al cliente, i soci si impegnano ad approfondire tutti gli aspetti della loro professione e ad aggiornarsi sullo sviluppo delle ricerche dei critici e delle tecniche nei propri settori di specializzazione”.

Un’anteprima di alcune delle opere che saranno in mostra al Museo della Permanente di Milano: nell’ambito della pittura, Antichità Giglio porterà una riscoperta: un dipinto di Paolo Porpora (Napoli, 1617 – Roma, 1673), Fauna avicola, anfibia, rettile, insetti, piante di cardo su una roccia digradante in un corso d’acqua, nei pressi di una marina mediterranea, una vera e propria campionatura di natura selvaggia in una immagine al confine fra il trattato naturalistico e l’assemblaggio virtuosistico di elementi colti in posa, uno degli esempi più ambiziosi della produzione dell’artista.

La Galleria Lampronti segnala il dipinto Il golfo di Pozzuoli con l’incontro tra la flotta dei Borboni e la flotta maltese di Jakob Philipp Hackert (Prenzlau, 1737 – San Pietro di Careggi, 1807). Una tempera su tela che vanta una provenienza prestigiosa: il Casino del Principe Aldobrandini.

Da Antichità Nobili, si potrà ammirare la splendida Allegoria della Carità, olio su tela di Sebastiano Ricci (Belluno, 1659 – Venezia, 1734). Nello stand della galleria Callea, invece, sarà esposta una deliziosa Madonna con il Bambino (Madonna Ryerson), una tavola trasportata su tela databile al 1500-1502 di Benvenuto Tisi detto il Garofalo (Ferrara, circa 1481 – 6 settembre 1559).

Mentre Enrico Gallerie presenterà la straordinaria Signora col guanto di Giovanni Boldini (1842 – 1931), W. Apolloni – Laocoon Gallery ha scelto per Amart un’altra opera importante per il collezionismo: Parnaso, una grande tavola di Achille Funi (cui da ottobre sarà dedicata una mostra monografica al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, sua città natale). L’opera, del 1948-53, è realizzata a tempera e foglia d’oro su tavola ed è considerata come il migliore e più riuscito esempio di mitografia pittorica sul tema di Apollo e delle nove Muse.

Da Sperone colpisce una sorprendente Version of Chuck 12 di Julian Schnabel del 2003, dipinto a olio su tela cerata.

Anche per quanto riguarda la scultura, ad AMART saranno esposte opere di alto livello storico e artistico. Come il Cristo Redentore del 1500 circa, eseguito in terracotta dipinta e dorata da un seguace di Andrea del Verrocchio (il Maestro del San Sebastiano dell’Aracoeli), che sarà esposto da Antichità all’Oratorio. Oppure, proseguendo, La vierge en flamme del 1952 esemplare unico di bronzo dorato di Jacques Lipchitz (1891 – 1973), che sarà proposto dalla Galleria Toninelli; proviene dal prestigioso The Hirshhorn Museum di Washington.

Del medesimo periodo è anche l’opera del 1957 circa di Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) intitolata Gallo in ceramica smaltata policroma, da Brun Fine Art.  

Queste sono solo alcune delle prime novità che arrivano dalle gallerie. Nelle prossime settimane prenderà forma il quadro di tutte le proposte.

Rinnovamento dell’immagine complessiva: per la sua quinta edizione al Museo della Permanente, AMART si presenta in una veste rinnovata. Nuovi il logo e il sito internet: completamente ridisegnati l’ingresso, il ristorante e il loggiato. Eleganza e cura, antico e contemporaneo: una sintesi per sottolineare la centralità di Milano nel mondo del mercato dell’arte.

www.amart-milano.com


Sede
Museo della Permanente
via Filippo Turati 34, Milano
amart-milano.com
 
Orari di apertura
Da mercoledì a sabato
dalle ore 11.00 alle ore 20.30
Domenica
dalle ore 11.00 alle ore 19.30
 
Per Informazioni
Email: antiquari@unione.milano.it
Telefono: 02.7750447
Cell. 335.1651150
 
Ufficio stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro, roberta@studioesseci.net
Tel. 049 663499, www.studioesseci.net

Firenze, Museo degli Innocenti: ALPHONSE MUCHA. La seduzione dell’Art Nouveau

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Alphonse Mucha, Les Amants, 1895
Litografia a colori, 106,5×137 cm
© Mucha Trust 2023

ALPHONSE MUCHA.
LA SEDUZIONE DELL’ART NOUVEAU”

27 ottobre 2023 – 7 aprile 2024
Museo degli Innocenti, Firenze

Per la prima volta a Firenze, una straordinaria mostra dedicata ad Alphonse Mucha, padre dell’Art Nouveau.

Oltre 170 opere di incomparabile bellezza – tra cui manifesti, disegni e oggetti d’arte applicata della produzione di Mucha e una selezione di opere italiane che raccontano il contesto dell’evoluzione dello stile Art Nouveau – accompagneranno i visitatori in un viaggio nella Belle Époque quando Parigi, tra fine ‘800 e inizio ‘900, è al centro del mondo e Mucha l’artista più famoso.

Prodotta da Arthemisia, la mostra aprirà le porte il 27 ottobre 2023 al Museo degli Innocenti.

Dal 27 ottobre 2023 al 7 aprile 2024 il Museo degli Innocenti accoglierà la prima mostra a Firenze dedicata ad Alphonse Mucha, il più importante artista ceco, padre dell’Art Nouveau e creatore di immagini iconiche.
Alphonse Mucha nasce a Ivančice, nella Repubblica Ceca, nel 1860.
Fervente patriota e sostenitore della libertà politica dei popoli slavi, si dedica all’arte e nel 1887 si trasferisce a Parigi dove affina le sue arti e incontra la donna che cambierà per sempre la sua vita, Sarah Bernhardt, l’attrice più bella e famosa dell’epoca, che affida a Mucha la sua immagine rendendolo popolarissimo.
Nasce il mito delle “donne di Mucha”, e le aziende se lo contendono per reclamizzare i propri prodotti, dando vita alle intramontabili campagne pubblicitarie come quella del cioccolato Nestlé, dello champagne Moët & Chandon, e ancora delle sigarette, della birra, dei biscotti e dei profumi.
Mucha però non dimentica l’impegno patriottico e sociale. Nel 1910 torna a Praga e si dedica per quasi venti anni a quello che è considerato il suo più grande capolavoro, l’Epopea slava, opera colossale composta da venti enormi tele in cui racconta i principali avvenimenti della storia slava.

Mucha morirà a Praga nel 1939.

Alphonse Mucha
Mucha seduto davanti a “Gismonda”
Stampa digitale su carta,18×13 cm
© Mucha Trust 2023

Tra fine Ottocento e inizio Novecento Parigi era considerata il centro del mondo dell’arte. È la cosiddetta Belle Époque, c’è un grande entusiasmo, e Alphonse Mucha, anche grazie all’incontro con Sarah Bernhardt, diventa il più famoso e conteso artista dell’epoca. Le sue opere, le sue illustrazioni, i poster teatrali e la nascente pubblicità sono accessibili a tutti. Nasce con lui una nuova forma di comunicazione: la bellezza di fanciulle in fiore, ritratte in una commistione unica tra sacro e profano, voluttuose e seducenti figure, rappresentate con uno stile compositivo unico, sono diventate caratteristiche del famoso “stile Mucha”. Le sue immagini diventano subito famose in tutto il mondo, il suo stile è il più imitato, la potente bellezza delle sue donne entra nell’immaginario collettivo di tutti.

Un tuffo straordinario nell’Art Nouveau attraverso le opere di uno degli artisti più iconici e imitati – ha detto la vicesindaca e assessora alla Cultura Alessia Bettini –, ma anche un modo per ripercorrere le istanze dei popoli slavi di cui Mucha fu portatore per tutta la vita. Un importante collegamento anche con il nostro Galileo Chini, uno dei protagonisti dell’Art Nouveau in Italia.

Con il patrocinio del Comune di Firenze e dell’Ambasciata della Repubblica Ceca, la mostra è organizzata in collaborazione con la Fondazione Mucha e In Your Event by Cristoforo ed è curata da Tomoko Sato in collaborazione con Francesca Villanti.

La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura, partner Mercato Centrale FirenzeI GigliSamsonite e Unicoop Firenze, mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale, media partner QN La Nazione, educational partner Laba, technical support Mucha Trail e Prague City Tourism.

Con la mostra Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau riparte anche il progetto “L’Arte della solidarietà” realizzato da Arthemisia con Komen Italia, charity partner della mostra.
Unire l’arte con la salute, la bellezza con la prevenzione: è questa l’essenza di un progetto che vede il colore rosa della Komen Italia fondersi con i capolavori esposti nelle mostre.
Nel concreto, una parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra verrà devoluta da Arthemisia per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne.
Con questa partnership Komen Italia chiude ottobre, mese della prevenzione, e si prepara al grande evento nazionale per festeggiare il suo 25esimo anno della “Race for the cure” il prossimo maggio 2024.

LA MOSTRA
Il percorso dell’esposizione, tematico e cronologico, presenta oltre 170 opere: manifesti, libri, disegni, olii e acquarelli, oltre a fotografie, gioielli, opere decorative, che permettono al visitatore di approfondire la complessità e l’eclettismo di Alphonse Mucha accanto a un nucleo di opere italiane che raccontano il contesto dell’evoluzione dello stile Art Nouveau in Italia.
Questa mostra vuole mettere in luce oltre al suo talento, il grande lavoro di ricerca e riflessione che ha accompagnato l’evolversi della sua arte, senza mai perdere di vista l’attaccamento alla sua terra d’origine, per la cui indipendenza lotterà tutta la vita.
Mucha credeva che l’arte non dovesse limitarsi a essere piacevole alla vista: doveva comunicare un messaggio spirituale, elevare gli spettatori e soprattutto parlare a tutte le persone.

Quando giunse a Parigi, l’incontro con la grande Sarah Bernard nel 1895 e la realizzazione del suo primo manifesto per la commedia Gismondalo rese famoso da un giorno all’altro. Da quel momento ideò tutti i manifesti per gli altri spettacoli di Sarah Bernard, da quello per La Dame aux CaméliasLa SamaritaineMedea fino a La Princesse Lointaine, scritto per la famosa attrice da Emond Rostand. Il manifesto, che ebbe grandissimo successo, ispirò poi Alphonse Mucha per la realizzazione della copertina della versione romanzata della stessa opera, dal titolo Iilsée. Princesse de Tripoli (1897).
Tutti questi manifesti sono esposti in mostra, come pure quello ideato per pubblicizzare le cartine per le sigarette JOB, considerato l’immagine iconica della“donna alla Mucha”: figura di una donna sensuale contrastata dal monogramma JOB sullo sfondo. L’arabesco creato dai suoi capelli e dalle spire di fumo che si alzano dalla sua sigaretta crea un ricco effetto decorativo. Qui Mucha introduce un motivo bizantino, simile a quello dell’affiche per Gismonda, con una cornice ispirata ai mosaici che aggiunge un tocco di solennità alla composizione finale.

L’arte prodotta in serie lo attraeva, perché poteva raggiungere e ispirare più persone. Nei manifesti per profumi, birra, biscotti, biciclette e sigarette, ha reso meno netta la barriera tra belle arti e arte commerciale, tra commercio e filosofia.
Nel 1894 venne aperto a Parigi il Salon des Cent dal poeta Léon Deschamps, editore dell’influente rivista d’avanguardia La Plume.  Scopo del salone era quello di promuovere le opere di artisti vicini alla pubblicazione bimestrale, inclusi Jules Chéret (1836–1932), Eugène Grasset, Toulouse-Lautrec, Georges de Feure (1868–1943) e i Nabis. Mucha, invitato da Deschamps a unirsi al gruppo nel 1896, come regalo di debutto e a dimostrazione della propria gratitudine, disegnò il manifesto della ventesima esposizione ospitata dal salone. L’anno seguente a Mucha fu concesso ampio spazio al Salon des Cent, dove ebbe modo di esporre l’incredibile numero di 448 opere.
Durante l’elaborazione dell’affiche per la mostra, nei suoi motivi decorativi Mucha incorporò vari elementi moravi, come il tradizionale copricapo ricamato indossato dalla ragazza e la corona di margherite, che rievoca i pascoli della madre patria. Inoltre, la giovane tiene in mano una penna e il disegno di un cuore sovrastato dall’incrocio di tre ghirlande (una di spine, una di fiori e una di frutti) allude al destino del proprio paese natale.

In corrispondenza dell’esibizione dedicata alle opere di Mucha presso il Salon des Cent, fu pubblicata un’edizione speciale della rivista La Plume perché fungesse da catalogo. Come si può vedere in mostra, la copertina fu disegnata dallo stesso Mucha e poi riutilizzata in molti numeri successivi della pubblicazione. La Plume si organizzò quindi per trasformarla in una mostra itinerante, poi portata a Vienna, Praga, Monaco, Bruxelles e New York, promuovendo l’artista sul palcoscenico internazionale.
In ragione della sua fama, a Mucha fu presto commissionato di disegnare vari manifesti pubblicitari e tra questi quello della Bicicletta Perfecta, prodotta da un’industri britannica. Nel manifesto esposto, la composizione è dominata da una figura femminile con lunghi capelli scompigliati dal vento, mentre della bicicletta se ne vede solo parte della ruota e del manubrio, a cui la ciclista si sta appoggiando. Con il suo sguardo sicuro e diretto, rappresenta il nuovo ideale di donna, che si gode il senso di libertà ed euforia.
Tutte le donne che Mucha rappresenta nelle sue opere, sono fluide, bellissime e leggere, ma lo sguardo è sempre diretto e forte, segno di un’emancipazione, che in quegli anni inizia a manifestarsi.
È lo sguardo di una donna nuova, che rivendica il diritto di una libertà e dignità che fino ad allora le è stata negata. È l’inizio della modernità, di cui Mucha, pur con un linguaggio influenzato dai Preraffaelliti di Hans Makart, dalle xilografie giapponesi, dalla bellezza della natura, dalla decorazione bizantina e da quella slava, si fa portavoce.

Nel 1896, mentre lavorava a un manifesto per il lancio del profumo Rodo, Lance Parfum Rodo, gli fu anche richiesto di creare l’etichetta e la scatola della fragranza. Lo stesso anno Mucha cominciò a collaborare con un famoso produttore di biscotti francese, Lefèvre-Utile (LU), arrivando a realizzare diverse grafiche per i materiali pubblicitari della società, nonché la decorazione di una latta per biscotti e di alcuni incarti.
Come si potrà vedere nelle opere e oggetti sopra citati, Mucha integrò intenzionalmente vari richiami tra le confezioni e i manifesti da lui realizzati tramite la riproduzione della stessa donna in qualità di “personaggio” associato ai prodotti, oppure riutilizzando lo stesso stile per i caratteri delle scritte. Così facendo, presentava gli articoli tramite messaggi visivi coerenti che ne aumentavano la visibilità sul mercato, una strategia ancora oggi ampiamente adottata dagli artisti grafici.

Nel 1899 Mucha ricevette l’incarico per il prestigioso champagne Moet & Chandon di creare le grafiche di tutta la pubblicità di due tipologie di champagne, note come Imperial e White Star. Il primo fu commercializzato con il nome di Crémant Impérial, nonché come Dry Imperial Grand Crémant Impérialsempre qui esposti.
Mucha realizzò i design come coppia, ricorrendo allo stesso formato verticale lungo e al suo stile inconfondibile per entrambi i prodotti. Incluse la figura di una donna e di un motivo circolare ma, trattandosi di due champagne diversi, li presentò tramite immagini femminili differenti.

Un altro manifesto disegnato per PLM (Chemins de Fer de Paris à Lyon et à la Méditerranée), MonacoMonte-Carlo, proponeva un viaggio di sedici ore da Parigi a Monte Carlo a bordo di un treno di lusso. La ragazza raffigurata è colta a fantasticare dei piaceri che l’attendono presso il luogo di vacanza. La gioia evocata dall’esperienza turistica è sottolineata dalle sontuose ghirlande e dall’incurvarsi degli steli di fiore, che sembrano alludere alle ruote e ai binari del treno, così come dal panorama costiero mediterraneo che completa lo sfondo.

Pur prendendo ispirazione per le sue raffigurazioni dalle caratteristiche ornamentali di un’ampia selezione di stili e culture, incluse quelle di origine celtica, egiziana, greca, islamica, giapponese, ebraica, gotica, rococò e bizantina lo stile Mucha si è evoluto in modo organico dalle sue radici slave.
A partire dal 1896 cominciò a integrare nei suoi disegni elementi decorativi tradizionali della sua madre patria. In mostra il celebre calendario Champenois del 1898, la cui composizione include una giovane donna dall’aria sognante con un meraviglioso abito ricamato d’ispirazione slava, intenta a sfogliare le pagine di un libro di design decorativi. Il suo profilo spicca sullo sfondo creato da un’aureola (simbolo, per Mucha, dell’armonia universale) decorata con un motivo floreale elaborato.

Mucha riteneva che l’arte e la civiltà bizantine costituissero la culla spirituale della cultura slava. Nelle sue opere integrò una grande varietà di motivi decorativi ispirati all’arte bizantina, come mosaici, icone e sontuosi esemplari di abiti e gioielli come si può vedere dalla coppia di pannelli decorativi esposti Têtes Byzantines: Blonde e Têtes Byzantines: Brunette.

Ispirato anche da motivi celtici realizzò nel 1902 sempre altri due pannelli: Il brugo delle scogliere e Il cardo delle spiagge, dove le fanciulle rappresentate indossano nel primo abiti popolari bretoni, nel secondo il tipico abito nero e copricapo bianco della Normandia, entrambi però condividono nella composizione e decorazione la continuità culturale con le radici celtiche.

Le stagioni fu il primo set di pannelli decorativi prodotto da Mucha, pubblicato per la prima volta nel 1896 e destinato a trasformarsi immediatamente in una delle sue serie più popolari.
Nei quattro pannelli Mucha personifica le stagioni in diversi tipi di donne simili a ninfe, contornate dai quattro paesaggi stagionali. Il grande successo della serie ha portato alla realizzazione di molte varianti, tra cui il Calendario qui esposto che integra tutti e quattro i pannelli in una singola cornice ornamentale.
L’artista ceco realizzò anche un secondo set di pannelli raffiguranti i quattro momenti in cui è divisa la giornata: La Mattina, col volto fresco, è circondata da un bosco primaverile; Il Giorno vivace si gode un momento su una spiaggia estiva, la malinconica La Sera è persa in contemplazione tra il fogliame autunnale e, infine, La Notte riposa in una radura invernale illuminata dalla luce lunare Tutti i pannelli, in formato verticale identico, sono decorati con squisiti motivi floreali inseriti nell’arco a sesto acuto delle cornici, che rievocano l’architettura delle finestre in stile gotico.

In mostra si trovano anche alcune delle numerose litografie dei lavori realizzati dall’artista per la stampa di tessuti e carte da parati, prodotte in Francia e nel Regno Unito, oltre a una serie di esempi ornamentali, riprodotti sia per L’ Album de la Décoration (Album delle decorazioni) pubblicato a Parigi nel 1900, sia  in Combinaisons ornementales (Combinazioni ornamentali) pubblicato nel 1901 da Librairie Centrale des Beaux-Arts, Parigi, come libro in folio composto da sessanta litografie, oltre che di Mucha, di George Auriol (1863–1938) e Maurice Pillard Verneuil (1869–1942).
Documents décoratifs (Documenti decorativi) invece del solo Mucha è stato pubblicato nel 1902 da Librairie Centrale des Beaux-Arts, Parigi, come libro in folio composto da settantadue litografie. Mucha concepì il volume come manuale per artigiani, designer e studenti di belle arti, e presentava tutti gli aspetti del suo processo artistico. Non solo includeva dei campioni di design pronti all’uso per produttori ma anche una varietà di disegni che mostravano agli artisti l’intera procedura di stilizzazione, trasformando gli studi realistici ispirati al mondo naturale in motivi decorativi che potevano essere applicati ai prodotti.

I tre disegni mostrati qui sono stati preparati per Figures decoratives (Figure decorative), pubblicato nel 1905 come complemento del precedente Documents décoratifs. Il libro in folio composto da quaranta litografie si concentra sul tema dell’utilizzo del corpo umano come fonte di motivi decorativi ed esplora le figure di donne, ragazze e bambini in una varietà di pose integrate in cerchi, triangoli, rettangoli e molte altre forme geometriche.

Tra le molteplici attività di Alphonse Mucha, è da ricordare anche il suo interesse per la fotografia, che iniziò a metà degli anni ’80 del XIX secolo, mentre studiava presso l’Accademia di belle arti di Monaco.
A Parigi acquistò la sua prima fotocamera e iniziò a utilizzarla finché non divenne una parte importante del suo processo creativo. Durante la seconda metà degli anni ’90 del XIX secolo, per Mucha la fotografia cominciò ad assumere la connotazione di diario e quaderno degli appunti visivo, completando le sue bozze e i suoi disegni.
Le immagini dei modelli di studio costituiscono una grossa parte delle numerose fotografie scattate durante questo periodo e che qui si possono vedere in numerosi esempi. Spesso Mucha non lavorava coi modelli orientandosi sulla base di un piano specifico per un progetto preciso, ma si lasciava guidare dall’istinto, improvvisando una varietà di pose. Più avanti, avrebbe utilizzato molte di queste immagini per integrare i suoi studi o come fonte d’ispirazione per design e dipinti.

Mentre lavorava al design dei gioielli e degli espositori per Georges Fouquet (18621957) in vista dell’Esposizione di Parigi, Mucha si vide commissionare, sempre da Fouquet, le decorazioni del nuovo negozio, situato in rue Royale 6 e aperto nel 1901. Per questo compito, Mucha si occupò non solo degli interni, di cui si possono ammirare alcuni suoi disegni, ma anche della facciata dell’arredo, dell’illuminazione e di un’ampia selezione di oggetti ornamentali.

In mostra troviamo anche dei pannelli decorativi prodotti per la Boutique Fouquet che rappresentano quattro pietre preziose personificate da un corrispondente numero di sensuali figure femminili. Con questa serie, Mucha introdusse un nuovo stile compositivo, che incorpora l’idea di palette. Dividendo il formato lungo verticale in due parti, nella sezione superiore rappresentò una donna maestosa seduta, completando la scena con il suo distintivo motivo circolare sullo sfondo; nella parte inferiore, invece, raffigurò dei fiori in stile realistico. Il colore di ciascuna pietra (ocra per il topazio, rosso per il rubino, violetto per l’ametista e verde per lo smeraldo) determina l’atmosfera di ogni pannello e crea un richiamo visivo ai fiori che adornano l’abito della donna.
Durante gli anni ’90 del XIX secolo, parallelamente alla sua ricerca spirituale alimentata dalle influenze del misticismo, dell’occultismo e della teosofia, Mucha cominciò a interessarsi alla Massoneria, una fratellanza che proclamava di operare per il bene dell’umanità attraverso attività di beneficenza, solidarietà tra persone e la ricerca di valori intellettuali, morali e spirituali più elevati. Condividendone gli ideali, Mucha si unì alla Massoneria il 25 gennaio 1898 presso la loggia del Grande Oriente di Francia di Parigi, l’ordine massonico più antico e importante dell’Europa continentale.
L’influenza dello spiritualismo di Mucha, e soprattutto della filosofia massonica, si manifestò in un lavoro visionario pubblicato sotto forma di libro, Le Pater (Il Padre). Era un manifesto che esprimeva la sua visione personale sul progresso dell’umanità attraverso le parole della preghiera cristiana. Considerato dallo stesso Mucha una delle sue opere migliori, arrivò a esporne sia una copia che i disegni originali all’Esposizione di Parigi del 1900.
In mostra sono visibili alcuni degli studi preliminari, in cui si evidenzia come in questo caso Mucha sia ricorso a uno stile molto diverso da quello che aveva sempre distinto i suoi manifesti. Le Pater segnò il suo inizio come “artista” visionario”.

Alphonse Mucha fu un artista poliedrico. Era infatti capace di cercare fortuna nel mondo del commercio, ma anche di nutrire aspirazioni artistiche alte.
Non solo: la sua ambivalenza si nota anche nel fatto che tanto era moderno nel rappresentare i prodotti dell’industria francese, tanto era legato alla tradizione del suo popolo. Pur avendo vissuto per gran parte della sua vita all’estero, Mucha restò infatti sempre profondamente legato alla Moravia.
Disegnò alcuni manifesti, visibili nell’esposizione, sia per un per il coro degli insegnati moravi, che quello per la pubblicizzazione della sesta (Praga 1912) e ottava edizione (Praga 1926) del festival Sokol, un evento di rilevanza nazionale dedicato allo sport e alle attività patriottiche, a cui parteciparono anche organizzazioni Sokol di altre nazioni.

Di più, in lui non c’era solo un patriottismo filo-ceco, ma più in generale un ideale panslavista che voleva puntare all’unione di tutti i popoli slavi. Anche perché questi popoli erano spesso minacciati da vicini fin troppo aggressivi.
Per questo motivo, quando aveva ormai raggiunto la fama, decise di mettersi all’opera sul progetto che ribattezzò Epopea slava, composta da venti murali dipinti su tele enormi, rappresentando le sofferenze e le conquiste di tutti i popoli slavi nel corso di mille anni di storia.
Il suo obiettivo era quello di dipingere una serie di tele ispirate ai grandi momenti della storia dei popoli dell’est, che potesse servire da monito e lezione per le future generazioni. Un progetto assai ambizioso, che lo tenne occupato – tra viaggi, studi e ricerche – dal 1911 al 1928.
Alla fine, riuscì a completare venti tele, che donò alla città di Praga in occasione del decimo anniversario della formazione della Stato Cecoslovacco. Parlò delle sue idee dietro quest’opera: “Volevo parlare a modo mio all’anima della nazione, ai suoi occhi, che trasmettono pensieri istantaneamente alla coscienza. Una foto, credo, agisce in modo aggressivo. Senza ostacoli, penetra attraverso gli occhi dello spettatore nella sua anima… Sedotto dalla sua forma esteriore, si fermerebbe davanti ad essa, e forse ne cercherebbe il contenuto e il significato, trovandone infine l’essenza – Bellezza o Verità – per la quale un’opera d’arte si crea… Lo scopo del mio lavoro era costruire, creare ponti; perché dobbiamo tutti nutrire la speranza che l’umanità si unisca, e quanto più facile sarà tanto più si capiranno. Sarò felice se toccherà a me aver contribuito con le mie modeste forze a questa comprensione, almeno nella nostra famiglia slava”.

Ma ormai erano passati trent’anni dal suo momento di massimo successo, e l’Europa era profondamente cambiata.

A complemento dell’esposizione, una sezione a cura di Francesca Villanti, offre uno sguardo sullo sviluppo del nuovo linguaggio artistico nel nostro Paese. Un omaggio al fiorentino Galileo Chini (1873-1956), uno dei protagonisti dell’Art Nouveau in Italia, e alla città che ospita la mostra.

Pur con un leggero ritardo, anche l’Italia abbraccia la necessità di dar vita a un modello stilistico e iconografico capace di interpretare la modernità contemporanea. La fanciulla eterea, dai movimenti aggraziati e armoniosi, più volte immortalata da Mucha, diventa il simbolo dello stile Liberty – declinazione italiana dell’Art Nouveau – nel manifesto disegnato da Leonardo Bistolfi per la Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna Torino del 1902, la manifestazione che sancisce l’ingresso ufficiale dell’Italia sulla scena europea.
Tra gli artisti che partecipano all’Esposizione di Torino, spicca Galileo Chini che aderisce ai principi innovatori del Liberty a partire dalla fine degli anni ’90 del 1800.
L’artista fiorentino, viaggiando da sempre in tutta Europa, è profondamente attento agli sviluppi artistici e partecipa alle principali esposizioni internazionali, dove ha modo di confrontarsi con realtà differenti, di percepire lo spirito innovativo del nuovo e rivoluzionario linguaggio. Chini, pur restando testimone della tradizione antica, capace di cogliere gli stimoli, di elaborarli e declinarli con uno stile personale, diventa pioniere nella sperimentazione di forme audaci e innovative, rielabora con grande maestria le linee del passato arricchendole con le linee sinuose che dominano i principi di rinnovamento e di modernità espressiva dell’Art Nouveau.

Tra questi principi dettati dall’Art Nouveau e dalle secessioni mitteleuropee, ciò che affascina maggiormente l’artista toscano è la possibilità di estendere l’esperienza dell’arte a tutti i campi della vita quotidiana, come Mucha e artisti coevi condivide la convinzione della necessità di diffondere la bellezza a tutti gli strati sociali e di annullare il pregiudizio tra arti “maggiori” e “minori”.

Chini si dedica con grande fervore all’arte della ceramica, tanto che nel 1896 fonda l’Arte della Ceramica, una piccola fabbrica a Firenze che in breve tempo si fa interprete del gusto moderno, aggiornando i materiali tipici della sua manifattura secondo i dettami estetici del nuovo linguaggio.

Nelle opere pittoriche di quegli anni, pur conservando ancora tracce di una formazione simbolista, è evidente il fascino che le suggestioni moderniste esercitano sull’artista fiorentino.
Il tema del pavone, molto diffuso nell’Art nouveau, è un motivo iconografico che ha affascinato molti artisti modernisti fin dagli esordi, a partire dalla Peacock Room realizzata da James Whistler in Inghilterra o la decorazione di Alphonse Mucha nella gioielleria Fouquet a Parigi. Questo tema diventerà anche uno dei soggetti più frequenti nell’arte di Chini, soprattutto nella ceramica. In mostraappare in Allegoria della Pittura, un’opera su tela del 1895, nel Bozzetto per piatto-pavone (1899 ca.) e, tra le sue stupende ceramiche esposte, anche in Vaso con occhi penna di pavone (1919-1925).
Chini continuerà a rielaborare la figura del pavone nel corso degli anni, partendo dalla rappresentazione in chiave naturalistica delle prime opere fino ad arrivare a trasformarlo in un puro motivo ornamentale come dettaglio dell’occhio della coda piumata.


Sede
Museo degli Innocenti
Piazza della SS. Annunziata,13
50121 Firenze

Date al pubblico
27 ottobre 2023 – 7 aprile 2024

Orari
Tutti i giorni dalle ore 9.30 alle ore 19.00
La biglietteria chiude un’ora prima

Biglietti
Mostra + Museo degli Innocenti
Intero € 16,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 14,00 (audioguida inclusa)

Informazioni e prenotazioni
T. + 39 055 0981881

Informazioni didattica
didattica@arthemisia.it

Sito
www.arthemisia.it
www.museodeglinnocenti.it

Hashtag ufficiale
#MuchaFirenze

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it |
press@arthemisia.it | T +39 06 69380306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

ROME ART WEEK 2023 – Gli appuntamenti da segnare in agenda oggi e domani 28 ottobre

ROME ART WEEK 2023
La settimana dell’arte contemporanea con centinaia di mostre, eventi in tutti i rioni e quartieri di Roma

Gli appuntamenti da segnare in agenda di venerdì 27 ottobre e sabato 28 ottobre

Roma si tinge di viola. Roma si tinge di contemporaneo: centinaia di mostre personali e collettive, open studio, performance, talk, eventi e visite guidate in una settimana intensa e ricca. Artisti, gallerie, fondazioni, istituti di cultura stranieri, spazi indipendenti e curatori mostrano le loro ultime ricerche generando una grande rete diffusa in tutta la Capitale. 
Le due ultime giornate di venerdì 27 ottobre e di sabato 28 ottobre 2023 offrono un panorama ampio e variegato:

27 ottobre 2023

Mostre ed eventi

  • L’Ospizio Giovani Artisti inaugura Corpologie VI, sesta mostra sul tema del corpo, all’interno delle (S)exhibitions 2023/2024. 
  • La Galleria Bulgaria conclude la mostra personale, Antemetica – metafisica dell’informazione, di Aleksandar Ivanov Stamenov a cura di Federica Fabrizi.
  • La Galleria 291 EST presenta La Città e il Tempo: una collettiva fotografica di tre fotografi romani, Matteo Benedetti, Francesco Demichelis e Emmanuele Mattiocco
  • La Galleria Erica Ravenna propone la personale dell’artista romana Simona Weller, Frammenti di un discorso sul metodo
  • La Galleria Fidia ospita all’interno della mostra Materia d’urto di Alberto Timossi un incontro con l’artista e la curatrice, Ilaria Monti. 

Open Studio e Visite guidate
Tra gli open studio da visitare segnaliamo: Daniela Monaci, Georgina Spengler, Annamaria Russo Arus, Maria Ángeles Vila Tortosa. Continuano le visite guidate nel centro e in vari rioni e quartieri di Roma, prenotabili al link

28 ottobre 2023

Mostre ed eventi

  • In occasione dell’esposizione Gemelli al MAXXI di Roma, Maison Bosi presenta Strike, personale dell’artista Marco Tamburro, protagonista di entrambe le location. 
  • Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli presenta la proiezione del documentario realizzato in occasione del quarantennale del Circolo e dell’omonima mostra al Mattatoio. Seguirà dibattito.
  • L’Associazione TraleVolte inaugura la doppia esposizione personale di Lorenzo Cappella e Claudio Valerio, “Niente vasetti con i fiori“, a cura di Maila Buglioni e Ivan d’Alberto.
  • Mesia Space conclude la mostra Stone di Benedetta Galli all’interno del progetto Umanità. 
  • A cura di Barbara Lalle e Roberto Cavallini si snoderà tra le vie del centro, da Trinità dei Monti al Pantheon, la performance itinerante Versus di Daniela Carreras che trasporterà sulle spalle una grande ala di cartapesta, una grande ala di angelo ferito.

Open Studio e Visite guidate

Tra gli open studio è possibile visitare quelli di Michele De Luca, Verena D’Alessandro, Kyrham, Anthony Lombardi. 

Continuano anche le visite guidate nel vari Rioni del centro, in diversi percorsi ragionati e studiati appositamente per districarsi attraverso l’ampia offerta di questa settimana dell’arte 2023. 


Rome Art Week è un progetto culturale totalmente indipendente e no profit promosso da Kou – Associazione per la promozione delle Arti visive, nella quale tutto lo staff organizzativo, da otto anni, mette a disposizione le proprie competenze in forma totalmente gratuita e volontaria, credendo fermamente nella possibilità di generare una vera rete tra tutti gli operatori culturali romani che lavorano nel contemporaneo. 

Rome Art Week si avvale: del patrocinio del Ministero della Cultura, Regione Lazio, Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Sapienza Università di Roma, Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia Storia e Storia dell’arte in Roma, CIU Confederazione Italiana Unione delle professioni Intellettuali; con il supporto e collaborazione di: Roma Capitale Assessorato ai Grandi Eventi Sport Turismo e Moda. Sostenitori: Poste Italiane, Idea Positivo. Partner: Certart, Menexa, Art Shares. Media partner: Dimensione Suono soft, E-zine, The Art Libido, Prima Pagina News. Partner tecnici: Hotel Parrasio. Iniziative partner: Miami New Media Festival. Ufficio stampa di supporto: Incandenza (partner e patrocini aggiornati alla data 18 ottobre 2023).

Le news e gli elenchi dei partecipanti sono in costante aggiornamento e disponibili su www.romeartweek.com 


INFO
#romeartweek 23-28 ottobre 2023
[w] romeartweek.com
[e] info@romeartweek.com
[fb]: www.facebook.com/romeartweek
[in]: www.instagram.com/romeartweek
[tw]: www.twitter.com/romeartweek
[vim]: www.vimeo.com/romeartweek
Sede organizzativa
[a] Via della Barchetta, 13 – 00186 Roma 
[t] +39 06 21128870
Ideazione e organizzazione
Kou Associazione no-profit per la promozione della arti visive
[a] Via della Barchetta, 13 – 00186 Roma
[w] www.kou.net
[cf] 97815340589
Ufficio Stampa RAW
Roberta Melasecca
[e] roberta.melasecca@gmail.com
[e] press@romeartweek.com
[t] +39 3494945612

Ufficio Stampa di supporto
Incandenza

[e] incandenza@incandenza.it
[w] www.incandenza.it

Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini: BEATO ANGELICO. Storie dell’infanzia di Cristo

Beato Angelico, Visione di Ezechiele (Rota in medio rotae), particolare del primo pannello dell’Armadio degli Argenti. Firenze, Museo di San Marco

MILANO – MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI

28 ottobre 2023 –28 gennaio 2024

UN CAPOLAVORO PER MILANO 2023

BEATO ANGELICO
STORIE DELL’INFANZIA DI CRISTO

ANTA DELL’ARMADIO DEGLI ARGENTI

DAL MUSEO DI SAN MARCO A FIRENZE

a cura di Angelo Tartuferi, Nadia Righi e Gerardo De Simone

Una delle più complesse e affascinanti opere di Fra Giovanni da Fiesole, meglio noto come il Beato Angelico (Vicchio di Mugello 1395 circa – Roma 1455) sarà il Capolavoro per Milano 2023, iniziativa giunta alla sua 15^ edizione.
Dal 28 ottobre 2023 al 28 gennaio 2024, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano accoglierà lo straordinario scomparto dell’Armadio degli Argenti dedicato alle Storie dell’Infanzia di Cristo, dall’Annunciazione alla Disputa fra i Dottori, introdotte dalla Visione di Ezechiele, proveniente dal Museo di San Marco a Firenze, che custodisce la più grande collezione di opere di Beato Angelico, uno dei maggiori pittori del Rinascimento italiano.

Si tratta di una delle ante dell’Armadio degli Argenti, così chiamato in quanto i trentasei scomparti che lo componevano erano in origine gli sportelli esterni dell’armadio ligneo che custodiva le offerte votive destinate all’immagine miracolosa della Vergine nella chiesa fiorentina della SS. Annunziata, ancor oggi tra le più venerate a Firenze.

Commissionata nel 1448 da Piero Cosimo de’ Medici, la tavola (123×123 cm), dipinta tra il 1450 e il 1452, periodo che vede il Beato Angelico al culmine della sua carriera, presenta una ricchissima sequenza narrativa, una vera e propria Bibbia illustrata, in cui tutti gli episodi sono inquadrati, in alto, da un cartiglio con una profezia del Vecchio Testamento e, in basso, dalla citazione del Vangelo corrispondente.

In questo ciclo pittorico in miniatura, dalle atmosfere intrise di luce e dai colori smaglianti caratteristici dell’Angelico, spiccano la delicata Annunciazione, uno dei temi prediletti del pittore in cui il dialogo fra l’Angelo dalle ali variopinte e la Vergine in umile preghiera avviene in un loggiato umanistico, l’intima e intensa Natività, con uno straordinario effetto di luce artificiale, e la Circoncisione, ambientata in un tempio che rivela anche l’aggiornamento del pittore sulle novità architettoniche del tempo.

La mostra è curata da Angelo Tartuferi, direttore del Museo di San Marco di Firenze, Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano di Milano, Gerardo De Simone, e vede il sostegno di Fondazione Bracco, in qualità di main sponsor.

Per tutta la durata dell’esposizione, il Museo Diocesano organizzerà una serie di proposte didattiche, rivolte agli adulti e agli studenti delle scuole, oltre ad eventi collaterali, come laboratori, conferenze, incontri, concerti e molto altro ancora.

Catalogo Dario Cimorelli Editore

Nelle passate edizioni il Museo Diocesano Carlo Maria Martini ha ospitato opere come la Deposizione (Pinacoteca Vaticana) e La cattura di Cristo (Dublino, National Gallery) di Caravaggio, l’Annunciata (Palermo, Galleria Regionale) e l’Ecce Homo (Piacenza, collegio Alberoni)di Antonello da Messina, la Natività di Lorenzo Lotto (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), la Natività di Filippo Lippi (Prato, Musei Civici), la Giuditta di Botticelli (Firenze, Uffizi), la Sacra Famiglia di Mantegna (Fort Worth, Texas, Kimbell Art Museum), l’Adorazione dei Magi di Albrecht Dürer (Firenze, Uffizi), l’Adorazione dei Pastori di Perugino (Perugia, Galleria Nazionale), l’Adorazione dei Magi di Veronese (Vicenza, chiesa di Santa Corona), l’Adorazione dei Magi di Artemisia Gentileschi (Cattedrale di Pozzuoli), l’Annunciazione di Tiziano (Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli), la Predella della Pala Oddi di Raffaello (Musei Vaticani).


UN CAPOLAVORO PER MILANO 2023

BEATO ANGELICO. Storie dell’infanzia di Cristo. Anta dell’Armadio degli Argenti, dal Museo di San Marco di Firenze Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3)
28 ottobre 2023 – 28 gennaio 2024

Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it

Ufficio stampa

CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco | T. +39 02 36755700
anna.defrancesco@clp1968.it | www.clp1968.it

Buren Contemporary presenta POLVERE SUL MONDO Mostra personale di Giulio Rigoni 

Giulio Rigoni, Manufatto #1, Olio su legno e foglia d’oro, 71 x 51 cm
Giulio Rigoni, Uomo in giallo, Olio su legno e foglia d’oro, 58 x 46 cm

Von Buren Contemporary presenta

Polvere sul mondo
mostra personale di
GIULIO RIGONI

Vernissage sabato 28 e domenica 29 ottobre 2023 dalle 18:00 alle 21:30

Curatrice e organizzazione: Michele von Büren

La mostra resterà aperta fino al 22 novembre

orari: 11:00-13:30 e 16:00-19:30; domenica e lunedì su appuntamento

Von Buren Contemporary
Via Giulia 13, 00186 Roma

Dopo il grande successo della mostra di Giulio Rigoni di esattamente un anno fa, Von Buren Contemporary è lieta di presentare il nuovo ciclo di opere dell’artista romano, raccolte in un’esposizione dal titolo Polvere sul mondo.
Polvere sul mondo raccoglie una serie di frammenti, immagini di un mondo passato e coperto dall’oblio. Un passato per lungo tempo dimenticato e che oggi torna alla luce. Si trovano personaggi intenti in arcani riti o lunghe processioni. Figure icastiche dallo sguardo perso nel tempo ed animali che, nella loro immobilità statuaria, ci sembrano raccontare storie senza tempo.

“Di tutto questo ne percepiamo il sottofondo fatto di lontani significati e simboli ma siamo poi in grado di capirne la loro essenza? Siamo in grado di guardare le stelle allo stesso modo di come facevano loro?”, chiede Rigoni.

Giulio Rigoni, Manufatto #2, Olio su legno e foglia d’oro, 71 x 51 cm

Nato a Roma nel 1976, Giulio Rigoni inizia a dipingere da autodidatta riuscendo ben presto a raggiungere uno stile molto personale che lo rende facilmente riconoscibile. Una pittura raffinata ed intimista a cavallo tra antico e moderno che attira velocemente su di lui la stima e l’interesse soprattutto del mondo del collezionismo privato. Diversi i riconoscimenti internazionali, tra cui la Biennale di Dakar, mostre a Boston, Parigi e recentemente a Londra.

Nella ricerca di equilibrio tra estetica classica e modo di concepire le forme in chiave contemporanea, la sua arte si carica di immagini irreali, spesso incantate, sospese in atmosfere che ci suggeriscono tempi lontani, mitici, lasciando allo spettatore il compito di decodificarne il senso secondo una interpretazione personale. L’apparente immobilità dei volti, i giardini, spesso in forma di labirinti, le infinite architetture e torri muovono tutte dalla sobrietà spiritualistica e ordinata della pittura tardo-medioevale. I piani prospettici si aprono, come wunderkammer, su stupefacenti scorci fiabeschi. Dal punto di vista tecnico, pur sperimentando l’utilizzo di diversi materiali come carta, ottone e tessuto, la sua cifra è quella della pittura ad olio su legno spesso impreziosita dalla foglia d’oro.


Ufficio stampa
Alessandra Lenzi | alessandralenzi.press@gmail.com