Un pensiero sull’ISLAM

ENZO SIVIERO

Il succedersi degli attacchi terroristici nell’anno appena trascorso ha indotto negli stati occidentali un sempre più grave stato di allerta verso l’insieme del sud-est mediterraneo e dei paesi islamici in generale. Sono fatti atroci che creano un atteggiamento emotivo di paura, quando non vero e cieco terrore, e tutti i migranti diventano potenziali terroristi o quanto meno invasori propensi a delinquere ed è sempre più evidente che il sentire comune tende a confondere il gesto folle di poche centinaia, o anche migliaia, o forse se vogliamo decine di migliaia di fanatici che uccidono in nome di Allah, con un miliardo e duecento milioni di persone che, a ben vedere, non sono poi così diverse da noi. Tuttavia, se si riflette freddamente e in termini statistici sui dati che ci pervengono dalle cronache giornaliere è da notare che quando l’attentato si rivolge a noi e produce morti e feriti in numero a tutt’oggi per così dire limitato, paginate intere colme d’orrore vengono spese sull’accaduto, ma quando invece le azioni terroristiche sono interne a loro – molto più numerose considerato che gli attentati nei paesi islamici sono all’ordine del giorno – pur producendo morti e feriti a centinaia le notizie vengono relegate ai margini. In poche parole, migliaia di morti loro ci commuovono poco mentre fa scalpore un numero molto più limitato di morti nostri.
Si parla di scontro di civiltà ma è una valutazione semplicistica: le vittime del terrorismo di matrice islamica sono in prevalenza mussulmani che leggono il Corano e lo interpretano in modo diverso, perché diverso è essere sciita o sunnita… Anche per noi Cristiani quanti credi diversi in nome di un solo dio e quanti roghi, impiccagioni, sevizie e torture da parte della Santa Inquisizione nata per combattere i valdesi, i catari, i protestanti, gli ebrei… in breve tutti coloro che non si conformavano alla dottrina cattolica. Ricordiamoci di Giovanna d’Arco, di Giordano Bruno, di Girolamo Savonarola e del processo a Galileo, senza dimenticare la “caccia alle streghe” di matrice protestante che imperversò in Europa e nella nascente America tra il 1400 fino ai primi decenni del 1700? Molti oggi ignorano, o addirittura negano, l’Olocausto di matrice europea da cui temporalmente ci dividono solo poche decine di anni… Non si trattava certo di scontro di civiltà allora ma di odio interno. Molti ignorano anche che vi fu un tempo in cui la civiltà araba era paragonabile se non superiore a quella cristiana e paradossalmente per lo più tollerante e che la scienza intesa in senso moderno la dobbiamo in buona parte agli Arabi, illuminati invasori della Spagna, che salvarono dall’oblio i testi della Grecia classica.
Oggi è vero vi è una tendenza se non all’unificazione dei credi almeno a un dialogo, con iniziative comuni quali le marce della pace di Assisi che si spera possano essere condivise sempre più dalle altre fedi, ma cosa fare di più per evitare i conflitti di matrice religiosa?
Auspicando un maggiore impegno da parte dell’intera comunità islamica per contrastare dall’interno il fenomeno terrorista, andrebbe diffusa a livello planetario la conoscenza della storia dei popoli (quindi delle religioni) valutata in termini geopolitici e non con il metro occidentale, spesso intriso di arroganza, perché solo conoscendo gli altri possiamo dialogare senza pregiudizi.
Per questo andrebbero interpretate da ogni parte e con intenti di pace le Sacre Scritture, che molto hanno in comune quantomeno nelle tre religioni monoteiste (in fondo Cristo era circonciso, Luca (2,21)), facendo un’opera di divulgazione interculturale e interreligiosa. Questo può portare al superamento dell’ignoranza, humus su cui agiscono recentemente con molta fortuna, tanti malevoli predicatori. Naturalmente molte responsabilità gravano sui governi occidentali che sembrano travolti dall’onda lunga dell’invasione inversa. Anche se oggi si possiedono i mezzi virtuali, questi andrebbero utilizzati in modo pacifico, agendo con pazienza e determinazione ma soprattutto in un disegno strategico chiaro e condiviso, che anche se non sembra oggi facilmente fattibile, tutti abbiamo il dovere di perseguire in un pianeta che ci va sempre più stretto.
Vanno abbattuti i muri della diffidenza reciproca per costruire ponti verso gli altri, solo un bridging basato sul coraggio d’incontrare il diverso può far crollare il muro di odio che la storia delle invasioni reciproche ha costruito tra l’Est e l’Ovest. Solo così i timori, le paure e il terrore dei singoli possono trasformarsi in amicizia e fratellanza.
Come per l’Ulisse dantesco, non si teme l’ignoto quando si cerca la conoscenza. Oggi come sempre è la cultura a renderci veramente virtuosi.

Enzo Siviero è Bridge Builder. Rettore Università eCampus Novedrate Como Italia; già professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni e direttore del Dipartimento di Costruzione dell’Architettura. Consultant Professor Università Tongji di Shanghai. Vice President SEWC (Structural Engineers World Congress). Vice President RMEI (Réseau Méditerranéen des Écoles d’Ingénieurs). Deputy Secretary General EAMC (Engineering Association of Mediterranean Countries).

 

L’ARTICOLO È PUBBLICATO NEL PRIMO NUMERO DI ESPERIENZE MEDITERRANEE