Di capre ce ne sono tante

 

LA COSTITUZIONE E LA BELLEZZA. Non è solo il titolo di un libro, ma l’intrinseco programma della nostra Carta Costituzionale. I due autori, Michele Ainis e Vittorio Sgarbi, hanno il merito di averlo messo in evidenza in sedici capitoli: dodici per quanti sono i princìpi fondamentali e quattro correlati ai titoli in cui si articola la prima parte della Costituzione. «La Carta italiana è una sorgente di bellezza, oltre che la prima fonte del diritto», dichiara Ainis. «L’Italia è il paese più bello del mondo. Non può non avere la bellezza come elemento costituzionale», fa eco Sgarbi. Occorrerebbe chiedersi quanto gli italiani siano consapevoli della bellezza di un paesaggio antropizzato da secoli di cultura. Non il FAI o la Lega Ambiente, perché è scontata una risposta positiva. Mi piacerebbe credere che le folle alle presentazioni del libro ne siano consapevoli, ma la foto postata dallo stesso Sgarbi su Facebook, del “Grande Cretto” di Burri a Gibellina sormontato da pale eoliche, pone il dubbio. I libri servono, però, a chiarire ciò che prima non aveva neppure sfiorato l’intelletto di qualche amministratore sprovveduto. Non credo ai libri edificanti e questo non lo è senz’altro, perché permetterà a molti di rapportare articoli costituzionali e riferimenti d’Arte. Come l’art. 1, «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», associato al Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, espressione di un popolo che, tramite il lavoro, «acquisisce cittadinanza e diventa portatore di democrazia». Ha ragione Ainis: occorre far capire quanto il nostro destino futuro sia legato a quel passato che ci ha resi ricchi di genialità, arte e gusto estetico. Ma di “capre” ce ne sono tante, potrebbe dire Sgarbi.

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Una sontuosa cena barocca – 2/7


COPPA DI GAMBERI.

Ingredienti per 5 persone

500 gr di code di gamberi non sgusciate
1 cespo di radicchio
2 cicorie belghe medie
120 gr di olio di semi
100 gr di barbabietola
1 foglia di alloro
mezzo limone
sale e pepe
30 gr di aceto rosso
50 gr di vino bianco secco
1 uovo

Questa ricetta è senza dubbio una variante gustosa della oramai inflazionata “coppa di gamberi in salsa rosa” o “all’americana”, utilizzando per colorire ed addolcire una semplice barbabietola, tanto in voga nella cucina barocca, in contrasto con gli amarostici radicchio e cicoria. Un gusto che si richiama alla tradizione del “dulcamara”, ossia il contrasto dolce-amaro, agro-dolce.

In un po’ d’acqua – alla quale avrete aggiunto vino bianco secco, alloro, limone e un pizzichino di sale – immergete le code di gamberi non sgusciate. Quindi lessatele, scolatele e sgusciatele. Versate i gamberi in cinque coppe solenni, predisposte con un letto d’insalata nettata, lavata ed asciugata molto bene, tagliata in striscioline sottili.

Contemporaneamente, con la barbabietola, predisponete una salsa molto morbida. Togliete la pelle, frullatela fino ad ottenere una soffice purea; aggiungetevi dell’aceto di vino rosso e fate riposare qualche minuto. Preparate una classica maionese (con tuorlo d’uovo, olio di semi, pepe e poco sale). Ora, miscelate la maionese con la purea di barbabietola, scolata preventivamente dell’aceto. Questa salsa servirà a coprire l’insalata e i gamberi disposti nelle coppe. Guarnite Infine con piccole foglie di radicchio.

[Fotografia tratta dalla rivista “A Tavola”, rielaborata graficamente da Sebastiano Occhino]

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L’Art Nouveau e Mucha

PROSPETTIVE.

All’inizio del secolo scorso, erano già esistenti alcune correnti artistiche, diverse tra loro per contenuti ed ispirazione, quali il Futurismo e l’Art Nouveau. Ma mentre il Futurismo non è sempre bene accetto a tutti, non abbiamo mai incontrato qualcuno a cui non piaccia l’Art Nouveau. Fu, tuttavia, presente nel panorama dell’arte nuova come una cometa veloce, intensa ma temporanea. Si spense nel giro di un paio di decenni.

Il Tema
La Belle Époque fu incoronata dall’Art Nouveau. Dolce e sensuale. I disegni pubblicitari dell’artista ceco Alfons Mucha (1860-1939), protagonista tra i massimi della corrente di inizio Novecento, sono stati in passato anche oggetto di varie mostre, attestazione dei contenuti artistici di questo stile “moderno”.

Le grandi città europee, tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, tra macchine e fiori, s’ingentiliscono. Le linee diventano flessuose e morbide, appaiono dolci e luminosi volti di fanciulle, la decorazione prende forma vegetale. Compaiono rose, narcisi, ninfee, pavoni e farfalle. Il tutto fluttuante nello spazio pubblicitario, nei manifesti e nelle riviste. In Italia lo stile Art Nouveau prende il nome di Stile Floreale o Liberty. Quest’ultimo termine ha origine da Arthur Liberty, commerciante britannico, che tra i prodotti dei suoi Grandi Magazzini di Londra vende oggetti d’arte di questa nuova corrente, così diversa da tutte le altre.

Contemporaneo del Liberty è anche il Movimento futurista, che anziché ispirarsi alla natura, si rifà al concetto di macchina e di velocità. È uno stile forte, duro e “maschile”, mentre il Liberty potrebbe essere definito “femminile”. Sono quindi stili contrapposti. Ambedue, però, utilizzano l’asimmetria della composizione grafica. È il segno dei nuovi tempi che si annunciano.

Alfons Mucha, artista Art Nouveau, viaggia in Italia, prima a Milano, poi a Genova. Nel suo passaggio lascia traccia di sé. Natura, trasparenze, presenze femminili botticelliane, sono alla base dell’arte di Mucha; sono il “marchio di fabbrica” che caratterizza ogni sua opera. Ma non è solo grande intelligenza grafica. Unitamente, ecco la malinconia, il lirismo di una interpretazione poetica. Se il Futurismo è forza, velocità, la macchina su tutto che apre nuovi scenari, Mucha si rifà, invece, alla Danza, alla Musica e alla Pittura, forse ispirato dalle composizioni dei Preraffaelliti.

Le ragazze di Mucha sono ben vestite, ma spesso anche velate e sensuali. Angeli e contemporaneamente “femmes fatales”. Moderne ninfe, licenziose ed ammiccanti, trasformano un prodotto nel desiderio di comprarlo e provarlo. Pubblicizzano lo Champagne Ruinart, le Bières de la Meuse, i biscotti Lefèvre-Utile e le sigarette Job. Questi sono soli alcuni dei prodotti presentati servendosi della sua opera geniale e raffinata. I suoi disegni sono così originali da oscurare lo stesso prodotto offerto.

Le numerosissime composizioni e applicazioni di Mucha, tra disegni, realizzazioni grafiche, litografie a colori, poster e illustrazioni, ma anche maioliche, gioielli e oggetti d’ogni tipo, fino ai Vasi Daum e Gallé, declinano ampiamente tutta la sua creatività, in vari temi e utilizzi.

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Libro d’artista: tra passato e presente

LIBRI D’ARTISTA.

Per avviare alcune riflessioni sul libro d’artista comincerei con un gioco di parole rappresentato dalla scrittura “Lib(e)ro”. Il termine libro, che deriva dal latino “liber”, assume in questo caso un doppio significato: “libro” e “libero”. A ben pensare ogni volta che si “liberava” la membrana sottile posta sotto la corteccia di un albero (che sappiamo chiamarsi “libro”) si produceva un foglio che disseccato era usato nell’antichità come materiale scrittorio. Il libro, il foglio (o la foglia), la pagina (cioè la faccia superiore ed inferiore delle foglie) sono termini botanici delle parti di un albero che condividono significati con un libro, inteso come un insieme di fogli uniti fra loro a formare un volume.

Il termine libro sottintende comunemente la stampa, perché altrimenti parleremmo di manoscritto. Ora proviamo a pensare ad un altro termine che ha relazione con il libro: “colophon”. Letteralmente in greco significa “estremità, righe finali”. Questo perché l’autore, il titolo, il nome dello stampatore o del copista, il luogo e l’anno, si trovavano in chiusura del libro. Proprio così, le indicazioni che siamo abituati a leggere sul retro del frontespizio (che nei sec. 15°-16° non esisteva ancora) si leggevano non all’inizio, ma immediatamente aprendo l’ultima pagina dell’opera. Questo era appunto il colophon, che consisteva nella disposizione tipografica delle righe terminali del testo, che digradavano con forme geometriche, come ad esempio un trapezio regolare, seguendo la linea mediana della pagina. Una figurazione di righe tipografiche per dare forma ad un disegno “artistico”.

È il primo esempio di un libro d’artista? Niente affatto, abbiamo esempi anche precedenti. Solo che all’epoca non sapevano che stavano realizzando un archetipo di quello che chiamiamo libro d’artista. Ma lo sappiamo oggi. In una edizione limitata per commemorare i quattrocento anni dalla pubblicazione del “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel de Cervantes, la facoltà di Belle Arti dell’Università di Valencia ha voluto rappresentare il testo del colophon con la forma di un cerchio, per ricordare certe stampe cinquecentesche. Come si vede nella figura, il presente prende spunto dal passato. Ma avremo modo di approfondire il discorso per conoscere bene cosa sia e cosa non sia un libro d’artista.

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Per coloro che se ne intendono

 

FOTOGRAFIA. Una giovane di Verona mi ha contattato per avere mie foto su monumenti siciliani. Ho risposto che sono perfettamente incapace di scattare immagini degne d’attenzione al contrario del mio amico Sebastiano Occhino, che ama chiamarsi fotografo prima che architetto. Non vede l’ora di uscire con scarpe da trekking, F90x, 20mm e un paio di HP5, magari da “tirare” a 1600 ISO. L’altro giorno ha asserito che, fuori dai tecnicismi, «la fotografia dovrebbe nascere dentro di noi ed usare la realtà che ci circonda per esprimere le nostre visioni». Non so a voi, ma a me ha ricordato Charles Baudelaire nella recensione del Salon parigino del 1859, apparsa col titolo «Le public moderne et la photographie». Molti critici, dalla superficialità abissale, lamentano in Baudelaire l’avversità verso questa spettacolare invenzione per rappresentare la realtà. Dimenticano che era amico di Nadar, fra i più grandi fotografi del XIX secolo: l’uomo che fotografava Parigi da un pallone aerostatico. Ciò che semmai Baudelaire deplorava era l’uso fatto dalle masse popolari e borghesi, nonché la particolare idea di “progresso” incarnato. Credendo che l’arte non potesse che raffigurare l’esatta riproduzione della natura, «una follia, uno straordinario fanatismo s’impadronì di tutti questi nuovi adoratori del sole». In verità, «poiché l’industria fotografica era il rifugio di tutti i pittori mancati, scarsamente dotati o troppo pigri per compiere i loro studi, questa frenesia universale aveva il carattere dell’accecamento e dell’imbecillità». Com’è evidente, in Sebastiano come già in Baudelaire, c’è la preoccupazione che un progresso soltanto materiale porti al dissolvimento della visione artistica, già tanto rara.

(Nell’immagine: “Nadar mentre eleva la fotografia all’altezza dell’Arte”. Caricatura di Honoré Daumier)

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Una sontuosa cena barocca – 1/7

 

SPAZI DEL GUSTO.

Per festeggiare ricorrenze speciali proponiamo delle ricette ideate dai cuochi siciliani. Richiamano alla memoria il “pasticcio di sostanza”, i grandiosi “trionfi di gola”, morbidissimi zabaioni profumati alle erbe, elaboratissime meringhe di scuola francese, marmellate di arance amare di ricordo britannico, croccanti di origine araba, pistacchi e zucche candite. Tutti cibi che profumano di Sicilia.

Sono elaborati nelle cucine delle grandi casate che, a partire dall’epoca barocca, hanno creato la grande arte culinaria isolana: baronale o prelatizia che fosse. Una cucina raffinatissima, parallela a quella del popolo. Maestri dell’arte gastronomica di rango erano i “monsù”, ovvero i prestigiosi cuochi di palazzo, contesi dalla nobiltà dell’epoca. Seguivano i loro signori nelle residenze di città ed in quelle di campagna, e per essi cucinavano persino nei lussuosi alberghi d’Europa pur di assecondarli nei gusti.

A questo proposito presentiamo le ricette realizzate in occasione di una fastosa cena celebrata a Palermo, anni fa, nella splendida Villa Chiaramonte Bordonaro. Padrona di casa la baronessa Antonella Chiaramonte, che con sensibilità ha voluto offrire ai suoi commensali i momenti conviviali propri della tradizione nobiliare. La cena è stata raccontata da una delle più prestigiose riviste di alta cucina, “A Tavola”, testimonianza che ancora oggi la cultura culinaria siciliana ha spazio rilevante nella tradizione gastronomica nazionale.

Il menù di questa cena sontuosa è frutto delle amorevoli ricerche di Anna Maria Dominici (figlia del famosissimo attore Angelo Musco). Una raccolta di trascrizioni da antichi manoscritti riguardante i piatti della tradizione siciliana: quella popolare e quella baronale. Spesse volte i ricettari sono quelli appartenuti ai monsù, quando la cucina – quella di alto rango – era esclusiva degli addetti ai lavori, che ne conservavano gelosamente i segreti.

Oggi, tali segreti, potrete trovarli svelati ogni martedì sul nostro sito web, con l’intento, non solo di partecipare le delizie a quanti vorranno sperimentarne l’esecuzione, ma anche di arricchire la conoscenza della gastronomia siciliana, che gratifica la gola quanto lo spirito.

[Fotografie tratte dalla rivista “A Tavola”, rielaborate graficamente da Sebastiano Occhino]

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Viaggio alla scoperta di nuove prospettive

 

PROSPETTIVE.

E se facessimo un viaggio? Non il solito viaggio: qualcosa di diverso. Un viaggio nella creatività e nella fantasia. Si tratta di avere un pizzico di curiosità, perché, a volte, informazioni sapute e risapute possono assumere uno spirito diverso, se conosciute sotto una nuova prospettiva. È il classico ritratto di Napoleone con la mano sullo stomaco. Non appare più così scontato, dopo aver scoperto che soffriva di gastrite.

Il “gioco” e la sua importanza
Per definizione, la “creatività è un termine che indica genericamente l’arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare” (Wikipedia). Cosa sia la fantasia lo sappiamo tutti. Sostanzialmente, indica l’immaginare nuove storie, scenari ed oggetti. Oppure trovare le tessere mancanti di un puzzle. È un “gioco”, ma che può tornare utile, davvero. Tuttavia, il meccanismo segreto della creatività non si conosce bene, perché, anche se la pratica dell’inventiva e della fantasia la possediamo un po’ tutti, essere creativi è una questione caratteriale. Saper vedere le cose sotto un punto di vista diverso può consistere, invece, in un semplice scambio di opinioni tra noi e gli altri. Tenendo conto delle sinergie che si possono creare tra fantasie diverse condivise.

Il valore della cultura
Ciononostante, creatività e fantasia sono argomenti ritenuti di solito leggeri. Eppure il mondo progredisce grazie alla fantasia, alla creatività e alle idee. Forse anche con un pizzico di curiosità. Il passo in più dipende sempre da una domanda e dalla conseguente risposta: step by step. Un percorso di idee apre il futuro dell’umanità.
Ma questo vale anche per il passato. Riscoprire il passato, in un’ottica diversa, può renderlo più autentico e credibile. Perché, a ben guardare, conoscere meglio il passato non è inutile, perché la “realtà storica” ha un valore simile alla “realtà quotidiana”. Servono ambedue per la comprensione del mondo. Questo per il semplice fatto che la Storia è stata scritta da uomini esattamente come noi. Le loro esperienze possono essere le nostre, se interpretate ed “aggiornate”. Se Gutenberg fosse vissuto oggi, probabilmente, lavorerebbe su Internet, dopo aver inventato gli e-book.

Vi invitiamo, perciò, ad accompagnarci in questo insolito viaggio, con curiosità, fantasia e tanta arguzia, giocando con il passato e con i differenti punti di vista. Vi basterà seguire i prossimi appuntamenti delle nostre “Prospettive“, per leggere ogni lunedì le cose sotto un’ottica diversa. Allora, si parte insieme per questo viaggio? À bientôt.

 

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Perché una nuova immagine del website?

 

Volete una risposta immediata e sincera? Perché occorre essere al passo coi tempi. Oggi vuol dire comunicare, lasciando a chi legge l’opportunità di utilizzare il dispositivo elettronico che più gli aggrada: Smartphone, Tablet, Desktop. Occorreva perciò un nuovo look, non solo per migliorare l’estetica del sito. Un look moderno, una grande home page con un aspetto professionale. Occorreva dare vita ad un “responsive website”. Significa che se leggi col tablet vedi la pagina diversamente disposta rispetto a quando navighi col PC o col Mac. Si trasforma, spostando gli elementi che la compongono, per adattarsi alla migliore visione offerta dal tuo dispositivo di lettura. I vantaggi del “responsive design” consistono in una facilità di navigazione dai “mobile internet device” cioè dai dispositivi mobili (MID), in una indicizzazione più agevole da parte dei motori di ricerca, nella possibilità di trovare in modo immediato informazioni essenziali attraverso una lettura che noi in redazione chiamiamo “Zen”.

Ci siamo, quindi, detti: «Occorre un sito web dinamico, sia nella forma che nei contenuti», dal momento che desideriamo continuare ad incentivare il dialogo con i lettori. Ecco perché ognuno di voi potrà commentare ciò che andremo scrivendo e magari condividerlo su di un Social Network. Questo è, appunto, un altro vantaggio del sito rinnovato. Ogni volta che pubblicheremo una pagina, immediatamente la troverete su Facebook e molti altri Social. Perché vogliamo raggiungervi dove siete in quel momento. Per scambiare opinioni e immagini su argomenti sempre diversi ed esplorare insieme il mondo sensibile e, perché no?, anche quello delle idee. Non abbiamo, però, la presunzione di sapere. Al contrario ci distingue il desiderio di conoscere. Lo facciamo attraverso letture continue ed aggiornate. Rimaniamo pur sempre innamorati dei classici: alcuni li abbiamo persino ripubblicati e li trovate sul nostro Shop. A ben ripensare sono migliaia le pagine che dalla fine degli anni Novanta abbiamo caricato su Internet. E così continueremo a fare, perché siamo certi di avere lettori curiosi. Come noi.

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Racconteremo il nostro lavoro di ogni giorno

 

Ve li ricordate i libri “mille lire”? Era la cultura a portata della gente. Un bene. Il male era la stampa tirata coi piedi, una carta scadente, una grafica sbrindellata. La forma non rispecchiava il contenuto, che era spesso quello di un classico. Così qualcuno sollevò la questione: un libro deve possedere la sua dignità. E’ questa rispettabilità che vorremmo dare ai libri da noi selezionati e pubblicati. I nostri e-book non sono una lunga colonna di testo in word, come si possono scaricare gratuitamente da molti siti internet, per rimanere poi dimenticati nel computer. Attraverso la riedizione di un libro, vorremmo farne riemergere la memoria fragorosa: quella che aveva suscitato alla sua prima apparizione. Vorremmo rimetterne in circolo le idee, in un mondo che vive alla giornata, perché ha dimenticato che è la nostra esperienza che ci fa trovare il coraggio per spiccare il salto verso il futuro.

I nostri Reprint sono quelli che oggi trovate solo nelle biblioteche. Il problema è che le biblioteche, comprese quelle su internet, sono vuote di lettori capaci di leggerle. Le edicole sono invece piene di libri da comprare a pochi euro, belli ed allettanti, ma servono per riempire librerie d’arredamento, costruite per far mostra di una cultura che desideriamo possedere, ma che non è ancora divenuta nostra. I libri così rimangono mummificati, mentre cercherebbero persone sensibili per tornare a nuova vita. Ogni libro, in realtà, contiene il viaggio liberatorio dell’autore che racconta la propria passione. Interesse di Experiences è portare alla conoscenza corretta di un mondo legato alla realtà “quotidiana”, dove i prodotti della cultura (i libri e ciò che narrano) non sono opere eccezionali isolate dal contesto.

Siamo in sintonia con quanti non ne possono più di libri sacrali, che promettono la salvezza dal peccato dell’ignoranza. L’ignoranza, semmai, sta nel considerare imbalsamato il passato, senza volerlo esplorare nella sua vera essenza. Considerare gli autori come busti marmorei erti sul piedistallo di un corridoio scolastico. Da venerare, perché irraggiungibili. Bene, impariamo ad ascoltare i libri, perché tra le loro righe nascondono sorprese. Parliamone insieme e facciamo scaturire nuovi libri. E se è vero che oggi esistono più scrittori che lettori, è solo perché nessuno vuole più rimanere in silenzio. Scrittori di tutto il mondo unitevi. Experiences è qui per darvi voce.

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Piccole librerie o enormi megastore?

 

L’altra sera ho partecipato alla presentazione di un libro. L’atmosfera familiare ed accogliente mi ha ricordato quella del “Negozio dietro l’angolo” gestito con passione da Meg Ryan nello scontro con la catena dei bookstore Fox proprietà di Tom Hanks. Alla fine del film trionfavano i buoni sentimenti e da Doralice, a fine serata, ha riscosso successo un buon libro, con copie quasi esaurite. Questo in un’epoca in cui la carta sta per essere sorpassata del digitale. La concorrenza portata dai tablet influisce su di un mercato in crescita anche in Italia, pur se il fatturato ancora non compensa la flessione dei lettori. I titoli elettronici triplicano in numero e formato, ma già si fa evidente la progressiva concentrazione della vendita di ebooks nelle mani dei global players come Amazon, Google, Apple, Kobo. La loro quota di mercato è dell’80%.

Altro che lotta tra piccole, deliziose, librerie e famelici megastore. Perciò ci si preoccupa d’individuare nuove strade e nuovi canali. Ma la tecnologia, come già avvenuto per la lotta degli anni Settanta tra stampa a caldo e a freddo, si evolve con soluzioni inattese. Un inchiostro a base di nanoparticelle di grafene sarà in grado assumere interattività al tocco. Se le sperimentazioni troveranno conferma, ne conseguirà che libri e giornali di carta, sostituendo il vecchio col nuovo inchiostro conduttivo, potrebbero diventare meravigliosamente interattivi. Sfiorati con un tocco si accederà a contenuti multimediali visualizzati su tablet e smartphone collegati via Bluetooth. Con buona pace di tradizionalisti e innovatori, a vincere saranno i libri.

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