Antichi mestieri: il conciapelli

 

Il mestiere della concia delle pelli, attribuita nel passato ai conciapelli, esiste tutt’ora, ma a livello industriale, nelle specifiche aziende conciarie, come per la carta o le stoffe.
Tuttavia, il settore della lavorazione del cuoio è molto ampio. Tra i manufatti realizzabili con il cuoio, tanto per indicarne qualcuno, vi sono: le borse, borsette, borselli, cinture, cartelle professionali, portadocumenti, borsellini, portafogli, portasigarette e molti altri.
La lavorazione è chiaramente, caratterizzata proprio dal materiale con cui si lavora. Tuttavia, si possono esprimere doti creative e perfezione artigianale. Lavorando con una forma esclusiva, di propria ideazione, e farne cento di questa, può servire per farsi conoscere ed apprezzare. Poggiando, altresì, su una rinomanza tra i negozi di vendita di pelletterie, ma anche di distribuzione, la strada è aperta. Servono buone conoscenze e abilità tecniche e pratiche. Perché, comunque sia, è una strada lunga.

Il cuoio
Il cuoio o le pelli sono dei materiali organici (utilizzati nell’abbigliamento e la pelletteria), e provengono tutti, oggigiorno, da animali allevati appositamente ad uso alimentare. Siccome oggi si mangia di tutto, abbiamo la pelle di bovini, ovini, caprini, suini, equini, cervi, renne, di alcuni pesci, ma anche, in certi paesi, di canguro o di struzzo. Tutte le pelli passano per una fase di concia, che serve per renderle imputrescibili. L’uomo preistorico, infatti, in tempi lontanissimi, si accorse del rapido deterioramento delle pelli. Questo lo portò a sperimentare delle strane tecniche, come l’esposizione al calore ed al fumo, oppure a trattamenti vegetali (immersioni in acqua, rami o foglie). Aveva scoperto la cosiddetta “concia”. Nel secolo XIX, si sperimentò, invece, il trattamento con allume. È ancora utilizzato, unitamente a molti altri passaggi tecnici, che non spieghiamo.

Tra le caratteristiche dei pellami si evidenzia quella particolare della traspirazione. Tra le altre proprietà vi è quella di essere termoisolante (riscalda d’inverno) e di avere una buona conduttività elettrica (evita la cosiddetta “scossa elettrica”). Pur essendo, quindi, il cuoio antichissimo (risale ai tempi preistorici), supera, in questo, le stoffe o le plastiche di realizzazione moderna. A tal proposito è tuttora aperta la ricerca scientifica e tecnica di creare un materiale moderno simile al cuoio. Ciò perché molti sono i prodotti simili in apparenza del cuoio, ma di questi, nessuno ne ha le caratteristiche, dovute alla struttura specifica del vero cuoio, assolutamente inimitabile. Ne sono nati marchi di garanzia del prodotto, vero cuoio o vera pelle, dovuti ad interventi legislativi. I consumatori, per questo, sono garantiti da tale procedura.

ENCICLOPEDIA TRECCANI: LA CONCIA
TRECCANI: PRODUTTORI: FENDI
TRECCANI: PRODUTTORI: GUCCI

VIDEO ANTICHI MESTIERI:
Creare una borsa di pelle…
Dealfa: come si realizza una borsa in cuoio

 

 

Non la doppia cultura ma un unico pensiero

 

Boncinelli e Sabatini, con saggezza antica, hanno saputo mettere di nuovo in ordine quanto la nostra epoca ha saputo invece scompigliare. In loro, attraverso un’infinità di letture – come Leopardi nella biblioteca paterna – hanno raccolto “tutte le frasi del mondo”. Tutte le domande, le curiosità, che spingono alla conoscenza. Sul tema esposto alla BRUM, Lingua Tecnologia Umanesimo, propongono la centralità in un unico pensiero. L’idea che per natura gli scienziati siano rivolti al futuro e gli umanisti al passato, che esista la schizofrenia di una duplice cultura, non abitava neppure il mondo antico, poiché il sapere si è sempre proiettato ad un’azione volta a cogliere gli aspetti dell’esistenza e a comunicarli. Per questo il linguaggio rappresenta il pensiero. Oggi, al contrario, del linguaggio si va perdendo il valore culturale: il vero significato delle parole e l’importanza del loro costrutto grammaticale e sintattico, cioè quell’impalcatura organica per applicare con metodo i principi stessi del pensiero. Ricorrere all’etimologia è ritrovarne la storia, come nel termine grammatica, che deriva da “gráphein”, scrivere “graffiando” tavolette d’argilla con segni cuneiformi, la cui rappresentazione visiva riconduceva al ricordo, che la lettura ad alta voce consentiva di esprimere. Graffiare era un’azione manuale, come oggi si può digitare una tastiera: importante è utilizzare la mente. Nondimeno vale soffermarsi sulla disgregazione dei valori semantici. Sempre più si usano parole senza coglierne il senso, precipitando nel marasma culturale. Accade, ad esempio, quando senza necessità prediligiamo l’uso di termini stranieri ai corrispettivi italiani; dimenticando che una lingua serve per comunicare significati a qualcuno che dovrà comprenderli.

Le stupende isole Eolie

 

In genere si argomenta di arte, monumenti o architettura, perché l’opera materiale dell’uomo è oltremodo significativa. A volta ci capita, invece, di trattare di capolavori non dovuti all’uomo, ma alla natura. Ambienti mozzafiato, specifici ed unici al mondo. È il caso dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO che riguardano le aree naturali non antropizzate, cioè dove minore è stato l’intervento dell’uomo e, per questo, maggiore è il loro valore ambientale. Ad esempio, le isole Eolie in Sicilia. Sono “arte” creata dalla natura, dove entrare e godere di uno spettacolo grandioso, quanto primitivo. Nelle isole Eolie, infatti, coscienti di questa “architettura naturale”, si fa di tutto per conservarla. Poche sono le strade (si viaggia, per lo più, a dorso di mulo), centellinata la luce nelle vie (e per questo, si gode del cielo stellato di notte), niente fabbriche o grandi complessi edilizi, niente ville lussuose da miliardari. È come un’incredibile Disneyland, ma tutta al contrario. Per realizzarla non ci sono voluti milioni di euro, ma millenni di tempo e storia.

Ecco perché se impieghiamo un po’ di tempo a descrivere le isole Eolie, ne vale la pena. Perché madre natura insegna a non stravolgere la sua eredità. Il pianeta Terra, va conservato e tutelato e non inquinato. Evidentemente, la ragione di questo si capisce visitando proprio le Eolie o godendo delle immagini di questo paradiso terrestre. Il nostro e-book serve anche per questo.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: ISOLE EOLIE

VIDEO SULLE ISOLE EOLIE
Eolie, isole dolci del Dio
Volando sui tramonti estivi di Lipari – Isole Eolie in 4k
Le isole Eolie come non le avete mai viste….


PATRIMONI DELL’UMANITA’, Le isole Eolie, formato e-book, costo 1,60 euro

 

 

Eleanor Roosevelt

 

Citazioni e aforismi sono passati dalla carta al web. Ne leggiamo in continuazione, ma noi stessi dimentichiamo di mettere in pratica quanto abbiamo sollecitato all’attenzione degli altri. Non sarebbe il caso di passare dalle citazioni alle citAZIONI?

Il Simbolismo: i pittori, Odilon Redon

 

Jean-Bertrand Redon, detto Odilon, dopo aver studiato pittura ed aver esposto al Salon des Amis des Arts di Bordeaux, dove era nato, nel 1864 si trasferì a Parigi. Qui entrò in contatto con Gustave Moreau e attraverso lui con gli artisti del nascente Simbolismo. In realtà, in quel periodo era in auge l’Impressionismo, che era stato vincente, a sua volta, sulla pittura accademica precedente. Lo affascinava evidentemente il ruolo dell’avanguardia. La sua ricerca personale lo portò nelle sue prime opere ad utilizzare nella composizione pochi colori (a differenza degli impressionisti), preferendo quelli classici, tutt’altro che squillanti, oltre all’essenzialità nei disegni e nelle litografie.
Era, comunque, una ricerca aperta, all’insegna dei contenuti del decadentismo. A Parigi aveva la possibilità di incontrare e colloquiare con l’arte e gli artisti del suo tempo, portando avanti la sua ricerca personale. In effetti, ebbe molti amici. Tra cui ammirava Edgar Allan Poe, Francisco Goya, Charles Baudelaire, frequentava Paul Gauguin, André Gide, ma soprattutto Stéphane Mallarmé, con cui strinse un’affettuosa amicizia.
A quasi cinquant’anni, Odilon focalizzò l’attenzione sulla pittura (mettendo da parte disegni e litografie). Cercò, infatti di estrarre dalle rappresentazioni l’emotivo, l’irrazionale ed il misterioso. Questo utilizzando semplicemente tecniche come l’olio, i pastelli e gli acquerelli. Tra i temi preferiti, Odilon, dipinse composizioni di fiori. Il suggerimento gli venne dal botanico inglese Armand Clavaud, che lo introdusse nel settore delle piante e dei fiori. Tuttavia, i suoi quadri non rappresentano il soggetto in maniera realistica. I suoi fiori provengono dalla memoria. Egli la richiama e ne dà una versione del tutto personale, rimanendo, così nell’ispirazione simbolista, e non semplicemente figurativa. Poi dai fiori alle nature morte floreali il passo fu breve. Attraverso di esse, veicolava la fantasia, l’immaginazione ed il sogno. Secondarie per gli altri, le nature morte divennero per lui, col tempo, essenziali, tanto che dal 1900, furono il suo cavallo di battaglia con cui si presentava alle esposizioni. Ironia della sorte, Odilon iniziò ad essere conosciuto e a vendere, al di fuori della ristretta cerchia degli esperti. Mettendosi in luce, cominciò ad essere conosciuto e apprezzato. Quando Paul Gauguin partì per la Polinesia, il gruppo dei pittori Nabis gli chiese di divenire il caposcuola della loro corrente artistica. Negli ultimi anni della sua vita partecipò a molte mostre, incluso quelle del gruppo Les XX a Bruxelles.

ENCICLOPEDIA TRECCANI: ODILON REDON

VIDEO SU ODILON REDON:
Odilon Redon

Fonte dell’immagine;: ODILON REDON, natura morta floreale

 

 

Il Simbolismo: le influenze dei Preraffaelliti

 

In Gran Bretagna durante l’età vittoriana (a metà del XIX secolo), nacque, si sviluppò e si concluse, la corrente dei Preraffaelliti. Ebbe origine esattamente nel 1848, dalle opere di Johann Heinrich Füssli e William Blake, che a loro volta sostenevano la pittura romantica. È l’icona dell’Inghilterra dell’Ottocento e della sua società borghese e dei suoi valori. Il mondo artistico coincide con le tematiche e lo stile dei Nazareni e del purismo pittorico. Ad importare in Inghilterra questi riferimenti fu Ford Madox Brown, che, in un viaggio a Roma, nel 1845, entrò in contatto con essi.

Fu il famoso critico inglese John Ruskin, a valorizzare e promuovere il movimento dei Preraffaelliti, a partire dal 1851, quando si aprì un dibattito sulle colonne dei giornali britannici tra il critico e Charles Dickens, che scriveva sul Times. Ruskin indicò, la come arte veramente moderna, per poi comporre un saggio apposito dal titolo, per l’appunto, Preraphaelitism, dove si confrontano tecnica e stile con quella di William Turner. I Preraffaelliti vanno messi in rapporto con il lavoro dello scrittore inglese Oscar Wilde, artista decadentista. Figlia del suo tempo, la corrente preraffaellita si può ascrivere, dunque nel più generale decadentismo e da esso fino al simbolismo. L’influenza della loro pittura giungerà, addirittura, al movimento dell’Art Nouveau, di inizio Novecento.

Gli storici dell’arte considerano il fondatore del movimento il pittore Dante Gabriel Rossetti, tra gli altri: William Trost Richards, William Hunt, Ford Madox Brown, John Everett Millais, Edward Burne-Jones, ed il grande William Morris, fondatore successivamente delle Arts and Craft (che vedremo in seguito).

Il termine esatto è Confraternita dei Preraffaelliti. Esso ha origine dall’opposizione dei pittori al lavoro svolto da Raffaello Sanzio, colpevole, a loro dire, di aver dato origine all’Accademismo a lui successivo. Essi, quindi avevano come riferimento gli artisti precedenti a Raffaello, virtuosi operatori di un mondo nostalgico, quanto immaginario. In realtà, i Preraffaelliti contestavano gli stilemi accademici a loro contemporanei, affermazione della società borghese. Essi cercavano di raggiungere l’essenza di vita, arte, e bellezza al di fuori dalle “regole” artistiche, vigenti allora. Ecco quindi estrarre dalla cultura riferimenti colti, come i contenuti biblici (episodi della Bibbia, in particolare, l’Annunciazione), danteschi, leggendari e storici. Nel loro mix trova spazio anche il riferimento a William Shakespeare. Di questo colpirono la loro fantasia i drammi di Re Lear, il Macbeth e l’Amleto, dove prevale la figura tragica ed emblematica di Ofelia. L’ispirazione shakespeariana e altri temi di storia inglese trovano interpretazione e causa nel loro forte patriottismo e nazionalismo.
La pittura di paesaggio, pur svolta, non trova grande eco all’interno del movimento. Ciononostante questo genere ispirerà i pittori francesi successivi della scuola di Barbizon (Corot). Da rilevare, invece, è la particolare attenzione dei Preraffaelliti nei confronti della figura femminile, probabilmente più evocatrice di quella maschile. Il mondo al femminile verrà ripreso dalla successiva corrente Art Nouveau, che la declinerà con sinuose fanciulle, fiori, volute e rameggiati, divenendo linguaggio caratterizzante della corrente ed espressione artistica.

Eppure alcuni di essi (ad esempio, Ford Madox Brown), raccontarono anche la loro società contemporanea. È svolto, infatti, il tema spinoso dell’emigrazione verso altri continenti, in particolare verso l’Australia, in cerca di occupazione. Tant’è che viene sviluppato anche il tema del lavoro stesso, nel quadro della rivoluzione industriale, la borghesia e le manchevolezze del nascente capitalismo. Questi fattori erano visti come causa della volgarizzazione e decadenza dei costumi e dell’arte moderna.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: PRERAFFAELLISMO

VIDEO SUI PRERAFFAELLITI:
Preraffaelliti l’utopia della bellezza
Preraffaelliti: l’utopia della bellezza

Fonte dell’immagine: JOHN WILLIAM WATERHOUSE – I’m half-sick of shadows, said the Lady of Shalott 

 

 

L’arte della similitudine. Foucault e Magritte

 

Questa volta BLOGROLL va a trovare un filosofo che legge un pittore, per la semplice ragione che il pittore si richiamava ai filosofi: Eraclito, Socrate, Platone, Descartes, Berkeley, Kant, Hegel, Schopenhauer, Marx, Nietzsche, Bergson, Bachelard, Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty.  Chi è il filosofo in questione e chi il pittore? Si tratta di Foucault e Magritte, e per avventurarci in un sentiero impervio lo facciamo utilizzando l’interessante saggio di Giuseppe Zuccarino.

 

Scarica il PDF: L’arte della similitudine. Foucault e Magritte

Fonte dell’immagine: Foucault legge Magritte: l’abitudine spaesata.

Antichi mestieri: il cappellaio

 

Non tutti i cappellai sono matti. Anzi, il mestiere di cappellaio è molto interessante, soprattutto sotto il profilo ideativo. Se ormai sono pochi quelli che ne fanno uso, il lavoro perdura. I modelli per uomo sono pochi, vero, ma i cappelli da donna, oggi, sono creati direttamente dalla fantasia del cappellaio. Infatti, per una donna, in un’occasione importante, il cappello è un segno di distinzione, molto ammirato e molto commentato.
Tuttavia, ultimamente, il settore registra una strana evoluzione. Tra i giovani ha preso piede il cappellino da baseball, molto usato anche dai rapper. Il concetto è particolare: non si cambia lo stile del cappello, ma la sua decorazione e colore. Ne esistono tantissimi tipi, come è capitato per i modelli delle cosiddette scarpe da tennis (in gomma). Ugualmente, si evidenziano i cappellini fatti a maglia o a uncinetto. Lavorando, perciò, su una buona piazza, la committenza e le commissioni non dovrebbero mancare.

Il Borsalino
Se nell’Ottocento esistevano la tuba, la bombetta e la paglietta, oggi, perdura il Borsalino. Dalla fine del XIX secolo fino circa gli anni ’50, è stato molto usato. Il nome deriva dall’azienda italiana che lo produce, divenendo di uso comune. È un cappello semirigido, realizzato in feltro, con una tesa larga 6 centimetri. Se giunge ad 8 centimetri, prende il nome di Fedora. Se, invece, il bordo è più corto, il cappello è chiamato Trilby. Il borsalino è “decorato” con una fascia scura intorno alla testa. Si possono trovare versioni del cappello di ogni colore, ma, nell’uso pratico, emergono in nero, marrone e in rosso scuro.

Il borsalino venne ideato per la moda femminile, ma negli anni ’20 fu applicato a quella maschile, raggiungendo un buon uso ed evidenza tra gli uomini di una certa importanza. Andò sostituendo la Lobbia, un cappello simile nella forma, dello stesso periodo. Oltre che per moda, il cappello copriva egregiamente il capo. Inoltre, essendo semirigido, poteva essere arrotolato e messo da parte. Il Borsalino, in verità, nasce dal titolo di un’opera teatrale, del 1882, di Victorien Sardou, Questa, fu scritta appositamente per Sarah Bernhardt, che vi interpretava il personaggio principale di Fedora (da qui il nome). Il pezzo venne messo in scena in America, nel 1889.

A metà del secolo scorso, il Borsalino divenne una moda maschile. Tuttavia, più tardi, negli Stati Uniti, il cappello, in generale, perse d’importanza. Come per la bombetta, il nuovo tipo di abbigliamento e moda maschile rendeva superfluo il cappello.  La Fedora ed altri copricapi scomparvero negli anni ’70. Nelle piccole automobili del boom economico degli anni Sessanta, il cappello a larghe tese era di una scomodità evidente. Scomparve, quindi, il concetto di cappello. Solo più recentemente vi è stato un revival del Borsalino, molto utilizzato dal mondo della moda.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: IL CAPPELLAIO

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La riflessione riguarda la società delle competenze

 

Qualche lettore ha notato in questi miei ultimi articoli una sorta di filo conduttore che in verità non mi ero prefissato, ma è scaturito spontaneamente come riflessione su questa nostra “società delle competenze”, nella realtà dei fatti spesso inadeguate. Una riflessione sulle procedure che permettono di eseguire un lavoro con arte, con maestria: suole parlare di lavori fatti “a regola d’arte”. Gli inglesi usano indifferentemente i due termini “art & craft”, arte e artigianato. Per loro l’artigianalità è arte, intesa come abilità nel realizzare bene un lavoro. La bottega medievale era il luogo di un’arte manuale, ma anche intellettuale. Nelle vetrate delle cattedrali, la figura dell’artista coincideva con quella dell’esecutore. La separazione tra arte e artigianato si realizzò col Rinascimento. L’arte si contraddistinse per originalità, mentre l’idea di artigianato fu legata a pratiche comuni, ripetitive, trasmissibili in quanto tecniche. Questa idea è radicata ancora oggi. Tuttavia, considerare la tecnica come routine, priva cioè di creatività, è un grande errore. Precisarne il giudizio porterebbe a migliorare i processi di formazione delle competenze. Basti pensare, all’interno di un processo storico di lunga durata, la relazione dei concetti di “progresso e miglioramento”, evidenziati dagli illuministi riguardo alla possibilità di accrescere il controllo sulle condizioni materiali. L’Encyclopédie di Diderot pose di nuovo, sullo stesso piano di dignità, arti liberali e arti meccaniche. Nei suoi trentacinque volumi, pubblicati tra il 1751 e il 1772, contenuti e tavole grafiche misero in luce come fosse possibile un ragionamento combinato sulle scienze, le arti e i mestieri. Ci torneremo su; ma lo prometto: non sarà un discorso a puntate.

Fonte dell’immagine:FILOSOFIA E STORIA

 

Buckingham Palace, dalla guerra ad oggi 5/5

 

Durante la seconda guerra mondiale, il Palazzo fu bombardato, come tutta Londra, dagli aerei tedeschi. Venne colpito non meno di sette volte, perché i nazisti, bersagliando il simbolo britannico, intendevano fiaccare l’orgoglio nazionale del Regno. Una bomba colpì l’edificio mentre la famiglia reale era in visita al Palazzo. Nessuno fu, però, ferito. Le immagini del Palazzo bombardato furono trasmesse nei cinema, ottenendo il risultato opposto: l’unità della nazione. Gli aerei inglesi, come noto, vinsero la “battaglia d’Inghilterra”, contenendo e sconfiggendo la furia nazista.
Forse l’immagine più importante del famoso balcone di Buckingham Palace fu ripresa quando, nel giorno della vittoria (8 maggio 1945), tutta la famiglia reale salutò la folla straripante riunita sul Mall. Nella famiglia “vittoriosa” di quel giorno, vi era anche la futura regina Elisabetta, allora bambina.

Visitare Buckingham Palace, oggi
Non essendo Buckingham Palace di proprietà della regina (e del castello di Windsor), ma dello Stato, il palazzo ospita funzionari pubblici di alto rango. Il Governo del Regno Unito, vi possiede una sede distaccata.
Attualmente Buckingham Palace offre lavoro a 450 persone. È luogo di visite turistiche e si può avere la fortuna di partecipare a feste, udienze e banchetti, che vi si svolgono. Infatti dal 2002 persone comuni possono aggregarsi a personalità e nobiltà inglesi. In quell’occasione vi si svolse un concerto di musica classica e musica Pop. Una ventina di anni fa, invece, vennero aperte al pubblico le stanze di rappresentanza, in particolar modo nel periodo estivo. Anche tutte le Collezioni Reali, preziosissime (Non solo gioielli, ma anche arredamenti originali, dipinti e suppellettili varie), anch’essi di proprietà statale, possono essere visionati dal pubblico.
Tutti i giorni, inoltre, i turisti possono ammirare il famoso cambio della guardia all’edificio, e vi sono una serie di occasioni dove si può assistere a delle parate militari, quali: le visite dei capi di Stato, l’apertura annuale del Parlamento e varie manifestazioni legate alla monarchia britannica. Si può continuare con tutta l’ala ovest del palazzo e col grande parco della Reggia, il Buckingham Palace Gardens.

 

Se vuoi vedere un video su Buckingham Palace, clicca:
Cambio della Guardia Londra Buckingham Palace
Cambio della Guardia in un ingesso secondario a Buckingham Palace