Quelli che pubblicheremo da oggi sono appunti di lavoro sul progetto di una mostra dedicata all’alimento italiano per eccellenza: la pasta. Una mostra “in fieri”, ricca di curiosità, ma sostenuta da una documentazione storica attenta. Continuiamo a lavorarci, ma nella redazione manca una delle persone più importanti. Per questo ci piace riaprire gli appuntamenti di settembre come se Daniele fosse ancora con noi.
Il grano e la farina
La storia della pasta comincia necessariamente dalla storia del grano. Innanzitutto dalla sua divisione tra grano duro e grano tenero, cioè tra Triticum durum (duro) e Triticum aestivum (tenero). Il grano più comunemente utilizzato in cucina è quest’ultimo, in particolare nelle farine di qualità 00 e quelle di tipo 0. Esistono poi altre varietà di grano, più o meno conosciute. Tra queste viene inserito il cosiddetto grano saraceno (Fagopyrum esculentum), che però non fa parte della famiglia delle Graminee. Il nome, infatti, non è d’origine botanica, ma commerciale. In cucina, viene utilizzato per la preparazione di alcuni tipi di pasta, come i pizzoccheri e le manfrigole (in Valtellina), per la polenta saracena, le crespelle, oppure per dolci o biscotti. Così come il glutine, anche il grano saraceno può creare allergie.
IL GRANO DURO
Questo tipo di grano fu originato anticamente, come ibridazione tra due varietà selvatiche, in periodo neolitico. Già all’aspetto, il grano duro si differenzia da quello tenero, in quanto i semi non presentano involucri fiorali che li contengono (le glume). Tant’è che al momento della trebbiatura, non si ottengono paglie. Essendo la sua composizione proteica diversa dal grano comune (alla macinazione, vetrosa e non farinosa), dal grano duro si possono produrre solo semole e non farine. Ciononostante, rimacinata più volte, anche la semola di grano duro è adatta alla produzione del pane. Tra i diversi, ricordiamo il pane di Altamura, o il Pane di Matera. Pur presentandosi più consistenti e di colore giallo, i pani di grano duro, hanno il vantaggio di mantenere l’appetibilità per parecchi giorni, cosa che non avviene con il pane di farina bianca.
La semola, aggiunta semplicemente ad acqua, è, inoltre, particolarmente utilizzata per la produzione della pasta secca. Essendo il grano duro coltivato principalmente nel Mezzogiorno italiano, si capisce perché la pasta sia nata proprio nel Sud Italia. Di origine araba, il grano duro viene impiegato anche per la cucina del cuscus (nel Nordafrica) e del bulgur (nel Medio Oriente). Importato in Sicilia proprio dagli arabi, nel IX-XII secolo, questo grano ha lasciato, nella tradizione gastronomica dell’isola, la ricetta del rinomato cuscus siciliano. La varietà Creso, invece, è stata creata a Roma, nel 1974, incrociando grano messicano ed italiano. La sua particolare qualità ha reso la varietà tra le più coltivate in Italia.
IL GRANO TENERO
Il grano tenero, chiamato comunemente anche frumento (Triticum aestivum), deriva da un’ibridazione antichissima. È d’origine mesopotamica (tra il Tigri e l’Eufrate), detta anche Mezzaluna Fertile. Fu tra le prime coltivazioni intensive. Attualmente, la sua coltivazione è praticamente globale, in quanto, essendo resistente al freddo, può essere prodotto anche in climi nordici a temperature basse. Oggi, tra i maggiori produttori vi sono sia la Cina che il Canada. Il grano fu, infatti, introdotto dagli Spagnoli nel Nord America, durante il XVI secolo, che ne divenne il maggiore esportatore.
Il grano consumato attualmente è frutto di attenti studi genetici, che ne hanno aumentato la forza, la resistenza alle malattie e, soprattutto, la produttività. Dal frumento, previa macinazione, si ottiene principalmente la farina, poi una sostanza bianca e farinosa, chiamata amido, olio di germe di grano, ma anche alcol, dopo un’opportuna fermentazione. La maggior parte della produzione viene, comunque, impiegata per la produzione di farine per la panificazione. Ne esistono di vari tipi, quali: farine 00, 0, 1 e 2, tutte specifiche per determinate lavorazioni. La numerazione indica la purezza della farina da componenti di scarto, come, ad esempio, la crusca, che ne fanno variare il colore. La farina 00 è la più bianca e quindi la più pura. Crusca, Cruschello o Tritello e Farinaccio, sono tutti scarti, che vengono tuttavia anch’essi utilizzati, ad esempio, nella zootecnia.
La farina è classicamente usata per la fattura del pane (di tutti i tipi), pizze e creme, oppure per la pasta fresca. Come vedremo nelle prossime puntate.