Francis Bacon

 

Citazioni e aforismi sono passati dalla carta al web. Ne leggiamo in continuazione, ma noi stessi dimentichiamo di mettere in pratica quanto abbiamo sollecitato all’attenzione degli altri. Non sarebbe il caso di passare dalle citazioni alle citAZIONI? Oppure sforzarci di rifletterci su?

Eccovi Messina città senza veli

 

Le vie dei Tesori quest’anno si possono percorrere anche da noi. A Palermo sono apprezzate già da dieci anni. Pertanto, grazie al volenteroso assessore Carlo Vermiglio al quale la commedia politica non ha concesso di giungere alla scadenza naturale del mandato; grazie a tutta la Soprintendenza di Messina, a Orazio Micali soprintendente, a Mirella Vinci responsabile del procedimento; grazie soprattutto ai volontari che spendono tempo e competenze a vantaggio dei visitatori di questa città che, malgrado le sciagure, di tesori ne ha tanti per comprovare la propria identità. «Devastata dal terremoto del 1908 è rinata spezzata, dolente, ma ancora viva»: si legge così nel dépliant illustrativo dove sono elencati i 28 monumenti da visitare. Rievocano il vecchio tessuto all’interno del nuovo, che dopo un secolo tanto nuovo non è più. Sapete cosa c’è di buono in tutto questo? Che per due weekend il cuore di Messina batte all’unisono e tutti avvertono di vivere flash di memorie che appartengono anche alla propria storia personale allacciata a quella collettiva. Da Montalto o dai Forti lo sguardo spazia sullo Stretto e ti domandi perché non venirci più spesso. Torni al MuMe per esplorare in un dipinto i tratti di pennello e fissare negli occhi i guizzi di luce su di un panneggio. Entri nelle chiese del circuito ammirando gli altari delle navate laterali tralasciati duranti i riti domenicali. Approfitti per visitare villa Cianciafara o De Pasquale o Sanderson, e rammentare poi che una miriade di altre ville coronano la città. Ascolti nel Rifugio Cappellini il rintronare delle fortezze volanti che nel ’43 hanno reso Messina una città fantasma. E finalmente pensi che non puoi lasciare che tutto questo possa andare perduto per disinteresse, se non fosse per poche, pochissime, pregevoli persone che questa città la amano davvero.

Pubblicato su 100NOVE n. 36 del 21 settembre 2017

La pasta all’epoca dei pionieri

 

Le prime produzioni
IN SICILIA
La Sicilia e la Puglia erano nel medioevo luogo di coltura del grano, in particolare quello duro (veri e propri granai). Ne parla anche Plinio, in età romana, lodandone la quantità, che permetteva l’uso interno, ma anche la sua esportazione, e la sua qualità, preferita ad altre produzioni. Perciò, la tradizione araba della pasta attecchì facilmente in Sicilia. Il cartografo arabo-normanno Idrisi, nella sua descrizione dell’isola non manca di citare Trabia come luogo di intensa produzione di pasta secca. Questa viene associata alla tria, lo strumento per ottenerla. Ne parla anche Sebastiano Macaluso Storaci nel suo vocabolario siciliano-italiano. Nella modernità di quel tempo, la Sicilia era del tutto autonoma, non solo nella coltivazione del grano (per le grandi proprietà fondiarie), ma anche nella lavorazione di farine e semole, nei mulini ad acqua. Pertanto la fattura della pasta secca portò ben presto alla sua commercializzazione lungo le rotte di altri paesi.
Possediamo un documento, risalente al 1371, in cui l’amministrazione palermitana fissa un calmiere ed un costo massimo per la produzione e la vendita di pasta, secca (axutta) e fresca (bagnata). Se ne deduce che il suo commercio, quindi, era già a quel tempo elevato ed il suo consumo intenso.

 

ALTRE REGIONI E CITTA’
La Sicilia, tuttavia, non aveva l’esclusiva della pasta. Anche la Sardegna si evidenziava notevolmente. A Cagliari, i registri della Dogana ci riportano una forte attività d’esportazione del prodotto locale, già differenziato in tipi e formati vari, come (in spagnolo) i fideus, i maccarons e obra de pasta. Altre notizie ci riportano la presenza di mulini per la farina posti sulla costa amalfitana e l’uso di pasta a Napoli (in un testo del 1295) alla corte di Carlo d’Angiò. Sono le prime avvisaglie dell’espansione della pasta che avverrà a Napoli nei secoli successivi. La praticità d’uso inserì la pasta secca nell’alimentazione dei marinai impegnati in lunghi viaggi. Due repubbliche marinare, Genova e Pisa, vengono citate in documenti dell’epoca per l’uso di pasta distribuita alla flotta. In particolare apprendiamo che a Pisa (nel XIII e XIV secolo) esisteva già il formato dei vermicelli.

 

 

 

 

Niente sembra avere contorni precisi

 

Il fruttivendolo pose sul carrettino posteggiato all’angolo della carreggiata pesche belle e profumate. All’orizzonte un sole tiepido non ancora alto. Quattro operai scherzavano passandosi una tenaglia di mano in mano. Un furgoncino rallentò per fargli attraversare la strada e Théophile, in quell’attimo, riconobbe la sua automobile, fra quelle innumerevoli del parcheggio, dai led luminosi azionati col telecomando. Era come se tutto scorresse al rallentatore in un silenzio inverosimile. Pensò: niente sembra avere contorni precisi come questa calma dopo il giorno di festa. Solo ieri sera, nel giardino dei vicini, c’era un party di benvenuto: un vociare sguaiato, niente musica, solo schiamazzi, da non riuscire neppure a leggere. Sprofondato sul divano pensava a Lucie. La immaginava immersa nella sua biblioteca tranquilla, piena di libri curiosi: biografie e romanzi d’autore fitti di parole, saggi critici poderosi, grandi volumi illustrati e collezioni di mensili cioè metri quadrati di riviste dal dorso bianco. Ora che, al contrario, avrebbe accettato l’ambiente caotico della strada, percorreva il marciapiede in un silenzio irreale. A terra foglie bagnate di recente da un istantaneo scroscio d’acqua. Un Coiffeur pour Dames dalle ante socchiuse. Bancarelle e stender appendiabiti di un merciaio che aveva portato in strada buona metà della roba in vendita all’interno del negozio. Passanti inespressivi; solo uno ciarlava di sport come un accademico a lezione. Théophile si fermò all’angolo di Saint-Germain-des-Angles e digitò il numero telefonico di Lucie e poiché lei non rispose, pensò di inviarle un messaggio: «Come incontrare il tuo sorriso? Indicami la strada per divenire migliore».

Théo Feel, Racconti senza senso nella babele delle lingue.

Pubblicato da Entasis.it

 

Victor Hugo

 

Citazioni e aforismi sono passati dalla carta al web. Ne leggiamo in continuazione, ma noi stessi dimentichiamo di mettere in pratica quanto abbiamo sollecitato all’attenzione degli altri. Non sarebbe il caso di passare dalle citazioni alle citAZIONI? Oppure sforzarci di rifletterci su?

Fonte immagine: Victor Hugo

Niente più reazioni, né tantomeno azioni

 

Una conferenza-dibattito, quella tenuta al Monte di Pietà su “La pratica dell’arte contemporanea a Messina”. L’excursus di Daniela Pistorino, presidente Anisa Messina e storica dell’arte, ha evidenziato i protagonisti e i momenti più significativi succedutisi sul palcoscenico locale dagli anni ‘50 ad oggi. Angela Pipitò ha illustrato l’attività della GAMeC “Lucio Barbera” della Città Metropolitana. Ma il compito del “provocatore” è spettato a Carmelo Celona, direttore della GAMM al PalaAntonello. Ha posto interrogativi e scosso coscienze. Se l’arte è l’espressione di un’epoca – ha domandato ai numerosi artisti presenti – quanto risente la vostra arte del luogo Messina o quanto lo ha condizionato? Ed inoltre – posto che, come diceva Camus, «l’arte contemporanea è tale se sceglie la morale ed esilia la bellezza»; di più: «L’arte dovrebbe darci l’ultima prospettiva della rivolta» – l’arte prodotta oggi da questa città, in questo scenario (sociale, civile, urbano e politico, generale e locale) fortemente disimpegnato, quale prospettiva di denuncia, di verità e di ribellione, rappresenta? Se, ancora con Camus, «l’arte interpreta il cambiamento e genera mondi nuovi, nuovi mondi di senso», cosa hanno generato le esperienze espressive dei contemporanei messinesi? Gli interventi, sicuramente disarmanti, non hanno fatto che confermare quanto critici come Baudrillard, Daney, Débray, prospettano nei loro studi sul crescente scollamento fra realtà e arte. È l’età proliferante di simulacri svincolati dai loro referenti. S’è posto fine alla rappresentazione, scegliendo un’arte fondata piuttosto sul rapporto di alterità rispetto alla realtà. La grammatica e la pragmatica della visione artistica hanno trasformato lo sguardo sulla realtà in un’immersiva “modalità dell’ascolto”. Non ci sono più reazioni, dunque. Né tantomeno azioni.

Pubblicato su 100NOVE n. 35 del 14 settembre 2017

La pasta: utilizzata come primo piatto nel menù

 

 

La sua diffusione
Nel Mezzogiorno, in generale, ed in particolare in Sicilia anche anticamente si ha un consistente sviluppo della lavorazione della pasta. Dopo la dominazione araba, l’isola divenne punto di convergenza fra la tradizione mediorientale e l’Europa (Provenza e Renania). Nell’isola, la tradizione romana della lagana, sopravvissuta, si fuse con quella del Talmud palestinese. Si ritiene, infatti, che la pasta risalisse a molto tempo prima in Oriente. Gli arabi, semplicemente, portarono la sua lavorazione sia in Sicilia che in Spagna. Qui, è rimasta l’usanza di abbinarla al brodo. Testi antichi britannici, d’epoca medievale, ci riportano del famoso piatto dei macrows o lozens, sempre, comunque, fatti di pasta fresca, che veniva condita con formaggio e burro.

Tuttavia, in Italia, a differenza della penisola iberica, ebbe una diffusione maggiore, con più ricette e molti formati, lunghi o corti. Crebbe così una cultura della pasta. L’Italia, infatti, può considerarsi l’unico paese al mondo in cui sia prosperata un’usanza così forte da farne un piatto nazionale. La differenza maggiore sta nel suo consumo quale piatto singolo, utilizzato come primo all’interno di un menù. All’estero, invece, fa da contorno a portate di carne o verdure.
Pur se, nella nostra penisola, continua a consumarsi la pasta da brodo, ad essa si contrappone l’uso della cosiddetta pastasciutta. Dal medesimo impasto della lasagna, nacquero i vari formati, a partire dalle tagliatelle o vermicelli. Ugualmente i maccheroni, bucati all’interno, come ci riporta Maestro Martino.

Ebbero una nascita antica pure altri tipi, quali i croseti, formentine e quinquinelli, ma anche la pasta ripiena, come ravioli e tortelli. Il termine di “pasta”, prende in considerazione tutti i suoi tipi e formati: pasta da brodo, pasta fresca e pasta secca. La cosa si fa risalire già dal 14º secolo. Nel 15º secolo, a partire dai medici, nasce la dieta della pasta, consumata in grande quantità, essendo ritenuta ricca di salutari “umori vischiosi”.

Il termine di “pasta”, oggi prende in considerazione tutti i suoi tipi e formati: pasta da brodo, pasta fresca e pasta secca.

Gli occhi di Marion e quelli di Lucie

 

Gli occhi di Marion sono chiari, come il cielo limpido della primavera; quelli di Lucie, conosciuta in libreria, sono bruni, il colore del parco in autunno attraversato da uno sprazzo di sole quando sorride. Marion e Lucie potrebbero rappresentare lo specchio dello stato d’animo di Théophile declinato nella giornata: la prima radiosa, come avrebbe amato essere Théophile se il mondo glielo avesse permesso; l’altra profonda, quanto le sue meditate letture, che sapeva restituire con levità, come una piuma. Anche la cucina di Marion la ritraeva: piena di mille accortezze, di oggetti rutilanti, complementari al verde del terrazzino che chiamava “il mio orto profumato”. «I ricordi possono essere colorati – obiettò la ragazza – non solo nuance seppia come ti appaiono senza fantasia». Tirò per una manica Théophile fino al salotto e dal cassettone estrasse una foto in bianco e nero tinteggiata a mano, dove bimbetta giocava coi fratelli. Ognuno ha i suoi colori, ribatté Théophile, ed anche a lui sovvenne inaspettatamente di una mattina estiva in via Veneto a Roma, nei locali temperati del café Doney. Era la sua prima vacanza in Italia e, nella memoria di quindicenne, forse anche il suo primo vero espresso. I ricordi sono segni che seguono sogni, proseguì. Vagheggi conclusi, senza più evoluzione. Tracce di accadimenti come scalfiti sullo stipite di una porta vecchia. «La smetti sì o no?» lo interruppe Marion schermandogli, con le lunghe dita, gli occhi malinconici. A distoglierlo dall’inseguire inquietudini nuvolose, fu l’inatteso aroma di croissant proveniente dal forno. Dolce Marion dalle mille sorprese.

Théo Feel, Racconti senza senso nella babele delle lingue.

Pubblicato da Entasis.it

 

Albert Einstein

 

Citazioni e aforismi sono passati dalla carta al web. Ne leggiamo in continuazione, ma noi stessi dimentichiamo di mettere in pratica quanto abbiamo sollecitato all’attenzione degli altri. Non sarebbe il caso di passare dalle citazioni alle citAZIONI? Oppure sforzarci di rifletterci su?

Fonte immagine: Albert Einstein

Lavorare sulla cultura senza inseguire il gusto

 

C’è bisogno di cultura. Cosa intendere? L’ultima volta che sono stato a Pisa, nel museo dell’Opera del Duomo eravamo quattro persone; ma dalle finestre vedevo brulicare nella Piazza dei Miracoli migliaia di visitatori presi a scattare foto nella posa spassosa di “sorreggere” la Torre pendente. Sto parlando di una città icona del turismo internazionale. Quale cultura, dunque? Personalmente sono per una conoscenza democraticamente diffusa. So bene che pochi fra quei vacanzieri sono interessati al tema dell’arcata cieca nell’architettura del romanico pisano; ma compito di chi si occupa di cultura non è nascondere la complessità del sapere, ma comunicarlo in modo semplice e interessante. Ho trascorso un bel pomeriggio con mio figlio a discutere sull’approccio ai problemi intricati escogitato da Richard Feynman quando era studente a Princeton. A volte la cultura è considerata pure noiosa. Benedetto Croce, in un saggio sui Teatri di Napoli, racconta di quel gesuita settecentesco che mentre predicava in piazza si vide sottrarre ascoltatori dalla comparsa di un Pulcinella. Ricorrendo anche lui a frizzi e lazzi da commedia dell’arte, il predicatore riuscì di nuovo ad attrarre il pubblico che via via stava dileguandosi. Croce non dice se il religioso abbia continuato poi a far riflettere sulla vita e sulla morte. Perché l’importante è non smarrire la linea dell’orizzonte, nel tentativo di calcare la scena a favore del pubblico. La cultura è sempre edificante. Ecco perché all’Entertainment è preferibile l’Edutainment, cioè quel trattenimento educativo che suole richiamarsi all’espressione latina “ludendo docere”, insegnare giocando. Divertire sì, non mancando di seminare e raccogliere frutti, come vuole l’etimologia della parola “cultura”. Conservare sementi. Sempre più. Per dare valore al presente e proiettarlo nel futuro.

Pubblicato su 100NOVE n. 34 del 7 settembre 2017