Bologna, Maison laviniaturra: “Abissi” di Valentina d’Accardi – Testo critico di Marinella Paderni

Valentina D’Accardi, ABISSI 0014, 2021

La forza che nella verde miccia spinge il fiore, Spinge i miei verdi anni; quella che fa scoppiare le radici degli alberi
Dylan Thomas

Maison laviniaturra presenta la mostra

“Abissi”
di Valentina D’Accardi

Opening lunedì 12 dicembre ore 17.30

Dal 12 dicembre 2022 al 14 gennaio 2023

Da martedì al sabato su appuntamento

Via dei Sabbioni 9, Bologna

Lunedì 12 dicembre 2022 Maison Iaviniaturra inaugura la mostra “Abissi” dell’artista bolognese Valentina D’Accardi, accompagnata da un testo critico di Marinella Paderni.

Iniziata in primavera con le mostre di Mirta Tagliati, Marina Gasparini e Alessandra Calò, prosegue la stagione espositiva promossa dal noto atelier-salotto bolognese di moda Maison laviniaturra, fondato dalla fashion designer Lavinia Turra, che continuerà fino al 2023 con le opere di altre artiste, tra cui Malena Mazza.

TESTO CRITICO DI
MARINELLA PADERNI

Una natura più misteriosa, intima e non spettacolare, si svela a noi nelle fotografie di Valentina D’Accardi. È la natura della nostra profondità, quella che abita i nostri luoghi privati, gli spazi che vediamo la mattina appena apriamo gli occhi. È una natura domestica e familiare, quella che ci ricorda di cosa siamo fatti e di cosa abbiamo bisogno, che chiede di prendersi cura di lei in un modo che restituisce anche la cura e l’amore per noi stessi. Una natura inscritta nei nostri corpi e che ricreiamo dentro le nostre case, che ci dona cuore affinché la nostra umanità non smetta di essere bios, energia vitale. È la forza che spinge noi stessi, come ci ricorda Dylan Thomas nella sua struggente poesia, quella che non guardiamo mai abbastanza.

Valentina D’Accardi vive di ossessioni, una qualità propria di chi attraverso l’arte cerca di cogliere le ambiguità del nostro tempo e gli infiniti modi di manifestarsi dell’esistente. Tra questi c’è il potere di profondità della fotografia, che si può cogliere nella densità concettuale dell’immagine. Il tema della profondità sembra un’apparente contraddizione visto che la fotografia è un oggetto bidimensionale, una riproduzione della realtà che si deposita su una superficie e prende vita propria, dove le cose e le persone sono appiattite, congelate. Un paradosso che produce un continuo slittamento tra superficie e profondità, un’ambiguità singolare eppure costitutiva.

L’avvento della fotografia quasi due secoli fa ha modificato profondamente il rapporto con noi stessi, con la materia del mondo e con le immagini. L’identità dell’uomo contemporaneo si definisce imprescindibilmente mediante un linguaggio che sostituisce i corpi alla loro apparenza iconica, così effimera e transitoria da poterla deformare, mutare a piacimento. La fotografia ci permette di vivere più esistenze, di mostrare volti diversi, di essere in-naturali; uno stratagemma per sopravvivere al tempo, all’oblio. Ma questa cultura deforma irrimediabilmente la nostra relazione con la realtà, spingendoci a dimenticare che non siamo dei. Negli ingrandimenti deformati, nelle immagini sfocate e nei dettagli non definiti delle piante ritratte, l’artista lascia emergere proprio questo sfasamento – un allontanamento da sé che genera incertezza, inquietudine, terrore – e al contempo la necessità umana di non smarrire il legame con l’universo fisico.

La serie di opere in mostra da Maison laviniaturra con il titolo Abissi ha avuto la sua genesi durante la pandemia, quando il distanziamento sociale limitava i nostri contatti e le relazioni si facevano più smaterializzate. Per contrastare la perdita di fisicità, l’artista ha fotografato con la macchina polaroid affinché la consistenza della carta chimica e le sue particolari tonalità conferissero più consistenza alle immagini eludendo la piattezza del digitale.

Anche se gli ingrandimenti delle polaroid originarie limitano il grado di riconoscibilità delle piante ritratte, Valentina D’Accardi non “esaurisce” il soggetto delle sue fotografie, anzi lo potenzia: la natura sembra sfuggire al nostro sguardo, appare enigmatica, indecifrabile – l’opposto di quello che normalmente assicura la fotografia, la certezza di quello che vediamo.

L’artista vuole trasmettere sia la sensazione di famigliarità dei soggetti che la loro distanza, prefigurando l’immagine di “mondi impossibili dove i fiori ci parlano.” A proposito di questo lavoro, infatti, aggiunge: “Mentre guardo nel mirino non posso prevedere ciò che verrà fuori: fotografia come inatteso, sorpresa, regalo, momentanea perdita di controllo, un istante di grazia. L’obiettivo deforma il mio giardino domestico in un mondo inquietante, forse spaventoso, mistico, inatteso.”

Una diversa verità delle cose, sorta con l’avvento della fotografia, è un altro aspetto centrale dell’opera di Valentina D’Accardi, ossessionata dalla figura di Lewis Carroll, noto principalmente come scrittore, ma anche grande conoscitore della macchina fotografica e sublime fotografo. Le sue immagini pittorialiste a bambine e fanciulle in erba sottolineano il gradiente di ambiguità del linguaggio fotografico, che svela sia la realtà che la sua illusione, inaspettata in un uomo che insegnava matematica ricercando nella logica della macchina e nelle alchimie della luce l’estetica del misterioso.

Dagli abissi dell’apparenza fotografica emerge la profondità dell’insight, dello ‘sguardo’ quale rivelazione delle emozioni, poeticamente rappresentato dall’artista nella bellezza sublime di elementi quotidiani.

Lavinia Turra – note biografiche

Lavinia Turra. Nata a Bologna, cresciuta fra donne che tagliavano e cucivano, ha frequentato da bambina antiche sartorie e imparato l’amore per questo lavoro. Il suo mestiere nasce e cresce con l’uso delle mani, che conoscono e usano non solo i colori e le matite, ma soprattutto le stoffe e i tessuti, adoperando forbici, ago e filo. Arriva a questo lavoro attraverso un’attrazione e una lunga strada di “connivenze” e “complicità” legate all’arte, alla pittura, al teatro. di “connivenze” e “complicità” legate all’arte, alla pittura, al teatro. Curiosa per natura, la relazione personale e l’ascolto sono alla base del suo modo di “vestire” perché l’abito, “deve rappresentare la donna e non travestirla”.

Nel 2017 fonda Maison laviniaturra, sentendo la necessità di uno spazio che non solo offra ma accolga, come solo una “casa” sa fare. L’apertura della Maison coincide anche con l’inizio della collaborazione creativa con la figlia Cecilia Torsello, rinnovamento e fresca energia del brand. Un prodotto 100% Made in Italy, tessuti di ricerca, forme timeless e dettagli all’avanguardia: Maison laviniaturra propone una propria idea di lusso, legato all’etica di produzione, all’individualità e ispirata alla cultura del bello.

Valentina D’Accardi – note biografiche

Valentina D’Accardi si laurea in Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Con il progetto Fiume vince il Premio Setup come Miglior Artista Under 35, la Menzione della Giuria al Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee ed è una degli otto finalisti di Giovane Fotografia Italiana a Fotografia Europea – Festival Internazionale di Reggio Emilia. Nel 2018 vince il terzo premio ad Artifact Prize e viene selezionata per Fotopub, Festival Internazionale di Fotografia Contemporanea di Novo Mesto, Slovenia.

Vince il terzo premio a Camera Work nel 2021 e con l’ultimo progetto, Abissi, viene invitata a tenere una personale a Photo Open Up, Festival Internazionale di Fotografia a Padova. Il ciclo ed è stato incluso nella collettiva Fosfeni – Fotografia, paesaggio e percezione, a cura di Carlo Sala per Fondazione Francesco Fabbri. In mostra, tra gli altri, Paola De Pietri, Mario Cresci, Luigi Ghirri.

Due sono le pubblicazioni con Danilo Montanari Editore: Fiume e Inoltranze, un libro di poesie in dialetto bolognese scritte da Stefano Delfiore, edito grazie al contributo di Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna. Valentina vive a Bologna e lavora principalmente con la fotografia, il video e il disegno.


INFO UTILI MOSTRA Abissi di Valentina D’Accardi

DOVE: Maison laviniaturra, via dei Sabbioni 9, Bologna
INAUGURAZIONE: Lunedì 12 dicembre ore 17.30
QUANDO: dal 12 dicembre 2022 al 14 gennaio 2023
ORARI: dal martedì al sabato, dalle 17:00 alle 19:00
Su appuntamento. Per visitare la mostra è necessario telefonare al 320 9188304

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SITO: maison laviniaturra

UFFICIO STAMPA: CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

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Chiusi, Opera Laicale: il Museo della Cattedrale di San Secondiano inaugura la Mostra RELIQUIÆ Disegni di David Booker

David Booker, Reliquiario in legno dorato e il disegno Artista Guillaume Periodo Oro

Domenica 11 Dicembre, alle 15:30, il Museo della Cattedrale di San Secondiano inaugura la Mostra 

RELIQUIÆ 
Disegni di David Booker.

La Mostra, che resterà in allestimento fino al 9 luglio 2023, è stata realizzata con il supporto dell’Opera Laicale della Cattedrale di Chiusi; nasce da un intuizione dell’architetto 
Sabrina Papini, accolta e sviluppata dall’artista David Booker avvalendosi dei materiali di studio concessi dal Gruppo Archeologico Città di Tuscania.

David Booker si definisce ‘uno scultore che fa anche disegni’ ed è con la sua capacità di plasmare i rapporti tra luce e ombra che disegna a matita i suoi soggetti. Principalmente materiali di scarto della vita quotidiana: cartoni, scatole e pezzi meccanici ritratti in composizioni metafisiche.

Il Museo della Cattedrale ospita i reperti archeologici e le opere d’arte provenienti dalle catacombe e dalle chiese del territorio diocesano, risalenti ad un periodo che va dal II al XX secolo. Si trova nel cuore del centro storico di Chiusi, accanto alla Cattedrale di San Secondiano Martire, e comprende oltre al Campanile-torre, un suggestivo Labirinto etrusco sotterraneo che molti credono nasconda ancora il Tesoro perduto di Re Porsenna.

Nelle collezioni del Museo è testimoniato un intero mondo di storie da raccontare, che David Booker ha colto ed interpretato con il suo stile inconfondibile creando una inedita continuità fra passato e presente, in cui gli oggetti prendono parte ad una narrazione universale, e, come reliquie, rivelano il loro significato allo sguardo contemplativo che ne riconosce il valore di messaggio.

L’esposizione raccoglie 20 opere su carta dell’artista, 13 inedite e 7 realizzate in esclusiva per il Museo. A queste si aggiungeranno almeno 6 delle sue grandi sculture in marmo che verranno installate negli spazi esterni della Cattedrale, a partire nell’estate 2023, dando vita ad una seconda mostra intitolata ‘Martyres‘.

“Il cambiamento nasce dalla cultura, e il potere trasformativo dell’arte si manifesta solo nell’interazione con le persone” spiega David Booker nel chiarire la volontà di coinvolgere cittadini e visitatori in un percorso contemplativo in cui l’Arte crea connessioni di senso tra le persone e i manufatti antichi, gli spazi architettonici ed il paesaggio, e la Città di Chiusi diviene il vero e proprio soggetto della Mostra in una suggestiva comunione tra contemporaneità e storia.


INFO

Contatti stampa
Valeria Giovagnoli T + 39 3464267044 valeria.giovagnoli@gmail.com

Sito: www.davidbookersculptor.eu
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Bassano del Grappa (Vicenza), Museo Civico: Inaugurata la mostra “I Bassano” con un racconto di Melania Mazzucco

Francesco Dal Ponte il Vecchio,
Madonna in trono tra i Santi Paolo e Pietro, 1519

03 Dicembre 2022 – 02 Maggio 2023

Bassano del Grappa (Vi), Museo Civico

I BASSANO.
Storia di una famiglia di pittori

UNA MOSTRA-RACCONTO NARRA
LA STORIA DEI BASSANO ATTRAVERSO LE PAROLE DI MELANIA MAZZUCCO

I Bassano, che storia! A raccontare le vicende della dinastia dei Bassano, al Museo Civico di Bassano del Grappa, sono non solo le loro opere ma le parole di Melania Mazzucco. Il tutto a creare un’inedita “mostra racconto”, in scena dal 3 dicembre 2022 al prossimo 2 maggio 2023, sotto la regia scientifica della Direttrice Barbara Guidi.

Nessun pannello storico artistico, nessuna didascalia che vada oltre l’essenzialità, solo le meravigliose creazioni dei Bassano e l’intenso filo del racconto della vita dei Dal Ponte, poi noti al mondo appunto come “i Bassano”, protagonisti indiscussi della pittura del Rinascimento veneto.

La loro epopea ebbe inizio con la discesa, correva l’anno 1464, a Bassano di Jacopo di Berto, conciatore di Gallio, nell’Altopiano di Asiago. Giunto sulle rive del Brenta, Jacopo trovò dimora in Contra’ del Ponte da cui deriverà il cognome futuro della celebre famiglia di pittori. Suo figlio Francesco, poi detto il Vecchio perché primo della dinastia, cominciò ad avventurarsi nell’arte della pittura. Alchimista dilettante, cartografo e decoratore più che grande artista, Francesco dette vita a creazioni d’arte sacra che rispondevano alle richieste del mercato locale avviando un’eterogenea, attivissima bottega.

Qui collaborano i figli, Giambattista e Jacopo, giovane di immenso talento che, con il suo pennello, avrebbe scritto pagine indelebili della storia dell’arte e della pittura italiana e non solo. Genio mite e riservato, è a lui che si deve il cambio di passo e quella che sino ad allora era soprattutto una forma di artigianato decorativo prende la valenza di grande arte.

Arte coltivata, con successo, anche dai suoi figli – il talentuoso e melanconico Francesco il Giovane, Giambattista, e poi i diligenti Leandro e Gerolamo, fino al nipote Jacopo Apollonio che disegnava di nascosto – ai quali “il Bassano” seppe trasmettere amorevolmente la sapienza e la poesia della sua arte. I loro dipinti, ammantati da un ineffabile “mistero del quotidiano”, conquistarono il mercato internazionale: grandi quadri di devozione sacra destinati alle chiese, ma anche ritratti, commoventi notturni e intense pastorali che, dalla piccola Bassano, giunsero ad arricchire le grandi collezioni reali, da quella di Rodolfo II a Praga, alla Madrid di Filippo II, giungendo fino alle Americhe.

Una storia che si conclude quando Jacopo Apollonio, formatosi sotto la guida dello zio Leandro, realizza le ultime repliche prodotte sui disegni e i modelli del nonno Jacopo. La storia dei Bassano, una vera e propria epopea per immagini iniziata sul finire del Quattrocento, esce così di scena avendo all’attivo oltre un secolo di grandissima fortuna.

I visitatori si muoveranno di opera in opera (e di opere dei Bassano se ne ammireranno ben 40 oltre a oggetti e documenti preziosi), sull’onda emotiva delle parole del libro della scrittrice Melania Mazzucco, Premio Strega e autrice di celeberrimi romanzi storico-artistici quali La lunga attesa dell’angelo L’architettrice. Si tratta di un libro d’autore, edito dagli stessi Musei Civici in un’edizione limitata, da collezione.

«Siamo particolarmente orgogliosi» afferma Elena Pavan, Sindaco di Bassano del Grappa «di presentare, a ridosso delle festività natalizie, l’ultima ambiziosa iniziativa culturale proposta dalla Città di Bassano in questo 2022. Con questa mostra, doveroso omaggio al genio artistico dei Dal Ponte, si chiude in bellezza un anno denso di eventi e si va a completare la già ricchissima offerta dei nostri Musei Civici. Questo Natale i cittadini e i visitatori tutti avranno così l’opportunità di riscoprire, con un unico biglietto, i due immensi genius loci della nostra città: Jacopo Dal Ponte e Antonio Canova».

Ad arricchire ancor più il racconto visivo, alle opere saranno affiancati, in alcuni casi, oggetti o libri (come il Libro dei conti della bottega, o il quaderno di esercizi alchemici di Francesco il Vecchio, o un erbario del Cinquecento che dialoga con le piante dipinte da Jacopo nella Fuga in Egitto, la preziosa Croce astile del Filarete, capolavoro dell’oreficeria sacra del Quattrocento, ecc.). Alla dimensione visiva delle opere si affianca dunque la forza della dimensione narrativa: due livelli che si compenetrano e si completano a vicenda.

Testo e opere godono in mostra della stessa dignità, sono un unicum.

«L’idea di questa collaborazione con Melania Mazzucco» spiega Barbara Guidi, Direttrice dei Musei Civici di Bassano del Grappa «nasce dal desiderio di far conoscere, in un modo nuovo, inedito e sorprendente, l’inestimabile patrimonio conservato nei nostri Musei Civici, facendo entrare il visitatore nelle opere di questi grandi protagonisti della pittura veneta del XVI secolo anche attraverso le storie e vicissitudini dei loro autori e dei luoghi che hanno nutrito la loro opera; raccontando le passioni e le aspirazioni di Jacopo Bassano e dei suoi figli con le parole di Melania Mazzucco si potrà dunque comprendere il senso più profondo e poetico della loro grande arte».

Ad impreziosire ulteriormente il progetto espositivo, giunge a Bassano del Grappa un ospite illustre: il Ritratto di uomo in armi di Jacopo Bassano, in prestito dalla sede londinese della galleria Robilant+Voena. Il capolavoro – appartenente alla fase più originale, dinamica e sperimentale della maniera di Jacopo – esplora un genere assai poco praticato dal maestro veneto: quello della ritrattistica. Sebbene le fonti menzionino una sua non marginale attività come ritrattista, pochissimi sono i ritratti di Jacopo individuati con certezza dalla critica, oggi dispersi tra importanti raccolte pubbliche d’Europa e d’America, da Kassel a Budapest, da Palazzo Rosso a Genova al Getty Museum di Los Angelés.

Insieme al preziosissimo piccolo Ritratto del Doge Sebastiano Venier, dipinto ad olio su rame e conservato nello stesso Museo Civico bassanese, il Ritratto di uomo in armi segna quindi un momento fondamentale per lo studio dell’intera opera del pittore bassanese.

Dopo essere stato a lungo ascritto alla mano di pittori quali Veronese e Pordenone, nel 2009 il Ritratto di uomo in armi è stato ricondotto con fermezza al catalogo di Jacopo Bassano. L’attribuzione, che si deve ad una felice intuizione di Bernard Aikema, è stata accolta dai massimi studiosi di pittura veneta del Cinquecento e in particolare dell’artista bassanese, tra i quali Vittoria Romani e Beverly Louise Brown.

La nota sentimentale che lo contraddistingue viene tuttavia stemperata dal particolare impianto compositivo, caratterizzato da una certa maestosità della figura, da continui cambi di direzione e da accenni di movimento suggeriti dall’aggraziata torsione tra testa e busto, e da un particolare uso della luce fatto di raggi incidenti e baluginanti riflessi che esaltano le superfici metalliche.

A 5 anni dalla sua precedente visita in città e a quasi 5 secoli dalla sua realizzazione, il Ritratto di uomo in armi torna quindi ‘a casa’ proprio in occasione della mostra I Bassano. Storia di una famiglia di pittori.


Ufficio stampa

Roberta Barbaro
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo T. +39 049 663499
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Chiara Padovan
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Ufficio comunicazione Musei Civici T. +39 0424 519919
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Bologna, Museo Morandi: Mostra Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese

Giorgio Morandi, Natura morta, 1949
olio su tela, 35 x 45 cm
Collezione Antonio e Matilde Catanese
© Giorgio Morandi by SIAE, 2022

Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese

a cura di Mariella Gnani
Settore Musei Civici Bologna | Museo Morandi

3 dicembre 2022 – 26 febbraio 2023

Opening: venerdì 2 dicembre 2022 h 18.00

Concluso il percorso di RE-COLLECTING, ciclo espositivo che ha approfondito particolari temi della collezione Morandi, valorizzandone opere solitamente non visibili o non più esposte da tempo, il Museo Morandi è lieto di ospitare e rendere fruibile al pubblico un importante nucleo di lavori di Giorgio Morandi provenienti dalla collezione privata di Antonio e Matilde Catanese.
La mostra Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese presenta 27opere appartenenti a una raccolta nata dalla passione dei coniugi Catanese, che iniziano ad acquistare fin dagli anni Sessanta i primi Morandi, dando prova del loro gusto raffinato e lungimirante in una città come Milano, che nel Novecento ebbe un ruolo fondamentale nel mondo dell’arte e del collezionismo in particolare.

L’esposizione – curata da Mariella Gnani e aperta al pubblico dal 3 dicembre 2022 al 26 febbraio 2023 con opening venerdì 2 dicembre 2022 h 18.00 – prende avvio dal desiderio della famiglia Catanese di rendere disponibile alla pubblica fruizione parte della propria collezione e dalla volontà dei figli di esprimere gratitudine verso i genitori per aver avuto la possibilità di crescere e affinare la propria sensibilità a contatto con capolavori.

La collezione Catanese, rappresenta “un microcosmo esemplare per decifrare e intendere l’attività di Morandi“, come evidenzia Maria Cristina Bandera, storica dell’arte, membro del Consiglio Direttivo e della Commissione Scientifica della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi. Ciò soprattutto grazie al numero di opere presenti nella raccolta, realizzate in un arco temporale che copre quasi tutti gli anni dell’attività del maestro bolognese e che affrontano tutti i temi e le tecniche da lui trattati, nonché per l’indubbia rilevanza dei pezzi che ne fanno parte.

Il percorso espositivo al Museo Morandi si apre con un raro Autoritratto giovanile del 1914, opera di primaria importanza, già collezione Valdameri, che nel 1939 prese parte alla Golden Gate International Exposition di San Francisco, e prosegue con una sfilata di nature morte, fiori e paesaggi, realizzati tra il 1918 e il 1959, di straordinario interesse storico e qualitativo, attraverso la quale è possibile seguire lo sviluppo della ricerca morandiana.
La presenza di ben dieci lavori, tra oli, acquerelli e incisioni, aventi per soggetto il tema dei fiori tanto caro a Morandi, permette di ripercorrerne le varie tipologie a partire dall’acquerello del 1918 (P.1918/5) esemplare di rara maestria e testimonianza di una capacità tecnica già pienamente acquisita.
Il tema della natura morta, interpretato attraverso il linguaggio pittorico e incisorio, con l’unica eccezione di un disegno, si sviluppa parallelamente a quello dei paesaggi tra cui compare il dipinto La strada bianca (V.341), motivo realizzato a Grizzana e ripreso in alcune varianti nel 1939 e nel 1941.
Gran parte delle opere esposte vantano una storia collezionistica degna di rilievo: ne sono un esempio il Paesaggio, 1941 (V. 329) transitato dall’importante raccolta di Pietro Feroldi a quella di Gianni Mattioli e successivamente pervenuto in quella dei coniugi Plaza, i Fiori citati, già di collezione Jucker, o ancora la Natura morta, 1940 (V. 260), già nella collezione Rockefeller.
È parte integrante della mostra una selezione di acqueforti (la collezione Catanese possiede quasi l’intera produzione), tecnica che Morandi praticò da autodidatta in modo magistrale e che considerò sempre come un linguaggio parallelo alla pittura, come testimoniato dalle sue ormai celebri parole: “dipingo e incido paesi e nature morte“.

La passione e l’attitudine verso la produzione di Giorgio Morandi da parte dei coniugi Catanese è ben delineata da Antonio Catanese, in alcuni passaggi dell’intervista concessa alla curatrice della mostra:

“Di fronte ad un’opera di Morandi mi sento un soggetto attivo, non passivo, come non mi accade per altri autori, se pur importanti, che ho scelto e di cui mi circondo. Ma con Morandi è diverso. La sua pittura mi costringe all’osservazione prolungata del soggetto. Ad ogni riflessione sulla pennellata, sulla lieve variazione di colore, sulla polvere percepita, sento che devo rimanere più a lungo, ritornare con il pensiero per cogliere di più”.

È lo stesso ingegnere, spiegando a Mariella Gnani la propria curiosa abitudine di salutare le opere di Morandi, ad aggiungere:

“Per farle capire la porto nell’ambito musicale. Quando un musicista sceglie uno strumento, che lo accompagnerà per tutta la vita, avviene il ‘fenomeno di coniugalizzazione’, lo scriva, perché ne sono fermamente convinto. Paganini chiamava il suo violino ‘Cannone’ per la potenza del suono. Non voglio portare l’attenzione solo sull’oggetto perché quello che importa è mettere in evidenza il senso profondo di una unione, il cui fondamento è di carattere amoroso. Con le opere che ho collezionato avviene il medesimo processo”.

Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese è accompagnata da una pubblicazione edita da Silvana Editoriale, con testi critici di Mariella Gnani, Maria Cristina Bandera, Luca Cecchetto, Federica Bucolini, Paolo Triolo, Sabrina Burattini, Laura Valentini, e le schede delle 90 opere appartenenti alla collezione Catanese a cura di Stella Seitun.

Per la realizzazione dell’esposizione si ringrazia l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo | Scuola di Conservazione e Restauro che ha affiancato la curatrice per il controllo delle opere durante il periodo espositivo e per alcune indagini legate alla caratterizzazione dei materiali, alla documentazione digitale e alla diagnostica non invasiva.


Giorgio Morandi, Autoritratto, 1914
olio su tela, 44 x 35 cm
Collezione Antonio e Matilde Catanese
© Giorgio Morandi by SIAE, 2022

Storia conservativa dell’Autoritratto del 1914 di Giorgio Morandi

di Mariella Gnani


SCHEDA TECNICA

Mostra:
Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese

A cura di:
Mariella Gnani

Sede:
Museo Morandi
via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna

Periodo di apertura:
3 dicembre 2022 – 26 febbraio 2023
Opening: venerdì 2 dicembre h 18.00

Orari di apertura:
martedì e mercoledì h 14-19
giovedì h 14-20
venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-19
chiuso: lunedì non festivi

Ingresso e biglietti:
Intero 6 euro, ridotto 4 euro
Biglietteria on line

Informazioni generali:
Museo Morandi
Tel. +39 051 6496611
www.mambo-bologna.org/museomorandi/
Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna
Instagram: @mambobologna
Twitter: @MAMboBologna
YouTube: MAMbo channel

Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Instagram: @bolognamusei

Ufficio stampa Settore Musei Civici Bologna
e-mail Ufficio Stampa Bologna Musei 
Elisa Maria Cerra – Tel. +39 051 6496653 e-mail elisamaria.cerra@comune.bologna.it 
Silvia Tonelli – Tel. +39 051 6496620 e-mail silvia.tonelli@comune.bologna.it
Con la collaborazione di Ornella De Carlo

Roma, Galleria del Cembalo: inaugurazione della mostra “LA VIE EN VERT” di Karmen Corak

Karmen Corak, 8298

La Galleria del Cembalo presenta la mostra

LA VIE EN VERT

Fotografie di Karmen Corak

Dal 7 dicembre 2022 al 3 febbraio 2023

Galleria del Cembalo

Palazzo Borghese, Largo della Fontanella di Borghese 19, Roma

Il 7 dicembre 2022 la Galleria del Cembalo ha il piacere di inaugurare nelle proprie sale La vie en vert, un nuovo progetto fotografico di Karmen Corak, artista italiana di origine slovena che ha studiato Arti Grafiche in Croazia e Conservazione e restauro di opere d’arte su carta in Italia, Giappone e Austria. La mostra sarà visitabile fino al 3 febbraio 2023.

Le fotografie esposte sono testimonianza di una natura venerata, di una contemplazione paesaggistica che muove l’osservatore a dialogare con esse. Le immagini sono il risultato di un processo evolutivo che prende le mosse dall’amore per i giardini, unito ad un profondo interesse per la cultura tradizionale dell’Estremo Oriente. Ed è dal Giappone, sull’isola di Shikoku, che proviene la carta washi, ideale per stampare queste immagini.

Scattate nei giardini botanici in ItaliaSloveniaGermaniaFranciaCina e Giappone, le fotografie di Karmen Corak assegnano un valore cultuale all’impermanenza, alla dissolvenza del paesaggio, riflettendo sulla sua valenza poetica. In tal modo le immagini suggeriscono, anche attraverso i più piccoli dettagli, la spiritualità della sua connessione con il paesaggio e la profondità di un rapporto interiore, basato sulla vibrante interazione tra memoria e presente.

KC Berlin 2802, 2019

Un forte impatto ha avuto sulla fotografa una celebre frase del poeta J.C. Friedrich Hölderlin: “Pieno di meriti, ma poeticamente, abita l’uomo su questa terra“. A guidare lo spettatore tra le fotografie in mostra, Corak scrive che questa riflessione sulla Natura “evoca in me il ricordo di gioia infantile e le scoperte del sentimento ‘verde’ nel giardino di famiglia. La luce riflessa sulle piante rimaneva come una reminiscenza nei miei occhi. La contemplazione della Natura, rinvia a tutto ciò che è stato visto nel passato, nell’immaginazione, o all’esperienza intima, una rivelazione nel tempo. Il paesaggio è una sorgente inesauribile che invita all’interazione“.

Abbiamo conosciuto Karmen Corak come restauratrice di opere antiche su carta e appassionata del Giappone e delle tecniche di stampa antica tradizionale di quel paese. Poi abbiamo scoperto il suo lavoro fotografico, che nell’indagine delle forme nascoste della natura cela una ricerca intima di sé e della profonda appartenenza al tutto” dichiara la direttrice della Galleria del Cembalo Paola Cavazza.

KARMEN CORAK

Karmen Corak, nata in Slovenia, studia Arti Grafiche in Croazia e Conservazione e restauro di opere d’arte su carta in Italia, Giappone e Austria. Segue seminari di fotografia con Rinko Kawauchi e HansChristian Schink. Vive e lavora tra Roma e Venezia. Ha lavorato alla GNAMall’Accademia a Venezia ed ora alla Calcografia a Roma come restauratrice di carta/stampe antiche. Partecipa alle mostre collettive in Cina, Corea, Croazia, Francia, Germania, Giappone, Italia, Russia, Slovenia, Spagna, Ungheria e USA; e con le mostre personali alle diverse edizioni del Festival Internazionale di Fotografia a Roma. Riceve premi internazionali in Fine Art Photography a Parigi, Malaga e Berlino.


GALLERIA DEL CEMBALO

La Galleria del Cembalo, un grande spazio espositivo aperto per iniziativa di Paola Stacchini Cavazza all’interno di Palazzo Borghese, nel cuore antico di Roma, tra piazza di Spagna e il Tevere, vuole restituire ai collezionisti e agli appassionati d’arte alcune delle sale al pianterreno che Marcantonio IV Borghese fece decorare alla fine del Settecento per ospitarvi la propria collezione di opere d’arte.

L’attività espositiva, diretta in collaborazione con Mario Peliti, ha come elemento centrale la fotografia e il suo dialogo con le altre forme di espressione artistica.

La mostra inaugurale, nel maggio del 2013, si intitolava Passaggi ed era a cura di Giovanna Calvenzi. Il tema centrale era la discontinuità di stile e di contenuti nel lavoro di fotografi italiani di tre generazioni. Erano esposte fotografie di Ugo Mulas, Mario Cresci, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Francesco Radino, Antonio Biasiucci, Paolo Pellegrin, Luca Campigotto, Paolo Ventura, Silvia Camporesi, Alice Pavesi e Moira Ricci. Da allora, nell’arco di nove anni sono state prodotte cinquantadue mostre, tra monografiche e collettive, talvolta di rilevante impegno curatoriale, presentando sia lavori di autori celebrati sia nuove proposte.

La galleria annovera tra i suoi artisti Letizia Battaglia, Antonio Biasiucci, Christopher Broadbent, Danila Tkachenko, Alessandro Imbriaco, Luca Campigotto, Lorenzo Castore, Nicolò Cecchella, Stefano Cerio, Kathryn Cook, Karmen Corak, Cortis & Sonderegger, John Demos, Giorgia Fiorio, Joan Fontcuberta, Charles Fréger, Michael Kenna, Charles March, Massimo Siragusa, Toni Thorimbert. Grazie alla continuità e costanza nella programmazione, la Galleria del Cembalo costituisce un punto di riferimento nel panorama culturale romano.

Con regolarità le mostre della galleria sono state recensite da TG 5, RaiNews24, L’Espresso, Internazionale, Io Donna, Sette, Il Giornale dell’Arte, Arte, Artribune, Exibart. Servizi sulla Galleria del Cembalo sono apparsi sul New York Times e Le Figaro. Nelle sale della galleria si ospitano frequentemente presentazioni di libri, incontri di lavoro, eventi privati su richiesta.


INFORMAZIONI UTILI

MOSTRA LA VIE EN VERT DI KARMEN KORAK
Dal 7 dicembre 2022 al 3 febbraio 2023
DOVE: Galleria del Cembalo, Palazzo Borghese – Largo della Fontanella di Borghese 19, Roma
ORARI: Da mercoledì a venerdì dalle 15.30 alle 19.00 – sabato dalle 11.00 alle 19.00
INGRESSO LIBERO

CONTATTI
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CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

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Venezia, Palazzo Bembo: Women in Love – La potenza naturale del piacere femminile per denunciare le mutilazioni genitali femminili

Benedetta Paravia
con il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

Il 2 Dicembre a Venezia sarà inaugurata la Mostra ad alto contenuto sociale e solidaristico Women in Love di Benedetta Paravia alias Princess Bee. Lo scopo centrale di questo evento artistico è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle Mutilazioni Genitali Femminili (clitoridectomia, escissione ed infibulazione) al fine di contribuire a porre fine a questa terribile violenza perpetrata su bambine e giovani donne;

Saranno esposti i frames fotografici di 7 video NFT che ritraggono ognuno 7 donne volontarie di nazionalità diverse, ed attraverso l’uso di un QR Code si potranno visualizzare i video e le storie toccanti delle 7 modelle. Le immagini suscitano impatto emotivo attraverso la rappresentazione di un vero orgasmo, ossia la forza della natura femminile in contrapposizione alla violenza del crimine delle MGF;

Nel corso della serata è prevista una performance live simbolica che vedrà protagoniste due delle 7 modelle mentre il Maestro Luca Barbareschi reciterà un monologo.

    “Women in Love”
    Video-mostra di Benedetta Paravia (Princess Bee)

    2.12 – 23.12.2022
    Palazzo Bembo, Riva del Carbon, 30124, Venezia

    Opening: 2 dicembre alle ore 17:00 per i media e dalle 18:00 alle 21:30 per gli ospiti 

    Il 2 Dicembre, alle ore 17 per i media e dalle 18 alle 21:30 per gli ospiti, presso Palazzo Bembo, affacciato sul Canal Grande all’altezza del Ponte di Rialto, a Venezia sarà inaugurata la mostra ad alto contenuto sociale e solidaristico Women in love di Benedetta Paravia, in collaborazione con la Galleria internazionale ITSLIQUID GROUP
    Benedetta Paravia, il cui progetto artistico beneficia già del Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lo scorso 28 Ottobre presso la Camera dei Lords a Londra è stata premiata, con decreto precedentemente firmato dalla Regina, con la motivazione “best project 2022 for women empowerment“. Si tratta del premio per le donne leaders che è stato dedicato alla Regina stessa dopo la sua scomparsa.

    Lo scopo principale della Mostra è sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle Mutilazioni Genitali Femminili (clitoridectomia, escissione ed infibulazione) al fine di contribuire a porre fine a questa terribile violenza perpetrata su bambine e giovani donne, una violazione dei Diritti Umani (WHO 2008). Sono 125 milioni le donne nel mondo che convivono con una delle mutilazioni genitali esistenti, mentre sono 4 milioni le bambine che, ogni anno, rischiano di subirne una.
     
    Saranno esposti 7 video NFT che ritraggono ognuno 7 donne volontarie di nazionalità diverse, con la direzione fotografica di Daniele Pedone. Le immagini suscitano impatto emotivo attraverso la rappresentazione di un vero orgasmo, ossia la forza della natura femminile in contrapposizione alla violenza del crimine delle MGF. Lo spettatore è indotto di conseguenza alla riflessione ed alla presa di coscienza delle profonde lesioni fisiche e psichiche inflitte alla donna ed alla propria femminilità che le viene negata dopo aver subito queste pratiche. La “naturalità” come leva virtuosa per scardinare usanze drammaticamente oscurantiste e violenze di genere contemporanee è sottolineata nei video da elementi  come acqua, sabbia, ecc. 
     
    Le mobilitazioni internazionali contro questo fenomeno hanno ridotto l’incidenza nelle nuove generazioni ma il problema è ancora gravemente diffuso. Le MGF sono divenute target del quinto obiettivo di Sviluppo Sostenibile: la parità di genere. Infatti, sebbene la pratica sia gestita dalle donne, è però sorretta da un sistema di valori e norme che esercitano una funzione culturale ed identitaria: l’attenuazione del desiderio femminile, l’aumento del piacere maschile ma soprattutto la sicurezza della fedeltà matrimoniale e la preservazione della verginità sono tra le motivazioni dominanti di natura sessuale. Le MGF, quindi, non hanno alcuna base religiosa e sono praticate in molti paesi dell’Africa, del Sud della penisola araba, del Sud Est asiatico e, appunto, anche in Italia. Con la Legge n.7 del 9 Gennaio 2006 il Parlamento italiano ha provveduto a tutelare la donna dalle pratiche di mutilazione genitale femminile in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione Italiana e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 Settembre 1995 nella quarta Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulle donne. Il 6 Febbraio infine è stata proclamata la Giornata Mondiale Contro le Mutilazioni Genitali Femminili.
     
    L’arte si fa portatrice di istanze sociali attraverso delle immagini che possano innescare una reazione o una riflessione nel visitatore e cercando di attivare un volano solidaristico il più concreto possibile. Il catalogo della mostra, realizzato in doppia lingua italiana ed inglese, conterrà alcune delle testimonianze più significative di donne impegnate da oltre trent’anni nella lotta contro le MGF, sia che siano state vittima, sia che siano scampate alla violenza. Al termine della mostra, i 7 NFT verranno battuti durante un’asta benefica di cui parte del ricavato andrà a sostenere la NGO The Girdle per l’empowerment delle donne in Africa ed il resto verrà impiegato per una campagna mirata di educazione alla consapevolezza per le fanciulle tramite i social media Tiktok ed Istagram, con una serie di conferenze itineranti sul tema MGF e per la deinfibulazione e clitoridoplastica gratuite per le vittime mutilate. 

    Benedetta Paravia

    Benedetta Paravia

    Artista poliedrica e creative producer Benedetta Paravia aka Princess Bee è tornata in Italia dagli Emirati Arabi Uniti, dove lavora creando un ponte tra Medio Oriente ed Europa attraverso la cultura, la formazione universitaria, le canzoni (di cui una per la pace, “Angels”, patrocinata dall’UNESCO), i libri, i programmi televisivi e cross mediali al femminile, le sfilate, le mostre d’arte e la solidarietà. È l’italiana più famosa nel mondo arabo, unica personalità ad oggi autorizzata – all’interno del Museo del Cairo – per un servizio fotografico ed icona della sua amata città d’adozione: Dubai. È Vice Presidente ed Ambasciatore di A.N.G.E.L.S. – Associazione Nazionale Giovani Energie Latrici di Solidarietà – ONLUS.
    È anche l’orgoglio di Google con il 100% di notizie positive a lei dedicate. Collabora con La Repubblica e RepTV.

    Wikipedia: https://en.m.wikipedia.org/wiki/Princess_Bee
    Instagram: @benedettaparavia @princessbeemusic
    Website: www.benedettaparavia.com

    Daniele Pedone

    Daniele Pedone fotografo e per questa Mostra si è affiancato all’Artista Benedetta Paravia in qualità di direttore della fotografia, ha collaborato con importanti personalità nel campo delle arti visive quali Peter Lindbergh, Bruce Weber, Mario Testino ed altri. Ha vissuto a New York, Londra e alle Isole Canarie. Di ritorno in Italia ha abbracciato il progetto artistico-culturale umanitario Women in Love.



    Artista|Benedetta Paravia
    Location | Palazzo Bembo, Riva del Carbon, 30124, Venezia VE
    Durata della Mostra| 2.12 – 23.12.2022
    Opening |2 Dicembre alle ore 17:00 per i media e dalle 18:00 alle 21:30 per gli ospiti

    Ufficio stampa e comunicazione
    Davide Federici – Responsabile ufficio stampa
    Carlotta Berti – Per informazioni e gestione social
    www.fg-comunicazione.it
    press@fg.comunicazione.it
    info@davidefederici.it

    Pu 25.11.2022

    Foligno, Palazzo Trinci: Con “I LOVE LEGO” si inaugura il Natale all’insegna del gioco

    “I Love Lego” a Foligno

    “I LOVE LEGO”

    La Legomania approda a Foligno.

    Dal prossimo 7 dicembre presso Palazzo Trinci di Foligno saranno ospitati meravigliosi e fantastici diorami costruiti interamente coi mattoncini che hanno fatto impazzire generazioni di bambini e appassionati del mondo Lego.

    Una mostra pensata per giocare, mettere alla prova la propria inventiva,
    passare il tempo con la famiglia o coi propri amici e per tornare un po’ tutti a sognare e divertirsi.

    Dal prossimo 7 dicembre Foligno si prepara a inaugurare il Natale all’insegna del gioco, del divertimento e dello stare insieme.
    Palazzo Trinci è infatti pronto ad accogliere il pubblico con I LOVE LEGO, una mostra pensata per tutte le famiglie e gli appassionati di ogni età dei moduli per le costruzioni più famosi al mondo.

    Città immaginifiche, ricostruzioni storiche, continenti inesplorati e interi villaggi abitati dalle popolarissime minifigures che, da sempre, sono presenti nell’immaginario collettivo del grande pubblico perché tutti, almeno una volta nella vita, ci si è trovati a mettere alla prova la propria inventiva e provato a costruire il mondo dei propri sogni.

    In mostra saranno presenti 7 immensi diorami, dettagliatissime riproduzioni di fantastici mondi in scala ridotta costruiti attraverso la passione e l’ingegno di alcuni tra i più grandi appassionati e costruttori al mondo: dalle ambientazioni caraibiche dove scorrazzano i pirati a scene della seconda guerra mondiale; dalle riproduzioni di aree naturalistiche agli scorci delle vie del centro storico con quartieri, stazioni ferroviarie e strade; dalla conquista dello spazio sul suolo lunare alla suggestiva riproduzione della Roma del medioevo; ambientazioni realizzate in decine di metri quadrati con oltre mezzo milione dei mattoncini.

    Ad arricchire la mostra e renderla più dinamica – tra boschi e palazzi, tra astronavi e pirati – il visitatore è invitato anche una divertente “caccia al personaggio”, una sfida nel rintracciare personaggi celebri (e non) nascosti all’interno delle installazioni: da Harry Potter a Dart Vader, diversi gli ospiti a sorpresa inseriti nelle divere installazioni che accompagnano nella visita tutti coloro che vogliono divertirsi a scovare tra i mattoncini.

    E ancora, a dimostrare quanto i moduli Lego siano in grado di “creare arte a 360°”, in mostra a Palazzo Trinci immancabili saranno anche le tele di Stefano Bolcato, rivisitazioni in versione ‘omini LEGO’ delle più grandi e famose tele e capolavori della storia dell’arte, dalla Gioconda ai più attuali quadri di Frida Kahlo; ma anche le vignette/installazioni comiche del collettivo LEGOlize – autori nel 2016 dell’omonima pagina umoristica che oggi conta oltre 2 milioni di followers sui social – dove la comicità diventa arte.

    La mostra I LOVE LEGO, promossa da Palazzo Trinci – Museo della Città e dal Comune di Foligno, è prodotta e organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia.

    La mostra, non è direttamente sponsorizzata da LEGO, è realizzata grazie ad alcuni dei più grandi collezionisti del mondo


    Sede
    Palazzo Trinci
    P.zza della Repubblica, 25
    06034 – Foligno (PG)

    Date al pubblico
    7 dicembre 2022 – 4 giugno 2023

    Orario apertura
    dal martedì alla domenica 10 – 13 / 15 -19

    orario continuato 10 – 19 giorni di:
    pasqua (9 aprile 2023)
    pasquetta (10 aprile 2023)
    25 aprile, 1 maggio  e 2 giugno

    chiuso i lunedì non festivi, mattina del 25 dicembre e del 1 gennaio
    (la biglietteria chiude 30 minuti prima)

    Biglietti
    Intero € 12,50
    Ridotto € 10,00

    Informazioni e prenotazioni
    T. +39 0742 330 584 /585

    Sito
    www.comune.foligno.pg.it

    Hashtag ufficiale
    #ILoveLegoFoligno

    Ufficio Stampa Arthemisia
    Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
    press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

    Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini: Il Presepe di carta di Francesco Londonio

    DAL 2 DICEMBRE 2022

    DUE NUOVE INIZIATIVE ARRICCHISCONO LA PROPOSTA CULTURALE DEL MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI DI MILANO

    I visitatori potranno ammirare le 7 placchette di piombo del III secolo d.C. appartenenti al culto dei “Cavalieri Danubiani”, donate nel 2017 e recentemente restaurate, che entreranno nel percorso espositivo permanente del Museo e, per tutto il periodo natalizio, il settecentesco Presepe di carta di Francesco Londonio.

    Da venerdì 2 dicembre 2022, la proposta culturale del Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano si arricchisce di due nuove iniziative.

    La prima, presenta le opere più antiche della collezione permanente del Museo; si tratta di sette placchette di piombo, databili al III secolo d.C., donate nel 2017 e recentemente sottoposte a un intervento di restauro.

    I manufatti sono con ogni probabilità offerte votive, riferibili a un raro culto religioso di carattere misterico e iniziatico, diffuso soprattutto nell’area balcano-danubiana e noto esclusivamente da documenti iconografici, conosciuto come dei “Cavalieri Danubiani “(Equites Danuvini), attestato tra la fine del II e gli inizi del IV secolo tra le multietniche schiere dell’esercito romano.

    Prive di iscrizioni, le placchette conservano simboli e immagini che tendono a ripetersi con leggere varianti, di non facile interpretazione ma immediatamente riconoscibili agli adepti. Generalmente inquadrate da un’edicola architettonica, le decorazioni sono disposte su più registri. Al centro appare frequentemente una dea, non identificata, verso la quale convergono i due cavalieri divini, gli Equites Danuvini; nel registro superiore il dio Sol.

    Fra le scene ricorrenti si riconoscono il sacrificio dell’ariete (criobolium) e il banchetto con un pesce. Nella parte inferiore, quindi nella posizione simbolicamente più vicina alla terra a sottolineare il carattere cosmologico delle rappresentazioni, si trovano i probabili simboli dei quattro elementi: il serpente per la terra, una coppa kantharos per l’acqua, il leone per il fuoco e il gallo per l’aria.

    La seconda, che accompagna i visitatori lungo tutto il periodo natalizio, propone fino al 29 gennaio 2023, il settecentesco Presepe di carta di Francesco Londonio, uno dei capolavori d’arte sacra del XVIII secolo milanese, composto da circa 60 personaggi, dipinti su carta o cartoncino sagomati, alti dai 35 ai 60 cm.

    Il cosiddetto “Presepe del Gernetto”, dal luogo di provenienza, Villa Gernetto a Lesmo in Brianza, già nella raccolta Patrizi Cavazzi della Somaglia, è entrato a fare parte della collezione permanente del Museo Diocesano nel 2018 grazie alla donazione di Anna Maria Bagatti Valsecchi.

    La maggior parte delle figure è stata dipinta da Francesco Londonio (1723-1783), uno dei più importanti artisti lombardi del Settecento, specializzato proprio in presepi, in scene campestri e raffigurazioni di animali.

    Eseguito probabilmente fra il settimo e l’ottavo decennio del Settecento, fu commissionato dal conte Giacomo Mellerio, appassionato collezionista e proprietario della villa Gernetto.

    L’allestimento proposto al Museo Diocesano divide il nucleo principale certamente riferibile a Francesco Londonio, da altri due gruppi, uno realizzato dallo stesso Londonio in una fase successiva e uno riferibile a un suo imitatore.

    L’esposizione, curata da Nadia Righi e Alessia Devitini, rispettivamente direttrice e conservatrice del Museo Diocesano di Milano, è anche l’occasione per presentare alcune figure restaurate di recente grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo nell’ambito della XIX edizione del programma Restituzioni.

    È possibile contribuire al restauro delle altre figure del presepe, aderendo al progetto For Funding di Intesa SanPaolo, facendo la propria donazione alla pagina dedicata, sul sito www.forfunding.intesasanpaolo.com.

    Giovedì 1° dicembre 2022, alle ore 18.00, si terrà l’incontro Restauri e nuove acquisizioni, durante il quale Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano di Milano, e Francesco Muscolino, direttore del Museo Archeologico di Cagliari, presenteranno il volume Le placchette dei Cavalieri Danubiani.

    La partecipazione è gratuita. Prenotazione obbligatoria tramite Eventbrite.

    Le due iniziative si tengono in contemporanea con la 14^ edizione di Un Capolavoro per Milano che ospita la Predella della Pala Oddi, capolavoro giovanile di Raffaello, proveniente dai Musei Vaticani.


    Le 7 placchette in piombo del III sec. d.C.
    Dal 2 dicembre 2022

    Il Presepe di carta di Francesco Londonio
    2 dicembre 2022 – 29 gennaio 2023

    Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3)

    Orari:
    martedì- domenica, 10-18; chiuso lunedì

    Biglietti:
    Intero: € 9,00
    Ridotto individuale: € 7,00
    Ridotto gruppi: € 7,00
    Ridotto parrocchie: € 7,00
    Scuole e oratori: € 4,00
    Cumulativo Chiostri intero: € 12,00
    Cumulativo Chiostri ridotto individuale: € 10,00
    Cumulativo Chiostri ridotto gruppi: € 10,00
    Cumulativo Chiostri ridotto parrocchie: € 10,00

    Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it

    Social

    Ufficio stampa
    CLP Relazioni Pubbliche | Anna Defrancesco | T. +39 02 36755700  
    anna.defrancesco@clp1968.it | www.clp1968.it

    Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini: LIVIO SENIGALLIESI. Diario dal fronte

    Livio Senigalliesi, Operazione militare all’alba (Military Operation at sunrise)
    2010 Somewhere in the north of Afghanistan. Embedded with US Rangers. Photo by Livio Senigalliesi

    MILANO
    MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI

    DAL 25 NOVEMBRE 2022 ALL’8 GENNAIO 2023

    LIVIO SENIGALLIESI
    DIARIO DAL FRONTE

    L’esposizione ripercorre l’intera carriera del fotoreporter milanese che ha documentato 25 conflitti in circa 30 anni di lavoro.

    La rassegna presenta una selezione di 50 fotografie in bianco e nero e a colori, raccolte in scenari di guerra, dal Medio-Oriente al Kurdistan, dal Kuwait all’Unione Sovietica, all’Africa.

    A cura di Barbara Silbe

    Inaugurata il 25 novembre 2022, fino all’8 gennaio 2023 il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospiterà Diario dal fronte, una retrospettiva che ripercorre l’intera carriera di Livio Senigalliesi (Milano, 1956) fotoreporter tra i più apprezzati a livello internazionale che, in circa 30 anni di lavoro, ha raccontato 25 conflitti in tutto il mondo.

    La rassegna, curata da Barbara Silbe, presenta una selezione di 50 fotografie in bianco e nero e a colori, raccolte in numerosi scenari di guerra, dal Medio-Oriente al Kurdistan, dal Kuwait all’Unione Sovietica, all’Africa a molti altri.

    Un approfondimento è dedicato al Vietnam dove, ripercorrendo il ‘sentiero di Ho Chi Minh’, ha riportato gli effetti sulle popolazioni locali dell’Agent Orange, il defoliante alla diossina nebulizzato dall’aeronautica statunitense sulle zone di foresta dove si annidavano i Vietcong.

    Attraverso il suo sguardo attento e imparziale, Senigalliesi ha costruito negli anni un archivio che si rivela oggi una preziosa testimonianza storica dei territori e delle popolazioni colpite dai conflitti, interessandosi particolarmente a fornire documentazione degli effetti “collaterali” che questi lasciano dietro di sé, soprattutto sui civili.

    La mostra conduce a una ulteriore riflessione sui temi della pace. Proprio in questi mesi, infatti, cade la ricorrenza del 60° anniversario della Pacem in terris, enciclica di Papa Giovanni XXIII pubblicata nell’aprile del 1963. Il santo pontefice scriveva in un momento storico di grande cambiamento culturale ed economico, caratterizzato da una nuova fase delle relazioni internazionali dominata dalla minaccia nucleare al seguito della guerra fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, all’indomani della costruzione del muro di Berlino del 1961 e della crisi di Cuba del 1962, ponendo l’accento sui diritti dell’uomo, sul bene comune, sul rispetto delle minoranze, sulla comunicazione e il rispetto tra le nazioni, sui rifugiati politici e sul disarmo.

    Argomenti di grande attualità ripresi più volte anche da papa Francesco che ricorda quanto la pace sia “anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima” (messaggio per la LII giornata della Pace, 1° gennaio 2019) e “azione di costruzione di una nuova umanità” (Enciclica Fratelli tutti, 2020).

    Livio SenigalliesiNote biografiche

    Livio Senigalliesi (Milano, 1956) inizia la carriera di fotogiornalista nei primi anni ’80 dedicandosi ai grandi temi della realtà italiana, le lotte operaie e studentesche, l’immigrazione, l’emarginazione, i problemi del sud, la lotta alla mafia. Alla fine degli anni ’80 amplia il raggio delle collaborazioni e rivolge sempre di più la sua attenzione all’attualità internazionale pubblicando ampi reportage sulle maggiori testate nazionali ed estere.

    La passione per la fotografia intesa come testimonianza e l’attenzione ai fatti storici di questi ultimi decenni l’hanno portato su fronti caldi come il Medio-Oriente ed il Kurdistan durante la guerra del Golfo, nella Berlino della divisione e della riunificazione, a Mosca durante i giorni del golpe che sancirono la fine dell’Unione Sovietica, a Sarajevo, dove ha vissuto tra la gente l’assedio più lungo della Storia. Ha seguito tutte le fasi del conflitto nell’ex-Yugoslavia e documentato le atroci conseguenze di guerre e genocidi in Africa e sud-est asiatico.

    Negli ultimi anni ha focalizzato il suo impegno su due grandi temi: le vittime civili dei conflitti e la condizione umana degli immigrati in Italia. Oltre alle mostre e ai libri, realizza progetti didattici per gli studenti delle scuole affinché la sua testimonianza diretta avvicini i giovani ai temi della pace e della guerra ed alla comprensione delle migrazioni forzate.


    LIVIO SENIGALLIESI. Diario dal fronte
    Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (piazza Sant’Eustorgio 3)
    25 novembre 2022 – 8 gennaio 2023

    Orari:
    martedì- domenica, 10-18; chiuso lunedì

    Biglietti:
    Intero: € 9,00
    Ridotto individuale: € 7,00
    Ridotto gruppi: € 7,00
    Ridotto parrocchie: € 7,00
    Scuole e oratori: € 4,00

    Cumulativo Chiostri intero: € 12,00
    Cumulativo Chiostri ridotto individuale: € 10,00
    Cumulativo Chiostri ridotto gruppi: € 10,00
    Cumulativo Chiostri ridotto parrocchie: € 10,00

    Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it

    Ufficio stampa
    CLP Relazioni Pubbliche | Anna Defrancesco | T. +39 02 36755700
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    Milano, Galleria Gaburro: JAN FABRE. La saggezza del Belgio

    Jan Fabre, Sexy barrel organ (2017), legno, pigmenti, carta, polimerato, metallo, componenti elettroniche, tessuto, 146,6 x 145,2 x 42,1 cm

    MILANO – GALLERIA GABURRO

    DAL 2 DICEMBRE 2022 AL 12 FEBBRAIO 2023

    JAN FABRE
    LA SAGGEZZA DEL BELGIO

    L’esposizione presenta una trentina di disegni di piccolo formato della serie Folklore Sexuel Belge e Mer du Nord Sexuelle Belge e una decina di sculture, per la prima volta esposte in Italia.

    A cura di Giacinto Di Pietrantonio

    Dal 2 dicembre 2022 al 12 febbraio 2023, la Galleria Gaburro di Milano (via Cerva 25) ospita una personale di Jan Fabre (Anversa, 1958), uno dei maggiori artisti contemporanei. Curata da Giacinto Di Pietrantonio, l’esposizione, dal titolo La saggezza del Belgio, presenta una trentina di disegni di piccolo formato della serie Folklore Sexuel Belge e Mer du Nord Sexuelle Belge e una decina di sculture, per la prima volta esposte in Italia, attraverso le quali, Jan Fabre s’interroga sull’identità belga, sulla sessualità e sensualità, passate al vaglio visivo del surrealismo, caratteristica che contraddistingue la sua opera, nonché l’intera arte belga.

    Jan Fabre, che in questo caso si definisce ironicamente “Le Bon Artiste Belge”, propone un corpus di opere volte a cercare l’identità nazionale belga che non è unica, ma densa di differenze, a partire dalla presenza di tre comunità: fiamminga, vallone e quella di lingua tedesca. Queste aree a loro volta sono internamente ancor più frammentate, una diversità in cui cerca di ritrovare saggezza e unità per proporre ciò che può “connettere piuttosto che dividere”.

    Su ogni disegno campeggia la spiritosa scritta ÉDITÉ ET OFFERT PAR JAN FABRE LE BON ARTISTE BELGE (Pubblicato e offerto da Jan Fabre, il bravo artista belga)che fa ricorso alla frase pubblicitaria della cioccolata “Côte D’OR, Le Bon Chocolat Belge” riportata sulle cartoline con immagini del folklore belga allegate negli anni sessanta alla nota cioccolata, forte simbolo alimentare identitario sovranazionale del Belgio. Fabre sceglie tuttavia di accompagnare i disegni con questa definizione non solo per la dolcezza che la cioccolata esprime, ma metaforicamente anche per il suo “lato oscuro”, in quanto nasce dal colonialismo belga in Congo, tema su cui l’artista lavora da anni.

    Autodefinitosi “Guerriero della Bellezza”, con le sue opere agisce nell’arte e in difesa dell’arte, mettendosi in dialogo con il sapere scientifico, la saggezza popolare e il rapporto uomo-natura, facendo convergere tutto verso la centrale poetica della metamorfosi. Per questo Fabre agisce come un rivoluzionario del linguaggio che cerca di rovesciare lo stato delle cose, servendosi spesso del riferimento al carnevale quale azione di sospensione e rovesciamento della realtà. Le sculture sono stravaganti, ironiche e sgargianti come le tradizioni carnevalesche, folkloriche e teatrali del Belgio.

    “Jan Fabre” – ricorda Giacinto Di Pietrantonio – “nel suo tentativo di rovesciare linguisticamente il mondo e le sue regole, rivede quelle della sessualità che in questo specifico caso portano Fabre a interagire con alcuni artisti di riferimento, fino al più “surrealista” di tutti i tempi: Hieronymus Bosch. L’iconografia e l’iconologia dei disegni e delle sculture di Fabre in mostra sembrano infatti uscire dai quadri dell’eretico artista rinascimentale fiammingo, dove elementi marini come conchiglie, uomini, animali e piante subiscono surreali e simboliche metamorfosi umano-animale in un’orgia di colori, forme e sessualità che Fabre rilegge saggiamente anche alla luce delle trasformazioni delle culture popolari”.

    “La sua arte” – continua Giacinto Di Pietrantonio – “è sempre un andirivieni tra alto e basso, passato e presente, un modus operandi che lo tiene legato anche alla tradizione dei floridi corpi barocchi del concittadino Rubens soprattutto nella serie Mer du Nord Sexuelle Belge, in cui piccoli grassottelli cupidi e piccole veneri cicciottelle nascono da conchiglie marine. Dall’altra parte i disegni di Folklore Sexuel Belge per tavolozza e caratterizzazionechiudono modernamente il cerchio, guardando all’arte espressiva carnevalesca e grottesca del connazionale James Ensor dell’Entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889. È la maturità artistica di Fabre che attinge alla Saggezza del Belgio, rileggendo la tradizione narrativa e visuale alternativa delle leggende popolari di un sapere che si perde nella notte dei tempi e che l’arte salva dall’estinzione”.

    Jan Fabre – Note critiche e biografiche

    Jan Fabre
    photo e copyright Carlotta Manaigo

    Artista della consilienza, operante dalla fine degli anni settanta come artista visuale, Jan Fabre si colloca nella scia della tradizione, soprattutto fiamminga e rinascimentale italiana, tempo in cui gli artisti operavano su e con più discipline in quanto promotori del rivoluzionario pensiero umanistico.

    Nato ad Anversa, (Belgio), nel 1958, dove vive e lavora, Jan Fabre ha acquisito notorietà internazionale come uno dei più innovativi artisti della sua generazione per la sua capacità di padroneggiare non solo diverse discipline e temi, ma anche per una continua attitudine sperimentale nei confronti di problematiche e materiali.

    Jan Fabre ha partecipato a importanti manifestazioni internazionali come la Biennale di Venezia (1984, 1990, 1997, 2007, 2009, 2011, 2017), Documenta Kassel (1987, 1992, 2017).

    Tra le recenti mostre personali figurano quelle ospitate da importanti istituzioni come: Louvre, Parigi, (2008), Kunsthaus, Bregenz (2008), Kunsthistorisches Museum, Vienna, (2011) Musée d’Art Moderne, Saint Etienne, (2011), MAXXI, Roma (2014), Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo (2016), Forte di Belvedere, Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria Firenze (2016), Pinchuk Art Center, Kiev (2017), Musée d’Art Contemporain, Lyon (2017), Fondation Maeght, Saint-Paul-de-Vence (2018), Museo di Capodimonte, Napoli (2019). Diverse opere di Jan Fabre sono state commissionate per spazi pubblici in Belgio e all’estero. A Bruxelles è possibile ammirare sulla scalinata dei Musei Reali delle Belle Arti The Gaze Within (The Hour Blue) (2011-2013) e Heaven of Delight (2002) presso il Palazzo Reale. Ad Anversa, città natale dell’artista, l’opera The Man who Bears the Cross (2015) è ospitata all’interno della Cattedrale di Nostra Signora. Fabre ha realizzato un trittico nel solco di Rubens, Jordaens e Van Dyck per la chiesa di Sant’Agostino/AMUZ sempre ad Anversa. Come Heaven of Delight, questo trittico è realizzato con le elitre dello scarabeo gioiello. Ultime tra le sue installazioni site-specific sono quattro sculture di corallo rosso nella cappella di Pio Monte della Misericordia a Napoli (2019) che dialogano idealmente con il capolavoro di Caravaggio (Le sette opere di Misericordia).


    JAN FABRE. LA SAGGEZZA DEL BELGIO.
    Milano, Galleria Gaburro (via Cerva 25)
    2 dicembre 2022 – 12 febbraio 2023

    Orari:
    martedì-sabato, 10-13; 15-19

    Ingresso libero

    Informazioni:
    Tel. +39.02.99262529; info@galleriagaburro.com

    Sito internet:
    www.galleriagaburro.com

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    IG galleriagaburro

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