Arles, Fondation Manuel Rivera-Ortiz: DRESS CODE (Identità/Costume/Abito)

Antonio D’Ambrosio, “Mamuthones” © Antonio D’Ambrosio

ARLES (FRANCIA)
FONDATION
MANUEL RIVERA-ORTIZ

DAL 4 LUGLIO AL 25 SETTEMBRE 2022

DRESS CODE (IDENTITÀ/COSTUME/ABITO)

La rassegna, inserita nel circuito ufficiale del più prestigioso festival dedicato alla fotografia, consolida la collaborazione tra Photolux Festival di Lucca e la Fondation Manuel Rivera-Ortiz di Arles.

All’interno del percorso espositivo, la Biennale di Fotografia di Lucca presenta i reportage di Michela Benaglia sulle maschere delle feste pagane in Italia e di Antonio D’Ambrosio sui Mamuthones, le maschere tipiche del carnevale sardo.

Photolux Festival di Lucca consolida la sua collaborazione con la Fondation Manuel Rivera-Ortiz di Arles, nel contesto dei Rencontres d’Arles, il più prestigioso festival dedicato alla fotografia, iniziata nel 2015.

Dal 4 luglio al 25 settembre 2022, la Fondation Manuel Rivera-Ortiz ad Arles (Francia) ospita la collettiva Dress Code (Identità/Costume/Abito).

In questa rassegna, la Biennale di Fotografia di Lucca – unico festival italiano di fotografia ad Arles – presenta, a cura di Chiara Ruberti ed Enrico Stefanelli, i reportage di Michela Benaglia sulle maschere delle feste pagane in Italia e di Antonio D’Ambrosio sui Mamuthones, le maschere tipiche del carnevale sardo.

Il progetto di Michela Benaglia Il Selvaggio, il Folle e l’Orso conduce un’indagine antropologica sul fenomeno delle maschere così come si è sviluppato in piccole realtà italiane, soprattutto montane, che viene rappresentato una volta l’anno durante riti folkloristici o manifestazioni religiose. In mostra una selezione di 16 fotografie.

Dal canto suo, Antonio D’Ambrosio, con il reportage sui Mamuthones, si focalizza, con 10 immagini, sui personaggi del carnevale di Mamoiada, piccolo centro della Sardegna. Nelle fotografie si ritrovano i Mamuthones e gli Issohadores: due personaggi maschili che, per alcuni studiosi, appartengono a un rituale di venerazione degli animali, protezione degli spiriti del mare o di buon auspicio per la mietitura che risalgono all’epoca nuragica, per altri si pensa siano una rappresentazione della vittoria dei sardi sui saraceni.

Photolux, con la direzione artistica di Rica Cerbarano, Francesco Colombelli, Chiara Ruberti ed Enrico Stefanelli, è organizzato con il sostegno del Main partner: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca; partner istituzionali: Città di Lucca, Provincia di Lucca, Lucca Promos – The Lands of Giacomo Puccini, Camera di Commercio di Lucca; sponsor: intarget: flowing digital, Pictet Asset Management.


DRESS CODE (Identità/Costume/Abito)
Arles, Fondation Manuel Rivera-Ortiz (18 Rue de la Calade)
4 luglio – 25 settembre 2022

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche | Anna Defrancesco | tel. +39 02 36755700 | mob. +39 349 6107625  anna.defrancesco@clp1968.it | www.clp1968.it

A Taormina, Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, sarà inaugurata la mostra KOSMOS dell’artista Angelo Savasta a cura di Mariateresa Zagone

Sabato 16 luglio, alle ore 18,30, presso la prestigiosa sede della Fondazione Mazzullo, Palazzo dei Duchi di Santo Stefano a Taormina (Me), sarà inaugurata la mostra KOSMOS dell’artista Angelo Savasta a cura di Mariateresa Zagone.

Il tema del nuovo progetto espositivo dell’artista è il viaggio cosmico che, come ogni viaggio, diventa rappresentazione simbolica e reale della conoscenza, dell’esperienza che arricchisce. In KOSMOS Savasta veste gli abiti del cosmonauta interstellare muovendosi in una pittura leggera e pulviscolare che ricorda a tratti certe soluzioni anni ’50 legate alla fantascienza (si pensi, ad esempio, alle illustrazioni per le copertine della collana “Urania”). 

In queste composizioni che attirano in un universo sconosciuto prendono vita segrete armonie, si tratta di opere  multiformi che apparentemente si disvelano subito ma che in un secondo tempo, cominciano a raccontare miriadi di storie, una moltitudine di geometrie criptiche, un moltiplicarsi all’infinito di spazi che sfuggono alle regole correnti.

La mostra si potrà visitare tutti i giorni (ad esclusione del lunedì), fino al 31 luglio dalle ore 10,00 alle ore 24,00

Gallarate (VA) il Museo MA*GA presenta Screens. Culture dello schermo e immagini in movimento

Il riconoscimento è andato a Rossella Biscotti, Adelita Husni-Bey, Chiara Fumai, Mario Rizzi, Invernomuto, Silvia Rosi, Vega, Natalia Trejbalova e Vashish Soobah, le cui opere andranno ad arricchire la collezione del Museo.

Il premio alla carriera è stato assegnato a Mario Gorni e Zefferina Castoldi per il loro lavoro di documentazione della produzione artistica italiana legato proprio alle immagini in movimento

L’iniziativa è il primo evento del festival Archivifuturi

GALLARATE (VA)

AL MUSEO MA*GA
FINO AL 25 SETTEMBRE 2022
LA XXVI EDIZIONE DEL PREMIO GALLARATE

Mario Gorni, Zefferina Castoldi

Dal 5 giugno al 25 settembre 2022, il MA*GA di Gallarate (VA) presenta Screens. Culture dello schermo e immagini in movimento, la XXVI edizione del Premio Gallarate che, per la prima volta nella sua storia, indaga le relazioni tra produzione artistica contemporanea in Italia e l’ambito legato al video.

Il riconoscimento è stato assegnato a Rossella Biscotti, Adelita Husni-Bey, Chiara Fumai, Mario Rizzi, Invernomuto, Silvia Rosi, Vega, Natalia Trejbalova e Vashish Soobah, le cui opere andranno ad ampliare le collezioni del Museo MA*GA.

Il concept del premio è stato elaborato da Simone Frangi e Cristiana Perrella, membri della commissione scientifica a cui partecipano anche Marina Bianchi, Vittoria Broggini, Alessandro Castiglioni, Emma Zanella e Luciana Zaro.

Screens si apre con un riconoscimento alla carriera di Mario Gorni e Zefferina Castoldi, fondatori di Careof, per il loro lavoro di documentazione della produzione artistica italiana legato proprio alle immagini in movimento. In particolare, saranno presentati documentari e interviste realizzati tra il 1987 e il 2020.
Il percorso prosegue con le opere di Rossella Biscotti, Adelita Husni-Bey, Mario Rizzi, Invernomuto, Silvia Rosi, autori che la commissione scientifica ha ritenuto fondamentali per arricchire la collezione del MA*GA.
A queste, si aggiunge un lavoro di Chiara Fumai depositato in museo grazie a un accordo con The Church of Chiara Fumai.
Una terza sezione, resa possibile anche con il supporto di istituzioni private ed enti pubblici è dedicata all’acquisizione di pratiche emergenti. In questa linea sono state selezionate le opere di Vega, Natalia Trejbalova (Premio Academy Young) e Vashish Soobah.
L’idea di dedicare il Premio Gallarate alle ‘culture dello schermo’ – afferma Simone Frangi – è nata dalla lettura di What is Visual Culture?, introduzione al primo reader internazionale dedicato alla cultura visuale contemporanea pubblicato nel 1998, nel quale Nicholas Mirzoeff afferma che la caratteristica essenziale della cultura post-moderna, ovvero di una cultura che ha abdicato al privilegio del testo e della sua circolazione stampata, sia proprio il fenomeno continuo di visualizzazione, ovvero di traduzione in immagini di entità che non sono in sé visuali”.
“Con il concetto di screen culture – prosegue Simone Frangi -, nel 2019 Richard Butsch tenta di aggiornare il paradigma introdotto dal Mirzoeff vent’anni prima, sostenendo che la cultura o meglio le culture dello schermo sono l’espressione più avanzata della cultura visiva contemporanea: le immagini – prioritariamente “in movimento” – veicolate dagli schermi “democratizzati” (siano essi cinema, televisioni, computer, tablet e smartphones) hanno infatti un impatto sociale, politico ed economico dirompente”.

Screens. Culture dello schermo e immagini in movimento è il primo evento del festival Archivifuturi, parte del progetto Archivi del Contemporaneo manifestazione che offre un ricco programma di mostre, eventi, proposte educative, incontri, visite particolari agli studi d’artista, capace di mettere in luce la specificità di un ampio e coeso territorio eletto da importanti artisti contemporanei, pittori, scultori, designer, quale luogo privilegiato per la ricerca, la produzione artistica e anche per l’apertura di musei, fondazioni, case museo, archivi.
Archivi del Contemporaneo. Lombardia terra d’artisti è il progetto vincitore dei Piani Integrati della Cultura – PIC 2020/2022, attuati da Regione Lombardia per promuovere la progettualità culturale strategica in forme integrate e multisettoriali che richiedono il coordinamento tra soggetti pubblici e privati.

Partecipano al progetto Archivi del Contemporaneo. Lombardia terra d’artisti Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella – Museo MA*GA, capofila e come partner di progetto Comune di Gallarate, Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, Associazione Giovanni Testori Onlus, Fondazione Marcello Morandini, Archivio Marinella Pirelli, Il borgo di Lucio Fontana Associazione Culturale, Museo Civico Bodini, Fondazione Sangregorio Giancarlo, Associazione Museo Innocente Salvini, Fondazione Ottavio e Rosita Missoni, Associazione Archivio Opera Dadamaino, Associazione Culturale Franco Fossa, Associazione Culturale Archivio Silvio Zanella e Lilliana Bianchi, Proloco Arcumeggia, Archivio Vittorio Tavernari.

Catalogo Nomos Edizioni


XXVI EDIZIONE DEL PREMIO GALLARATE
Screens. Culture dello schermo e immagini in movimento
Gallarate (VA), Museo MA*GA (via E. De Magri 1)
5 giugno – 25 settembre 2022

Orari:
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì: ore 10.00 – 18.00
sabato e domenica: 11.00 – 19.00

Ingresso:
Intero: €6,00; ridotto: €4,00

Museo MA*GA
T +39 0331 706011; info@museomaga.it; www.museomaga.it

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco | T +39 02 36755700; M 349 6107625| anna.defrancesco@clp1968.it

Alberto Fiorin – Nascita della bicicletta, nascita del turismo

“Ruota a ruota. Storie di biciclette, manifesti e campioni”, dal 26 maggio al 2 ottobre, è in Santa Margherita, nuova sede del Museo Nazionale Collezione Salce. La mostra è a cura di Elisabetta Pasqualin; consulente storica Antonella Stelitano; da un’idea di Chiara Matteazzi.

Fino al 02 Ottobre 2022

Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce (Chiesa di S. Margherita)

RUOTA A RUOTA.
Storie di biciclette, manifesti e campioni

Mostra a cura di Elisabetta Pasqualin. Consulente storica Antonella Stelitano.
Da un’idea di Chiara Matteazzi

Mario Bazzi, Pneumatico “Union”. Gardiol Milano, 1925-35
LA MOSTRA

Nascita della bicicletta, nascita del turismo

(Testo di Alberto Fiorin per il catalogo edito da Silvana Editoriale)

Una vera rivoluzione copernicana è avvenuta nel mondo dei trasporti con l’invenzione della bicicletta: si introducevano infatti due concetti nuovissimi, libertà e velocità.

Si può a buon diritto affermare che il turismo moderno sia nato attorno agli anni Ottanta del XIX secolo in contemporanea proprio alla standardizzazione della safety-bike – cioè della bicicletta con due ruote della stessa dimensione e quindi molto più stabile e sicura rispetto al biciclo o velocipede – perché consentiva al tourista, al routier (scritto così alla francese), la massima libertà di movimento.

Se il treno qualche decennio prima aveva provocato un abbattimento delle frontiere avvicinando gli spazi e riducendo i tempi, la bicicletta ora permetteva a quello stesso territorio di essere esplorato capillarmente e soprattutto individualmente.

Per la prima volta ci si poteva muovere in piena autonomia, senza seccature di cocchieri da allertare o di cavalli da cambiare: ecco perché possiamo parlare di libertà. Inoltre in bici ci si spostava tanto celermente come nessun altro mezzo allora consentiva, neppure il treno, costretto alle frequenti soste alle stazioni e per i rifornimenti di acqua e di carbone: ecco perché parliamo di velocità.

E proprio il concetto di velocità, questa nuova ebbrezza cui abbandonarsi lasciandosi sferzare dal vento in una discesa da scavezzacollo, era dichiarato esplicitamente da tutti i primi circoli di appassionati delle due ruote che sorsero in Italia col nome di Veloce Club. Così – tout court – senza alcuna specificazione. Non era ancora necessario data la mancanza di concorrenti: solo con il successivo avvento dell’automobile si sentì l’esigenza di aggiungere l’aggettivo ciclistico.

E a proposito di associazioni, sempre in quei decenni, cioè nel 1894, nacque il Touring Club Ciclistico Italiano – a ruota di quelli sorti qualche anno prima in numerose nazioni europee il cui capostipite è stato l’inglese Cyclists’ Touring Club – che aveva proprio come suo ragione sociale il favorire la conoscenza del territorio ai primi ciclisti-viaggiatori tramite la produzione di una cartografica dettagliata e la realizzazione di specifiche guide e opuscoli contenenti le informazioni necessarie per tracciare viaggi ciclistici in sicurezza, la produzione e sistemazione di una coerente e uniforme segnaletica stradale (non dimentichiamo che nell’Italia post-unitaria erano presenti ampie differenze: ad esempio nel meridione si era ancora fermi alle indicazioni del periodo borbonico), aiutare i propri associati a riparare i propri mezzi grazie alle cassette con attrezzi disseminate in luoghi strategici lungo le strade maggiormente percorse dai ciclisti…

Sono decenni di fermenti, di invenzioni, di innovazioni: l’industria della produzione della bicicletta diverrà il volano di tutta l’industria meccanica leggera e le sue principali componenti meccaniche (in primis i cuscinetti a sfera, la catena di trasmissione, la demoltiplica) vennero applicate successivamente ad altre invenzioni come l’automobile, la motocicletta, la macchina da scrivere e la macchina da cucire.

Non è certo un caso che le grandi aziende diventate note per la produzione di automobili (Peugeot, Bianchi, Opel, Adler) iniziarono col creare biciclette, specializzandosi solo dopo nella fabbricazione di auto; la stessa FIAT produsse anche velocipedi. C’era chi fabbricava, assieme alle bici, anche moto (Dei, Mars, Ganna, Marchand), stufe, macchine da maglieria, macchine da scrivere (Adler), macchine da cucire (Prinetti e Stucchi, Frera, Opel, Adler, Singer, Gritzer) o addirittura armi (Steyr-Puch), mostrando come tutta l’industria sia stata stimolata e trainata dalla produzione ciclistica.

Accanto ad invenzioni come la camera d’aria (il medico irlandese John Dunlop nel 1888) e lo pneumatico smontabile (Edouard e André Michelin nel 1891), che consentivano di ridurre l’attrito e aumentare la velocità, per rendere la vita più facile al turista in bicicletta che aveva il bisogno di immortalare i propri viaggi e la bellezza dei paesi scoperti ecco l’invenzione della macchina fotografica portatile (Eastman Kodak nel 1888) pensata per contenere pesi e spazi rispetto al classico catafalco con cavalletto, lastre e magnesio: è la prima macchina fotografica per non professionisti.

Ma l’industria della bici aveva anche bisogno di vendere, di farsi conoscere, di conquistare il mercato, di esporre i propri oggetti e infatti negli anni a cavallo tra Otto e Novecento si svilupparono delle interessanti campagne pubblicitarie che videro importanti artisti disegnare affiche molto stimolanti e accattivanti, che costituirono degli esempi da imitare entrando a buon diritto nella storia della pubblicità. In questa esposizione ne abbiamo degli straordinari esempi.


Info: www.collezionesalce.beniculturali.it

Ufficio Comunicazione Museo Salce:
Mariachiara Mazzariol mariachiara.mazzariol@beniculturali.it tel 0422 591936
Vincenza Lasala drm-ven.comunicazione@beniculturali.it

Ufficio Stampa della Mostra
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 simone@studioesseci.net rif. Simone Raddi

Satoshi Yagisawa – I miei giorni alla libreria Morisaki

Traduzione di Gala Maria Follaco 

Jinbōchō, Tōkyō: il quartiere delle librerie, paradiso dei lettori. Benché si trovi a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni, è un angolo tranquillo, un po’ fuori dal tempo, con file di vetrine stipate di volumi, nuovi e di seconda mano. Non tutti lo conoscono, i più vengono attratti dalle mille luci di Shibuya o dal lusso di Ginza, e neppure Takako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – lo frequenta, anche se proprio a Jinbōchō si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni: un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza adibita a magazzino al piano superiore. È il regno dello zio Satoru, che ai libri e alla Morisaki ha dedicato la vita, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato. Entusiasta e un po’ squinternato, Satoru è l’opposto di Takako, che non esce di casa da quando l’uomo di cui era innamorata le ha annunciato che sposerà un’altra. Ed è proprio lui, l’eccentrico zio, a lanciarle un’imprevista ancora di salvezza proponendole di trasferirsi al piano di sopra della libreria in cambio di qualche ora di lavoro. Takako non è certo una gran lettrice ma, quasi suo malgrado, si lascia sorprendere e conquistare dal piccolo mondo di Jinbōchō. Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con uno sconosciuto ossessionato da un misterioso romanzo e rivelazioni sulla storia d’amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare.

(Testo tratto dalla scheda editoriale su IBS).

LEGGI
LE PRIME PAGINE
SU IBS

IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 

Roma: A Palazzo Bonaparte la mostra del Maestro Han Yuchen “Tibet, splendore e purezza”

Han Yuchen
Fratello e sorella – Brother and sister
2015
Olio su tela / Oil on canvas
cm 135×120

Aperte le prevendite al link
www.ticket.it/hanyuchen

Per la prima volta a Roma, Palazzo Bonaparte ospita la grande retrospettiva del
Maestro Han Yuchen con la mostra “Tibet, splendore e purezza”

Han Yuchen
La devota – The faithful
2010
Olio su tela / Oil on canvas
cm 180×110

Dal 14 luglio, e per la prima volta nella Capitale, Palazzo Bonaparte ospita un’ampia retrospettiva dedicata al grande Maestro della pittura a olio della Cina contemporanea Han Yuchen con la mostra Tibet, splendore e purezza.

Il Tibet, la sua gente, i suoi paesaggi, la sua anima.
Un’immersione nella bellezza naturale e spirituale del Tibet, il “Tetto del mondo”, ma anche una galleria di ritratti di chi quell’immenso altopiano lo vive.

La mostra Han Yuchen. Tibet, splendore e purezza testimonia – attraverso un percorso di circa 40 opere, molte delle quali di grandi dimensioni, divise in tre sezioni (PaesaggiRitratti e Spiritualità) – il profondo legame morale e spirituale che unisce la famosa regione autonoma della Cina all’insigne pittore cinese Han Yuchen.

Con il patrocinio del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, l’esposizione HAN YUCHEN. Tibet, splendore e purezza è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Segni d’arte, ed è curata da Nicolina Bianchi e Gabriele Simongini, con catalogo Skira.


Informazioni e prenotazioni
T. +39 06 8715111

Siti internet
www.mostrepalazzobonaparte.it
www.arthemisia.it

Social e Hashtag ufficiale
@arthemisiaarte
@mostrepalazzobonaparte
#HanYuchenBonaparte

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it | T. +39 06 69380306

Ufficio stampa Segni d’arte
Giovanni Ierfone
press@segnidarte.it | M. + 39 392 5281639

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani
M. +39 335 7316687 | +39 345 7503572

Trento, Castello del Buonconsiglio: I COLORI DELLA SERENISSIMA. Pittura Veneta del Settecento in Trentino

Il grande ’700 veneto al Buonconsiglio
Trentino terra di contaminazioni
tra Serenissima e Tirolo

02 Luglio 2022 – 23 Ottobre 2022
Trento, Castello del Buonconsiglio

I COLORI DELLA SERENISSIMA.
Pittura Veneta del Settecento in Trentino

Simone Brentana, Dionigi di Siracusa si fa radere la barba dalle figlie con i tizzoni ardenti, olio su tela. Collezione privata

È una mostra di intense emozioni quella che il Castello del Buonconsiglio annuncia per la prossima stagione estiva. I fantastici colori, le invenzioni, le grandi storie del più sontuoso Settecento veneziano brilleranno nei saloni del Magno Palazzo dei Principi Vescovi di Trento.

Non solo per conquistare con la loro bellezza ma per documentare, per la prima volta in modo realmente ampio, l’influsso dell’arte veneziana nella vallate del Trentino. Settanta opere, molte di grandi dimensioni, che arriveranno (alcune torneranno) a Trento da musei e collezioni europee e statunitensi. Sono dipinti che ornavano palazzi e chiese di queste vallate e che tempo, guerre, vicende familiari hanno disperso.
Con tenacia i curatori hanno inseguito le loro tracce, scovandole infine in musei o sul mercato antiquario internazionale, riuscendo a riunirle e, in alcuni casi, a ricomporle, in una esposizione dove ricerca scientifica e spettacolarità esprimono un perfetto connubio.

“La mostra – annuncia il Direttore del Buonconsiglio, Laura Dal Prà – vuole fornire un quadro delle presenze di artisti e di opere di maestri veneti nei territori del Principe Vescovo o del Tirolo meridionale tra la fine del Seicento e il Settecento, rivelando un’intensità di scambi che si possono ben comprendere per motivazioni storiche, per ragioni di gusto, per gli interessi e la formazione culturale dei committenti, per le relazioni che le comunità locali hanno intrattenuto con i principali centri della Repubblica di Venezia.

La vicinanza ai territori della Serenissima ha inevitabilmente condotto a una serie di strettissimi legami, secondo ‘rotte’ percorse in una duplice direzione: da un lato con l’arrivo di opere d’arte inviate da Venezia o con la presenza di artisti veneti in Trentino; dall’altra con soggiorni di formazione di pittori del Principato Vescovile nei due centri principali della Repubblica Veneta, ovvero la capitale e Verona. È, infatti, rilevante il potere attrattivo esercitato lungo tutto il secolo dalla Scuola Veronese, che nel 1764 si organizzò in una vera e propria Accademia di pittura, riconosciuta ufficialmente e guidata dalla autorevole personalità di Giambettino Cignaroli. Ma molteplici sono i fattori che hanno contribuito a corroborare questi scambi, determinando una situazione quanto mai complessa e stratificata. Diversi territorio del Principato trentino erano, ad esempio, soggetti all’autorità religiosa dei vescovi veneti, senza tralasciare che dal Trentino si trasferirono a Venezia intere comunità, poi gli interessi in area trentina di alcune importanti famiglie, i Giovanelli in particolare, infeudati in Valsugana a partire dal 1662. Un contesto che ha trasformato il Principato vescovile e il suo territorio in un crocevia di esperienze che ne hanno marcato il clima artistico, facendolo diventare fertile terreno di confronto e di crescita, anche per gli artisti locali”. “La mostra costituisce l’occasione per allargare lo sguardo e annodare fra loro con un filo rosso le opere sul territorio di artisti come Fontebasso o Giambattista Pittoni e Gaspare Diziani”, sottolinea Denis Ton. “Su tutti prende rilievo la presenza di Antonio e Francesco Guardi, indiscussi protagonisti della stagione pittorica tardo-settecentesca veneziana, ma con le proprie radici familiari in Val di Sole, dove torneranno più volte”. La mostra è curata da Andrea Tomezzoli (Università degli Studi di Padova) e Denis Ton (Castello del Buonconsiglio) .


INFO
www.buonconsiglio.it
info@buonconsiglio.it
T 0461233770

Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
www.studioesseci.net
Referente: Simone Raddi, simone@studioesseci.net

Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini: Elliott Erwitt. 100 fotografie

L’esposizione celebra uno dei più importanti fotografi del Novecento attraverso un’ampia selezione dei suoi scatti più famosi in bianco e nero e a colori, da quelli ironici e surreali a quelli romantici, dai ritratti delle celebrità e dei bambini alle immagini dei viaggi e delle metropoli.

Fino al 16 ottobre 2022, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita una retrospettiva dedicata a Elliott Erwitt (Parigi, 1928), uno dei più importanti fotografi del Novecento.

MILANO
MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI
FINO AL 16 OTTOBRE 2022

ELLIOTT ERWITT
100 FOTOGRAFIE

Elliott Erwitt, USA, New York, 1954, American actress Marilyn Monroe © Elliott Erwitt

L’esposizione, curata da Biba Giacchetti, organizzata dal Museo Diocesano in collaborazione con SudEst57, col patrocinio del Comune di Milano, sponsor Crédit Agricole, presenta cento dei suoi scatti più famosi, da quelli più iconici in bianco e nero a quelli, meno conosciuti, a colori che Erwitt aveva deciso di utilizzare per i suoi lavori editoriali, istituzionali e pubblicitari, dalla politica al sociale, dall’architettura al cinema e alla moda.

“Anche quest’anno – dichiara Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano – il Museo Diocesano propone per il periodo estivo una mostra di fotografia, aprendosi alla città anche in orario serale e offrendo nel gradevole spazio del chiostro diverse attività culturali”.

“Le sale del museo – prosegue Nadia Righi – accolgono una importante retrospettiva dedicata a Elliott Erwitt, uno dei più straordinari fotografi, ancora vivente, del quale presentiamo le immagini più iconiche affiancate ad altre meno note, sia in bianco e nero che a colori. Tanti sono i temi toccati da Erwitt nel corso della sua lunga carriera: i ritratti di importanti personaggi del mondo della politica o dello spettacolo, i grandi fatti della storia, i bambini, i reportage di viaggio, ma anche la propria famiglia. Egli guarda sempre alla realtà, da quella più nota a quella più intima e personale, con uno sguardo curioso, talvolta con una sottile e delicata ironia che rende i suoi scatti sempre affascinanti e capaci di portare nuove riflessioni”.

“Elliott ed io – afferma Biba Giacchetti – salutiamo con entusiasmo questa retrospettiva che il Museo Diocesano ha voluto dedicargli. Elliott è molto legato a Milano, città dove trascorse l’infanzia fino alla partenza per gli Stati Uniti a causa delle leggi razziali. La selezione delle immagini in mostra, molte delle quali mai esposte a Milano, è stata curata da me in stretta collaborazione con Elliott, come ogni progetto che lo riguarda”.

“Sono certa – conclude Biba Giacchetti – che questa selezione delle sue icone più note affiancate ad immagini inedite a Milano, potrà generare una nuova curiosità, che si aggiungerà all’amore che da sempre accompagna gli scatti di questo grande fotografo”.

“Il sostegno di Crédit Agricole Italia alla mostra di Elliott Erwitt sottolinea l’attenzione che il Gruppo riserva al mondo dell’arte e della cultura, evidenziando il forte sodalizio con i territori in cui opera e verso i quali è impegnato per favorirne la crescita – ricorda Ariberto Fassati, Presidente di Crédit Agricole Italia. È per noi motivo di grande orgoglio affiancare il Museo Diocesano nella celebrazione di un artista di fama internazionale che, attraverso alcuni dei suoi scatti più famosi, ha saputo catturare importanti momenti e protagonisti della storia contemporanea mondiale”.

Il percorso espositivo ripercorre l’intera carriera dell’autore americano offre uno spaccato della storia e del costume del Novecento, attraverso la sua tipica ironia, pervasa da una vena surreale e romantica, che lo ha identificato come il fotografo della commedia umana.

L’obiettivo di Erwitt ha spesso anche colto momenti e situazioni che si sono iscritte nell’immaginario collettivo come vere e proprie icone; è il caso dello scatto con Nixon e Kruscev a Mosca nel 1959, talmente efficace che lo staff del presidente degli Stati Uniti se ne appropriò per farne un’arma nella sua campagna elettorale, dell’immagine tragica e struggente di Jackie Kennedy in lacrime dietro il velo nero durante il funerale del marito, del celebre incontro di pugilato tra Muhammad Ali e Joe Frazier del 1971, o ancora di un giovane Arnold Schwarzenegger in veste di culturista durante una performance al Whitney Museum di New York.

Grande ritrattista, Erwitt ha immortalato numerose personalità che hanno caratterizzato la storia del XX secolo, dai padri della rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, in una rara espressione sorridente, ai presidenti americani che ha fotografato dagli anni cinquanta fino a oggi con una particolare predilezione per J.F. Kennedy che stimava e che fissò sulla pellicola in una posa ufficiale e in una insolita, mentre fuma indisturbato durante la convention democratica nel 1960.

In questa galleria di personaggi, un angolo particolare è riservato a Marilyn Monroe, forse la stella del cinema più fotografata di tutti i tempi, colta sia in momenti privati e intimi, sia nei momenti di pausa sui set dei film; di lei, Erwitt ammirava, più che la bellezza, la capacità di flirtare con l’obiettivo, che rendeva remota la possibilità di sbagliare lo scatto.

Uno dei temi ricorrenti nella carriera di Erwitt è quello dei bambini che ama – ha avuto sei figli e un numero esponenziale di nipoti – e con i quali ha sempre avuto un rapporto speciale. Alle immagini tranquillizzanti, in cui i piccoli sono colti nella loro allegria, la bambina di Puerto Rico o i ragazzini irlandesi, entrambi fotografati per una campagna di promozione turistica dei due paesi.

A questi scatti si affiancano quelli dedicati agli animali, in particolare ai cani, presi in pose il più delle volte buffe o che richiamano un atteggiamento antropomorfo d’imitazione dell’uomo.

Al Museo Diocesano di Milano non mancano le immagini che rivelano lo spirito romantico di Erwitt e che mostrano coppie d’innamorati che si scambiano momenti di tenerezza all’interno delle auto o si abbracciano in place du Trocadéro davanti alla Tour Eiffel in un giorno di pioggia, mentre la silhouette di un uomo salta una pozzanghera.

Grande viaggiatore, Erwitt ha documentato le società e le vicende della gente comune dei paesi che visitava come fotoreporter, dalla Francia alla Spagna, dall’Italia alla Polonia, dal Giappone alla Russia, agli Stati Uniti e gli scorci di vita delle metropoli americane.

Accompagna la mostra un volume SudEst con testi di Elliott Erwitt e Biba Giacchetti.

Durante il periodo di apertura, si terrà una serie di visite narrate e di approfondimento alla mostra. Il primo appuntamento è in programma giovedì 2 giugno, alle ore 16.30.

Tutti i martedì e i mercoledì di giugno, l’esposizione rimarrà aperta anche in orario serale dalle 18.00 alle 22.00, con ingresso ridotto (€6,00).

Elliott ErwittNote biografiche

Elliott Erwitt è nato in Francia da una famiglia di emigrati russi, nel 1928. Passa i suoi primi anni in Italia. A 10 anni si trasferisce con la famiglia in Francia e da qui negli Stati Uniti nel 1939, stabilendosi dapprima a New York, poi, dopo due anni, a Los Angeles.

Nei primi anni ‘50, Erwitt dopo essere transitato per Pittsburg, la Germania e la Francia, si stabilisce a New York, città che elegge sua base operativa fondamentale. Flessibilità e spirito d’adattamento necessari tanto alla sua professione che ai suoi interessi, lo hanno visto muoversi molto spesso intorno al pianeta prima di far ritorno alla base. Durante i suoi studi alla Hollywood High School, Erwitt lavora in un laboratorio di fotografia sviluppando stampe “firmate” per i fan delle star di Hollywood. Nel 1949 torna in Europa viaggiando e immortalando a lungo realtà e volti in Italia e Francia. Questi anni segnano l’inizio della sua carriera di fotografo professionista. Chiamato dall’esercito americano nel 1951 continua a lavorare per varie pubblicazioni e, contemporaneamente, anche per l’esercito americano stesso, mentre staziona in New Jersey, Germania e Francia. La grande opportunità gli viene offerta dall’incontro, durante le sue incursioni newyorchesi a caccia di lavoro, con personalità come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker che amano le sue fotografie al punto da diventare suoi mentori. Nel 1953 congedato dall’esercito, Elliott Erwitt viene invitato da Robert Capa, socio fondatore, ad unirsi a Magnum Photos in qualità di membro fino a diventarne presidente nel 1968. Ancora oggi ne è membro attivo e resta una delle figure leader nel competitivo mondo della fotografia. I libri di Erwitt, i saggi giornalistici, le illustrazioni e le sue campagne pubblicitarie sono apparse su pubblicazioni di tutto il mondo per oltre quarant’anni. Pur continuando il suo lavoro di fotografo Elliot Erwitt negli anni ‘70 comincia a girare dei film. Tra i suoi documentari si ricorda Beauty Knows No Pain (1971) Red White and Blue Glass (1973) premiato dall’American Film Institute e The Glass Makers of Herat (1997). Negli anni ‘80 Elliott Erwitt produce 17 commedie satiriche per la televisione per la Home Box Office. Dagli anni ‘90 fino ad oggi continua a svolgere un’intensa e varia vita professionale che tocca gli aspetti più disparati della fotografia.

Tra le sedi espositive più prestigiose dove Erwitt ha presentato i suoi lavori, si segnala The Museum of Modern Art a New York, The Chicago Art Institute, The Smithsonian Institution a Washington D.C., The Museum of Modern Art di Parigi (Palais de Tokyo), The Kunsthaus a Zurigo, il Museo Reina Sofia a Madrid, The Barbican a Londra, The Royal Photografic Society a Bath, The Museum of Art del New South Wales a Sydney.


ELLIOTT ERWITT. 100 FOTOGRAFIE
Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3)
27 maggio – 16 ottobre 2022

Orari:
martedì- domenica, 10-18
Nel mese di giugno, il martedì e il mercoledì, la mostra rimarrà aperta anche dalle 18.00 alle 22.00 (ingresso €6,00)
Chiuso lunedì

Biglietti:
Intero, € 8,00
Ridotto e gruppi, € 6,00
Scuole e oratori, € 4,00

Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it

#MuseoDiocesanoMilano #MuDiMi #ErwittMilano

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche | Anna Defrancesco | T. +39 02 36755700 | M. +39 349 6107625  anna.defrancesco@clp1968.it | www.clp1968.it

In collaborazione con