Val di Sole (TN): Il sentiero della fotografia. Jérôme Sessini

Jérôme Sessini, Val di Sole 2022. Rientro dopo la fienagione.

Val di Sole (TN)

IL SENTIERO
DELLA FOTOGRAFIA.
JÉRÔME SESSINI

“Uomini e montagne” è il tema al centro del progetto culturale, dedicato alla fotografia, che la Val di Sole ha scelto per l’estate 2022.
Punto di partenza è la mostra attualmente ospitata presso Castel Caldes intitolata “Vivere in alto. Uomini e montagne dai fotografi di Magnum da Robert Capa a Steve McCurry”, percorso che racconta vari aspetti del delicato rapporto dell’uomo con la montagna tramite le fotografie dei membri dell’Agenzia Magnum Photos.
A monte vi è la volontà di dare spazio allo sguardo dei grandi fotografi di Magnum sul tema della montagna da diverse angolature, ma anche di valorizzare il patrimonio umano di questo specifico luogo, la Val di Sole, raccontandone storie, tradizioni, impegno, scelte di vita e visioni per il futuro. Da qui nasce l’invito per una residenza in loco ad un fotografo di fama internazionale come il francese Jérôme Sessini, membro dal 2016 della Magnum Photos e Canon Ambassador. La scelta di Sessini non è casuale. “Sono nato e cresciuto nell’est della Francia, nel dipartimento di Vosges, un luogo montano – spiega- il fotografo – ho iniziato da autodidatta a vent’anni fotografando i paesaggi e le persone delle mie terre”.

Primo risultato di questo lavoro è una selezione di fotografie che verranno collocate in un percorso outdoor. Prenderà avvio così il progetto del “Sentiero della fotografia”, un inedito e spettacolare percorso in cui le fotografie di Sessini stampate a grande formato e inserite in grandi cornici in legno del territorio, saranno collocate all’interno della Val di Sole e del Parco Nazionale dello Stelvio.

Dodici sono i punti che costituiscono questo percorso, oltre una sezione ospitata presso Castello di Caldes: un numero simbolico come i Comuni che compongono la Val di Sole
Il Sentiero della fotografia rappresenta un progetto unico nel suo genere dove un fotografo interpreta, con la propria sensibilità, un territorio e le sue genti e quello che ne emerge viene offerto a tutti esponendo queste fotografie d’autore in scenari unici per la loro bellezza naturalistica, sempre fruibile fino all’arrivo dell’inverno.

Una sezione dedicata alle “persone della vallata” sarà allestita presso la cappella del castello di Caldes, arricchendo così il percorso espositivo della mostra “Vivere in alto”.
Il Sentiero sarà individuabile grazie a mappe realizzate per l’occasione e al sito www.ilsentierodellafotografia.eu che offrirà anche materiali extra per approfondire il progetto.
Le fotografie di Sessini, quasi tutte in bianco e nero, ci forniscono una nuova lettura di queste montagne. Foto non urlate e appariscenti, ma silenziose che cercano di entrare in sintonia con la sostanza del vivere in alta quota e dei tempi annessi. Coloro che s’imbatteranno, in maniera più o meno consapevole, in queste fotografie saranno accompagnati a leggere in maniera più intima le montagne che amano.

Il curatore del progetto Marco Minuz: “L’intento di questo progetto non è solo quello di leggere un territorio sotto nuovi punti di vista, ma favorire, negli stessi contesti dove sono nate le fotografie, un’educazione al vedere, all’osservare e a riflettere sul valore del vivere in montagna e riflettere sulle sfide di questi territori. Il lavoro di Jerome, così silenzioso, s’integra perfettamente nel contesto montano e favorisce consapevolezza dei luoghi”.

Luciano Rizzi, presidente della APT Val di Sole, promotore del progetto: “Il Sentiero della fotografia rappresenta un progetto innovativo che incarna perfettamente il nostro impegno per rendere la cultura elemento strategico per lo sviluppo del nostro turismo; prende avvio il più alto percorso espositivo open air mai realizzato dedicato alla fotografia che coinvolge le comunità del nostro territorio”.
Ancora Sessini: “Questo lavoro in Val di Sole mi ha permesso di lavorare in un contesto che è parte integrante della mia vita e che conosco bene. La forza e il silenzio delle montagne. Ha rappresentato un vero e proprio ritorno alle origini”.

Jérôme Sessini

Jérôme Sessini è uno dei nomi più prolifici e rispettati al mondo operando nel delicato campo delle zone di conflitto ed è stato inviato in paesi dilaniati dalla guerra come Palestina, Iraq, Libano, Siria e Libia per pubblicazioni internazionali. Si è occupato anche di questioni sociali come la violenza legata alla droga nelle strade del Messico, le proteste anti-governative in Ucraina e le minoranze indigene in Cambogia che devono affrontare lo sgombero forzato. Attraverso il suo lavoro, impara, si adatta e si evolve costantemente.

Dal 2018 Sessini documenta la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, dove ha viaggiato in Ohio e Filadelfia per creare ritratti intimi di persone e luoghi devastati dall’abuso di droghe. Nel 2017 Sessini ha viaggiato in remoti villaggi della Cambogia con Samrith Vaing, documentando la vita delle minoranze indigene che affrontano lo sgombero forzato. Nel 2016 Sessini ha documentato l’offensiva dei Peshmerga curdi contro lo Stato Islamico (IS) nella città di Bashiq prima di attraversare la regione per coprire le forze irachene che spingevano verso Mosul.

Il suo lavoro è stato pubblicato da prestigiosi giornali e riviste, tra cui Newsweek, Stern, Paris-Match, nonché Le Monde e il Wall Street Journal. È stato esposto in numerose mostre personali in tutto il mondo, tra cui il Visa Photo Festival di Perpignan, i Rencontres d’Arles, la Bibliothèque Nationale François-Mitterrand e con il Ministero della Cultura francese.

Sessini diventa nominato Magnum Photos nel 2012 e membro a pieno titolo nel 2016.


INFO

Il sentiero della fotografia. Jérôme Sessini
Valle di Sole
www.ilsentierodellafotografia.eu
a cura di Marco Minuz
Un progetto realizzato da Suazes con Magnum Photos insieme al Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, con il supporto del Parco Nazionale dello Stelvio

Promosso dall’Azienda per il Turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi, dai comuni della Val di Sole con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento.

Partner culturale del progetto Canon Italia.

Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net

APT VAL DI SOLE
Alberto Penasa; alberto.penasa@visitvaldisole.it
Martina Valentini; mv.greenpress@gmail.com

Bologna: “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa” di Alessandra Calò – Testo critico di Azzurra Immediato

Alessandra Calò, Herbarium

C’è qualcosa di più misterioso e incomprensibile nel potere, nelle lacune, nelle discrepanze della memoria che nelle altre facoltà dell’intelletto.

Jane Austen

Maison Laviniaturra presenta la mostra di Alessandra Calò
“Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”

Opening giovedì 15 settembre ore 17:30

Dal 15 settembre al 31 ottobre 2022
Da martedì al sabato su appuntamento

Via dei Sabbioni 9, Bologna

Inaugura giovedì 15 settembre la mostra “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa” dell’artista Alessandra Calò, accompagnata da un testo critico di Azzurra Immediato.

Prosegue cosi la stagione espositiva promossa da Maison laviniaturra, noto atelier-salotto bolognese di moda fondato dalla fashion designer Lavinia Turra, con mostre di artiste donne che continuerà fino al 2023 con Valentina D’Accardi e Malena Mazza.

di Azzurra Immediato

I non luoghi della dimensione mnestica hanno la capacità di definire scenari inimmaginati ed inconsueti, delineando, tuttavia, itinerari spesso ammantati di stupore e meraviglia… ed è probabilmente nella costruzione per affezioni – consce od inconsce – che si edifica una stratificazione di matrice ontologica, materica ed immaginifica in grado di gemmare una sorta di compendio attraverso cui agguantare ciò che è destinato all’oblio.

La ricerca che riconosce l’animo umano come abitante di questa terra, con il suo mistero esistenziale e la sua attesa immanente, è parte dell’abbecedario attuato da Alessandra Calò, nei suoi progetti artistici ed in particolare da Herbarium. I fiori sono rimasti rosa che approda nell’Atelier Maison laviniaturra seguendo i prodromi di un percorso al femminile avviato la scorsa primavera.

Cosa, dunque, intende narrare Alessandra Calò? Il suo linguaggio precipuo, quello fotografico, si innerva in maniera profonda con una semantica costruttiva di percorsi visivi che affondano le loro radici in passati condannati all’obnubilamento e che, al contrario, trovano nella sensibilità dell’artista – e del suo occhio principe – la salvezza dalla dispersione. La stratificazione di storie, immagini e linguaggi racconta la memoria di visioni altre, secondo un processo che l’artista definisce pari alla percezione dell’essere umano quale risultanza di svariate sovrapposizioni, sì da far somigliare la sua ricerca ad una archeologia di matrice antropologica che fa del medium e del linguaggio fotografico – debitamente modellato – il proprio cahier.

In tal maniera, Alessandra Calò ha dato vita ad un suggestivo corpus di lavori che aderisce a gradienti espressivi affidanti alla Natura e all’Umanità il ruolo attoriale cardine attorno al quale dipanare una coralità di significazioni. Il legame atavico ed ancestrale tra l’Uomo e la Natura, difatti, raccontano di un appartenersi frutto della lotta eterna tra Eros e Thanathos e Alessandra Calò, nella sua sperimentazione, ha sempre lasciato emergere tale volontà di analisi – basti pensare ad uno dei suoi primi lavori di doppia esposizione fotografica che, come ricordato da Ella stessa, giunse a ideazione dopo la lettura de ‘Le Metamorfosi’ ovidiane –.

Il corpo, inoltre, come la pelle, assurti ad emblemi ed ostaggi del tempo, divengono ancore aggrappate alla memoria ed alla sua narrazione, entro il cui solco l’artista ne definisce l’esemplificazione: ‘Il corpo, cosi come la fotografia e l’immagine in generale, è un mezzo di comunicazione, un simbolo, un supporto, una responsabilità. Spetta a noi caricarlo della forza necessaria per far arrivare a destinazione il messaggio. Per me, non è solo rappresentazione umana ma anche concettuale e cerca di raccontare in modo simbolico e metaforico qualcosa. Il corpo – se vogliamo approfondire il suo significato nei miei lavori – diventa un sistema di segni che va decifrato.’

Nell’itinerario di decifrazione entra, pertanto, con la sua lirica visione, Herbarium. I fiori sono rimasti rosa; il progetto, nato attorno alle antiche collezioni botaniche custodite preziosamente dai Musei Civici di Reggio Emilia, ha posto in relazione fotografia, arte e fragilità. “Herbarium nasce da un’idea di inclusione – tematica condivisa dal progetto “Incontri! Arte e persone”. Mi sono chiesta se la fragilità può essere considerata risorsa e se io stessa potevo trarre ispirazione dal margine per realizzare un’opera” svela l’artista che, insieme con sei persone considerate fragili ha realizzato a Reggio Emilia un’epitome installativa, un erbario, per l’appunto, costituito da vari supporti per opere compiute con l’uso di antiche tecniche fotografiche a contatto.

Herbarium, sviluppandosi in una forma composita di teche, stratificazioni di supporti e scrittura, sembra perimetrare una dispersione di storie, di soggetti, di un tempo passato e di visioni in grado di porre in stretto dialogo il presente, il suo processo di analisi ed un trascorso altero che Alessandra Calò, insieme alle sei persone che l’hanno accompagnata nei Musei Civici di Reggio Emilia, ha ricostruito in maniera simbolica, frutto di una armonia oggettivata dal raccordo tra il processo fotografico e il fine semantico iniziale. Se la sovrapposizione, invero, definisce una sorta di ‘scrittura fotografica’ attribuibile alla Calò, Herbarium è sublimazione di un cammino che si è mosso a partire dall’osservazione delle antiche raccolte naturalistiche sino alla realizzazione di un erbario rayografico, processo attuante il ‘tentativo di comprendere la fotografia contemporanea teso alla realizzazione di una performance dove le mani dei protagonisti rappresentano il gesto immaginato. A sigillare l’esperienza, parole antiche ma allo stesso tempo familiari, ritrovate: un ponte temporale che ci ricollega con il nostro passato’.

Un’esperienza che ha scelto di radicarsi in una ramificazione di rarità, umane e naturali, attraverso cui, inoltre, la sperimentazione continua – legata a doppio filo con la relazione tra λόγος e τέχνη – per farsi esegesi della meraviglia dell’imponderabile, della bellezza che rimanda alla dimensione essenziale dello spirito e che fa persino del difetto, dell’imperfezione, il carattere di una plusvalenza ontologica avente luogo nell’alveo della purezza umana, laddove la verità non è una certezza bensì una pluralità di punti di vista tali da rendere veritiere talune dinamiche.

In tale svelamento, Alessandra Calò, ha scelto di dar nota, sin da subito, di una descriptio percettiva che arriva al pubblico sin dalla lettura del titolo del progetto Herbarium. I fiori sono rimasti rosa; nella titolazione lo status di conservazione dei fiori è divenuta parte integrante del processo speculativo e di costruzione armonica nell’ambito del lavoro di gruppo, poiché, in un archivio tendenzialmente monocromatico per motivi chimico fisici, la scoperta di petali rimasti, dopo anni, del colore originario, è apparsa come un dono prezioso e raro. E se ‘i fiori sono rimasti rosa’ era frutto dello stupore di una persona del gruppo di lavoro dei Musei Civici, Alessandra Calò rivela di adorare ‘questa frase perché mi fa riflettere sul “rimanere” che è una condizione legata al tempo e che si scontra con la natura umana – provvisoria e temporanea.’

Nello scorrere di istanti prolungati per decenni, dunque, Herbarium svela nuova luce. Dalle tecniche della calotipia e del rayogramma, capaci di generare una fenomenologia carica di pathos e latrice di una profondità esistenziale che agguanta la asperità spaziotemporali, sino alla liaison con antiche testimonianze scrittorie, Alessandra Calò ha potuto confrontare mutamenti e consonanze di suggestioni, frutto di echi ottocenteschi.

Tra i taccuini e gli erbari di Filippo Re, custoditi a Reggio Emilia, infatti, il gruppo della Calò ha scoperto un quaderno del 1883, appartenuto all’allora quattordicenne Antonio Cremona Casoli. “Sulla prima pagina, di suo pugno, è riportata una lettera di ‘giustificazione’ per chiunque avesse ritrovato quell’erbario: era fatto per diletto e non per scopo scientifico. Era stato fatto per passione, per ricordo delle stagioni, per non dimenticare i fiori del giardino… Per fermare la giovinezza? Questo erbario aveva qualcosa di romantico (ed anche l’epoca lo confermava). La scrittura riportata al fianco di ogni specie era un frammento di esistenza, una parola ‘familiare’” (a volte in dialetto) che dall’Ottocento ad oggi era rimasta invariata. La calligrafia di Antonio, oltre a denotarne il carattere, si è fin da subito trasformata in un ponte temporale che ha abbattuto qualsiasi barriera. Non c’è stata azione compiuta da me e il gruppo in cui non ci si chiedesse ‘lui’ cosa avrebbe detto” racconta l’artista.

Un simile lavoro richiede familiarità con l’altro da sé, affezione con la migrazione di storie e identità, di memorie e visioni sopite, la cui emersione può persino portare a conseguenze indesiderate. Tuttavia, poiché il potere, la potenza della fotografia e la capacità generatrice delle opere d’arte oltrepassano qualsivoglia limite, ecco che Herbarium edifica un nuovo processo cosmogonico.

Tale novella cosmogonia costituisce frammenti di un nuovo viaggio, destinati a raggiungere Bologna – città che conserva gli studi naturalistici di Ulisse Aldrovandi – facendosi voce di un insospettabile atlante nell’Atelier Maison laviniaturra. Qui, nel grande showroom filiazione di una architettura degli Anni Cinquanta, riconoscibile ed affascinante, all’ombra di un patio immerso nella natura prospiciente i Giardini Margherita, Alessandra Calò ha tradotto Herbarium. I fiori sono rimasti rosa secondo i termini di un disegno che interroga e dialoga con lo spazio dell’atelier rinnovando l’armonia enigmatica e misterica che unisce in maniera inusuale la propria grammatica e le creazioni di Lavinia Turra. La stratificazione che appartiene al linguaggio fotografico e progettuale dell’artista si compenetra con quella che è la sovrapposizione di stilismi, pattern e tessuti della stilista, in un dialogo diarchico, silente ed affascinante, in grado di farsi nuova evocazione e stupente narrazione.

D’improvviso Maison laviniaturra diviene nuovo custode, prezioso scrigno dell’ispirazione e della visione extramaterica di Alessandra Calò. La profondità del suo incedere artistico si mostra quale esperienza di una reversibilità dimensionale, di tempi e luoghi, in grado di ‘ricucire’ scampoli di vite nel cui alveo casualità e causalità definiscono i poli di un retro mondo invisibile.

Materia ed extramateria, molto spesso, nell’opera della Calò, traducono esperienze che seguono un cadenzato ritmo che non è – solo – quello dello scatto ma anche quello della ricostruzione, di un itinerario a ritroso che trova nel qui ed ora nuova forza. Nel riconoscimento dell’altro da sé per l’altro da sé avviene un sortilegio che delinea i perimetri di una trasformazione in grado di oltrepassare i limiti del noto e di ciò che viene dato per ovvio.

Herbarium. I fiori sono rimasti rosa della Calò gemmerà, giorno dopo giorno, tra i capi della Maison, per affezione e per ciò che Roberto Daolio definiva ‘aggregazione per differenza’, attraverso una mise en abyme che fa ricorso al principio della genesi del visibile per traslarsi in una prosa dell’essere, del suo status sempiterno, la cui apparizione, per incanto e attivazione sinestetica, si trasfigura in varco immaginifico ed onirico, ove verità storiche, fotografiche, scientifiche e chimiche fanno da eco al sogno della memoria e alla bellezza di ciò che è al di là da venire.

LAVINIA TURRA

Lavinia Turra

Nata a Bologna, cresciuta fra donne che tagliavano e cucivano, ha frequentato da bambina antiche sartorie e imparato l’amore per questo lavoro. Il suo mestiere nasce e cresce con l’uso delle mani, che conoscono e usano non solo i colori e le matite, ma soprattutto le stoffe e i tessuti, adoperando forbici, ago e filo. Arriva a questo lavoro attraverso un’attrazione e una lunga strada di “connivenze” e “complicità” legate all’arte, alla pittura, al teatro.

Curiosa per natura, la relazione personale e l’ascolto sono alla base del suo modo di “vestire” perché l’abito, “deve rappresentare la donna e non travestirla”.

Nel 2017 fonda Maison laviniaturra, sentendo la necessità di uno spazio che non solo offra ma accolga, come solo una “casa” sa fare. L’apertura della Maison coincide anche con l’inizio della collaborazione creativa con la figlia Cecilia Torsello, rinnovamento e fresca energia del brand. Un prodotto 100% Made in Italy, tessuti di ricerca, forme timeless e dettagli all’avanguardia: Maison laviniaturra propone una propria idea di lusso, legato all’etica di produzione, all’individualità e ispirata alla cultura del bello.

ALESSANDRA CALÒ

Alessandra Calò

Alessandra Calò è un’artista che utilizza differenti mezzi per approfondire temi legati all’identità e alla memoria. Pratica dominante nel suo lavoro è il recupero e la reinterpretazione di materiali d’archivio attraverso i quali non intende attuare una rievocazione nostalgica del passato ma proporre una nuova visione della realtà. Nel 2015 partecipa a Fotografia Europea con il progetto Fotoscopia, che entra a far parte della collezione ArtphileinFoundation.

Nel 2016 il suo progetto Secret Garden vince il Premio Combat per l’Arte Contemporanea e successivamente realizza il suo primo libro d’artista (2018, Danilo Montanari Editore) con prefazione di Erik Kessels, menzione speciale al Premio Bastianelli come miglior libro fotografico pubblicato in Italia. Secret Garden entra a far parte della Collezione Maramotti, Donata Pizzi, MoMA e Met Museum. Nel 2018 partecipa a Circulation Festival (Parigi) con il progetto Kochan, ed una personale all’IIC di Madrid per la XIV Giornata del Contemporaneo. Nel 2022 partecipa ai festival Fotografia Europea (Reggio Emilia), Rencontre Photo Gaspésie (Canada), Diaphane Photaumnales (Francia). Le sue opere fanno parte di importanti collezioni e sono state esposte in prestigiose mostre e festival internazionali.


INFO UTILI MOSTRA Herbarium. I fiori sono rimasti rosa di Alessandra Calò

DOVE: Maison laviniaturra, via dei Sabbioni 9, Bologna
INAUGURAZIONE: Giovedì 15 settembre ore 17:30
QUANDO: dal 15 settembre al 31 ottobre 2022
ORARI: dal martedì al sabato, dalle 17:00 alle 19:00
Su appuntamento. Per visitare la mostra è necessario telefonare al 320 9188304

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SITO: maison laviniaturra

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