Vicenza: Presentate oggi nella Sala di Minerva a Palazzo Barbaran da Porto le iniziative per il decennale del Palladio Museum

Palladio Museum, sala di Venezia | © Francesco Marcorin, CISA Andrea Palladio.

Sono state presentate oggi, a Vicenza nella Sala di Minerva, a Palazzo Barbaran da Porto le  iniziative per il decennale del Palladio Museum che prenderanno avvio venerdì 30 settembre 2022 con un’importante giornata di studio sul ruolo dei musei di architettura e sull’educazione all’architettura delle nuove generazioni: The Future of Architecture Museums (Il futuro dei musei di architettura). 

Sono intervenuti all’Incontro con la stampa:
Francesco Rucco, Sindaco di Vicenza
Simona Siotto, Assessore alla Cultura del Comune di Vicenza
Howard Burns, Presidente del consiglio scientifico del CISA Andrea Palladio
Guido Beltramini, Direttore del CISA.

“Conoscere il passato. Costruire il futuro” è la missione del Palladio Museum, il museo-laboratorio dove si raccontano le ricerche più aggiornate su Palladio e attraverso di esse si lavora per costruire un’identità condivisa fra i vicentini, vecchi e nuovi, per conoscere, custodire e valorizzare il lascito del più celebre architetto degli ultimi cinque secoli.

Nasceva infatti nell’ottobre 2012, a Vicenza, nella splendida sede di Palazzo Barbaran da Porto, il Palladio Museum, un evento che fu celebrato dal New York Times complimentandosi con la città del Palladio per aver reso omaggio al più celebre dei suoi figli, riconosciuto dal Congresso USA come “padre” dell’architettura americana.

Oggi – alla presenza del Sindaco di Vicenza Francesco Rucco, dell’Assessore alla Cultura Simona Siotto, Soprintendente ABAP (Archeologia, Belle Arti e Paesaggio) di Verona, Rovigo e Vicenza Vincenzo Tiné e di Howard Burns, Presidente del consiglio scientifico del CISA – Centro Internazionali Studi di Architettura Andrea Palladio – il Palladio Museum celebra l’avvio del nuovo decennio con un programma di mostre ed eventi, e forte di una nuova doppia alleanza. Da un lato con il Ministero della Cultura, grazie ad un Accordo di Valorizzazione firmato nel luglio scorso, che rende il Palladio Museum parte del Sistema Museale Nazionale del Veneto, con l’obiettivo di realizzare iniziative e sviluppare tematiche comuni. Dall’altra con il Comune di Vicenza, che ha deciso di rafforzare la presenza del Palladio Museum nella rete dei Civici Musei Cittadini con un accordo, in fase di attivazione, in base al quale i disegni di architettura di Palladio e della sua scuola, oggi nella sede di palazzo Chiericati, siano valorizzati all’interno del Palladio Museum attraverso una serie di progetti espositivi ad hoc, e di ricerca e formazione, a ribadire la centralità di Vicenza come ‘capitale’ della cultura palladiana.

“È sicuramente un traguardo importante – dichiara il sindaco di Vicenza Francesco Rucco – che pone il Palladio Museum come una realtà culturale di successo e ormai consolidata all’interno della rete dei musei civici cittadini e del sistema museale nazionale del Veneto. Dieci anni di vita del Palladio Museum durante i quali sono state valorizzate e divulgate nel mondo, in maniera altamente qualificata, le opere e la figura del grande architetto Andrea Palladio. Era doveroso celebrare questo traguardo con importanti iniziative come i due convegni internazionali e le due interessantissime mostre che si terranno a novembre e nell’aprile prossimo.

Ma il decennale rappresenta anche l’occasione per rinsaldare il rapporto con il comune attraverso una collaborazione sempre più stretta e proiettata su vari fronti. Stiamo infatti verificando la possibilità di attivare un accordo affinché i disegni di architettura di Palladio, attualmente conservati a palazzo Chiericati, vengano trasferiti temporaneamente al Palladio Museum. Questa opportunità, assieme ai due convegni e alle due mostre, è anche in continuità con il grande progetto di candidatura di Vicenza a capitale italiana della cultura 2024 intitolata “La cultura è una bella invenzione'” e incentrata proprio sulle opere del Palladio”.

“La Soprintendenza di Verona, Vicenza e Rovigo è sempre stata al fianco del Comune di Vicenza e del CISA Andrea Palladio nell’allestimento e nella gestione del Palladio Museum – aggiunge il Soprintendente Vincenzo Tiné – che personalmente ritengo il più bel museo didattico della nostra regione. Palazzo Barbaran da Porto appartiene alla Soprintendenza, che ha qui il proprio ufficio di Vicenza, ma ampi spazi sono destinati all’esposizione e alle attività museali e di ricerca del CISA e del Palladio Museum. Una sinergia fondamentale per la ricerca, la tutela e la promozione dei beni architettonici di eccezionale rilievo del Veneto”.

Il programma del decennale prenderà avvio nei prossimi giorni con due importanti giornate di studio internazionali al Palladio Museum sul ruolo dei musei di architettura e sull’educazione all’architettura delle nuove generazioni. Venerdì 30 settembre The Future of Architecture Museums (Il futuro dei musei di architettura) porterà a Vicenza i direttori dei principali musei di architettura europei (Parigi, Londra, Stoccolma, Copenhagen, Tallin) per discutere su quale debba essere il mandato di queste istituzioni in un momento di profondi cambiamenti sul piano sociale e politico come quello in cui stiamo vivendo; l’evento sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social del Palladio Museum (youtube e facebook). Venerdì 7 ottobre sarà la volta di What adults don’t know about architecture (Quello che i grandi non sanno dell’architettura), un incontro in cui i responsabili di programmi educativi e progetti di ricerca dedicati alle nuove generazioni, provenienti da Italia, Turchia, Regno Unito, Germania e America Latina, confronteranno i modelli didattici, le diverse esperienze e le buone pratiche.

Quando il Palladio Museum aprì al pubblico, nel cortile del palazzo fu piantato un gelso, a ricordare che la Vicenza palladiana fu il frutto di una alleanza fra il genio di un artista e il talento imprenditoriale dei vicentini che nel Cinquecento producevano qui la miglior seta d’Europa. A questa alleanza fra cultura e impresa come motore di crescita reciproca, con la ricerca come terreno comune, è dedicata la grande mostra che si inaugurerà al Palladio Museum sabato 12 novembre e sarà aperta fino al 12 marzo 2023: Acqua, Terra, Fuoco. L’architettura industriale nel Veneto del Rinascimento, curata da Deborah Howard, studiosa di Rinascimento italiano e Professoressa emerita di Storia dell’Architettura all’Università di Cambridge. Attraverso dipinti, mappe, disegni, oggetti d’arte e d’uso, la mostra racconterà il boom industriale del Veneto del Rinascimento, con le fabbriche del Nord-Est di cinque secoli fa. Frutto di una ricerca di tre anni nei musei, negli archivi e “sul campo” ha portato alla luce l’impatto che l’innovazione tecnologica promossa dalla Repubblica di Venezia ebbe sulla costruzione, e in alcuni casi l’urbanizzazione, dei centri produttivi: le infrastrutture proto-industriali suscitavano tanta meraviglia quanto l’architettura “alta”, e spesso erano localizzate nei cortili delle stesse ville palladiane, ad esempio in villa Barbaro a Maser, in villa Emo a Fanzolo o in villa Pisani a Bagnolo.

Ma il decennale del Palladio Museum non sarà celebrato solo con approfondimenti scientifici o dedicati alla storia dell’architettura: un programma di eventi musicalivisite speciali al museoprogrammi per le famiglie e le scuole, incontri e storytelling sarà realizzato nei prossimi mesi. Primo appuntamento domenica 9 ottobre con l’adesione a F@Mu (famiglie al museo), un’iniziativa dedicata ai più piccoli che vedrà coinvolti tutti i musei del circuito cittadino. Il tema di quest’anno, “Diversi ma Uguali”, si focalizza sulla valorizzazione della diversità e sull’inclusione sociale. Al Palladio Museum il valore della diversità sarà declinato con una metafora architettonica: a Palazzo Barbaran da Porto, sede del museo, Palladio impiega tre volte l’ordine ionico, ma con capitelli diversi tra facciata, atrio e cortile. Grazie a schede-gioco elaborate per l’occasione, pensate per i bambini ma apprezzabili anche dai grandi, tutti i partecipanti si divertiranno a scoprire come ogni capitello – diverso ma uguale – risolva un problema compositivo specifico.

Il calendario del decennale metterà poi in campo una serie di appuntamenti inconsueti per far conoscere meglio ai vicentini, e non solo, la bellezza di Palazzo Barbaran da Porto, le attualissime attività di studio su Palladio e il suo tempo, e il ruolo di museo-laboratorio dell’istituzione cittadina. Un’occasione in più per conoscere Vicenza, Città bellissima.

È online il nuovo sito www.palladiomuseum.org


Ufficio Stampa:
Studio ESSECI – Sergio  Campagnolo
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Milano, Palazzo Reale: RICHARD AVEDON. Relationships – Centosei immagini raccontano oltre sessant’anni di carriera

Richard Avedon, Dovima with elephants, evening dress by Dior, Cirque d’Hiver, Paris, August 1955 © The Richard Avedon Foundation

MILANO | PALAZZO REALE
DAL 22 SETTEMBRE 2022 AL 29 GENNAIO 2023

RICHARD AVEDON
RELATIONSHIPS

Centosei immagini, che raccontano oltre sessant’anni di carriera di uno dei maestri della fotografia del Novecento.

Dal 22 settembre 2022 al 29 gennaio 2023, Palazzo Reale di Milano celebra Richard Avedon (1923-2004), uno dei maestri della fotografia del Novecento, con la mostra dal titolo Richard Avedon: Relationships che ne ripercorre gli oltre sessant’anni di carriera attraverso 106 immagini provenienti dalla collezione del Center for Creative Photography (CCP) di Tucson (USA) e dalla Richard Avedon Foundation (USA).

La mostra promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con il Center for Creative Photography e la Richard Avedon Foundation è curata da Rebecca Senf, responsabile della collezione del Center for Creative Photography e vede come main partner Versace e media partner Vogue Italia.

Il catalogo è pubblicato da SKIRA editore.

La rassegna consentirà di approfondire le caratteristiche innovative dell’arte di Avedon che ne hanno fatto uno degli autori più influenti del XX secolo; se da un lato, ha rivoluzionato il modo di fotografare le modelle, trasformandole da soggetti statici ad attrici protagoniste del set, mostrando anche il loro lato umano, dall’altro, i suoi sorprendenti ritratti di celebrità, in bianco e nero e spesso di grande formato, sono capaci di rivelare il lato psicologico più interiore della persona ritratta.

Una sezione è dedicata alla collaborazione tra Richard Avedon e Gianni Versace, iniziata con la campagna per la collezione primavera/estate 1980, che decretava l’esordio dello stilista, fino a quella della collezione primavera/estate 1998, la prima firmata da Donatella Versace.

Il lavoro di Avedon per Versace è la raffigurazione di come quel rapporto unico che a volte si crea tra designer e fotografo possa produrre immagini destinate a una zona fuori dal tempo, definitivamente al di là del racconto circoscritto cui erano in origine destinate, legato alla stagionalità della moda, per rivoluzionarne invece la narrazione globale.

Grazie al suo sguardo, Avedon è stato uno dei pochi fotografi a interpretare l’avanguardia di Gianni Versace, illustrando lo stile e l’eleganza dello stilista italiano, nonché la radicalità della sua moda.

Il linguaggio astratto di Avedon agisce in uno spazio compresso che esalta le figure rendendole assolute e facendo esplodere le coreografie dei corpi di alcune delle top model più celebrate dell’epoca, in movimenti convulsi, sincopati, che mettono in evidenza la forma e la materialità degli abiti che indossano, come nel caso della campagna per la collezione primavera/estate 1993, che vede protagoniste Linda Evangelista, Christy Turlington, Kate Moss, Aya Thorgren, Shalom Harlow.

Il percorso espositivo, suddiviso in dieci sezioni – The Artist, The Premise of the show, Early Fashion, Actors and Directors, Visual Artists, Performing Artists / Musicians and writers / Poets, Avedon’s People, Politics, Late Fashion, Versace – si costruisce attorno alle due cifre più caratteristiche della sua ricerca: le fotografie di moda e i ritratti.

Quelle di moda si possono raggruppare in due periodi principali. Le immagini giovanili, realizzate prima del 1960, sono scattate “on location” e mettono in scena modelle che impersonano un ruolo per evocare una narrazione.

Le opere successive, invece, si concentrano esclusivamente sulla modella e sui capi che indossa. In queste foto più tarde, Avedon utilizza spesso uno sfondo minimalista e uniforme, e ritrae il più delle volte il soggetto in pose dinamiche, utilizzando le forme fluide del corpo per rivelare la costruzione, il tessuto e il movimento dell’abito.

Le prime fotografie di moda scattate da Avedon (quelle anteriori al 1960) sono molto più che semplici rappresentazioni di abiti. Create per le pagine di riviste femminili come “Harper’s Bazaar” e “Vogue”, testata con cui lavorò fino al 1988, trasportano l’osservatore in un mondo di glamour e divertimento in cui le donne si muovono con disinvoltura in una vita di svaghi. Queste immagini cinematografiche incoraggiano chi le guarda a creare una narrazione e a costruire una trama immaginaria.

Alcune delle scene presentano uno sfondo minimalista e pochi dettagli ambientali, mentre altre includono location e diversi “attori”. In entrambi i casi, Avedon fa sentire chi le guarda, testimoni di una storia fatta di agi e piaceri più articolata, che il pubblico potrebbe anche vivere in prima persona se solo possedesse l’abito giusto.

In queste fotografie “filmiche”, Avedon utilizza figure aggiuntive in chiave strategica. Come in Carmen, Omaggio a Munkácsi, Cappotto Cardin, Place François-Premier, Parigi, 1957, dove il fotografo si concentra sulla modella che, sospesa a mezz’aria nel salto, è posta al centro dell’inquadratura.

Alla semplicità della foto di Carmen fa da contraltare l’immagine di Suzy Parker con Robin Tattersall e Gardner McKay, Abito da sera Lanvin-Castillo, Café des Beaux-Arts, Parigi, 1956, in cui la modella è piegata su un flipper nella sala a specchi del Café des Beaux-Arts di Parigi, la gonna a balze resa splendente dalla retroilluminazione. Accanto a lei, due uomini in smoking, anch’essi appoggiati al flipper, aspettano che finisca di giocare. Avedon utilizza “attori” aggiuntivi nella scena per arricchire l’atmosfera glamour, far apparire la donna ancor più desiderabile e aggiungere complessità alla narrazione.

Molte sono le top model con cui Avedon lavorò intensamente, da Dovima a China Machado, da Suzy Parker a Jean Shrimpton, da Penelope Tree a Twiggy, a Veruschka. Dalla straordinaria affinità che aveva con Dovima, ad esempio, scaturirono immagini spettacolari, come l’iconica Dovima con gli elefanti, Abito da sera Dior, Cirque d’Hiver, Parigi 1955.

Una serie di immagini raffiguranti Penelope Tree o Jean Shrimpton rivela come Avedon sapesse sfruttare le particolari qualità del volto o del corpo di una modella, e tre fotografie di Dorian Leigh risalenti al 1949 mostrano come potesse trasformare il soggetto attraverso location e abiti diversi in modo da fargli impersonare ruoli e personaggi distinti.

In Dorian Leigh, Cappotto Dior, Avenue Montaigne, Parigi, ad esempio, la modella avvolta in un soprabito con collo di pelliccia e maniche voluminose è seduta sul sedile di una decapottabile con accanto una cappelliera, un mazzo di rose e un cagnolino acciambellato. La frangia morbida, l’espressione gentile e l’aria distratta della donna suggeriscono un’idea di innocenza e disponibilità a dispetto della sua bellezza.

Leigh si presenta invece come una figura altera e sdegnosa in Dorian Leigh, Abito da sera Piguet, Appartamento di Helena Rubinstein, Île Saint-Louis, Parigi. Avedon ritrae la modella di profilo davanti a uno specchio, assorta nell’osservazione della propria immagine. Mani sui fianchi, capelli, trucco e gioielli, tutto appare perfettamente studiato e collocato in un contesto che evoca alta classe, raffinatezza ed eleganza. Lo splendido abito scultoreo e la sicurezza che emana fanno di Leigh un’icona di stile.

La modella si trasforma nuovamente di fronte all’obiettivo di Avedon in Dorian Leigh, Diamanti sintetici Schiaparelli, Pré-Catelan, Parigi, in un affollato evento serale. Il fotografo la ritrae con i capelli scuri accuratamente adornati da scintillanti gioielli, la mano sul bavero della giacca del suo accompagnatore che sorride con aria di apprezzamento, la bocca aperta in un’ampia e sincera risata. Dorian Leigh è espressiva, impegnata nella vita sociale, coinvolta in un’esperienza e profondamente legata all’uomo che le sta accanto.

Richard Avedon, Self-portrait, Provo, Utah, August 20, 1980 © The Richard Avedon Foundation

Per quanto riguarda i ritratti, Avedon è noto per il suo particolare stile, sviluppato a partire dal 1969. Fra i tratti salienti del suo approccio è da includere l’uso dello sfondo bianco, che gli consentiva di eliminare i potenziali elementi di distrazione di un dato set fotografico per enfatizzare le qualità della posa, dei gesti e dell’espressione. Ne è un esempio la fotografia del 1981, scelta come immagine guida della mostra, che ritrae Nastassja Kinski, morbidamente distesa sul pavimento e abbracciata da un serpente.

Lavorando principalmente con una fotocamera di grande formato, riprendeva i suoi soggetti abbastanza da vicino affinché occupassero un’ampia sezione dell’inquadratura, rafforzando nell’osservatore la consapevolezza dello spazio negativo tra la figura e il margine. L’interazione tra figura e vuoto, tra corpo e spazio, tra forma solida e potere definente del bordo è la chiave della potenza delle sue immagini.

Il fascino di queste foto non è legato solo alla composizione, ma anche al senso di intimità che esse evocano. Avedon dà vita a ritratti potentemente descrittivi che avvicinano l’osservatore ai soggetti effigiati. La capacità di vedere i dettagli del volto, anche quelli minimi, pone l’osservatore a una distanza generalmente riservata a coniugi, amanti, genitori o figli. Ad esempio, nella fotografia La scultrice Louise Nevelson, New York, 13 maggio 1975, si può ammirare il taglio cortissimo dell’artista settantacinquenne, il modo in cui i suoi occhi ci scrutano da dietro le ciglia pesantemente ricoperte di mascara, il sottile luccichio del lucidalabbra o le splendide applicazioni sulle maniche del suo soprabito.

Avedon ebbe modo di fotografare molti dei suoi soggetti a distanza di anni. È questo il caso del pittore Jasper Johns nel 1965 e nel 1976, della scrittrice Carson McCullers nel 1956 e nel 1958, del politico George Wallace nel 1963 e nel 1976, del poeta Allen Ginsberg nel 1963 e nel 1970.

Ma il caso più eclatante di relazione fotografica prolungata nel tempo è forse quello che riguarda l’amico Truman Capote.

Avedon fotografò per la prima volta Capote nel 1949. Poi, nel 1959, i due collaborarono al primo libro di Avedon, Observations, una raccolta di ritratti di personaggi celebri, tra cui la cantante lirica Marian Anderson, il pittore Pablo Picasso e lo scienziato marino ed esploratore Jacques Cousteau. Il volume era corredato da un saggio di Capote e da suoi commenti alle fotografie, mentre la grafica era curata da Aleksej Brodovič, il leggendario art director di “Harper’s Bazaar”.

Capote e Avedon lavorarono di nuovo insieme l’anno seguente. Mentre lo scrittore si trovava a Garden City, in Kansas, per la stesura di A sangue freddo, Avedon lo raggiunse in quattro diverse occasioni per fotografare i presunti assassini Perry Smith e Richard “Dick” Hickock, in attesa di giudizio.

In Truman Capote, New York, 10 ottobre 1955, lo scrittore aveva solo trentun anni. L’immagine lo mostra svestito, gli occhi chiusi e le braccia dietro la schiena, il mento rasato. La posa scelta dal fotografo sottolinea la vulnerabilità del giovane, messo a nudo di fronte allo sguardo indagatore e compiaciuto dell’osservatore.

L’ultimo ritratto di Capote, ormai cinquantenne, risale al 1974. La flessuosa sensualità della foto precedente è ormai scomparsa. Avedon si focalizza ora sulla testa dello scrittore, che riempie gran parte dell’inquadratura ed è fuori centro.

Il percorso espositivo propone inoltre una nutrita selezione di ritratti di celebrità del mondo dello spettacolo, attori, ballerini, musicisti ma anche di attivisti per i diritti civili, politici e scrittori, tra cui quelli dei Beatles (John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr), ma anche di Bob Dylan, di Michelangelo Antonioni, Allen Ginsberg, Sofia Loren, Marylin Monroe, del Dalai Lama e due di Andy Wahrol, dove il padre della Pop art americana decide di mostrare la sua intimità a Richard Avedon esibendo le sue cicatrici da arma da fuoco, dopo essere sopravvissuto a un tentativo di omicidio.

Una sezione è dedicata ai ritratti degli esponenti dei movimenti americani per i diritti civili e ai membri del Congresso americano, questi ultimi confluiti nel portfolio The Family, realizzato nel 1976 per la rivista Rolling Stone, che documentava l’élite del potere politico statunitense.

Accompagna la rassegna un catalogo Skira, con testi di James Martin, Donatella Versace, Rebecca Senf, Maria Luisa Frisa.


INFO

RICHARD AVEDON. Relationships
Milano, Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12)
22 settembre 2022 – 29 gennaio 2023

Una Mostra
Palazzo Reale Comune di Milano Skira

A cura di
Rebecca Senf

Main Partner
Versace

Media Partner
Vogue Italia

Catalogo
Skira

Orario apertura
Lunedì chiuso
Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00 -19.30
Giovedì 10.00 – 22.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Open € 17,00
Intero € 15,00
Ridotto € 13,00

Informazioni e prenotazioni
www.palazzorealemilano.it
www.avedonmilano.it

Ufficio stampa Comune di Milano
Elena Conenna | elenamaria.conenna@comune.milano.it

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco | T +39 02 36755700
anna.defrancesco@clp1968.it | www.clp1968.it

Conegliano (TV), Palazzo Sarcinelli: Ron Galella, Paparazzo Superstar

John Lennon e Mick Jagger (con May Pang) 13 marzo 1974 Century Plaza Hotel, Los Angeles, California Seconda edizione del premio alla carriera dell’American Film Institute (AFI) in onore di James Cagney

Ron Galella, Paparazzo Superstar

Conegliano (TV), Palazzo Sarcinelli

7 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023

A cura di Alberto Damian

Mostra prodotta e organizzata da SIME BOOKS

In collaborazione con Città di Conegliano (TV)

Vernice per la stampa: giovedì 6 ottobre 2022, ore 11.00 in androne del Palazzo Sarcinelli a Conegliano – Presente il sindaco Fabio Chies,  l’assessora alla cultura del Comune di Conegliano Cristina Sardi e il curatore Alberto Damian

A Conegliano Palazzo Sarcinelli ospiterà, dal 7 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023, un’importante mostra con oltre 180 fotografie di Ron Galella, il più famoso paparazzo della storia della fotografia, scomparso il 30 aprile scorso all’età di 91 anni. Si tratta della prima retrospettiva al mondo sul grande fotografo statunitense di origini italiane.

La mostra, organizzata e prodotta da SIME BOOKS in collaborazione con la Città di Conegliano, è a cura di Alberto Damian, agente e gallerista di Galella per l’Italia.

Parlando di Ron Galella, Andy Warhol ebbe a dire: “Una buona foto deve ritrarre un personaggio famoso che sta facendo qualcosa di non famoso. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella“.

Galella è nato a New York nel quartiere Bronx nel 1931 da padre italiano originario di Muro Lucano in Basilicata e madre italo-americana.

Dal 1965 in poi, Ron Galella ha inseguito, stanato e fotografato i grandi personaggi del suo tempo, riuscendo a coglierli nella loro straordinaria quotidianità, agendo quasi sempre di sorpresa, a loro insaputa e spesso contro la loro volontà. Immagini rubate e scattate a raffica, frutto di appostamenti, depistaggi, camuffamenti, inseguimenti, lunghe attese, nello sprezzo di ogni rischio, fisico o legale.

Jackie Kennedy negli anni ’70 gli intentò due cause, che all’epoca fecero parlare i giornali e ricevettero l’attenzione dei telegiornali americani. Le guardie del corpo di Richard Burton lo picchiarono e gli fecero passare una notte in galera a Cuernavaca, Messico. Marlon Brando con un pugno gli spaccò una mascella e cinque denti, ma poi gli pagò anche un salatissimo risarcimento attraverso i suoi avvocati.

Galella è stato soprannominato “Paparazzo Extraordinaire” da Newsweek e “Il Padrino dei paparazzi americani” da Time Vanity Fair. Le sue foto sono conservate nei più importanti musei al mondo, dal MOMA di New York all’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, dalla Tate Modern di Londra all’Helmut Newton Foundation di Berlino. E sono state acquistate da importantissime collezioni private in tutti e cinque i continenti.

Non c’è un grande personaggio del jet-set internazionale di quel periodo che Galella non abbia fotografato. Il suo archivio di oltre 3 milioni di scatti è pieno di scatole di fotografie – per la maggior parte in bianco e nero – di attori, musicisti, artisti e celebrità di ogni tipo. Per citarne solo alcuni: Jacqueline Kennedy Onassis, Lady Diana, Aristotele Onassis, Truman Capote, Steve McQueen, Robert Redford, Paul Newman, Elizabeth Taylor, Richard Burton, Al Pacino, Robert De Niro, Greta Garbo, Liza Minelli, Madonna, Elton John, John Lennon, Mick Jagger, Diana Ross, Elvis Presley, David Bowie. E poi gli italiani: Sophia Loren, Claudia Cardinale, Federico Fellini, Anna Magnani, Luciano Pavarotti, Gianni Agnelli, Gianni e Donatella Versace.

L’elenco dei personaggi immortalati da Galella potrebbe continuare per pagine: nell’archivio custodito nella sua villa in New Jersey c’è una ricchissima documentazione sull’evoluzione del costume degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90 (i suoi “golden years“, anni d’oro)  che è ritenuta unica al mondo.

Ed è proprio il meglio di questo monumentale archivio che giunge a Palazzo Sarcinelli nella grande mostra “Ron Galella, Paparazzo Superstar”, organizzata da SIME BOOKS, la casa editrice coneglianese che nel 2021, in collaborazione con lo stesso Galella, ha pubblicato la preziosa monografia “100 Iconic Photographs – A Retrospective by Ron Galella“, l’ultimo libro dell’artista.

La mostra sarà un percorso nella memoria di un’epoca, con icone universali del cinema, dell’arte, della musica, della cultura pop e del costume, e si snoderà attraverso sale tematiche, accogliendo anche un estratto di “Smash His Camera” di Leon Gast, il documentario sulla lunga carriera di Galella premiato al Sundance Film Festival del 2010.

Il clou dell’esposizione sarà la sala interamente dedicata a Jackie Kennedy Onassis, che Galella definiva “la mia ossessione” e alla quale aveva dedicato due interi libri. In questa sala verrà esposta una copia della famosissima “Windblown Jackie“, scelta da Time qualche anno or sono come “una delle 100 fotografie più influenti della storia della fotografia” e definita “la mia Monna Lisa” dallo stesso Galella. La data d’inizio della mostra è stata scelta proprio perché “Windblown Jackie” è stata scattata il 7 ottobre del 1971.

Sarà una mostra imperdibile che, ai tempi dei selfie e di Instagram, ci porterà indietro ad un tempo che non esiste più, nel quale le star entravano nelle nostre case soprattutto attraverso le pagine dei settimanali di costume e scandalistici, le copertine dei dischi, i poster e le locandine dei film. Questo succedeva anche grazie ai paparazzi e, in particolare, a Ron, che con le sue fotografie ci ha permesso di vedere le stelle più da vicino.


INFO

Info su www.paparazzosuperstar.com

Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net