Firenze, Museo degli Innocenti: L’universo creativo di Escher, dove si fonde scienza e natura, matematico e magico, rigore analitico e capacità contemplativa

Una immagine dell’allestimento della mostra “Escher” – Giorgio Magini fotografo Escher – Anteprime

LA MOSTRA

Firenze, Museo degli Innocenti
20 ottobre 2022 – 26 marzo 2023

A Firenze la mostra record d’incassi dedicata a “ESCHER”
è ospitata in una sede espositiva unica, negli spazi dello storico Museo degli Innocenti che, grazie alla collaborazione con Arthemisia, è diventato un punto di riferimento del capoluogo toscano come luogo di grandi mostre d’arte.

Prima sezione – Gli inizi

I primi lavori di M.C. Escher prendono ispirazione dall’Art Nouveau, un celebre movimento artistico sviluppatosi in Europa alla fine del XIX secolo caratterizzato da ornamenti e forme decorative ispirate a soggetti naturali.

Questa influenza è dovuta principalmente a Samuel Jessurun de Mesquita, importante esponente dell’Art Nouveau Olandese e insegnante presso la scuola di grafica ed arti decorativa di Harlem in Olanda frequentata da Escher. L’artista ha sempre nutrito un profondo interesse per la natura e ha, anche in seguito, eseguito numerose stampe con raffigurazioni realistiche di fiori e insetti.

Durante la sua permanenza in Italia dal 1922 al 1935 egli intraprese molteplici viaggi nel Belpaese, in particolare nel meridione, disegnando monumenti, paesaggi, flora e fauna, che al suo ritorno a Roma, dove si era stabilito, trasformava in opere grafiche: xilografie e litografie. In queste opere per lo più caratterizzate da prospettive insolite, una meticolosa osservazione della natura si fondeva con vedute che spaziavano verso orizzonti lontani.

Seconda sezione – Italia

L’artista olandese aveva visitato l’Italia una prima volta a seguito dei suoi genitori nel 1921. Nel 1922, finiti gli studi, ritornò per stabilirsi poi definitivamente a Roma nel 1923.

Questo soggiorno aiutò Escher ad ampliare i suoi orizzonti artistici, portandolo a collaborare con altri artisti che vivevano a Roma come Joseph Haas Triverio, artista grafico di origine svizzere, che oltre ad introdurlo nel giro delle gallerie d’arte fu anche suo fedele compagno nei viaggi che ogni primavera intraprendevano per immortalare paesaggi e villaggi del Belpaese.

Escher prendeva la sua ispirazione dalla natura. In una lettera spedita da Ravello scrisse: “…Voglio trovare la felicità nelle cose più piccole, come una pianta di muschio di due centimetri che cresce su una roccia e voglio provare a lavorare a quello che desidero fare da tanto tempo: copiare questi soggetti minuscoli nel modo più minuzioso possibile…”

In Italia lo studio dei paesaggi e della natura rigogliosa porta Escher a concentrarsi sulle strutture geometriche alla base di panorami ed elementi della natura.

Nel 1935 l’artista si trasferisce in Svizzera per allontanarsi dal fanatismo del regime fascista, da lui considerato inutile e pericoloso.

Terza sezione – Tassellature

Nel 1936 il secondo viaggio di Escher nel sud della Spagna segna un giro di boa cruciale nel suo sviluppo artistico. In quell’occasione ha modo di visitare i celebri monumenti come l’Alhambra di Granada e la Mezquita di Cordoba, da cui trae ispirazione per uno studio metodico dei motivi utilizzati dagli artigiani del XIV secolo per decorare muri e archi delle architetture moresche.

In seguito, si appassiona alla tassellatura: decorazioni geometriche basate su triangoli, quadrati o esagoni che si ripetono, come piastrelle, per coprire un piano senza lasciare spazi vuoti.

Egli lavorò minuziosamente a 137 acquerelli, raccolti in un libro di esercizi, che riproducono diversi motivi di tassellatura e che rappresentavano tutti i 17 diversi modi di riempire una superficie piana attraverso le operazioni di traslazione, rotazione e riflessione di un unico tassello, oltre a uno studio sulle varie possibilità di colorazione.

Questa sezione mostra come infine Escher modifico le forme puramente geometriche, alla base delle sue tassellazioni, con figure animate come animali o figure umane: caratteristica che divenne distintiva della sua arte, in cui fantasia, geometria e soggetti figurativi sono sapientemente combinati.

Quarta sezione – Metamorfosi

Escher ha creato un mondo in cui diversi tipi di tassellatura (il procedimento di divisione regolare del piano) danno vita a vortici di trasformazioni e forme astratte si trasformano in forme animate.

Un universo in cui gli uccelli possono gradualmente tramutarsi in pesci e che vede una lucertola diventare la cella di un alveare. A volte le trasformazioni portano a elementi antitetici ma complementari, come il giorno e la notte o il bene e il male, intrecciando gli opposti all’interno di una stessa composizione.

Quinta sezione – Struttura dello spazio

Fin dalle sue prime stampe di paesaggi Escher dimostra un’attrazione per la struttura dello spazio più ancora che per l’elemento pittoresco. Nel 1937, dopo aver lasciato l’Italia, smette di cimentarsi con la struttura spaziale in senso analitico: non rappresenta più lo spazio in modo lineare, così come lo aveva osservato, ma inizia piuttosto a produrre sintesi in cui diverse entità spaziali confluiscono in un’unica stampa con logica stringente.

È possibile ammirare il risultato di questa operazione nei lavori in cui diverse strutture si compenetrano, come se si trovassero su superfici riflettenti. L’attenzione per le strutture prettamente matematiche raggiunge il suo apice più avanti, come conseguenza della sua passione per le forme dei cristalli e le superfici topologiche come il nastro di Moebius, cioè oggetti che sono percepiti come superfici a due facce ma che, ad una più attenta osservazione, mostrano di avere una sola faccia.

Sesta sezione – Paradossi geometrici

Le conoscenze matematiche di Escher erano principalmente visive e intuitive. Le sue architetture e composizioni geometriche si caratterizzavano per aberrazioni prospettiche che, a prima vista, si presentavano come perfettamente plausibili ma che, dopo una più attenta ispezione, si rivelavano impossibili. Nel 1954, in occasione del Congresso Internazionale dei Matematici ad Amsterdam, vennero esposte alcune stampe dell’artista che da allora cominciarono a essere molto apprezzate dalla comunità scientifica. L’artista iniziò un dialogo con matematici e cristallografi che rappresentò una vasta fonte di ispirazione per la sua ricerca sulle costruzioni impossibili, le illusioni ottiche e la rappresentazione dell’infinito.

Questa sezione analizza come Escher abbia cercato di forzare oltre ogni limite la rappresentazione di situazioni impossibili, ma che all’apparenza sembrano coerenti, attraverso una selezione di alcune delle sue opere più famose: Ascesa e discesa, Belvedere, Cascata, Galleria di stampe e Relatività. Questi capolavori riflettono un aspetto essenziale dell’arte del grafico olandese: il suo complesso rapporto con la matematica, la geometria e le composizioni infinite.

Settima sezione – Lavori su commissione

Escher non conobbe la notorietà se non negli ultimi anni della sua vita. Per sbarcare il lunario si dedicò quindi spesso a lavori su commissione.

Erano per lo più progetti modesti, come la copertina di un programma concertistico, semplici biglietti di auguri ed ex-libris (etichette decorate che venivano applicate sui libri per indicarne il proprietario).

Eseguì anche commesse pubbliche come la progettazione di banconote e francobolli. Nel 1967 eseguì un’incisione di sette metri intitolata Metamorfosi III per l’ufficio postale dell’Aia, nei Paesi Bassi: un’opera che oggi è considerata uno dei suoi capolavori.

Ottava sezione – Eschermania

Oggi è possibile trovare riferimenti ai lavori di Escher negli ambiti più disparati: da quello artistico alla cultura popolare. Diversi pittori contemporanei e artisti digitali sono stati influenzati dal lavoro che il grafico olandese ha svolto nel campo della tassellatura, interpretandolo secondo il proprio stile.

La rappresentazione del paradosso ha avuto un ascendente importante su molti musicisti e gruppi pop degli anni Sessanta che usavano le sue immagini sulle copertine dei loro album.

Le geometrie dell’artista olandese hanno inoltre ispirato diversi personaggi dei fumetti e dei cartoni animati. Il mondo della pubblicità ha trovato terreno fertile nell’arte estrosa di Escher e case di moda e stilisti di fama internazionale, come Chanel o Alexander McQueen, hanno reso omaggio al suo universo immaginifico sulle loro passerelle.

Le opere esposte in quest’ultima sezione spaziano dai fumetti alle pubblicità, dalla musica alla moda, ai film e alle opere d’arte contemporanea, tutti settori influenzati dalla sua arte. Questi lavori dimostrano come la “Eschermania” abbia contagiato tutti i settori creativi e come l’opera di questo artista sia ancora fonte di ispirazione per la cultura contemporanea.

Il catalogo è edito da Maurits.


INFO

Ufficio StampaArthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
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Vercelli: la grande mostra di Giacomo Manzù, rende la città una Capitale della scultura e dell’arte

GIACOMO MANZÙ.
“La scultura è un raggio di luna”

Vercelli, Arca ed ex Chiesa di San Vittore

10 marzo – 21 maggio 2023

Mostra a cura di Marta Concina, Daniele De Luca, Alberto Fiz

Intorno alla retrospettiva di Manzù, c’è una città tutta da scoprire: Vercelli. “La rassegna di Giacomo Manzù – afferma il Sindaco Avv. Andrea Corsaro – ha anche l’obiettivo di accrescere la conoscenza delle realtà locali, in particolare le istituzioni museali, l’università e le chiese diventando occasione preziosa per far conoscere la ricchezza del patrimonio storico e artistico della città.

Dopo l’evento dedicato a Francesco Messina, la mostra che oggi viene presentata, costituisce un’ulteriore occasione per riscoprire la grande arte plastica che ha caratterizzato il Novecento italiano facendo di Vercelli la città della scultura”.

La mostra allestita in diverse sedi inizia nella ex chiesa di San Marco, prestigioso contenitore interno noto come “ARCA” (collocato nella navata centrale della chiesa), al quale si accede oltrepassando il grande portale vetrato d’ingresso. L’articolazione dello spazio consente di visitare anche parte delle navate laterali ricche di storia, affreschi, pannelli esplicativi e la pregevole cappella Pettenati, recentemente restaurata. Il percorso della mostra conduce all’abside della chiesa ora organizzato come bookshop. Lo spazio di ARCA (essenzialmente un grande contenitore adatto a grandi eventi temporanei) è stato pensato secondo un progetto che conduce a valorizzare le opere esposte con la narrazione dei beni che riguardano l’evento.

La mostra proseguirà poi in alcuni spazi della ex chiesa di San Vittore, luogo un tempo religioso e oggi adibito ad esposizioni artistiche. 

La mostra è l’occasione per riscoprire una città ricca di sorprese. Il centro storico ha un impianto medioevale di particolare pregio che culmina nella nota piazza Cavour, riferimento di numerose manifestazioni cittadine, al cui centro sorge uno dei monumenti più caratteristici della città. Ma è possibile ipotizzare un itinerario particolarmente suggestivo attraverso vie, piazze, edifici, torri, l’antico broletto, piazza Risorgimento che consente di spaziare dal Medioevo al Novecento.

Sono poi molti i musei che meritano attenzione e tra questi si possono ricordare Il Museo del Tesoro del Duomo, il Museo Leone, il Museo Borgogna, il Museo Civico Archeologico e il Museo del Teatro Civico che formano un percorso di conoscenza vario e articolato. Di notevole significato sono le chiese della città. Sono ben 46 gli edifici sacri l’abbazia di Sant’Andrea e la cattedrale dedicata a Sant’Eusebio, oltre alla chiesa sconsacrata di San Vittore che, come detto, accoglierà parte della mostra dedicata a Manzù ed in particolare ove sarà collocato il Grande Cardinale Seduto di oltre due metri di altezza.

In quest’occasione poi l’allestimento della mostra crea una stretta relazione tra le opere di Manzù (accanto alle sculture non manca una serie di preziose opere su carta degli anni Quaranta e Cinquanta) e i luoghi di accoglienza.

ARCA è il luogo ideale per essere la sede principale della mostra. Le sculture in marmo, ebano e bronzo ci immergeranno nel mondo di Giacomo Manzù con una percezione di carattere visivo e sensoriale. Una scansione tematica consente di rileggere l’opera di Manzù in maniera lineare. ARCA è stata progettata nel 2007 come spazio aperto in grado di ospitare eventi artistici di natura differente.


Giacomo Manzù (1908 – 1991)

Breve Biografia
(a cura di Alberto Fiz)

Giacomo Manzù, pseudonimo di Giacomo Manzoni, uno dei maggiori scultori del Novecento, nasce a Bergamo il 22 dicembre 1908, dodicesimo di quattordici fratelli.

La famiglia non ha possibilità economiche, il padre calzolaio, arrotonda le magre entrate con l’attività di sagrestano ed il piccolo Giacomo può frequentare la scuola fino alla seconda elementare.

Nelle botteghe degli artigiani dove il futuro scultore impara a scolpire e dorare il legno, prende confidenza con altri materiali come la pietra e l’argilla, mentre frequenta i corsi di Plastica Decorativa presso la scuola Fantoni di Bergamo.

Durante il servizio militare a Verona, ha l’occasione di ammirare e studiare le porte di San Zeno e si appassiona ai calchi dell’Accademia Cicognini.

Dopo un breve soggiorno a Parigi nel 1930 si stabilisce a Milano dove l’architetto Giovanni Muzio gli commissiona la decorazione della Cappella dell’Università Cattolica di Milano, lavoro che lo impegno per due anni.

Intanto realizza le sue prime opere in bronzo, si dedica al disegno, all’incisione, all’illustrazione e alla pittura.

Manzù comincia a modellare teste in cera e bronzo guardando a Medardo Rosso.

Nel 1932 prende parte a una mostra collettiva alla Galleria del Milione e nel 1933 espone una serie di busti alla Triennale

Nel 1934, alla Galleria della Cometa di Roma, tiene la sua prima grande mostra, insieme ad Aligi Sassu, con il quale divide lo studio.

Con l’opera Gesù e le Pie Donne vince il premio Grazioli dell’Accademia di Brera per lo sbalzo e il cesello.

Nel 1936 si reca a Parigi, con l’amico Sassu dove visita il Musée Rodin, conosce gli impressionisti e sviluppa i primi germi di ribellione che lo porteranno ad aderire al movimento di Corrente.

Considerato fra le personalità più significative della scultura italiana, nel 1939 inizia la serie dei Cardinali, ieratiche immagini in bronzo dalla schematica struttura piramidale avvolte nella massa semplice e potente della stola. Realizza poi il ciclo di bassorilievi in bronzo con le Deposizioni e le Crocifissioni in base a una poetica che si richiama a Donatello.

Negli anni Quaranta, come reazione alla violenza della guerra, Manzù riprende e riunisce sotto il titolo Cristo nella nostra umanità, le opere della Crocifissione e della Deposizione in cui il tema sacro viene utilizzato per simboleggiare prima la brutalità del regime fascista e poi gli orrori della guerra.

Nel 1941 Manzù ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Brera, dove insegna fino al 1954, quando si dimette per dissensi sul programma di studio.

Tra i molti riconoscimenti il suo nudo Francesca Blanc vince il Gran premio di scultura alla Quadriennale di Roma del 1942, mentre alla Biennale di Venezia del 1948, vince la medaglia d’oro per la serie dei Cardinali.

Nel 1945 si stabilisce a Milano e nel 1946 l’incontro con Alice Lampugnani è all’origine dell’importante opera Grande ritratto di signora e di un centinaio di disegni.

Nel 1947 Manzù illustra le Georgiche di Virgilio, e viene organizzata una grande mostra antologica dei suoi lavori al Palazzo Reale di Milano.

Nel 1954 prosegue l’attività d’insegnamento alla Sommerakademie di Salisburgo fino al 1960. A Salisburgo conosce Inge Schabel (1936-2018), che diventerà la sua compagna di vita e con cui avrà due figli, Giulia e Mileto. Lei e la sorella Sonja diventeranno da allora le modelle dei suoi ritratti.

In quel periodo inizia a lavorare  alla realizzazione della Porta della Morte per la basilica di San Pietro in Vaticano compiuta nel 1964. La porta vaticana, che lo impegna per diciassette anni, diviene l’epicentro di una poetica che, nel dialogare con la tradizione, ne rifiuta gli aspetti più strettamente accademici. Manzù realizza anche la Porta dell’Amore per il Duomo di Salisburgo (195 -1958), e la Porta della Pace e della Guerra per la chiesa di Saint Laurens a Rotterdam (1965-1968).

Ritorna poi alla figura a tutto tondo ed a temi più intimi come Passi di danza, Pattinatori Strip-tease e gli Amanti.

Nel 1964 si trasferisce in una villa nei pressi di Ardea, vicino Roma e nel 1969 viene inaugurato il Museo Amici di Manzù di Ardea.

Manzù si è occupato anche di teatro disegnando scenografie e costumi, tra cui quelli per l’ Oedipus rex di Igor Stravinskij nel 1965, per Tristano e Isotta di Richard Wagner nel 1971 e per il Macbeth di Giuseppe Verdi nel 1985.

Nel 1977 realizza a Bergamo il Monumento al partigiano e nel 1979 dona la sua intera collezione allo stato italiano. Del 1989 è la sua ultima grande opera, una scultura in bronzo alta sei metri posta di fronte alla sede dell’ONU a New York.

Giacomo Manzù muore a Roma il 17 gennaio 1991.


Ufficio Stampa: STUDIO ESSECI – Sergio Campagnolo
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referente Simone Raddi, simone@studioesseci.net