GAUGUIN MATISSE CHAGALL. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani

MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI DI MILANO
Fino al 4 ottobre 2020 la mostra:
GAUGUIN MATISSE CHAGALL. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani

Henri Matisse (Cateau Cambrésis 1869 – Nizza 1954), La Sainte Vierge, 1951, litografia; © Governatorato SCV Direzione dei Musei

Dopo la sosta forzata a causa dell’emergenza Coronavirus, martedì 2 giugno 2020 riapre il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano.

Oltre alle collezioni permanenti, il pubblico potrà tornare ad ammirare la mostra GAUGUIN MATISSE CHAGALL. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani, eccezionalmente prorogata fino al 4 ottobre 2020.

L’esposizione, presentata dal Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano e dai Musei Vaticani, propone una selezione di capolavori dell’arte francese del XIX e XX secolo, proveniente dalla Collezione di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani.

L’ingresso al museo sarà contingentato (40 persone ogni 60 minuti) nel rispetto di tutte le norme di sicurezza e i visitatori, cui sarà fatto obbligo d’indossare la mascherina, saranno assistiti dal personale interno, che fornirà ogni informazione sulle regole di accesso.

Il Museo Diocesano e la mostra GAUGUIN MATISSE CHAGALL saranno visitabili da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 18.00 (ingresso da piazza Sant’Eustorgio 3) mentre la sola esposizione dedicata ai capolavori dei Musei Vaticani potrà essere ammirata tutti i giorni anche in orario serale dalle 18.00 alle 22.00 (ingresso da corso di Porta Ticinese 95).

Martedì 2 giugno, riapre “Chiostro Bistrot” a cura di AFM Banqueting che, posto all’interno di uno dei luoghi più suggestivi della città, tornerà a offrire i propri servizi al pubblico tutte le sere dalle 10.00 alle 22.00. Chiostro Bistrot proporrà l’esclusiva formula “mostra e aperitivo” coniugando cultura e gusto.

GAUGUIN MATISSE CHAGALL. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani, curata da Micol Forti, responsabile della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, e da Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano, con il patrocinio della Regione Lombardia, del Comune di Milano, dell’Arcidiocesi di Milano, segna un nuovo capitolo nella collaborazione tra le due istituzioni, iniziata nel 2018 con l’esposizione Gaetano Previati. La Passione, che proponeva un nucleo di opere sacre dell’artista provenienti da entrambi i musei.

L’iniziativa offre spunti di riflessione sulla Passione e sulla Resurrezione di Cristo, e nel contempo sul delicato e fertile rapporto fra modernità e tradizione nell’arte sacra tra fine Ottocento e Novecento. Gli oltre 20 capolavori di artisti quali Paul Gauguin, Auguste Rodin, Marc ChagallMaurice Denis, Henri MatisseGeorges Rouault, sono stati scelti nel ricco nucleo di arte francese presente nella Collezione di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, voluta fin dal 1964 da papa Paolo VI. In quell’anno papa Montini incontra in Cappella Sistina gli artisti, da lui stesso definiti “custodi della bellezza del mondo”, per riallacciare lo storico legame tra Chiesa e contemporaneità.

La mostra ruota attorno ai temi della Passione, del Sacrificio e della Speranza, interpretati dagli artisti con una capacità di visione potentemente innovativa e attuale; le opere sono esposte in quattro ambienti, corrispondenti ad altrettanti nuclei tematici, che dall’Annunciazione conducono il pubblico fino alla Resurrezione di Cristo.

La prima sala è dedicata alla Vergine Maria e a Gesù Bambino. Le xilografie di Maurice Denis introducono la narrazione con le illustrazioni del momento dell’Annunciazione, mentre Henri Matisse e Léonard Tsuguharu Foujita, artista giapponese naturalizzato francese, convertitosi al Cattolicesimo, mostrano l’intimità della relazione tra la Madre e il Figlio.

Nella seconda, le vedute di processioni realizzate da Paul Gauguin e Auguste Chabaud accompagnano lo sguardo del visitatore verso il Golgota, dove si consuma il dramma del Martirio di Cristo sofferente in croce, interpretato da Georges Rouault e Henri Matisse.

La sofferenza di Cristo in croce è protagonista della terza sala, dove s’incontrano capolavori di Marc ChagallJean Fautrier, e ancora di Henri Matisse, oltre alle graffianti incisioni di Bernard Buffet.

Il percorso si chiude con la Resurrezione di Émile Bernard eil grande trittico di George Desvallières che raffigura il “velo della Veronica”, il panno sporco di sangue e sudore che una pia donna usò per detergere il volto di Gesù durante la Via Crucis.

Nel delicato passaggio tra XIX e XX secolo e nel drammatico superamento di due guerre mondiali, le culture e le arti che si sviluppano in Francia, mantengono vivo il dibattito e il confronto tra arte e fede. La diversità degli approcci e delle prospettive, delle sensibilità e degli interessi, da parte dei tanti artisti che si sono confrontati con i temi religiosi, definisce un tessuto variegato, nel quale le storie della Passione, il dolore e la morte, il mistero del sacrificio e della redenzione, sono stati presi in carico e restituiti con autentica partecipazione e sincera emozione.

Catalogo Silvana Editoriale.

IMMAGINE DI APERTURAMaurice Denis (Granville 1870 – Saint-Germain-en-Laye 1943), L’Annonce faite à Marie, 1927, xilografia a colori; © Governatorato SCV Direzione dei Musei

Milano: Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience®

Milano, Palazzo Reale
5 marzo 2020 – 14 giugno 2020Viaggio oltre le tenebre – Tutankhamon RealExperience®
A cura di Sandro Vannini
Comitato Scientifico: Miroslav Barta, Zahi Hawass, Christian E. Loeben, Liam McNamara e Gabriele Pieke
Catalogo della collezione archeologica: Francesco Tiradritti
Sito web

RealExperience ©Laboratoriorosso

Il primo maggio del 1821, nell’Egyptian Hall a Londra, Giovanni Belzoni, dopo anni di esplorazioni in Egitto, inaugurava un’esposizione ibrida, basata sui reperti ritrovati durante le sue campagne di scavo ma anche su ricostruzioni dei monumenti da lui scoperti, con riproduzioni dei rilievi dipinti della tomba di Seti I nella Valle dei Re. Il successo fu straordinario: la mostra fu la prima di una lunghissima serie di rassegne che hanno diffuso la conoscenza dell’Antico Egitto in tutto il mondo. Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience®, in programma a Palazzo Reale dal 5 marzo al 14 giugno 2020, riprende lo spirito della mostra di Belzoni adattandolo alle esigenze del mondo contemporaneo, sempre più immerso nella cosiddetta realtà virtuale, integrando importanti reperti provenienti da varie collezioni pubbliche e private con un percorso multimediale e immersivo.

Promossa da Comune di Milano|Cultura, Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e Laboratoriorosso, la mostra Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® e un’esperienza coinvolgente e, in parte, immersiva, per raccontare il viaggio “oltre le tenebre” del più famoso dei faraoni e illustrare la concezione dell’aldilà degli antichi egizi, con una selezione di preziosi oggetti originali tra i quali la statua del dio Amon, con i tratti somatici del giovane Tutankhamon. Accanto a reperti significativi sono allestite grandi proiezioni immersive accompagnate da musiche originali e da un coinvolgente percorso narrativo fondato su un solido impianto egittologico che si avvale della consulenza di un prestigioso Comitato Scientifico, presieduto da Miroslav Barta e composto da Zahi Hawass, Christian E. Loeben, Liam McNamara e Gabriele Pieke.

Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® affronta il tema del mistero della morte e della vita oltremondana restituendogli la complessità e la pluralità che caratterizzarono la civiltà egizia. Il visitatore si troverà di fronte ad una concezione innovativa di una civiltà di cui si ritiene a torto di conoscere molti aspetti e avrà modo di scoprire quanto il pensiero occidentale le sia debitrice, grazie all’utilizzo di due diversi linguaggi espositivi che raccontano il viaggio oltre le tenebre del faraone e dei suoi sudditi. Dopo un suggestivo video introduttivo, la sezione archeologica, con opere selezionate da Francesco Tiradritti e allestita su progetto di FC Confalonieri descrive le credenze oltremondane degli egizi attraverso gli oggetti ritenuti necessari per la sopravvivenza ultraterrena, concepita come un proseguimento di quella quotidiana. I monumenti e gli oggetti antichi possono essere ammirati per il loro significato storico e artistico, ma anche come testimonianze delle aspettative e dei timori, non troppo dissimili dai nostri, che persone vissute migliaia di anni fa provavano davanti al mistero dell’ignoto.

I reperti che sono esposti provengono soprattutto dalle Collezioni civiche milanesi e dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Per la prima volta e riunito il cosiddetto “Corredo Busca”, che comprende la mummia e il sarcofago, conservati nelle Collezioni civiche, e un interessantissimo papiro lungo 7 metri, databile alla XIX-XX dinastia, recuperato poco prima del 1850 dal marchese Carlo Busca nel corso dei suoi scavi e conservato nell’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano. In mostra sono esposti anche diversi reperti provenienti da collezioni private.

Tra i reperti esposti, e particolarmente importante la splendida statua del dio Amon, con le sembianze del giovane Tutankhamon, concessa in prestito dalla Fondazione Fritz Beherens e dal Museo August Kestner di Hannover. Mirabili sono inoltre le due teste di figurine funerarie attribuibili alla controversa figura del sovrano Akhenaton (1350 -1333 A.C.), padre di Tutankhamon e a cui si deve una riforma religiosa da molti considerata la prima forma di credo monoteista della storia. Sara visibile inoltre, un raro frammento di rilievo proveniente dalla mastaba di Seshemnefer (VI) Heba (VI Dinastia, regno di Djedkara Isesi; 2388 – 2356 a.C.), a Saqqara. La brillantezza dei colori conservatisi ancora oggi restituisce appieno la magnificenza e il fascino dell’arte austera e delicata del periodo.

Dopo l’esposizione dei reperti antichi, illustrati in un agile catalogo edito da Laboratoriorosso e curato da Francesco Tiradritti, la mostra diventa interamente multimediale, articolata in due diversi ambienti: nel primo, grazie alle straordinarie immagini giunte fino a noi, il visitatore può ripercorrere i tratti distintivi della civiltà che si e affermata per millenni sulle rive del Nilo, partendo da Tebe per poi addentrarsi nella Valle dei Re. E quindi guidato da Howard Carter alla scoperta della tomba di Tutankhamon e del suo straordinario corredo funerario. In un secondo ambiente immersivo sarà lo stesso Tutankhamon a guidare il visitatore nel viaggio attraverso la notte, per conquistare d’immortalità.

L’esperienza multisensoriale e costruita con immagini e animazioni che provengono anche da tombe e oggetti di altre epoche della storia egizia. Il percorso assume di conseguenza un valore assoluto nell’universo dell’Egitto faraonico, rappresentando il viaggio di tutti i predecessori e i successori di Tutankhamon. Il perpetuo attraversamento delle regioni oscure era sentito come un obbligo per il sovrano che sacrificava la propria resurrezione per salire sulla barca solare in modo da consentire all’alba di ripetersi perpetuo giorno dopo giorno. Le dodici ore della notte erano irte di pericoli che potevano essere superati soltanto con l’incarnazione del dio sole Ra con il sovrano dei morti Osiride.

Allo stesso tema sviluppato nella parte multimediale della mostra e dedicato uno straordinario volume illustrato, edito da Taschen a cura di Sandro Vannini con la collaborazione di Mohamed Megahed. Per iniziativa del Comune di Milano|Cultura, Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® e collegata alla importante mostra allestita nel Civico Museo Archeologico di Milano dall’11 marzo al 20 dicembre 2020, dal titolo Sotto il cielo di Nut. Egitto divino, che intende illustrare il significato delle immagini divine e la relazione tra l’uomo e il divino, nella vita quotidiana e nell’Aldilà dell’antica civiltà nilotica.

IMMAGINE DI APERTURA – Il cosidetto “Hannover Amun”, Nuovo Regno fine della 18 dinastia (ca 1325 a C). Particolare. Fritz Behrens Stiftung, on permanent loan at Museum August Kestner, Hannover

Rovigo: La Quercia di Dante. VISIONI DELL’INFERNO. Dorè – Rauschenberg – Brand

Rovigo, Palazzo Roncale
28 Febbraio 2020 – 28 Giugno 2020
“La Quercia di Dante”. VISIONI DELL’INFERNO. Dorè – Rauschenberg – Brand
Mostra a cura di Alessia Vedova, Mauro Carrera, Barbara Codogno, Virginia Baradel

Brigitte Brand: Inferno, Canto XXXIV/1

“Visioni dell’Inferno”, a Rovigo, in Palazzo Roncale dal 28 febbraio al 28 giugno, propone la rievocazione della prima Cantica dantesca affidata a tre artisti internazionali, uno per ciascuno degli ultimi tre secoli.
L’Inferno in versione ottocentesca non poteva che essere quello, universalmente noto, del francese Gustave Doré, di cui in mostra sarà l’intero corpus di 75 tavole. Per evocare l’Inferno in versione novecentesca, sono state riunite le immagini di “Dante’s Inferno (1958–60)” dello statunitense Robert Rauschenberg. Un’artista donna, la tedesca Brigitte Brand è stata, infine, chiamata ad illustrare l’Inferno con occhi e sensibilità di oggi. L’artista propone in mostra anche un Omaggio alla Grande Quercia, l’albero cui Dante sarebbe stato tributario della propria salvezza. Alla Grande Quercia di Dante, nello stesso Palazzo Roncale, è riservata un ampia sezione documentativa.
“Visioni dell’Inferno” ripercorre i 33 canti, oltre all’Introduzione, della Cantica. Ciascuno è introdotto dai versi più famosi e da una breve sintesi, a complemento delle tavole dei tre artisti.

“Gustave Dorè (presente in mostra con le tavole di una grande collezione parmense) è riuscito nella impresa di rappresentare in segni grafici e forme, quanto i versi di Dante
hanno espresso in una delle opere poetiche più elevate di ogni tempo. “E proprio le illustrazione realizzate per l’Inferno sono – afferma Alessia Vedova – il suo vero capolavoro tanto da essere entrate a far parte dell’immaginario collettivo”. Théophile Gautier, a lui contemporaneo, scriveva che Doré sapeva “vedere le cose dalla loro angolatura bizzarra, fantasiosa, misteriosa…” e che “possedeva un occhio visionario che sa liberare il lato segreto e singolare della natura”.
Per rappresentare il suo Inferno, Rauschenberg scelse la tecnica del disegno di riporto (transfer drawing), combinando i suoi disegni e acquerelli con immagini trasferite dalle pagine di riviste patinate.
“Egli – scrive Barbara Codogno – riporta a galla l’Inferno, contestualizzandolo in una dimensione contemporanea. Le immagini “sorgente” usate da Rauschenberg mettono infatti in relazione la vita politica e l’anima sociale americana del Dopoguerra con la narrazione epica di Dante, entrambe unite da un’ineluttabile discesa agli inferi”.
Le tavole del Dante’s Inferno qui esposte sono parte della tiratura che Rauschenberg autorizzò al gallerista Lucio Amelio. La cartella destinata a questa mostra era quella personale del celebre gallerista.
Accanto a due cicli celeberrimi, la mostra propone una prima assoluta. L’Inferno letto con la sensibilità dei nostri tempi dall’artista tedesca Brigitte Brand, che ha scelto il Parco di un altro fiume, il Sile, come buen retiro per realizzare questa sua monumentale opera. “La potente fascinazione dell’Inferno dantesco l’ha portata – scrive Verginia Baradel – a rielaborare il bagaglio dei suoi appunti visivi sulla Commedia umana, osservata alle diverse latitudini del pianeta, con i luoghi e le figure del primo Cantico del Poema. Nella trasfigurazione, piccoli segni vaganti in spazi sulfurei e vorticosi sembrano narrare le vicende e i protagonisti dei canti, ora sollevati da onde di colore, ora affiancati da citazioni iconiche legate alla vita quotidiana”.
“Visioni dell’Inferno” si allarga ad altre testimonianze, a sottolineare la fascinazione delle Commedia lungo i secoli sino alle forme contemporanee di espressione.
Dall’Accademia dei Concordi e dalla Biblioteca del Seminario Vescovile di Rovigo sono state concesse alla mostra alcune preziose, antiche edizioni della Commedia, mentre un corner sarà riservato all’originale volume “L’Inferno di Dante. Una storia naturale” (Mondadori, 2010) illustrato e commentato da Patrick Waterhouse e Walter Hutton, due giovani artisti in residenza a Fabrica, il laboratorio creativo di Benetton.
Un ulteriore corner propone l’“Inferno di Topolino” del 1949, disegnato da Angelo Bioletto e sceneggiato da Guido Martina in terzine dantesche.
Per dire quanto, quale sia l’espressione artistica o la latitudine, nella versione originale o nelle più disparate “reinterpretazioni”, la “Commedia” di Dante continui ad affascinare.

“La Quercia di Dante” è un progetto di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Comune di Rovigo, Accademia dei Concordi, Parco Regionale del Delta del Po Veneto (Riserva della Biosfera MAB Unesco), Comune di Ariano nel Polesine, insieme ad altre istituzioni territoriali e nazionali.

IMMAGINE DI APERTURAGustave Doré: Divina Commedia, Inferno canto XIX, I poeti si fermano a parlare con Niccolò III

Il sogno di Lady Florence Phillips. La Collezione della Johannesburg Art Gallery

Il sogno di Lady Florence Phillips
La Collezione della Johannesburg Art Gallery

Siena, Santa Maria della Scala
13 giugno – 13 settembre 2020

Andy Warhol – Joseph Beuys © Johannesburg Art Gallery

Il sogno di Lady Florence Phillips – La Collezione della Johannesburg Art Gallery, è la mostra di Opera – Civita, promossa dal Comune di Siena, che presenterà, dal prossimo 13 giugno al 13 settembre 2020 al Santa Maria della Scala, la collezione di capolavori conservata permanentemente alla Galleria d’Arte di Johannesburg.

Una selezione di circa sessanta opere, tra olii, acquerelli e grafiche, ripercorrerà oltre un secolo di storia dell’arte internazionale, dalla metà del XIX secolo fino al secondo Novecento, attraverso i suoi maggiori interpreti: Van Gogh, Degas, Monet, Cézanne, Matisse, Modigliani, Turner, Rodin, Moore, Lichtenstein, Derain, Pissarro, Corot, Sargent, Sisley, Bacon, Rossetti, Warhol, Signac, Picasso e molti altri.

Fino al 13 settembre sarà possibile, quindi, ammirare questa collezione di capolavori presso le sale espositive del Santa Maria della Scala a Siena, attraverso questa grande mostra, a cura di Simona Bartolena e con catalogo Skirà, che si preannuncia come uno degli eventi più significativi dell’intera stagione estiva.

Le informazioni, le prevendite e le prenotazioni saranno aperte da lunedì 3 febbraio 2020 al numero +39 0577 286300 o scrivendo una mail a sienasms@operalaboratori.com

IMMAGINE DI APERTURA – Claude Monet – La Primavera, 1875 © Johannesburg Art

Torino: Memoria e passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero

20 Febbraio 2020 – 10 Maggio 2020
Torino, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Memoria e passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero
Mostra a cura di Walter Guadagnini, con la collaborazione di Barbara Bergaglio e Monica Poggi

Mario De Biasi, Gli italiani si voltano, Moira Orfei, 1954 © eredi di Mario De Biasi

Con Memoria e passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero, dal 20 febbraio al 10 maggio 2020, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia si anima attraverso le storie e i racconti celati nelle immagini più significative della Collezione Bertero, raccolta unica in Italia per originalità dell’impostazione e qualità delle fotografie presenti.

Curata da Walter Guadagnini, direttore di CAMERA, con la collaborazione di Barbara Bergaglio e Monica Poggi, la mostra racconta il nostro passato, le radici del nostro presente insieme all’evoluzione del linguaggio fotografico lungo quattro decenni. Tra le oltre duemila immagini che compongono la collezione, i curatori ne hanno scelte più di trecento, realizzate da circa cinquanta autori tra i quali alcuni dei protagonisti della storia della fotografia italiana e mondiale della seconda metà del Novecento: Bruno Barbey, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Robert Capa, Lisetta Carmi, Henri Cartier-Bresson, Mario Cattaneo, Carla Cerati, Mario Cresci, Mario De Biasi, Mario Dondero, Alfred Eisenstaedt, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Jan Groover, Mimmo Jodice, William Klein, Herbert List, Duane Michals, Ugo Mulas, Ruth Orkin, Federico Patellani, Ferdinando Scianna, Franco Vimercati e Michele Zaza.

Siamo partiti dall’idea che questa ricchissima collezione, oltre al Neorealismo per il quale è giustamente famosa, potesse offrire altre chiavi di lettura di grande interesse. – spiega Walter Guadagnini – Abbiamo quindi individuato tre nuovi grandi temi: primo, la fotografia americana degli anni ’30, che Bertero ha considerato interessante in quanto anticipazione e contraltare del nostro Neorealismo; secondo, l’Italia vista attraverso l’obbiettivo di grandi fotografi stranieri come Capa, Cartier-Bresson, Orkin, Barbey, List; terzo, la stagione del grande rinnovamento della fotografia italiana degli anni ’70/’80, con tutti i suoi protagonisti, Mulas, lodice, Basilico, Ghirri, Scianna,Cresci, Zaza, Berengo Gardin, Giacomelli e molti altri. Più, inoltre, una piccola sezione dedicata a Torino, luogo centrale agli albori e non solo della fotografia italiana.

Nelle sale di CAMERA, la Storia diventa lo sfondo su cui si sviluppano innumerevoli storie, parlandoci di un Paese e di tanti paesi. I protagonisti sono contadini, preti, famiglie, nobildonne, militari, bambini e fotografi che, con gli accenti e le lingue più disparate, hanno scritto il ricordo di queste vicende. Il racconto nasce nell’Italia appena liberata dal fascismo, fra le macerie e la povertà di una società provata dalla guerra, legata – in particolare nel sud del paese – a tradizioni ancora ancestrali, soprattutto sul piano religioso, estremamente affascinanti per i fotografi del cosiddetto periodo “Neorealista”. Prosegue poi lungo gli anni del boom economico, tra nuovo benessere e nuovi modi di vita, esemplificati dalla stagione eroica di Via Veneto a Roma e dei “paparazzi” che la animavano. La storia si conclude negli anni Settanta e Ottanta, con i grandi maestri della fotografia di paesaggio e di quella concettuale, che hanno saputo evolvere le premesse degli anni precedenti in una nuova lingua, divenuta oggi a sua volta classica.

Questa mostra è però anche e soprattutto l’omaggio alla splendida storia di un collezionista che, a partire dalla fine degli anni Novanta ad oggi ha raccolto circa duemila stampe con una passione unica. Una collezione nata quasi per caso e proseguita negli anni con tale lucidità e determinazione da divenire un punto di riferimento mondiale per la conoscenza e lo studio del neorealismo fotografico italiano. Parti della collezione sono già state esposte in sedi prestigiose all’estero, da Photo Espana al Fotomuseum di Winterthur fino al Metropolitan Museum di New York, e in Italia, grazie alla volontà di Guido Bertero di condividere il suo patrimonio con il pubblico, in un’ottica di estrema apertura e volontà di diffondere la conoscenza di questo linguaggio.

La mostra è accompagnata da un volume pubblicato da Umberto Allemandi editore, introdotto da Walter Guadagnini. Oltre la riproduzione di più di 250 immagini, all’interno del volume sarà possibile ripercorrere queste vicende attraverso il dialogo fra collezionista e curatore.

L’attività di CAMERA è realizzata grazie a Intesa Sanpaolo, Lavazza, Eni, Reda, in particolare la programmazione espositiva e culturale è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo.

IMMAGINE DI APERTURALuigi Ghirri, Alpe di Siusi, 1979 © eredi di Luigi Ghirri (Particolare)

Milano: Leonardo da Vinci e Guido da Vigevano. Anatomia in figure

Milano, Sala Sottofedericiana dell‘Ambrosiana (ingresso da Piazza San Sepolcro)
7 febbraio – 29 marzo 2020
Leonardo da Vinci e Guido da Vigevano. Anatomia in figure
a cura di Paola Salvi

Guido da Vigevano, Disegno del carro a vento da Texaurus regis Francie acquisitionis terre sancte de ultramare, nec non sanitas corporis eius et vita ipsius prolungationis ac etiam cum custodia propter venenum, c. 1375, Yale nel Center for British Arts.

L’esposizione pone a confronto i modi di raffigurazione anatomica di due geni del passato, attraverso le riproduzioni del capolavoro di Guido da Vigevano, Anothomia designata per figuras, e di alcuni fogli di Leonardo da Vinci che evidenziano l’evoluzione dei suoi studi sul corpo umano. Alcuni disegni anatomici leonardeschi sono stati tradotti in cinque sculture realizzate con la tecnica tradizionale della ceroplastica. Completa la mostra il modello ligneo del carro a vento di Guido, ideato come macchina da guerra ma che può essere ritenuto anche la prima auto-mobile della storia.
All’interno del percorso di visita della Cripta di San Sepolcro, dal 7 febbraio al 29 marzo 2020, la Sala Sottofedericiana della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano ospita una mostra che pone a confronto le figure di due geni del passato quali Guido da Vigevano (1280-1349) e Leonardo da Vinci (1452-1519) e i loro metodi di raffigurazione anatomica. L’esposizione, curata da Paola Salvi, resa possibile dal Comune di Vigevano, col patrocinio della Regione Lombardia, dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, dell’Università di Pavia, sostenuta dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e organizzata con l’Associazione OverArt associazione culturale no profit, chiude il programma d’iniziative proposte dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano per valorizzare il suo patrimonio di opere di Leonardo, tra i più importanti al mondo, e degli artisti della sua cerchia. La rassegna presenta la riproduzione delle 18 figure (in 16 tavole) del trattato Anothomia designata per figuras (1345) di Guido da Vigevano, accanto a una serie di riproduzioni di disegni anatomici di Leonardo da Vinci, realizzati tra il 1480 e il 1517 circa. Da alcuni di questi disegni, che appartengono al vasto repertorio anatomico di Leonardo, conservati nelle collezioni della Regina Elisabetta II d’Inghilterra nel Castello di Windsor, sono state ricavate cinque sculture, ideate da Paola Salvi e realizzate da Moreno Vezzoli, con la tecnica tradizionale della ceroplastica, per fare apprezzare la loro precisione anatomica e la bellezza artistica. “Si è voluto porre l’attenzione sulla bellezza artistica – afferma Paola Salvi – poiché Leonardo per conoscere l’interno del corpo umano ha praticato la dissezione, presumibilmente con l’assistenza di un “cerusico”, come era d’uso al tempo, ma con l’intento di superarla riportando le conoscenze acquisite alla vita del corpo in azione”. “I suoi disegni – continua Paola Salvi – seguono la fedeltà anatomica del corpo vivente, superano nella ricercatezza grafica ogni aspetto “macabro” e testimoniano non solo la realtà della rappresentazione anatomica, ma anche le teorie della sua epoca, quelle stesse che Leonardo visualizza laddove l’esperienza non gli permette di verificarle ed eventualmente confutarle”. Il percorso espositivo si completa, grazie alla collaborazione di Carlo E. Rottenbacher, docente del Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione dell’Università di Pavia, con la ricostruzione in scala del carro “a vento” di Guido da Vigevano, modello ligneo derivante dal disegno progettuale contenuto VENERANDA BIBLIOTECA AMBROSIANA Piazza Pio XI, 2 20123 Milano, Italy t +3902806921 fax +390280692215 P.I. 04196990156 www.ambrosiana.it 3 nel Texaurus Regis Francie (1335), un manoscritto che, per la sua epoca, presenta notevoli soluzioni meccaniche e di visualizzazione. Le figure di Guido da Vigevano – medico e progettista del primo veicolo in grado di muoversi producendo autonomamente l’energia necessaria – e di Leonardo da Vinci sono accomunate dalla stessa intenzione raffigurativa. Se Guido da Vigevano ha provveduto a dare rappresentazione ‘realistica’ al metodo anatomico, confidando nel valore conoscitivo delle immagini, un secolo e mezzo dopo Leonardo da Vinci prosegue questo percorso ponendo al centro l’armonia delle forme e la vitalità del corpo umano in movimento. La mostra prosegue idealmente nella sala Federiciana della Pinacoteca Ambrosiana dov’è allestita, fino al 1° marzo, la mostra Leonardo da Vinci e il suo lascito: gli artisti e le tecniche, curata da Benedetta Spadaccini, che presenta alcuni disegni originali di Leonardo conservati alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana tra i quali studi anatomici di gambe e la celebre lettera di presentazione a Ludovico il Moro che si legano al tema anatomico e alla progettazione di macchine da guerra.

IMMAGINE DI APERTURAScultura in ceroplastica, busto con braccio alzato, ideazione Paola Salvi, realizzazione Moreno Vezzoli.

Torino: Helmut Newton. Works

30 Gennaio 2020
Helmut Newton. Works
Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
30 gennaio 2020 – 3 maggio 2020

(Immagine guida – Exhibition main image)
Helmut Newton Rushmore, Italian Vogue 1982 ©Helmut Newton Estate

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino apre la stagione espositiva del 2020 inaugurando la grande retrospettiva Helmut Newton. Works, promossa da Fondazione Torino Musei e prodotta da Civita Mostre e Musei con la collaborazione della Helmut Newton Foundation di Berlino.

Il progetto espositivo è a cura di Matthias Harder, direttore della fondazione tedesca, che ha selezionato 68 fotografie con lo scopo di presentare una panoramica, la più ampia possibile, della lunga carriera del grande fotografo che sin dagli inizi non ha mai smesso di stupire e far scalpore per i suoi concetti visivi veramente unici. Il risultato è un insieme di opere non solo particolarmente personali e di successo, ma che hanno raggiunto un pubblico di milioni di persone anche grazie alle riviste e ai libri in cui sono apparse, e alle mostre delle sue foto.

Nel percorso di mostra si spazia dagli anni Settanta con le numerose copertine per Vogue, sino all’opera più tarda con il bellissimo ritratto di Leni Riefenstahl del 2000, offrendo la possibilità ai visitatori di comprendere fino in fondo il suo lavoro come mai prima d’ora.

Quattro sezioni che rendono visibile come in questo lungo arco di tempo, Newton abbia realizzato alcuni degli scatti più potenti e innovativi del suo tempo. Numerosi ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra i quali Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (1983), Catherine Deneuve (1976), Anita Ekberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996). Delle importanti campagne fotografiche di moda, invece, sono esposti alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1998, oltre a una serie di importanti fotografie, ormai iconiche, per le più importanti riviste di moda internazionali.

Il chiaro senso estetico di Newton pervade tutti gli ambiti della sua opera, oltre alla moda, anche nella ritrattistica e nella fotografia di nudi. Al centro di tutto le donne, ma l’interazione tra uomini e donne è un altro motivo frequente della sua opera.

Helmut Newton morì improvvisamente il 23 gennaio 2004 a Los Angeles, prima di poter assistere alla completa realizzazione della Fondazione a lui dedicata.

Helmut Newton Works è il titolo del grande volume edito da Taschen che comprende anche le foto esposte in mostra e ne rappresenta idealmente il catalogo.

IMMAGINE DI APERTURA – Helmut Newton Claudia Schiffer, Vanity Fair Menton 1992 ©Helmut Newton Estate

Milano: La fotografia di ricerca in Lombardia e in Italia

Milano: Spazio eventi di palazzo Pirelli
Dal 26 febbraio al 22 marzo 2020
La fotografia di ricerca in Lombardia e in Italia

Luigi Erba, Brianza, 1973 – 2009. Stampa ai pigmenti di inchiostro su carta cotone realizzata dallo Studio De Stefanis di Milano da vintage su carta baritata, eseguito con solarizzazione del negativo, 30 x 40 cm (su foglio 34 x 43.5). Courtesy Collezione Fabio Castelli

La rassegna ripercorrerà quel periodo che, dalla metà degli anni sessanta a tutto il decennio successivo, ha visto la fotografia di tipo documentario o di reportage, spostarsi nell’ambito sperimentale delle avanguardie artistiche.

Il percorso espositivo presenterà opere di alcuni protagonisti di quella stagione, da Ugo Mulas a Gabriele Basilico, da Paola Mattioli a Luigi Erba, da Nino Migliori a Mario Giacomelli, da Gianfranco Chiavacci a Franco Vaccari, da Mimmo Jodice a Ketty La Rocca, da Mario Cresci a Luigi Ghirri.

Dal 26 febbraio al 22 marzo 2020, lo Spazio Eventi del Consiglio Regionale della Lombardia in Palazzo Pirelli di Milano ospita la mostra LA FOTOGRAFIA DI RICERCA IN LOMBARDIA E IN ITALIA.

La rassegna, curata da Elio Grazioli, ideata da MIA Photo Fair in collaborazione con il Consiglio Regionale della Lombardia, ripercorrerà quel periodo che, dalla metà degli anni sessanta a tutto il decennio successivo, ha visto la fotografia spostarsi dall’ambito tradizionale, ovvero quello di tipo documentario o di reportage, a quello parallelo o interno alle avanguardie artistiche, spesso definito ‘sperimentale’ o ‘estetico’, degli “artisti che usano la fotografia” come linguaggio d’arte contemporanea, sviluppando indagini sulla luce, la percezione, l’astrazione e affiancando le ricerche di movimenti come la Body Art e l’arte concettuale.

Il percorso espositivo presenterà 80 opere di alcuni dei protagonisti di quella stagione, da Ugo Mulas a Gabriele Basilico, da Paola Mattioli a Luigi Erba, da Nino Migliori a Mario Giacomelli, da Gianfranco Chiavacci a Franco Vaccari, da Mimmo Jodice a Ketty La Rocca, da Mario Cresci a Luigi Ghirri, ad altri ancora, che documenteranno come i cambiamenti di linguaggio siano andati di pari passo con quelli della rappresentazione dei temi più ampi e determinanti della realtà, come il paesaggio, sia naturale che urbano, il corpo e il genere, l’identità e la società.

La mostra avrà un approfondimento a The Mall a Milano, durante MIA Photo Fair (19 – 22 marzo 2020), la fiera italiana dedicata alla fotografia d’arte, dove otto gallerie proporranno degli stand monografici con alcuni dei maestri che parteciparono a quella stagione, quali Luigi Erba, Aldo Tagliaferro, Lamberto Pignotti, Gianfranco Chiavacci, Paolo Gioli, Luigi Maria Patella, Franco Fontana, Michele Zaza.

E proprio in occasione della fiera, domenica 22 marzo 2020, lo Spazio Eventi del Consiglio Regionale della Lombardia rimarrà eccezionalmente aperto, dalle ore 11.00 alle 18.00.

IMMAGINE DI APERTURALuigi Ghirri, Dalla serie “Paesaggi di Cartone, 1971-1974”, Senza titolo, 1971. Courtesy Collezione Fabio Castel. Particolare

Monza: Giappone. Terra di geisha e samurai

Monza, Villa Reale
30 Gennaio 2020 – 02 Giugno 2020
Giappone. Terra di geisha e samurai
Mostra a cura di Francesco Morena

Il meglio di due grandi collezioni private, unito per offrire a Monza, in Villa Reale (dal 30 gennaio al 2 giugno), una sorta di viaggio iniziatico in Giappone, paese la cui cultura e le cui arti affascinano da sempre, per grandissima varietà e raffinatezza.

Il percorso espositivo, messo a punto da Francesco Morena, propone uno spaccato delle arti tradizionali dell’arcipelago estremo-orientale attraverso una precisa selezione di opere databili tra il XIV e il XX secolo, tutte provenienti dalla raccolta di Valter Guarnieri, collezionista trevigiano con una grande passione per l’Asia orientale, alle quali si uniscono, in questa speciale occasione, alcuni kimono della raccolta di Lydia Manavello, collezionista trevigiana esperta conoscitrice di tessuti asiatici.
La mostra è prodotta da ARTIKA, con il Patrocinio del Comune di Monza.
Il percorso si sviluppa per isole tematiche, approfondendo numerosi aspetti relativi ai costumi e alle attività tradizionali del popolo giapponese.
La parte centrale dell’esposizione non poteva che essere dedicata al binomio Geisha e Samurai. Il Giappone tradizionale è infatti un paese popolato di bellissime donne, le geisha, e audaci guerrieri, i samurai. La classe militare ha dominato il paese del Sol Levante per lunghissimo tempo, dal XII alla metà del XIX secolo, imponendo il proprio volere politico ed elaborando una cultura molto raffinata la cui eco si avverte ancora oggi in molti ambiti. La geisha, o più in generale la beltà femminile così come la intendiamo noi (volto ovale cosparso di cipria bianca, abiti elegantissimi e modi cadenzati), ha rappresentato per il Giappone un topos culturale altrettanto radicato, dalle coltissime dame di corte del periodo Heian (794-1185) alle cortigiane vissute tra XVII e XIX secolo, così ben immortalate da Kitagawa Utamaro (1753-1806), il pittore che meglio di ogni altro ha restituito la vivacità dei quartieri dei piaceri di Edo (attuale Tokyo).
Dal mondo degli uomini a quello, affollatissimo, degli dei, sintesi di credenze autoctone e influenze provenienti dal continente asiatico. Il Buddhismo, in particolare, di origini indiane, è giunto nell’arcipelago per tramite di Cina e Corea. Esso ha permeato profondamente il pensiero giapponese, soprattutto nella sua variante dello Zen, che in questa sezione è testimoniata da un gruppo di dipinti nel formato del rotolo verticale raffiguranti Daruma, il mitico fondatore di questa setta.
Questo affascinante avvicinamento all’arte e alla cultura nipponica continua introducendo alla quotidianità del suo popolo: dalle attività di intrattenimento come il teatro Kabuki, dall’utilizzo del kimono alla predilezione degli artisti giapponesi per la micro-scultura. Di quest’ultima troviamo esempio nel nucleo di accessori legati al consumo del fumo di tabacco.

Beltà femminili, paravento a 6 ante dipinto a inchiostro e colori su carta, 173×372 cm, periodo Taisho (1912-1926). Particolare


Una sezione della mostra è riservata al rapporto tra i giapponesi e la natura, che nello Shintoismo, la dottrina filosofica e religiosa autoctona dell’arcipelago, è espressione della divinità. Questa relazione privilegiata con la Natura viene qui indagata attraverso una serie di dipinti su rotolo verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento, agli albori del Giappone moderno.
A metà dell’Ottocento, dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, il paese decise di aprirsi al mondo. Così, nel volgere di pochi decenni, il Giappone avanzò con convinzione verso la modernità. Intanto europei e statunitensi cominciarono ad apprezzare le arti sopraffini di quel popolo e molti giunsero a scoprire il mitico arcipelago. Il mutato scenario portò così molti artisti ad adottare tecniche e stili stranieri, e molti artigiani a produrre opere esplicitamente destinate agli acquirenti forestieri. Tra le forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi, la fotografia d’autore occupava senz’altro un posto d’elezione. Gli stranieri che visitavano l’arcipelago molto spesso acquistavano fotografie per serbare e condividere un ricordo di quel paese misterioso e bellissimo. È il caso dello sconosciuto che ha acquisito il nucleo esposto in mostra, il quale ha annotato in lingua spagnola, a margine delle fotografie, le descrizioni dei luoghi e delle attività raffigurate nei suoi scatti. L’ultima sala è riservata ad una delle forme d’arte più complesse e insieme più affascinanti del Giappone, la scrittura. Grandi paraventi ornati di potenti calligrafie concludono l’esaltante percorso espositivo.

IMMAGINE DI APERTURAUtagawa Kuniyoshi, Kumagaya, xilografia policroma in formato oban, 35,8×23,5 cm, della serie Le 69 stazioni sulla strada del Kisokaido, firmata Ichiryusai Kuniyoshi dipinse, 1852. Particolare

Brescia: Donne nell’arte. Da Tiziano a Boldini

Brescia – Palazzo Martinengo
Dal 18 gennaio al 7 giugno 2020
Donne nell’arte. Da Tiziano a Boldini
Esposizione a cura di Davide Dotti

L’esposizione presenta oltre 90 capolavori che testimoniano come la donna abbia rivestito un ruolo di primo piano, nella storia dell’arte italiana, dagli albori del Rinascimento alla Belle Époque.

Gaetano Bellei, Colpo di vento. Collezione privata

Per quattro mesi, le sale di Palazzo Martinengo a Brescia, si popolano di dame eleganti, madri affettuose, eroine mitologiche, seducenti modelle e instancabili popolane. Dal 18 gennaio al 7 giugno 2020, la storica residenza nel cuore della città, ospita la mostra DONNE NELL’ARTE. Da Tiziano a Boldini, che documenta quanto l’universo femminile abbia giocato un ruolo determinante nella storia dell’arte italiana, lungo un periodo di quattro secoli, dagli albori del Rinascimento al Barocco, fino alla Belle Époque.

L’esposizione, curata da Davide Dotti, organizzata dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, col patrocinio della Provincia di Brescia, del Comune di Brescia, Fondazione Provincia di Brescia Eventi e MOICA – Movimento Italiano Casalinghe, in partnership con Fondazione Marcegaglia onlus, presenta oltre 90 capolavori di artisti quali Tiziano, Guercino, Pitocchetto, Appiani, Hayez, Corcos, Zandomeneghi e Boldini che, con le loro opere, hanno saputo rappresentare la personalità, la raffinatezza, il carattere, la sensualità e le più sottili sfumature dell’emisfero femminile, ponendo particolare attenzione alla moda, alle acconciature e agli accessori tipici di ogni epoca e contesto geografico.

Grazie alla collaborazione con la Fondazione Marcegaglia Onlus, è possibile approfondire tramite appositi pannelli di sala alcune tematiche di grande attualità sociale e mediatica quali le disparità tra uomini e donne, il lavoro femminile, le violenze domestiche, l’emarginazione sociale e le nuove povertà. Le opere d’arte diverranno quindi formidabili veicoli per sensibilizzare il pubblico – soprattutto quello più giovane – verso argomenti di grande importanza socio-culturale.

Il percorso espositivo, suddiviso in otto sezioni tematiche – Sante ed eroine bibliche; Mitologia in rosa e storia antica; Ritratti di donne; Natura morta al femminile; Maternità; Lavoro; Vita quotidiana; Nudo e sensualità – documenta il rapporto tra l’arte e il mondo femminile per evidenziare quanto la donna sia da sempre il centro dell’universo artistico.

“Dopo il successo registrato nel 2019 con Gli animali nell’Arte – afferma il curatore Davide Dotti – ho deciso di proseguire il percorso di indagine su argomenti di grande attualità sociale e mediatica scegliendo per il 2020 il tema così affascinante e coinvolgente della donna che gli artisti, soprattutto tra XVI e XIX secolo, hanno indagato da ogni prospettiva iconografica, eternando le “divine creature” in capolavori che tutt’oggi seducono fatalmente il nostro sguardo. Per il visitatore è l’occasione di compiere un emozionante viaggio ricco di sorprese, impreziosito da dipinti inediti scoperti di recente in prestigiose collezioni private, opere mai esposte prima d’ora, e incontri ravvicinati con celebri donne del passato, tra cui la bresciana Francesca (Fanny) Lechi, ritratta nel 1803 dal grande Andrea Appiani in una straordinaria tela che dopo oltre venticinque anni dall’ultima apparizione torna visibile al pubblico”.

Tra i capolavori della mostra, si segnala la Maddalena penitente, un olio su tela di Tiziano, firmato per esteso, proveniente da una collezione privata tedesca, esposto per la prima volta in Italia. A proposito di questo dipinto, Peter Humfrey, una delle massime autorità a livello internazionale di Tiziano e autore del catalogo ragionato delle opere del maestro cadorino, ha scritto che “si tratta di una variante di alta qualità di una delle composizioni più avidamente ricercate di Tiziano. Le altre redazioni autografe sono state dipinte non solo per i suoi più importanti committenti – come il re Filippo II di Spagna – ma anche per altri illustri personaggi del suo tempo, quali Antoine Perrenot de Granvelle – consigliere dell’imperatore Carlo V d’Asburgo nonché viceré del regno di Napoli – e il potente cardinale Alessandro Farnese. Le vigorose pennellate frante e il denso impasto cromatico, suggeriscono una datazione al 1558-1563 circa, in prossimità della realizzazione della versione della Maddalena penitente dipinta per Filippo II nel 1561.

A questa, si aggiunge Coppia di amanti in piedi, un disegno di Gustav Klimt (1862-1918), principale esponente dell’avanguardia viennese, che anticipa le soluzioni stilistiche de Il bacio e de L’Abbraccio del Fregio Stoclet, due tra i capolavori più conosciuti del maestro austriaco.

“Il nuovo appuntamento espositivo, organizzato dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo – afferma il Presidente Roberta Bellino – è dedicato all’universo femminile, da sempre soggetto tra i più amati e frequentati della storia dell’arte. Un tema di grande suggestione che ha una ricaduta sulla contemporaneità. In collaborazione con la Fondazione Marcegaglia Onlus, infatti, si approfondiscono alcuni argomenti di grande attualità sociale quali la differenza di genere, le donne e il lavoro, la maternità, i femminicidi e le nuove povertà”.

Donne nell’Arte – conclude Roberta Bellino – è il sesto evento che si tiene all’interno della storica residenza bresciana che, anche grazie alle mostre proposte dagli Amici di Palazzo Martinengo e al sostegno della Provincia di Brescia, è diventata uno dei cardini della proposta culturale della città, registrando con le sue mostre oltre 250.000 visitatori”.

“La partecipazione come partner alla mostra Donne nell’Arte – dichiara Carolina Toso Marcegaglia, Presidente di Fondazione Marcegaglia Onlus – ci è sembrata da subito un’occasione speciale per sensibilizzare, attraverso lo straordinario strumento dell’arte, su alcuni temi che come Fondazione ci stanno molto a cuore: le disparità sociali, il lavoro femminile, la violenza di genere. Grazie ad alcune testimonianze di donne di varie latitudini del mondo, abbiamo scelto di far riflettere, soprattutto le nuove generazioni, sulle difficoltà che le donne incontrano quotidianamente e su quanto sia fondamentale e urgente valorizzare il loro ruolo nella società di oggi”.

Traendo ispirazione da testi sacri e libri agiografici, gli artisti hanno licenziato tele oggetto di secolare devozione che raffigurano le più famose sante della cristianità insieme al proprio attributo iconografico: Maddalena col vasetto di unguenti; Caterina con la ruota dentata; Barbara con la torre; Margherita con il drago; Cecilia con gli strumenti musicali. Senza dimenticare le eroine bibliche quali Giuditta, Salomè, Dalila, Susanna e Betsabea, le cui tormentate vicende personali sono narrate nell’Antico Testamento.

Anche la letteratura classica e la mitologia hanno fornito agli artisti infiniti spunti di riflessione, come nel caso delle storie che riguardano divinità (Diana, Venere, Minerva, Giunone), celebri figure mitologiche (Leda, Europa, Onfale, Circe, Dafne) e illustri donne del mondo antico che, con coraggio e drammatica determinazione, hanno preferito la morte al disonore. Si pensi, a tal proposito, alla regina d’Egitto Cleopatra, che decise di togliersi la vita, dopo il suicidio dell’amato Antonio, per non consegnarsi viva nelle mani dell’acerrimo nemico Ottaviano e subire la pubblica umiliazione; a Lucrezia, che si trafisse il petto con il pugnale dopo essere stata avvilita e violentata da Sesto Tarquino; e a Sofonisba, che bevve il veleno inviatogli dal marito Messinissa per non vivere un’esistenza mortificata come schiava dei romani.

Soprattutto nell’ambito della pittura dell’Ottocento, vera protagonista della rassegna, la donna è stata colta nella sua dimensione quotidiana, alle prese con le faccende della vita domestica e del lavoro; nei panni di madre affettuosa che accudisce con amore i propri figli; ma anche in atteggiamenti maliziosi e in situazioni intime per esaltarne la carica sensuale, come testimoniano gli straordinari capolavori di Giovanni Boldini, il più grande artista italiano della Belle Époque.

Giovanni Boldini, Calze nere. Collezione privata

La Fondazione Marcegaglia Onlus, la cui missione è sostenere le donne, motore della crescita e dello sviluppo dell’intera comunità, attraverso progetti di solidarietà e cooperazione, offre alle scuole, 350 percorsi tematici di visita alla mostra, con l’obiettivo di avvicinare sempre più i giovani al fantastico mondo dell’arte e, al contempo, sensibilizzarli rispetto a tematiche di grandissima importanza sociale legate all’emisfero femminile.

L’Associazione Amici di Palazzo Martinengo devolverà l’1% del ricavato da biglietteria a Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro con l’obiettivo di sostenere la migliore ricerca per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori femminili.

L’esposizione è il sesto appuntamento espositivo dell’Associazione Amici di Palazzo Martinengo che fa seguito ai successi di pubblico e di critica ottenuti con le rassegne Il Cibo nell’Arte dal Seicento a Warhol (2015), Lo Splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento (2016), Da Hayez a Boldini. Anime e volti della pittura italiana dell’Ottocento (2017) e Picasso, De Chirico, Morandi. Cento capolavori dalle collezioni private bresciane (2018), Gli animali nell’arte dal Rinascimento a Ceruti (2019), visitate da oltre 250.000 persone.

Catalogo Silvana Editoriale.

IMMAGINE DI APERTURAGino Piccioni, Nudo sulla spiaggia. Firenze, collezione Frascione