Modena – La mostra dei vincitori del Premio Davide Vignali 2018/2019

MODENA – FMAV – FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE
MATA – EX MANIFATTURA TABACCHI
DAL 12 OTTOBRE AL 17 NOVEMBRE 2019
LA MOSTRA DEI VINCITORI DEL PREMIO DAVIDE VIGNALI 2018/2019
VIII EDIZIONE

Gianmarco Onofri e Clara Grilanda, Essere Maschi, 2019, still da video

Il concorso seleziona ogni anno le più significative opere fotografiche e video realizzate dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna. La cerimonia di premiazione dei giovani artisti e l’inaugurazione della mostra si terranno, alla presenza del noto fotografo Olivo Barbieri, sabato 12 ottobre 2019, alle ore 11 al MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena.

Dal 12 ottobre al 17 novembre 2019, il MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena ospita la mostra dei vincitori dell’ottava edizione del Premio Davide Vignali 2018/2019, dedicato al ricordo del giovane ex-alunno dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, prematuramente scomparso. Promosso da Fondazione Modena Arti Visive, dalla Famiglia Vignali e dall’Istituto d’Arte Venturi di Modena, il concorso seleziona ogni anno le più significative opere fotografiche e video realizzate dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna.

La cerimonia di premiazione e l’inaugurazione della mostra, che vedranno la partecipazione straordinaria del noto fotografo Olivo Barbieri,sono in programma sabato 12 ottobre 2019 alle ore 11, al MATA – Ex Manifattura Tabacchi a Modena. La giuria – composta dal fotografo Olivo Barbieri, dalla Famiglia Vignali, da Paola Micich, da Antonella Battilani e Maria Menziani dell’Istituto d’Arte Venturi e da Daniele Pittèri, Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi di Fondazione Modena Arti Visive – ha attribuito il primo premio a Clara Grilanda e Gianmarco Onofri, studenti del Liceo Artistico e Musicale Statale di Forlì e autori del video Essere Maschi. Il secondo riconoscimento è andato a Luz Angelica Moccia, una studentessa del Liceo Chierici di Reggio Emilia, per la serie Incontri onirici, mentre il terzo classificato è risultato Mamoudou Cisse dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, per la serie Viaggi. I vincitori riceveranno un premio di € 1.000; il secondo classificato parteciperà a un workshop di Fondazione Modena Arti Visive; al terzo, verrà donata una selezione di libri editi dalla Fondazione. Il Premio Venturi, riservato a uno studente dell’omonimo istituto modenese, è stato assegnato a Sara Perfetto, autrice della serie fotografica Marionetta, a cui andranno € 500.

“Anche quest’anno le immagini presentate al concorso ci hanno messo in contatto con mondi giovanili diversi, introspettivi, di grande intensità emotiva – affermanoMarisa Spallanzani e Doriano Vignali, genitori di Davide e co-promotori del Premio. Ci hanno mostrato diversi stili espressivi e comunicativi, invitato a scoprire percorsi culturali molto diversi tra loro, e fatto nascere ricordi intimi, personali, profondi. È un riaffiorare di visioni, che emergendo dal mondo giovanile di oggi, ci ricordano Davide, la sua giovinezza, la sua energia scalciante e ribelle, la sua fantasia, la sua creatività”.

Il Premio Davide Vignali costituisce per Fondazione Modena Arti Visive un’importante occasione di collaborazione e scambio con le realtà più vicine alle nuove generazioni, riflettendo l’attenzione da sempre rivolta verso la formazione di giovani artisti.

Oltre alle opere dei vincitori, la mostra raccoglie i progetti di Zita Alberti (Liceo Artistico Toschi, Parma), Carlotta Borghi (Istituto d’Arte Venturi di Modena), Rares Stefan Burnea (Liceo Ulivi, Parma), Tommaso Cardia (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Alberto Ferrari (Liceo Artistico Chierici, Reggio Emilia), Elena Guizzardi (Istituto d’Arte Venturi, Modena), Andrea Landi (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Viola Manfrini (Liceo Artistico Arcangeli, Bologna), Nicole Marchetti (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Niccolò Milanesi (Istituto d’Arte Venturi, Modena), Filippo Poppi (Liceo Corni, Modena), Chiara Rossi (Liceo Artistico Cassinari, Piacenza), Serena Zanasi (Istituto d’Arte Venturi, Modena).

Parallelamente alla mostra, prende avvio la nuova edizione 2019/2020 del Premio: il bando, riservato a tutti gli studenti di quinta delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna, rimarrà aperto fino al 10 aprile 2020. Maggiori informazioni sul sito di Fondazione Modena Arti Visive www.fmav.org

IL PREMIO DAVIDE VIGNALI

Il Premio Davide Vignali nasce nel 2011 dall’urgenza di reagire alla tragica e prematura scomparsa di Davide Vignali. Accogliendo un desiderio espresso dalle sue ex insegnanti (le professoresse Antonella Battilani e Maria Menziani dell’Istituto Venturi di Modena), la famiglia Vignali ha ideato il concorso con l’intento di dare vita all’energia di Davide ed evocare la sua umanità, la sua vivacità, il suo desiderio di realizzare qualcosa di importante. Fin da subito si è aggiunta la collaborazione di Fondazione Fotografia Modena, da anni impegnata nel sostegno dei giovani artisti e della loro formazione e oggi parte di Fondazione Modena Arti Visive.

IMMAGINE DI APERTURAElena Guizzardi, Estraniarsi, 2019 (Particolare)

Pavia: Hokusai, Hiroshige, Utamaro – Capolavori dell’arte giapponese

PAVIA
SCUDERIE DEL CASTELLO VISCONTEO
12 OTTOBRE 2019 – 9 FEBBRAIO 2020
HOKUSAI, HIROSHIGE, UTAMARO
Capolavori dell’arte giapponese
WEBSITE: http://www.scuderiepavia.com

La rassegna presenta oltre 150 opere che testimoniano la grande produzione di stampe policrome giapponesi ukiyo-e, e la loro influenza sull’arte europea, soprattutto francese di fine Ottocento. I lavori dei grandi maestri nipponici saranno infatti messi a confronto con quelli di autori quali Edouard Manet, Henri Toulouse Lautrec, Pierre Bonnard, Paul Gauguin, Camille Pissarro e altri, provenienti per la maggior parte dalla Johannesburg Art Gallery.

Dal 12 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020, alle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia, una mostra pone a confronto il fascino delle stampe giapponesi di autori quali Katsushika Hokusai (1760‐1849), Utagawa Hiroshige (1797‐1858) e Kitagawa Utamaro (1753‐1806) con quelle di artisti quali Edouard Manet, Henri Toulouse Lautrec, Pierre Bonnard, Paul Gauguin, Camille Pissarro e altri. La rassegna, Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Capolavori dell’arte giapponese, promossa dal Comune di Pavia – Settore Cultura, Turismo, Istruzione, Politiche giovanili, prodotta e organizzata da ViDi, in collaborazione con Musei Civici di Pavia, curata da Tara Weber, registrar della Johannesburg Art Gallery, Laura Aldovini, conservatore dei Musei Civici di Pavia, e Paolo Linetti, direttore del Museo d’Arte Orientale Collezione Mazzocchi di Coccaglio, vuole infatti mostrare le meraviglie delle ukiyo-e, ovvero le raffinate incisioni a colori su legno sviluppatesi nel Paese del Sol Levante a partire dal XVII secolo, e la profonda influenza che ebbero sulla storia dell’arte europea, soprattutto francese, del XIX secolo.

L’esposizione presenta oltre 150 opere, provenienti dalla collezione d’arte asiatica della Johannesburg Art Gallery, formatasi a partire dal 1938, a cui si aggiungono 30 stampe di proprietà dei Musei Civici di Pavia, databili al 1856-1857, eseguite da Kunisada Utagawa allievo di Toyokuni, grande maestro della tecnica ukiyo-e nell’Epoca di Edo. È inoltre possibile ammirare la celeberrima Grande Onda di Hokusai. Le ukiyo-e, letteralmente “immagini del mondo fluttuante”, sono il prodotto della giovane e impetuosa temperie culturale fiorita nelle città di Edo, l’attuale Tokyo, Osaka e Kyoto, contraddistinte da una tecnica artistica utilizzata durante la seconda metà del Seicento, a partire dalle opere monocromatiche di Hishikawa Moronobu, realizzate con inchiostro cinese, quindi colorate a mano con dei pennelli. Fu solo nel Settecento che si sviluppò la tecnica della stampa policromatica che decretò il successo di queste stampe in patria e nell’Occidente.

Il percorso esplora le tematiche più riconoscibili delle ukiyo-e: si parte con l’analisi della storia della stampa giapponese, approfondendo in particolare come l’inserimento di un elemento di stile come il colore si sia poi evoluto nel corso degli anni per diventare un’imprescindibile caratteristica delle incisioni. Maestri del paesaggio è il titolo della sezione che raccoglie alcune opere a soggetto naturalistico di Hokusai e Hiroshige, cui molti artisti occidentali si rifecero per proporre l’immagine del Giappone, nella seconda metà dell’Ottocento, e che precede quella dedicata alla natura, ovvero agli animali che la popolano, dagli uccelli ai pesci. Particolarmente suggestiva è la parte dedicata alla bellezza femminile, all’eleganza delle forme del corpo e dei ricchi costumi delle donne della società nipponica, che si contrappone a quella delle cortigiane e alla vita nel quartiere del piacere. Tra i vari aspetti della società giapponese dell’epoca, si segnala un ricco nucleo di stampe dedicate al tradizionale teatro Kabuki, una forma di drammaturgia che portava sulla scena temi che spaziavano dal leggendario al soprannaturale, da avvenimenti storico-militari a episodi di vita contemporanea. In questa sezione si colloca il nucleo dei Musei Civici di Pavia: la mostra è infatti anche occasione per valorizzare i fogli provenienti dal lascito di Renato Sòriga, già direttore del museo pavese fino al 1939, che andò così ad arricchire la già ricca collezione di stampe del museo, originatasi da quella celebre del marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1835).

Gli artisti europei, in special modo quelli francesi, rimasero particolarmente colpiti dalle stampe ukiyo-e. Autori come Manet, Toulouse-Lautrec, Gauguin scoprirono nelle xilografie giapponesi una freschezza e una semplicità di forme e colori che ricercavano da tempo per trasformare e rivoluzionare la loro modalità pittorica. La collezione della Johannesburg Art Gallery, che già nel 1938 stava prendendo in considerazione lo sviluppo di una raccolta d’arte proveniente da Paesi asiatici, è cresciuta attraverso sia la donazione che l’acquisizione di circa 200 stampe giapponesi. Dal 1991 queste stampe non sono mai state mostrate al pubblico in un’esposizione di tale portata.

Catalogo Skira.

IMMAGINE DI APERTURA – Hokusai Katsushika (1760-1849) Il villaggio di Sekiya sul fiume Sumida – numero 32 dalla Serie Le 36 vedute del Monte Fuji, Xilografia policroma su carta da gelso – nishiki-e 1831-1832, 284 x 263. (Particolare).

Parma – Ond’evitar tegole in testa! Sette secoli di assicurazione

Parma, APE PARMA MUSEO
DALL’11 OTTOBRE 2019 AL 15 GENNAIO 2020
LA MOSTRA
OND’EVITAR TEGOLE IN TESTA!
Sette secoli di assicurazione
Siti internet: www.apeparmamuseo.it; www.storiadelleassicurazioni.com

Manifesto della compagnia svizzera Zürich, Parigi, 1892

L’esposizione ripercorre la storia del fenomeno assicurativo, dal Medioevo a oggi, attraverso 280 pezzi tra manifesti pubblicitari (di autori quali Boccioni, Carboni, Dudovich, Metlicovitz), targhe incendio, preziosi testi antichi, polizze dalla metà del Trecento al Novecento. Tra le curiosità, le polizze per la casa all’Havana di Hemingway, quella di Marilyn Monroe sul rischio d’incidenti automobilistici, stipulata pochi mesi prima della sua morte, o quella sulla vita del cardinal Montini, futuro papa Paolo VI. Tutto il materiale proviene dalla Fondazione Mansutti di Milano, che conserva una collezione, unica al mondo, sulla storia dell’assicurazione.

Dall’11 ottobre 2019 al 15 gennaio 2020, APE Parma Museo, l’innovativo centro culturale e museale ideato e realizzato da Fondazione Monteparma nel cuore della città ducale, ospita la mostra Ond’evitar tegole in testa! Sette secoli di assicurazione che ripercorre le tappe fondamentali del fenomeno assicurativo, dal Medioevo a oggi. L’esposizione, inserita tra le iniziative di Parma 2020 – Capitale Italiana della Cultura, curata da Marina Bonomelli e Claudia Di Battista, organizzata da Fondazione Mansutti in collaborazione con Fondazione Monteparma e Università di Parma (DSEA – Dipartimento Scienze Economiche e Aziendali), col patrocinio del Comune di Parma e della Regione Emilia Romagna e con il sostegno di primari operatori e intermediari assicurativi, presenta 280 pezzi, tra cui 94 manifesti di compagnie italiane e straniere dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni ’70 del Novecento, 120 targhe incendio prodotte tra Ottocento e Novecento. E ancora 40 preziosi testi antichi, tra cui il manoscritto quattrocentesco di San Bernardino, e 26 polizze assicurative dalla metà del Trecento al Novecento. Il materiale proviene interamente dalla Fondazione Mansutti di Milano, che conserva una collezione specialistica, unica al mondo, sulla storia dell’assicurazione.

Fondazione Monteparma ha accolto con entusiasmo l’invito del locale Ateneo ad aprire le porte di APE Parma Museo al mondo delle assicurazioni, realizzando un’esposizione di grande interesse, tanto sul versante storico e dell’attualità, quanto su quello artistico e della comunicazione pubblicitaria. Presentando diverse chiavi di lettura, la mostra si rivolge sia a chi segue i temi della storia e dell’economia – per studio, lavoro o interesse personale – sia al grande pubblico che potrà addentrarsi, in modo piacevole e divertente, in un mondo spesso poco conosciuto, ma affascinante come quello dell’assicurazione, partendo dalle sue origini per arrivare ai giorni nostri, fino a prefigurarne gli sviluppi futuri. Fondazione Mansutti si prefigge di diffondere la conoscenza del fenomeno assicurativo illustrando la storia delle sue nobili radici e mettendo a disposizione del pubblico raccolte archivistiche e museali che ne documentano l’evoluzione. Ora, ha vivo il convincimento che questa nuova esposizione – nelle magnifiche sale di APE Parma Museo – potrà superare il successo ottenuto nel 2016 con la mostra “Scacco al rischio” presentata nel Palazzo Sormani a Milano.

Il percorso espositivo si snoda seguendo due temi ben definiti. Nel primo, si analizza lo sviluppo dell’assicurazione, fenomeno socio-economico nato in Italia a metà del Trecento, grazie all’intuizione di mercanti fiorentini e genovesi che portò alla creazione del “contratto assicurativo”. La mostra si apre proprio con la polizza di assicurazione più antica a noi pervenuta, stilata da un notaio genovese il 18 febbraio 1343, proveniente dall’Archivio di Stato di Genova. Nel XIV secolo, il ceto mercantile aveva raggiunto una notevole potenza economica e politica, fino ad allora sconosciuta. Gli scambi commerciali marittimi con l’Estremo Oriente si erano sviluppati a tal punto da ritenere indispensabile trovare il modo di contenere i rischi per non annullare il guadagno ottenuto con viaggi tanto avventurosi. Con il “contratto assicurativo” si trasferiva il rischio della perdita di un carico o della stessa nave ad altri che fossero disposti a prenderlo su di sé al fine di ottenere, a loro volta, un’analoga copertura per le loro spedizioni. Questa pratica si diffuse per tutto il Quattrocento, tanto da diventare vitale per il commercio.

La seconda parte della mostra segue l’evoluzione stilistica della grafica pubblicitaria assicurativa, attraverso manifesti, stampati nell’arco di oltre un secolo, dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del secolo scorso. Le compagnie assicurative non rimasero indifferenti a questa nuova forma di comunicazione pubblicitaria al punto che incaricarono alcuni dei più famosi artisti dell’epoca di reclamizzare i loro prodotti. La rassegna propone una ricca e inedita selezione di manifesti, creati da cartellonisti e artisti di talento e fama, quali Umberto Boccioni, Adolf Hohenstein, Marcello Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, Federico Seneca, Erberto Carboni e molti altri.

Tra le rarità, si segnala il manoscritto in pergamena originale di San Bernardino da Siena del 1470, De contractibus et usuris, nel quale, pur riconoscendo l’importanza dei commerci e la legittimità del guadagno, si cercava di definire i confini tra la liceità dell’assicurazione e i pericoli dell’usura a essa connessi. Molte sono le curiosità disseminate lungo il percorso espositivo. Tra queste, la polizza che Ernest Hemingway stipulò contro l’incendio e i cicloni, per la sua casa cubana all’Havana, denominata Finca La Vigìa, acquistata nel 1939 per 12.500 dollari, dove scrisse due capolavori della letteratura del Novecento come Per chi suona la campana e Il vecchio e il mare. O ancora quella che Marilyn Monroe stipulò contro il rischio d’incidenti automobilistici pochi mesi prima della sua morte.

Molto singolare è anche la polizza sulla vita sottoscritta nel 1959 da Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, proclamato Santo l’anno scorso, con cui la compagnia, in caso di morte del Cardinale in qualsiasi epoca dovesse avvenire, si impegnava a pagare agli eredi il capitale di un milione di Lire.La rassegna si chiude con uno spazio dedicato al futuro dell’assicurazione, così come lo immagina la Fondazione Mansutti e con un omaggio dell’artista Ugo Nespolo al matematicoJakob Bernoulli e alla legge dei grandi numeri. Accompagna la mostra il volume “I manifesti e l’assicurazione. Cento anni di pubblicità” (Silvana editoriale) illustrato da 130 manifesti della Fondazione Mansutti con in copertina la fantastica immagine del 1924 realizzata dal parmigiano Erberto Carboni per la Compagnia Cremonese.

IMMAGINE DI APERTURAManifesto di Briot per la Amicale des Mobilisés de l’Assurance, Parigi, 1933 (Particolare)

Con nuova e stravagante maniera – Giulio Romano a Mantova

DAL 6 OTTOBRE 2019 AL 6 GENNAIO 2020
AL COMPLESSO MUSEALE PALAZZO DUCALE DI MANTOVA
LA MOSTRA
“CON NUOVA E STRAVAGANTE MANIERA”. GIULIO ROMANO A MANTOVA
Con il sostegno eccezionale del Musée du Louvre di Parigi

Giulio Romano e bottega, Diomede combatte contro i fratelli Ideo e Fegeo, Mantova, Complesso Museale Palazzo Ducale, Sala di Troia

Mantova 2019: anno di Giulio Romano.

La figura di Giulio Romano, pseudonimo di Giulio Pippi de’ Jannuzzi (Roma, 1492 o 1499 – Mantova, 1546), il più talentuoso tra gli allievi di Raffaello, sarà celebrata da un importante evento in programma a Palazzo Ducale di Mantova.

Dal 6 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020, si terrà “Con nuova e stravagante maniera”. Giulio Romano a Mantova, una mostra nata dalla collaborazione tra il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova e il Musée du Louvre di Parigi, curata da Peter Assmann, Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Roberta Serra, con la collaborazione di Michela Zurla, che intende illustrare la figura di Giulio Romano e la sua “nuova maniera” di fare arte, in particolare nella città gonzaghesca, mettendone in luce le peculiarità e l’aspetto fortemente innovativo.

Intesa Sanpaolo, nell’ambito di Progetto Cultura, è partner della mostra.

Il progetto elaborato dal comitato scientifico – composto da Peter Assmann, Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato Berzaghi, Paolo Carpeggiani, Sylvia Ferino-Pagden, Augusto Morari, Roberta Serra e Luisa Onesta Tamassia – vede il coinvolgimento del Département des Arts Graphiques del Musée du Louvre che, per la prima volta, concederà in prestito un nucleo di settantadue disegni, che ripercorreranno, in maniera organica e completa, la carriera professionale di Giulio Romano, dagli esordi a Roma, alla lunga e intensa attività a Mantova, evidenziando la molteplicità dei suoi interessi.

Il suo genio poliedrico, infatti, si espresse in forme artistiche e discipline estremamente varie, dall’architettura alla pittura, dagli arazzi all’oreficeria, trovando un comune denominatore nella pratica del disegno, nella quale Giulio eccelse fin dagli anni di formazione nella bottega di Raffaello.

Accanto alle opere del Louvre la mostra proporrà un’ulteriore e ricca selezione di disegni, provenienti dalle più importanti collezioni museali italiane e straniere (tra cui l’Albertina di Vienna, il Victoria & Albert Museum di Londra, la Royal Collection a Windsor Castle), oltre a dipinti, arazzi e stampe.

Saranno inoltre utilizzate le più recenti tecnologie digitali al fine di ricreare, attraverso ricostruzioni 3D, oggetti e ambienti giulieschi. “L’iniziativa di Palazzo Ducale su Giulio Romano – afferma Peter Assmann, direttore del Complesso Museale Palazzo Ducale – vuole essere un grande evento culturale che mostri al mondo l’eccezionalità della figura storica del più celebre allievo ed erede di Raffaello. Maestro del Manierismo, Giulio Romano ha lasciato a Mantova testimonianze straordinarie del suo talento di pittore, architetto e uomo di cultura. “Con nuova e stravagante maniera”, con la prestigiosa collaborazione di una rinomata istituzione europea come il Louvre, rappresenta un’importante chance per la città: andare oltre la tradizionale concezione di mostra temporanea per riunire tutte le forze produttive locali intorno a Palazzo Ducale e rafforzare l’immagine di Mantova come città d’arte in Europa e nel mondo. Al di là della sua importanza culturale specifica si tratta di un’occasione per fare rete tutti insieme verso un unico grande obiettivo di crescita collettiva”.

“La mostra Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova – sottolinea Jean-Luc Martinez, presidente e direttore del Musée du Louvre di Parigi -, che si svolgerà a Palazzo Ducale di Mantova nell’autunno 2019, è il frutto di un partenariato eccezionale tra il Musée du Louvre e il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova. L’evento espositivo permetterà di presentare negli ambienti di Palazzo Ducale una scelta di settantadue fogli di Giulio Romano (1492 o 1499 – 1546) scelti all’interno del ricco fondo di disegni di mano dell’artista conservato al Louvre, il più importante oggi noto”.

“La presentazione dei disegni del Louvre – prosegue Jean-Luc Martinez -, completata dalla scelta di un’ulteriore quarantina di opere provenienti da altre istituzioni, offrirà al pubblico la possibilità di percorrere tutta la carriera di Giulio Romano, l’allievo di Raffaello che fu maggiormente influenzato dal suo stile e dal suo modo di lavorare. Questi fogli saranno eccezionalmente messi a confronto con le opere finite allo scopo di illustrare la relazione che, all’epoca, legava il maestro, i collaboratori e gli allievi: tra questi ultimi possiamo citare Fermo Ghisoni, Rinaldo Mantovano e, soprattutto, Giovan Battista Bertani, colui che gli succederà nella direzione dei lavori in Palazzo alla sua scomparsa nel 1546”.

La mostra si articolerà in tre sezioni che approfondiranno aspetti diversi dell’attività di Giulio Romano mettendo in luce la “nuova e stravagante maniera” della sua arte, secondo la definizione coniata da Giorgio Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti.

La prima, Il segno di Giulio, allestita al piano terreno del Castello di San Giorgio, analizzerà la produzione grafica di Giulio come progettista, designer epittore presentando il suo fondamentale apporto all’elaborazione del linguaggio manierista. Dagli interventi architettonici agli schizzi per dipinti e oggetti, ogni singolo segno è una novità assoluta da tradurre, copiare e imitare. La forza creatrice di Giulio sarà esaminata attraverso una selezione del corpus dei disegni conservati al Musée du Louvre di Parigi.

Attraverso questi disegni si illustreranno i momenti immediatamente precedenti l’arrivo nella città gonzaghesca di Giulio Romano per poi presentare la sua lunga attività mantovana, in particolare il suo lavoro come disegnatore e progettista. I suoi fogli raccontano l’evoluzione del suo operare e illustrano le esperienze relative ai diversi cantieri mantovani, del territorio e fuori lo Stato dei Gonzaga, come testimoniato dai disegni per Palazzo Te.

La prima sezione si chiuderà indagando il suo rapporto con le arti e il passaggio tra la fase di progetto e la sua realizzazione. I disegni qui esposti trattano dell’attività del Pippi come designer, inventore di argenterie e arazzi, avendo cura di affrontare la produzione di Giulio ad ampio spettro. In mostra si troverà una decina di fogli in relazione con dipinti e oggetti come vasellame o trionfi da tavola. Sarà inoltre presentato un arazzo della serie dei Giochi di putti (Modena, Raffaele Verolino), che sarà esposto accanto al disegno preparatorio (Chatsworth, The Devonshire Collections) e a un frammento del cartone preparatorio oggi al Louvre.

La sezione dal titolo Al modo di Giulio, occuperà la Corte Nuova e l’Appartamento di Troia, suggerendo un dialogo diretto tra i disegni dell’artista e la decorazione della residenza dei Gonzaga. Il Palazzo Ducale fu il cantiere nel quale Giulio Romano riversa la sua genialità e la sua capacità d’innovare. Sala per sala, laddove è ancora possibile, s’instaurerà una relazione tra i suoi disegni e gli ambienti reali. È il caso, ad esempio, della Sala dei cavalli dove sarà esposto il disegno preparatorio per la decorazione del soffitto con la Caduta di Icaro, confronto che sarà apprezzabile tramite uno specchio.

In mostra si potranno inoltre ammirare i rilievi eseguiti da Ippolito Andreasi detto l’Andreasino che hanno tramandato l’aspetto originario delle stanze progettate da Giulio, particolarmente importanti per approfondire la comprensione delle parti non sopravvissute ai secoli. Così avviene per il Camerino dei Cesari e per la Loggia dei marmi detta poi dei Mesi, ambienti per i quali i disegni dell’Andreasi permettono un confronto diretto tra l’idea di Giulio Romano e quanto sopravvive negli ambienti stessi.

La rassegna si chiuderà nell’appartamento della Rustica con Alla maniera di Giulio, nella quale verrà approfondito, da un lato, il tema di Giulio Romano architetto, analizzato grazie a numerosi disegni provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche europee, tra cui spicca la Copia da Giulio Romano di Andrea Palladio (Londra, Royal Institute of British Achitects), e, dall’altro, quello della sua eredità, con le opere di allievi e discepoli, come Fermo Ghisoni, Giovanni Battista Bertani, Lorenzo Costa e altri.

In questa sezione sarà creato un approfondimento sulle case del Pippi, in particolare su quella di Mantova e sulla produzione di opere religiose. Si potranno qui osservare alcune pale d’altare eseguite da artisti della cerchia di Giulio Romano a confronto con i disegni originali del maestro.

La mostra, con il patrocinio di Mantova Città d’Arte e Cultura, in partnership con Intesa Sanpaolo, Air Dolomiti, con il supporto di Finservice, con gli sponsor Fondazione Comunità Mantovana Onlus, Fondazione Banca Agricola Mantovana, Mantova Outlet Village, Ghirardi, Lubiam, e con gli sponsor tecnici Skira e Gruppo Mauro Saviola, ha ottenuto il sostegno di diversi partner, enti e forze produttive del territorio mantovano: l’operazione culturale si è posta sin da subito l’obiettivo di coinvolgere le principali energie del contesto locale strutturando un ricco calendario di eventi a partire dai mesi primaverili del 2019 per tutto il proseguo dell’anno.

Catalogo Skira.

“Giulio Romano Mantova. Il 2019 è l’anno in cui celebriamo l’artista e il suo genio – sottolinea Mattia Palazzi, sindaco di Mantova -, del quale troviamo traccia e splendida testimonianza ovunque nella nostra città. Dalle grandi mostre del Ducale e di Palazzo Te a numerosi e significativi altri eventi, Giulio Romano sarà protagonista di un anno ricco di proposte culturali uniche e irripetibili, realizzate in stretta collaborazione con tutte le principali realtà culturali del territorio. Un anno speciale dunque per visitare la nostra città che dal 2016, anno in cui stata Capitale italiana della cultura, non ha mai smesso di puntare sull’originalità. Per questo oggi Mantova può definirsi a pieno titolo una città che produce cultura e lo fa con un respiro internazionale”.

“Il Polo di Mantova del Politecnico di Milano – ricorda Federico Bucci, prorettore del Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano -, consolida ulteriormente la collaborazione con il Palazzo Ducale rendendo disponibili le proprie competenze sia nell’elaborazione del progetto scientifico della mostra, grazie al fondamentale contributo del Professore emerito Paolo Carpeggiani, sia attraverso un allestimento espositivo degli esiti delle attività di didattica e ricerca, svolte dal Polo di Mantova, sugli interventi di Giulio Romano nella Reggia dei Gonzaga”.

“Fin dalla prima presentazione – afferma Franco Amadei, segretario generale della Fondazione Comunità Mantovana – è apparsa chiara l’importanza di una mostra dedicata al grande artista Giulio Romano: vuoi per la partnership del museo del Louvre (condivisione assai inusuale e perciò esaltante) vuoi per il concetto del progetto, volto a far dialogare mirabilmente architetture e immagini e disegni. La Fondazione della Comunità Mantovana non poteva quindi restarne indifferente e il sostegno si è fatto ancor più convinto allorché si è compresa la volontà di creare un evento non solo di richiamo internazionale ma di coinvolgimento delle potenzialità del territorio mantovano. Siamo perciò lieti di far parte di quella numerosa schiera di attori impegnati a contribuire al successo della originale esposizione mantovana, unica perché ricca di testimonianze e di realizzazioni”.

“Abbiamo deciso di supportare la mostra di Giulio Romano – afferma l’amministratore delegato di Gruppo Finservice, Guido Rovesta – per accrescere ancora di più il richiamo culturale e l’inestimabile bellezza della città di Mantova. Desideriamo contribuire allo sviluppo del territorio, apprezzando le importanti risorse culturali che lo stesso offre. Sosteniamo l’iniziativa con l’intento preciso di ampliare l’affluenza e le possibilità di partecipazione del pubblico, attraverso le straordinarie aperture serali. Desideriamo dare sviluppo al territorio e all’occupazione. Un impegno che sentiamo profondamente nostro e che siamo orgogliosi di accogliere attraverso questa prestigiosa iniziativa di richiamo internazionale”.

“La Fondazione Banca Agricola Mantovana – sottolinea il direttore Fiorenza Bacciocchini – ha sempre considerato Palazzo Ducale uno dei monumenti mantovani sul quale orientare i propri interventi, consapevole della sua centralità nella storia della nostra città e dell’attrattiva turistica che esercita a livello internazionale. Dopo l’intervento finanziario del 2019, finalizzato al restauro della Galleria della Mostra, che ospiterà parte del percorso espositivo dedicato a Giulio Romano, non poteva dunque mancare il sostegno delle Fondazione Bam anche a questo straordinario evento. Una mostra inedita, che celebra il grande genio del Maestro cinquecentesco attraverso un percorso espositivo che raccoglie opere provenienti dal Louvre e anche da altre prestigiose istituzioni museali. Un evento sul quale, certamente, si concentrerà l’attenzione di studiosi, intellettuali e del grande pubblico, e che farà risplendere nuovamente nel mondo Mantova e il suo territorio”.

Tra le iniziative legate alla mostra di Giulio Romano, si distingue, per l’alto tasso di esclusività ed innovazione, la caspule collection a cura di Lubiam, azienda mantovana leader nel menswear d’alta gamma.

Ispirata dallo stretto intreccio tra arte e moda, la capsule sarà disegnata da Giovanni e Giulia Bianchi, appartenenti alla quarta generazione della famiglia e alla guida del team creativo dell’azienda. I capi dedicati alla mostra saranno firmati Luigi Bianchi Mantova Sartoria, marchio storico, oggi sinonimo di stile ed esclusività. Una collezione rigorosamente Made In Italy, che si contraddistingue per le lavorazioni preziose e per l’utilizzo di materiali di qualità eccellente. In questa speciale occasione, la collezione vedrà nascere al suo interno una selezione di capi dedicati all’opera di Giulio Romano, che non subisce l’effetto del tempo ma rimane integra e attuale ancora oggi. Racconta Giulia Bianchi: “L’aspetto che rende questo progetto così stimolante non deriva solamente dall’indiscusso prestigio della Mostra e dei partner coinvolti, ma dalla richiesta che ci viene fatta di mettere a disposizione la nostra creatività ed il know-how dell’azienda per realizzare dei capi assolutamente inediti. Una sfida che ci lusinga e ci vedrà impegnati a fondo per rispettare il tema proposto. A differenza di altri tipi di partnership che abbiamo già sperimentato nel campo dell’arte, questa collaborazione si traduce in un vero e proprio lavoro a quattro mani con il Museo”.

Dario Pistone, AD di Multi Outlet Management Italy, società che gestisce l’Outlet di Mantova e il network Land Of Fashion, afferma “il nostro Village di Mantova ha aderito subito al sostegno di una Mostra così importante e di caratura internazionale, vista la partecipazione del Louvre, certi che sarà per tutto il territorio una grande occasione di affluenza turistica e di valorizzazione delle risorse. Ci aspettiamo che il 2019 porti alla città di Mantova grande visibilità e che al nostro Village possano giungere rilevanti numeri di turisti e visitatori, oltre a quelli davvero considerevoli che possiamo già vantare”.

Mantova Outlet Village si trova a pochi chilometri dalla storica città di Mantova e dalle bellezze del Lago di Garda. Inaugurato nel 2003, conta più di 110 negozi e si configura come una delle realtà economiche di maggiore interesse della sua area. I visitatori del Village sono amanti della città, molti dei quali turisti provenienti da Verona e dal Lago di Garda e grazie al posizionamento strategico sull’A22.

IMMAGINE DI APERTURA – Giulio Romano e bottega, Orfeo ucciso dalle baccanti, Collezione privata

Chiasso – Marcello Dudovich. Fotografia fra arte e passione

m.a.x. museo, CHIASSO (Svizzera)
DAL 29 SETTEMBRE 2019 AL 16 FEBBRAIO 2020
MARCELLO DUDOVICH (1878-1962) Fotografia fra arte e passione

Nell’ambito della Biennale dell’immagine di Chiasso Bi11, l’esposizione indaga il particolare rapporto tra fotografia e cartellonistica, nell’opera di uno dei punti di riferimento della grafica pubblicitaria del Novecento. La rassegna presenta oltre 300 opere, tra cui 200 fotografie vintage inedite, 32 manifesti originali, 25 schizzi e bozzetti, oltre a riviste dell’epoca, lettere, cartoline e documenti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private.

Marcello Dudovich, Donna vestita di bianco c. 1920-1930 Stampa a bromuro d’argento seppiato 11,4 x 8,1 cm Collezione privata, Trieste

Dal 29 settembre 2019 al 16 febbraio 2020, il m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) ospita la mostra MARCELLO DUDOVICH (1878-1962). fotografia fra arte e passione, che analizza il particolare rapporto tra fotografia e cartellonistica, nell’opera di uno dei punti di riferimento della grafica pubblicitaria del Novecento. L’esposizione, curata da Roberto Curci e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo, presenta oltre 300 opere, tra cui 200 fotografie inedite vintage, 32 manifesti originali, 25 schizzi e bozzetti, oltre a riviste dell’epoca, lettere, cartoline e documenti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, come il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, la Civica Raccolta delle stampe “Achille Bertarelli” del Castello Sforzesco di Milano, il Gabinetto dei disegni di Castello Sforzesco di Milano, il Civico Archivio fotografico di Milano, il Civico Museo Revoltella – Galleria d’Arte moderna di Trieste, la Galleria Campari di Sesto San Giovanni. Di particolare interesse è il confronto con Leopoldo Metlicovitz, uno dei padri del moderno cartellonismo italiano, del quale sono esposte venti fotografie inedite, dal Civico Archivio Fotografico di Milano.

Il percorso si apre con alcuni scatti giovanili di Dudovich, in cui l’artista è modello di se stesso in pose raffinate e un po’ dandy e continua nella sala dedicata alla Belle Époque (1910-1914) periodo in cui Dudovich, da poco assunto dalla rivista satirica “Simplicissimus” di Monaco di Baviera per esserne il “cronista mondano”, comprende quanto la fotografia possa offrirgli come spunto d’ispirazione, preliminare alla creazione delle illustrazioni destinate al giornale bavarese e, successivamente, ai manifesti pubblicitari. Sono immagini còlte spesso negli ippodromi frequentati dall’alta società, in Italia (ai Parioli) e all’estero, da Parigi a Montecarlo, da Ostenda a Deauville. La rassegna prosegue analizzando il periodo tra le due guerre (1920-1935), che segna l’apice della carriera di Dudovich, anche da un punto di vista imprenditoriale, essendo divenuto responsabile e direttore artistico della società Star-IGAP dove cura la creazione, distribuzione e affissione dei manifesti murali in tutta Italia. Diversi sono i soggetti cui s’ispira per realizzare le sue opere di cartellonistica; uno di questi è la vita nei campi, da cui attinse per una serie di bozzetti e manifesti di esposizioni zootecniche. L’altro, è quello dell’universo femminile. In questo caso, a fargli da modelle sono spesso attrici note e famose, da Gea della Garisenda a Maria Melato, da Nella Regini a Ines Lidelba, all’amica Pina Brillante, che appartengono al mondo dello spettacolo, ovvero del cinema, del teatro, dell’operetta, del varietà e della musica, in particolare quella classica e operistica. Accanto a queste immagini si trova una serie di opere realizzate per il cinema che negli anni della seconda guerra mondiale visse un vero proprio momento di popolarità.

Uno degli aspetti più interessanti dell’esposizione al m.a.x. museo è la possibilità di tracciare un percorso completo che dall’ispirazione data dalla fotografia, passa al bozzetto a matita o a tempera, fino al manifesto finito. Gli spunti, infatti, provengono spesso da scatti realizzati dallo stesso Dudovich, talora con scene quasi estemporanee e casuali che coinvolgono familiari e amici, che si ritrovano in un buon numero di manifesti, spesso legati a un gesto o a un atteggiamento ricorrente. Elementi puntualmente tratti da fotografie si scoprono in alcune delle realizzazioni per La Rinascente degli anni venti e trenta. Con una certa metodicità, l’artista triestino sembra ricorrere a temi o stilemi che si riferiscono alla fotografia. Così compaiono a più riprese nei suoi lavori i leitmotiv della donna appoggiata a un tronco d’albero, della donna con in mano una bottiglia o un bicchiere e, soprattutto, della donna con le braccia levate. La mostra testimonia quanto l’utilizzo del mezzo fotografico gli sia stato prezioso per i suoi lavori nell’editoria, come quelli eseguiti per il “Simplicissimus” di Monaco, o per le principali riviste culturali italiane del primo Novecento, come “La Lettura” (supplemento, dal 1901, del “Corriere della Sera”), “Ars et Labor” (rivista edita da Ricordi a partire dal 1906 come prosieguo della precedente “Musica e Musicisti”), “Il Secolo XX” (editore Emilio Treves, dal 1902), “La Donna” (Mondadori, dal 1905). Un focus particolare è dedicato al legame con Leopoldo Metlicovitz e le Officine Grafiche Ricordi in rapporto alla comune passione per la fotografia. Le venti fotografie di Metlicovitz – conservate al Civico Archivio Fotografico di Milano ed esposte per la prima volta al pubblico – consentono un confronto con quelle di Dudovich, che si caratterizzano per uno stile più immediato e disinvolto.

In contemporanea, Villa Bernasconi a Cernobbio (CO) accoglie una speciale sezione della mostra con otto grandi manifesti cromolitografici realizzati nel primo decennio del Novecento e alcune fotografie messe in relazione a essi.La rassegna sarà ospitata nella primavera 2020 negli spazi della Scuderie del Museo del Castello di Miramare di Trieste. Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano-inglese) Albert Skira (Milano-Ginevra) che presenta testi dei curatori e di Giovanna Mori (conservatore della Civica Raccolta di Stampe “Achille Bertarelli”, Milano), Elena Mosconi (docente di storia del cinema muto, Università di Pavia), Daniela Pacchiana (ricercatrice di storia della fotografia). L’iniziativa, col patrocinio del Consolato Generale d’Italia di Lugano, organizzata in collaborazione con il Museo del Castello di Miramare di Trieste, è promossa dal Dicastero Educazione e Attività culturali del Comune di Chiasso, con il sostegno della Repubblica e Cantone Ticino-Fondo Swisslos, dell’AGE SA, dell’associazione amici del m.a.x. museo (aamm), in partenariato con il Museo Villa Bernasconi di Cernobbio (CO), in collaborazione con il Laboratorio cultura visiva del Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI-Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.

MARCELLO DUDOVICH. Note biografiche

Autore ignoto, Marcello Dudovich e Nella Regini in gondola a Venezia, c. 1925 Gelatina al bromuro d’argento 11 x 8,4 cm Collezione privata Salvatore Galati

Marcello Dudovich nasce a Trieste il 21 marzo 1878, da famiglia di origini dalmate. Dopo aver frequentato con scarso profitto le scuole Reali, si iscrive alla Scuola per capi d’arte – Sezione di pittura decorativa. Allievo fra il 1893 e il 1895 del prof. Giuseppe Marass, pittore formatosi all’Accademia di Venezia, ottiene il giudizio “eminente” nelle materie Disegno a mano libera ed Elementi di disegno figurale. È introdotto da un cugino nell’ambiente dei pittori cittadini (ammira soprattutto l’opera di Arturo Rietti) e del Circolo Artistico triestino. Pure in questi anni si situa un viaggio a Monaco di Baviera, che rafforza nel giovane Dudovich l’ammirazione per la pittura di Bocklin e von Stuck. Nel 1887 Marcello Dudovich è a Milano sotto la guida del direttore tecnico delle Officine Grafiche Ricordi il triestino Leopoldo Metlicovitz. Quattordici anni dopo Dudovich è a Bologna dove lavora per il famoso editore Edmondo Chappuis che gli affida alcune opere cartellonistiche. All’inizio del Novecento inizia a collaborare come illustratore facendo disegni per copertine di numerose riviste, fra cui si ricorda: “La Lettura”, “Novissima”, “Ars et Labor”, “Rapiditas”, “Il Secolo XX”, “Varietas”, ecc. Conosce a Bologna Elisa Bucchi, giornalista di moda, che diventerà sua moglie e con la quale – nonostante i molti dissidi e le lunghe separazioni – il rapporto affettivo rimarrà strettissimo fino alla morte di lei. Nel 1906 a Milano, dove lavorerà da Ricordi soprattutto per i cartelloni dei grandi magazzini di abbigliamento dei Fratelli Mele di Napoli. Nel 1909 è nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e due anni dopo vince il concorso per il manifesto della Marca Zenit della Ditta Borsalino, che diverrà celeberrimo. Quindi viene invitato dalla casa editrice Albert Langen a entrare nello staff della rivista satirica “Simplicissimus” di Monaco di Baviera, come disegnatore della pagina mondana e “inviato speciale”. Allo scoppio della guerra mondiale torna definitivamente in Italia; vive e lavora a Torino, realizzando manifesti anche per la nascente industria cinematografica, che nella città piemontese ha all’epoca la propria “capitale”. Nel 1920 Marcello Dudovich ritorna stabilmente a Milano e si mette in proprio, fondando assieme all’avvocato Arnaldo Steffenini una società editrice, la Star. Inizia coi grandi magazzini milanesi della Rinascente una lunga e fruttuosa collaborazione, che si protrarrà fino agli anni Cinquanta con una serie di manifesti realizzati per le varie “stagioni” di moda o per particolari avvenimenti (fiere del bianco, vendite speciali, ecc.).

All’inizio degli anni Trenta causa notevole scalpore un intervento censorio attuato sul romanzo di Mura Sambadù, amore negro, pubblicato nel 1934 con illustrazioni interne di Dudovich: la storia d’amore tra Silvia e il “negro” Sambadù venne giudicata amorale da parte del Ministero dell’Interno con requisizione del libro. Agli anni 1936 e 1937 risale un lungo soggiorno in Libia e forse collabora a qualche iniziativa artistica nella colonia nordafricana. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale vive tra Milano, Varese e la Riviera romagnola, a Riccione e a Rimini. Si dedica sempre più assiduamente alla pittura pura, prediligendo i lavori a tempera e riprendendo soggetti e temi della Belle Epoque; dal 1942, con mostre a Pallanza e a Milano, comincia a esporre in numerose, fortunate personali, che si andranno infittendo nel decennio successivo. Nel 1951 compie un nuovo viaggio in Libia: esegue ritratti femminili e a Tripoli, al Circolo degli Italiani e nell’Ufficio di informazioni degli Stati Uniti, vengono allestite sue mostre personali. Al Congresso nazionale della pubblicità di Firenze del 1960 gli viene conferita la medaglia d’oro del Premio “Vita di pubblicitario”. Muore a Milano, nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile, all’età di ottantaquattro anni. Verrà sepolto con tutti gli onori nel Cimitero monumentale di Milano.

IMMAGINE DI APERTURAMarcello Dudovich, Modella in posa riflessa nello specchio, fotografata da Dudovich, c. 1950 Gelatina al bromuro d’argento 7 x 10 cm Collezione privata Salvatore Galati (Particolare)

Grazzano Visconti (PC), Parco di Castello Visconti: Verde Grazzano 2019

Grazzano Visconti (PC), Parco di Castello Visconti
VERDE GRAZZANO 2019

Le eccellenze del florovivaismo italiano. Con presenze di rilievo anche dall’estero
27 Settembre 2019 – 29 Settembre 2019
Link:
http://www.verdegrazzano.it
http://grazzanovisconti.com/

L’elenco degli espositori scelti per “rendere davvero unico “Verde Grazzano 2019” (nel Parco del Castello di Grazzano Visconti, dal 27 al 29 settembre) nel pur fittissimo calendario italiano di mostre di giardinaggio, sta prendendo forma definitiva. Ma già adesso “Verde Grazzano” è in grado di assicurare la presenza delle eccellenze delle aziende florovivaistiche italiane e non solo. E altre presenze sono in via di definizione. Per una manifestazione che è appena alla sua seconda edizione, il traguardo qualitativo raggiunto è realmente eccezionale. Tanto più che si tratta, rigorosamente, di aziende leader del loro settore, scelte a rappresentare il loro specifico segmento di produzione. Un solo espositore – ritenuto il migliore – per ciascuna tipologia o famiglia di piante. Una scelta di qualità e decisamente controcorrente. Del resto il “porsi fuori dal mazzo” di Verde Grazzano è evidente già nel suo collocarsi nell’autunno anziché a primavera, momento privilegiato per le tradizionali mostre-mercato. Una scelta affatto casuale, ma molto “tecnica”. E’ infatti l’autunno la stagione perfetta per piantumare nuovi giardini o per rinnovarli, sia che si tratti di parchi che di terrazzi. E chi si accinge a porre mano al proprio giardino trova a Grazzano Visconti quanto di meglio offra oggi il nostro mercato, con in più alcune “presenze” internazionali di rilievo. Tra queste la slovena VRT Rifnik specializzata in piante rare ed insolite e la polacca Streptocarpus, riferimento in Europa per le “primule del capo”. Ha già un forte seguito in Italia la francese Pepinieere, che eccelle per i piccoli arbusti, mentre Michael Schick dalla Germania porterà un’enciclopedica collezione di semi di pomodoro.

Tra le eccellenze italiane, ecco alcuni esempi: Vivai Barni e La Campanella di certo offriranno le rose più interessanti. Le moderne, i primi; quelle antiche, la seconda. Pier Luigi Priola proporrà il meglio di perenni e graminacee mentre Vivai Tintori esporranno la loro collezione di agrumi, come Floricoltura Billo si concentrerà in mostra sulla sua ricca proposta di Dianthus, ovvero garofani. Le ortensie saranno quelle dei Vivai Tara mentre i Vivai Nifantani Liviana offriranno i loro arbusti da fiore. Il popolare comparto delle aromatiche sarà presente grazie ad Inflora mentre Le figlie del Vento esporranno le loro Tillandsia.  I Vivai Giani saranno presenti con le loro piante rampicanti e Minari Buxus naturalmente con i loro bossi. Le orchidee saranno quelle delle Orchidee del Lago Maggiore così come le peonie saranno quelle della Tenuta delle Commande e le piante da frutto, antiche e non, di Maioli Piante. Di peperoncini trasformati si occuperà Bortolon   Filippo, come Dennis Barroero delle piante da bacca. Di dahlie e, ancora, di peperoncini si occuperà Floricoltura Fenix. Un primo “assaggio”, quello qui sopra delineato, di una manifestazione che non nasconde affatto le sue ambizioni. Luchino Visconti di Modrone, Allegra Caracciolo Agnelli e Federico Forquet – i promotori di “Verde Grazzano” – intendono proporre ai pollici verdi non solo italiani un’occasione di incontro di grande livello, concentrata sul meglio, in un contesto unico per storia e bellezza. Una mostra mercato dal bel sapore di casa, dove incontrarsi è un piacere pari a quello di cercare novità e conferme, di confrontarsi con espositori che sanno tutto delle loro piante proprio perché non le hanno acquistate da terzi ma le hanno cresciute, e spesso create, nei loro vivai.

PER INFO: info@verdegrazzano.it

IMMAGINE DI APERTURAParco e castello di Grazzano Visconti (PC), a 12 km a sud-est di Piacenza

Verona – Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinskij

Verona, Palazzo della Gran Guardia
IL TEMPO DI GIACOMETTI DA CHAGALL A KANDINSKY
Capolavori dalla Fondazione Maeght
16 Novembre 2019 – 05 Aprile 2020

http://www.lineadombra.it

Alberto Giacometti, L’uomo che cammina I, 1960, bronzo, cm 183 x 26 x 95,5.
Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain – Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019

Il Comune di Verona e Linea d’ombra, assieme alla Fondazione Marguerite e Aimé Maeght, con l’apporto fondamentale del Gruppo Baccini in qualità di main sponsor, hanno siglato un accordo che porterà a Verona, nel Palazzo della Gran Guardia, una grande mostra organizzata da Linea d’ombra e curata da Marco Goldin, che così tornano in città a cinque anni di distanza dagli ultimi successi scaligeri.
Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinsky. Capolavori dalla Fondazione Maeght (dal 16 novembre 2019 al 5 aprile 2020, tutto su www.lineadombra.it, apertura prenotazioni 9 settembre 2019 al call center di Linea d’ombra 0422 429999) è una superba incursione, con un centinaio di opere tra sculture, dipinti e disegni, nel terreno del più alto Novecento internazionale, avendo Parigi quale centro. Una vera e propria monografica dedicata ad Alberto Giacometti, con oltre settanta opere, unitamente ad altri artisti che gravitavano nella Parigi soprattutto degli anni tra le due guerre ma anche nel decennio successivo, da Kandinsky a Braque, da Chagall a Miró, con un’ulteriore ventina di dipinti celebri, spesso di grande formato.
“L’Amministrazione Comunale di Verona è particolarmente lieta di presentare questa mostra –affermano all’unisono il Sindaco, Federico Sboarina e Francesca Briani, Assessore alla Cultura e al Turismo −, mostra prodotta e organizzata da Linea d’ombra, secondo il progetto di Marco Goldin. Si tratta di uno splendido spaccato dell’ambiente che ha caratterizzato la vita e l’opera di Alberto Giacometti, considerato a ragione il più importante scultore del XX secolo. Un intero mondo fatto anche di straordinarie relazioni con altri artisti famosi come lui, tutto ciò reso possibile grazie all’intervento della Galleria prima, e della Fondazione poi, fondate da Aimé e Marguerite Maeght. Si tratta quindi di una storia corale e non di una, pur bellissima, monografia sull’opera di un artista straordinario come Alberto Giacometti”.
Dal canto suo Elisa Baccini, presidente del Gruppo Baccini che sponsorizza la mostra, sottolinea come “abbiamo scelto di assumerci un impegno di grande rilevanza nei confronti di un’Amministrazione, di un’impresa e del pubblico, diventando il main sponsor di questa mostra. Mirare a progetti di alta qualità e portarli alla loro riuscita, non sempre è cosa scontata. Lavori siffatti richiedono tra l’altro il giusto tempo per essere compresi, in un mondo, qual è quello nel quale viviamo, abituato piuttosto a cogliere rapidamente e consumare in fretta. Come Famiglia Baccini cerchiamo invece di percorrere una strada diversa, attraverso varie tipologie di impresa e di prodotto. Quello che vogliamo immaginare, all’inizio di questa bella storia realizzata anche con il nostro sforzo economico e imprenditoriale, è che tanto di noi e della bellezza resterà vivo nel tempo e nelle memorie”.
Marco Goldin cura l’esposizione, tornando in questo modo al suo amore per il XX secolo e agli studi sul Novecento, da cui è partito fin dagli anni universitari: “Giacometti è stato una delle mie primissime passioni nel campo dell’arte, poco dopo i vent’anni. Lo cercavo nei libri, nelle mostre e nei musei d’Europa. Ho immensamente amato dapprincipio i suoi disegni, diversi dei quali ho infatti scelto di portare in Gran Guardia. Poi i suoi quadri così sincopati, soprattutto le figure e le nature morte, anch’essi presenti a Verona, e naturalmente le celeberrime sculture. Sono felice di poter rendere omaggio a Giacometti in Italia con questa mostra così vasta, con opere che ne attraversano tutta la carriera, dal suo tempo giovanile in Svizzera alle sculture inaugurali attorno ai quindici anni fino alle prove surrealiste e a quelle, ormai facenti parte dell’immaginario collettivo, della maturità”.
E’ giusto dire che questa mostra servirà anche a rievocare una delle più straordinarie avventure culturali in Europa dalla metà del secolo in poi, quella di Aimé e Marguerite Maeght, che prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale fondano a Cannes una loro galleria. Nell’ottobre 1945 aprirà la galleria parigina, dove due anni dopo verrà presentata, con un successo senza precedenti, l’Esposizione internazionale del Surrealismo, in collaborazione con Duchamp e Breton. Nel 1964 poi viene inaugurata a Saint-Paul-de-Vence la Fondazione Maeght, con un insieme architettonico concepito per presentare l’arte moderna e contemporanea in tutte le sue forme. La Fondazione possiede oggi una delle più importanti collezioni in Europa di dipinti, disegni, sculture e opere grafiche del XX secolo, con nomi di grande importanza che sono stati legati alla famiglia Maeght per decenni, Giacometti in primis.
“E’ affascinante già ora immaginare – conclude Marco Goldin – nel vasto salone centrale della Gran Guardia la Grande donna in piedi, scultura filiforme di quasi tre metri di altezza, fino alla scultura più celebre tra tutte, L’uomo che cammina, che sarà esposto al suo fianco. Nel mezzo la ricostruzione precisa, e poetica, dell’intera vita di Giacometti, tra disegni e pitture e soprattutto tante tra le sue famosissime sculture, dai busti e le teste del fratello Diego, ai cani, ai gatti, alle foreste fatte di figure quasi liquefatte. Fino alla notissima figura femminile del 1956, detta Donna di Venezia, esposta alla Biennale veneziana di quell’anno e che tanto successo riscosse. Ebbene, di quella figura la Fondazione Maeght possiede tutte le nove variazioni, che puntualmente giungeranno a Verona per essere esposte, per un confronto che rare volte nel mondo intero si è fatto”.
Come sempre accaduto, Linea d’ombra riserva una particolare attenzione al mondo della scuola, per cui fin d’ora si può annunciare l’incontro tenuto da Marco Goldin, e aperto agli insegnanti, del 6 maggio 2019, alle ore 17, nell’auditorium della Gran Guardia a Verona. Al racconto della mostra, che così verrà conosciuta in anteprima anche con la proiezione di tante immagini, si affiancheranno le proposte di visite guidate dedicate proprio alle scolaresche, condotte in modo differenziato per le varie età. La mostra si presta infatti moltissimo a questo percorso di approfondimento.

Organizzazione
Linea d’ombra
Tel 04223095
info@lineadombra.it
www.lineadombra.it

Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Stefania Bertelli gestione1@studioesseci.net

Comune di Verona
Ufficio Stampa e Web
Piazza Bra 1
Tel. 045 8077714 – 7358 – 7752 – 7722
www.comune.verona.it
ufficio.stampa@comune.verona.it

IMMAGINE DI APERTURAAlberto Giacometti, Il cane, 1951, bronzo, cm 47 x 100 x 15. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain – Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019

Campioni nel cuore. Ercole Colombo. Il fotografo della Formula1

All’Arengario di Monza
Dal 5 al 22 settembre 2019
Campioni nel cuore
60 fotografie di Ercole Colombo

Ercole Colombo, Gilles Villeneuve, Argentina, 1981. “Una fotografia a me particolarmente cara. Il manifesto di Gilles: lui era proprio così, sempre”

La mostra, che si è aperta nel weekend del Gran Premio d’Italia di Formula 1, presenta le immagini che immortalano gli eroi più celebrati dello sport motoristico, da Lauda a Schumacher, da Alonso a Villeneuve, da Mansell a Senna a molti altri.

In occasione del Gran Premio d’Italia, in programma domenica 8 settembre 2019, al Monza Eni Circuit, l’Arengario di Monza ospita, dal 5 al 22 settembre 2019, la mostra Campioni nel cuore che presenta 60 immagini di Ercole Colombo, realizzate dal “Fotografo della Formula 1”, in oltre 700 Gran Premi. L’esposizione, curata da Giorgio Terruzzi, promossa e organizzata dal Comune di Monza, in collaborazione con ViDi – Visit Different e con Motorsport images, è una sorta di storia minima dello sport motoristico, vista attraverso i suoi campioni e i suoi eroi più celebrati, da Enzo Ferrari a Michael Schumacher, da Niki Lauda a James Hunt, da Fernando Alonso a Gilles Villeneuve, da Nigel Mansell ad Ayrton Senna a molti altri ancora.

“Attraverso gli occhi di Ercole – sottolinea Dario Allevi, Sindaco di Monza – i suoi scatti e le sue inquadrature ho conosciuto – quando ero bambino – la potenza e l’energia del mondo del motorsport. Sì, perché la fotografia è quella magia che cattura l’attimo imprevisto, lo sguardo sorpreso, il sorpasso improvviso e fissa per sempre le immagini “icone” che hanno fatto la storia della Formula 1”. La rassegna testimonia anche il legame che l’artista ha con la città in cui è nato e con il suo Autodromo che ha visto nascere la sua passione per il motorismo quando, giovanissimo all’età di sei anni, veniva portato dal padre ad assistere alle gare dove duellavano campioni del calibro di Giuseppe Farina, Alberto Ascari e Juan Manuel Fangio.

Ercole Colombo, reporter di sport tra i più apprezzati a livello internazionale, mette in scena un racconto per immagini degli eroi del volante, sia negli intensi momenti della gara che in quelli della vita privata. Scatti che rimandano momenti di grande tenerezza, come il bacio di Enzo Ferrari a Gilles Villeneuve, uno dei piloti che il Drake ha più amato, ma anche di enorme malinconia, come il ritratto di Colombo ad Ayrton Senna, raccolto nei test di Imola nel 1994, la settimana precedente la sua tragica scomparsa. C’è molto ‘Rosso’ in questa rassegna, che documenta il rapporto privilegiato che Colombo ha da sempre intrattenuto con l’universo Ferrari. Ecco allora gli scatti che ripercorrono 90 anni di storia del Cavallino attraverso i piloti che più hanno saputo accrescerne il mito, da Niki Lauda che vinse due mondiali con l’auto di Maranello, a Michael Schumacher, che ne vinse cinque consecutivamente, ad altri interpreti quali Clay Regazzoni, Fernando Alonso, Jody Scheckter, Michele Alboreto. Il percorso espositivo si conclude idealmente con una sezione che raccoglie una serie di testimonianze di piloti che raccontano il loro rapporto con Ercole Colombo.

«Il protagonista di questa mostra è il Gran Premio d’Italia – spiega l’Assessore alla Cultura del Comune di Monza Massimiliano Longo – che compie novant’anni. Una storia lunga quasi un secolo che sarà raccontata per immagini in questa straordinaria mostra fotografica allestita che ripercorre l’ultimo mezzo secolo di corse. Il #MonzaFuoriGP ribadisce così il suo legame, sempre più forte, con il mondo dei motori». Per consentire al maggior numero possibile di appassionati di motorismo, venuti a Monza per il Gran Premio, di ammirare le immagini di Ercole Colombo, la mostra, nel weekend tra giovedì 5 e sabato 7 settembre, rimarrà aperta con orario continuato dalle 10.00 alle 23.00.

Note biografiche

Ercole Colombo è nato a Monza il 18 Novembre 1944. La passione per le corse automobilistiche e la fotografia lo hanno portato dal 1970 ad oggi a diventare uno dei più assidui e stimati professionisti del settore. Nella sua lunga carriera ha raccolto un archivio con oltre 5 milioni di immagini ed ha pubblicato le sue foto sulle maggiori testate giornalistiche italiane e straniere (Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, Autosprint, Quattroruote, Sport Week, Tv Sorrisi e Canzoni, Specchio, Autobild, Auto Forum, l’Auto Journal, Autosport). Dal 1980 al 1992 ha fotografato la Coppa del Mondo di Sci, le Olimpiadi di Sarajevo (1984) e Calgary (1988), i Campionati del Mondo a Schladming (1982), Bormio (1985), Crans-Montana (1987) e Saalbach (1991). Ercole Colombo può essere definito una delle memorie storiche della F.1 e nel corso degli anni ha firmato una trentina di libri sul mondo dei motori. Da “Ferrari Campione del Mondo” (1975) fino a “I Love Ferrari” (2009), “Wrooom 20th” (2010) e “Wrooom 2011”, “Ayrton Senna l’ultima notte” (2016) e “Wow Gilles” (2017).

Nel 1983 è stato l’unico fotografo italiano invitato dai Musei di Arte Moderna di Long Beach e di San Francisco per partecipare alla mostra “Passione e precisione”, che ha toccato i più importanti musei delle città americane allo scopo di illustrare “Cento anni di corse automobilistiche”. In tre edizioni (1993, 2004, 2012) è stato invitato a presentare i suoi lavori a “Dia Sotto le Stelle”, Festival Internazionale di Audiovisivi. Le sue immagini hanno animato una quantità di mostre in Italia, Cina, Russia, Stati Uniti e Argentina. Nel 2011 a Tokyo, con la mostra dal titolo “RossoXRosso”, le sue foto sono state vendute in una asta benefica per raccogliere fondi a favore delle popolazioni colpite dal grave disastro di Fukushima. La manifestazione è stata ripetuta nel 2012 al Museo Nazionale di Kyoto.Nel corso della sua attività ha ricevuto significativi riconoscimenti tra i quali, direttamente dalle mani di Enzo Ferrari, il prestigioso Premio Dino Ferrari nel 1979. Nel 1984 ha ottenuto il titolo di “Fotografo dell’Anno di F1”.

Nel 2016 ha realizzato la Mostra “Ayrton Senna l’ultima notte” presso il Museo della Velocità all’Autodromo di Monza e successivamente al Museo Lamborghini dove ha registrato oltre 100.000 visitatori. Nel 2017 la Mostra “Wow Gilles” è stata esposta allo Spazio Oberdan di Milano, quindi al Museo della Velocità all’Autodromo di Monza e all’Arengario di Monza. Nel 2018 è entrato a far parte del “Paddock Hall of Fame” che raggruppa i personaggi più illustri della F1. Nel 2018 a Monza, in occasione del GP d’Italia, ha tagliato il traguardo del 700° Gran Premio di Formula 1 mentre quest’anno fotograferà il suo 50° Gran Premio d’Italia.

Informazioni: Tel. 02 36638600

IMMAGINE DI APERTURAGran Premio d’Italia –Monza 10 settembre 1978 “Il caos dopo il via. L’incidente che causò la morte di Ronnie Peterson. Un momento drammatico, seguito da una tensione formidabile”.

Photolux Festival di Lucca – Les Rencontres International de la Photographie di Arles

1° LUGLIO – 22 SETTEMBRE 2019
PHOTOLUX FESTIVAL DI LUCCA
PRESENTA
A LES RENCONTRES D’ARLES
LA MOSTRA DI
YVONNE DE ROSA

L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Biennale Internazionale di Fotografia di Lucca, diretta da Enrico Stefanelli, è inserita all’interno del circuito ufficiale del più prestigioso festival dedicato alla fotografia e propone le immagini dell’artista napoletana, tratte dalla serie Negativo 1930.

Yvonne de Rosa – Negativo 1930 

Photolux Festival di Lucca, la Biennale Internazionale di Fotografia, diretta da Enrico Stefanelli, è nuovamente protagonista de Les Rencontres International de la Photographie di Arles, uno degli appuntamenti più importanti e riconosciuti a livello mondiale.
Dal 1° luglio al 22 settembre 2019, alla Fondation Manuel Rivera-Ortiz, l’artista napoletana Yvonne De Rosa rappresenterà la manifestazione toscana con le opere tratte dalla serie Negativo 1930, esposte all’interno del circuito ufficiale dei Rencontres.

È davvero un onore – afferma Enrico Stefanelli, direttore di Photolux – essere nuovamente presenti nel circuito ufficiale di Les Rencontres d’Arles. Questo è un chiaro segnale di quanto la Biennale Internazionale di Fotografia di Lucca abbia raggiunto una solida credibilità internazionale, grazie alle sue proposte espositive di alta qualità e alla fitta rete di rapporti che ha saputo intessere con istituzioni straniere. Mi corre l’obbligo di esprimere un doveroso ringraziamento alla Manuel Rivera-Ortiz Foundation for Documentary Photography & Film la cui partnership è stata fondamentale per l’organizzazione di questa mostra.
Negativo 1930 di Yvonne De Rosa, curata da Enrico Stefanelli e Laura Nobile, direttrice della L A Noble Gallery di Londra, racconta la storia, realmente accaduta in un piccolo paese della Campania negli anni trenta, di Nina, una giovane ragazza che si era innamorata di Peppino, un pescatore. Rimasta incinta, Nina comunicò la notizia a Peppino che la strangolò a morte.
Nina, a malapena riconoscibile, fu ritrovata in mare due settimane dopo, era totalmente calva a causa dell’acqua salata che aveva bruciato la cute del capo. Durante le indagini della polizia, venne reso noto il suo stato di gravidanza. Per il disonore, il padre ripudiò la figlia, il funerale non venne mai celebrato e il corpo traslato in un ossario. Peppino, accusato di omicidio, venne processato e dichiarato colpevole. La famiglia cancellò Nina dalla sua memoria, fino a quando Anna, nipote di nove anni della ragazza scomparsa, iniziò ad avere delle visioni, nelle quali le appariva una donna calva e nuda. Vennero celebrate molte messe, nel tentativo di porre fine a queste visioni, e molti abitanti del paese sostenevano di vedere aggirarsi il fantasma di Nina, fino a quando la sentirono dire “Finalmente sto andando via per un lungo viaggio”.

Yvonne De Rosa ha lavorato sul campo, visitando il villaggio di Nina e incontrando Anna che le ha mostrato i luoghi della vicenda e quelli in cui la ragazza era ‘apparsa’. Negativo 1930 indaga i temi del dolore collettivo, della colpa e del complotto, combinando fotografie caratterizzate da uno ‘spirito’ contemporaneo e dai toni ultravioletti con immagini del paesaggio e dei luoghi chiave della vicenda, così come la ricostruzione e le interpretazioni di questa squallida vicenda.

La nuova edizione di Photolux – Biennale Internazionale di Fotografia, quest’anno intitolata MONDI, è in programma a Lucca dal 16 novembre all’8 dicembre 2019.
Lucca, giugno 2019 YVONNE DE ROSA. Negativo 1930
Arles, Fondation Manuel Rivera-Ortiz (18 Rue de la Calade)
1° luglio – 22 settembre 2019
Orari: tutti i giorni, dalle 10.00 alle 19.00
Informazioni: T. +33 (0)4 90 96 76 06

Ufficio stampa: CLP Relazioni Pubbliche

IMMAGINE DI APERTURAYvonne de Rosa – Negativo 1930 (Particolare)

Ferdinando Scianna – Viaggio Racconto Memoria

VENEZIA/TRE OCI
DAL 31 AGOSTO 2019 AL 2 FEBBRAIO 2020
FERDINANDO SCIANNA
Viaggio Racconto Memoria
https://www.ferdinandoscianna.it/

La grande antologica racconta, attraverso 180 opere, oltre cinquant’anni di carriera di uno dei maestri della fotografia contemporanea.
Per l’occasione, verrà esposta una serie d’immagini di moda che Scianna ha realizzato a Venezia, testimonianza del suo forte legame con la città lagunare.

Ferdinando Scianna, Marpessa. Caltagirone, 1987 © Ferdinando Scianna 

Dal 31 agosto 2019 al 2 febbraio 2020, la Casa dei Tre Oci di Venezia ospita l’antologica di Ferdinando Scianna (Bagheria, PA, 1943), una delle figure di riferimento della fotografia contemporanea internazionale.
La mostra, curata da Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda, art director, organizzata da Civita Mostre e Musei e Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, ripercorre oltre 50 anni di carriera del fotografo siciliano, attraverso 180 opere in bianco e nero, divise in tre grandi temi – Viaggio, Racconto, Memoria.
Per l’occasione, verrà esposta una serie d’immagini di moda che Scianna ha realizzato a Venezia come testimonianza del suo forte legame con la città lagunare.

“Dopo la mostra del 2016 sui 500 anni del Ghetto ebraico di Venezia – afferma Emanuela Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie – Ferdinando Scianna torna alla Casa dei Tre Oci, con l’antologica che ne ripercorre mezzo secolo di carriera.
L’iniziativa è la nuova tappa di un progetto nato dalla collaborazione tra Civita Tre Venezie e Civita Mostre e Musei, frutto di un pensiero condiviso che ha come obiettivo l’analisi dei linguaggi artistici della contemporaneità, in particolare quello della fotografia e dei suoi più importanti esponenti”.
“L’esposizione – prosegue Emanuela Bassetti – è anche un modo per consolidare il forte legame esistente tra Ferdinando Scianna e Venezia, testimoniato dalla serie di immagini di moda che il fotografo siciliano ha scattato tra le calli e i campi della città”.

Ferdinando Scianna ha iniziato ad appassionarsi alla fotografia negli anni sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine, la Sicilia. Il suo lungo percorso artistico si snoda attraverso varie tematiche – l’attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare – tutte legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. In oltre 50 anni di narrazioni, non mancano di certo le suggestioni: da Bagheria alle Ande boliviane, dalle feste religiose – esordio della sua carriera – all’esperienza nel mondo della moda, iniziata con Dolce & Gabbana e con la sua modella icona Marpessa. Poi i reportage (è il primo italiano a far parte, dal 1982, dell’agenzia fotogiornalistica Magnum), i paesaggi, le sue ossessioni tematiche come gli specchi, gli animali, le cose e infine i ritratti dei suoi amici, maestri del mondo dell’arte e della cultura come Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges, solo per citarne alcuni.

Dotato di grande autoironia, Scianna ha scelto un testo di Giorgio Manganelli per sintetizzare questa sua mostra: “Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose. Una pulita operazione di sbranare i libri che vanno per il mondo sotto il nome dell’autore per ricavarne uno stufato, un timballo, uno spezzatino…”.
Come fotografo – ha affermato lo stesso Scianna, parlando del suo lavoro – mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Persino le fotografie di moda le ho sempre trovate nell’azzardo degli incontri con il mondo”.

Per approfondire i contenuti dell’esposizione, Casa dei Tre Oci ha predisposto un articolato progetto didattico rivolto sia alle scuole che ai gruppi di adulti e famiglie, con visite-esplorazione e laboratori su prenotazione, un ciclo d’incontri in mostra e una serie di visite guidate con i curatori. Ai visitatori sarà fornita un’audioguida (in italiano e in inglese), attraverso la quale sarà lo stesso Scianna a raccontare in prima persona il suo modo di intendere la fotografia e non solo. Un vero e proprio racconto parallelo, per conoscere da vicino il suo percorso umano e di fotografo. Nella Sala video di Casa dei Tre Oci verranno inoltre proiettati tre film-documentari dedicati alla sua vita professionale.

Accompagna la mostra un catalogo Marsilio Editori.

NOTE BIBLIOGRAFICHE

Ferdinando Scianna è nato a Bagheria, in Sicilia, nel 1943. Proprio nella sua città inizia a dedicarsi alla fotografia ancora giovanissimo, agli inizi degli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra d’origine. Decide molto presto di diventare fotografo, sconvolgendo i progetti dei propri genitori che lo volevano avvocato o medico. Già i primi ritratti delle persone di Bagheria, che Scianna ritrae con tono curioso e partecipe, risultano carichi d’intensità. Nel 1961 si iscrive a Lettere e Filosofia all’Università di Palermo, mentre la sua passione per la fotografia inizia a strutturarsi. Diventa allievo del grande critico Cesare Brandi e mostra le proprie foto a Enzo Sellerio che gli farà scoprire l’universo culturale bressoniano. Sono anche gli anni in cui si forma una coscienza politica determinante per l’evoluzione della sua fotografia, così come il vincolo con la propria terra d’origine e le tradizioni siciliane. Circa due anni dopo, un incontro fondamentale per la sua vita professionale e personale: entra in contatto con Leonardo Sciascia, lo scrittore con il quale a soli 21 anni pubblica il saggio Feste Religiose in Sicilia, libro che ottiene il prestigioso Premio Nadar. Il volume crea molte polemiche, soprattutto a causa dei testi di Sciascia, che mostra l’essenza materialistica delle feste religiose. Ma anche le foto del giovane Scianna hanno il loro impatto.

“La fotografia era la possibilità del racconto di una vicenda umana. Questo il mio maestro mi fece capire, e mi introdusse ad una certa maniera di vedere le cose, di leggere, di pensare, di situarsi nei confronti del mondo”. Sull’onda del successo del libro, Scianna si trasferisce a Milano dove lavora per l’Europeo come fotoreporter, poi inviato speciale e corrispondente da Parigi, dove vive per 10 anni. A Parigi inizia anche a dedicarsi con successo alla scrittura. Collabora con varie testate giornalistiche, fra cui Le Monde Diplomatique e la Quinzaine Littéraire. “Mi ritrovavo più a scrivere che a fotografare, ma sapevo di essere un fotografo che scrive”, racconta Scianna. Proprio nella capitale francese, il suo lavoro viene particolarmente apprezzato, da Henri Cartier-Bresson, che nel 1982 lo inviterà a presentare la sua candidatura all’agenzia Magnum Photos, da lui fondata nel 1947. Torna a Milano e lascia l’Europeo per dedicarsi alla fotografia: “L’agenzia è lo strumento di un gruppo di fotografi indipendenti, una struttura in grado di valorizzare il tuo lavoro tanto meglio quanto più sai utilizzare questo strumento. Magnum continua a sopravvivere secondo l’utopia egualitaria dei suoi fondatori, in modo misterioso riesce a far convivere le più violente contraddizioni”.

A Milano lavora per vari giornali. Inizia anche a fotografare per due giovani designer emergenti, Dolce e Gabbana. Un incontro casuale, che darà vita ad una delle collaborazioni meglio riuscite nella fotografia di moda. A Scianna viene richiesto di realizzare un catalogo inserendo la splendida modella Marpessa nel contesto della sua Sicilia. Scianna riesce a mescolare magistralmente i registri visivi del mondo della moda con l’esperienza del fotoreporter, creando un risultato originale che spezza la monotonia patinata della fotografia di moda. É un successo che lo porterà a collaborare con prestigiose riviste internazionali e a realizzare altri servizi di moda in cui affianca con maestria artificio ed autenticità. Questa improvvisa ed inaspettata svolta, apre il mondo fotografico di Scianna a nuove esperienze, parallele a quelle più tradizionali del fotogiornalismo: pubblicità e fotografie commerciali, senza mai abbandonare il reportage sociale, i ritratti ed il giornalismo.

IMMAGINE DI APERTURAFerdinando Scianna, Celia Forner. Sevilla, 1988 © Ferdinando Scianna. (Particolare)