Sabato 19 gennaio 2018 nella Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, presieduta da Fernando Rizzo, ha tenuto un importante convegno sul tema “La Sicilia e l’Italia: un progetto di coesione e condivisione”. Oltre agli esponenti di spicco di Rete civica sono intervenuti: il sen. Armando Siri (Sottosegretario ai Trasporti), l’on. Francesco D’Uva (Capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera), il prof. Gaetano Armao (Assessore Regionale dell’Economia), l’on. Cateno De Luca (Sindaco di Messina), il dott. Tonino Genovese (CISL), i professori Pietro Massimo Busetta e Rocco Giordano.
Di seguito pubblichiamo la seconda e ultima parte dell’intervento di Rocco Giordano.
Intervento di Rocco Giordano
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La OBOR (la Via della seta) è una
iniziativa strategica avviata dal Governo Cinese per promuovere l’integrazione
dei collegamenti tra Asia, Europa e Africa al fine di:
- Controllare i corridoi di trasporto per sostenere
le esportazioni e facilitare gli approvvigionamenti di materie prime di cui
detengono il controllo delle più importanti miniere di materie prime.
- Trovare uno sbocco produttivo ai capitali
accumulati durante il primo boom economico che ha determinato un forte
“surplus” finanziario ed utilizzato in parte per sostenere il debito pubblico
dei Paesi occidentali.
- Creare nuovi mercati di sbocco sostenendo lo
sviluppo economico di Paesi meno avanzati.
Nel frattempo,
registriamo linee di intervento strategiche per rendere la OBOR strategia di
coesione dei territori che attraversa, ma anche di controllo degli scambi
attraverso la creazione della Asian Infrastructure Investment Bamnk, che
finanzia progetti al 2-3,5% e aumento della quota di mercato delle costruzioni
di megaships da parte dei cantieri cinesi.
La integrazione
verticale è stata avviata attraverso:
- l’acquisizione di porti e terminal (vedi Pireo)
- le alleanze strategiche (Hutchinson/Cosec China
Shipping in Euromax, PSA/Cosco/CMA CGM a Singapore, APM Terminal/Cosec a Vado
- la partnership per la supply chain dalla lunga
distanza all’ultimo miglio.
È necessario
che i Paesi europei, occidentali diano segnali di una più forte capacità di
governo.
Alla “mano”
pubblica, si chiede in primo luogo di attuare politiche economiche di
medio-lungo termine, soprattutto per migliorare la gestione dei servizi,
sburocratizzare l’economia e aumentare la produttività leva anche per abbassare
l’incidenza della fiscalità sul costo del lavoro.
Alla “mano”
privata si chiede maggiore partecipazione al partenariato pubblico/privato
avendo fiducia nelle prospettive future.
Questo richiede
un nuovo progetto geo-politico capace di posizionare l’Italia e l’Europa nel Mediterraneo per fronteggiare
la sfida che si gioca soprattutto sul continente africano.
La Macroregione
Mediterranea è una delle strade possibili!
La prima vera
leva del cambiamento è culturale.
Il capitale
umano è la prima vera sfida da affrontare per evitare che 80.000 persone
all’anno (2016) del mezzogiorno, di cui circa 20.000 dalla Sicilia cerchino
opportunità di lavoro al nord Italia o all’estero.
La scuola, le
famiglie, le imprese devono concentrare gli sforzi per valorizzare il capitale
umano per analizzare, progettare e gestire processi economici sociali e
produttivi per un rilancio dell’economia nazionale e del Mezzogiorno.
La formazione però
va vista come reale acquisizione di competenze non basta il sussidio alla
disoccupazione, ma occorre una formazione on the job.
Per questo
occorre rinnovare i saperi e riscoprire la storia economica, la geografia
economica e funzionale per seguire i processi di globalizzazione e formare allo
stesso tempo una classe dirigente internazionale.
La zona
Euro-Mediterranea è l’area del cambiamento se riusciamo entro il 2020 a
determinare una zona di libero scambio costituita dagli stati membri
dell’Unione Europea ed i paesi del Mediterraneo del Sud: Algeria, Egitto,
Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità Palestinese, Siria, Tunisia,
Turchia, Cipro e Malta.
L’Italia e il
Mezzogiorno per la posizione strategica che hanno possono essere cerniera dei due
grandi blocchi geografici: Europa e Africa Mediterranea e la Macroregione
Mediterranea che abbiamo indicato è la saldatura tra I due blocchi.
Il nuovo
posizionamento ha un significato solo se riusciamo a superare la
provincializzazione del sistema mare, per fare posto ad una gerarchizzazione
puntuale degli impianti e ad una specializzazione dei servizi.
Occorre però
che le aree di riferimento del sistema mare del Mezzogiorno vanno attrezzate
come fronti portuali che vanno utilizzati per riposizionare il Paese e il
Mezzogiorno nel bacino del Mediteraneo.
Avendo
istituito l’Autorità portuale di Messina in maniera indipendente e coniugando
gli interessi della Sicilia sul fronte orientale da Messina ad Augusta e Pozzallo,
potremmo realizzare il vero water front globale.
Occorre operare
in modo efficiente anche per migliorare le accessibilità rendendo efficienti i
collegamenti stradali, ferroviari e territoriali
Le aree
logistiche ZES che sono il supporto dei fronti portuali devono essere in grado
di garantire sinergia operativa.
Ridurre le
incertezze sulla regolarità del servizio e nei termini di resa delle merci.
Questo è possibile solo se riusciamo a deciderci che la Sicilia può e deve
diventare continentale.
Una maggiore
competitività del Paese si può avere solo avendo coscienza che grazie al
Gottardo (che non è stato realizzato per un capriccio degli svizzeri), i porti
di Rotterdam, Amburgo e Anversa, i Paesi del Nord Europa riescono validamente a
proporsi come alternative a Trieste, Venezia e Genova
L’Italia si
ostina a non mettere in campo le sue risorse migliori: i porti dell’estremo
sud, relegando Taranto, Gioia Tauro e Augusta al ruolo di eterni perdenti!
Occorre anche
in politica un nuovo modello concettuale ed operativo, partendo dalla
prospettiva che il trasporto non è l’obiettivo finale, ma è il mezzo per
incrementare il benessere economico e sociale delle popolazioni, attraverso:
- Accessibilità dei territori
- Connettività delle reti
- Finalismo economico dei trasporti.
Sia chiaro che
il ruolo delle infrastrutture non è quello di aumentare gli investimenti, ma
fare in modo che siano stratetiche ad un modello economico e geopolitico.
Keynes si
espresse a favore dell’investimento in lavori pubblici come strumenti per la
creazione di occupazione e sostegno alla domanda aggregata.
Questa teoria
Keynesiana è una teoria che possiamo relativizzare considerato che i cicli
economici si susseguono a caratteri temporali sempre più brevi e le opportunità
di sviluppo sono sempre più affidate a variabili quali il tempo di esecuzione
degli investimenti.
Infatti, oggi viene posta in discussione la politica degli investimenti pubblici quale cardine fondamentale dello sviluppo in termini di occupazione e sostegno alla domanda aggregata soprattutto in un momento come questo, ove le aree territoriali di riferimento sono sempre più ampie e più complesse.
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