La storia infinita del ponte sullo Stretto di Messina

Nell’Europa del Ventunesimo secolo, un attraversamento stabile dello Stretto tra Scilla e Cariddi   sarebbe più che opportuno, a patto che sia un progetto realizzabile in tempi umani e a costi sostenibili, accompagnato da una serie di miglioramenti delle reti viarie e ferroviarie sia sull’isola che sul continente, come coronamento a Sud dell’ambizioso corridoio scandinavo-mediterraneo che dovrebbe essere ultimato entro il 2030 nella rete TEN-T del progetto infrastrutturale paneuropeo CORE.

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Il progetto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina presentato da Sergio Musmeci, 1969

Sabato 23 febbraio la nuova proposta dell’ingegnere Giovanni Saccà

L’Associazione Europea del Mediterraneo: ecco il ponte sullo Stretto

di Peppino Abbati

La Macroregione Mediterranea rappresenta uno strumento indispensabile per proporre un nuovo metodo di sviluppo economico, infrastrutturale e sociale che preveda l’intervento anche dei Paesi dell’Unione Europea ed extra-UE, delle Regioni e degli Enti locali al fine di consentire l’integrazione e la conoscenza fra i popoli, per affrontare meglio l’esodo dei migranti e la partecipazione di tutte le componenti politiche, amministrative e della società civile, coinvolgendo tutte le categorie sociali, etniche e tutte le minoranze, nei progetti di sviluppo dei territori.

L’istituzione della Macroregione Mediterranea costituisce un prezioso strumento diretto spostare il baricentro dell’Europa verso il Sud e, quindi, aiutare il Mezzogiorno e promuovere lo sviluppo infrastrutturale di tutto sud Italia. In particolare, della Sicilia, della Puglia e della Calabria, che pur affacciandosi sul Mediterraneo scontano un’attuale condizione di marginalità in ambito europeo che ne limita la crescita, riposizionando così il meridione d’Italia al centro del Mediterraneo. Difatti, dopo l’anno 1989, periodo corrispondente alla caduta del muro di Berlino, lo sviluppo dell’Europa si è progressivamente spostato dall’originario asse Nord-sud (per intenderci il c.d. corridoio 1 Berlino – Palermo) a quello est a ovest, compromettendo lo sviluppo economico nelle regioni italiane centro meridionali.

In questa auspicata costituenda macroregione va inserita la necessità di realizzare la direttrice tirrenica della rete ferroviaria AV/AC fino a Reggio Calabria e questa dovrà includere la realizzazione indispensabile del collegamento stabile tra la Sicilia e l’Europa sullo Stretto di Messina.

Colosseo, Foro Romano, Palatino: l’area statale più visitata

Musei e siti archeologici statali sono stati visitati, nel 2018, da oltre 55 milioni di persone (55.504.372), con un incremento superiore ai cinque milioni rispetto all’anno solare 2017 (50.169.316). L’incremento riguarda sia gli ingressi a pagamento, 24.938.547 nel 2018, 24.068.759 nel 2017, sia, in misura maggiore, gli ingressi gratuiti che passano da 26.100.557 del 2017 a 30.565.825 del 2018.
In ragione dell’aumento dei visitatori si è registrato anche un incremento degli incassi lordi. Si è così passati dai 193.915.765 euro euro del 2017 ai 229.360.234 del 2018 con un segno più di ben 35.444.469 milioni di euro.

Per quanto riguarda i singoli ingressi
> il sito statale più visitato resta saldamente l’area Colosseo – Foro Romano – Palatino che fa segnare un +8,73% passando da 7.036.104 visitatori del 2017 a 7.650.519 del 2018. 
> Al secondo posto l’area archeologica di Pompei che aumenta il numero di visitatori del 7,78% passando da 3.383.415 ingressi a 3.646.585 del 2018.
> Terza la galleria degli Uffizi con il Corridoio Vasariano che fa registrare un leggerissimo decremento, dello 0,19%, calando da 2.235.328 a 2.231.071 visitatori.
Tra i 30 siti più visitati nel 2018 il maggior incremento è stato dei Musei Reali di Torino (+27,82), Palazzo Pitti a Firenze (+24,23%), le Grotte di Catullo e il museo archeologico di Sirmione (+18,83%) e il Giardino di Boboli a Firenze che risale la classifica fino ad essere il quinto sito più visitato in Italia con il suo +17,92.

Nella classifica dei primi 30 siti più visitati in Italia
– 8 si trovano nel Lazio,
– 6 in Campania,
– 5 in Toscana,
– 4 in Lombardia,
– 3 in Piemonte,
– 2 in Veneto
– e uno ciascuno in Puglia e Friuli Venezia Giulia.

Fonte: Ufficio Stampa MiBAC –
Redattore: RENZO DE SIMONE
Roma, 15 febbraio 2019

Gallerie d’Italia, Museo Poldi Pezzoli a Milano: Romanticismo

ROMANTICISMO
Gallerie d’Italia – Piazza Scala Sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano Museo Poldi Pezzoli
26 ottobre 2018 – 17 marzo 2019
Mostra a cura di Fernando Mazzocca

  • Una grande mostra che affronta per la prima volta l’originalità del contributo italiano all’arte del Romanticismo.
  • 200 opere di artisti sia italiani che stranieri, da Hayez a Corot, da Turner a Molteni Molte opere inedite, esposte al pubblico per la prima volta.
  • Un invito a conoscere la Milano romantica, alla scoperta dei luoghi che ne fecero la capitale italiana del movimento.
  • Un racconto che attraverso l’arte fa luce anche sulla musica, la letteratura, la poesia.
VIDEO

Le Gallerie d’Italia – Piazza Scala, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano, e il Museo Poldi Pezzoli presentano dal 26 ottobre 2018 al 17 marzo 2019 Romanticismo, a cura di Fernando Mazzocca, la prima mostra dedicata al contributo italiano al movimento che ha cambiato la sensibilità e l’immaginario del mondo occidentale nel corso della prima metà dell’Ottocento.

Le 200 opere selezionate ripercorrono il vivace confronto e dibattito culturale svoltosi tra l’Inghilterra, la Francia e i Paesi del Nord, soprattutto la Germania e l’Impero austriaco, a cui partecipò l’Italia, negli anni che vanno dal Congresso di Vienna alle rivoluzioni che nel 1848 sconvolsero il vecchio continente.

Di queste, 42 non sono mai state esposte prima d’ora: provengono per lo più da collezioni private e comprendono esemplari di Caffi, Hayez, Induno, Molteni; 14 opere inoltre non sono mai state viste in Italia e giungono dalle più importanti istituzioni museali estere, quali il Belvedere di Vienna e l’Ermitage di San Pietroburgo, da cui giungono capolavori di Friedrich, e la National Gallery di Londra che presta un dipinto di Corot.

Molti i musei coinvolti in Italia, solo per citarne alcuni: l’Accademia Carrara di Bergamo, i Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia, la GAM-Civica Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e Palazzo Reale di Torino, l’Accademia di Brera, la Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Reale di Milano, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Galleria degli Uffizi e la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo di San Martino e Palazzo Reale di Napoli. Eccezionale partecipazione del Teatro alla Scala di Milano per il prestito di alcuni costumi di scena.

La rassegna prende in considerazione anche i fermenti preromantici e le ultime manifestazioni di una cultura che, almeno nel nostro Paese, avrà termine con l’Unità d’Italia e l’affermazione del Realismo, che del Romanticismo rappresenta l’antitesi.

Milano è la città italiana che più di tutte ha avuto in quegli anni una maggiore vocazione europea, è stata uno dei centri della civiltà romantica, sia per quanto riguarda le arti figurative che sul versante letterario e musicale. Basti pensare alle esposizioni d’arte che si sono tenute in quegli anni all’Accademia di Brera, alle sue imprese editoriali, ai suoi teatri, tra cui La Scala e il Carcano, ai protagonisti che l’hanno abitata, come Alessandro Manzoni, Ugo Foscolo, Francesco Hayez, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi.

Come nel resto d’Europa, anche in Italia non è esistito uno stile romantico comune, ma linguaggi individuali di artisti tra loro molto diversi. La mostra vuole restituire questa diversità, vera forza del Romanticismo, i cui ideali di “spontaneità”, di “individualità” e di “verità interiore” hanno avuto una penetrazione più vasta di quella delle idee illuministe, corrispondendo esattamente alle attese di una società profondamente cambiata dopo la Rivoluzione francese e l’età napoleonica.

La mostra è articolata in 21 sezioni – 16 alle Gallerie d’Italia e 5 al Museo Poldi Pezzoli – che ripercorrono i temi più significativi dell’arte romantica. Assistiamo alla rottura nella gerarchia dei generi per cui alcuni prima considerati “minori”, come il paesaggio, il ritratto, la rappresentazione della vita del popolo, assumono lo stesso interesse e importanza della pittura sacra e della pittura di storia, per tradizione collocate al primo posto e anch’esse completamente rinnovate dalla nuova sensibilità del Romanticismo.

Nuove attribuzioni, opere inedite e una impegnativa campagna di restauri che ha riguardato molte delle opere esposte amplificano il contributo scientifico apportato dalla mostra.

Calatabiano: presentato il progetto Arge “La Sicilia capitale del Mediterraneo”

Si è svolto presso il Castello di San Marco, il convegno per la presentazione del Progetto ARGE, nato dall’intuizione di un team di tecnici e professionisti presieduti dall’architetto torinese Pier Paolo Maggiora e volto alla trasformazione della Sicilia in “capitale del Mediterraneo”.

All’incontro, organizzato dall’amministrazione comunale di Calatabiano, hanno preso parte: il sindaco, Giuseppe Intelisano; l’assessore ai LL.PP., Stefano Brianni; l’arch. Pier Paolo Maggiora ed il prof. Cosimo Inferrera che hanno illustrato ai presenti l’idea progettuale; gli amministratori dei comuni delle province di Catania e Messina.

ARGE si propone di mettere la Sicilia al centro degli scambi del Mediterraneo attraverso un piano di sviluppo territoriale in ambito turistico-ricettivo, nel quale le infrastrutture, la manutenzione della rete idrica ed elettrica, l’innovazione scientifica e tecnologica, la riqualificazione dei centri urbani giocano un ruolo fondamentale.

Nel dettaglio gli esperti hanno individuato una macro-area su cui intervenire che si estende lungo la fascia costiera compresa tra Acicastello (Ct) ed Alì Terme (Me) e che abbraccia il territorio collinare e montano dell’entroterra. All’interno di quest’area il comune di Calatabiano si trova in una posizione strategica, al confine tra le province di Catania e Messina.

Per il sindaco Giuseppe Intelisano, da sempre sostenitore di un piano di sviluppo attraverso azioni sinergiche e complessive, “questo è un territorio splendido che si estende tra due brand internazionali (l’Etna e Taormina) che rappresentano una straordinaria opportunità di crescita. Questo dialogo progettuale è un primo step verso un’idea di sviluppo più radicale e coordinato del territorio affinché questa vasta area possa crescere in maniera armonica. La nostra è una vera e propria emergenza: creare strutture ed infrastrutture che possano invogliare investitori e garantire un’offerta turistica d’eccellenza.”

L’assessore Stefano Brianni aggiunge: “A questo primo incontro ne seguirà un altro, fissato per il prossimo 15 marzo, che darà il via al vero e proprio progetto Arge. I sindaci che vorranno aderire a questa iniziativa, infatti, dovranno siglare un protocollo d’intesa con Arge per poter sviluppare il progetto all’interno del loro territorio”.

Il coordinatore del progetto Arge, l’arch. Pier Paolo Maggiora spiega: “Da 10 anni stiamo lavorando verso questa direzione sia a livello nazionale che internazionale.  Il convegno di oggi è di preparazione a quello di marzo. Verrà siglata una convenzione tra la Regione, i comuni interessati e Arge, per sviluppare quei progetti che potranno essere portati come innesco dell’operazione di trasformazione concreta del territorio alla Fiera Internazionale del Turismo di Berlino del 2020 (ITB Berlin 2020) alla quale parteciperanno i governi e i grandi istituti finanziari internazionali”.

Calatabiano, 18-02-19 / U.S. Emanuela Corsi

Appuntamento a Messina per parlare del collegamento stabile dello Stretto

Sabato 23 nel salone delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina sarà presentato un lavoro eccezionale, perché riesce a coniugare qualità tecniche, urbanistiche, economiche nel massimo rispetto dell’ambiente naturale. Un progetto sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina ad opera dell’ing. Giovanni Saccà, che riporta a nuova vita l’idea di ponte secondo moderne tecnologie, influendo nel contempo sulle aree dismesse e qualificando i fronti a mare delle due sponde. Un lavoro talmente importante che, se condiviso dalle pubbliche amministrazioni, potrebbe divenire nei prossimi anni la dorsale dei futuri sviluppi per il rilancio dello Stretto e la modernizzazione della sua realtà sociale e culturale.

Sit tibi terra levis. In morte di Giovanni Molonia, storico

Se ne è andato Giovanni Molonia, intellettuale messinese generoso e sagace. Per più di un quarantennio si è occupato di recupero, conservazione e studio delle memorie storiche del territorio peloritano di cui è stato qualificato, attento e meticoloso cultore e divulgatore. È una grave perdita per Messina e per tutti gli studiosi messinesi e non, cultori di storia locale, che, con la sua morte, perdono un importante e significativo punto di riferimento.
Saro Abate
Facebook

Giovanni Molonia ci ha lasciato, ma i giganti come lui muoiono soltanto fisicamente perché l’immortalità l’hanno raggiunta con le loro opere. Ci sarà in ogni tempo qualcuno che vedrà un suo articolo di giornale, un libro, un saggio, un catalogo, e in quel momento la morte sarà sconfitta, per sempre.
Nino Principato
Lutto a Messina, è morto lo studioso Giovanni Molonia

Uomo che ha letto tutti i libri, Giovanni è stato uno studioso anomalo, atipico, direi unico nel panorama degli intellettuali messinesi. Lo caratterizzava la refrattarietà a ogni genere di protagonismo, l’assoluta mancanza dell’autoreferenzialità tanto di moda tra coloro che si ritengono dotti, la curiosità infinita verso ogni aspetto della storia della nostra città, l’incredibile abilità nel compulsare archivi, biblioteche, fondi librari pubblici e privati, e mettere in relazione tra loro fonti e notizie di diversa origine e provenienza. Le sue schede su fatti e personaggi della storia messinese erano puntuali monografie in cui non veniva trascurato alcun dato, alcun aspetto della materia trattata. È stato, Giovanni, uno studioso d’altri tempi, al pari degli eruditi messinesi otto-novecenteschi (La Corte Cailler, Arenaprimo, Grosso Cacopardo, Puzzolo Sigillo e altri) da lui tanto amati, i cui scritti in sommo grado padroneggiava.
Sergio Todesco
In ricordo di Giovanni Molonia, l’uomo che ha letto tutti i libri

Io piango semplicemente l’amico. I libri che ha scritto in tutti questi anni parlano per lui. Il mio sentimento? Mi sento ancora più solo di quanto già non fossi. Sit tibi terra levis.
Sergio Bertolami

Un master sullo “Sviluppo economico sostenibile nell’area mediterranea”

Il master internazionale MBA ‘SED MED’ opera su tre assi principali di azione:
– approfondisce alcuni dei temi che emergono dal dibattito attuale delle “energie economiche in atto” e delle istanze delle comunità e dei territori dell’area mediterranea;
– apre a una visione innovativa di integrazione e coordinamento dei sistemi di gestione pubblici e privati sui temi più cogenti che riguardano i settori dello sviluppo economico sostenibile e della “crescita blu”;
– si pone in linea con le direttive europee che riguardano anche la costituzione di una “Macroregione Mediterranea” capace di sciogliere e connettere i flussi per esprimere quel potenziale finora in gran parte inespresso in termini economici, sociali e culturali.

MIC Faenza: Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America

AZTECHI, MAYA, INCA e le culture dell’antica America
MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche), Faenza
11 novembre 2018 – 28 aprile 2019
Mostra a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta

WEBSITE DELLA MOSTRA

A Faenza, la spettacolare mostra che il MIC Museo Internazionale delle Ceramiche dedica a “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America” (dall’11 novembre al 28 aprile prossimi, a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta) stupirà i visitatori non  soltanto per la strepitosa bellezza e raffinatezza  delle ceramiche esposte – veri e proprio capolavori d’arte – ma anche per i molti, curiosi spunti di  approfondimento che arricchiscono l’esposizione.

Uno dei più curiosi riguarda l’invenzione del gioco con la palla, che può essere considerato progenitore del nostro calcio e di tutti gli sport in cui si usa una palla che rimbalza.Infatti negli altri giochi dell’antichità e degli altri continenti che potrebbero rivendicare un legame analogo si usavano palle che non rimbalzavano.

Lo illustra, nel catalogo edito da Silvana che accompagna la mostra, Antonio Aimi. “Il gioco della palla – scrive Aimi – era presente in molte culture dell’antica America, dalla Mesoamerica alle Ande Meridionali, dall’Area Intermedia all’Amazzonia, ma non nell’Area Peruviana. Quello praticato nella Mesoamerica  può essere considerato il gioco a squadra più antico del mondo, che aveva una centralità sconosciuta altrove e che ha lasciato monumenti impressionanti (il campo da gioco di Chichen Itza è lungo 168 metri) e paraphernalia straordinari.

Il gioco della palla poteva essere praticato – continua il prof. Aimi – in spazi aperti o in costruzioni apposite, gli sferisteri, strutture allungate a forma di “I”, che erano delimitati o da bassi muretti o da grandi costruzioni con pareti inclinate o verticali, in cui, a partire dall’Epiclassico, erano inseriti degli anelli. Il terreno degli sferisteriera diviso a metà dai marcadores che delimitavano il campo di ogni squadra. Il gioco era la reiterazione di eventi dei miti cosmogonici di cui erano stati protagonisti gli eroi culturali e gli stessi dei….

Pur essendo nato come rituale religioso, nel corso del tempo il gioco della palla acquisì sempre più una componente profana, tant’è vero che le cronache riferiscono che alla vigilia della Conquista le partite erano accompagnate da un “tifo” appassionato e da numerose scommesse”.

Ma come si svolgevano quelle partite? I palloni usati erano più piccoli degli attuali. Il loro diametro non superava i 15 centimetri. La palla  poteva essere colpita solo con le anche, le cosce o le ginocchia e ogni squadra doveva rinviare la palla nel campo degli avversari senza farla uscire dallo sferisterio, né farle toccare il terreno. Vinceva chi, commettendo meno errori, arrivava a totalizzare per prima un determinato punteggio.

Ma quelle antiche partite anticipano anche altri sport di oggi. ad esempio la pallacanestro. Se, infatti, nel corso delle partite   una squadra riusciva a far passare la palla attraverso gli anelli, che, a partire dal Postclassico erano stati collocati ai lati del campo, vinceva ipso facto la partita.

“Nel corso di circa 3000 anni di storia mesoamericana si sono sviluppate –sottolinea l’esperto – diverse varianti del gioco. Nella regione dell’Oaxaca si usava una palla di piccole dimensioni che veniva lanciata con guanti pesanti, nell’Area Maya si giocava anche con una palla di grandi dimensioni (circa un metro di diametro) fatta, probabilmente, di una pelle gonfiata. A Teotihuacan, la grande metropoli che dominò la Valle del Messico durante il Periodo Classico, pare che esistessero anche altri due modi di giocare. Il primo prevedeva di colpire la palla coi piedi, il secondo con una mazza e veniva praticato in un terreno aperto delineato da marcadores verticali, mobili e componibili, che, una volta assemblati, sembravano colonne sormontate da una sfera e da un cerchio”. Come a dire, nulla di nuovo sotto il sole dello sport!.

Fondazione Ferrero – Dada e Surrealismo dal Museo Boijmans Van Beuningen

Dal nulla al sogno
Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen
A cura di Marco Vallora
Fondazione Ferrero
dal 27 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019

La mostra Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen si tiene alla Fondazione Ferrero ad Alba dal 27 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019. Curata dal professor Marco Vallora, la mostra si articola seguendo una logica espositiva che riflette le suggestioni surrealiste nel modo in cui le opere sono presentate. L’esposizione si suddivide in nove sezioni, all’interno delle quali si susseguono opere di grande pregio e dal forte impatto. Le opere coesistono in un dialogo ora armonico, ora contrastante, seguendo una progressione prevalentemente tematica e prestando un’attenzione particolare alla cronologia degli eventi. I capolavori esposti riflettono alcune delle problematiche e dei temi che contribuiscono a segnare i confini tra la poetica nichilista del movimento Dada e quella più propositiva tipica del Surrealismo: il caso, la bruttezza estetica, il sogno, l’inconscio, la relazione con l’arte antica, il legame tra arte e ideologia.

In occasione della mostra, questo autunno, molti dei capolavori del Museo Boijmans Van Beuningen saranno trasferiti alla Fondazione Ferrero. La maggior parte delle opere sarà esposta in Italia per la prima volta in assoluto. Come spiega il curatore, Marco Vallora: «In un’esposizione profondamente ragionata ed articolata, la Fondazione presenta una nuova mostra internazionale in occasione del suo appuntamento biennale con la grande arte. Questa mostra unica nel suo genere si distinguerà da quelle precedenti, in quanto includerà anche libri, poesie e riviste, tutti legati ai due movimenti, unitamente a opere pittoriche e scultoree innovative e spesso rivoluzionarie, altamente evocative e di grande rilevanza storica».

Grazie alle opere concesse in prestito dal Museo Boijmans Van Beuningen, saranno esposte tre versioni diverse delle Boîtes (“scatole”) di Marcel Duchamp (La boîte verte, La boîte-envalise, À l’infinitif). A partire dagli anni ‘30 del Novecento Duchamp cessò di essere un artista, diventando all’apparenza un semplice giocatore di scacchi e, in queste scatole, egli ripose tutta la sua scandalosa oeuvre, mosso dall’intento polemico e sarcastico di distruggere l’idea di genio artistico, rimpiazzando la pomposa esposizione museale con una semplice valigetta, pronta a seguire il suo nomadismo costituzionale e la sua caustica, corrosiva ironia. Attraverso la parola shock “nulla”, il titolo della mostra mira a sorprendere e affascinare, ma anche a perseguire uno dei capisaldi più radicali del programma dadaista. Non solo basato Dadaismo segue altresì le regole dell’azzardo e del gioco, e in particolare, protende verso la negazione dell’arte stessa, il rigetto della bellezza da museo, e con i suoi ready-made, verso il rifiuto dell’arte decorativa e rassicurante. Al contrario, l’opera d’arte, che ormai non è quasi più né un’opera né arte, deve suscitare sentimenti d’inquietudine, turbamento e in particolare, insinuare dubbi nello spettatore. L’esposizione include inoltre Man Ray, Arp e un’eccentrica e provocativa tela del dandy spagnolo naturalizzato parigino, Francis Picabia.

Spostandosi verso il Surrealismo e il suo mondo onirico, troviamo i disegni preparatori e uno straordinario dipinto di Salvador Dalí ispirato al libro di Raymond Rousell New Impressions of Africa. Un’altra importantissima opera è costituita dai Chants de Maldoror del Comte de Lautréamont, illustrati sia da Dalí sia da Magritte. Man Ray nell’opera L’enigme d’Isidore Ducasse, nascose una macchina da cucire Singer sotto la coperta di un’asse da stiro, forse un omaggio a Winnaretta Singer, grande mecenate del movimento e delle pellicole in mostra, ma certamente anche un tributo alla famosa massima di Lautréamont: «Bello come l’incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da cucire e di un ombrello».

La parte della mostra dedicata ai Sogni simboleggia una sorta di nuovo inizio dopo l’annichilimento e il rifiuto radicale dell’arte perpetrato dai dadaisti. Per questo motivo, la parola “sogno” significa qui libertà, spensieratezza, ma anche introspezione e penetrazione dell’inconscio. Tutto ciò si riflette nei dipinti di scenari sommersi di Yves Tanguy, nelle creazioni visionarie di Victor Brauner, nelle bambole sadomasochistiche di Hans Bellmer, nelle fotografie di Claude Cahun, e nelle teche di un poeta-artigiano quale Joseph Cornell.

Il Museo BOIJMANS VAN BEUNINGEN Situato nel cuore di Rotterdam da ben 170 anni, il Museo Boijmans Van Beuningen si distingue da sempre per il suo carattere eclettico. Il museo prende il nome da due importanti collezionisti: Frans Boijmans e Daniël George van Beuningen, i quali hanno contribuito ad arricchire la collezione di molti capolavori. Bosch, Rembrandt, Van Gogh, Dalí e il design olandese: visitare il Museo Boijmans Van Beuningen significa compiere un viaggio nella storia dell’arte. I capolavori, sia di provenienza olandese che estera, offrono una panoramica completa sull’arte dall’Alto Medioevo sino ai giorni nostri. Capolavori di Monet, Mondrian, Magritte e molti altri ancora offrono uno spaccato sullo sviluppo dell’Impressionismo e del Modernismo. Il museo vanta una delle più vaste collezioni al mondo di arte surrealista ed un’eccellente collezione di Pop Art britannica e americana, che include opere di David Hockney, Andy Warhol e Claes Oldenburg. Inoltre, il museo ospita anche una sezione dedicata alle arti decorative e al design: dalle ceramiche medievali al vetro rinascimentale, dai mobili di Gerrit Rietveld fino al design contemporaneo olandese. Al momento, il museo sta accrescendo la propria superficie espositiva attraverso la costruzione di un deposito di alto profilo: nel 2021, sarà infatti inaugurata la nuova dimora che andrà ad ospitare la collezione del museo – attualmente composta da 151.000 opere – e che sorgerà a fianco del museo principale. L’edificio, progettato dallo studio di architettura olandese MVRDV, sarà il primo deposito ad essere interamente aperto al pubblico – un primato mondiale del quale andiamo particolarmente fieri.

Museo Boijmans Van Beuningen – il Surrealismo nei Paesi Bassi
Il Museo Boijmans Van Beuningen vanta una vastissima collezione di arte surrealista, i cui primi dipinti – Au seuil de la liberté (Sulla soglia della libertà) di Magritte e Le couple di Max Ernst – sono stati acquisiti nel 1966. Mentre gli altri musei olandesi si concentravano sul freddo modernismo nordeuropeo, il Museo Boijmans Van Beuningen ha rivolto la sua attenzione agli sviluppi in atto nelle città meridionali, quali Bruxelles, Parigi e Madrid. Il museo ha organizzato mostre delle opere di Man Ray e René Magritte e, nel 1970, a Rotterdam si è tenuta la prima retrospettiva europea dedicata a Salvador Dalí. La collezione surrealista comprende adesso oltre 125 dipinti e sculture e una collezione di libri e pubblicazioni rare, e richiama a sé gli amanti dell’arte di tutto il mondo. Svariate delle opere iconiche parte di questa collezione erano originariamente proprietà del collezionista britannico Edward James, il quale fu per diversi anni il patrono di Dalì e di Magritte. Lo ritroviamo ritratto nel celebre dipinto La reproduction interdite, che sarà esibito come parte della mostra.