Comprendere l’arte: Le vibrazioni cromatiche del Divisionismo di Piernicola Musolino

Piernicola Musolino, Occhio ribelle

Mostre ed eventi che scorriamo sulle pagine di Experiences celano spesso l’opportunità di sviluppare riflessioni che gioverebbe cogliere. Riguardano tematiche e realizzazioni, oppure forme espressive o semplicemente l’uso di specifiche parole. Partiamo quest’oggi da una parola, Divisionismo, citata a proposito di una mostra che si apre sabato 11 e durerà fino a martedì 21 giugno. Nella prestigiosa cornice del Teatro Vittorio Emanuele di Messina saranno infatti esposte le opere recenti del pittore Piernicola Musolino. Come è scritto nelle pagine di presentazione della mostra, il pittore messinese lavora sulla scomposizione delle forme e dei colori, sia attraverso una ricerca naturalistica che astratta. Ciò che predomina è una declinazione di toni differenti che montano e smontano il tema prescelto in figure geometriche che si succedono in una fantasmagorica alternanza di luci, colori, immagini, figure. Il soggetto nel quadro è solo lo spunto di partenza. Ciò che più conta è l’effetto che riesce a creare su chi lo guarda.

È detto nel suo testo critico che la tecnica di Musolino, sulla scia del “Divisionismo”, trasforma e traduce le immagini in pure vibrazioni cromatiche. I critici d’arte usano spesso un linguaggio apparentemente criptico per chi ha poca dimestichezza con certe problematiche specifiche. Cos’è il “Divisionismo”? A leggere la nota che segue è possibile comprendere, per brevi linee, da dove nasce e quali indirizzi ha sviluppato questa corrente pittorica, che ha trovato negli artisti diverse manifestazioni scaturite da differenti richiami e sensibilità. Piernicola Musolino offre al pubblico dei suoi estimatori una propria chiave di lettura del Divisionismo.   

LA MOSTRA
LA MOSTRA

Cos’è il “Divisionismo”?

Il Divisionismo è una corrente espressiva che si sviluppa all’interno della continua e frastagliata ricerca della pittura neoimpressionista. Prende questo nome soprattutto in Italia ed ha come punto di riferimento la variante francese, più conosciuta, chiamata Puntinismo (Pointillisme). I fondamenti teorici si basano sulla separazione dei colori in singoli punti o linee che si mescolano otticamente nella retina. I divisionisti partivano dall’assunto che l’occhio dell’osservatore combinasse otticamente i colori, ciò permetteva all’artista di non amalgamare sulla tavolozza i pigmenti pittorici. In questo modo, sempre secondo i divisionisti (ma il punto fu contestato), si otterrebbe la massima luminosità possibile scientificamente provata. Il fondatore di questo nuovo stile fu il pittore Georges Seurat che intorno al 1884 lo presentò col nome di cromoluminarismo, con riferimento diretto alle teorie scientifiche di Michel Eugène Chevreul, Ogden Rod e Charles Blanc.

Paul Signac, Ritratto di Félix Fénéon, 1890

Fondamenti tra scienza e arte

Il divisionismo si sviluppò nella pittura del XIX secolo quando gli artisti scoprirono teorie scientifiche della visione che sostenevano un allontanamento dai principi dell’impressionismo, all’epoca già ben sviluppato. Le teorie scientifiche e le regole del contrasto cromatico che avrebbero guidato la composizione per i divisionisti contrapponevano il movimento neoimpressionista all’impressionismo, caratterizzato dalla rappresentazione della natura, della luce e dei suoi effetti su colori e forme. Tra scienziati e artisti, le cui teorie neoimpressioniste sulla luce o sul colore hanno ottenuto un notevole impatto per lo sviluppo del divisionismo, si includono Charles Henry, Charles Blanc, David Pierre Giottino Humbert de Superville, David Sutter, Michel Eugène Chevreul, Ogden Rood e Hermann von Helmholtz. Il divisionismo ottenne rapida attenzione positiva, ma altrettanto negativa, da parte della critica d’arte favorevole all’adozione di teorie scientifiche nelle nuove tecniche pittoriche. Interessati al movimento, vale citare in particolare Félix Fénéon, Arsène Alexandre e Antoine de la Rochefoucauld.

Georges-Pierre Seurat, Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, 1884-1886

Le origini

Il divisionismo trova le sue origini nel capolavoro di Georges Seurat Domenica pomeriggio sull’isola di Grande Jatte, una grande tela di (207,6×308 cm) dipinta tra 1884–86. Seurat – uscito dall’École des Beaux-Arts di Parigi, ammiratore dei pittori della scuola di Barbizon – già dal 1883, insieme ad altri suoi colleghi, iniziò a sperimentare nuovi modi per manifestare quanta più luce possibile su tela. Nel 1884, presenta a una mostra la prima opera importante in tal senso, Bagnanti ad Asnières (Une baignade à Asnières), oltre a piccoli schizzi da cui prenderà spunto Domenica pomeriggio sull’isola di Grande Jatte. Nasceva così, in queste continue e precise ricerche condotte in lunghissime ore di applicazione nel suo studio, la teoria del cromoluminarismo. Inizialmente, il dipinto della Grande Jatte fu realizzato separando semplicemente i colori, ma nell’inverno del 1885-86 venne definito secondo l’interpretazione delle teorie scientifiche del colore e della luce, migliorandone le proprietà ottiche.

La stella dei colori di Charles Blanc

Teoria del colore

La grammatica del disegno artistico di Charles Blanc introdusse Seurat alla teoria del colore e della visione che ispirò il cromoluminarismo. Il lavoro di Blanc, basandosi sulle teorie di Michel Eugène Chevreul e Eugène Delacroix, affermava che la miscelazione ottica dei punti di colore creava l’impressione di colori più vividi e più puri rispetto al tradizionale impasto dei pigmenti. Tale impasto è un processo sottrattivo con i colori primari ciano, magenta e giallo. D’altra parte, quando la luce colorata viene miscelata otticamente, si forma una combinazione additiva, i cui colori primari sono rosso, verde e blu. Secondo Jean Sutter (The Neo Impressionists. Greenwich, CT: New York Graphic Society, 1970) i dipinti di Seurat, in realtà, non raggiungevano una vera fusione ottica; pertanto, questa teoria era certamente più utile ad evocare un senso ottico di vibrazioni di colore, dove i toni contrastanti conservavano la loro identità unica e indipendente, inoltre, per sfruttare la teoria del contrasto simultaneo di Chevreel, i colori contrastanti (tecnicamente detti “colori complementari”) potevano essere collocati gli uni accanto agli altri.

Il Divisionismo in Francia e in Europa

Le teorie di Seurat attirarono molti dei contemporanei, mentre agli artisti del movimento neoimpressionista si unirono artisti che cercavano una risposta all’impressionismo, aprendo nuove strade espressive. Paul Signac in particolare divenne uno dei principali fautori della teoria divisionista, soprattutto dopo la morte di Seurat nel 1891. Infatti, il libro di Signac D’Eugène Delacroix au Néo-Impressionnisme, pubblicato nel 1899, conia e articola il termine neoimpressionismo. Oltre a Signac, altri artisti francesi hanno adottato il divisionismo. Tali pittori, per lo più erano iscritti alla Société des Artistes Indépendants, ed esponevano al Salon of Independents. Tra questi possiamo menzionare Camille e Lucien Pissarro, Albert Dubois-Pillet, Charles Angrand, Maximilien Luce, Henri-Edmond Cross e Hippolyte Petitjean. Pur tuttavia, partendo dal divisionismo delle origini, l’influenza di questa teoria può essere intravista in alcuni successivi dipinti di Henri Matisse, Jean Metzinger, Robert Delaunay e Pablo Picasso. Nel 1907, proprio Metzinger e Delaunay furono identificati dall’influente critico francese Louis Vauxcelles come divisionisti dai grandi “cubi”, le cui rappresentazioni permettevano composizioni piccole ma altamente simboliche. Si stava in altri termini formando un nuovo contesto dal quale prenderanno vita le opere cubiste. Allo stesso tempo, autori come Piet Mondrian, Jan Sluijters e Leo Gestel, nei Paesi Bassi, a partire dal 1909 svilupparono tecniche pittoriche di scomposizione della tela simili a quelle dei divisionisti. I futuristi in seguito (1909-1916) adattarono questo stile, in parte influenzato dall’esperienza parigina di Gino Severini (dal 1907), nel loro dinamismo che interessò grafica, pittura e scultura.

Gino Severini, La danza del pan-pan al Monico, 1911

Il Divisionismo in Italia

L’influenza di Seurat e Signac su alcuni pittori italiani si manifestò alla prima Triennale nel 1891 a Milano. Fra questi, Vittore Grubicy de Dragon e poi Gaetano Previati nei suoi “Principi scientifici del divisionismo” del 1906. Molti altri artisti, soprattutto nel Nord Italia, sperimentarono diverse soluzioni. Giuseppe Pellizza da Volpedo applicò la tecnica pittorica alle problematiche sociali e politiche; Angelo Morbelli ed Emilio Longoni seguirono il suo percorso artistico. Tra le opere divisioniste di Pellizza da Volpedo si ricordano Speranze deluse del 1894 e Sole Nascente del 1904, nonché il suo capolavoro, Il quarto stato olio su tela di grandi dimensioni (293×545 cm). Su questa scia, il divisionismo trovò altrettanti sostenitori anche nel campo della pittura di paesaggio. Basti ricordare Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Angelo Morbelli e Matteo Olivero. Altri pittori, aderenti ai temi pittorici di genere, furono Plinio Nomellini, Rubaldo Merello, Giuseppe Cominetti, Camillo Innocenti, Enrico Lione, Arturo Noci. Il divisionismo fu importante anche nelle opere Ricordi di viaggio del futurista Gino Severini del 1911, Giacomo Balla Lampada ad arco del 1909; Carlo Carrà Uscita di scena del 1910 e Umberto Boccioni La città si risveglia dal 1910.

LEGGI SU WIKIPEDIA LE VOCI:
Divisionismo
Puntinismo

St. Moritz (Svizzera), Museo Segantini: All’ovile. Genesi di un capolavoro

La rassegna documenta quanto lo studio degli effetti luministici in un ambiente chiuso sia stato di fondamentale importanza per la creazione di uno dei maggiori capolavori divisionisti del maestro italiano.
Il percorso espositivo si completa con il dipinto Ritorno all’ovile del 1888 dalla Collezione Otto Fischbacher e tre disegni coevi.
Una sezione presenta le indagini diagnostiche condotte sulla tela di All’ovile che rivelano un ripensamento, poi cancellato.

ST. MORITZ (SVIZZERA) | MUSEO SEGANTINI
FINO AL 20 OTTOBRE 2022

GIOVANNI SEGANTINI. ALL’OVILE
GENESI DI UN CAPOLAVORO

A cura di Annie-Paule Quinsac

Giovanni Segantini, Ritorno all’ovile, 1888 © Stephan Schenk

Fino al 20 ottobre 2022, il Museo Segantini a St. Moritz (Svizzera) ospita la mostra Segantini. All’ovile. Genesi di un capolavoro.

L’esposizione, curata da Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo ragionato di Segantini, e prodotta congiuntamente alle Gallerie Maspes di Milano, in collaborazione con METS Percorsi d’arte, presenta una delle opere divisioniste più importanti del maestro trentino, realizzata nel 1892.

All’ovile fa parte di un ciclo di tre dipinti dedicati agli effetti della luce di lanterna in un ambiente chiuso e buio che ripropongono, con un linguaggio moderno e sperimentale, la tradizione luminista seicentesca, da Caravaggio ai fiamminghi e alle acqueforti di Rembrandt, che Segantini ben conosceva.

La prima, la più monumentale, “Le due madri. Studio di lanterna” del 1889, si trova alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano; la seconda, “All’arcolaio”, del 1891, è conservata dal 1898 in Australia alla National Gallery di Adelaide.

Nonostante siano tutte di altissima qualità, l’effetto magico della luce che avvolge la scena è particolarmente percettibile in All’ovile, proprio per la dimensione più intimista di questo quadro.

Per quanto riguarda la tecnica divisionista, qui Segantini va oltre la resa suggestiva della luce utilizzando trattini di colori puri giustapposti. L’utilizzo di oro in polvere e in particelle incorporate all’impasto fresco gli consente di accentuare le vibrazioni della luce.

Come sempre colpisce la sua capacità di suggerire l’essenza delle cose, la loro fisicità: dal vello delle pecore al tessuto del vestito della donna, al suo volto e al legno della mangiatoia e della culla.

Che il motivo della luce di lanterna in un interno con le sue valenze simboliche abbia affascinato e ispirato Segantini, lo dimostrano altre opere presenti nel percorso espositivo, come i disegni I miei modelli (1890) e All’arcolaio (1891-93).

A questi si affiancano due capolavori della collezione Otto Fischbacher Giovanni Segantini Stiftung, in deposito al museo engadinese: un dipinto e un disegno intitolati entrambi Ritorno all’ovile.

Se la luce della lanterna all’interno della stalla è simbolo di calore, sicurezza e tregua, anche se solo temporanea, dalle fatiche della vita del pastore, Ritorno all’ovile del 1888 raffigura invece un esterno dominato dalla luce fredda e ostile di un crepuscolo autunnale. L’atmosfera di mestizia e rassegnazione, accentuata dalla figura curva della pastora stanca di ritorno dal lavoro, è mitigata dall’ingresso della stalla fortemente illuminato, promessa di ricovero e riposo.

Nel disegno più tardo Ritorno all’ovile del 1891-92, lo stesso motivo è rappresentato in una forma simbolicamente accentuata. 

Completa la rassegna una sezione che presenta i risultati delle indagini diagnostiche realizzate da Davide Bussolari e Stefano Volpin, che consentono di andare oltre gli aspetti percettibili a occhio nudo, ed “entrare” nel lento percorso creativo dell’artista e di scoprire l’esistenza di un ripensamento poi cancellato.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano/inglese) Gallerie Maspes edizioni.

Giovanni Segantini – Note biografiche

Segantini nacque il 15 gennaio 1858 ad Arco, in provincia di Trento, che allora faceva parte dell’Impero austro-ungarico. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano e ottenne il suo primo successo con il dipinto “Il coro della chiesa di Sant’Antonio in Milano” (1879).

Nel 1881 Segantini lasciò Milano e si trasferì con la compagna Bice Bugatti in Brianza. L’allontanamento dalla città e dall’accademia con i suoi canoni e i soggetti mitologici e religiosi obbligati fu una scelta di principio. A quel tempo la Brianza era una regione rurale, Segantini concentrò il suo studio sulla vita quotidiana dei contadini e dei pastori. Nel 1882 nacque il primo figlio, Gottardo; seguirono Alberto, Mario e Bianca.

Nell’agosto 1886 il pittore, dopo un lungo viaggio esplorativo, si stabilì con la famiglia a Savognin, un villaggio di contadini di montagna nell’Oberhalbstein (cantone dei Grigioni). Nell’inverno del 1886/87 il suo mercante d’arte, Vittore Grubicy, gli fece visita e informò il suo protetto sulle tendenze artistiche più moderne in Francia. Fu però soprattutto il paesaggio montano con la sua luce intensa che portò Segantini ad un nuovo linguaggio pittorico. Con il passare del tempo questi arricchì di un contenuto simbolico i paesaggi alpini meticolosamente osservati, in modo da creare visioni allegoriche di rara luminosità. L’allontanamento dalla pittura realista di genere avvenne in una fase di crisi del realismo in tutta Europa.

Dopo otto anni di soggiorno a Savognin, Giovanni Segantini si trasferì in Engadina con la sua famiglia. Nel 1894 prese in affitto lo Chalet Kuoni a Maloja. Anche qui l’artista, i cui dipinti erano tra i più costosi dell’epoca, mantenne il lussuoso stile di vita dell’alta borghesia milanese, sperperando così in breve tempo i guadagni considerevoli. I mesi invernali li trascorreva a Soglio in Val Bregaglia.

All’età di 41 anni, Segantini morì inaspettatamente di peritonite il 28 settembre 1899 sul monte Schafberg sopra Pontresina, mentre stava lavorando al quadro centrale del suo Trittico della natura.


GIOVANNI SEGANTINI. ALL’OVILE.
Genesi di un capolavoro
St. Moritz (Svizzera), Museo Segantini (via Somplaz 30)
20 maggio – 20 ottobre 2022

Orari: martedì-domenica, 11.00-17.00

Biglietti:
Adulti, CHF 15.00
Studenti (16–25 anni), CHF 10.00
Bambini da 6 a 16 anni, CHF 3.00
Bambini sotto i 6 anni, gratuito
Giornalisti con tesserino stampa, CHF 10.00

Informazioni:
Tel. +41 81 833 44 54; info@segantini-museum.ch / info@kubus-sils.ch

Sito internet:
www.segantini-museum.ch

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | tel. 02.36755700 | clara.cervia@clp1968.it | www.clp1968.it

Pisa: Campi estivi al Museo della Grafica

In occasione delle vacanze estive, il Museo della Grafica organizza:

UN TUFFO NELLA CREATIVITÀ

Campi estivi per giovani artiste e artisti dai 6 agli 11 anni

(i bambini devono aver frequentato il primo anno della Scuola Primaria)

Ogni settimana sarà dedicata ad una tematica specifica che sarà affrontata sperimentando con fantasia e creatività varie tecniche artistiche (stampa, tempera, acquerello, collage, tecnica dello strappo della carta, assemblaggio, tecniche miste). Durante ogni modulo i partecipanti creeranno un’opera concepita per dare spunto a giochi  ed attività in famiglia e con gli amici. Alla fine di ogni settimana sarà consegnata l’opera finale del modulo. 

4 – 8 luglio: “A spasso nel tempo”
11 – 15 luglio: “In fondo al mare…”
5 – 9 settembre: “Un viaggio tra immaginazione e coraggio”*

Orario: 8:15 – 14:15 (merenda e pranzo al sacco a cura della famiglia)

Costo settimanale: 105,00 €

*Riduzione del 10% per i figli/e dei soci Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno solo per la settimana dal 5 al 9 settembre

Informazioni e prenotazioni online cliccando il logo: 


Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060 (62-66-67)
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it