Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro: IL RITRATTO VENEZIANO DELL’OTTOCENTO

Ludovico Lipparini: Il maresciallo Marmont, olio su tela, 105x91cm.
Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

La ripresa della mostra Il ritratto veneziano dell’Ottocento a cento anni dalla sua  concezione e realizzazione rappresenta oggi un traguardo importante, e dovuto, di  un’istituzione museale come Ca’ Pesaro. 
Le ragioni di questa mostra sono molte: in prima istanza la rassegna rappresenta una formidabile occasione di esporre e rivedere le nostre collezioni di Ottocento e di mettere a confronto autori con opere disseminate in musei e raccolte private del territorio. L’esposizione inoltre consente di individuare, nel frastagliato percorso dell’arte del XIX secolo, le punte e le novità di numerosi artisti riattribuendo, laddove necessario, la paternità di alcune produzioni. Emergono così figure nitide e ben definite che, all’interno del percorso in mostra, organizzato per macroaree cronologiche e stilistiche, costituiscono talvolta degli approfondimenti monografici di sicuro impatto per la critica d’arte e per i visitatori. Alcuni autori si conosceranno molto meglio, ci auguriamo, dopo questa rinnovata rassegna a distanza di un secolo; altri si apprezzeranno per la prima volta, poiché caduti nell’oblio o limitati a studi specialistici e locali; altri ancora godranno di nuova linfa dal confronto e dal dialogo con i colleghi, cui li accomuna il destino di essere stati esposti insieme già nel 1923, sempre al secondo piano di Ca’ Pesaro. Il luogo conserva la memoria della mostra di cent’anni fa, così come le collezioni ne conservano testimonianza. 

IL RITRATTO VENEZIANO DELL’OTTOCENTO

Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

21 ottobre 2023 – 1 aprile 2024

A cura di Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo

Con il Patrocinio della Regione Veneto
In collaborazione con Gallerie dell’Accademia

L’area interessata dalla mostra è quella del Triveneto, del Friuli e del Trentino, secondo una geografia artistica che ha visto da sempre gli artisti scambiarsi idee e ricerche, convergendo sovente su Venezia quale luogo pivotale dell’intero territorio, esteso ben oltre i confini regionali. L’operazione di oggi è anche un momento di ripensamento delle collezioni ottocentesche conservate nelle numerose istituzioni museali che abbiamo coinvolto per i prestiti e per la ricerca delle informazioni. Padova, Vicenza, Bassano del Grappa, Pordenone, Trieste, Trento, Rovereto, Treviso, Belluno, sono tutti luoghi di provenienza, e spesso di destino, degli autori esposti a Ca’ Pesaro nell’autunno del 1923, a delineare un’area culturale che vide Venezia come luogo prediletto di incontro, anche durante un secolo così frammentato come il XIX. Ufficializzata il 25 luglio per aprire ai primi di settembre, e quindi organizzata in un mese soltanto, l’esposizione inaugurò l’8 settembre alle 10.30 nel salone del primo piano di Ca’ Pesaro, per durare due mesi, fino a fine ottobre. Non fu esaustiva del discorso intorno all’Ottocento veneziano non solo per i tempi strettissimi che portarono a scelte dolorose o lacune inevitabili, ma anche perché il taglio sul ritratto e il fatto che fosse la prima operazione pubblica di questo tipo la caratterizzò come importante punto di partenza, non certo di arrivo. 

A livello museografico, l’iniziativa del 1923 inaugurò una fase nuova per la Galleria e un innovativo modello di mostre. Con Gino Fogolari, Giulio Lorenzetti e Giuseppe Fiocco, Barbantini, in pochissimi mesi, aveva raccolto a Ca’ Pesaro 241 opere di 50 artisti, esposte al secondo piano del Museo. Non solo l’attività espositiva storica si affiancava alla collezione permanente di Ca’ Pesaro, ma diventava

anche strumento privilegiato per la ricerca critica. La mostra sull’Ottocento divenne così emblematica di una nuova interpretazione delle esposizioni temporanee, concepite intorno a un tema o a un autore, realizzate attraverso prestiti da altri musei e da privati, e tese a mostrare, studiare, infine portare alla luce periodi della storia dell’arte non sufficientemente conosciuti o indagati. 

Si trattò inoltre di uno spostamento di paradigma nell’interpretazione stessa di Ca’ Pesaro, che da «palazzo delle arti», secondo l’accezione dinamica che lo contraddistinse nella prima parte dell’attività di Barbantini e fino alla Prima guerra mondiale, divenne istituzione museale nel senso che conosciamo oggi. La stessa collezione ne uscì mutata, con l’arrivo di importanti donazioni e acquisizioni di arte del XIX secolo che costituirono un nucleo molto significativo e che completarono la trasformazione del palazzo da Galleria a Museo. 

A ulteriore testimonianza del successo e della lungimiranza dell’operazione ideata da Barbantini fu anche la risposta del pubblico, con 8000 visitatori paganti durante i due mesi di apertura della mostra. Grande attenzione fu rivolta dal direttore al pubblico, sia nella promozione che nella didattica. Questo coinvolse anche l’allestimento della mostra, che presentava sale riccamente caratterizzate, con oggetti decorativi e mobilio, a descrivere l’ambiente di una casa borghese o nobiliare. 

Nella mostra di oggi non abbiamo riproposto l’allestimento creato nel 1923, tuttavia abbiamo cercato di riproporre una cronologia e una periodizzazione che rendesse giustizia della mostra originale, pur ricalibrata dopo un secolo di studi sull’arte dell’Ottocento. Ciononostante ci auguriamo che la rassegna odierna risuoni del genio di chi per primo prese in mano Ca’ Pesaro, ne configurò vocazioni e limiti, ne espresse le potenzialità anche attraverso numerose e importanti rassegne monografiche, che ebbero luogo qui o che qui furono concepite. La linea aperta da Barbantini nel 1923 non fu più interrotta e si articolò in rassegne importantissime, come quella sulla pittura  ferrarese del Rinascimento, sulla porcellana a Ca’ Rezzonico, sulla pittura italiana  dell’Ottocento alla Biennale o le monografiche su Tiziano e Tintoretto a Ca’ Pesaro. Ma si era arrivati al 1937 e, come gli storici sanno bene, gli anni Trenta furono «tutta un’altra  storia». A Barbantini era ormai vietato di scrivere di arte contemporanea, dopo che si  era già dimesso dal ruolo di segretario della Bevilacqua La Masa nel 1928; escluso dalla  Biennale, lasciò Ca’ Pesaro, pur continuando la sua attività critica e di ricerca. La sua lezione, le sue anticipazioni e i suoi errori, i suoi sforzi e le sue ingenuità, non sono perduti e riecheggiano oggi nelle luminose sale del secondo piano del Museo. Le opere e gli autori, così come i protagonisti ritratti, non smetteranno di incuriosire ed  entusiasmare, ci auguriamo, le giovani generazioni, i padri e i figli della nostra storia,  anche a distanza di un secolo.


Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce 2076
30135 Venezia
Tel. +39 041 721127
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In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
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