II ed. del Premio “Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”

Lunedì 11 dicembre 2023 alle ore 17.30, nella suggestiva cornice della Sala Conferenze “Mons. Luigi Di Liegro” di Palazzo Valentini, sede della Città Metropolitana di Roma Capitale che ha concesso il patrocinio, affiancati in un percorso sinergico dalla Consigliera delegata alle Politiche Sociali, Pari Opportunità, Cultura, Trasparenza e Anticorruzione Tiziana Biolghini, si svolgerà la Cerimonia di Premiazione della seconda edizione del Premio Internazionale Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti“. 

Infatti la Giuria del Premio – composta da Lorenzo Benedetti – Curatore e Storico dell’arte, Giuseppe Capparelli – Curatore e Storico dell’arte, Luca Centola – Artista, Mario De Candia – Giornalista e Curatore, Fabio De Chirico – Direttore Servizio II Arte contemporanea Direzione Generale Creatività Contemporanea Ministero della Cultura, Gianfranco Grosso – Artista, Francesco Nucci – Presidente Fondazione VOLUME!, Davide Sebastian – Artista, Simona Spinella – Curatrice e Storica dell’arte, Delphine Valli – Artista, e coordinata da Roberta Melasecca – Architetto e Curatrice e da Stefania Calapai – Presidente Angelo Azzurro, ha designato nel mese di ottobre i tre vincitori. 

Il Premio Giovan Battista Calapai” è stato assegnato a ANDREAS ZAMPELLA che riceverà un riconoscimento pari ad € 1300,00, una pubblicazione A-HEAD Edizioni dedicata al suo lavoro e l’opera “De amicitia” realizzata dall’artista Leandro Lottici, in forma di omaggio, che sarà consegnata dalla Presidente di Angelo Azzurro Onlus, Stefania Calapai e da Giuseppe Capparelli. 

La Menzione Speciale Theodora van Mierlo Benedetti” è stata assegnata a LAUREL HAUGE che riceverà un riconoscimento pari ad € 900,00, una pubblicazione A-HEAD Edizioni dedicata al suo lavoro e l’opera “De amicitia” realizzata dall’artista Leandro Lottici, in forma di omaggio, che sarà consegnata da Lorenzo Benedetti e Paolina Benedetti

Il “Premio Piero Gagliardi è stato assegnato a EDSON LULI che riceverà un riconoscimento pari ad € 700,00, una pubblicazione A-HEAD Edizioni dedicata al suo lavoro e l’opera “L’Abbraccio” realizzata dall’artista Leandro Lottici, in forma di omaggio, che sarà consegnata da Rossella Greco e Mina Welby

Il Premio Internazionale “Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”, dedicato alla ricerca artistica di artisti under 35, è promosso da A-HEAD Project – Angelo Azzurro ONLUS e dedicato alla memoria di Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti, due figure centrali che hanno contribuito in modo determinante alla connessione tra la ONLUS dedicata alla lotta contro lo stigma dei disturbi mentali e il settore dell’arte, con la successiva nascita del progetto A-HEAD. Infatti Angelo Azzurro, attraverso il citato progetto, promuove l’arte contemporanea sviluppando un percorso conoscitivo delle malattie mentali sostenendo le ricerche artistiche in tutte loro le declinazioni. Quest’anno l’iniziativa prevede non solo il Premio Giovan Battista Calapai e la Menzione Theodora van Mierlo Benedetti, ma anche il Premio Piero Gagliardi per ringraziare il curatore di A-HEAD per l’encomiabile lavoro di questi anni.

Il progetto A-HEAD nasce nel 2017 per volere della famiglia Calapai per la lotta allo stigma dei disturbi mentali e dalla collaborazione tra l’Associazione Angelo Azzurro ONLUS ed artisti e dj di respiro internazionale: infatti con il progetto A-HEAD Angelo Azzurro, curato da Piero Gagliardi dal 2017, mira a sviluppare un percorso conoscitivo delle malattie mentali attraverso l’arte, sostenendo in maniera attiva l’arte contemporanea e gli artisti che collaborano ai vari laboratori che da anni l’associazione svolge accanto alle attività di psicoterapia più tradizionali. Data la natura benefica del progetto, con A-HEAD la cultura, nell’accezione più ampia del termine, diviene un motore generatore di sanità, nella misura in cui i ricavati sono devoluti a favore di progetti riabilitativi della Onlus Angelo Azzurro, legati alla creatività, intesa come caratteristica prettamente umana, fondamentale per lo sviluppo di una sana interiorità. Lo scopo globale del progetto è quello di aiutare i giovani che hanno attraversato un periodo di difficoltà a reintegrarsi a pieno nella società, attraverso lo sviluppo di nuove capacità lavorative e creative. 

Leandro Lottici, classe 1979, ha studiato scultura presso l’Accademia di Belle Arti RUFA di Roma: come scultore lavora utilizzando diversi metalli, principalmente l’acciaio. Le opere di Leandro sono state acquisite da diversi enti governativi, tra cui il NAMOC – Museo Nazionale d’Arte Cinese di Pechino – Cina, Agenzia delle Dogane – Ministero delle Finanze e Fondazione Franz Ludwig Catel – Roma, Archivio dell’Ufficio Filatelico e Numismatico – Città del Vaticano. Le sculture monumentali sono visibili in diverse città italiane: Arrone – Terni, Fontenuova – Roma, Sissa – Parma, Cosenza e nella Città del Vaticano.

Le opere realizzate per il Premio, De amicitia e L’Abbraccio, sono in acciaio inox su base in plexiglass incisa e smaltata a mano. 


INFO
Premio Internazionale “Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”
Seconda edizione – Premio alla ricerca artistica – Under 35
Cerimonia di Premiazione Premio Internazionale
“Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”

Con il patrocinio della Città Metropolitana di Roma Capitale

Angelo Azzurro ONLUS
infoangeloazzurro@gmail.com
tel. 3386757976
https://associazioneangeloazzurro.org
www.facebook.com/Aheadangeloazzurro
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Ufficio Stampa Angelo Azzurro
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alessio.mrg@hotmail.it
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Barbara Speca
barbaraspeca@libero.it

Ufficio stampa A-HEAD
Roberta Melasecca_Interno 14 next – Melasecca PressOffice
roberta.melasecca@gmail.com – tel. 3494945612
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Il Natale a Genova tra presepi storici e il Tricapodanno

Natale a Genova 2022 – Foto FROG

Natale a Genova, tra eventi storici di tradizione, mostre, mercatini e lo speciale “Tricapodanno”

Il patrimonio presepiale genovese: la Regina del presepe Barocco da quest’anno rilascia il Passaporto dei presepi

Ad aprire ufficialmente le festività natalizie genovesi è il grande albero di Natale che si illumina l’8 dicembre in piazza De Ferrari tra gli appalusi della folla. Da quel momento in poi, è tutto un susseguirsi di eventi, musica e manifestazioni a tema natalizio.

Pochi sanno cheGenova già dalla prima metà del XVI secolo, fino ai primi decenni del XIX secolo, ha rivaleggiato con Napoli nella produzione di figure e sculture dedicate alla Natività. A Genova il Natale significa presepe  perchè insieme al capoluogo partenopeo è una delle capitali europee di questa forma di artigianato artistico: vale dunque la pena di visitare i piccoli e i grandi presepi storici allestiti in tutta la città. Sonomolto pregiati quelli del ‘700 con figure lignee vestite accuratamente con preziosi abiti d’epoca. Abili artisti intagliatori hanno creato opere d’arte che si possono ammirare ancora oggi. Il presepe genovese si distingue da tutti gli altri per precise caratteristiche: le figure  che arrivano fino ad un altezza di 40 cm e sono articolate, realizzate e scolpite in legno e non in terracotta.  L’ambientazione è di solito povera ma colpiscono la ricchezza e la ricercatezza dei costumi riprodotti ad arte fin nei più piccoli particolari. Il bottoncino del vestito, gli orecchini delle dame, le trine e il pizzo macramè, il caratteristico uso del tessuto jeans per gli abiti, pantaloni o tute. Perché il jeans nasce proprio a Genova, come“blue de Genes”. ( Al Museo Diocesiano sono inoltre conservate le gigantesche Tele della Passione del ‘600 realizzate su tessutojeans). Dunque le origini di questa tradizione sono risalenti al 1610, epoca e lo dimostra il documento più antico che testimonia l’esistenza e la nascita del presepe a Genova. Il manoscritto cita il Convento carmelitano di Monte Oliveto, presso il sobborgo costiero di Multedo. Nel Settecento inoltre nasce una vera e propria scuola accostata al nome del celebre scultore Anton Maria Maragliano.

Si inizia in via Garibaldi, già Strada Nuova, e precisamente a Palazzo Rosso dove le statuine del presepe settecentesco di scuola genovese verranno allestite all’interno della cappella dei Brignole-Sale, sullo sfondo di una Adorazione dei Pastori di Antonio Travi conservata nel Museo, e nelle vetrine espositive disegnate dall’architetto Franco Albini, in una presentazione di grande fascino legata al gusto razionalista di uno dei maestri della museografia del Novecento. Alla GAM di Nervi sarà invece esposta una selezione dalla prestigiosa collezione di statuine Sette e Ottocentesche della famiglia Luxoro, in uno speciale allestimento nella Sala Lignea del Merello.Da non perdere il presepe storico permanente al Santuario della Madonnetta, dove il fondale che riproduce scorci di Genova fa da cornice alle dettagliate miniature dei diversi personaggi, popolani, soldati, contadini e mercanti, che animano questo suggestivo presepe. Il Museo dei Beni Culturali Cappuccini propone invece una rassegna affascinante che spazia dalle statuine sette-ottocentesche ai tipici “macachi” di Albisola, alle statuine in carta incollata tipiche dell’entroterra ligure, oltre allo storico presepe meccanico, realizzato da Franco Curti ad inizio Novecento. Novità del Natale 2023, lo speciale Passaporto dei presepi, che verrà consegnato a tutti i visitatori dei presepi storici durante le festività natalizie. Per ogni presepe visitato verrà apposto un timbro, con l’obbiettivo di completare il passaporto scoprendo il maggior numero di presepi.

Il 9 dicembre l’appuntamento è con Christmas in the street, tre spettacoli itineranti di farfalle luminose su trampoli animeranno le vie della città, intervallati da performance teatrali di Igor Chierici, che interpreterà testi legati al Natale.A Genova non è Natale senza il rito del Confeugo, un evento storico legato alla Repubblica di Genova, che quest’anno si celebra il16 dicembre. Sullo sfondo di Palazzo Ducale, antica residenza del doge, l’Abate, in rappresentanza della cittadinanza, offre al sindaco – un tempo il Doge di Genova – un tronco di alloro a cui si appicca il fuoco. Secondo la tradizione i tizzoni portano fortuna, e la direzione del fumo indica come sarà l’anno nuovo. Per chi è in cerca di idee regalo, i mercatini natalizi sono un’ottima soluzione: dal Mercatale, con le caratteristiche casette di legno in piazza de Ferrari, al tradizionale Mercatino di San Nicolaall’insegna della solidarietà, ai numerosi mercatini che animano le vie e le piazzette del centro storico. Non mancheranno glispettacoli natalizi itineranti, spesso accompagnati dalla lettura di favole e racconti, in un ideale collegamento con Genova Capitale del Libro 2023.

Per gli appassionati il Teatro dell’Opera Carlo Felice propone il Concerto di Natale e quello diCapodanno, mentre dal 17 al 21 dicembre, l’appuntamento con Édith, opera lirica Édith Piaf, cantautrice simbolo del Novecento francese della quale ricorre il 60° della scomparsa.

A Natale anche il cibo è tradizione: sono tante le ricette genovesi che festeggiano questo periodo dell’anno, a partire dal Cappon Magro, una piramide di pesce e verdure decorata con scampi e gamberi. Per il pranzo di Natale non possono mancare i natalini, speciale formato di pasta ligure, in brodo di cappone, le lattughe ripiene, la cima alla genovese, un taglio di carne reso speciale da un ripieno saporito e cotto nel brodo. Per il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, si servono i Raieu cö u toccu, ravioli con un ricco sugo di carne. Il dolce che simboleggia il Natale è il pandolce, un goloso impasto leggero con uvetta e frutta candita. 

Per salutare il 2023 in allegria, Genova propone il “Tricapodanno”, una grande festa di Capodanno che dura tre giorni, dal 29 al 31 dicembre!

Durante le Feste è possibile conoscere meglio la città approfittando delle visite guidate, in italiano e in inglese, che ogni fine settimana conducono i visitatori alla scoperta dei Palazzi dei Rolli, del centro storico e dei suoi carruggi, delle Botteghe storiche.  Disponibile anche uno speciale percorso guidato a tema natalizio tra presepi, edicole votive e Chiese dei Rolli. Aggiornamenti su: https://www.visitgenoa.it/store

Da non perdere anche la ricchissima offerta di mostre nei musei genovesi, legata alla programmazione di Genova Capitale del Libro.

“Library at Night”: una mostra immersivaaperta a Palazzo Lomellino fino al 3 marzo. Ispirata all’omonimo libro di Alberto Manguel e curata dal regista Robert Lepage – Ex Machina, Library at Night conduce in un viaggio notturno che, attraverso visori con visione a 360°, permette di esplorare 10 celebri biblioteche del mondo, esistenti, scomparse, o nate dalla fantasia degli scrittori.

“Calvino cantafavole” omaggio allo scrittore: Fino al 7 aprile 2024 a Palazzo Ducale, in occasione del centenario della nascita dello scrittore Italo Calvino. L’esposizione conduce il visitatore alla scoperta del profondo legame di Calvino con l’universo incantato delle fiabe, tracciando un itinerario emotivo inaspettato e straordinario che coinvolge la musica, la televisione e il teatro, con scenografie realizzate dalla Fondazione Luzzati Teatro della Tosse che rendono omaggio ai paesaggi della Liguria.  

“Artemisia Gentileschi, coraggio e passione”: Per la prima volta a Genova una mostra dedicata all’arte di Artemisia Gentileschi, la prima donna a essere riconosciuta come artista e ad essere accolta nell’Accademia d’Arte. L’esposizione, ospitata a Palazzo Ducale fino al 1° aprile 2024, presenta oltre 50 capolavori provenienti da tutta Europa: di tela in tela, si ammirano il talento e la ricchezza di ispirazione di Artemisia Gentileschi e si incontra un personaggio dalla vita travagliata che nel tempo è divenuto anche un simbolo di emancipazione. 

“Steve McCurry – Children”: La mostra tematica dedicata all’infanzia del fotografo simbolo di impegno sociale, visitabile nel Sottoporticato di Palazzo Ducale fino al 10 marzo 2024, presenta una raccolta tematica di scatti che ritraggono bambini provenienti da diverse parti del mondo, dall’Afghanistan all’India, dal Messico al Libano fino in Italia. Immagini che catturano l’innocenza e l’energia dei più piccoli in situazioni come conflitti, povertà e situazioni di lavoro forzato.Gli amanti della bellezza hanno poi un’ottima ragione per spostarsi a Nervi, a Levante del centro città: oltre alla passeggiata sulla scogliera con vista eccezionale sul tramonto e ai Parchi, i Musei di Nervi offrono due mostre raffinate ed eleganti:

“Dialogo tra due “divine” di Giovanni Boldini”: Giovanni Boldrini, fra l’Italia e Parigi, è il cantore dell’estetica dell’alta borghesia e dell’aristocrazia del suo tempo. Fino al 12 gennaio 2024, alle Raccolte Frugone, il celebre “Ritratto di Miss Bell” incontra il “Ritratto della contessa De Leusse“, proveniente dal Museo Boldini di Ferrara: come istantanee, che mettono a confronto differenti versioni del concetto di femminilità e sensualità.

“Rubaldo Merello. Paesaggio e figura”: Alla Galleria d’Arte Moderna dal 21 dicembre al 14 marzo, un’esposizione dedicata all’esperienza artistica di uno tra i più celebri pittori liguri e al più noto e apprezzato cantore degli aspri, ma suggestivi paesaggi costieri della riviera di levante.

E per chi volesse vivere l’esperienza di essere “Ospite a Palazzo”, a dicembre e gennaio sono disponibili le Rolli Experience, l’esclusiva offerta che permette di trascorrere un weekend non solo visitando i palazzi dei Rolli, ma anche dormendo, cenando o godendo di momenti di convivialità dentro alle sontuose residenze della Genova Barocca. SAVE THE DATE: Il 2024 si apre a Genova con una speciale edizione dei Rolli Days, che ha come tema Sacro e Profano. Dal 19 al 21 gennaio torna la manifestazione che apre le porte dei Palazzi dei Rolli, patrimonio UNESCO costituito dalle antiche dimore degli aristocratici genovesi del ‘500. Sacro e Profano è un focus sulla vocazione spirituale e secolare della città e sui suoi contrasti fra sontuosi palazzi e vicoli oscuri: un modo per celebrare il 25° anniversario dalla scomparsa di Fabrizio De Andrè, il cantautore che più di chiunque altro ha raccontato la città vecchia di Genova. Scopri tutti gli eventi in programma a Genova durante le festività su www.visitgenoa.it

Arte e cultura sono due ottime ragioni per visitare Genova, magari approfittando del Genova Museum Card, un unico ticket temporaneo che apre le porte a 28 musei cittadini e include il trasporto con i mezzi pubblici https://www.museidigenova.it/it/card-musei oppure il pass turistico ufficiale della città – integrabile, personalizzabile, disponibile in formato 24, 48 e 72 ore e anch’esso comprensivo del trasporto pubblico locale www.genovacitypass.it  


Melina Cavallaro
Uff. stampa & Promozione FREE TRADE Roma, Media Relations per la Città di Genova 
Valerio de Luca –  resp. addetto stampa

Bologna, Museo Davia Bargellini: “Un presepe di Giovanni Putti dall’Accademia di Belle Arti”

Presepe Giovanni Putti – Dettaglio orizzontale

Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica

A cura di Mark Gregory D’Apuzzo, Antonella Mampieri, Alfonso Panzetta

8 dicembre 2023 – 14 gennaio 2024
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini

Strada Maggiore 44, Bologna

www.museibologna.it/arteantica

In collaborazione con Accademia di Belle Arti di Bologna e Centro Studi per la Cultura Popolare

Inaugurazione giovedì 7 dicembre 2023 ore 17.30

Per le festività natalizie 2023-2024 i Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna rinnovano il consueto appuntamento con la tradizione dell’arte plastica presepiale proponendo al Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini l’esposizione Un presepe di Giovanni Putti dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, a cura di Mark Gregory D’Apuzzo, Antonella Mampieri e Alfonso Panzetta.

La mostra, promossa in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Bologna e Centro Studi per la Cultura Popolare, inaugura domani, giovedì 7 dicembre 2023, alle ore 17.30 e rimane visibile fino al 14 gennaio 2024, con ingresso gratuito.

Al centro dell’invito per riscoprire il prezioso patrimonio dei presepi più significativi per pregio artistico conservati a Bologna, quest’anno è un gruppo della Natività in terracotta policroma modellato nei primi decenni del XIX secolo da Giovanni Putti (Bologna, 1771 – Bologna, 1847), proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, che viene esposto in pubblico per la prima volta.

Figura tra le più rappresentative della scultura neoclassica bolognese, Giovanni Putti compì gli studi presso l’Accademia Clementina, ove vinse diverse medaglie accademiche. Le sue prime realizzazioni furono eseguite per ornare gli apparati effimeri utilizzati per gli eventi religiosi o le commemorazioni di personaggi illustri.
Fu attivo a Bologna per tutta la sua carriera artistica, in particolare nel Cimitero della Certosa dove realizzò numerosi monumenti funebri e i due imponenti Piangenti in terracotta (popolarmente dette Piagnoni o Piangoloni), collocati sui grandi pilastri ai due estremi dell’emiciclo sud del Chiostro Maggiore, idealmente posti a vegliare l’ingresso al Chiostro III. Il suo repertorio di sculture per il cimitero felsineo è da considerarsi il nucleo più rilevante di inizio Ottocento a Bologna, nonché una risposta originale rispetto agli altri grandi scultori contemporanei che hanno lavorato per la città come Luigi Acquisti, Giacomo De Maria e Cincinnato Baruzzi. Peculiare fu il modo in cui interpretò il gusto neoclassico, esprimendo nella sua arte una convivenza tra gli aggiornati modelli iconografici e stilistici canoviani e la persistenza della locale tradizione plastica di derivazione barocca, caratterizzata da effetti scenografici ancora di gran moda a Bologna nell’età della Restaurazione.

Oltre che di ammirare un’opera inedita e rara – poche sono infatti le opere mobili conosciute di Putti – la presentazione del presepe offre a cittadini e turisti la possibilità di visitare al tempo stesso la collezione permanente del Museo Davia Bargellini dove, tra le molte e straordinarie opere, sono esposte le Allegorie della Scultura, Architettura Storia realizzate dallo stesso artista.

La mostra è accompagnata da testi di Antonella Mampieri, Alfonso Panzetta, Fernando e Gioia Lanzi.

Durante il periodo di apertura sono proposte visite guidate gratuite, senza obbligo di prenotazione:
venerdì 8 dicembre 2023 ore 16.00 con Antonella Mampieri e Alfonso Panzetta (co-curatrice e co-curatore della mostra)
mercoledì 13 dicembre ore 16.30 con Silvia Primerano (RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza)
sabato 16 dicembre 2023 ore 11.00 con Adele Tomarchio (RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza)
sabato 23 dicembre 2023 ore 11.00 con Adele Tomarchio (RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza)
martedì 26 dicembre 2023 ore 16.30 con Adele Tomarchio (RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza)
sabato 6 gennaio 2024 ore 16.30 con Fernando Lanzi (Centro Studi per la Cultura Popolare)
domenica 14 gennaio 2024 ore 16.30 con Adele Tomarchio (RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza).

Presepe Giovanni Putti – Dettaglio verticale

Allievo all’Accademia Clementina dello scultore Giacomo Rossi e successivamente di Luigi Acquisti e Giacomo De Maria, Giovanni Putti (Bologna, 1771 – 1847) appartiene al gruppo degli artisti neoclassici nativi di Bologna che cercheranno anche fuori dalla patria successo e fortuna.
Dopo le prime vittorie accademiche nei premi Marsili Aldrovandi, coronate dal successo del 1810 nel prestigioso Premio Curlandese, la sua attività si divide tra chiese e case private, apparati effimeri e monumenti funebri.
Dal 1809 emigrato a Milano per partecipare ai cantieri del Duomo, che riceve nuovo impulso dalla committenza napoleonica, e dell’Arco della Pace, verrà coinvolto nella realizzazione del tripode in argento per il Re di Roma. Costretto a rientrare a Bologna dopo la restaurazione, si dedica alla realizzazione di monumenti per il cimitero comunale su progetto di architetti contemporanei o di sua personale invenzione, come la grandiosa tomba Buratti, con l’imponente figura del Tempo (1818). Sue sono anche le figure velate in terracotta sui piloni del nuovo ingresso progettato da Ercole Gasparini, avvolte in ridondanti panneggi. Per le chiese cittadine Putti raccoglie l’eredità dei grandi stuccatori bolognesi, modellando solenni allegorie o figure di santi che dalle loro nicchie seguono il percorso delle navate (Santa Maria della Purificazione, distrutte; San Giuseppe Sposo) o prospettano dal vertice della facciata (Santa Caterina di Strada Maggiore). Gli si possono riferire immagini dell’Ecce Homo a mezza figura o a figura intera in varie chiese.
Per la devozione privata realizza alcuni presepi che rielaborano un gruppo di partenza composto dalla Sacra Famiglia con il bue e l’asino a cui si accostano figure adoranti, una donna che accompagna un bambino, un giovane in ginocchio con le mani incrociate sul petto o che reca un agnello, altre figure maschili inginocchiate.
Ispirato ad un gruppo analogo, opera di Giacomo De Maria, di cui il Museo Davia Bargellini espone in comodato gratuito una versione (sala 6), il Presepe di Giovanni Putti dell’Accademia di Belle Arti mostra come una idea possa essere declinata con lievi varianti ma con risultati sempre nuovi. Al centro della composizione il Bambino è trattenuto dalla Vergine che si volge di lato tendendo la mano a una giovane donna che accompagna un fanciullo, che devotamente la afferra e la bacia. Dalla parte opposta San Giuseppe si volge cordialmente ad un giovane in ginocchio, appoggiandogli la mano sulla spalla. La scena è ambientata grazie ad un fondale di tronchi legati tra loro su cui poggia un drappo teatralmente panneggiato, da dietro spunta una pianta d’invenzione, che la fantasia dello scultore e del suo pubblico assimilano probabilmente ad una palma. Le protomi dell’asino e del bue spuntano ai lati a completare l’insieme. In basso a destra, tracciata nella creta ancora fresca, spicca la firma dell’autore: “Putti f.”.
Un confronto tra le altre versioni note dello stesso gruppo fa intuire che Putti abbia utilizzato degli stampi per abbozzare le singole sculture, mettendo in opera poi sulle pose, sui panneggi e sui dettagli dell’abbigliamento variazioni anche significative. Nel Presepe della chiesa bolognese di San Martino, in quello di San Benedetto o di San Luca, ad esempio, Maria e Giuseppe sono collocati su piani diversi e così in quelli delle collezioni Sgarbi e Guandalini, mentre nella nostra versione e in quella di Santa Maria di Galliera sono disposti fianco a fianco. Varianti minime sono applicate nelle acconciature della donna offerente, che passa da una reticella neo pompeiana ad un velo dai complessi avvolgimenti, e nel panneggio della tenda di sfondo o nella palma, non sempre presente. Nella versione Guandalini, poi, l’offerente è uno solo, una figura maschile con un agnello, ed è collocato a sinistra e la Madonna ha i capelli sciolti al posto dell’acconciatura con scriminatura centrale, nastro e nodo sul retro del capo. I gesti di Maria e Giuseppe e la posizione del Bambino sono anch’essi variati, soprattutto nel braccio della Madonna, teso per il bacio devoto, accogliente invito all’adorazione o avvolgente protezione del Figlio. Giuseppe, tranne che nella versione comparsa all’asta Wannenes nel 2010, dove è in piedi, più simile al gruppo inventato da Giacomo De Maria, è sempre seduto in adorazione o si protende verso il fedele tenendo una mano sul petto o appoggiandogliene una sulla spalla, a garanzia di una mediazione.
Grazie alla data che compare sul gruppo di San Benedetto (1824) e su quello di San Luca (1825) è possibile collocare questo insieme di variazioni sul tema del presepe nel terzo decennio dell’Ottocento.
Antonella Mampieri

Il Presepe di Giovanni Putti, capolavoro “in piccolo” databile ai primi decenni del XIX secolo, non è mai uscito dall’Accademia di Belle Arti di Bologna e si presenta al pubblico per la prima volta grazie alla tradizionale iniziativa organizzata dal Museo Davia Bargellini.
Questo piccolo gioiello in terracotta dipinta è parte integrante del consistente e significativo Patrimonio di opere plastiche che la storica Accademia bolognese custodisce gelosamente e che comprende capolavori assoluti costantemente richiesti per esposizioni pubbliche in Italia e all’estero, un patrimonio davvero poco noto alla città di Bologna anche se la sua visita è possibile su appuntamento.
Fra le più antiche d’Italia e pressoché l’unica ancora situata nella sua collocazione originaria, l’Accademia di Belle Arti di Bologna fu fondata nel 1710 per incentivare le industrie artistiche locali, annoverando fra i suoi docenti grandi maestri come Giacomo De Maria, Antonio Basoli, Donato Creti, Ercole Drei, Giorgio Morandi, Virgilio Guidi, fino a Quinto Ghermandi e Concetto Pozzati per citarne solo alcuni.
Le collezioni storiche del suo Patrimonio plastico si compongono di una gipsoteca formata da calchi di opere dell’antichità e di un nucleo di opere originali in materiali diversi che si datano tra la metà del XVII e la prima metà del XX secolo.
Il primo nucleo di calchi dall’antico giunge in Accademia a partire dal 1714 per volontà di Luigi Ferdinando Marsili, implementato da Papa Benedetto XIV (Lambertini) con gessi eseguiti a Roma da Filippo Farsetti a partire dagli anni quaranta del XVIII secolo, ed in seguito arricchito sino a dopo l’Unità d’Italia. I grandi calchi sono collocati e visibili nel corridoio monumentale d’accesso all’Accademia e nell’adiacente Aula Magna, vero e proprio scrigno dei tesori dell’Istituzione. Di particolare importanza sono anche gli antichi calchi dei portali della Basilica di San Petronio (J. della Quercia, Aspertini, Lombardi), ancora presenti nella loro collocazione originale, nell’atrio monumentale d’ingresso.
Il nucleo più importante delle opere d’autore è costituita invece dai lavori premiati negli storici Premi Accademici Marsili Aldrovrandi e Curlandesi tra il 1727 e il 1870. Riferibili ai Premi Marsili Aldrovrandi (1727-1803) sono i numerosi bassorilievi in terracotta di artisti diversi, mentre ai Premi Curlandesi (1785-1870) si riferiscono un gruppo di bassorilievi e opere a tutto tondo in gesso e marmo. Questo eccezionale nucleo documenta in modo esaustivo l’evoluzione della scultura del primo Settecento a Bologna, l’affermarsi del gusto neoclassico tra la fine Settecento e il primo Ottocento e il suo sviluppo sino a Ottocento inoltrato.
Una parte delle opere originali sono però giunte per donazione o lascito, capolavori in marmo, bronzo, gesso, terracotta e legno, tra queste il modello della Fontana dei Fiumi di piazza Navona a Roma di Gian Lorenzo Bernini, che negli ultimi anni ha viaggiato in lungo e in largo tra l’Italia e gli Stati Uniti; ma gli altri nomi presenti sono altrettanto importanti: Alessandro Algardi, Pierre Puget, Filippo Della Valle, Pietro Bracci, Antonio Canova, Giacomo De Maria, Adamo Tadolini, Salvino Salvini, Quinto Ghermandi e Luciano Minguzzi. Una collezione “museale” di assoluta rilevanza che ancora oggi contribuisce alla formazione degli artisti di domani.
Alfonso Panzetta

Il gruppo presepiale esposto per il Natale 2023, così significativo per ogni rappresentazione della nascita del Figlio di Dio, che inevitabilmente porta in sé l’eco della messa a Greccio voluta da san Francesco per il Natale del 1223, presenta molti particolari eloquenti e suggestivi.
Al centro, come assai spesso nei gruppi bolognesi, la Vergine Maria fa corpo con la mangiatoia su cui giace il Bambino: la nudità evidenzia la reale umanità del Figlio di Dio, la paglia della mangiatoia ricorda il fieno di cui si cibavano gli animali della stalla, sostituito per tutti gli uomini dallo stesso Bambino divino. Il drappo bianco, che attenua per il piccolo Gesù la ruvidezza della paglia, è quello che serve da segno ai pastori («Troverete un bambino avvolto in fasce deposto su una mangiatoia», Lc 2, 10-12), ed è quello che la Vergine apre offrendo il Bambino all’adorazione.
Sotto la precaria e povera tenda drappeggiata su tronchi, che evoca l’immagine della tenda che nell’Antico Testamento accompagnò le peregrinazioni degli Ebrei, sperimentate dalla Sacra Famiglia nella fuga in Egitto, si alza la palma che, se richiama il paesaggio egiziano, ricorda anche i rami agitati per l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, prima della Passione, profezia della vittoria finale sulla morte, e anche accenna ai rami che si chinarono, secondo il vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo per soddisfare il desiderio di Gesù (20, 1-2; 21, 1). Nel ricco linguaggio dei simboli, è possibile accostare il dolce frutto della palma – il dattero, simbolo anche della vita interiore – a Gesù, che la Madre – la Palma, che pazienta a lungo prima di dare il suo frutto – offre, pegno della vittoria, per sé e per tutti gli uomini, sulla morte. Alla fuga in Egitto sembra richiamare anche la dinamica posizione delle gambe della Vergine, pronta ad alzarsi: la tranquillità della nascita è insidiata dalla persecuzione malvagia di Erode, e si deve essere pronti ad ogni partenza, cui può alludere anche il bastone da viaggio di Giuseppe.
Accanto alla Vergine, in atteggiamento devoto e confidente, ecco una figura tipica dell’arte presepiale bolognese, la Tradizione, un adulto, in questo caso una donna, che conduce un bambino altrettanto devotamente compreso, a mani giunte: segno di fiducia, rispetto, confidenza, affidamento, come il bacio della mano è il segno della confidente sudditanza verso quella che nel linguaggio italiano diviene la Domina per antonomasia: la Mia Domina, la Madonna, appellativo onorifico per le donne, che, comparso nell’alto Medioevo, soppianta in breve l’appellativo “Madre di Dio” più solenne ed aulico. Questa donna e il bambino hanno vesti assai decorose, quasi ricche: il bambino è ben calzato, la donna, probabilmente la madre, ha i capelli raccolti in una bella reticella. Diverso è l’uomo che si accosta a Giuseppe: la veste corta, che lascia scoperta una spalla, i piedi scalzi, mostrano una persona povera, forse un pastore o un servitore, su cui Giuseppe, che custodirà con cura Gesù, appoggia una mano protettiva, quasi ad anticipare il suo profilo di custode, protettore, difensore anche degli ultimi e dei poveri.
Non mancano qui, riassuntivi di tutta l’umanità, gli immancabili bue ed asino. Rappresentativi, rispettivamente, degli Ebrei, che portavano come un giogo le imposizioni della Legge, e dei Gentili, che portavano come una soma, un carico, il peso dell’idolatria. Sono simpatiche presenze in ogni rappresentazione della Natività. Ignorati dai Vangeli Canonici, ma ampiamente presenti, in forza del loro valore simbolico, nei Vangeli Apocrifi, asino e bue si trovano sempre accanto a Cristo Infante nelle immagini della protocristianità, fin dalle Catacombe, al punto da essere, in non poche di esse, gli unici astanti all’evento (citiamo per tutte il Sarcofago di Stilicone, del IV secolo, Milano, Basilica di Sant’Ambrogio). Riassumono in sé tutti gli Ebrei e tutti i Gentili di ogni tempo: quindi nel bue sono compresi anche la Vergine Maria e san Giuseppe, e nell’asino anche i Magi, e infine noi.
Fernando e Gioia Lanzi


Mostra
Un presepe di Giovanni Putti dall’Accademia di Belle Arti di Bologna

A cura di
Mark Gregory D’Apuzzo, Antonella Mampieri, Alfonso Panzetta

Sede
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44 | 40125 Bologna

Periodo
8 dicembre 2023 – 14 gennaio 2024

Orari di apertura
Martedì, mercoledì, giovedì 10.00-15.00
Venerdì 14.00-18.00
Sabato, domenica, festivi 10.00-18.30
Immacolata Concezione (venerdì 8 dicembre) 10.00-18.30
Domenica 24 dicembre 10.00-14.00
Natale (lunedì 25 dicembre) chiuso
Santo Stefano (martedì 26 dicembre) 10.00-18.30
Domenica 31 dicembre 10.00-14.00
Capodanno (lunedì 1° gennaio) 11.00-19.00
Epifania (sabato 6 gennaio) 10.00-18.30

Ingresso
Gratuito

Informazioni
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44 | 40125 Bologna
Tel. +39 051 236708
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
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Settore Musei Civici Bologna
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Ufficio Stampa Settore Musei Civici Bologna
Silvia Tonelli – Elisabetta Severino
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Turismo, ENIT: i dati sul Natale partendo dall’immacolata. Le città top per Natale

Dal 8 al 25 Dicembre 2023

L’Italia continua a brillare nel settore turistico, con una vivacità particolarmente evidente alla fine dell’anno e durante il ponte dell’Immacolata e il Natale. Il patrimonio artistico e culturale attira visitatori da tutto il mondo. A dicembre, l’atmosfera natalizia aggiunge un tocco magico alle città, con mercatini natalizi, luci scintillanti e tradizioni festive uniche. Il 29% della popolazione intervistata da Enit dichiara che sicuramente (7%) o probabilmente (22%) farà vacanza nel Ponte dell’Immacolata dell’8 dicembre, festività che si protrae nel week end fino alla domenica 10 dicembre, nel 90% dei casi in Italia. Mete prevalenti in Italia quelle della Lombardia (17%) dove anche il Santo Patrono favorisce la tradizione degli spostamenti, ma anche quelle di montagna del Trentino Alto Adige, o le località del Piemonte, del Lazio e della Campania.

Allo stesso modo per le vacanze natalizie il 24% dichiara di voler fare vacanza (l’8% sicuramente) e si recherà in Lombardia (11%), in Campania o Sicilia (9%), poi anche in Liguria, Piemonte e Trentino Alto Adige (8%). Ad incidere sulle scelte di vacanza rispetto allo scorso anno la situazione economica che se nel 47% dei casi risulta invariata, nel 13% è migliorata contro un 36% che la dichiara più difficile. Le città d’arte offrono esperienze culturali straordinarie con i loro monumenti storici, musei e cattedrali maestose. Durante il ponte dell’Immacolata, molte persone approfittano della pausa per immergersi nella ricchezza artistica e architettonica dell’Italia.

Le regioni costiere godono di un fascino tutto loro. Anche se il periodo invernale potrebbe non essere ideale per i bagni di sole, le località costiere offrono paesaggi mozzafiato, gastronomia eccezionale e una tranquillità che contraddistingue la bassa stagione turistica. La cucina italiana continua a essere uno dei principali richiami per i turisti. Le deliziose pietanze regionali, accompagnate da vini pregiati, fanno sì che ogni pasto diventi un’esperienza indimenticabile. Durante le festività natalizie, le tavole si riempiono di prelibatezze tradizionali, contribuendo a rendere il viaggio un’immersione completa nella cultura italiana.

Il turismo sostenibile è un elemento sempre più rilevante, e l’Italia si sta adattando a questa tendenza. Molte città e regioni promuovono iniziative ecologiche e sforzi per preservare la bellezza naturale e il patrimonio culturale. Questa attenzione alla sostenibilità contribuisce a mantenere l’Italia tra le mete predilette dei viaggiatori responsabili.

“La vivacità del turismo italiano a fine anno e durante il ponte dell’Immacolata è il risultato di un connubio unico tra storia, cultura, natura e gastronomia. Questa straordinaria combinazione continua a rendere l’Italia una destinazione ambita, offrendo esperienze indimenticabili a chiunque decida di esplorare questo affascinante Paese” dichiara Ivana Jelinic Presidente e Ceo Enit.

Secondo l’indagine Enit su un campione di oltre 3 mila persone per conoscere le dimensioni dei soggiorni leisure emerge come a settembre e ottobre il 45% si è concesso vacanze lunghe ma anche fine settimana ed il 15 per cento ha scelto di fare le vacanze principali, cioè quelle più lunghe proprio in autunno. Nelle vacanze brevi di autunno, il 67% ha cambiato destinazione ad ogni soggiorno. A spingere alla realizzazione di queste vacanze nei caldi weekend autunnali è stato il bel tempo (32%), mentre la partenza era già in conto per il 36% e prevista ma incrementata con più soggiorni per il 24% degli intervistati. Di questi brevi soggiorni autunnali il 90% è stato trascorso in Italia, in particolare in Lombardia (13%), Emilia Romagna (12%) e Sicilia (11%), poi anche Campania, Toscana, Veneto e Liguria (tutte 10%). Se nel 40% si è trattato di vacanze balneari, il 34% ha scelto mete culturali ed il 30% vacanze di stampo naturalistico. Segu il relax (29%), il soggiorno montano (26%), il turismo esperienziale del territorio (16%), enogastronomico (14%) e termale (12%). La vacanza è di coppia in questo periodo per il 50% mentre nel 24% dei casi ancora in famiglia e nel 13% con amici.


ENIT – AGENZIA NAZIONALE TURISMO ITALIANO
enit.it

Francesca Cicatelli – resp ufficio stampa Enit –
francesca.cicatelli@enit.it

Direzione Esecutiva
Comunicazione e Ufficio Stampa
VIA MARGHERA 2 – ROMA

Bologna: in anteprima mondiale “ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie”

Giulio Marchetti, Anima, 2023
D-bond fresato su pannello rivestito,
76x50x2 cm

IN ANTEPRIMA MONDIALE,
APRE AL PUBBLICO LA MOSTRA

7 dicembre 2023 – 5 maggio 2024
Palazzo Albergati, Bologna

Una grande novità in arrivo a Bologna.
Una mostra d’arte? Uno zoo? Un sogno?
Benvenuti nel Giardino delle Meraviglie, in anteprima mondiale a Palazzo Albergati.

Il nuovo progetto presentato in anteprima mondiale da Arthemisia a Palazzo Albergati di Bologna “Animali Fantastici” è molto più di una mostra.
Rappresenta una nuova frontiera dell’intrattenimento, in cui si fondono animali, arte, magia, divertimento e sogno.
Il museo si trasforma in un immenso spazio aperto, in cui gli animali trovano il loro habitat ideale, accogliendo tutti, grandi e piccoli, esperti d’arte e curiosi.

Saranno oltre 90 gli animali che varcheranno la soglia magica di Palazzo Albergati, realizzati da 23 grandi artisti contemporanei.

È il primo zoo d’artista realizzato al mondo, privo di gabbie, senza distanze e animato da pitture, sculture e installazioni di animali di ogni specie; un superzoo che vedrà le sale nobili del Palazzo trasformarsi in un nuovo habitat museale, un safari pedonale dove le opere accompagnano il visitatore in una passeggiata dentro una favola, dove gli animali convivono nel più rispettoso degli ecosistemi artistici.

Con il patrocinio del Comune di Bologna, la mostra ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie, ideata e curata da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, è prodotta ed organizzata da Arthemisia.
La mostra vede come media partnerRadio Birikina e mobility partnerCotabo.
Il catalogo è edito da Skira.


Gianluca Marziani: “SUPERZOO è la perfetta metafora di un mondo dove le enormi diversità e la molteplicità linguistica si sciolgono in una gigantesca famiglia allargata, una specie di pianeta ideale dove condividere spazi e risorse, senza disuguaglianze, confermando il teorema di Tom Regan che considera i diritti degli animali identici ai diritti degli umani. In questo mondo ideale, forse utopico ma certamente affascinante, il diritto al piacere e la percezione del dolore sono la chiave per considerare umani e animali su uno stesso piano normativo. Sapendo quanto sia difficile che ciò possa accadere nella realtà, ci siamo inventati questo viaggio espositivo con la migliore delle armi poetiche: l’arte visiva.”

SUPERZOO riparte dalle origini di un termine (żòo deriva dal greco e significa appunto “animale”) che attraversa l’intera vita sul Pianeta, ma non si tratta di un’area intesa come un parco con le gabbie. SUPERZOO riguarda, al contrario, la vita degli animali artistici liberi, un mondo parallelo che esiste nel tempo sospeso della mostra, rendendo lo spazio espositivo un ambiente sognante tra la vita reale e i mondi fantastici in cui altre vite sono ancora possibili.

Col SUPERZOO si partecipa a una rinnovata idea espositiva che diventa luogo partecipativo e inclusivo, un mondo parallelo in cui le opere richiamano film, romanzi, serie in streaming, documentari, oggetti di design, meme, reel, teorie filosofiche e tutto ciò che finora ci ha sempre affascinato del mondo animale. Le atmosfere suggestive degli allestimenti creano spazi in cui i nostri animali sembrano vivere da sempre, felici di un equilibrio vitale che coinvolge lo spettatore davanti allo spettacolo dell’Arte che diventa Natura.

GLI ARTISTI
Sono 23 gli artisti ipercontemporanei, tutti italiani e scelti tra coloro che hanno indagato l’universo animale con grande coerenza tematica: Giovanni Albanese, Camilla Ancilotto, Marco Bettio, Chiara Calore, Mario Consiglio, Valentina De Martini, Fulvio Di Piazza, Dario Ghibaudo, Massimo Giacon, Sandro Gorra, Giorgio Lupattelli, Giulio Marchetti, Marco Mazzoni, Andrea Nurcis, Luca Padroni, Max Papeschi, Valeria Petrone, Nicola Pucci, Gherardo Quadrio Curzio, Mario Ricci, Maurizio Savini, Lapo Simeoni, Velasco Vitali.
Autori eterogenei che toccano i linguaggi del volume plastico (sculture) e delle due dimensioni (disegno e pittura) per immaginare bestiari fantastici, giochi medievali, ibridi metamorfici, fantascienza, surrealismi pop, citazioni letterarie, una sorta di viaggio lungo i secoli che ribalta vecchie certezze e inventa una nuova zoologia.

LA MOSTRA
I due piani di Palazzo Albergati accolgono le diverse specie animali con un allestimento che ha eliminato gabbie, chiusure o delimitazioni. Ogni opera respira nel luogo con la sua energia primordiale, la sua capacità metaforica, la sua forza interpretativa. Tutte assieme dimostrano il valore polifonico di una visione omogenea del mondo, come se ogni artista, pur nei caratteri che lo distinguono, condividesse l’idea di una medesima azione sul mondo.

Io che diventa Noi. Noi che diventiamo Loro. Loro che inglobano ogni singolo Io.

NOI SIAMO è un claim narrativo che unisce gli artisti e gli spettatori con l’obiettivo di raccontare una grande famiglia dalla pluralità risolta.
Autore dopo autore, è stata aggiunta una parola al SIAMO… (ciascuna per ogni artista) per evocare atmosfere emozionali e familiari, tra indole e nuove ragioni, istinto ed evoluzione, evitando egocentrismi che non vanno bene quando lasci che i sogni luminosi scorrano liberi. L’artista si pone qui come archetipo collettivo, capofila morale di una lezione visiva che tocca ognuno di noi, senza distinzioni o limitazioni, incarnando quelle parole che caratterizzano le nostre emozioni e i nostri sentimenti, che producono azioni condivise e universali, che ci rendono parte attiva di un nuovo modo di abitare il mondo. SIAMO MOLTE COSE: perché solo nel comune ascoltare ci poniamo grandi obiettivi, solo nel comune sentire ci diamo grandi traguardi.

Giovanni Albanese SIAMO ALCHIMIA
C’era una volta un artista (e anche regista) pugliese che molto giovane si trasferì a Roma. Nella Capitale iniziò a osservare il mondo urbano con occhio sensibile, riciclando oggetti, materiali di scarto, ferraglie, lampadine, qualunque forma utile per costruire le sue sculture poetiche che, d’improvviso, prendevano vita, quasi fossero creature di un Doctor Frankenstein impegnato a dare ossigeno alle sue figlie meccaniche. Albanese ha messo luci fiammeggianti sugli oggetti, rendendoli messaggeri che indossano il fuoco senza bruciare; ha umanizzato vecchi calcolatori, ha costruito personaggi strambi e simpatici, ha ricreato le alchimie del movimento con la semplicità dei maghi e la poesia degli scultori. Guardiamo le sue tartarughe fantastiche che camminano, lente ma inesorabili, con le fiamme del futuro sulla loro schiena coriacea. E guardiamo bene quel caimano argentato che è la somma di centinaia di piccoli caimani, a conferma che l’opera può essere il risultato collettivo di uno sguardo comune. Un’alchimia in cui le cose vecchie rinascono per la festa e camminano, come sorridenti fuochi fatui, verso un domani migliore.

Camilla Ancilotto SIAMO METAMORFOSI
C’era una volta un’artista italiana di sangue svedese, una ragazza cosmopolita che a Roma aprì il suo atelier per trasformare alcuni giochi dei ricordi in un mondo creativo per adulti sensibili. Passo dopo passo, con inesorabile precisione, ha trovato le forme migliori per trasferire dentro l’opera il tema della partecipazione e condivisione, dandoci il potere di inventare le nostre soluzioni ludiche dentro il suo sistema meccanico e visuale. Ogni spettatore può azionare le sue creazioni e giocarci, nel rispetto che meritano le cose preziose quando accendono le nostre sinapsi (e toccano la buona educazione). Vi ricordate il Tangram, il gioco cinese con sette pezzi che formano un quadrato? Oggi quei mattoncini colorati sono talmente cresciuti da superarci in altezza e svettare come un esercito pacifico e “brasiliano” di animali colorati, sorta di Arlecchini Transformers dalle mutazioni informali. Stessa cosa per i quadri in stile pallottoliere, formati da griglie con elementi a tre facce: la forma iniziale si trasforma, sotto le nostre mani, in avvincenti metamorfosi che inventano animali tra l’impossibile e il plausibile, frutto della magia mimetica che rende l’arte una meraviglia sensoriale per cervelli vigili e cuori pulsanti.

Marco Bettio SIAMO FATTORIA
C’era una volta un ragazzo di Aosta che ascoltava il suo territorio potente, il verso geologico delle montagne, che annusava gli odori delle fattorie circostanti, degli animali che si portano storie arcaiche sulle spalle. Bettio ha concentrato il suo sguardo amorevole sugli animali scolastici del nostro paesaggio emotivo, immensi compagni di vita nel corso dei secoli, amici generosi che da sempre supportano le esigenze delle comunità umane. Gli asini che ci guardano con occhi intelligenti ed empatici, le scimmie che interrogano e smontano la nostra arroganza, i topolini bianchi che ribaltano le tristi fobie sui roditori, i cervi che si impongono con la loro stazza imperiale. Cogliamo il lato profondo dei loro occhi che dicono molto nel singolo dettaglio, sentiamo un’empatia crescente che avvolge i nostri migliori sentimenti, assorbiamo la loro energia universale scivolando nelle minuzie di un dipingere dal realismo sensoriale. Eccolo il potere della pittura, quella sensibile attitudine di giocare col vero attraverso una magia che imita e trasforma la realtà, ricreando sulla tela un bestiario domestico che conferma una cosa: se umani e animali soffrono e godono in modi simili, se cercano amore e piacere in modi simili, ecco che assieme a loro siamo protagonisti di pari grado nella fattoria del futuro. Anche se sembra pura utopia, non sarebbe bellissimo vivere in un posto del genere?

Chiara Calore SIAMO METICCI
C’era una volta un’artista veneta che costruiva immaginari pittorici minuziosi, così densi di elementi umani e animali da rompere la prospettiva centrale in un rompicapo centrifugo dal cuore barocco. Lo sguardo meticcio di Chiara dipinge vertigini ottiche che diventano metafora biologica di una fusione paritetica e atomizzata tra umani e animali. Tutti insieme appassionatamente: questi grovigli metamorfici stravolgono le distanze e gli equilibri a cui siamo abituati, insistendo su intrecci impossibili che sono la metafora di un tema fondativo per la civiltà, ovvero, mescolare razze e culture, lingue e idiomi, reale e immaginario, antico e attuale. Perché solo la cultura meticcia, così normale nell’evoluzionismo zoologico, rende più forte la genetica ma anche la morale dell’umanità. La sua è una promessa di apertura tra differenze che esistono in termini biologici ma non culturali; un’istanza di tolleranza universale in cui dosare istinto e ragione; una rivelazione di empatia che ci farà scoprire quante bellissime esperienze ci aspettano dietro ogni angolo della nostra vita. Perché l’ignoto, teniamolo a mente, è solo l’attesa rivelatoria di nuove avventure.

Mario Consiglio SIAMO RESISTENZA
C’era una volta un artista pugliese in terra umbra, figlio del sud mediterraneo e di una luce perugina con le sue evocazioni rinascimentali. In realtà la luce solare non bastava a Mario, lui da sempre inseguiva tonalità più fredde nel suo nomadismo senza confini. A Berlino ha così generato la sua parte più cruda e notturna, di ascendenza punk ma con l’ironia di chi gioca a carte scoperte con la vita tutta. Rimaneva, però, un effetto calamita verso le origini italiche, un legame sentimentale con una terra che ha prodotto Perugino e Burri, artisti con modi opposti di fare arte, la luce da un lato e il buio profondo dall’altro. Mario ha messo insieme quei modi – Berlino e Perugia – di intendere lo spazio dell’opera, unendo fragile e durevole, aperto e chiuso, morbido e duro. Solo così si comprendono i suoi animali sezionati, figli di una cultura contadina che incontra una Berlino tra cieli grigi e cultura techno. Quelle bestie spaccate, bucate, riempite di sassi e altra materia naturale sono figlie secolari degli uomini, sono i sopravvissuti luminosi che resistono dopo le umane tragedie, che si portano dentro la luce di una speranza condivisa. Il bestiario di Mario ci ricorda le nostre fragilità, i pesi che ci portiamo appresso, le ferite che si rimarginano mentre lasciano cicatrici indelebili. Quei segni che feriscono le opere, dalle suddette sculture ai quadri con le loro tecniche eterogenee e spiazzanti, certificano la bellezza profonda di ogni imperfezione. Perché solo gli errori ci rendono più resistenti.

Valentina De Martini SIAMO APPARIZIONE
C’era una volta un’artista romana che giocava con il quadro come fosse la speciale finestra su una casa per animali fotogenici. I suoi ritratti a figura intera, frontale o di profilo, narrano di elefanti, tigri, balene, pecore e altri compagni di fantasie ad occhi aperti, trasformati per un istante in vanitose star da copertina. Sono esseri placidi che sembrano disporsi felici davanti al fotografo, pronti a farsi raccontare in un gioco tra le parti, dove l’animale si allinea all’obiettivo e l’artista aggiunge i suoi trucchi cosmetici. Un ironico gioco delle parti in cui tutto diventa apparizione lisergica, un teatro dell’essere che amplifica il verbo antispecista sui nostri amati quadrupedi. Valentina dialoga amorevolmente col suo bestiario, offrendo loro il centro del teatro di posa, creando forme del telaio a misura di animale, invitando noi spettatori a goderci lo spettacolo pittorico del loro status da superstar. Era importante che la mostra lo sottolineasse: gli animali sono i primi divi del nostro immaginario infantile, con loro formiamo la nostra coscienza e abilitiamo i nostri sentimenti benevoli. Tra cartoni animati e libri illustrati, cresciamo col pensiero costante su di loro, rendendoli compagni fedeli dei nostri viaggi ad occhi aperti. E allora eccoli qui, apparizioni di amabile bellezza, divi e divine per un lungo istante tra sogno e realtà.

Fulvio Di Piazza SIAMO MONDI
C’era una volta un artista palermitano che molto presto iniziò a rifugiarsi nei suoi paesaggi mentali. Fulvio rinforzò il tema del viaggio interiore usando il suo talento da pittore minuzioso, sulla scia ereditaria di Salvador Dalì, Max Ernst e Hyeronimus Bosch. Quadro dopo quadro, Di Piazza ha evocato o modificato atmosfere che anticipavano frammenti di cinema fantastico, basti pensare ai paesaggi ipernaturali di Jurassic Park, Avatar o Valerian e la città dei mille pianeti. La sua era ed è rimasta un’atmosfera tra preistoria e futuro indecifrabile, un pianeta pittorico dalla natura coloratissima e virale, costellato da animali fantasmagorici, esseri giganteschi oltre ogni plausibile realismo, rettili e anfibi mutanti con un DNA titanico. Il suo mondo è il pianeta dove gli animali sono padroni del racconto, dove il paesaggio verde veste ogni formazione geologica, dove le lingue e i rumori sono quelli di una biologia tra piante immense e animali alti come grattacieli. L’intero percorso di Fulvio è un mondo pittorico indipendente con le sue regole e i suoi protagonisti; quando lo guardiamo diventiamo gli archeologi del sogno che osservano qualcosa di assurdamente sublime. Chissà che la nostra memoria atavica non conservi le sensazioni che provarono i primi umani davanti ai mastodontici tirannosauri?

Dario Ghibaudo SIAMO DIVERSI
C’era una volta un artista che sembrava un esploratore di mondi medievali e fantascientifici, ossessionato da un folle sogno: costruire, sala dopo sala, il proprio Museo di Storia Naturale. In realtà il suo sarebbe diventato Museo di Storia Innaturale, come fosse un luogo parallelo dove scoprire animali mutanti che scatenano le nostre migliori fantasie letterarie e cinematografiche. Immaginate le teche, le librerie, i contenitori e quei mobili da museo in cui si dispongono uccelli, anfibi, pesci e altri animali imbalsamati o in tassidermia. Ghibaudo ha creato il suo museo ideale plasmando gli strambi esseri che la sua meravigliosa creatività ha reso possibili. Il suo bestiario fonde insetti e mammiferi, rettili e anfibi, rivoluziona le tipiche conformazioni zoologiche, arrivando a soluzioni che potrebbero apparire nel Trono di Spade o in altre fantasmagorie surreali. Qui in mostra abbiamo quattro creature, due distese a rilievo lungo il muro e due che vivono sul pavimento del museo: sono esseri anormali e spiazzanti, bianchi come latte, placidi nel loro quieto apparire, pieni di empatia nel loro sguardo amorevole. Forse sono esistiti, forse esistono da qualche parte animali di questa foggia, di certo il nostro Dario li rende più reali del vero, narrandoci particolari che aumentano la loro forza magnetica, il loro peso sul mondo, i loro messaggi per un futuro fantasioso e, forse, meno aggressivo del presente.

Massimo Giacon – SIAMO AMICI
C’era una volta un artista padovano (con studio a Milano) che ascoltava i consigli delle voci interiori: disegno, pittura, scultura, design, fumetto e musica, linguaggi diversi dentro una stessa orchestra figurativa che, secondo le sue vocine da dentro, avrebbero ricreato le tante tessere del mondo secondo Giacon. Quello di Massimo è un vero universo d’invenzione, popolato da una fauna che sembra fondere la Pixar e il cinema horror, il fumetto e il surrealismo storico, Ettore Sottsass (maestro di Massimo) e John Lasseter. Siamo tra umani e umanoidi, animali e animaloidi: ognuno diversamente mutante tra mille invenzioni fisionomiche, ognuno dalla personalità definita, ognuno ad occupare un carattere, un’indole, un preciso ruolo nel mondo giaconiano. Gli animali restano, ovviamente, gli artefici centrali di questa comunità in cui ogni assurdità si ribalta nel suo lato giocoso, nella festa che libera gli istinti e apre le azioni alla gioia primordiale. Ogni creatura di Massimo, esprimendo consapevolezza e felicità, indica una catena di amicizie e filiazioni, di comprensione per ogni diversità e alterazione. Non esiste confine o giudizio morale nel pianeta giaconiano, ed è bellissimo che un artista lo esprima tramite disegni, sculture e altre forme d’invenzione. A ribadire il chiaro messaggio ci pensa il nostro topo in ceramica policroma, guardiano del percorso che ride a squarciagola mentre indica le strade del futuro (o forse, semplicemente, la via d’uscita dalla mostra).

Sandro Gorra SIAMO MUTANTI
C’era una volta un artista che fece carriera come pubblicitario, negli anni in cui era bellissimo inventare campagne commerciali per giornali, riviste e televisione. Quando il mondo dell’advertising cambiò per entrare nei social media, il nostro Gorra stava spostando il suo fare creativo nel disegno e nella scultura, completate dai piccoli testi che diventano la voce ironica di ogni opera. Compiuto il salto al momento giusto, Sandro si è accorto di una passione folgorante per le giraffe, animale tra i più anomali per conformazione fisica e baricentro gravitazionale. Le sue simpatiche spilungone sono diventate la metafora dei sentimenti fragili, delle paure che ci portiamo dentro, della continua imperfezione che contraddistingue la specie umana. Le vediamo mentre perdono le proprie macchie, come un’identità che scivola via, come una memoria che perde colpi sotto il peso della Storia. Corrono, giocano, ballano, disperdendo le tessere maculate ma non la gioia di godersi il momento, di sorridere mentre la mutazione sta trasformando il loro abito. Siamo tutti mutanti, sembrano dirci le giraffe, ma non dobbiamo perdere la felicità di essere al mondo, di provare piacere e divertirci, ricordando la fragilità dei nostri corpi, l’imperfezione dei nostri sentimenti, la piccolezza di tutti noi davanti alle leggi dell’universo. Potremmo dire: la giraffa perde il pelo (maculato) ma non il vizio (per fortuna).

Giorgio Lupattelli – SIAMO ISTINTO
C’era una volta un artista umbro che aveva capito, fin dagli anni Novanta, quanto fosse utile collegare la pittura ai nuovi linguaggi tecnologici. Lupattelli ha sentito il richiamo della giungla mediatica, i mille versi tra cinema, televisione, musica e letteratura, un caleidoscopico flusso di nuove informazioni da processare e trasferire sul quadro. Giorgio dipinge con meticolosa precisione, simulando le immagini digitali con la loro lucentezza artificiale, senza perdere quel sottofondo di materia odorosa che è il cuore eterno della pittura. I temi indagati colgono fatti scientifici rilevanti, invenzioni che cambiano le nostre vite, personaggi rivoluzionari in ambito tecnologico; ogni ciclo somiglia ad un navigatore mediatico che intercetta le evidenze del progresso, quelle che Leonardo da Vinci, se tornasse in vita, userebbe per definire l’uomo vitruviano del futuro. In questa navigazione dai contorni pop ci sono presenze multiple di animali, raccontati con l’accento sul loro valore centrale nell’ecosistema. La sequenza dei sei primi piani su fondo nero, assieme alla scultura del ragno nero, ne è la prova definitiva: ognuno emana l’aura del proprio istinto, trasmettendo paura mentre, in realtà, chiede solo il rispetto del proprio status. Il nostro problema, se ci pensate un attimo, riguarda proprio l’arroganza di stravolgere le loro nature, non capendo che il rispetto inizia dove comincia la libertà altrui.

Giulio Marchetti – SIAMO ANIME
C’era una volta un artista nativo digitale, figlio di una cultura da smartphone dove i linguaggi creativi dialogano assieme con naturalezza e armonia. Giulio agisce su diverse piattaforme espositive: dal metaverso alle gallerie, dalle backrooms ai musei, creando opere stampabili di fattura elettronica ma anche sculture interattive e altri manufatti ibridi. Tutto questo mentre pubblica raccolte di poesie e persegue un progetto musicale indie-pop, col giusto obiettivo di connettere fili e contenuti delle sue molteplici nature espressive. La scultura ANIMAle, giocando con la fusione tra ANIMA e ANIMALE, diventa il ponte concettuale tra la parte fisica del suo lavoro e quella destinata al flusso liquido del web. Un disegno iniziale per poi creare una scultura di aura metallica, disegnata con un doppio font che produce azioni emotive mentre si rivela un magnete dai molteplici contenuti. La parola anima si traduce nel cuore pulsante della mostra, punto di partenza e arrivo per ogni ragionamento sui diritti umani e animali. L’anima contiene l’animale e ogni animale si porta dentro l’afflato magico della propria anima. Da questa fusione misteriosa, da questa magia che la scienza non può replicare, nasce il metodo sentimentale per un futuro in equilibrio. Un domani a misura di spirito collettivo, dove l’anima unirà sguardi e azioni sincronizzate.

Marco Mazzoni SIAMO PANACEA
C’era una volta un artista di Tortona che era attratto dalla tradizione popolare italiana, in particolare dalle arti segrete di guaritrici e levatrici nelle culture regionali (quella sarda in particolare). Mazzoni scoprì una vera passione per le figure femminili con un ruolo forte nelle antiche comunità locali: erano loro a conoscere le piante medicinali, in grado di curare e liberare la mente, sperimentando infusi e composti che univano la cultura botanica ai nettari del mondo animale. Purtroppo, dopo la Controriforma, l’autorità ecclesiastica le rese pericolose agli occhi delle comunità, usando maschilismo e ignoranza come arma per sminuirne il valore medico e pedagogico. Il nostro Mazzoni, figlio del laicismo moderno, sottolinea con amore il legame tra donne e piante, usando le farfalle per esaltare la bellezza iconografica dell’universo femminile. Il volto di donna si riempie di ali colorate, rivelando qualcosa di intimo, un afflato lisergico che porta la mente verso paradisi perduti e fantasmagorie dell’immaginario. Una panacea di cui le donne sono portatrici sane, ieri come oggi, agli albori della civiltà come nel prossimo futuro.

Andrea Nurcis SIAMO UGUALI
C’era una volta un artista sardo che viveva a Roma. Era solitario per scelta, parlava poco e produceva opere crude ma di estrema raffinatezza, fatte con varie tecniche sulla scia delle ambizioni progettuali. Nurcis appartiene a coloro che non puoi classificare in modo canonico, al massimo lo puoi descrivere come un prolifico disegnatore che porta sui fogli la parte più profonda della propria interiorità. Una zona radicale dove lo sguardo si inabissa nel nero, pescando forme oniriche dentro le tenebre della ragione. Da diversi anni Andrea vive in campagna vicino Cesena e molto del suo tempo è dedicato all’agricoltura sostenibile e alla militanza tra gli antispecisti, tra coloro che considerano umani e animali in modo paritario e lottano per la salvaguardia zoologica. I disegni per la mostra sono la prova di quanto Nurcis entri nel cuore profondo del dolore attraverso un’estetica minuziosa ed elegantissima, dove le nozioni del bello si fondono con le emozioni della sofferenza, dei sentimenti feriti, delle ingiustizie da combattere. La sua arte è un atto d’amore per rivoltare la “diversità” in una bellissima normalità, una carezza silenziosa che disegna il mondo nuovo con precisioni fiamminghe e invenzioni magnetiche. Ricordate il cerchio vitruviano dell’uomo leonardesco? Andrea ci sussurra che non siamo soli, dentro il cerchio c’è ormai lo spazio per un animale a quattro zampe.

Luca Padroni SIAMO MIMETICI
C’era una volta un artista romano che respirava le vicende rionali dei grandi pittori, che assorbiva le invenzioni dei maestri in attività. Padroni è cresciuto con le orecchie aperte e gli occhi reattivi, assorbendo il meglio delle tecniche postmoderne, trovando un proprio realismo espressivo che sarebbe servito per adattare l’estetica al singolo ciclo, usando lo stile più consono alla tematica, costruendo la sua enciclopedia pittorica dei ricordi metabolizzati. Non dimentichiamo che esistono due modi opposti di fare pittura: da una parte inventando mondi oltre il reale, dall’altra imitando e trasformando il reale, che è il modo con cui Luca affronta il mondo e ne preleva frammenti metafisici, sospesi in un tempo figurativo che è l’anima della pittura quando si mimetizza dentro la realtà. Per l’occasione presentiamo un capolavoro di potenza e sintesi, un’apparizione simbolica nella giungla delle continue metamorfosi, dove un grande felino conserva la pelle fantastica di una chimera asiatica. Quella belva maestosa, quasi aliena nella sua trama violacea, compare come il fantasma delle libertà perdute, un nostro doppio selvaggio che insegue il cambiamento mentre conserva memoria delle necessarie radici. Un viaggio del cuore dentro una giungla delle origini, metafora cosmica di un luogo in cui tutto iniziò e dove tutto può ancora ricominciare.

Max Papeschi SIAMO STORIA
C’era una volta un artista con l’indole affilata del monello intelligente. Papeschi ha sempre pensato che l’arte fosse il modo migliore per cambiare alcune regole, ad esempio usando fiumi d’ironia per farci riflettere sulle tragedie del Novecento, sulle guerre e sui fascismi, sul male che la creatività trasforma in una risata satirica alla Monty Python. Il nostro artista distrugge i falsi miti, le figure dei dittatori ma gioca anche con il divismo e i codici del capitalismo rapace. Oggi presentiamo uno dei suoi cicli più profondi e digitalmente equilibrati – From Hiroshima with love – che si sviluppa lungo 21 immagini in bianconero, prese dalla rivista Life e modificate in chiave animalesca. Si parla di vicende tristi che sono state ribaltate in una satira bestiale, come se il teatro degli orrori fosse uno spettacolo in maschera che perde il suo potere tragico e ridicolizza i cattivi maestri. La serie in sequenza funziona come il montaggio di un film, dove la fusione tra uomo e animale ci fa rivedere il Novecento con pietas e giustizia, facendo scorrere gli eventi con la lucidità di un gioco dentro la Grande Storia, nel cuore della tragedia ma con l’arma che usava Aristofane: ridere per distruggere la banalità del male.

Valeria Petrone SIAMO MAGIA
C’era una volta una ragazza con la passione privata per il disegno su piccoli formati. La sua vita tra Milano e Roma è stata un’esperienza di figure e colori contrapposti, una doppia natura in cui sono nate le sue piccole donne fantastiche. Passo dopo passo, quelle femmine stravaganti e stilizzate sono cresciute, dipinte con linee sottili e colori morbidamente distesi, quasi sempre su fondali piatti che ne aumentano la personalità e il pathos. Ognuna di loro appartiene al mondo eclettico dei sogni letterari ad occhi aperti, un luogo del possibile in cui le magiche fanciulle si fondono con animali dalle molteplici simbologie. Volpi, gufi, serpenti e altre creature che aderiscono mimeticamente alle abitudini private delle simpatiche monelle. Sono tutte in primo piano, impeccabili davanti ad uno specchio ideale che restituisce il dialogo metamorfico con gli animali, la loro fusione di intenti e sguardi condivisi. Un pianeta fiabesco che entra in una nuova eleganza contemporanea, tra vanità e narcisismi, mostrarsi e nascondersi, apparire ed essere. La volpe non è più stola per vestirsi ma corpo vivo per condividere il mondo, così il gatto diviene maschera per meditare, così la gabbia per uccelli rende albero una ragazza dagli occhi vispi… Se una volta parlavamo di animali da compagnia, adesso possiamo dire che esiste una Compagnia delle Ragazze coi loro amici animali.

Nicola Pucci SIAMO SOGNO
C’era una volta un artista palermitano che divideva la casa con alcuni galli, liberi di gironzolare tra quadri e mobili, in cucina o camera da letto. Quei galletti domestici creavano strane immagini surreali, proprio perché l’occhio non è abituato a guardare gli animali fuori dal loro habitat. Se immaginate quei galli da appartamento capirete le ragioni che influenzano la pittura di Pucci ed entrerete nel cuore delle sue storie. Piccole avventure del quotidiano che ti spiazzano per la strana triangolazione tra umano, animale e ambiente. Un leone che custodisce un neonato, un cavallo che attraversa un vagone della metropolitana, una scimmia che partecipa ai riti domestici, un cane che fa giochi da ragazzi: piccole scene alla Magritte che diventano il cuore di un mondo unitario e poetico, una realtà parallela dove persone e animali condividono spazi, oggetti, abitudini. E’ il grande potere della pittura che costruisce avventure immaginarie dentro case, uffici, scale, mezzi di trasporto, luoghi all’aperto: ovunque la vita scorre ecco gli animali diventare fantastici nella loro libertà insospettabile e detonante. Noi e loro finalmente assieme, senza sottomissioni, senza paure reciproche, dentro la bolla narrativa di un sogno condiviso. Chissà se anche i nostri amati cani sognano di vedere i loro padroni al guinzaglio?

Gherardo Quadrio Curzio SIAMO MESSAGGERI
C’era una volta un artista di giovane età ma con una singolare chiarezza di idee. Capita di rado che i giusti pensieri si formino a presa rapida, di solito la pittura è un articolato percorso di false piste e reali trasformazioni che porteranno, nel tempo, alla visione più consona, in linea diretta con l’equilibrio interiore. Curzio ha coltivato da subito un immaginario che lo definisce per stile, indirizzo e personalità. E’ un mondo sospeso il suo, un luogo fantastico dove compaiono animali della nostra infanzia, soggetti metafisici di mondi favolistici che fanno brillare la pubertà e aprono alla leggerezza nel tempo adulto. Animali con l’aria dei messaggeri di belle notizie, cicogne che risuonano nell’atmosfera onirica dei quadri. Sembra di aprire una tenda e scoprire i teatrini di una fiaba senza tempo, una porticina su mondi illusori ma balsamici. In pochi istanti sei dentro il suo mondo, tra allegorie che risuonano nel colore liquido, nelle stesure oniriche di una visione parallela e catartica. Forse stiamo guardando il sogno di una cicogna che vorrebbe, solo per un istante, avere labbra per baciare e mani per carezzare.

Mario Ricci SIAMO ILLUSIONE
C’era una volta un artista che inventava illusioni nel suo studio a Genazzano, a pochi passi da un Castello che è il cuore possente di questa cittadina della campagna laziale. Ricci conosce a fondo le magie segrete della pittura, la sua capacità di distillare trucchi per i nostri occhi, di confonderci con giochi che sono il risultato di illusionismi da pennello. Le sue opere sembrano respirare, muoversi dal loro interno, come se animali o semplici oggetti domestici spingessero da dietro la tela, quasi a rompere la superficie e andare via, oltre la soglia già aperta da Lucio Fontana. Ma la pittura di Ricci è, appunto, un viaggio ironico nelle illusioni di cose che stiamo solo immaginando; quei piccoli movimenti sottotela nascono dal modo perfetto di dosare le pennellate, di giocare con le tonalità, evocando fantasmagorie che solo un quadro rende possibili. Un toro o uno squalo, piccole mosche e altri esseri che appartengono alla tela e sembrano sul punto di attraversare la pittura, per tornare nel mondo degli animali liberi, per volare via lasciando che rimanga il monocromo, come un abito svuotato che mantiene intatta la sua energia. Salutiamo le illusioni di Mario con un messaggio bellissimo: che tutti gli animali possano bucare le tele del mondo e liberarsi dalle catene, lasciando che i quadri vivano felici nell’estasi del colore, ricucito a puntino dopo la grande fuga zoologica.

Maurizio Savini SIAMO PELLE
C’era una volta un artista che cercava nuove pelli aderenti per le sue sculture figurative. Savini voleva cambiare la percezione delle forme, dare loro un vestito che diventasse epidermide di colore e odore, un abito con cui distinguersi nella folla e dimostrare la propria unicità nel conformismo grigionero del mondo. L’idea è stata una folgorazione, una formula che si è trasformata nella sua certificazione autentica: usare le Big Babol, la famosa gomma da masticare di colore rosa a forma di mattoncino. Il chewing-gum ha preso il centro della costruzione, vestendo un esercito di figure, animali e oggetti dai contenuti politici e sociali, inviando messaggi di libertà, democrazia e rinascita. Il rosa, non dimentichiamolo, era il rimosso freudiano nell’arte, molti avevano paura di usare una tinta dai mille pregiudizi, da tempo sinonimo di infanzia femminile e buoni sentimenti. Ma il nostro Savini non aveva paura di osare, al contrario ha capito che il rosa era la divisa del nuovo mondo, il modo migliore per affermare contenuti inclusivi sulla pelle dell’ovvio. Guardate negli occhi il gorilla dal rosa Barbie, adornato con la bandiera dell’Europa, possente e muscolare mentre aumenta la sua aura nell’estasi della pelle: quel rosa gustoso e zuccherato lo rende ancora più vero, più credibile, più potente che mai. Potremmo dire: l’abito non fa il monaco ma fa il giusto gorilla.

Lapo Simeoni SIAMO PREDATORI
C’era una volta un artista di Orbetello che allargava i suoi orizzonti geografici verso Londra ma anche i confini espressivi dell’opera. Per lui l’arte rimane un’operazione di conoscenza, relazioni, supporto, inclusione, un meccanismo emotivo e culturale con cui agire sul destino globale dei contenuti. I messaggi, considerando l’approccio onnivoro di Lapo, sono molteplici e cambiano tecnica a seconda delle necessità, degli utenti e dei contesti via via specifici. Qui abbiamo concentrato il massimo carico energetico su un’opera che fonde eleganza e potenza: un quadro d’astrazione gassosa che ingloba, nel gioco ottico delle distanze, un falco in tassidermia. Le radici di riferimento vanno verso Jim Dine e Jannis Kounellis, due maestri che, negli anni Sessanta, misero gli oggetti “vivi” nel circuito digestivo della pittura. A distanza di tempo, certe formule trovano nuova linfa con lo scatto di un “figlio” che diventa a sua volta padre delle proprie idee nel rispetto dei passaggi ereditari. L’opera si cala nel pieno presente, ragionando sui comportamenti predatori, su come la calma preceda nuove tempeste, sulle apparenze che nascondono sostanza e complessità. Un lavoro che ribadisce un carattere indomito della pittura, ovvero, essere un predatore estetico che si impossessa del mondo per ridarcelo nella forma che essa desidera.

Velasco Vitali SIAMO MEMORIA
C’era una volta un artista che amava le forme arcaiche, la potenza della terra, il sapore crudo della vita, la natura selvaggia delle pianure sotto cieli che portano dolore ma anche speranza di nuovi orizzonti. Velasco ci racconta storie di cani in branco che camminano lungo strade deserte, memorie nostalgiche di un mondo inquinato che spaventa i viventi, che fa ululare contro gli eccessi del progresso industriale. SI scivola tra spazi scarnificati come i corpi dei suoi cani, lungo orizzonti postnucleari in cui il branco diventa guardiano del tempo e guida nello spazio. Dentro il teatro vivo delle nostre paure ululano i cani magri di Velasco, custodi ferini della memoria collettiva, ultimi messaggeri di una caparbia resistenza davanti alle atrocità umane. Ascoltiamo i loro versi che rimbombano nel cielo denso, osserviamo i loro occhi che guardano lontano, carezziamo i loro corpi che reclamano amore. Quei cani siamo tutti noi davanti allo specchio del giudizio, quando osserviamo la sconfitta pensando che la colpa sia sempre altrui. Saremo resistenza nel branco solo quando noi umani diventeremo custodi della memoria comune.


Orario apertura
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
Martedì chiuso
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero
 € 15,00
Ridotto € 14,00

Informazioni e prenotazioni
T. +39 051 030141

Hashtag e tag ufficiali
#AnimaliFantasticiBologna
@arthemisiaarte

Sito
www.palazzoalbergati.com
www.arthemisia.it

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

Turismo, ENIT: entro il 2025 il turismo del lusso crescerà più di ogni altro tipo di turismo

Dal 4 al 7 Dicembre 2023

L’Italia, la destinazione esclusiva per eccellenza. È questo uno dei principali risultati dello studio Enit realizzato da Unioncamere con il supporto tecnico di Isnart (ottobre 2023). Oltre il 20% dei turisti stranieri sceglie le destinazioni italiane, espressamente attratti dallo “stile di vita italiano”, che associa al Paese un’immagine di “esclusività”. In piena espansione, il turismo di lusso italiano intercetta il grande ritorno dei viaggiatori nel 2023 e beneficia del potere finanziario degli high spender, che risentono meno degli altri viaggiatori delle incertezze geopolitiche e macroeconomiche.
La politica dei prezzi applicata nel corso della stagione 2023 dalla maggior parte delle strutture ricettive italiane di alta gamma, lungi dal dirottare questa clientela, ha al contrario generato ulteriore attrazione per l’Italia, percepita come “destinazione ideale”.

A conferma di questo trend positivo, il settore turistico di alta gamma italiano tornerà all’edizione 2023 della fiera ILTM a Cannes. “Investire nel turismo del lusso è un passo fondamentale per consolidare la nostra posizione nel mercato turistico globale e garantire uno sviluppo sostenibile a lungo termine per il nostro Paese. Il turismo di lusso non solo contribuisce in modo significativo all’economia, ma promuove anche l’immagine dell’Italia come destinazione di élite nel panorama mondiale. Le nostre ricchezze culturali, artistiche e gastronomiche sono tesori che possono essere valorizzati attraverso esperienze di lusso, attirando una clientela esigente e disposta a investire in un’ospitalità di prima classe. Questi investimenti non solo generano entrate sostanziali, ma anche opportunità di lavoro qualificate e durevoli. Inoltre, il turismo del lusso sottolinea il nostro impegno per la sostenibilità, incoraggiando pratiche eco-friendly e consentendo la conservazione delle nostre bellezze naturali e storiche per le generazioni future. Dobbiamo essere all’avanguardia nell’offrire servizi esclusivi, collaborare con marchi di prestigio e sviluppare infrastrutture di alta qualità per garantire che l’Italia rimanga una destinazione di lusso di prim’ordine nel mondo” dichiara Ivana Jelinic presidente e ceo Enit. In uno stand di 640 mq, l’ENIT – Ente Nazionale Italiano per il Turismo – coordina la presenza di 13 regioni e province – Basilicata, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Alto Adige, Trentino, Toscana, Umbria, Veneto – le città di Roma e Milano, 4 Convention Bureau, Trenitalia e un gran numero di DMC/Tour operator, Mice, Enti del Turismo, Poli Fieristici, Hotel di lusso, Meeting planner, Boutique hotel, Stabilimenti balneari per un totale di 143 operatori del settore (di cui 38 presenti nei singoli stand). Luxury Italy a Cannes offrirà agli acquirenti internazionali una vasta gamma di prodotti e servizi, tra cui attrazioni culturali e uniche, ecoturismo, famiglia, esperienze gastronomiche di viaggio, luoghi per riunioni e conferenze, meraviglie naturali, sport all’aria aperta, golf, ville private, appartamenti serviti, Esperienze di shopping, Stazioni sciistiche, Spa e benessere, Noleggio yacht e vacanze in barca a vela, Feste e anniversari, Matrimoni e lune di miele. Anche l’adattabilità del settore è un vantaggio. L’industria del lusso italiana offre prospettive diverse per ogni nazionalità e tipologia di cliente. Ad esempio, offre alla clientela francese un lusso discreto e raffinato, offre alla clientela olandese un lusso nascosto, mentre offre il lusso svedese che è soprattutto ecosostenibile.

Tradizionalmente vista come la destinazione ideale dai clienti del segmento affluent/famiglie/luna di miele, anniversari e celebrazioni, l’Italia attrae oggi sempre più i millennial e la generazione Z, clienti più giovani alla ricerca di esperienze responsabili e originali.
La forza del turismo di lusso italiano risiede anche nella sua capacità di rinnovarsi. Nel 2024, il numero degli stabilimenti a cinque stelle – scelti in gran parte dai viaggiatori di alta gamma – salirà da 682 a 702, per arrivare a 712 nel 2025. (Fonte Thrends)
Per soddisfare le esigenze del settore tenendo conto dell’impatto ambientale e per adattarsi alle aspirazioni di una clientela più giovane, il turismo di lusso è fermamente impegnato nella digitalizzazione e nell’eco-responsabilità.
Sempre più qualitativo e sostenibile, il settore contribuisce anche alla valorizzazione del patrimonio culturale e territoriale. Oltre alle grandi città d’arte, alle affascinanti località balneari e alle famose località montane – da sempre apprezzate dai viaggiatori di lusso – la prossima sfida dell’Italia è quella di ampliare la propria offerta e offrire destinazioni meno scontate a questa clientela esclusiva.
Il turismo di lusso riguarda e abbraccia tutti i settori dell’industria turistica, assorbendo il 3% del Pil nazionale, sul 6% che rappresenta il turismo in generale, o addirittura il 13% del Pil se si considerano tutte le attività economiche che ne derivano, come visite, catering, ecc. Secondo le proiezioni, entro il 2025 (Fonte CNR-IRISS) il settore del turismo di lusso dovrebbe crescere più velocemente di qualsiasi altra tipologia di turismo.

I viaggi di lusso sono stati tradizionalmente associati ad alloggi costosi e prenotazioni in prima classe.
Tuttavia, il settore si è evoluto in modo significativo negli ultimi anni, incorporando esperienze uniche e personalizzate in grado di arricchire le persone durante il soggiorno. Nel complesso, il mercato mondiale dei viaggi di lusso stimato nel 2022 è destinato ad aumentare del +6% entro il 2032. (Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati Statista/Future Market Insights). Nel 2023 il numero di camere d’albergo di lusso disponibili in tutto il mondo supera 1,5 milioni.
Tra i primi anni 80 e il 2023 l’offerta alberghiera di lusso è aumentata del +191% circa e si prevede un aumento del +12% entro il 2033.
Sempre a livello globale, le camere d’albergo extra lusso attive sono 197mila, in crescita del +46% sul decennio precedente. Tra il 1983 e il 2023, l’offerta alberghiera extra lusso è aumentata del +447%.(Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati Statista/JLL) Secondo uno studio condotto nel secondo trimestre del 2023, la maggior parte dei consumatori benestanti intervistati ha acquistato prodotti di viaggio nei 12 mesi precedenti. Il 76% degli acquirenti di età compresa tra 18 e 39 anni e il 56,5% di età pari o superiore a 40 anni ha dichiarato acquisti multipli.
Mangiare in un ristorante raffinato durante le vacanze e soggiornare in un hotel a 5 stelle e 5 stelle lusso sono le attività più comuni durante la vacanza, indicate entrambe dal 61,2% dei rispondenti. Circa il 53,0% si è rilassato in una SPA, mentre il 51,4% ha fatto acquisti in un duty-free store e il 48,4% ha viaggiato per affari in prima classe. (Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati Statista/Aliant)

In Italia, le strutture ricettive 4 stelle, 5 stelle e 5 stelle lusso rappresentano insieme il 21,7% del complesso degli esercizi alberghieri e sono il 3,0% in più nel 2022 sul 2021.
Le presenze complessive rilevate solo negli alberghi 5 stelle e 5 stelle lusso, oltre 11,3 milioni, aumentano del +63,2% rispetto al 2021 e si avvicinano ai livelli del 2019 (-2,9%). La permanenza media è di 3 notti.
Nel dettaglio, le presenze internazionali in queste strutture, pari a 8,2 milioni, rappresentano il 72,7% e sono quasi il doppio rispetto al 2021 (+99,1%). I pernottamenti degli italiani incidono per il 27,3% e crescono del +10,4%. (Fonte: Ufficio Studi ENIT su dati ISTAT) La maggior parte dei viaggiatori internazionali viene in Italia soprattutto per vacanza, che sia di tipo culturale (47,9%), immersiva nella natura/paesaggio (47,5%), oppure legata all’enogastronomia locale (43,2%).
Gli stessi viaggiatori, seppur in minima parte, sono anche orientati verso l’esperienza dello shopping e visitano il Paese per l’acquisto di beni di lusso/moda in cui eccelle il Made in Italy (6,3%). Questa motivazione coinvolge maggiormente la Generazione Z (18-30 anni; 9,6%) e Y (31-45 anni; 6,9%).
La condizione socio-economica è alta (15,3%). Riguardo i francesi, più della metà degli intervistati sceglie l’Italia come meta di vacanza. Principalmente per visitare monumenti, musei e palazzi (57,5%), vivere un’esperienza a contatto con la natura ed il paesaggio (49,1%), o per degustare i prodotti enogastronomici (44,5%). Tra le altre motivazioni, il 5,4% dei rispondenti ha visitato l’Italia per acquistare beni di lusso/moda.
Si tratta in particolare di Baby Boomers (over 60; 7%) e Generazione Y (31-45 anni; 6%) e di utenti con una condizione socio-economica rilevante (18,8%).
(Fonte: Ufficio Studi ENIT su indagine ENIT/Euromedia Research)


ENIT – AGENZIA NAZIONALE TURISMO ITALIANO
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FOSM – Giovanni Sollima solista e direttore il 7 dicembre a Matera e l’8 ad Altamura

Giovanni Sollima

IN CONCERTO IL 7 DICEMBRE A MATERA E L’8 DICEMBRE AD ALTAMURA

Il concerto Il Virtuosismo di Sollima è inserito nel programma ufficiale del Comune di Matera delle celebrazioni per i 30 anni dall’iscrizione nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. In programma musiche di Haydn, Sollima e Beethoven.

Artista di assoluta eccellenza, specialista del grande repertorio per violoncello, Giovanni Sollima è il protagonista nella triplice veste di di solista, di direttore d’orchestra e di compositore del concerto che si terrà domani – giovedì 7 dicembre con inizio alle 20:30 – a Matera e venerdì 8 dicembre ad Altamura con inizio alle 19:30.
Il Virtuosismo di Sollima è il titolo del doppio appuntamento in terra lucana e in terra pugliese del concerto organizzato e promosso dalla Fondazione Orchestra Sinfonica di Matera (Fosm).

All’Auditorium Raffaele Gervasio di Matera e sul palco del Teatro Mercadante di Altamura Giovanni Sollima, vero virtuoso del violoncello, accompagnerà il pubblico sia come solista che come direttore dell’Orchestra Sinfonica di Matera. Il programma della serata sarà aperto dal secondo concerto per violoncello e orchestra di Haydn (Allegro moderato, Adagio, Rondò. Allegro) che fu composto, nel 1783, per il virtuoso violoncellista Antonin Kraft. Una composizione scritta per esaltare lo strumento solista, enfatizzandone la cantabilità e l’espressività, e che ben saprà mettere in luce la maestria esecutiva di Sollima e il suono del suo violoncello, un Francesco Ruggeri fatto a Cremona nel 1679. Compositore molto eseguito in Italia e all’estero, Sollima farà ascoltare al pubblico un suo brano: Terra con Variazioni per violoncello e orchestra. Composto per l’EXPO del 2015 a Milano, un brano costruito come un tema con variazioni a tutti gli effetti e che lascia affiorare il vero tema poco a poco nel corso del brano, per liberarlo del tutto solo alla fine evocando un viaggio senza sosta tra luoghi reali e, soprattutto, immaginati e che evoca luci, odori, sapori, temperatura, canto, acqua mediterranei. Chiude il programma del concerto la Sinfonia n.7 in La Maggiore di Beethoven. Superba composizione giudicata dal suo stesso autore “Una delle mie opere meglio riuscite”.

“Presentiamo al pubblico dell’Orchestra sinfonica di Matera un artista eccezionale e un concerto di grande spessore musicale e artistico- afferma il direttore artistico della FOSM Saverio Vizziello – tale che il Comune di Matera ci ha chiesto di inserirlo nel programma ufficiale delle celebrazioni per i 30 anni dall’iscrizione dei Sassi e del Parco delle Chiese Rupestri di Matera nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO”.

Il Maestro Sollima, che è in città da alcuni giorni per le prove con l’Orchestra Sinfonica di Matera, da sempre attento ai giovani ha colto l’occasione per incontrare nei giorni scorsi gli allievi delle Classi di Violoncello del Conservatorio Duni e del liceo musicale Stigliani di Matera e del liceo musicale Gropius di Potenza. Ha ascoltato i giovani musicisti e ha offerto loro preziosi consigli per il prosieguo dei loro studi.

Per il concerto a Matera: l’ingresso è alle 20:30 e il sipario alle 21; per l’esibizione ad Altamura: l’ingresso è alle 19:30 e il sipario alle 20. I biglietti  di entrambi i concerti prevedono un costo di 10 euro, ridotto studenti euro 5. I titoli d’ingresso si possono acquistare: a Matera in prevendita al Cineteatro Comunale Gerardo Guerrieri, in piazza Vittorio Veneto, 23; ad Altamura al botteghino del Teatro Mercadante in via dei Mille n.159, dal martedì al sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.

Il prossimo appuntamento della stagione autunnale della Fosm è in calendario il 17 dicembre al Teatro Mercadante di Altamura, dove andrà in scena Don Chisciotte alle nozze di Gamaccio, opera in un atto di Saverio Mercadante.

Informazioni sul concerto di:
Giovedì 7 dicembre ore 20:30 Auditorium Gervasio – Matera
Venerdì 8 dicembre ore 19:30 – Teatro Mercadante – Altamura
 
Programma di sala:
F. J. Haydn Concerto n.2 in Re Maggiore per violoncello e orchestra
Allegro moderato; Adagio; Rondò. Allegro
G.Sollima, Terra con Variazioni per violoncello e orchestra
L.V. Beethoven Sinfonia n.7 in La Maggiore
Poco Sostenuto – Vivace; Allegretto; Presto; Allegro con brio

Prossimi appuntamenti a dicembre:
Lunedì 17 dicembre ore 19:30 – Teatro Mercadante – Altamura
DON CHISCIOTTE ALLE NOZZE DI GAMACCIO
In collaborazione con il Teatro Mercadante di Altamura
Don Chisciotte alle nozze di Gamaccio
Opera in un atto di Saverio Mercadante
ORCHESTRA SINFONICA DI MATERA
Direttore: Angelo Gabrielli
Sollima e studenti lucani

Giovanni Sollima è un vero virtuoso del violoncello. Suonare per lui non è un fine, ma un mezzo per comunicare con il mondo.

È un compositore fuori dal comune, che grazie all’empatia che instaura con lo strumento e con le sue emozioni e sensazioni, comunica attraverso una musica unica nel suo genere, dai ritmi mediterranei, con una vena melodica tipicamente italiana, ma che nel contempo riesce a raccogliere tutte le epoche, dal barocco al “metal”. Scrive soprattutto per il violoncello e contribuisce in modo determinante alla creazione continua di nuovi repertorio per il suo strumento.

Nasce a Palermo da una famiglia di musicisti. Studia violoncello con Giovanni Perriera e Antonio Janigro e composizione con il padre Eliodoro Sollima e Milko Kelemen. Per la danza collabora, tra gli altri, con Karole Armitage e Carolyn Carlson, per il teatro con Bob Wilson, Alessandro Baricco e Peter Stein e per il cinema con Marco Tullio Giordana, Peter Greenaway, John Turturro e Lasse Gjertsen (DayDream, 2007). Insieme al compositore-violoncellista Enrico Melozzi, ha dato vita al progetto dei 100 violoncelli, nato nel 2012 all’interno del Teatro Valle Occupato. Musicisti di età e formazione diversa, interscambio tra culture e livelli differenti, laboratorio permanente. La manifestazione, infatti, si costruisce ogni anno attraverso una “chiamata alle arti” di 3 giorni, dedicata alla musica “spontanea”, con ospiti da tutto il mondo, blitz urbani in giro per la città, repertori imprevedibili e che abbracciano diverse epoche storiche, un concorso di composizione “in clausura” e tanti concerti tra cui un concerto finale con l’Orchestra dei 100 violoncelli.

Tra i CD di Giovanni, “Works”, “We Were Trees”, “Neapolitain Concertos”, “Caravaggio”, “Aquilarco”, “Onyricon”. In primavera l’uscita del nuovo disco per la Decca “A Clandestine Night in Rome” con l’Orchestra Notturna Clandestina e il secondo disco dedicato all’integrale dell’ opera per violoncello di Giovanni Battista Costanzi per Glossa Music.

Giovanni Sollima insegna presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma e alla Fondazione Romanini di Brescia.

Suona un violoncello Francesco Ruggeri fatto a Cremona nel 1679.


La Fondazione Orchestra Sinfonica di Matera è partecipata da Comune di MateraProvincia di Matera e Conservatorio Egidio Romualdo Duni di Matera che ne sostengono le attività.

A queste istituzioni si aggiungono: il Ministero della Cultura che ha ammesso l’Orchestra al percorso per il riconoscimento quale ICO Istituzione Concertistica Orchestrale e la sostiene attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), e la Regione Basilicata, che la sostiene con fondi regionali.

La stagione concertistica 2023, con la direzione artistica del Maestro Saverio Vizziello, è realizzata in collaborazione con il Teatro Mercadante di Altamura, il Festival Duni, Soroptimist Club di Matera, il Premio Internazionale Paganini e si svolge con il sostegno dei Comuni di: Accettura, Bernalda, Garaguso, Grassano, Irsina, Miglionico, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Nova Siri Scalo, Pisticci, Policoro, Pomarico, Scanzano Jonico, Stigliano, Tursi e Valsinni, l’Arcidiocesi di Matera – Irsina – Tricarico, il Comitato organizzatore dei festeggiamenti per Maria Santissima della Bruna.


Informazioni su biglietti, prevendita e contatti:
Biglietti:
Ingresso singolo 10,00 € (*)
Ingresso singolo ridotto studenti 5,00 € (*)

Come acquistare a Matera:
Biglietteria:
·      Cineteatro Comunale Gerardo Guerrieri, in piazza Vittorio Veneto, 23 a Matera. Tutti i giorni dalle 18 alle 21.
·      Cartolibreria Montemurro, in via delle Beccherie, 69 a Matera. Dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 20:30.
Come acquistare a Altamura:
Biglietteria:
·      Teatro Mercadante, in via dei Mille n.159 a Altamura. Dal martedì al sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20. Lunedì chiuso.
·      On line: https://www.vivaticket.com/it/venue/teatro-mercadante/511367061
 
Per informazioni sulla programmazione degli spettacoli: https://orchestrasinfonicamatera.it/
 
E’ possibile contattare l’Orchestra Sinfonica di Matera anche tramite WhatsApp al numero +39 327 485 0461

Sissi Ruggi
addetto stampa
della Fondazione Orchestra Sinfonica di Matera – FOSM
tel +39.333.474.2509
e-mail ufficiostampa@orchestrasinfonicamatera.it

Sicilia: Natale in mongolfiera sulla Costa del Mito e il bagno dalla Scala dei Turchi

Natale in mongolfiera sulla Costa del Mito, tra tradizione e innovazione

In Sicilia gli antichi mestieri, il suono delle ciaramedde, i sapori di una volta, i presepi viventi nei borghi più belli, un tuffo dalla Scala dei Turchi e un volo suggestivo sul porto di Licata

Tutto pronto in Sicilia per il Natale della “Costa del Mito” un territorio che tocca 3 capoluoghi di provincia lungo 150 Km di coste, spiagge, 3 parchi archeologici – da Selinunte a Gela passando per la Valle dei Templi – nel rispetto delle tradizioni con uno sguardo attento all’innovazione, anche in campo enogastronomico. 
Caltabellotta, in provincia di Agrigento, l’intero paesino si trasformerà in Betlemme per mettere in scena la Natività, con il coinvolgimento di tutti gli abitanti. Le case e le botteghe su per la collina si trasformeranno in attività artigianali e contadine del passato tra il profumo delle pietanze tipiche natalizie: macco di fave, salsiccia e vino, pane e olio, ricotta, formaggio e olive sono serviti, lungo un percorso all’interno del caratteristico borgo, dagli stessi interpreti delle tradizioni contadine. Giunto alla sua trentesima edizione il presepe è arricchito da diversi momenti di animazione teatrale e momenti culturali, dal 26 e al 27 dicembre e dal 5 al 6 gennaio, tra cui le performance della Casa del Musical del regista Marco Savatteri e della compagnia dei Sognattori. Il coupon d’ingresso sarà presto disponibile sul sito www.leviedeitesori.com

Presepe a Caltabellotta

Anche a Sutera, in provincia di Caltanissetta, il presepe vivente coinvolgerà il caratteristico borgo. Gli stretti vicoli dell’antico quartiere arabo, il Rabato, i piccoli balconi, le finestrelle strette e lunghe, la continuità delle mura, accompagnate da un’atmosfera di calde luci e antichi suoni, renderanno l’evento suggestivo.

Vedremo all’opera panarari, viddani, pastura, conzapiatta, tessitrici, che faranno rivivere la civiltà contadina dei primi del ‘900. Tra le particolarità, la lavorazione del lino, utilizzato per la realizzazione dei corredi, che richiedeva tempi molto lunghi e tanta fatica. Accarezzeranno il palato gli antichi sapori dei piatti tipici: ciciri, pani cunzatu, ricotta, virciddati. Quest’ultimo nome deriva dal latino “buccellatum”: un pane a forma di ciambella che veniva consumato nelle festività dagli antichi Romani. “Lu virciddratu” di Sutera, è simile alla pasta frolla riempita con una farcia a base di mandorle, aromatizzata con agrumi e chiodi di garofano. 

Presepe a Sutera

Nonò Salamone, uno degli ultimi cantastorie siciliani, iscritto nel Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia, allieterà i visitatori con i suoi cunti e i suoi canti. L’organizzazione è affidata ai giovani suteresi dell’associazione Kamicos di Sutera e con la fattiva collaborazione di tutti gli abitanti. Il Presepe vivente sarà aperto al pubblico il 26, 27, 29 e 30 dicembre e il 4, 5 e 6 gennaio dalle 17 alle ore 21.

La Costa del Mito propone anche le tradizioni natalizie di Licata con le fiureddre, edicole votive contenenti immagini sacre costruite per devozione o per grazia ricevuta, addobbate con rami di palme e pini, da cui pendono agrumi. Il Natale  anche qui verrà rallegrato da dolci melodie tradizionali, suonate con la ciarameddra, una zampogna tipica in Sicilia. La si sentiva suonare già alla fine di novembre, prima nelle putìe (botteghe) di vino, poi per accompagnare le processioni dell’Immacolata e di Santa Lucia. Un’altra tradizione musicale è a nannareddra, eseguita da orchestrine appositamente organizzate per suonare nei giorni di festa, nei quartieri e davanti alle fiureddre. 

I mercatini saranno già attivi dall’8 dicembre, così come prenderà via il CantaRò, tributo a Rosa Balistreri, fino 27 dicembre.

Tipico del territorio, per l’occasione, è gustare minnilati, mastazzoli e ramameli.

Chi ama il mare, il 22 e il 23 dicembre potrà vivere un’esperienza straordinaria da una delle due mongolfiere che si alzeranno per mostrare dall’alto la città, l’antico faro e lo spettacolare porto di Licata.

Non mancheranno anche qui il presepe vivente, dal 16 dicembre e i momenti culturali, come la mostra dei presepi e la Pasturali, interpretata e cantata da personaggi vestiti da pastori.

Bisogna raggiungere il borgo di Sant’Elisabetta per assistere il 6 gennaio, alla  “Pastorale di Nardu”, una delle più antiche e autentiche sagre popolari siciliane.  La festa è una sceneggiata popolare basata sull’arte della mimica, che riproduce la vita pastorale e il lavoro nei campi. Il protagonista dei numerosi episodi che scandiscono la rappresentazione è Nardu, gobbo e col volto coperto di bianco, che incarna la semplicità, spesso intesa a torto come ingenuità. Apparentemente bizzarro e stolto riceve ordini da tutti e li esegue, ma alla fine riesce a farsi rispettare da tutti. Particolare rilevanza nella sceneggiata hanno il momento della preparazione della cena con il piatto tipico della pastorale, la pasta con ricotta, servita in un unico recipiente, ‘a maiddra, dal quale tutti si servono, e la transumanza fino alla grotta della natività con i tre cavalieri, che simboleggiano i re Magi, lu curatulu, i pastori e tutti i personaggi.

Naro, città barocca dell’Agrigentino, detta la Fulgentissima, dal 17 dicembre al 6 gennaio, la rappresentazione della Natività è affidata ogni anno ai ContemplAttivi  e racconta, nella Chiesa di Sant’Agostino, la Natività attraverso la danza, il canto, la musica e la gastronomia.

Realmonte, assisteremo il 25 dicembre al bagno dalla Scala dei Turchi di “Babbo Natale e i suoi amici”.

Ad AgrigentoCapitale Italiana della Cultura 2025, i bambini potranno essere accolti dai personaggi delle storie più belle, in centro città e al Palacongressi, dove gli adulti potranno apprezzare intrattenimento e spettacoli musicali, quali i Venerdì Jazz. Al Teatro Pirandello, è atteso “Il compleanno” di Harold Pinter  (14 e 15 dicembre), diretto da Peter Stein, con Maddalena Crippa e Alessandro Averone. 


Per ulteriori informazioni: 
CALTABELLOTTA: tel. 09251915107
http://www.leviedeitesori.com/
https://www.comune.caltabellotta.ag.it 
SUTERA: tel. 334/6923722 e 3338224195 (Associazione Kamicos), 3316976973
(ufficio turistico). www.comune.sutera.cl.it
www.presepeviventesutera.it
LICATA: tel.0922 893888/868209;
SANTA ELISABETTA: tel. : 0922 479296 – https://www.comunesantaelisabetta.it/
NARO:  tel. 3288620777;  
REALMONTE: tel.  0922 814607  – https://prolocorealmonte.it/
Agrigento: tel. 0922 590141
www.comune.agrigento.it
infopoint@prolocoagrigento.it
Teatro Pirandello: https://fondazioneteatropirandello.it/ Tel 0922 590220

Melina Cavallaro 

Uff. stampa & Promozione FREE TRADE Roma 
Valerio De Luca resp. addetto stampa
Via Piave 74 – 00198 Roma – www.freetrade.it  Skypecavallaro.melina 

Roma, Sospesi su di una Mongolfiera, tra nevicate e spettacoli con la magia degli Artisti di strada

Artisti di strada

“Festeggiamo insieme 25 anni di magia”: un inizio scintillante

per l’evento celebrativo di THE VILLAGE PARCO DE’ MEDICI e THE SPACE CINEMA

Sospesi su di una Mongolfiera, tra nevicate e spettacoli con la magia degli Artisti di strada del Roma Buskers Festival, ha preso il via l’evento che proseguirà anche il prossimo week end

Un inizio brillante per la festa dell’anniversario dei 25 anni  di The Village Parco De’ Medici e The Space Cinema, “Festeggiamo insieme 25 anni di magia”. Il primo dei due week end si è rivelato ricco di energia, sorrisi e vitalità, una dimensione unica che ha fatto divertire tutti, dai più piccoli ai più grandi. Per celebrare l’anniversario, Madrina dell’apertura è stata Valentina Vignali, che con il suo talento e il suo carisma ha ben rappresentato la magia di questi 25 anni. 

Madrina Valentina Vignali

Liberi e sospesi in volo su di una mongolfiera, oltre 150 ospiti hanno provato l’ebrezza del pallone magico, sino ad atterrare nell’emozione del Natale, con un allestimento elegante e dal forte impatto visivo, tra pupazzi di pan di zenzero, candy stick, archi luminosi e un albero luminoso di oltre 15 metri, attraversabile.  Una festa al ritmo della musica di Radio Globo con i suoi speaker, accompagnata da nevicate surreali, e dagli show degli artisti di strada – maghi, giocolieri, acrobati, musicisti, trampolieri -, una selezione di artisti del Roma Buskers Festival, kermesse internazionale ormai diventata un’icona del litorale romano.  L’intrattenimento di Cosplay a ricordo delle tante pellicole famose, ma soprattutto la magia di un pubblico che ha saputo lasciarsi andare, spensierato come un bambino. Tante le esperienze e le novità del THE VILLAGE, come l’adrenalinica nuova pista dell’E-gokart pista indoor da oltre 460 metri su 3 livelli sostenibile, con go-kart totalmente ad alimentazione elettrica, in fase di apertura, con test e dimostrazioni, e le nuove occasioni di intrattenimento all’interno del Joy Village.

E-gokart

Pronti ora per il prossimo week end dell’8-9-10 dicembre, con un ampio programma all’insegna di anteprime cinematografiche, ospiti speciali e ancora tanto divertimento per grandi e piccoli. E con un giorno in più, lunedì 11 dicembre. Nel giorno dell’Immacolata sarà acceso l’albero di Natale e al The Space Cinema si terrà l’attesissima anteprima nazionale di “Wonka”, interpretato da Timothée Chalamet. Sabato 9 dicembre Ficarra e Picone presenteranno dal vivo, in anteprima nazionale, il loro ultimo film “Santocielo”.  Nella stessa giornata uno spettacolo pirotecnico colorerà il cielo sopra il The Village. La chiusura degli eventi è prevista per domenica 10 dicembre con spettacoli, cosplayer e altre sorprese.

Un evento speciale, infine, arriverà lunedì 11 dicembre, quando nel multisala del circuito il regista Stefano Sollima presenterà in anteprima “Adagio” insieme al cast, composto da Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini e Toni Servillo.

Ad oggi il The Village – che ospita uno dei multisala del circuito The Space Cinema fin dalla sua inaugurazione – rappresenta un polo del food e dell’intrattenimento unico nel panorama della Capitale, evolutosi sia dal punto di vista del design, che da quello commerciale negli ultimi anni. “Siamo felici di festeggiare un traguardo così importante. Abbiamo deciso di celebrarlo in grande stile con questi due weekend di eventi, anche per presentare le novità del nostro Centro. In questi 25 anni non abbiamo mai smesso di evolverci, per cercare di offrire al nostro pubblico uno spazio in cui trascorrere del tempo in compagnia, con un’offerta food ed entertainment di livello” dichiara Oliviero Albini, Direttore del The Village.  

Un tempo lungo 25 anni, trascorso al fianco di ogni spettatore che ha scelto di vivere la magia del grande schermo e delle sue storie straordinarie. 30 milioni di spettatori e oltre 7000 film proiettatinelle sale del nostro multisala di Parco de’ Medici, che per questo è da sempre ai vertici della classifica dei cinema italiani”, afferma Francesco Grandinetti, General Manager di The Space Cinema. “Un risultato che ci rende profondamente orgogliosi e che ci spinge a continuare a fare ancora meglio per garantire al pubblico un’esperienza sempre più di qualità”. Il venerdì e la domenica, oltretutto, i prezzi dei biglietti per assistere agli spettacoli saranno a partire da 4,90€.


Qui il programma completo di “Festeggiamo insieme 25 anni di magia”: https://www.thevillageroma.it/25-anni-di-magia/, evento gratuito fatta eccezione per le anteprime. Per acquistare i biglietti ed assistere alle anteprime cinematografiche durante “Festeggiamo insieme 25 anni di magia”, è possibile consultare il sito ufficiale di The Space Cinema, oppure utilizzare l’App ufficiale The Space Cinema:


Il The Village è un polo dell’intrattenimento, con un’ampia offerta food. Il centro offre numerose possibilità di svago: Cinema, E-gokart, Sala giochi e Lasergames, il tutto supportato da una ricchissima offerta food, con oltre 10 locali a disposizione. Nel corso dei 25 anni l’evoluzione del centro ha sempre tenuto a mente la mission, ovvero migliorare l’offerta agli utenti per rendere il The Village un luogo dove trascorrere delle giornate in compagnia.

Il circuito The Space è stato acquisito da Vue International nel novembre 2014, comprende 35 cinema per un totale di 352 schermi, attestandosi come il secondo circuito italiano per dimensioni. Il circuito è composto da multiplex moderni all’avanguardia, tutti con una disposizione ad anfiteatro, e dal Moderno a Roma, che ospita molte delle premiere cinematografiche più importanti. Vue Entertainment International, il gruppo fondato nel 2003 nel Regno Unito da Timothy Richards e Alan McNail, è presente in Uk, Irlanda, Germania, Danimarca, Polonia, Lituania, Lettonia e Taiwan con un fatturato di 900 milioni di euro, pari a una volta e mezzo l’intero mercato italiano. La mission di The Space Cinema  è quella di porre al centro del proprio lavoro lo spettatore, a cui offrire l’eccellenza sia per quanto riguarda il livello delle proprie strutture cinematografiche sia nell’offerta sempre più ampia di contenuti esclusivi.


Media / Press Office
Gruppo Matches Srl – ROMA – TREVISO
Web: www.gruppomatches.com

Castello di Rivoli: Fabio Mauri. Esperimenti nella verifica del Male

“Non so ancora bene se a Dio interessi l’arte, non l’ho mai capito, tanto meno la mia, che sottolinea il male, per cui ho un certo occhio”.

F. Mauri, Un utile esperimento negativo, 2002

A cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Sara Codutti e Marianna Vecellio
In collaborazione con Studio Fabio Mauri

16 dicembre 2023 – 24 marzo 2024

In occasione della donazione al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea della grande installazione I numeri malefici, 1978, realizzata da Fabio Mauri (Roma, 1926–2009) per la XXXVIII Biennale di Venezia, il Museo presenta la mostra Fabio Mauri. Esperimenti nella verifica del Male.
Artista e intellettuale, Fabio Mauri nasce a Roma nel 1926 e inizia a pubblicare i suoi primi disegni e articoli quando aveva solo sedici anni sulla rivista “Il Setaccio” che aveva fondato insieme a Pier Paolo Pasolini a Bologna nel 1942. Ben presto il secondo conflitto mondiale investe violentemente la vita di Mauri: un trauma che lo porta successivamente a creare forme d’arte che attraversano la performance, l’installazione, il disegno, la scrittura, il tutto riferendosi alla pittura come simbolo dell’arte in generale.

“Mauri fa dell’artista un intellettuale o dell’intellettuale un artista”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli e curatore della mostra insieme a Sara Codutti e Marianna Vecellio. “Molti conoscono le famose performance di Mauri quali Ebrea (1971) o Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca (1989) che ho voluto ripresentare a Documenta a Kassel nel 2012″ prosegue Christov-Bakargiev “ma pochi avranno visto prima di questa mostra gli incredibili disegni religiosi realizzati nell’immediato dopoguerra a partire dal 1947. Questa mostra, principalmente di opere su carta, permette di approfondire le origini della sua opera che si manifesta come incredulità di fronte al perseverare del male nel mondo nonostante l’apparente progresso della modernità”.

La pratica artistica è per Mauri fin dall’inizio un campo di sperimentazione entro cui verificare diversi pensieri e teorie: nei suoi collage a fumetti, negli schermi, nelle proiezioni e performance, usando grafite, pigmenti, carte, oggetti, pellicole, corpi e suoni, l’artista ha costantemente cercato di comprendere la natura cifrata del mondo restituendola in precipitati di senso in forma di opere d’arte.
Attraverso oltre cento opere su carta e una collezione inedita di diari e libri provenienti dall’archivio dell’artista, questa mostra vuole mettere in luce alcuni tratti salienti del suo grande “Esperimento del mondo”.

Cresciuto in un’Italia segnata dalla Seconda guerra mondiale, Mauri, che ha vissuto in ambienti intellettuali in dialogo con autori tra cui Umberto Eco, Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini, ha un’intuizione: lo schermo è diventato la principale “forma simbolica” del mondo, il segno della nuova civiltà mediatica. Nel 1957-58 con la serie degli Schermi inizia quindi ad analizzare il modo in cui cinema e televisione diventano parte della vita quotidiana, modificando l’esperienza della memoria e l’idea di finzione. Attraverso l’investigazione dello Schermo, Mauri esplora il tema del Male che sembra contraddire ogni logica di un cosmo ordinato dell’universo.
Oltre a presentare alcune immagini storiche dell’artista tra le quali, Ebrea, 1971, Vomitare sulla Grecia, 1972, Linguaggio è Guerra, 1975, e opere più recenti come Convincimi della morte degli altri capisco solo la mia, 2005, la mostra si focalizza su un’ampia selezione di quaderni e opere su carta.

La mostra, allestita al terzo piano del Museo, è dedicata ad Achille Mauri (Rimini, 1934 – Rosario, 2023) già Presidente dello Studio Fabio Mauri Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo, che l’ha fortemente voluta.


Si ringrazia lo Studio Fabio Mauri Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo

Le attività del Castello Rivoli sono primariamente rese possibili grazie alla Regione Piemonte

Si ringrazia l’Amico Benefattore Santiago Mauri

Nato a Roma il primo aprile del 1926, Fabio Mauri muove i primi passi nel mondo dell’arte all’inizio degli anni cinquanta esordendo nel 1954 con una mostra alla Galleria del Cavallino di Venezia seguita, nell’anno successivo, da una personale all’Aureliana di Roma. Mauri espone disegni su carta e dipinti a olio che si distinguono per un colorismo di matrice espressionista e fauves: «C’è in Mauri la volontà di far aggettare la materia. C’è l’idea che dove c’è un oggetto che esce dal quadro c’è espressionismo» scrive Pier Paolo Pasolini nel testo introduttivo alla mostra. Nel 1957 l’artista realizza il suo primo Schermo, opera germinale su cui si innesta tutta la successiva ricerca artistica. Tracciando una cornice nera intorno a un foglio bianco o tendendo la carta o la stoffa su di un telaio in legno che richiama la forma di un televisore, Mauri individua un campo di proiezione, superficie potenzialmente in grado di accogliere qualsiasi immagine, passata e futura, che trascende la rappresentazione pittorica introducendo un nuovo medium. Trasferitosi da Milano a Roma, Mauri affianca l’impegno nelle arti visive a quello di regista teatrale e lavora nella casa editrice dello zio Valentino Bompiani occupandosi specialmente della direzione artistica dell’Almanacco Letterario, della rivista “Sipario” e della consulenza per libri e copertine. Frequenta artisti e intellettuali dell’ambiente romano intorno a Piazza del Popolo, collabora a programmi televisivi, scrive canzoni per l’artista Laura Betti, è vicino ai poeti del Gruppo 63 con alcuni dei quali fonda la rivista “Quindici” e “La Città di Riga”. Negli anni sessanta Mauri espone le sue opere nelle gallerie La Salita di Gian Tomaso Liverani, La Tartaruga di Plinio De Martiis, l’Arco D’Alibert di Mara Coccia, il Mana Art Market di Nancy Marotta. Scrivono di lui Emilio Villa, Pierre Restany, Gillo Dorfles, Tommaso Trini, Cesare Vivaldi, Maurizio Calvesi, Achille Bonito Oliva. Nel 1960 Mauri fonda il gruppo Crack con Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella, Giulio Turcato e il critico Cesare Vivaldi. Nel 1964 mette in scena L’Isola, commedia di teatro Pop concepita come un collage di letteratura, teatro e fumetti. L’attenzione verso i mass media e l’uso diretto delle immagini della società dei consumi porterà Mauri ad essere spesso incluso tra gli artisti della Scuola di Piazza del Popolo con cui condivide una personale ricerca in bilico tra Nouveau Réalisme e Pop Art americana. Ma proprio quando quest’ultima viene consacrata alla Biennale di Venezia del 1964, Mauri vi prende le distanze spostando sempre di più l’asse del suo lavoro verso una ricerca di segno ideologico. La prima opera a trattare questo tema è la performance Che cosa è il fascismo del 1971, seguita a pochi mesi di distanza dall’installazione con performance Ebrea in cui Mauri porta alla luce il grande rimosso dal boom economico, ovvero gli orrori prodotti dall’ideologia nazifascista. La giovinezza di Mauri era stata segnata da un grave trauma psicologico causato dalla presa di coscienza delle violenze che il regime andava perpetrando: una lunga crisi mistica e personale iniziata durante l’ultimo anno di guerra e protrattasi fino ai primi anni cinquanta, che porta il giovane artista ad essere ricoverato all’ospedale manicomiale Ville Turro di Milano, in un reparto destinato militarmente all’elettroshock, e in una clinica svizzera a Prangins, vicino a Ginevra. «Lo shock elettrico interrompeva il circuito ossessivo del pensiero che si presentava inossidabile, una sequenza levigata, senza fessure d’uscita. Circolava netto e intransigente, sempre uguale. Occupava il mio capo. Non potevo farne a meno, una catena logica, stretta, e feroce non dura, potevo alla cieca farne parte. L’io aggredito veniva dilaniato a vista» ricorda l’artista che alternava, alle cure psichiatriche, periodi di ritiro e silenzio entro monasteri ed altri istituti: «Credo fermamente di essere stato un malato grave e insieme, gravemente, un mistico. Le due cose manifestano analogie». Negli anni settanta videro la luce alcune delle opere più significative dell’artista come la performance Ideologia e Natura (1973), la mostra-installazione Warum eine Gedanke einen Raum verpestet? (1972), i libri d’artista Manipolazione di Cultura (1975) e Linguaggio è Guerra (1975), il multiplo Vomitare sulla Grecia (1972), le azioni Dramophone (1976) e Oscuramento (1975), l’installazione I numeri malefici (1978) esposta alla Biennale di Venezia del 1978, Insonnia per due forme contrarie di universo (1978) nata in seno alla sua collaborazione con l’Ufficio per l’immaginazione preventiva e il Muro d’Europa (1979) esposto alla galleria De Appel di Amsterdam. Dopo un primo breve matrimonio con l’attrice Adriana Asti, Mauri si lega sentimentalmente alla fotografa Elisabetta Catalano con la quale lavora fianco a fianco alla costruzione di immagini che diventeranno vere e proprie icone delle sue performance più importanti. Dopo la storica performance Intellettuale (1975), in cui Mauri proietta Il Vangelo Secondo Matteo sul petto di Pier Paolo Pasolini, l’artista realizza una serie di installazioni con proiezioni di opere cinematografiche su corpi e oggetti: tutto il mondo è schermo e il raggio di luce, che trasmette forme proprie di pensiero su superfici non neutre che ne intercettano il segnale, modifica il senso dell’oggetto dando vita a nuovi significati. Gli anni ottanta coincidono con l’inizio della ventennale docenza presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila: insegnante appassionato, Mauri vi tiene il corso di Estetica della Sperimentazione affiancando le lezioni teoriche con un intenso lavoro laboratoriale durante il quale l’artista dà vita, insieme ai suoi studenti, alle performance Gran Serata Futurista 1909-1930 (1980) e Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca. Concerto da tavolo (1989) e al re-enactment di Che cosa è il fascismo. In questi stessi anni Mauri è pioniere della pratica delle conferenze-performance, lezioni frontali che introducono nel discorso parlato momenti performativi come atti linguistici che concorrono alla produzione del significato. Nel 1993, invitato a ripresentare l’installazione con performance Ebrea alla LV Biennale di Venezia, Mauri costruisce Il Muro Occidentale o del Pianto, opera monumentale composta da borse e vecchie valigie, emblema della divisione del mondo, dell’esilio e della fuga forzata di tutte quelle vite «costrette a espatriare, a trovare o portare con sé identità incenerite o divelte». Nel 1994 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, sotto la sovrintendenza di Augusta Monferini, dedica a Mauri una grande mostra retrospettiva curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Cossu. Nel 1996 Mauri smette di insegnare non senza aver radunato intorno a sé un gruppo di studenti che continuarono a lavorare come suoi assistenti nella costruzione di opere e allestimenti. Nel 2000 fonda lo Studio Fabio Mauri – Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo finalizzata alla produzione e alla conservazione delle opere e dell’archivio dell’artista. Fabio Mauri ha lavorato con i suoi assistenti fino agli ultimi giorni di vita, sostenuto dalla compagna Piera Leonetti, dalle ex-compagne Marina Patriarca, Elisabetta Catalano e il fratello Achille, finché un tumore non se lo porta via il 19 maggio 2009, a pochi giorni dall’inaugurazione della mostra Etc. alla Galleria Michela Rizzo di Venezia. Le sue opere sono state negli anni esposte in prestigiose sedi internazionali come il PS1 di New York, il Walker Art Center di Minneapolis, il Moca di Los Angeles, il Philadelphia Civic Center Museum, il Centre Pompidou, Jeu de Paume e Le Bal di Parigi, “La Caixa” di Barcellona, le Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, il Mamac di Nizza, la Fundación PROA di Buenos Aires. A partire dal 1994 gli sono state dedicate importanti retrospettive alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, alla Kunsthalle di Klagenfurt, al Museo Le Fresnoy di Lille, al Palazzo Reale di Milano, al Museo Madre di Napoli, l’Heart Museum di Herning, al Museo del Novecento di Firenze e importanti sale alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, al Museo Punta della Dogana a Venezia, Palazzo Vecchio a Firenze, al Mamco di Ginevra, al Castello di Rivoli nonché a dOCUMENTA(13) di Kassel, alla 14ma Biennale di Istanbul e a sei Biennali di Venezia.


Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia
10098 Rivoli – Torino
Info: +39 0119565222
come arrivare

Le attività del Castello di Rivoli sono realizzate primariamente grazie al contributo della Regione Piemonte.
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Ufficio Stampa Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Manuela Vasco | press@castellodirivoli.org | tel. 011.9565209
 
Consulenza Stampa
Stilema | anna.gilardi@stilema-to.it | tel. 011.530066