Bologna: in anteprima mondiale “ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie”

Giulio Marchetti, Anima, 2023
D-bond fresato su pannello rivestito,
76x50x2 cm

IN ANTEPRIMA MONDIALE,
APRE AL PUBBLICO LA MOSTRA

7 dicembre 2023 – 5 maggio 2024
Palazzo Albergati, Bologna

Una grande novità in arrivo a Bologna.
Una mostra d’arte? Uno zoo? Un sogno?
Benvenuti nel Giardino delle Meraviglie, in anteprima mondiale a Palazzo Albergati.

Il nuovo progetto presentato in anteprima mondiale da Arthemisia a Palazzo Albergati di Bologna “Animali Fantastici” è molto più di una mostra.
Rappresenta una nuova frontiera dell’intrattenimento, in cui si fondono animali, arte, magia, divertimento e sogno.
Il museo si trasforma in un immenso spazio aperto, in cui gli animali trovano il loro habitat ideale, accogliendo tutti, grandi e piccoli, esperti d’arte e curiosi.

Saranno oltre 90 gli animali che varcheranno la soglia magica di Palazzo Albergati, realizzati da 23 grandi artisti contemporanei.

È il primo zoo d’artista realizzato al mondo, privo di gabbie, senza distanze e animato da pitture, sculture e installazioni di animali di ogni specie; un superzoo che vedrà le sale nobili del Palazzo trasformarsi in un nuovo habitat museale, un safari pedonale dove le opere accompagnano il visitatore in una passeggiata dentro una favola, dove gli animali convivono nel più rispettoso degli ecosistemi artistici.

Con il patrocinio del Comune di Bologna, la mostra ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie, ideata e curata da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, è prodotta ed organizzata da Arthemisia.
La mostra vede come media partnerRadio Birikina e mobility partnerCotabo.
Il catalogo è edito da Skira.


Gianluca Marziani: “SUPERZOO è la perfetta metafora di un mondo dove le enormi diversità e la molteplicità linguistica si sciolgono in una gigantesca famiglia allargata, una specie di pianeta ideale dove condividere spazi e risorse, senza disuguaglianze, confermando il teorema di Tom Regan che considera i diritti degli animali identici ai diritti degli umani. In questo mondo ideale, forse utopico ma certamente affascinante, il diritto al piacere e la percezione del dolore sono la chiave per considerare umani e animali su uno stesso piano normativo. Sapendo quanto sia difficile che ciò possa accadere nella realtà, ci siamo inventati questo viaggio espositivo con la migliore delle armi poetiche: l’arte visiva.”

SUPERZOO riparte dalle origini di un termine (żòo deriva dal greco e significa appunto “animale”) che attraversa l’intera vita sul Pianeta, ma non si tratta di un’area intesa come un parco con le gabbie. SUPERZOO riguarda, al contrario, la vita degli animali artistici liberi, un mondo parallelo che esiste nel tempo sospeso della mostra, rendendo lo spazio espositivo un ambiente sognante tra la vita reale e i mondi fantastici in cui altre vite sono ancora possibili.

Col SUPERZOO si partecipa a una rinnovata idea espositiva che diventa luogo partecipativo e inclusivo, un mondo parallelo in cui le opere richiamano film, romanzi, serie in streaming, documentari, oggetti di design, meme, reel, teorie filosofiche e tutto ciò che finora ci ha sempre affascinato del mondo animale. Le atmosfere suggestive degli allestimenti creano spazi in cui i nostri animali sembrano vivere da sempre, felici di un equilibrio vitale che coinvolge lo spettatore davanti allo spettacolo dell’Arte che diventa Natura.

GLI ARTISTI
Sono 23 gli artisti ipercontemporanei, tutti italiani e scelti tra coloro che hanno indagato l’universo animale con grande coerenza tematica: Giovanni Albanese, Camilla Ancilotto, Marco Bettio, Chiara Calore, Mario Consiglio, Valentina De Martini, Fulvio Di Piazza, Dario Ghibaudo, Massimo Giacon, Sandro Gorra, Giorgio Lupattelli, Giulio Marchetti, Marco Mazzoni, Andrea Nurcis, Luca Padroni, Max Papeschi, Valeria Petrone, Nicola Pucci, Gherardo Quadrio Curzio, Mario Ricci, Maurizio Savini, Lapo Simeoni, Velasco Vitali.
Autori eterogenei che toccano i linguaggi del volume plastico (sculture) e delle due dimensioni (disegno e pittura) per immaginare bestiari fantastici, giochi medievali, ibridi metamorfici, fantascienza, surrealismi pop, citazioni letterarie, una sorta di viaggio lungo i secoli che ribalta vecchie certezze e inventa una nuova zoologia.

LA MOSTRA
I due piani di Palazzo Albergati accolgono le diverse specie animali con un allestimento che ha eliminato gabbie, chiusure o delimitazioni. Ogni opera respira nel luogo con la sua energia primordiale, la sua capacità metaforica, la sua forza interpretativa. Tutte assieme dimostrano il valore polifonico di una visione omogenea del mondo, come se ogni artista, pur nei caratteri che lo distinguono, condividesse l’idea di una medesima azione sul mondo.

Io che diventa Noi. Noi che diventiamo Loro. Loro che inglobano ogni singolo Io.

NOI SIAMO è un claim narrativo che unisce gli artisti e gli spettatori con l’obiettivo di raccontare una grande famiglia dalla pluralità risolta.
Autore dopo autore, è stata aggiunta una parola al SIAMO… (ciascuna per ogni artista) per evocare atmosfere emozionali e familiari, tra indole e nuove ragioni, istinto ed evoluzione, evitando egocentrismi che non vanno bene quando lasci che i sogni luminosi scorrano liberi. L’artista si pone qui come archetipo collettivo, capofila morale di una lezione visiva che tocca ognuno di noi, senza distinzioni o limitazioni, incarnando quelle parole che caratterizzano le nostre emozioni e i nostri sentimenti, che producono azioni condivise e universali, che ci rendono parte attiva di un nuovo modo di abitare il mondo. SIAMO MOLTE COSE: perché solo nel comune ascoltare ci poniamo grandi obiettivi, solo nel comune sentire ci diamo grandi traguardi.

Giovanni Albanese SIAMO ALCHIMIA
C’era una volta un artista (e anche regista) pugliese che molto giovane si trasferì a Roma. Nella Capitale iniziò a osservare il mondo urbano con occhio sensibile, riciclando oggetti, materiali di scarto, ferraglie, lampadine, qualunque forma utile per costruire le sue sculture poetiche che, d’improvviso, prendevano vita, quasi fossero creature di un Doctor Frankenstein impegnato a dare ossigeno alle sue figlie meccaniche. Albanese ha messo luci fiammeggianti sugli oggetti, rendendoli messaggeri che indossano il fuoco senza bruciare; ha umanizzato vecchi calcolatori, ha costruito personaggi strambi e simpatici, ha ricreato le alchimie del movimento con la semplicità dei maghi e la poesia degli scultori. Guardiamo le sue tartarughe fantastiche che camminano, lente ma inesorabili, con le fiamme del futuro sulla loro schiena coriacea. E guardiamo bene quel caimano argentato che è la somma di centinaia di piccoli caimani, a conferma che l’opera può essere il risultato collettivo di uno sguardo comune. Un’alchimia in cui le cose vecchie rinascono per la festa e camminano, come sorridenti fuochi fatui, verso un domani migliore.

Camilla Ancilotto SIAMO METAMORFOSI
C’era una volta un’artista italiana di sangue svedese, una ragazza cosmopolita che a Roma aprì il suo atelier per trasformare alcuni giochi dei ricordi in un mondo creativo per adulti sensibili. Passo dopo passo, con inesorabile precisione, ha trovato le forme migliori per trasferire dentro l’opera il tema della partecipazione e condivisione, dandoci il potere di inventare le nostre soluzioni ludiche dentro il suo sistema meccanico e visuale. Ogni spettatore può azionare le sue creazioni e giocarci, nel rispetto che meritano le cose preziose quando accendono le nostre sinapsi (e toccano la buona educazione). Vi ricordate il Tangram, il gioco cinese con sette pezzi che formano un quadrato? Oggi quei mattoncini colorati sono talmente cresciuti da superarci in altezza e svettare come un esercito pacifico e “brasiliano” di animali colorati, sorta di Arlecchini Transformers dalle mutazioni informali. Stessa cosa per i quadri in stile pallottoliere, formati da griglie con elementi a tre facce: la forma iniziale si trasforma, sotto le nostre mani, in avvincenti metamorfosi che inventano animali tra l’impossibile e il plausibile, frutto della magia mimetica che rende l’arte una meraviglia sensoriale per cervelli vigili e cuori pulsanti.

Marco Bettio SIAMO FATTORIA
C’era una volta un ragazzo di Aosta che ascoltava il suo territorio potente, il verso geologico delle montagne, che annusava gli odori delle fattorie circostanti, degli animali che si portano storie arcaiche sulle spalle. Bettio ha concentrato il suo sguardo amorevole sugli animali scolastici del nostro paesaggio emotivo, immensi compagni di vita nel corso dei secoli, amici generosi che da sempre supportano le esigenze delle comunità umane. Gli asini che ci guardano con occhi intelligenti ed empatici, le scimmie che interrogano e smontano la nostra arroganza, i topolini bianchi che ribaltano le tristi fobie sui roditori, i cervi che si impongono con la loro stazza imperiale. Cogliamo il lato profondo dei loro occhi che dicono molto nel singolo dettaglio, sentiamo un’empatia crescente che avvolge i nostri migliori sentimenti, assorbiamo la loro energia universale scivolando nelle minuzie di un dipingere dal realismo sensoriale. Eccolo il potere della pittura, quella sensibile attitudine di giocare col vero attraverso una magia che imita e trasforma la realtà, ricreando sulla tela un bestiario domestico che conferma una cosa: se umani e animali soffrono e godono in modi simili, se cercano amore e piacere in modi simili, ecco che assieme a loro siamo protagonisti di pari grado nella fattoria del futuro. Anche se sembra pura utopia, non sarebbe bellissimo vivere in un posto del genere?

Chiara Calore SIAMO METICCI
C’era una volta un’artista veneta che costruiva immaginari pittorici minuziosi, così densi di elementi umani e animali da rompere la prospettiva centrale in un rompicapo centrifugo dal cuore barocco. Lo sguardo meticcio di Chiara dipinge vertigini ottiche che diventano metafora biologica di una fusione paritetica e atomizzata tra umani e animali. Tutti insieme appassionatamente: questi grovigli metamorfici stravolgono le distanze e gli equilibri a cui siamo abituati, insistendo su intrecci impossibili che sono la metafora di un tema fondativo per la civiltà, ovvero, mescolare razze e culture, lingue e idiomi, reale e immaginario, antico e attuale. Perché solo la cultura meticcia, così normale nell’evoluzionismo zoologico, rende più forte la genetica ma anche la morale dell’umanità. La sua è una promessa di apertura tra differenze che esistono in termini biologici ma non culturali; un’istanza di tolleranza universale in cui dosare istinto e ragione; una rivelazione di empatia che ci farà scoprire quante bellissime esperienze ci aspettano dietro ogni angolo della nostra vita. Perché l’ignoto, teniamolo a mente, è solo l’attesa rivelatoria di nuove avventure.

Mario Consiglio SIAMO RESISTENZA
C’era una volta un artista pugliese in terra umbra, figlio del sud mediterraneo e di una luce perugina con le sue evocazioni rinascimentali. In realtà la luce solare non bastava a Mario, lui da sempre inseguiva tonalità più fredde nel suo nomadismo senza confini. A Berlino ha così generato la sua parte più cruda e notturna, di ascendenza punk ma con l’ironia di chi gioca a carte scoperte con la vita tutta. Rimaneva, però, un effetto calamita verso le origini italiche, un legame sentimentale con una terra che ha prodotto Perugino e Burri, artisti con modi opposti di fare arte, la luce da un lato e il buio profondo dall’altro. Mario ha messo insieme quei modi – Berlino e Perugia – di intendere lo spazio dell’opera, unendo fragile e durevole, aperto e chiuso, morbido e duro. Solo così si comprendono i suoi animali sezionati, figli di una cultura contadina che incontra una Berlino tra cieli grigi e cultura techno. Quelle bestie spaccate, bucate, riempite di sassi e altra materia naturale sono figlie secolari degli uomini, sono i sopravvissuti luminosi che resistono dopo le umane tragedie, che si portano dentro la luce di una speranza condivisa. Il bestiario di Mario ci ricorda le nostre fragilità, i pesi che ci portiamo appresso, le ferite che si rimarginano mentre lasciano cicatrici indelebili. Quei segni che feriscono le opere, dalle suddette sculture ai quadri con le loro tecniche eterogenee e spiazzanti, certificano la bellezza profonda di ogni imperfezione. Perché solo gli errori ci rendono più resistenti.

Valentina De Martini SIAMO APPARIZIONE
C’era una volta un’artista romana che giocava con il quadro come fosse la speciale finestra su una casa per animali fotogenici. I suoi ritratti a figura intera, frontale o di profilo, narrano di elefanti, tigri, balene, pecore e altri compagni di fantasie ad occhi aperti, trasformati per un istante in vanitose star da copertina. Sono esseri placidi che sembrano disporsi felici davanti al fotografo, pronti a farsi raccontare in un gioco tra le parti, dove l’animale si allinea all’obiettivo e l’artista aggiunge i suoi trucchi cosmetici. Un ironico gioco delle parti in cui tutto diventa apparizione lisergica, un teatro dell’essere che amplifica il verbo antispecista sui nostri amati quadrupedi. Valentina dialoga amorevolmente col suo bestiario, offrendo loro il centro del teatro di posa, creando forme del telaio a misura di animale, invitando noi spettatori a goderci lo spettacolo pittorico del loro status da superstar. Era importante che la mostra lo sottolineasse: gli animali sono i primi divi del nostro immaginario infantile, con loro formiamo la nostra coscienza e abilitiamo i nostri sentimenti benevoli. Tra cartoni animati e libri illustrati, cresciamo col pensiero costante su di loro, rendendoli compagni fedeli dei nostri viaggi ad occhi aperti. E allora eccoli qui, apparizioni di amabile bellezza, divi e divine per un lungo istante tra sogno e realtà.

Fulvio Di Piazza SIAMO MONDI
C’era una volta un artista palermitano che molto presto iniziò a rifugiarsi nei suoi paesaggi mentali. Fulvio rinforzò il tema del viaggio interiore usando il suo talento da pittore minuzioso, sulla scia ereditaria di Salvador Dalì, Max Ernst e Hyeronimus Bosch. Quadro dopo quadro, Di Piazza ha evocato o modificato atmosfere che anticipavano frammenti di cinema fantastico, basti pensare ai paesaggi ipernaturali di Jurassic Park, Avatar o Valerian e la città dei mille pianeti. La sua era ed è rimasta un’atmosfera tra preistoria e futuro indecifrabile, un pianeta pittorico dalla natura coloratissima e virale, costellato da animali fantasmagorici, esseri giganteschi oltre ogni plausibile realismo, rettili e anfibi mutanti con un DNA titanico. Il suo mondo è il pianeta dove gli animali sono padroni del racconto, dove il paesaggio verde veste ogni formazione geologica, dove le lingue e i rumori sono quelli di una biologia tra piante immense e animali alti come grattacieli. L’intero percorso di Fulvio è un mondo pittorico indipendente con le sue regole e i suoi protagonisti; quando lo guardiamo diventiamo gli archeologi del sogno che osservano qualcosa di assurdamente sublime. Chissà che la nostra memoria atavica non conservi le sensazioni che provarono i primi umani davanti ai mastodontici tirannosauri?

Dario Ghibaudo SIAMO DIVERSI
C’era una volta un artista che sembrava un esploratore di mondi medievali e fantascientifici, ossessionato da un folle sogno: costruire, sala dopo sala, il proprio Museo di Storia Naturale. In realtà il suo sarebbe diventato Museo di Storia Innaturale, come fosse un luogo parallelo dove scoprire animali mutanti che scatenano le nostre migliori fantasie letterarie e cinematografiche. Immaginate le teche, le librerie, i contenitori e quei mobili da museo in cui si dispongono uccelli, anfibi, pesci e altri animali imbalsamati o in tassidermia. Ghibaudo ha creato il suo museo ideale plasmando gli strambi esseri che la sua meravigliosa creatività ha reso possibili. Il suo bestiario fonde insetti e mammiferi, rettili e anfibi, rivoluziona le tipiche conformazioni zoologiche, arrivando a soluzioni che potrebbero apparire nel Trono di Spade o in altre fantasmagorie surreali. Qui in mostra abbiamo quattro creature, due distese a rilievo lungo il muro e due che vivono sul pavimento del museo: sono esseri anormali e spiazzanti, bianchi come latte, placidi nel loro quieto apparire, pieni di empatia nel loro sguardo amorevole. Forse sono esistiti, forse esistono da qualche parte animali di questa foggia, di certo il nostro Dario li rende più reali del vero, narrandoci particolari che aumentano la loro forza magnetica, il loro peso sul mondo, i loro messaggi per un futuro fantasioso e, forse, meno aggressivo del presente.

Massimo Giacon – SIAMO AMICI
C’era una volta un artista padovano (con studio a Milano) che ascoltava i consigli delle voci interiori: disegno, pittura, scultura, design, fumetto e musica, linguaggi diversi dentro una stessa orchestra figurativa che, secondo le sue vocine da dentro, avrebbero ricreato le tante tessere del mondo secondo Giacon. Quello di Massimo è un vero universo d’invenzione, popolato da una fauna che sembra fondere la Pixar e il cinema horror, il fumetto e il surrealismo storico, Ettore Sottsass (maestro di Massimo) e John Lasseter. Siamo tra umani e umanoidi, animali e animaloidi: ognuno diversamente mutante tra mille invenzioni fisionomiche, ognuno dalla personalità definita, ognuno ad occupare un carattere, un’indole, un preciso ruolo nel mondo giaconiano. Gli animali restano, ovviamente, gli artefici centrali di questa comunità in cui ogni assurdità si ribalta nel suo lato giocoso, nella festa che libera gli istinti e apre le azioni alla gioia primordiale. Ogni creatura di Massimo, esprimendo consapevolezza e felicità, indica una catena di amicizie e filiazioni, di comprensione per ogni diversità e alterazione. Non esiste confine o giudizio morale nel pianeta giaconiano, ed è bellissimo che un artista lo esprima tramite disegni, sculture e altre forme d’invenzione. A ribadire il chiaro messaggio ci pensa il nostro topo in ceramica policroma, guardiano del percorso che ride a squarciagola mentre indica le strade del futuro (o forse, semplicemente, la via d’uscita dalla mostra).

Sandro Gorra SIAMO MUTANTI
C’era una volta un artista che fece carriera come pubblicitario, negli anni in cui era bellissimo inventare campagne commerciali per giornali, riviste e televisione. Quando il mondo dell’advertising cambiò per entrare nei social media, il nostro Gorra stava spostando il suo fare creativo nel disegno e nella scultura, completate dai piccoli testi che diventano la voce ironica di ogni opera. Compiuto il salto al momento giusto, Sandro si è accorto di una passione folgorante per le giraffe, animale tra i più anomali per conformazione fisica e baricentro gravitazionale. Le sue simpatiche spilungone sono diventate la metafora dei sentimenti fragili, delle paure che ci portiamo dentro, della continua imperfezione che contraddistingue la specie umana. Le vediamo mentre perdono le proprie macchie, come un’identità che scivola via, come una memoria che perde colpi sotto il peso della Storia. Corrono, giocano, ballano, disperdendo le tessere maculate ma non la gioia di godersi il momento, di sorridere mentre la mutazione sta trasformando il loro abito. Siamo tutti mutanti, sembrano dirci le giraffe, ma non dobbiamo perdere la felicità di essere al mondo, di provare piacere e divertirci, ricordando la fragilità dei nostri corpi, l’imperfezione dei nostri sentimenti, la piccolezza di tutti noi davanti alle leggi dell’universo. Potremmo dire: la giraffa perde il pelo (maculato) ma non il vizio (per fortuna).

Giorgio Lupattelli – SIAMO ISTINTO
C’era una volta un artista umbro che aveva capito, fin dagli anni Novanta, quanto fosse utile collegare la pittura ai nuovi linguaggi tecnologici. Lupattelli ha sentito il richiamo della giungla mediatica, i mille versi tra cinema, televisione, musica e letteratura, un caleidoscopico flusso di nuove informazioni da processare e trasferire sul quadro. Giorgio dipinge con meticolosa precisione, simulando le immagini digitali con la loro lucentezza artificiale, senza perdere quel sottofondo di materia odorosa che è il cuore eterno della pittura. I temi indagati colgono fatti scientifici rilevanti, invenzioni che cambiano le nostre vite, personaggi rivoluzionari in ambito tecnologico; ogni ciclo somiglia ad un navigatore mediatico che intercetta le evidenze del progresso, quelle che Leonardo da Vinci, se tornasse in vita, userebbe per definire l’uomo vitruviano del futuro. In questa navigazione dai contorni pop ci sono presenze multiple di animali, raccontati con l’accento sul loro valore centrale nell’ecosistema. La sequenza dei sei primi piani su fondo nero, assieme alla scultura del ragno nero, ne è la prova definitiva: ognuno emana l’aura del proprio istinto, trasmettendo paura mentre, in realtà, chiede solo il rispetto del proprio status. Il nostro problema, se ci pensate un attimo, riguarda proprio l’arroganza di stravolgere le loro nature, non capendo che il rispetto inizia dove comincia la libertà altrui.

Giulio Marchetti – SIAMO ANIME
C’era una volta un artista nativo digitale, figlio di una cultura da smartphone dove i linguaggi creativi dialogano assieme con naturalezza e armonia. Giulio agisce su diverse piattaforme espositive: dal metaverso alle gallerie, dalle backrooms ai musei, creando opere stampabili di fattura elettronica ma anche sculture interattive e altri manufatti ibridi. Tutto questo mentre pubblica raccolte di poesie e persegue un progetto musicale indie-pop, col giusto obiettivo di connettere fili e contenuti delle sue molteplici nature espressive. La scultura ANIMAle, giocando con la fusione tra ANIMA e ANIMALE, diventa il ponte concettuale tra la parte fisica del suo lavoro e quella destinata al flusso liquido del web. Un disegno iniziale per poi creare una scultura di aura metallica, disegnata con un doppio font che produce azioni emotive mentre si rivela un magnete dai molteplici contenuti. La parola anima si traduce nel cuore pulsante della mostra, punto di partenza e arrivo per ogni ragionamento sui diritti umani e animali. L’anima contiene l’animale e ogni animale si porta dentro l’afflato magico della propria anima. Da questa fusione misteriosa, da questa magia che la scienza non può replicare, nasce il metodo sentimentale per un futuro in equilibrio. Un domani a misura di spirito collettivo, dove l’anima unirà sguardi e azioni sincronizzate.

Marco Mazzoni SIAMO PANACEA
C’era una volta un artista di Tortona che era attratto dalla tradizione popolare italiana, in particolare dalle arti segrete di guaritrici e levatrici nelle culture regionali (quella sarda in particolare). Mazzoni scoprì una vera passione per le figure femminili con un ruolo forte nelle antiche comunità locali: erano loro a conoscere le piante medicinali, in grado di curare e liberare la mente, sperimentando infusi e composti che univano la cultura botanica ai nettari del mondo animale. Purtroppo, dopo la Controriforma, l’autorità ecclesiastica le rese pericolose agli occhi delle comunità, usando maschilismo e ignoranza come arma per sminuirne il valore medico e pedagogico. Il nostro Mazzoni, figlio del laicismo moderno, sottolinea con amore il legame tra donne e piante, usando le farfalle per esaltare la bellezza iconografica dell’universo femminile. Il volto di donna si riempie di ali colorate, rivelando qualcosa di intimo, un afflato lisergico che porta la mente verso paradisi perduti e fantasmagorie dell’immaginario. Una panacea di cui le donne sono portatrici sane, ieri come oggi, agli albori della civiltà come nel prossimo futuro.

Andrea Nurcis SIAMO UGUALI
C’era una volta un artista sardo che viveva a Roma. Era solitario per scelta, parlava poco e produceva opere crude ma di estrema raffinatezza, fatte con varie tecniche sulla scia delle ambizioni progettuali. Nurcis appartiene a coloro che non puoi classificare in modo canonico, al massimo lo puoi descrivere come un prolifico disegnatore che porta sui fogli la parte più profonda della propria interiorità. Una zona radicale dove lo sguardo si inabissa nel nero, pescando forme oniriche dentro le tenebre della ragione. Da diversi anni Andrea vive in campagna vicino Cesena e molto del suo tempo è dedicato all’agricoltura sostenibile e alla militanza tra gli antispecisti, tra coloro che considerano umani e animali in modo paritario e lottano per la salvaguardia zoologica. I disegni per la mostra sono la prova di quanto Nurcis entri nel cuore profondo del dolore attraverso un’estetica minuziosa ed elegantissima, dove le nozioni del bello si fondono con le emozioni della sofferenza, dei sentimenti feriti, delle ingiustizie da combattere. La sua arte è un atto d’amore per rivoltare la “diversità” in una bellissima normalità, una carezza silenziosa che disegna il mondo nuovo con precisioni fiamminghe e invenzioni magnetiche. Ricordate il cerchio vitruviano dell’uomo leonardesco? Andrea ci sussurra che non siamo soli, dentro il cerchio c’è ormai lo spazio per un animale a quattro zampe.

Luca Padroni SIAMO MIMETICI
C’era una volta un artista romano che respirava le vicende rionali dei grandi pittori, che assorbiva le invenzioni dei maestri in attività. Padroni è cresciuto con le orecchie aperte e gli occhi reattivi, assorbendo il meglio delle tecniche postmoderne, trovando un proprio realismo espressivo che sarebbe servito per adattare l’estetica al singolo ciclo, usando lo stile più consono alla tematica, costruendo la sua enciclopedia pittorica dei ricordi metabolizzati. Non dimentichiamo che esistono due modi opposti di fare pittura: da una parte inventando mondi oltre il reale, dall’altra imitando e trasformando il reale, che è il modo con cui Luca affronta il mondo e ne preleva frammenti metafisici, sospesi in un tempo figurativo che è l’anima della pittura quando si mimetizza dentro la realtà. Per l’occasione presentiamo un capolavoro di potenza e sintesi, un’apparizione simbolica nella giungla delle continue metamorfosi, dove un grande felino conserva la pelle fantastica di una chimera asiatica. Quella belva maestosa, quasi aliena nella sua trama violacea, compare come il fantasma delle libertà perdute, un nostro doppio selvaggio che insegue il cambiamento mentre conserva memoria delle necessarie radici. Un viaggio del cuore dentro una giungla delle origini, metafora cosmica di un luogo in cui tutto iniziò e dove tutto può ancora ricominciare.

Max Papeschi SIAMO STORIA
C’era una volta un artista con l’indole affilata del monello intelligente. Papeschi ha sempre pensato che l’arte fosse il modo migliore per cambiare alcune regole, ad esempio usando fiumi d’ironia per farci riflettere sulle tragedie del Novecento, sulle guerre e sui fascismi, sul male che la creatività trasforma in una risata satirica alla Monty Python. Il nostro artista distrugge i falsi miti, le figure dei dittatori ma gioca anche con il divismo e i codici del capitalismo rapace. Oggi presentiamo uno dei suoi cicli più profondi e digitalmente equilibrati – From Hiroshima with love – che si sviluppa lungo 21 immagini in bianconero, prese dalla rivista Life e modificate in chiave animalesca. Si parla di vicende tristi che sono state ribaltate in una satira bestiale, come se il teatro degli orrori fosse uno spettacolo in maschera che perde il suo potere tragico e ridicolizza i cattivi maestri. La serie in sequenza funziona come il montaggio di un film, dove la fusione tra uomo e animale ci fa rivedere il Novecento con pietas e giustizia, facendo scorrere gli eventi con la lucidità di un gioco dentro la Grande Storia, nel cuore della tragedia ma con l’arma che usava Aristofane: ridere per distruggere la banalità del male.

Valeria Petrone SIAMO MAGIA
C’era una volta una ragazza con la passione privata per il disegno su piccoli formati. La sua vita tra Milano e Roma è stata un’esperienza di figure e colori contrapposti, una doppia natura in cui sono nate le sue piccole donne fantastiche. Passo dopo passo, quelle femmine stravaganti e stilizzate sono cresciute, dipinte con linee sottili e colori morbidamente distesi, quasi sempre su fondali piatti che ne aumentano la personalità e il pathos. Ognuna di loro appartiene al mondo eclettico dei sogni letterari ad occhi aperti, un luogo del possibile in cui le magiche fanciulle si fondono con animali dalle molteplici simbologie. Volpi, gufi, serpenti e altre creature che aderiscono mimeticamente alle abitudini private delle simpatiche monelle. Sono tutte in primo piano, impeccabili davanti ad uno specchio ideale che restituisce il dialogo metamorfico con gli animali, la loro fusione di intenti e sguardi condivisi. Un pianeta fiabesco che entra in una nuova eleganza contemporanea, tra vanità e narcisismi, mostrarsi e nascondersi, apparire ed essere. La volpe non è più stola per vestirsi ma corpo vivo per condividere il mondo, così il gatto diviene maschera per meditare, così la gabbia per uccelli rende albero una ragazza dagli occhi vispi… Se una volta parlavamo di animali da compagnia, adesso possiamo dire che esiste una Compagnia delle Ragazze coi loro amici animali.

Nicola Pucci SIAMO SOGNO
C’era una volta un artista palermitano che divideva la casa con alcuni galli, liberi di gironzolare tra quadri e mobili, in cucina o camera da letto. Quei galletti domestici creavano strane immagini surreali, proprio perché l’occhio non è abituato a guardare gli animali fuori dal loro habitat. Se immaginate quei galli da appartamento capirete le ragioni che influenzano la pittura di Pucci ed entrerete nel cuore delle sue storie. Piccole avventure del quotidiano che ti spiazzano per la strana triangolazione tra umano, animale e ambiente. Un leone che custodisce un neonato, un cavallo che attraversa un vagone della metropolitana, una scimmia che partecipa ai riti domestici, un cane che fa giochi da ragazzi: piccole scene alla Magritte che diventano il cuore di un mondo unitario e poetico, una realtà parallela dove persone e animali condividono spazi, oggetti, abitudini. E’ il grande potere della pittura che costruisce avventure immaginarie dentro case, uffici, scale, mezzi di trasporto, luoghi all’aperto: ovunque la vita scorre ecco gli animali diventare fantastici nella loro libertà insospettabile e detonante. Noi e loro finalmente assieme, senza sottomissioni, senza paure reciproche, dentro la bolla narrativa di un sogno condiviso. Chissà se anche i nostri amati cani sognano di vedere i loro padroni al guinzaglio?

Gherardo Quadrio Curzio SIAMO MESSAGGERI
C’era una volta un artista di giovane età ma con una singolare chiarezza di idee. Capita di rado che i giusti pensieri si formino a presa rapida, di solito la pittura è un articolato percorso di false piste e reali trasformazioni che porteranno, nel tempo, alla visione più consona, in linea diretta con l’equilibrio interiore. Curzio ha coltivato da subito un immaginario che lo definisce per stile, indirizzo e personalità. E’ un mondo sospeso il suo, un luogo fantastico dove compaiono animali della nostra infanzia, soggetti metafisici di mondi favolistici che fanno brillare la pubertà e aprono alla leggerezza nel tempo adulto. Animali con l’aria dei messaggeri di belle notizie, cicogne che risuonano nell’atmosfera onirica dei quadri. Sembra di aprire una tenda e scoprire i teatrini di una fiaba senza tempo, una porticina su mondi illusori ma balsamici. In pochi istanti sei dentro il suo mondo, tra allegorie che risuonano nel colore liquido, nelle stesure oniriche di una visione parallela e catartica. Forse stiamo guardando il sogno di una cicogna che vorrebbe, solo per un istante, avere labbra per baciare e mani per carezzare.

Mario Ricci SIAMO ILLUSIONE
C’era una volta un artista che inventava illusioni nel suo studio a Genazzano, a pochi passi da un Castello che è il cuore possente di questa cittadina della campagna laziale. Ricci conosce a fondo le magie segrete della pittura, la sua capacità di distillare trucchi per i nostri occhi, di confonderci con giochi che sono il risultato di illusionismi da pennello. Le sue opere sembrano respirare, muoversi dal loro interno, come se animali o semplici oggetti domestici spingessero da dietro la tela, quasi a rompere la superficie e andare via, oltre la soglia già aperta da Lucio Fontana. Ma la pittura di Ricci è, appunto, un viaggio ironico nelle illusioni di cose che stiamo solo immaginando; quei piccoli movimenti sottotela nascono dal modo perfetto di dosare le pennellate, di giocare con le tonalità, evocando fantasmagorie che solo un quadro rende possibili. Un toro o uno squalo, piccole mosche e altri esseri che appartengono alla tela e sembrano sul punto di attraversare la pittura, per tornare nel mondo degli animali liberi, per volare via lasciando che rimanga il monocromo, come un abito svuotato che mantiene intatta la sua energia. Salutiamo le illusioni di Mario con un messaggio bellissimo: che tutti gli animali possano bucare le tele del mondo e liberarsi dalle catene, lasciando che i quadri vivano felici nell’estasi del colore, ricucito a puntino dopo la grande fuga zoologica.

Maurizio Savini SIAMO PELLE
C’era una volta un artista che cercava nuove pelli aderenti per le sue sculture figurative. Savini voleva cambiare la percezione delle forme, dare loro un vestito che diventasse epidermide di colore e odore, un abito con cui distinguersi nella folla e dimostrare la propria unicità nel conformismo grigionero del mondo. L’idea è stata una folgorazione, una formula che si è trasformata nella sua certificazione autentica: usare le Big Babol, la famosa gomma da masticare di colore rosa a forma di mattoncino. Il chewing-gum ha preso il centro della costruzione, vestendo un esercito di figure, animali e oggetti dai contenuti politici e sociali, inviando messaggi di libertà, democrazia e rinascita. Il rosa, non dimentichiamolo, era il rimosso freudiano nell’arte, molti avevano paura di usare una tinta dai mille pregiudizi, da tempo sinonimo di infanzia femminile e buoni sentimenti. Ma il nostro Savini non aveva paura di osare, al contrario ha capito che il rosa era la divisa del nuovo mondo, il modo migliore per affermare contenuti inclusivi sulla pelle dell’ovvio. Guardate negli occhi il gorilla dal rosa Barbie, adornato con la bandiera dell’Europa, possente e muscolare mentre aumenta la sua aura nell’estasi della pelle: quel rosa gustoso e zuccherato lo rende ancora più vero, più credibile, più potente che mai. Potremmo dire: l’abito non fa il monaco ma fa il giusto gorilla.

Lapo Simeoni SIAMO PREDATORI
C’era una volta un artista di Orbetello che allargava i suoi orizzonti geografici verso Londra ma anche i confini espressivi dell’opera. Per lui l’arte rimane un’operazione di conoscenza, relazioni, supporto, inclusione, un meccanismo emotivo e culturale con cui agire sul destino globale dei contenuti. I messaggi, considerando l’approccio onnivoro di Lapo, sono molteplici e cambiano tecnica a seconda delle necessità, degli utenti e dei contesti via via specifici. Qui abbiamo concentrato il massimo carico energetico su un’opera che fonde eleganza e potenza: un quadro d’astrazione gassosa che ingloba, nel gioco ottico delle distanze, un falco in tassidermia. Le radici di riferimento vanno verso Jim Dine e Jannis Kounellis, due maestri che, negli anni Sessanta, misero gli oggetti “vivi” nel circuito digestivo della pittura. A distanza di tempo, certe formule trovano nuova linfa con lo scatto di un “figlio” che diventa a sua volta padre delle proprie idee nel rispetto dei passaggi ereditari. L’opera si cala nel pieno presente, ragionando sui comportamenti predatori, su come la calma preceda nuove tempeste, sulle apparenze che nascondono sostanza e complessità. Un lavoro che ribadisce un carattere indomito della pittura, ovvero, essere un predatore estetico che si impossessa del mondo per ridarcelo nella forma che essa desidera.

Velasco Vitali SIAMO MEMORIA
C’era una volta un artista che amava le forme arcaiche, la potenza della terra, il sapore crudo della vita, la natura selvaggia delle pianure sotto cieli che portano dolore ma anche speranza di nuovi orizzonti. Velasco ci racconta storie di cani in branco che camminano lungo strade deserte, memorie nostalgiche di un mondo inquinato che spaventa i viventi, che fa ululare contro gli eccessi del progresso industriale. SI scivola tra spazi scarnificati come i corpi dei suoi cani, lungo orizzonti postnucleari in cui il branco diventa guardiano del tempo e guida nello spazio. Dentro il teatro vivo delle nostre paure ululano i cani magri di Velasco, custodi ferini della memoria collettiva, ultimi messaggeri di una caparbia resistenza davanti alle atrocità umane. Ascoltiamo i loro versi che rimbombano nel cielo denso, osserviamo i loro occhi che guardano lontano, carezziamo i loro corpi che reclamano amore. Quei cani siamo tutti noi davanti allo specchio del giudizio, quando osserviamo la sconfitta pensando che la colpa sia sempre altrui. Saremo resistenza nel branco solo quando noi umani diventeremo custodi della memoria comune.


Orario apertura
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
Martedì chiuso
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero
 € 15,00
Ridotto € 14,00

Informazioni e prenotazioni
T. +39 051 030141

Hashtag e tag ufficiali
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Sito
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