Il Museo del Prado a Madrid

 

Il Museo del Prado di Madrid (Spagna) è un altro dei musei importanti d’Europa. La sua pinacoteca espone capolavori di diversi pittori italiani, spagnoli e fiamminghi. Per citarne alcuni: Sandro Botticelli, Andrea Mantegna, Raffaello, Caravaggio, El Greco, Artemisia Gentileschi, Francisco Goya, Diego Velázquez, Rembrandt e Pieter Paul Rubens. La costruzione, che ospita il Museo del Prado, fu voluta da Carlo III di Spagna, nel 1786, unitamente a molti altri edifici, come il Gabinete de Historia Natural e lavori a carattere urbanistico. L’edificio, significativo esempio del neoclassicismo spagnolo, fu opera dell’architetto Juan de Villanueva, che realizzò anche il vicino Giardino Botanico.

All’inizio del secolo XIX, quando l’edificio era stato ultimato, scoppiò la guerra di indipendenza tra Spagna e Francia. Le truppe francesi invasero la penisola iberica. Il Prado, utilizzato in quel momento come caserma della cavalleria, fu pesantemente danneggiato, quasi distrutto. Successivamente, grazie a Ferdinando VII e alla consorte Maria Isabella di Braganza, iniziò ad essere ricostruito a partire dal 1818. Vennero utilizzati vecchi progetti del Villanueva, oltre al lavoro dell’architetto Antonio López Aguado (discepolo del maestro). All’interno del Palazzo ultimato furono trasferite le più belle opere della Collezione Reale Spagnola, che si trovavano in vari siti reali spagnoli. L’odierna Sala di Velázquez, cioè il salone di forma ovale, venne così denominato in onore dell’opera del grande pittore. Inizialmente, il museo presentava 3 grandi sale e 311 quadri.

Home

Il turismo alla scoperta delle Eolie

 

La fortuna per Panarea e le isole Eolie arriva con il turismo. Incredibilmente è il cinema a fare cassa di risonanza alla riscoperta del fascino “primitivo” delle isole. Con il film Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini (con protagonista femminile la giovane Ingrid Bergman) negli anni Cinquanta e con il film L’Avventura di Michelangelo Antonioni negli anni Sessanta (ambientato in larga parte a Panarea, Basiluzzo e Lisca Bianca) il pubblico mondiale ammira la straordinaria bellezza dell’arcipelago vulcanico, unico al mondo, ed inizia un turismo alla ricerca emotiva del “perdersi” in una natura rustica e incontaminata e non priva di scomodità come la mancanza di elettricità o la scarsità d’acqua.

L’ambiente permette di fare il bagno su piccole spiagge tra le rocce in grande tranquillità. Si possono raggiungere in barca zone come Strombolicchio o Ginostra del tutto incontaminata dove ci si muove a dorso di mulo. Ci sono zone ancora inarrivabili se non con barche o muli. Ma tante sono le possibilità di escursioni, come, ad esempio, a Stromboli sul vulcano fino a quota 900, accompagnati da guide esperte.

Molto si è fatto per accogliere i turisti, diminuendo i disagi, costruendo servizi, realizzando discoteche e locali (anche se è vietato diffondere musica oltre le due di notte), oppure organizzando feste sulla spiaggia nella stagione estiva. Esiste ancora, tuttavia, la volontà di non andare “oltre”: per decisione del comune di Lipari non esiste l’illuminazione elettrica delle strade, che permette sensazioni uniche, come guardare il cielo stellato di notte, cosa quasi impossibile in città. Dall’Osservatorio di Stromboli è possibile vedere la lava incandescente. Tuttavia, a
vendo ogni cosa il risvolto della medaglia, il turismo di massa erode pian piano l’originaria bellezza e suggestività. L’arcipelago rischia la possibile cementificazione, avvenuta altrove, ma, soprattutto, la spersonalizzazione in una banale e stereotipata bellezza, che non corrisponde all’antico spirito eoliano, vero prodotto di quei 5000 anni di storia delle isole Eolie.

Home

 

Le torri, l’importanza è essere più alto 2/2

 

Anche l’altezza della casa-torre era in funzione della potenza della famiglia che vi abitava. Più era alta, maggiore era il prestigio dei proprietari. Per dare snellezza alla costruzione spesso la base era ridotta, mettendo a rischio la stessa stabilità della costruzione. Frequenti erano, infatti, i crolli. Per ovviare al problema, a partire dal XII secolo, si iniziò la cosiddetta “scapitozzatura”, cioè la demolizione dei piani più alti.

Col tempo, in Italia, al potere delle famiglie si aggiunse quello delle istituzioni comunali. Non dovendo essere il loro prestigio inferiore ai singoli privati, fu posta una limitazione alle case-torri: i cittadini, quindi, non potevano superare in altezza la torre dell’edificio comunale. Aumentando la floridezza delle famiglie, e non potendosi spingere più in alto, le case-torri vennero sostituite da palazzi veri e propri, molto più ampi e comodi. Essi sostituirono le vecchie abitazioni o le inglobarono.

La mania costruttiva delle torri nel medioevo, è ben rappresentata dalla cittadina di San Gimignano (in Toscana). All’interno del tessuto urbanistico d’epoca storica si sono conservate ben quattordici torri, della settantina iniziali. Le torri rimaste mantengono i caratteri originari e si presentano senza alcuna scapitozzatura. Il discorso vale anche per la città di Bologna, dove esistono ancora una ventina di torri. La più famosa ed integra è anche la più alta, raggiungendo i 97,20 metri di altezza: la Torre degli Asinelli.

La tendenza che spinge alla costruzione delle torri finisce in periodo rinascimentale. Tuttavia, se si smette di costruirle in città, esse sono ancora presenti in campagna. Vecchie torri vengono inglobate in casolari o in ville. La nuova funzione di esporre un orologio, in posizione ben visibile a distanza, ne rinnovano l’uso. In campo militare, viceversa, esse vengono del tutto dismesse. L’invenzione dei cannoni, le farà trasformare in bastioni o fortificazioni alla moderna.

Le torri medievali furono col tempo decimate da fulmini o terremoti. Nei secoli, ed in particolare nel XIX, molte torri, non avendo più uno scopo, vennero abbattute per creare piazze o slarghi. Ciononostante, nello stesso secolo, l’introduzione dello stile medievale in architettura, farà sì che, con un recupero nostalgico, si costruiscano nuovi edifici caratterizzati proprio dalla presenza di torri medievaleggianti.

La torre, nell’architettura attuale, è ben presente. Esistono, ad esempio, le case a torre, cioè edifici residenziali dove l’altezza prevale sulla larghezza, con edifici spesso isolati in un complesso puntiforme. Non dimentichiamo, poi, quello che può essere il simbolo della modernità, cioè al grattacielo, edificio che si sviluppa decisamente in altezza, su tutte le altre abitazioni di media elevazione.

 

 

Home

 

Ecco Riccardo III candidato americano

 

Siamo al paradosso. L’operatrice di un call center mi chiede se sono il signor Walter Tobagi. Rispondo che lo hanno ammazzato le Brigate Rosse. Attonita ribatte: «Mi dispiace, com’è stato»? La poverina non ha idea di chi fosse Tobagi, tantomeno che possa esistere un’associazione a lui intitolata. Il suo stesso Corriere della Sera notifica su iPad «la spiegazione delle elezioni americane scritta da Shakespeare». Posta così, è facile che la telefonista anzidetta si convinca che il Bardo sia un editorialista con un pezzo sulle ultime battute elettorali. La notizia non è però risibile. La riferisce il New York Times nel commentare l’idea del professor Stephen Greenblatt che il miglior manuale per capire come potrebbero finire le elezioni USA 2016 sia il dramma shakespeariano “Riccardo III”, sociopatico duca di York divenuto re. Eppure sono convinto che certi titoli bizzarri siano disorientanti. Erano innovativi quando i quotidiani letti da mio padre annegavano nel grigiore; oggi scoppiano di rutilanti colori, come quegli inserti dove non distingui più la pubblicità dagli articoli. Qualche consulente di marketing forse crede che il “core business” dei giornali sia attrarre l’attenzione di un distratto lettore, anziché fare informazione. Prendi certe rassegne stampa all’insegna del gratuito. Sono sul web o ad aprire la casella mail. Trovi online persino il top dei settimanali; ma chi li divulga a scrocco due giorni prima che escano nel mio abbonamento? Ahinoi! Questo lo chiamano marketing dei servizi… ma volendoti “servire” il piatto della tentazione, certuni esperti non capiscono che il lettore lascerà in tavola anche salmone e caviale, quando confuso si sarà riempito lo stomaco di noci e fichi secchi.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

Home

 

La millenaria storia delle Isole Eolie

 

I primi insediamenti sulle isole vengono fatti risalire al 4.000 a. C. in epoca neolitica. Gli eoliani del tempo, trovandosi su un arcipelago di origina vulcanica, fecero del materiale più comune, l’ossidiana, la loro fortuna, esportandolo ovunque, dalla vicina Sicilia all’Italia meridionale, ma anche verso la Liguria, la Provenza e, addirittura, la Dalmazia. L’ossidiana all’epoca era il materiale più usato per ottenere schegge durissime e taglienti e quindi ricercatissima e preziosa. Gli eoliani, grazie a cotanta fortuna divennero uno dei più grandi insediamenti del Mediterraneo. Partita da Lipari, la popolazione, nel 3.000 a. C., si diffuse su tutte le altre isole consorelle. La vicinanza con lo Stretto di Messina portò le Eolie ad essere, tra il XVI e il XIV secolo a.C., sulla rotta del commercio dei metalli, come ad esempio dello stagno, che collegava la Britannia al Mediterraneo orientale. Si forma nelle isole la cosiddetta “cultura eoliana” caratterizzata più dal commercio che dall’agricoltura. Di tale cultura fanno parte i ritrovamenti archeologici di capanne circolari con pareti di pietre a secco e una produzione locale di ceramiche.

Nel 580 a.C. queste terre furono colonizzate dai greci che le chiamarono Eolie – secondo una delle varie tradizioni – dal nome del dio greco Eolo, dio dei venti. Nel 260 a. C. nel corso delle guerre puniche, l’arcipelago fu teatro dello scontro navale tra Roma e Cartagine, vinto dai romani. Perciò, come tutta la Sicilia, anche le isole divennero colonia romana. In tale periodo crebbero d’importanza, divenendo centro di produzione e commercio dello zolfo, dell’allume e del sale.
Nel 1544, durante la guerra tra Spagna e Francia, il sultano ottomano Solimano il Magnifico, alleato del re francese Francesco I, inviò una flotta comandata da Khayr al-Din Barbarossa che occupò le Eolie per farne un punto d’appoggio per la conquista di Napoli. Decimò e deportò ampiamente, con grande crudeltà, le popolazioni locali. Negli ultimi secoli le isole sono state ripopolate. Durante il governo borbonico ripresero ad esportare allume e zolfo. Oggi sono al centro di un turismo in forte ascesa dovuto alle loro esclusive caratteristiche naturalistiche.

Home

 

A che serviva una torre? 1/2

 

Cosa sia una torre lo sappiamo tutti. È un edificio sviluppato verso l’alto, con una base molto stretta rispetto all’altezza. Se militarmente la loro funzione è chiara (cioè controllare un territorio più vasto) civilmente la loro funzione è certamente fonte di dubbio. Sono state utilizzate come campanili, minareti, ma anche come torri dell’orologio o torri del vento. Tuttavia, quale sia la reale funzione, ad esempio, della Torre degli Asinelli a Bologna, rimane ancora enigmatica.

Storicamente erano già utilizzate al tempo dei romani, per l’avvistamento dei nemici, posizionate lungo mura difensive. Nel medioevo l’esigenza di proteggersi dai nemici crebbe. Avevano scopo difensivo anche le case gentilizie: erano a torre, ad esempio, le case dei guelfi e ghibellini, in contesa fra di loro, e quelle di tutte le altre famiglie che lottavano per il controllo del potere cittadino. La casa-torre era in sostanza un piccolo castello sviluppato in elevazione. Questo castello possedeva delle grosse mura nella parte basamentale, con piccole finestre a forma di feritoie (a volte munite di inferriate). Spesso si accedeva ai piani superiori tramite botole con scale a pioli rimovibili.

Nel corso del tempo esse mutarono conformazione. Le torri medievali a base tonda sono le più antiche e si ispiravano a quelle d’epoca romana, poste lungo le mura di cinta. Staticamente erano le più resistenti, anche se le più difficili da costruire, avendo le pietre una precisa angolatura. I conci tendevano ad essere meno spessi all’interno man mano che si saliva verso l’alto. In periodo romanico appaiono torri a base quadrata (o rettangolare), ma in epoca federiciana anche a base poligonale, come nel Castel del Monte, in Puglia, dove vi sono otto torri (a base ottagonale) poste ai vertici di un ottagono.

Abbiamo torri con scale in muratura in alcune cattedrali del nord Europa, dove è possibile trovare anche una doppia torre scalare, che aveva la funzione di raggiungere il matroneo, collocato ad un piano più superiore.

Nelle torri di guardia, essendo lo spazio interno molto limitato, scomodissimo per i soldati che trascorrevano lunghi periodi in cima alla torre, si pensò di aumentare la superfice ponendo all’ultimo piano ballatoi in legno. Tali opere, col tempo, divennero una “decorazione” della torre, anche per la presenza di smerlature e caditoie, vere o finte che fossero.

 

Home

 

Il Cinema racconta… nel Museo del Novecento

 

Messina è una città malata? Geri Villaroel usa una metafora calzante. Se sei un giovane e t’infortuni ad una gamba presto camminerai di nuovo, ma se sei un vecchio sarà problematico riprendersi. Evidenzia l’On. Giovanni Ardizzone: terremoto e guerra erano cause esterne, per questo la città ha riconquistato l’impulso vitale, oggi invece la sua crisi è interna alle coscienze. L’orgoglio civico che spingeva a rimboccarsi le maniche lo avverti nella quotidianità di quegli anni. Negli spezzoni di pellicola che Egidio Bernava ha rimontato vedi sul viale S. Martino, fra due quinte di casette in legno, carrozze e persone a passeggio, donne in lutto e famigliole eleganti. La pescheria, l’approdo dei traghetti, le navi agli ormeggi, tutto parla della vita che ricomincia. Anche gli spettacoli. Egidio propone un album di sale cinematografiche: dal Peloro in Piazza Don Fano, col prospetto ligneo di gusto liberty, fino all’Olimpia fondato dal padre Salvatore nel 1955. Lo fa con un piacere affabulatorio suggestivo: il giovane al mio fianco è calamitato dalle sue parole. Pensare alla nostalgia non coglierebbe lo spirito autentico di questa serata introduttiva della rassegna “Il Cinema racconta il Novecento”. La Messina del Teatro dei Dodicimila in piazza Municipio o della Rassegna cinematografica all’Irrera a mare – città moderna, colta, artefice d’iniziative culturali ed economiche – era guarita dai suoi trascorsi. Oggi al Museo del Novecento, sorto non a caso nell’ex rifugio aereo Cappellini, non c’è rimpianto. Bensì perseveranza fattiva. Qui si rievocano immagini e storie del secolo scorso: decisi a recuperare le radici del passato, per fare mettere frutti all’albero di un rinnovato buonsenso condiviso.

Pubblicato su Centonove-Press n. 39 – 20 ottobre 2016 2016

Fonte fotografia: Wikimedia. Lo scomparso cinema Trinacria a Messina

Home

 

Isole Eolie: Vulcano

 

Questo slideshow richiede JavaScript.

 

VULCANO

L’isola di Vulcano è divisa da un braccio di mare largo 750 metri circa dall’isola di Lipari, detto Bocche di Vulcano. Ricopre una superficie di 21 km quadrati e fa parte del comune di Lipari. Gli abitanti vengono chiamati vulcanari.

Chiaramente l’isola è d’origine vulcanica. Presenta una fusione di più vulcani, alcuni spenti altri ancora in attività, come il più grande detto il Vulcano della Fossa (alto 386 m ) con a nord un cratere spento, detto Forgia Vecchia. A nord dell’isola vi è Vulcanello (123 m), mentre a sud è collocato Monte Aria (500 m) che costituisce con il Monte Saraceno (481 m) un altopiano di lave, tufo e depositi alluvionali. La colata di ossidiana del 1771 ha creato a nord-ovest la zona delle Pietre Cotte. L’eruzione relativamente più recente risale al 1888-90, ma l’attività del vulcano continua con diversi segni, come fumarole, presenza di fanghi sulfurei (utilizzati per le sue proprietà terapeutiche) e fuoriuscite di vapore, sia dal cratere, che da aperture sottomarine. Alcune fumarole vengono adoperate per la produzione di zolfo.

Sull’isola veniva collocata dalla mitologia greca la fucina del dio del fuoco Efesto con i suoi aiutanti, i Ciclopi. Il dio venne chiamato dai latini Vulcano, da cui deriva il nome dell’isola. Oggi l’attività principale è, chiaramente, il turismo, ma sono presenti colture agricole, tra cui la primaria è quella della vite. Un servizio marittimo collega l’isola di Vulcano (da Porto di Levante) a Lipari, passando attraverso le Bocche di Vulcano. Può essere raggiunta partendo da Milazzo.

 

Tutte le foto presenti nelle Gallery delle Isole Eolie sono tratte dall’archivio di Wikimedia Commons. Per ogni riferimento fotografico consultare il sito.

 

Home

 

 

Una Tour Eiffel da record 2/2

 

La torre inizialmente, come detto, doveva essere smontata dopo vent’anni, il tempo concesso all’atto della sua costruzione. La modernità della torre, però, si sposò bene con l’avveniristica funzione delle comunicazioni via etere. Si cominciò con le trasmissioni fra la Torre Eiffel ed il Pantheon, poco distante. Più tardi fu utilizzata per scopi scientifici, quali le misurazioni meteorologiche o le analisi dell’aria (con l’aggiunta di un barometro), e furono avviate ricerche anche sul pendolo di Foucault. Man mano che passava il tempo, vennero inseriti nuovi “marchingegni” aggiuntivi, ad esempio, i parafulmini o uno strumento per la radiotelegrafia. Sulla torre furono eseguiti degli esperimenti scientifici, come quelli di telegrafia senza fili da parte dello scienziato Eugène Ducretet.

Quest’ultimo servizio non aveva soltanto uno scopo civile, ma, per i tempi, anche militare. Eiffel ebbe per questo anche il caloroso interessamento del generale Ferrié. Durante la Prima Guerra Mondiale, infatti, dalla torre venivano intercettate le trasmissioni radiotelegrafiche del nemico. Fu possibile, così, inviare d’urgenza e in modo quasi spettacolare i famosi taxi parigini sul fronte della Marna, per trasportare le truppe francesi. Inoltre, sulla torre si eseguivano trasmissioni senza fili con le navi da guerra al largo o con i dirigibili in volo. Tra gli usi curiosi delle sue antenne vi fu anche quello di ascoltare le comunicazioni segrete degli 007 tedeschi. Così, ad esempio, fu smascherata la famosa agente nemica che ormai tutti conoscono come Mata Hari (Gertrude Zelle).

Sulla sommità della torre, dal capodanno del 2000, sono stati montati quattro potenti riflettori che coprono l’area a 360 gradi, illuminando dall’alto tutta la città di Parigi.
La torre viene oggi, riverniciata integralmente ogni 7 anni, per un peso complessivo di 50 tonnellate di vernice. Essendo fatta interamente di metallo la struttura “respira” con dilatazioni che si adattano alle condizioni meteorologiche. In estate il materiale si dilata, tanto che la sua altezza può aumentare anche di 15 centimetri. Essendo una struttura traforata oppone poca resistenza ai venti, ma a volte si può avere una oscillazione che raggiunge perfino i 12 centimetri.

 

Home

 

T’innamorerai, con un colpo di fulmine

 

Sabirfest è un evento ispirato allo spirito di conoscenza e ospitalità della lingua sabir. «Cos’è la lingua sabir?» domanderete voi. E Molière mi avvertirebbe: «Se ti sabir, ti respondir. Se non sabir, tazir, tazir», come dire: «Se tu sai, rispondi. Se non sai, taci». Mi sono documentato e perciò chiarisco: è la più longeva lingua pidgin di cui si abbia notizia. Una lingua franca barbaresca – dove franchi erano i cristiani europei e barbareschi i musulmani – nata dal miscuglio di lingue parlate fra le popolazioni del Mediterraneo per capirsi sulle necessità della vita quotidiana. È durata almeno tre secoli e l’avremmo dimenticata senza questa manifestazione intrapresa nel 2014 a Messina, che «propone occasioni per vivere la nostra città e il Mediterraneo come spazio aperto di crescita culturale e partecipazione sociale, di creatività e di svago». Quest’anno ha raddoppiato attività: quattro giorni a Messina e altrettanti a Catania (fino al 16 ottobre). Con SabirFestival puoi appassionarti a letture, seminari, laboratori, cinema, teatro, fumetti. A SabirMaydan, la “piazza nella piazza”, puoi ascoltare e dibattere sul Mediterraneo come spazio di lotta e di progresso. A SabirLibri scoprire storie, idee, opere e autori, perché cinquantacinque sono le case editrici che presentano novità ai lettori. Tutto ciò per un pubblico differenziato in quanto ad interessi ed età: per giovani o meno, per studenti degli Istituti coinvolti direttamente e per i più piccoli con laboratori di animazione. Insomma, un programma fitto di appuntamenti per evitare a Messina i “Vuoti di memoria” e a Catania per tracciare rotte tra le realtà complesse dei quartieri del centro storico che restituiscono una “Città arcipelago”.

 

Home