“Histri in Istria” – Il ruolo dell’archeologia nel turismo alla Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich

Histri in Istria – credit Museo Archeologico Pola
LA MOSTRA “HISTRI IN ISTRIA” E GLI EVENTI COLLATERALI

Scoprire Antiche Civiltà: il ruolo dell’archeologia nel turismo
Martedì 12 marzo 2024 – ore 17.30, alla Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich
Relatrici Angela Borzacconi, Direttore Museo Archeologico Nazionale di Cividale e Nadia Pasqual, giornalista e professionista di marketing turistico

Come fa un luogo a mantenere la sua identità? Ci riesce quando i legami con il suo passato, la sua storia e la sua cultura, con ciò che sono state e hanno rappresentato le civiltà che ci hanno preceduto, vengono preservati e tramandati. In questo processo, l’archeologia, che ricerca e studia le testimonianze dell’antichità per farci conoscere e interpretare il nostro passato, gettando nuova luce sul presente, è insostituibile. Questo – in estrema sintesi – il tema della conferenza “Scoprire Antiche Civiltà: il ruolo dell’archeologia nel turismo” in programma martedì 12 marzo, alle ore 17.30, alla Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, che vedrà alternarsi come relatrici Angela Borzacconi, funzionario archeologo del Ministero della Cultura e Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale e Nadia Pasqual, giornalista e professionista di marketing e comunicazione con importanti esperienze nel settore turistico. Tra i temi, il valore del riconoscimento Unesco, la valorizzazione culturale dei siti archeologici, il ruolo dei musei oggi, il rapporto tra archeologia, musei, comunità, identità; la collaborazione in atto tra istituzioni ed esperti di archeologia italiani e croati, che trova conferma con la mostra sugli Histri.

“Mostre come quella dedicata agli Histri in Istria in corso al Museo Winckelmann” – afferma Nadia Pasqual – “svolgono la stessa funzione, con alcune prerogative rispetto a un sito archeologico o a un museo. Senza queste iniziative, quanti di noi avrebbero avuto modo di scoprire più a fondo la storia e la cultura di questo popolo che ha dato il nome a un territorio, l’Istria, che spesso attraversiamo da turisti, senza soffermarci a indagare il suo passato arcaico? I reperti restituiscono la loro vita quotidiana e ci fanno capire molto della loro cultura materiale, ma anche del loro sistema di valori, delle loro credenze e dell’organizzazione sociale. Abbiamo quindi un’iniziativa che oltre ad attrarre visitatori culturali nei luoghi in cui viene allestita, ci fornisce una nuova visione di un territorio che d’ora in poi guarderemo con occhi diversi. L’archeologia non è solo una finestra sul passato, ma un ponte verso il futuro, capace di guidare l’offerta turistica verso una dimensione più consapevole e rispettosa. È un invito a viaggiare con gli occhi aperti, a scoprire non solo il mondo intorno a noi, ma anche noi stessi, nel profondo dialogo tra passato e presente che solo la storia sa offrire”.

La conferenza è organizzata nell’ambito della mostra “Histri in Istria” realizzata dalla Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu insieme al Museo Archeologico dell’Istria/Arheološki Muzej Istre u Puli, in coorganizzazione con il Comune di Trieste e con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e della Fondazione CRTrieste (aperta al pubblico fino al 1 aprile 2024, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00).

Histri in Istria – credit Museo Archeologico Pola

Funzionario archeologo presso il Ministero della Cultura, attualmente Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli (Direzione regionale musei del Friuli Venezia Giulia).

Laurea in Archeologia Medievale all’Università degli Studi di Udine, corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, specializzazione in Archeologia Medievale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e in Architettura Medievale all’Università degli Studi di Udine.

Prima di entrare nella Pubblica Amministrazione nel ruolo di funzionario archeologo (Ministero della Cultura) ha svolto vent’anni di attività in esercizio di libera professione, come contitolare di una realtà aziendale attiva nell’ambito della progettazione e dell’indagine archeologica. Ha lavorato su programmi di ricerca condotti dalle Università di Udine, Trieste, Pisa e dal CNR di Roma per il quale ha seguito alcune missioni archeologiche all’estero e con l’International Research Center for Late Antiquity and Middle Ages dell’Università di Zagabria. Collabora con l’Università Cattolica di Milano per progetti legati all’archeologia dei Longobardi, membro del comitato scientifico del gruppo di ricerca internazionale di Archeologia Barbarica.

L’approfondimento di temi legati alla cultura materiale e agli aspetti insediativi-territoriali, con particolare attenzione alle dinamiche di trasformazione della città tra tardoantico e alto medioevo, è confluito in progetti di valorizzazione scientifica, poi sviluppati in forme di comunicazione creativa nell’ambito museale, concepito come centro operativo di idee, scambi e relazioni con il territorio.

Nadia Pasqual

Nata e cresciuta in Veneto, per metà friulana, è una professionista di comunicazione e relazioni pubbliche, iscritta all’Ordine dei Giornalisti e socia professionista FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana. Si occupa di consulenza e servizi di relazioni pubbliche, media relations, comunicazione d’impresa e organizzazione eventi per enti e aziende italiane ed estere.

Appassionata di letteratura e viaggi, si è laureata in lingue straniere a Ca’ Foscari e ha vissuto alcuni periodi di studio e lavoro all’estero. Ha viaggiato molto e si è specializzata nel settore turistico. Ha lavorato alla promozione turistica di destinazioni italiane ed estere, come l’Armenia, la Moldova e la Giordania. Collabora da anni con la rivista Archeologia Viva di Giunti Editore alla promozione di tourismA, Salone archeologia e turismo culturale, che si svolge ogni anno a Firenze.

È autrice delle guide di viaggio “Armenia e Nagorno Karabakh” (Polaris, 2010 e successive edizioni) e della Repubblica di Moldova (in Guida Verde “Romania e Moldova”, Touring Club Italiano, 2020).


Ufficio stampa Comune di Trieste
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Ufficio stampa Comunità Croata di Trieste
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Reggio Emilia, Fotografia Europea 2024: La natura ama nascondersi 

Luigi Ghirri, Bologna,1987 ©ARCHIVIO EREDI LUIGI GHIRRI
FOTOGRAFIA EUROPEA 2024
“LA NATURA AMA NASCONDERSI”
Reggio Emilia
26 aprile – 9 giugno 2024

Preview 26 aprile
Eventi inaugurali dal 26 al 28 aprile 2024
 
La XIX edizione del Festival di Reggio Emilia
ci conduce a riflettere su un tema di grande urgenza:
i legami tra Uomo e Natura,
le trasformazioni immaginate dagli esseri umani,
le dinamiche per superare l’atteggiamento di predominio.
 
 Palazzo Magnani, Chiostri di San Pietro, Palazzo da MostoVilla Zironi,
Palazzo dei MuseiBiblioteca Panizzi, Spazio Gerra e gli spazi del Circuito OFF accolgono mostre di grandi fotografi e di giovani esordienti

Dal 26 aprile al 9 giugno 2024, Reggio Emilia torna ad osservare i cambiamenti della contemporaneità attraverso gli occhi di grandi fotografi e di giovani esordienti con la XIX edizione di FOTOGRAFIA EUROPEA, il festival promosso e organizzato dalla Fondazione Palazzo Magnani e del Comune di Reggio Emilia, con il contributo della Regione Emilia-Romagna.

La natura ama nascondersi è il tema scelto dalla direzione artistica del Festival composta, anche quest’anno, da Tim Clark (editor 1000 Words), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (ricercatrice e curatrice, Archive of Modern Conflict).

Un titolo che cerca di inglobare – recuperando il paradosso da un celebre frammento di Eraclito – la potenza di una natura che molte volte cela la sua essenza ai nostri occhi, ma che sempre più spesso la rivela in modi distruttivi, in un processo continuo che può essere inteso come un’oscillazione tra l’essere e il divenire. Fotografia Europea 2024 si propone di esplorare, attraverso le tante prestigiose mostre personali e collettive di questa edizione, le connessioni fra occultamento e scoperta che dominano il nostro rapporto con la Natura, immaginando nuove narrazioni, al di fuori di quell’atteggiamento di controllo dominante che la nostra specie esercita sul pianeta, per comprendere le dinamiche e le nuove direzioni da intraprendere.

La mostra storica di questa edizione torna nelle sale di PALAZZO MAGNANI con la prima retrospettiva  mai presentata in Italia di Susan Meiselas, fotografa americana nota soprattutto  per il suo lavoro nelle aree di conflitto dell’America Centrale (1978-1983) e in particolare per i suoi potenti scatti della rivoluzione nicaraguense. La mostra, intitolata Mediations, raccoglie una selezione di opere che vanno dagli anni Settanta a oggi e rivela, attraverso le diverse forme che la Meiselas adotta per ampliare la sua opera – oltre al reportage fotografico tradizionale, anche installazioni, libri, film – il suo approccio unico di fotografa, che mette costantemente in discussione lo status delle sue immagini in relazione al contesto in cui vengono percepite, spaziando dalla dimensione personale a quella geopolitica. Nelle sue opere la fotografa coinvolge i soggetti in un’incessante esplorazione e sviluppo di narrazioni, lavorando spesso su lunghi periodi e su un ampio ventaglio di paesi e soggetti: dalla guerra alle questioni relative ai diritti umani, dall’identità culturale all’industria del sesso.

Le sale dei cinquecenteschi CHIOSTRI DI SAN PIETRO ospiteranno dieci esposizioni.

Al piano terra, ad aprire gli occhi dei visitatori, una mostra che cattura l’infinita mutevolezza delle nuvole in una collettiva, intitolata Sky Album. 150 years of capturing clouds a cura di Luce Lebart e Michelle Wilson, in cui si celebra la vastità e la bellezza delle immagini di nuvole e l’unicità della pratica di fotografare il cielo da parte di scienziati, dilettanti e artisti. Oltre centocinquanta opere raccontano questa passione a partire dagli albori della fotografia, dal francese Gustave Le Gray all’italiano Mario Giacomelli, passando dai lavori dell’americano Edward Steichen fino ai due artisti contemporanei chiamati a creare due installazioni, la finlandese Anna Ninskanen e il britannico Kalev Erickson.

Al primo piano, il progetto espositivo di Helen Sear, dal titolo Within Sight, presenta una serie di opere multiple e composite che esplorano la dissoluzione della prospettiva a lente singola associata all’obiettivo della macchina fotografica. Sear è un’attenta osservatrice degli elementi mutevoli che compongono un paesaggio e restituisce l’esperienza di essere presenti nella natura, combinando alla fotografia elementi disegnati a mano o cancellati, in un lavoro concettuale che affonda le sue radici nell’interesse per il realismo magico e il surrealismo.

Yvonne Venegas con Sea of Cortez traccia una storia intergenerazionale in equilibrio tra l’esperienza della sua famiglia – che ha abitato le miniere di rame di Santa Rosalia, nella Bassa California, all’inizio del Novecento- e quella di un’intera generazione che ha sfruttato i territori intorno al Mar di Cortez. La sua esplorazione si avvale dell’aiuto delle persone che incontra nel suo percorso di indagine, per esprimere il sentimento di sfruttamento e i resti che quelle storie di miniera hanno seminato sul loro cammino.

Arko Datto
Le barche adornate di luci che tornano da un pellegrinaggio aspettano nelle secche l’arrivo della marea per poter rientrare a casa nel loro villaggio – 2019

Il fotografo indiano Arko Datto porta all’attenzione dei visitatori la questione incombente della catastrofe climatica e dei rifugiati che questa genera, attraverso una trilogia fotografica in corso da nove anni. I due capitoli qui presentati, tratti dal progetto The Shunyo Raja Monographies sono interamente dedicati al territorio del Delta del Bengala, considerato uno degli epicentri del cambiamento; includono ritratti e paesaggi che mappano l’erosione e l’innalzamento del livello del mare attraverso l’India e il Bangladesh e traccia la traiettoria degli sfollati e dei paesaggi perduti a causa di una natura che reclama sempre più attenzione.

A seguire Matteo de Mayda, fotografo veneziano, espone ai Chiostri un’installazione composta da foto d’archivio e di reportage, immagini satellitari e al microscopio, testimonianze individuali e teorie scientifiche che fanno parte del progetto There’s no calm after the storm, in cui indaga gli impatti a lungo termine e meno visibili della tempesta Vaia, che ha colpito il Nord-est dell’Italia alla fine del 2018. Nato dopo la fine dell’emergenza, il progetto riflette sul fragile equilibrio tra l’azione dell’uomo e la tenuta degli ecosistemi.

La mostra di Jo Ractliffe si intitola Landscaping ed è interamente dedicata al paesaggio sudafricano ripreso durante i suoi viaggi in auto lungo la costa sud-occidentale. Negli scatti in bianco e nero, Ractliffe riflette sul concetto stesso di paesaggio, disconoscendone il termine nel tentativo di sottrarre le sue fotografie a convenzioni stereotipate: parlare di paesaggio in termini di bellezza, o al contrario di bruttezza, significa osservare invece che partecipare, ridurre il luogo a un concetto piuttosto che a un’esperienza vissuta. Con il termine landscaping, l’artista cerca di trasmettere l’idea di paesaggio come qualcosa di attivo, capace anche di conservare la memoria del passato.

Permafrost #6 © Natalya Saprunova
I giovani del popolo Evenki rappresentano con i loro costumi le quattro stagioni dell’anno. Allevatori di renne provenienti dalla parte orientale della Siberia in Yakutia, la loro cultura e il loro ambiente sono fortemente influenzati dall’attività mineraria e dalla sedentarizzazione.

Nel grande corridoio centrale, Natalya Saprunova espone il progetto Permafrost che racconta la vita delle popolazioni dell’estremo nord del continente asiatico. Qui, nei suoi lunghi viaggi in compagnia della macchina fotografica e di un taccuino, la fotografa russo-francese scopre luoghi come la Yakutia e le sue popolazioni indigene, tra cui i pastori di renne Evenki e gli Yakuti, allevatori stanziali di mucche e cavalli. I colori tenui dei suoi scatti restituiscono l’ansia di queste comunità, testimoni del rapporto simbiotico con una natura estrema che oggi è messo a rischio dalle conseguenze dell’industrializzazione.

La fotografa americana Terri Weifenbach in Cloud Physics esplora la vitale interconnessione tra le nuvole del nostro pianeta e le intime forme della sua vita biologica. La spina dorsale di questo lavoro è una serie di fotografie realizzate in un istituto di ricerca americano per lo studio e la misurazione delle nuvole, la loro origine, struttura, particelle e reazioni. Gli astrusi strumenti che vediamo sono progettati per esprimere fenomeni atmosferici effimeri, ma la macchina fotografica di Weifenbach – e il suo modo di guardare – ci restituisce il nostro mondo organico terrestre come un mistero non quantificabile.

Lisa Barnard con la mostra An Act of Faith: Bitcoin and the Speculative Bubble conduce alla riflessione sull’essenzialità della natura nella creazione di bitcoin, beni digitali che seppur immateriali richiedono un enorme sforzo ambientale. La fotografa britannica documenta lo sfruttamento dell’energia geotermica in Islanda, necessario per sostenere il processo di estrazione mineraria: le fredde temperature islandesi, infatti, fanno sì che le masse di calore generate dall’hardware coinvolto, siano notevolmente ridotte, contribuendo a mantenere un microclima obbediente.

Bruno Serralongue dedica il suo progetto, dal titolo Community Gardens of Vertus, Aubervilliers, alla lotta – su scala locale, ma legata a una più ampia consapevolezza della necessità di preservare ambienti vivibili di fronte a progetti ecocidi – che alcuni giardinieri hanno iniziato nel 2020 per opporsi all’abbattimento di oltre 4.000 metri quadrati di orti, a favore di nuove costruzioni per i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Questo succede a meno di due chilometri da Parigi, ad Aubervilliers in Seine-Saint-Denis, il dipartimento più popolato della Francia e dove gli spazi verdi sono i meno numerosi.

Nella sede di PALAZZO DA MOSTO trova posto la Committenza di questa edizione, insieme a una mostra dedicata ai libri fotografici e ai due progetti vincitori della Open Call.

La produzione di Fotografia Europea 2024, affidata a Karim El Maktafi, si intitola day by day, e si focalizza sull’affascinante contesto delle “Aree Interne”: regioni estremamente eterogenee, caratterizzate dalla lontananza da grandi centri di agglomerazione, che, pur occupando circa tre quinti del territorio nazionale, ospitano poco meno di un quarto della popolazione complessiva italiana. Nello specifico l’indagine del fotografo si è sviluppata in vaste porzioni dell’Appennino Emiliano, in cui El Maktafi ha esaminato il profondo e fragile legame tra l’uomo e la natura, facendo emergere l’eredità culturale attraverso stili di vita profondamente radicati nei cicli lenti dell’ambiente naturale montano.

La mostra Index Naturae, a cura di Stefania Rössl e Massimo Sordi (OMNE – Osservatorio Mobile Nord Est), comprende 116 libri fotografici pubblicati negli ultimi cinque anni dedicati al tema della natura. La selezione dei volumi esposti, realizzati da autori nazionali ed internazionali che hanno aderito al progetto proposto da OMNE, rappresenta da un lato una fonte di riflessione sullo stato attuale della fotografia e dell’editoria, dall’altro individua un corpus di esperienze di ricerca capace di offrire punti di vista molto diversi sul tema del rapporto tra uomo e natura nella contemporaneità, stimolando possibili approfondimenti e sperimentazioni.  

I progetti selezionati dalla giuria della Open Call, tra gli oltre 500 lavori di artisti e curatori che vi hanno partecipato, sono quelli di Marta Bogdańska e Michele Sibiloni. Il progetto SHIFTERS di Marta Bogdańska parte dal presupposto che solo ripensando alla posizione dell’essere umano nel mondo e guardando quindi oltre l’orizzonte antropocentrico, si possa realizzare una coesistenza vera e profonda, che includa quindi anche gli animali. Il lavoro è iniziato con una ricerca d’archivio e una raccolta di articoli sulle spie animali in guerra e mettendo poi in relazione questa storia sfaccettata con quella della loro liberazione e dei loro diritti.  Michele Sibiloni, invece, stimola una riflessione sul futuro dell’alimentazione mondiale e sul precario equilibrio degli ecosistemi naturali attraverso il progetto Nsenene, a cura di Marco Scotti, che documenta i momenti frenetici delle attività della raccolta delle cavallette (Nsenene, appunto) in Uganda, a cui si alternano lunghi periodi di attesa e speranza; tempistiche sempre meno prevedibili a causa del cambiamento climatico.

Riapre, per la XIX edizione di Fotografia Europea, la splendida VILLA ZIRONI, gioiello dell’architettura liberty che ospiterà la mostra Radici, di Silvia Infranco, a cura di Marina Dacci. Silvia Infranco ha sviluppato una ricerca che ha fatto della materia naturale il soggetto e l’oggetto delle sue opere. Negli ultimi anni si è orientata sullo studio degli erbari, sulla farmacopea e sui processi di cura arcaici e rituali rinvenuti in manoscritti e in testi a stampa antichi. La mostra sviluppa queste sue ultime riflessioni sul rapporto tra uomo e natura nell’ambito dell’approccio fitoterapico con particolare attenzione ai risvolti magici, simbolici ed alchemici intervenuti nel corso dei secoli. Le opere di Silvia Infranco si modulano su svariati media: opere su carta e su tavola, libri d’artista, sculture, polaroid che spesso includono le erbe stesse.

Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate nei loro spazi.

PALAZZO DEI MUSEIZone di passaggioa cura di Ilaria Campioli, propone una riflessione sul tema del buio e della notte con l’obiettivo di raccontare l’importante ruolo che entrambi rivestono nell’immaginario collettivo. Punto di partenza sono le numerose opere di ambientazione notturna che Luigi Ghirri ha realizzato nel corso della propria produzione. Sono i luoghi “illuminati in maniera provvisoria, o gli spazi che vivono una loro discreta semioscurità e che solo temporaneamente diventano luminosi in maniera festosamente provvisoria”, in cui si attiva una lettura alternativa del reale. Rispetto alla storia del procedimento fotografico, il rapporto fra luce e buio è essenziale. Per Ghirri sono quindi i bagliori, i lampi, le piccole intermittenze come quelle delle lucciole ad esprimere le migliori modalità di illuminazione poiché mantengono intatto l’incanto del buio, preservando le zone d’ombra. La mostra presenta quindi il lavoro di diversi ed importanti autori di rilievo internazionale che, a partire dalle sperimentazioni sul medium e sulla visibilità della fine degli anni Sessanta, utilizzano il buio come possibilità di narrazione. Come afferma il filosofo Alain Badiou “[…] la stessa contraddizione della notte è quella di offrire riparo a ciò che è esposto, invisibilità alla bellezza del visibile”. Ecco quindi che gli autori in mostra si muovono all’interno di questo spostamento paradossale che viene offerto dal buio, utilizzandolo per cercare di raccontare ciò che vi accade.
Gli esiti della open call di GIOVANE FOTOGRAFIA ITALIANA #11 | PREMIO LUIGI GHIRRI 2024, promossa dal Comune di Reggio Emilia, in partnership con alcuni festival internazionali, hanno dato vita a Contaminazioni, la collettiva a cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi che vede in mostra, sempre a Palazzo dei Musei, gli scatti dei sette artisti selezionati dalla giuria internazionale: Claudia Amatruda con Good Use Of My Bad HealthBenedetta Casagrande con All ThingsLaid DormantNoemi Comi con ProxidiumMassimiliano Corteselli con ContrapassoCamilla Marrese con Field Notes for Climate ObserversCinzia Romanin con Transcendence e Alessandro Truffa con Nioko Bokk. I sette progetti selezionati propongono una riflessione su quelli che sono gli spazi intermedi, le zone di contaminazione e di reciproca trasformazione tra gli uomini e il resto del vivente, utilizzando materiali e approcci ampi e stratificati, in cui il medium fotografico entra a far parte della riflessione stessa. Durante le giornate inaugurali Giovane Fotografia Italiana assegnerà diversi riconoscimenti, tra cui il Premio Luigi Ghirri, del valore di 4.000 euro. Il vincitore del Premio avrà anche la possibilità di esporre una versione più ampia del suo progetto in una mostra personale in Triennale Milano (inverno 2025). Con la menzione Nuove traiettorie. GFI a Stoccolma, promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, inoltre un artista, prescelto tra i sette selezionati, potrà svolgere un periodo di studio e ricerca durante il quale dovrà produrre un progetto artistico che sarà esposto in una mostra a cura dello stesso Istituto. Tre finalisti saranno inoltre selezionati per partecipare al programma di letture portfolio Photo-Match nell’ambito di Fotofestiwal Łódź previsto in giugno 2024 grazie alla partnership con il festival e a una borsa di studio a copertura delle spese di viaggio e alloggio. Infine Photoworks insieme alla Dalby Forest, Forestry England, offrono a due fotografi una residenza d’artista immersiva ed ecologica della durata di una settimana nel cuore della Dalby Forest, North Yorkshire – Regno Unito, insieme a tutoraggio, introduzione al team e agli ecosistemi della foresta e opportunità di networking.

La fototeca della BIBLIOTECA PANIZZI partecipa all’edizione del 2024 con una mostra che ridona visibilità alla collezione di Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, con sede a Rubiera che dal 1990 al 2023 ha realizzato indagini fotografiche sul territorio regionale e nazionale. Oggi, gli scatti raccolti sono in deposito presso l’Archivio fotografico della Biblioteca Panizzi per essere conservati, valorizzati e restituiti alla cittadinanza. In particolare in questa edizione saranno esposte le due interpretazioni che Paola De Pietri nel 1994 e  Walter Niedermayr nel 1997 hanno dato delle Casse d’espansione del fiume Secchia. Paola De Pietri realizza la sua osservazione sorvolando con una mongolfiera l’area del parco fluviale, in modo da ottenere immagini a metà strada fra quella offerta dalla comune mappa topografica, quella dell’aereo e quella degli occhi del visitatore. Walter Niedermayr produce invece una serie di dittici, attraverso cui si interroga sul destino delle aree sottoposte ad intenso sfruttamento economico e successivamente attrezzate per gestire sport e attività didattiche, osservando come i parchi rappresentino la nostra pretesa romantica di trovare una nostra immagine di “natura incontaminata”.

Markos Kay, Oli flower, 2022 ©Markos Kay

Lo SPAZIO GERRA propone la mostra NEW THEATERS OF THE REAL. Collaborating with AI che, nel quadro del dialogo permanente tra natura e artificio che percorre le arti, presenta cinque differenti posizioni della fotografia contemporanea capaci di aprire il confine della creazione a diverse modalità di collaborazione con l’intelligenza artificiale generativa. I Lavori di Xavi Bou, Antti Karppinen, Markos Kay, Katie Morris, Pierre Zandrowicz portano a una profonda riflessione in merito all’apporto dell’IA come strumento di conoscenza dei processi della natura e della stessa creatività umana, valutando anche il rischio che si tratti invece di un ulteriore mezzo di alienazione che allontana ancora di più gli umani dall’appartenenza a una natura unitaria.

Collegata al festival è la proposta della COLLEZIONE MARAMOTTI, che espone la prima mostra personale istituzionale italiana di Silvia Rosi, dal titolo Disintegrata. Specificamente concepita per la Collezione, l’esposizione include venti nuove opere fotografiche, alcune immagini in movimento e un nucleo di fotografie d’archivio raccolte dall’artista in Italia – principalmente in Emilia-Romagna – tra il 2023 e il 2024. Rosi ha percorso il territorio per raccogliere le centinaia di fotografie ordinarie, scatti di album di famiglia che raccontano la quotidianità di chi, giunto dall’Africa prima del Duemila, ritraeva sé e la propria vita in contesti diversi. La mostra esplora, restituisce e mette in scena, con umorismo, un immaginario dell’idea di “italianità” nel nostro territorio contemporaneo.

Anche quest’anno lo Speciale Diciottoventicinque, il progetto formativo di Fotografia Europea, torna con la tredicesima edizione per accompagnare i giovani amanti della fotografia in un percorso che permette di imparare, condividere e confrontarsi con il mondo dell’arte fotografica, creando un vero progetto espositivo collettivo. Erik Messori, fotogiornalista è co-fondatore del collettivo CAPTA, ha accompagnato i giovani partecipanti nei 10 incontri in cui ha deciso di aprire alla multidisciplinarietà, consapevole che un progetto visivo si può costruire e arricchire attraverso diversi linguaggi. Il percorso di formazione si concluderà con l’esposizione dei progetti degli 11 ragazzi nella galleria dell’Isolato San Rocco. 

Si è appena conclusa la terza edizione di FE+SK Book Award, il premio dedicato al libro fotografico, ideato da Fotografia Europea insieme a Skinnerboox – casa editrice di Jesi (AN) specializzata in fotografia contemporanea. Tra le oltre 230 candidature pervenute, la giuria -composta da Chiara Capodici, Tim Clark e Milo Montelli- ha scelto il progetto di Benedetta Casagrande “All Things Laid Dormant”, spiegando che il suo lavoro ha particolarmente colpito: “per la potenza evocativa e poetica, per la coerenza, la maturità del linguaggio utilizzato che lo rendono un lavoro pronto a essere un libro”.

Oltre alle mostre arricchisce il Festival un calendario di appuntamenti che accompagnerà i visitatori dalle giornate inaugurali – 26, 27, 28 aprile – fino al 9 giugno.

In programma, oltre agli incontri con gli artisti, anche momenti di confronto con Mariangela Gualtieri, poetessa e scrittrice, Marco Paolini drammaturgo e scrittore, entrambi in dialogo con Loredana Lipperini scrittrice e giornalista. Inoltre presentazioni di libri, book signing, letture portfolio e [PARENTESI] BOOKFAIR, lo spazio dedicato agli editori indipendenti.

La terza edizione di FOTOFONIA, la declinazione musicale del festival curata da Max Casacci (produttore e fondatore dei Subsonica), ha come titolo Urban souls ed è dedicata alla Storia, al presente e al futuro di una musica italiana capace di fondere radici black e soul, con la complessità dei linguaggi urbani contemporanei, attraverso melodia e parole. La serata di venerdì 26 aprile si aprirà con i giovanissimi napoletani Thru Collected, gruppo che oscilla tra i linguaggi metropolitani più contemporanei, per concludersi con il live dei Casino Royale, la band che per prima ha innescato una autentica rivoluzione riuscendo a fondere l’incisività melodica con le urgenze della cultura hip hop. Ospite dei Casino Royale sarà un’altra “anima urbana” – Venerus – celebre produttore, polistrumentista, cantautore milanese, oggi considerato il più importante protagonista di una certa scena “urban”. Sabato 27 aprile ci si sposta in piazza San Prospero per il dj set dello stesso Venerusche trasformerà la piazza in una colorata dance hall senza confini spazio-temporali. Ad iniziare la serata sarà una giovanissima rapper, Alda. Anche in questa terza edizione di Fotofonia, dopo le precedenti presenze di Mario Tozzi e Stefano Mancuso, la scienza e la battaglia per l’ambiente saranno unite alla musica.  Domenica 28 aprile, alle 18 al Teatro Cavallerizza, Mariasole Bianco, biologa marina, divulgatrice scientifica e volto televisivo (Kilimangiaro, Rai3) parlerà di misteri e stupefacenti curiosità del grande oceano su un tappeto di suoni naturali creato da Max Casacci, da anni impegnato a trasformare in musica e ritmo, rumori e ambienti sonori della natura e della metropoli.

Anche per questa edizione il CIRCUITO OFF – l’evento collettivo e indipendente che arricchisce il Festival con una serie innumerevole di mostre diffuse in tutto il territorio cittadino – presenta progetti di fotografi professionisti accanto a giovani alle prime esperienze, appassionati e associazioni che dovranno misurarsi con il tema del fragile equilibrio tra Uomo e Natura esponendo i propri scatti in negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte. Parte di questo circuito è anche il progetto OFF@school che coinvolge le scuole di tutta la provincia di Reggio Emilia. Il 4 maggio è la serata dedicata al Circuito Off e in questo evento sarà decretato il vincitore del premio Max Spreafico a cui sarà data l’opportunità di produrre una nuova mostra ed esporla durante la prossima edizione di Fotografia Europea, nel 2025.

Per l’edizione 2024 si confermano:
Special Sponsor: Iren
Main Sponsor: Coop Alleanza 3.0, FCR – Farmacie Comunali Riunite e Attolini Spaggiari Zuliani & Associati Studio Legale e Tributario

Sponsor: Coopservice, Gruppo Emak e Assicoop

Tutte le info su fotografiaeuropea.it  


Ufficio stampa Fondazione Palazzo Magnani
Stefania Palazzo, tel. 0522.444409; s.palazzo@palazzomagnani.it
Elvira Ponzo, tel. 0522.444420; e.ponzo@palazzomagnani.it
 
Ufficio stampa
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Via San Mattia, 16 – 35121 Padova
Simone Raddi, tel. 049663499; simone@studioesseci.net

Roma: Basile Contemporary inaugura TRIALOGO con Matteo Basilé, Danilo Bucchi e Paolo Grassino a cura di Gianluca Marziani

Basile Contemporary inaugura la mostra
T R I A L O G O
con Matteo Basilé, Danilo Bucchi e Paolo Grassino

A cura di Gianluca Marziani

Opening 23 marzo 2024,
ore 18.00
Dal 23 marzo all’11 maggio
Basile Contemporary – Galleria d’Arte Contemporanea

Sabato 23 marzo 2024 alle ore 18.00, la Basile Contemporary inaugura la grande mostra collettiva “TRIALOGO” che vedrà protagoniste le opere di tre illustri artisti del panorama dell’arte contemporanea italiana: Matteo Basilé, Danilo Bucchi e Paolo Grassino.
La mostra, ideata da Rosa Basile della Basile Contemporary in collaborazione con Giuliano Rocca art dealer – e curata da Gianluca Marziani – presenterà 10 opere tra sculture, fotografie e dipinti, allestite in tre aree distinte nella galleria ma volutamente, e al contempo, comunicanti tra loro.

“TRIALOGO” nasce dall’intenzione di mettere in dialogo le opere di questi tre protagonisti che hanno stili artistici differenti, ma sono uniti da una componente comune. L’esposizione, infatti, si presenta come un intreccio di evidenze estetiche e complessità tematiche, dove ciascun artista occupa uno spazio unico, mantenendo al contempo un dialogo vibrante e dinamico con gli altri. Matteo BasiléDanilo Bucchi e Paolo Grassino sono emersi negli anni Novanta, lungo quel decennio di radicale inversione dei canoni figurativi. Nel periodo storico che li accomuna, i movimenti d’avanguardia si placavano mentre sorgeva la tecnologia digitale, ed è proprio in quest’era che nascono e sviluppano i loro rispettivi stili creativi. Nonostante i tre abbiano avuto le medesime influenze artistiche, nel corso del tempo ognuno di loro è stato in grado di sviluppare un proprio linguaggio creando uno stile unico e personale, mantenendo al tempo stesso viva quella componente comune, che permette alle loro opere di amalgamarsi e dialogare. Da qui l’idea di una mostra a più voci ma dentro una stessa visione d’insieme, come fossero strumenti eterogenei che compongono assonanze di forme e contenuti. Come dice Gianluca Marziani“TRIALOGO è parola che contiene l’ampliamento del dialogo prima della polifonia orchestrale, incarnando quel passaggio stereofonico dei contenuti che avviene sull’asse limpido di una triangolazione dialettica. TRIALOGO come risultato di una compenetrazione luminescente tra valori teorici del segno figurativo, seguendo le evidenze di tre artisti italiani che appartengono ad una stessa curvatura generazionale.” Riguardo gli stili dei tre artisti Marziani aggiunge: “Ognuno di loro fa risuonare un linguaggio primario, una matrice d’ingaggio che nel processo formale ha portato l’artista a frammentare, ripensare, ibridare e ricomporre l’archetipo per poi nuovamente sfaldare, cicatrizzare, atomizzare i risultati, creando così la struttura semantica del proprio arcano estetico.” 

CADUTA FUORI DAL TEMPO IV – 2021 – Black pigment 60×90

Matteo Basilè (1974) vive e lavora a Roma. Egli parte dalla fotografia ed è tra i primi artisti in Europa a scoprire le potenzialità espressive della computer Art. Il fotografo fonde tecnologia e arte esplorando le potenzialità della digitalizzazione attraverso la costruzione di immagini oniriche e surreali, unendo scultura e architettura, pittura e cinema che amplificano i legami narrativi tra corpo e paesaggio. Esplorando la natura dell’essere umano, l’artista sviluppa una narrativa che affronta la sua percezione dell’esistenza. La ricerca di Basilé si evolve come un’interfaccia tra Oriente e Occidente (l’artista ha vissuto quasi 8 anni nel sud est asiatico), in una dialettica che opera come una collisione situata tra tradizione e modernità, tra sacro e profano. In questo modo, il glossario di Basilé non si fonda unicamente su segni e valori (per quanto atemporali e multiculturali), ma comprende un linguaggio totalitario in cui la fusione tra sogno, fantasia e realtà non è più il mero soggetto dello scatto fotografico ma incarna una narrazione universalmente riconoscibile e soprattutto senza limiti di percezione.
Basilé riesce a conciliare in maniera inconfondibile idee apparentemente inconciliabili come bello e grottesco, reale e surreale, naturale e artificiale. Per lui la fotografia è lo strumento inevitabile per esprimere un’idea d’arte che non sia rielaborazione del già elaborato e del già visto.

Danilo Bucchi, Untitled

Danilo Bucchi (Roma, 1978) dimostra fin dagli esordi una determinazione nel radicare il suo linguaggio in un universo di segni che rimanda alla tradizione dell’astrazione europea delle prime avanguardie, con l’utilizzo di tecniche e supporti fortemente tecnologici. Il suo lavoro parte dal disegno ed esplora il continuum emotivo del gesto rapido e ponderato, scavando dentro i sentimenti autobiografici e sviluppando uno stile che oscilla tra astrazione e figurazione. Pur con molteplici linguaggi – installazione, fotografia, pittura, o lavori tramite il digitale – l’artista ritorna sempre a una modalità di natura ritmica. Ogni gesto, ogni segno, ogni movimento del corpo si avvicina all’improvvisazione, allo spartito musicale e persino alla poesia.

Paolo Grassino, Bestia

Paolo Grassino (Torino, 1967), invece, parte dalla scultura, lavorando con materiali come la gomma sintetica, il legnoil polistirolo, e la cera, ma anche con tecniche come le fusioni in alluminio o calchi di cemento. La sua ricerca si manifesta nella scelta di materiali differenti che danno vita ad opere dal grandissimo impatto, tanto visivo quanto emotivo, generando nell’osservatore una profonda riflessione sul mondo che abbiamo creato, in cui ci troviamo e nel quale saremo costretti a vivere. Con i suoi lavori, Grassino si interroga sulle derive della società moderna, sospesa tra naturale e artificiale, tra precarietà e mutazione. Il suo lavoro è soprattutto una ricerca che recupera in pieno il senso della manualità: lavorando con materiali vari e con tecniche avanzate porta le sue opere scultoree ad un alto grado di spettacolarità. Canicervi ma anche sediecorpi radianti e corpi architettoniciagglomerati danteschi e fossili misteriositeste cerchiate o trafitteforme mineralizzate o arborescenti: le sue creazioni, ricche di tensione esoterica, trasformano gli spazi vuoti in una parte definitiva della scultura.


Nel cuore del centro storico di Roma, alle spalle di Piazza Navona, adiacente al chiostro del Bramante, Rosa Basile fonda nel 2021 la galleria d’arte Basile Contemporary. Alcune delle mostre al suo attivo sono di Paolo Grassino, Daniele Galliano, Luca Coser, Giovanni Albanese, Giosetta Fioroni Mirko Leuzzi.I curatori di cui è avvalsa fino ad oggi sono Alberto DambruosoAdriana Polveroni e Francesca Canfora. Inoltre, vanta una prestigiosa collaborazione dell’artista Mimmo Paladino con uno scritto per la mostra di Giovanni Albanese.Vince il premio “Young”, come la migliore galleria under 5 con il progetto “Sulla Linea” di Paolo Grassino nella prima edizione di “Roma Arte in Nuvola”.


INFORMAZIONI UTILI
TITOLO: TRIALOGO con Matteo Basilé, Danilo Bucchi e Paolo Grassino
DOVE: Basile Contemporary – Galleria d’Arte Contemporanea, via di Parione 10, Roma
OPENING: sabato 23 marzo 2024 ore 18.00
DURATA: dal 23 marzo all’ 11 maggio 2024
A CURA DI: Gianluca Marziani
IN COLLABORAZIONE CON: Giuliano Rocca art dealer
INGRESSO GRATUITO
ORARI: da martedì a sabato dalle 11.00 alle 20.00
 
CONTATTI
TEL. Galleria: 06 97165279
CELL. Rosa Basile: 340.0001260
SITO: www.basilecontemporary.com 
MAIL: basilecontemporary@gmail.com | info@basilecontemporary.com 
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CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

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Pisa, Museo della grafica: ART & SCIENCE ACROSS ITALY – Creare immaginando

Il Museo della Grafica (Comune di Pisa, Università di Pisa)  è lieto di invitarvi all’inaugurazione della mostra:

Lunedì 4 marzo, ore 18:00

Per maggiori informazioni Cliccare il logo

Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060 (62-66-67)
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it

Al Centro Culturale Altinate | San Gaetano di Padova apre la mostra “MONET. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris”

Il Comune di Padova e Arthemisia presentano al Centro Culturale Altinate | San Gaetano una grande mostra dedicata al padre dell’Impressionismo, Claude Monet, con 60 capolavori provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi.

“Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris” ripercorre l’intera storia umana e artistica di Monet, raccontata attraverso le sue creazioni più iconiche quali le celebri Ninfee.

La mostra, che è anche una delle ultime occasioni per qualche anno di poter vedere in Italia le maggiori opere di Monet, è la manifestazione centrale in Italia per il festeggiamento dei 150 anni dalla nascita dell’Impressionismo.

A 150 anni dalla prima mostra a Parigi che sancì la nascita del movimento Impressionista nel 1874, dal 9 marzo al Centro Culturale Altinate | San Gaetano di Padova verrà dedicato un tributo a colui che è passato alla storia come padre della corrente artistica più amata al mondo: Claude Monet.
Era il 15 aprile 1874 quando, nella galleria del fotografo Félix Nadar in boulevard des Capucines 35 a Parigi, venne inaugurata una mostra che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’arte.
Una mostra “indipendente”, lontana dai canonici stilemi compositivi e accademici, con centosessantacinque opere eseguite da trentuno artisti appartenenti alla cosiddetta “Società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori”, tra cui gli allora sconosciuti Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cezanne, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Edgar Degas, Berthe Morisot.
Opere ritenute sovversive e che non incontrarono un esito positivo di pubblico e critica portando a un completo fallimento dell’esposizione.
Una rivoluzione che prese il via proprio dal titolo di un’opera di Claude Monet “Impression, soleil levant” dipinta nel 1872 e attualmente custodita presso il Musée Marmottan Monet di Parigi, in cui viene impressa sulla tela l’impressione di un sole che sorge, una fugace sensazione piuttosto che una vivida riproduzione della realtà, mettendo al centro il colore e la luce.
È da questo capolavoro di Monet che il critico Louis Leroy coniò il termine “Impressionismo”, il momento dal quale tutto ebbe inizio, consacrando il movimento impressionista come la corrente artistica più amata dal grande pubblico in tutto il mondo.

E oggi, Arthemisia insieme al Comune di Padova e al Musée Marmottan Monet di Parigi, darà vita ad un racconto emozionante, attraverso l’esposizione di 60 capolavori – tra cui le Ninfee, gli Iris, i Paesaggi londinesi e molti altri ancora – arricchiti da sale spettacolari, tantissimi contenuti, video, testimonianze e atmosfere magiche.
Le opere esposte nella mostra sono quelle conservate al Musée Marmottan Monet che custodisce la più grande e importante collezione di dipinti dell’artista francese, frutto della generosa donazione fatta dal figlio Michel nel 1966.
Sono le opere a cui Monet teneva di più, le “sue” opere, quelle che ha conservato gelosamente nella sua casa di Giverny fino alla morte, da cui non ha mai voluto separarsi.
La mostra è quindi anche un viaggio nel mondo intimo di Monet, nella sua casa e nella sua anima.

L’esposizione rappresenta anche un evento eccezionale dal momento che è una delle ultime occasioni, almeno per qualche anno, per poter vedere in Italia le maggiori opere di Monet.
A Padova saranno esposti capolavori quali Ritratto di Michel Monet con berretto a pompon (1880), Il treno nella neve. La locomotiva (1875), Londra. Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905), oltre a tutte le opere di grandi dimensioni come le eteree Ninfee (1917-1920) e gli evanescenti Glicini (1919-1920).

La mostra “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Paris“, promossa dal Comune di Padova, è prodotta ed organizzata da Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi ed è curata da Sylvie Carlier, curatrice generale del Musée Marmottan Monet, con la co-curatela della storica dell’arte Marianne Mathieu e l’assistente alla curatela del Musée Marmottan Monet Aurélie Gavoille.
La mostra vede come sponsorGenerali Valore Cultura e AcegasApsAmgamedia partner la Repubblica, special partnerRicola e mobility partnerFrecciarossa Treno Ufficiale.
Catalogo edito da Skira.

Allestimento Mostra

Il Musée Marmottan Monet, di proprietà dell’Académie des Beaux-Arts di Parigi, accoglie la più grande collezione al mondo di opere di Claude Monet, con l’intento di far conoscere l’opera dell’artista e renderla accessibile al maggior numero possibile di persone, in particolare attraverso mostre temporanee.
La mostra al Centro Culturale Altinate | San Gaetano – che presenta sessanta opere che comprendono i capolavori di Monet, ma anche lavori di Delacroix, Boudin, Jongkind, Renoir e Rodin, che furono suoi maestri e amici – si fa portavoce di questa ambizione ed è particolarmente significativo in quanto rappresenta la prima esposizione delle opere provenienti dall’istituzione parigina nella città di Padova.
L’esposizione passa in rassegna le tappe della ricerca artistica del pittore: dagli inizi della sua carriera sulla costa della Normandia, attraverso i viaggi in Olanda, Norvegia e Londra, fino all’opera finale, le Ninfee, dipinti che il pittore ha conservato gelosamente nella sua casa di famiglia a Giverny, fino alla sua morte.
È un’occasione per immergersi nella rigogliosa creatività di Monet e coglierne le fonti di ispirazione, trasportati nel suo mondo intimo.


Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemsia.it | T. +39 06 69308306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

Ufficio stampa Comune di Padova
Franco Tanel | tanelf@comune.padova.it

Giorgio Andreotta Calò al MAN di Nuoro, viaggio nell’abisso della terra

Giorgio Andreotta Calò, in girum imus nocte, 2014, ph. Nuvola Ravera.
Courtesy: Studio Giorgio Andreotta Calò e MAN_ Museo d’arte della Provincia di Nuoro
GIORGIO ANDREOTTA CALÒ
in girum imus nocte
MAN_ Museo d’arte della Provincia di Nuoro
28 marzo – 16 giugno 2024

A cura di Elisabetta Masala
 
Inaugurazione giovedì 28 marzo, ore 19:00

La memoria collettiva della Sardegna, il suo paesaggio, insieme alle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi, sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò: un’indagine svolta tra il 2013 e il 2018, che ha portato alla creazione di un corpus fondamentale nel percorso dell’artista. Oggi, una parte di queste opere trova collocazione ideale al museo MAN grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura, completando e integrando la precedente acquisizione di Produttivo.

Nel 2019, infatti, l’artista dona al MAN una parte dell’installazione ambientale Produttivo, composta da carotaggi estratti durante le campagne minerarie della Carbosulcis.spa, società che fino al 2018 è stata impegnata nello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis, area nel sud-ovest dell’isola. Con un procedimento simile alle indagini geognostiche, Giorgio Andreotta Calò analizza la stratificazione e l’identità del luogo sviscerandone gli aspetti socio-culturali. Una analoga radice semantica è condivisa dalle opere del progetto in girum imus nocte, che testimoniano un comune processo di ricerca e di interazione con il territorio sardo e la sua storia. Il titolo, tratto dal palindromo latino “in girum imus nocte et consumimur igni” (“andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco”), allude alla carica simbolica dell’installazione filmica omonima che, con le sculture Pinna Nobilis e Dogod, crea un insieme coerente in cui i singoli elementi esaltano i reciproci significati.

Il fulcro della installazione è costituito dal film che documenta la marcia compiuta dall’artista insieme a un gruppo di minatori e pescatori del Sulcis nella notte del 4 dicembre 2014 (giorno di Santa Barbara, protettrice della comunità dei minatori). Il cammino diventa rito in una prospettiva escatologica che riconosce il ruolo sociale dei lavoratori, accentuando il valore della loro presenza. La marcia rituale dalla miniera fino all’isola di Sant’Antioco, dal tramonto all’alba, è enfatizzata dal bastone che accompagna il tragitto, diventato poi parte integrante dell’opera presentata in mostra. L’uso della pellicola 16 mm risulta, nella sua fragilità, funzionale al senso complessivo del racconto, evocando la componente alchemica di trasformazione della materia che accomuna tutte le opere esposte.

La metamorfosi del cranio di una creatura a metà tra cane (Dog) e divinità (God) è al centro di Dogod, i cui elementi costitutivi, provenienti dallo stagno di Cirdu, a Sant’Antioco, sono stati assemblati per poi realizzare la fusione a cera persa in bronzo bianco qui esposta. Al Sulcis rimanda anche la scultura Pinna Nobilis, prodotta dal calco di un esemplare dell’omonima specie di bivalve endemica del Mediterraneo, anch’esso recuperato a Punta Trettu durante la lavorazione del film.

I lavori in mostra, tra i più emblematici e rappresentativi della ricerca di Giorgio Andreotta Calò, accompagnano il visitatore in profondità: negli abissi della terra, ma anche nell’essenza del metodo dell’artista. In questo modo, paesaggio e storia vengono assimilati dalle opere, diventandone termine essenziale.

Nato a Venezia nel 1979, Giorgio Andreotta Calò vive e lavora a Venezia.
Ha studiato scultura all’Accademia di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino. Tra il 2008 e il 2010 è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam. Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54.ma Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI. Nel 2014 vince il Premio New York, promosso dal Ministero per gli Affari Esteri Italiano. Nel 2017 è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia. Nel 2018, con il progetto Anastasis, vince il bando Italian Council promosso dal Ministero della Cultura, per la realizzazione di un’installazione monumentale presso l’Oude Kerk di Amsterdam. Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli Hangar Bicocca. Le sue opere sono parte di numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.


Il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Ufficio Stampa
STUDIO ESSECI – Sergio Campagnolo
Via San Mattia 16, 35121 Padova
Tel. +39.049.663499
referente Simone Raddi, simone@studioesseci.net
www.studioesseci.net
 
MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta 27 – 08100 Nuoro
Tel. +39.0784.252110
Orario: 10:00 – 19:00
(Lunedì chiuso)
info@museoman.it

Torna la Biennale del Disegno di Rimini: “Ritorno al Viaggio” – 4^ effervescente edizione 

4^ Biennale Disegno Rimini
“Ritorno al Viaggio”
Rimini, sedi varie
20 aprile – 28 luglio 2024

Progetto a cura
di Massimo Pulini

A Rimini torna la Biennale del Disegno Quarta edizione, sul tema del “Ritorno al Viaggio”
12 mostre, presenze internazionali, mostre storiche e il Cantiere Disegno

Dai taccuini di Felice Giani a quelli di Mattotti, dagli acquerelli settecenteschi al Novecento di Thayaht, dalle incisioni di Piranesi ai disegni di Morandi, Fontana, Fautrier per giungere agli artisti contemporanei – Torna a Rimini la Biennale del Disegno con la quarta edizione dal titolo: “Ritorno al Viaggio, dal Grand Tour alla fantascienza” che, dal 20 aprile al 28 luglio, apre 12 mostre in contemporanea – Protagonisti i luoghi simbolo della città: dal Museo della città a Castel Sismondo, dalla Biblioteca Gambalunga al Palazzo del Fulgor, al Grand Hotel.

Dopo la parentesi causata dal Covid-19, torna a Rimini la Biennale del Disegno, organizzata dal Comune di Rimini.

Questa quarta edizione, dal titolo “Ritorno al Viaggio, dal Grand Tour alla fantascienza”, si terrà dal 20 aprile al 28 luglio, con il suo format di mostre dislocate nelle diverse sedi istituzionali: Museo della Città, Biblioteca Gambalunga, Palazzo del Fulgor e Castel Sismondo. Inoltre il Circuito Open, espressione del dialogo diretto e interagente con la città e il suo territorio, che comprende altre esposizioni in spazi privati e pubblici (gallerie, studi d’artisti e d’architettura, librerie).

12 mostre in contemporanea espongono 1.000 disegni che provengono dall’Accademia Reale di San Fernando di Madrid e dai Fonds Regionale d’Art Contemporain de Picardie, da importanti collezioni private come i disegni di Morandi, Fontana e Fautrier, che spaziano dai taccuini di viaggio di Felice Giani a quelli di Lorenzo Mattotti dalle incisioni di Piranesi al Novecento di Thayaht. E ancora dai Carteles del cinema cubano ai disegni del primo film d’animazione italiano “La Rosa di Bagdad” per giungere agli artisti contemporanei che espongono nel Cantiere Disegno.

Il tema di questa edizione, curata da Massimo Pulini, è il Ritorno al viaggio come esito e ispirazione, ma anche come registrazione e contaminazione dal presente al passato. Quel che hanno prodotto gli artisti in questo tempo epocale, ma anche quello che, nei secoli passati, hanno espresso grazie ai viaggi, come durante la stagione del Grand Tour (il lungo viaggio nell’Europa continentale intrapreso dai ricchi dell’aristocrazia europea a partire dal XVIII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere) preso a stella polare di questa ripartenza della Biennale.

La formula dell’evento è quella già sperimentata nelle precedenti edizioni, composta da un corollario di esposizioni parallele e congiunte, incontri con specialisti, studiosi e giornalisti, reading, conferenze, performance, lezioni, art talk, atelier didattici attorno al disegno in tutte le sue accezioni.


Info: www.biennaledisegnorimini.it
 
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Tel. +39 049.663499 | Rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net
 
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Ufficio Stampa Apt Servizi
Tel. 0541-430190 | www.aptservizi.com

Rare riscoperte storiche e capolavori senza precedenti alla XXXVII edizione di TEFAF Maastricht

highlights

L’edizione 2024 di The European Fine Art Foundation (TEFAF) torna al MECC di Maastricht in grande stile, portando riscoperte storiche, capolavori senza eguali, e pezzi da collezione di qualità museale proposti da un’ampia selezione di espositori. TEFAF Maastricht 2024 si tiene dal 9 al 14 marzo, con anteprima solo su invito nei giorni 7 e 8 marzo.

Insieme all’offerta espositiva dei principali galleristi mondiali, TEFAF Maastricht inaugura la nuova iniziativa TEFAF Focus, un’apposita sezione che fornirà alle gallerie una piattaforma curatoriale per approfondire un singolo artista o un singolo concetto, arricchendo la definizione stessa di fiera d’arte attraverso la creazione di stimolanti connessioni visive tra le diverse forme d’espressione.

Kandinsky 5709 Murnau mit Kirche II HR – Landau Fine Art

Da sempre dedicata al supporto della comunità internazionale dell’arte, TEFAF ha inoltre annunciato il suo primo TEFAF Summit in cooperazione con la Commissione olandese dell’UNESCO, e un’esposizione e partnership speciale con il Ministero della Cultura per il Veneto. Il summit fungerà da piattaforma per conversazioni e collaborazioni incentrate sulle sfide e i rischi che interessano il patrimonio culturale, offrendo l’opportunità di promuovere la pace, aumentare la consapevolezza e suggerire soluzioni.

La trentasettesima edizione di TEFAF Maastricht prevede un programma dinamico e articolato che include le tavole rotonde TEFAF Talks e le conferenze TEFAF Meet the Experts.

TEFAF è una fondazione no profit che sostiene l’esperienza e la varietà della comunità globale dell’arte, come dimostrano gli espositori selezionati per le sue due Fiere annuali di Maastricht e New York. TEFAF si pone come guida esperta per i collezionisti privati e istituzionali del mercato globale dell’arte, ispirando appassionati e compratori di tutto il mondo.

AXA XL Insurance è la divisione P&C (Property & Casualty) e Specialty Risk di AXA, nota per risolvere anche i rischi più complessi. AXA XL offre soluzioni e servizi assicurativi tradizionali e innovativi in oltre 200 Paesi e territori.
Nell’ambito della sua offerta di Specialty Risk, AXA XL protegge diverse tipologie di oggetti tra cui opere d’arte, antiquariato, antichità, gioielli, orologi, auto d’epoca, pietre preziose grezze o lavorate e lingotti, sia di migliaia di anni che di poche settimane.

Negli ultimi 50 anni, così come nel futuro, AXA XL, tra i leader globali delle compagnie di assicurazione di opere d’arte e beni preziosi, ha continuato – e continuerà – a ridefinire l’assistenza e il servizio a collezionisti, musei, aziende, gallerie, conservatori e artisti in Europa, Regno Unito, nelle Americhe, in Asia e nell’area del Pacifico, con una genuina considerazione del modo in cui gli oggetti di valore vengono assicurati e il patrimonio culturale protetto.

TEFAF Maastricht è ampiamente riconosciuta come la fiera d’arte, antiquariato e design più importante del mondo. Con oltre 280 espositori di spicco provenienti da più di 20 nazioni, TEFAF Maastricht è la vetrina delle opere d’arte più prestigiose disponibili ogni anno sul mercato. Oltre alle sezioni tradizionali come dipinti degli Antichi Maestri, antichità e opere classiche, che interessano circa metà della Fiera, propone ai visitatori anche arte moderna e contemporanea, fotografia, gioielleria, design del XX secolo e opere su carta.

TEFAF New York è stata fondata all’inizio del 2016, originariamente sotto forma di due fiere d’arte ospitate ogni anno a Park Avenue Armory: TEFAF New York Fall e TEFAF New York Spring. Oggi TEFAF New York è un unico evento annuale che unisce arte moderna e contemporanea, gioielleria, antichità e design, grazie alla partecipazione di circa 90 dei maggiori galleristi di tutto il mondo. Tom Postma Design, noto per il suo lavoro innovativo per i più importanti musei, gallerie e fiere d’arte, ha progettato per la Fiera un design che
interagisce con lo straordinario spazio che la ospita, aggiungendo un tocco al tempo stesso leggero e contemporaneo. Gli stand degli espositori si snodano lungo l’iconico edificio dell’Armory, abbracciando la Wade Thompson Drill Hall e raggiungendo le sale al primo e
secondo piano dedicate alle ricostruzioni storiche, così da creare una Fiera dall’impatto e spessore senza precedenti per la città di New York.


Ufficio Stampa per l’Italia
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
tel. 049663499
Referente Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net
 

Roma, Plus Arte Puls: Fino al 16 marzo 2024 la mostra personale LINA PASSALACQUA – Io… e il mare

LINA PASSALACQUA

Io…e il mare

Plus Arte Puls
Viale G. Mazzini, 1 – Roma

Fino al 16 marzo 2024, presso Plus Arte Puls, è possibile visitare la personale di Lina Passalacqua dal titolo Io… e il mare, a cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi.

In esposizione ventitré opere dove il mare, elemento costante nella vita dell’artista, diviene il soggetto centrale del ciclo pittorico, che in questa occasione presenta insieme ad una selezione inedita di medaglioni dipinti che richiamano particolari delle stesse opere. La mostra, che sarà itinerante, evidenzia la presenza significativa dell’artista nel cogliere i dinamismi e i mutamenti della contemporaneità attraverso l’unicità del suo processo creativo dialogante con l’elemento autobiografico e i caratteri del tempo.

Il ciclo realizzato dal 2020 al 2022, durante il tempo sospeso della pandemia, è rappresentativo del linguaggio artistico di Lina Passalacqua caratterizzato dall’incontro con il futurismo mediante le figure di Mario Verdone ed Enzo Benedetto negli anni Ottanta. Nel 2023 per i suoi novant’anni la GAM di Roma le ha dedicato un incontro inserito nel ciclo “Laboratorio Prampolini” – Donne & Futurismo, protagoniste dell’altro movimento con la proiezione in anteprima del documentario Lina Passalacqua – L’essenza geometrica delle passioni, regia di Giulio Latini che è stato riproposto durante il vernissage. 

Nella presentazione critica Ida Mitrano scrive: «Lina Passalacqua guarda il mondo con la consapevolezza dell’oggi, non con la lente del passato. È in tal senso che il dinamismo e la simultaneità della sua pittura dialogano con il futurismo. La sua arte, infatti, acquisisce potenza nell’individuare i caratteri distintivi del nostro tempo, di cui l’artista coglie in particolare il “flash”, intuendone già nel 1989 la problematicità e le conseguenze sull’individuo: ‘viviamo nell’epoca del flash e tutto appare frammentario, anche i nostri sentimenti subiscono questa caratteristica. Sono impressionata dai flash della nostra epoca, dalle schegge di vita che ci colpiscono continuamente. Vivo in una società fatta di flash, che rischia di perdere la memoria storica e, forse, anche quella morale’. Era ancora troppo presto per parlare di perdita dell’identità umana, come invece sta accadendo. Un presente e un futuro sempre più gestiti e dominati dall’intelligenza artificiale e dai suoi algoritmi. Passalacqua ha avvertito l’invasività del flash e i suoi possibili effetti. Anticipatrice dello smarrimento umano, così come lo sono stati in altro modo, e su altri aspetti, i futuristi all’inizio del Novecento. Non a caso, la velocità di cui la sua pittura è espressione, lontana dal mito futurista della macchina, è quella delle tecnologie che produce la perdita di distanza tra sé e l’altro, tra l’artista e il soggetto che rappresenta. Dall’impatto tra il suo profondo e la realtà nasce la visione simultanea delle sue opere: frammenti, flash, vortici che compone e scompone alla ricerca di una sintesi poetica del reale che consente di ritrovare il senso dell’umano oggi perduto. Istanti che non si possono raccontare, ma solo fissare per un attimo, come l’artista stessa afferma. Per queste ragioni la sua pittura è testimonianza e denuncia dell’attuale stato delle cose come evidenziano alcune opere del suo ultimo ciclo Io… e il mare, realizzate tra il 2020 e il 2022. Un ciclo per certi aspetti biografico, perché il mare è un punto fermo nella sua vita. È il suo legame con il passato, con Genova, ma anche con il presente, la sua casa sul mare a Nettuno, dove crea diversi lavori, in particolare Vele, un ciclo dipinto tra il 1995 e il 2001. A questo, ne seguono altri: Voli (2002-2006), dove protagonisti sono gli elementi della natura, aria e acqua, terra e fuoco, Le quattro stagioni (2010-2013), Fiabe e Leggende (2015-2017). Io… e il mare nasce da una condizione che tutti noi abbiamo vissuto. Ventitré opere che hanno scandito il tempo della pandemia, un inedito lockdown che ha segnato la nostra vita, ma che non ha fermato la vitalità creativa di Lina Passalacqua e il suo rapporto con il mondo. Il ciclo rivela, ancora una volta, quel filo rosso che attraversa e lega la biografia e la sua arte. Io… e il mare, appunto. Un dialogo intimo e uno sguardo attento alla dimensione contemporanea dell’uomo. Un racconto per frammenti, per flash, dove ogni opera non è una semplice raffigurazione, ma una visione misteriosa, onirica della realtà. Mare come esperienza vissuta, ma anche come dimensione del profondo che rivela come la sua pittura così dinamica, così prorompente, sia al tempo stesso poetica e, anche se può sembrare contraddittorio ma non lo è, meditativa, soprattutto in quest’ultimo ciclo. Alla velocità inarrestabile del quotidiano, all’eco frastornante dell’epoca subentra l’ascolto di sé e del mondo che rendono oggi i suoi frammenti qualcosa di diverso dalla visione simultanea futurista e dalle scomposizioni dinamiche delle opere precedenti. Nel contesto attuale, quei frammenti sono i tasselli di un puzzle che non è più possibile ricomporre a causa di una condizione di incertezza e precarietà esistenziale ormai strutturale della nostra società. E, nell’assenza di qualsiasi punto di riferimento, la visione frammentata si traduce in un tentativo di riappropriazione del reale attraverso sé nell’unicità del processo creativo per affermare il valore dell’umano». 

Lina Passalacqua

Tra i vari riconoscimenti, si ricordano la Medaglia Commemorativa del Presidente della Repubblica in occasione del Premio di Pittura Città di Pizzo (2008), il Premio per il Neofuturismo (2009), Sezione Storica, al 2° concorso Nazionale Biennale d’Arte Città di Lamezia Terme, il Premio Speciale alla Carriera in occasione del 45esimo Premio Sulmona (2018). Nel luglio 2022, in occasione del Festival Dei Due mondi, le è stato assegnato il Premio Internazionale Spoleto Art Festival alla Carriera per “…le importanti attività che ha svolto e svolge nel campo della cultura e dell’arte.” Le sue opere figurano in importanti collezioni e musei d’arte contemporanea in Italia: al Museo del Presente di Rende (CS), nella Sala Permanente dedicata ai Futuristi Calabresi, assieme alle opere U. Boccioni, A. Marasco, E. Benedetto e altri; e all’estero, all’Estorick Collection of Modern Art di Londra. 


INFO

Io… e il mare
a cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi
Inaugurazione 1 marzo 2024 ore 17.30
ore 19 Proiezione del filmato di Giulio Latini
Lina Passalacqua. L’essenza geometrica delle passioni
@2023 Progetti Mediali srl

Plus Arte Puls
Viale G. Mazzini 1 – Roma

Fino al 16 marzo 2024
Orari
: lunedì ore 16.00 – 19.30; da martedì a sabato 11.00 -13.00 / 16.00 -19.30
tel. 333 8911952
r.pedonesi@gmail.com
Comunicazione
Roberta Melasecca
associazione culturale blowart – Melasecca PressOffice – interno14next
tel. 3494945612
roberta.melasecca@gmail.com – info@melaseccapressoffice.it

Teglio (Sondrio): Martina Fontana “La natura della difesa” a Palazzo Besta

Martina Fontana – Cicatrici-portrait
Martina Fontana
La natura della difesa
Teglio (So), Palazzo Besta
8 marzo – 18 maggio 2024

Mostra organizzata da Direzione regionale Musei Lombardia, direttore Emanuela Daffra
Progetto a cura di Giuseppina Di Gangi e Giovanna Brambilla

Martina Fontana, con “La natura della difesa” in mostra a Palazzo Besta a Teglio, in Valtellina, dall’8 marzo al 18 maggio 2024. La mostra, “site specific”, è organizzata dalla Direzione regionale Musei Lombardia del Ministero della Cultura ed è curata dalla direttrice dello stesso museo, Giuseppina Di Gangi, insieme a Giovanna Brambilla, storica dell’arte e responsabile progetti territoriali

“Un palazzo che nasce come luogo di protezione e difesa, teatro di conflitti ma anche ricca corte abitata da donne colte e illuminate, trova inevitabili affinità con il lavoro di Martina Fontana e la sua ricerca artistica, che avvicina il corpo umano – soprattutto femminile – agli elementi della natura. Opere che rappresentano nuove metamorfosi, quasi un’eco del testo di Ovidio raffigurato in uno dei cicli affrescati nel palazzo” evidenzia Emanuela Daffra, direttore dei musei statali della Lombardia.

“La storia di Palazzo Besta è, anche, una storia di donne. Una presenza femminile, quella delle committenti e delle protagoniste delle raffigurazioni, che si intreccia con il tema del coraggio, dell’amore e del conflitto. È in questo arazzo di storie che va a inserirsi, come un ricamo che evidenzia le scene dipinte del palazzo, il lavoro di Martina Fontana, che della guerra, dell’identità femminile e della natura ha fatto gli elementi fondanti della propria poetica” sottolinea la curatrice Giuseppina Di Gangi.

Martina Fontana – Cicatrici

Martina Fontana (1984), che vive e lavora a Prato, nella sua ricerca artistica si concentra sull’esplorazione della materia, traendo ispirazione dalla natura e dalla sua fenomenologia. Il suo lavoro si muove tra tecniche e materiali di origine naturale, con un approccio improntato all’indagine e alla sperimentazione, che si confronta con l’ambiente circostante ed entra in relazione con gli spazi e con i visitatori. Da questo approccio nasce la mostra di Palazzo Besta, che si pone in un dialogo serrato con il Palazzo, i suoi cicli pittorici ed il contesto naturale circostante: alcuni dei lavori in mostra, progettati e pensati proprio per la dimora tellina, sono stati creati dall’artista sulla base di calchi da lei tratti da alberi del territorio.

L’interazione tra le opere di Martina Fontana e il palazzo si articolerà su tre stanze: la Sala di Ariosto, la Sala Settecentesca e la Sala delle Metamorfosi. In questi tre spazi è previsto l’allestimento di alcune sculture che intendono restituire forme di evoluzione e percezione corporea dove il femmineo diventa il paradigma in cui lo spettatore attento potrà cogliere, tra i dettagli e le suggestioni proposte, alcuni aspetti della propria personalità.

I lavori esposti fanno parte della serie Dispositivi di Protezione Individuale (2019-2023), in resina epossidica, cera, pelle, cinghie.

Il nucleo di opere si presenta come un’armeria medievale: una serie di busti e armature che lo spettatore decodifica come elementi della natura di forma antropomorfa. Strumenti di difesa proposti come specchio su cui individuare il ricordo delle proprie cicatrici, armature che si mostrano nella loro concreta brutalità di strumenti di costrizione esibite come trofei.

“Ciascuna di esse è frutto di una lenta campionatura dei segni di recisione e accrescimento di tante tipologie di piante: alcune più nette, altre più cicatrizzate, come tante ferite che si accostano e si sovrappongono. Attraverso un processo di simbiosi e di contatto con il corpo, questi elementi diventano esoscheletri da indossare. Le ferite aperte, rimarginate o cicatrizzate raccontano il passaggio del tempo: mostrano senza pudore la vulnerabilità di chi le veste, dando testimonianza della forza acquisita in questa stratificazione fisica e interiore di esperienze vissute”, afferma l’artista.

Attraverso questi lavori lo spettatore è invitato a leggere sulla propria pelle e quella altrui un vissuto comune, come se fossero uno specchio universale.

“Il lavoro dell’artista guarda alla natura e ai suoi fenomeni e sollecita uno scambio che evoca tutte le donne presenti nell’immaginario dell’epoca, dai miti di Ovidio agli exempla virtutis dell’antichità, sino alle protagoniste dell’Orlando Furioso, così come le donne reali e tenaci vissute nel Palazzo. Allo stesso modo quel paesaggio che, ininterrotto, ospita le vicende ariostesche, prende forma nel legame stretto tra le opere e il territorio tellino” ribadisce Giovanna Brambilla.

Alla mostra si affianca un programma di attività, incontri e laboratori realizzato con la collaborazione di associazioni e imprese del territorio.


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Orari: martedì – domenica, 10.15 – 12.45, 14.15 – 16.45