Rovigo: il 15 marzo di 45 anni fa si spegneva Virgilio Milani, l’artista polesano più apprezzato dell’intero Novecento

Virgilio Milani, 1935. Statua di Giovanni Miani a Rovigo

VIRGILIO MILANI
e l’Arte del ‘900 in Polesine

Rovigo, Palazzo Roncale
25 marzo – 25 giugno 2023

Mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, da un’idea di Sergio Campagnolo. A cura di Alessia Vedova.

Il 15 marzo di 45 anni fa, correva l’anno 1977, a Rovigo veniva a mancare Virgilio Milani, l’artista polesano più apprezzato dell’intero Novecento. Era nato, sempre a Rovigo, 29 febbraio 1888. Per l’intera sua esistenza, fatta salva la frequentazione dell’Accademia di Venezia, non si mosse mai dalla sua terra.

Tra pochi giorni, il 25 marzo, prenderà il via al Roncale una mostra che ne ripercorrerà la vicenda artistica ponendola all’interno dell’ambiente rodigino in cui essa interamente si sviluppò.

 “Virgilio Milani e l’Arte del ‘900 in Polesine”, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, è curata da Alessia Vedova e si potrà ammirare al Roncale sino al 25 giugno.

Nel suo testamento Milani chiarì di non volere che nessuna mostra gli fosse dedicata una volta venuto a mancare. Non aveva voluto essere protagonista di nessuna monografica in vita e altrettanto voleva avvenisse anche dopo la morte.

«Una volontà, così esplicitamente dichiarata, andava rispettata», afferma Alessia Vedova, curatrice della prossima rassegna al Roncale. «Anche in ossequio alla volontà dell’artista, abbiamo proposto una esposizione collettiva, nella quale accanto a Milani ad essere raccontata, sia pure in modo ristretto e inevitabilmente parziale, è l’Arte del ‘900 in Polesine, come non a caso indica il titolo della rassegna.

Milani ne sarà, ovviamente, il protagonista, ma in parallelo alla sua vicenda intendiamo far emergere gli altri protagonisti di ottant’anni di arte polesana».

Non a caso, Alessia Vedova dedica il suo saggio introduttivo del catalogo della mostra al “Gigante schivo”. «Gigante – scrive la curatrice – perché nell’ambito della sua arte, la scultura, egli fu certamente un grande. Schivo, nel senso di non protagonista, perché, per carattere e scelte personali, si mantenne sempre fuori dall’agone nazionale e internazionale dell’arte, scegliendo di non uscire dal suo Polesine. Allievo della Accademia di Venezia, rifiutò una borsa di studio biennale a Parigi, opportunità che gli avrebbe permesso di entrare in contatto con il milieu culturale e artistico dell’epoca, di aprire i suoi orizzonti.

Fin da subito mostrò di rifuggire gli ambienti mondani e le occasioni dove si sentiva costretto ad apparire. Rifuggiva sia le rassegne personali sia la mercificazione delle sue opere nelle gallerie. Trascorreva le sue giornate a modellare a plasmare bronzi, terrecotte e sculture femminili. Elesse quale luogo del cuore – o sarebbe meglio dire come suo rifugio creativo – prima la sua casa di Via Trieste e poi l’atelier presso la sinagoga moresca di Via Corridoni. Un atelier ricercato e scelto perché in quegli ambienti la luce “diretta” dialogava con le sue opere, colpendole in maniera radente, evidenziandone il modellato e impreziosendole di riflessi ed ombre. Milani, per oltre sessant’anni testimone artistico di questo territorio, è vissuto in modo decisamente più “appartato” rispetto ad altri scultori della sua epoca. Una scelta, la sua, che lo ha oggettivamente penalizzato in fatto di notorietà ma che, per converso, gli ha consentito di coltivare una precisa, solitaria identità». Identità che la mostra al Roncale si propone di mettere in luce.

Info: Fondazione Cariparo www.fondazionecariparo.it


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