Messina, FORO G gallery: “Vesto di Memoria” Performance/Mostra e fotolibro di Roberta Guarnera

28 febbraio inizia in questo giorno l’omaggio a nonna Melina, attraverso il progetto “Vesto di memoria” di Roberta Guarnera.
Ieri presso la FORO G gallery si è svolta la performance/ mostra a cura di Mariateresa Zagone e presentazione del fotolibro edito da Di Nicolò edizioni.
I presenti hanno preso parte alla scena performativa della vestizione, di una delle vesti-opera appartenute al corredo di nonna Melina, appuntando spilli e misure, per rivivere in maniera contemporanea ad un’operazione di preparazione e creazione dell’antica dote.
È possibile visitare fino al 3 marzo la mostra “Vesto di memoria” di Roberta Guarnera a cura di Mariateresa Zagone presso la FORO G Gallery.

Gli orari:
1 MARZO 11 – 13 / 15 – 18
2 MARZO 11 – 13 / 15 – 18
3 MARZO 11 – 13


FORO G gallery
foroggallery.com
Via Lago Grande 43B 98165 Ganzirri (ME)
forog.gallery@gmail.com
Instagram: @forog.gallery

Madrid, CentroCentro: GRANDE SUCCESSO per la mostra “MONET” che chiude con circa 300mila visitatori

La folla all’ingresso della Mostra

Grandissimo successo per la mostra

che chiude con circa 300.000 visitatori, rendendola una delle mostre più visitate della stagione a Madrid!

Dopo il grande successo di Madrid, la mostra Monet. Capolavori del Musée Marmottan Monet, Paris sarà visitabile, dal 9 marzo al 14 luglio 2024, presso il Centro Altinate | San Gaetano di Padova, unico evento dedicato al padre dell’Impressionismo in occasione dei 150 anni dalla prima mostra a Parigi che sancì la nascita del movimento Impressionista nel 1874.
La mostra sarà anche una delle ultime occasioni per qualche anno di poter vedere in Italia le maggiori opere di Monet.

Grandissimo successo per la mostra Monet. Capolavori del Musée Marmottan Monet di Parigi, che ha chiuso le porte al pubblico al CentroCentro di Madrid la scorsa domenica 25 febbraio, ricevendo straordinarie recensioni da parte della stampa e dei visitatori.
Circa 300mila visitatori provenienti da tutto il mondo non hanno voluto perdersi quello che è stato senza dubbio uno degli eventi culturali più importanti dell’anno nella Capitale spagnola.
Per 5 mesi l’ingresso del CentroCentro è stato testimone di lunghissime e ininterrotte file, punto di ritrovo per gli amanti dell’Impressionismo e di Monet, per poter ammirare da vicino i suoi più importanti capolavori che, in mostra, ne hanno raccontato la sua intera vita artistica: oltre alle sue celebri Ninfee, anche altre grandi opere come Camminando vicino ad ArgenteuilIl treno nella neve. La locomotiva e Londra. Parlamento. Riflessioni sul Tamigi, tra gli altri.
La mostra ha presentato più di 50 capolavori del padre dell’impressionismo provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, sotto la rigorosa curatela di Sylvie Carlier, curatrice del Musée Marmottan Monet, insieme a Marianne Mathieu, storica dell’arte, e Aurélie Gavoille, assistente alla conservazione del Musée Marmottan Monet.

La folla all’ingresso della Mostra

La mostra è stata organizzata da CentroCentro – spazio dell’Assessorato alla Cultura, Turismo e Sport del Comune di Madrid – e Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi.

Iole Siena, presidente di Arthemisia, afferma che “A distanza di 10 anni dal primo grande successo, proprio a Centrocentro, con la mostra dedicata a Kandinsky, mi fa enormemente piacere confermare il rapporto straordinario tra Arthemisia e Madrid.  La mostra di Monet, credo una delle più visitate negli ultimi anni in Spagna, ha raccolto un favore unanime da parte del pubblico, e questo ci rende orgogliosi e felici. Torneremo presto con altri bellissimi progetti.”

Da parte sua, Marta Rivera de la Cruz, delegata alla Cultura, al Turismo e allo Sport, sottolinea che il Comune di Madrid ha ospitato “uno tra gli eventi culturali più importanti dell’anno con questa mostra organizzata da Arthemisia, con cui la collaborazione è iniziata dieci anni fa con un’altra mostra che è stata un altro grande successo per il CentroCentro, la retrospettiva su Kandinsky.
Rafforzare la qualità dell’offerta culturale è un obiettivo prioritario per questo Comune e per questo governo.”

Dopo il grande successo di Madrid, la mostra Monet. Capolavori del Musée Marmottan Monet, Paris sarà visitabile, dal 9 marzo al 14 luglio 2024, presso il Centro Altinate | San Gaetano di Padova, unico evento dedicato al padre dell’Impressionismo in occasione dei 150 anni dalla prima mostra a Parigi che sancì la nascita del movimento Impressionista nel 1874.
La mostra sarà anche una delle ultime occasioni per qualche anno di poter vedere in Italia le maggiori opere di Monet.


UFFICIO STAMPA
Monica Iglesias
info@bystudiomonicaiglesias.com

Arthemisia
Salvatore Macaluso – Italia | sam@arthemisia.it
press@arthemsia.it | T. +39 06 69308306

CentroCentro
Alexandra Blanch – Italia | prensa@centrocentro.org
T.+34 91 318 46 60

Venezia, Scuola Grande della Misericordia: Il LACMA porta a Venezia ZENG FANZHI – Allestimento di Tadao Ando

Zeng Fanzhi, Water IX, 2019–23, oil on canvas, © Zeng Fanzhi,
photo courtesy of the artist and Hauser & Wirth
ZENG FANZHI: Near and Far/Now and Then
Venezia, Scuola Grande della Misericordia
17 aprile – 30 settembre 2024

Il Los Angeles County Museum of Art (LACMA) è lieto di presentare Zeng Fanzhi: Near and Far/Now and Then, una mostra di nuovi lavori dell’artista Zeng Fanzhi (nato nel 1964), che verrà inaugurata in concomitanza con l’edizione 2024 de La Biennale di Venezia. La mostra avrà luogo all’interno della storica Scuola Grande della Misericordia, dal 17 aprile al 30 settembre 2024, con un allestimento progettato dall’architetto Tadao Ando.

Near and Far/Now and Then presenterà per la prima volta al pubblico due cicli di opere recenti dell’artista: nuovi dipinti astratti e opere su carta fatta a mano e trattata con inchiostro, grafite, gesso, polvere d’oro e pigmenti minerali, mai esposte prima d’ora.

A co-curare la mostra sono Michael Govan, amministratore delegato e direttore Wallis Annenberg del LACMA, e Stephen Little, Curatore Florence e Harry Sloan di arte cinese e capo dipartimento per l’arte cinese, coreana, del sud e del sud-est asiatico.

“Le opere di Zeng Fanzhi sono apprezzate soprattutto per l’equilibrio tra la maestria tecnica e l’emozione,” dice Michael Govan. “Near and Far/Now and Then farà luce sull’ambiziosa pratica pittorica di Zeng, e l’intervento architettonico di Tadao Ando farà brillare le interconnessioni evidenziate dal nuovo corpus di opere di Zeng.”

“Nei suoi lavori, Zeng Fanzhi impiega due diversi tipi di materiali: uno spesso e topografico, l’altro sottile e traslucido,” afferma Stephen Little. “Le sue opere sollecitano anche due approcci opposti nella partecipazione dei visitatori – uno distante, l’altro profondamente intimo. Inquadrata nell’insieme delle tradizioni asiatica ed europea dalle quali attinge, questa mostra guiderà i visitatori, con le sue molte tensioni visive, verso una serie di scoperte.”

Zeng Fanzhi, Lóng Táitóu II, 2019–23, oil on canvas,
© Zeng Fanzhi, photo courtesy of the artist and Hauser & Wirth

La mostra farà luce sull’ambiziosa pratica pittorica di Zeng di ridefinire l’astratto attraverso esercizi di rappresentazione figurativa, e viceversa. I nuovi dipinti a olio dell’artista sono il risultato di decenni di ricerca sulla teoria del colore, che attinge, sfidandole, alle pratiche impressionista e puntinista, dove le immagini si materializzano solo attraverso l’attenta collocazione di singoli segni di colore. Qui gli strati delle pennellate creano elementi figurativi facilmente riconoscibili da lontano, ma che si dissolvono nella materialità del dipinto a olio se osservati da vicino. Le variazioni di tonalità di un colore cedono il passo a schemi intrecciati di colore, spesso con più di trenta tipi di pigmenti brillanti, in una sola immagine.

L’esposizione fornirà uno sguardo approfondito sulla sua padronanza del medium, della sua tecnica “bagnato su bagnato”, e dell’enfasi sulla mera materialità della pittura, che definisce il suo lavoro. In un mondo ormai inondato da immagini elaborate digitalmente, Zeng sfida chi osserva le sue opere a riconoscere la superiorità della pittura come arte e mestiere secolare.

Le opere su carta fatta a mano danno una nuova direzione al lavoro di Zeng, che combina, con ambizione, le iconografie cristiana, buddista e della pittura dei letterati. Richiamano immediatamente i punti più alti dei paesaggi monocromi a inchiostro risalenti alle dinastie Song (960-1279) e Yuan (1260-1368), rievocando allo stesso tempo le ambiguità dei paesaggi a inchiostro della tarda dinastia Ming e della prima dinastia Qing, eseguiti da pittori quali Zou Zhilin (1574-ca. 1654), Hongren (1610-1663), e Dai Benxiao (1621-1691). Il soggetto si muove con fluidità dal crocefisso alla rappresentazione di rocce e vecchi alberi – simboli, nella cultura tradizionale cinese, di forza, resilienza e longevità. Come i dipinti di Zeng, questi disegni squisiti sfidano consapevolmente ogni categorizzazione, allineandosi con le grandi tradizioni asiatica ed europea.

Al piano terra della Scuola Grande della Misericordia, ai visitatori si presenteranno le proporzioni classiche dell’edificio del XVI secolo, racchiuse tra due dipinti a olio a più pannelli: uno che allude all’iconografia buddista e l’altro a quella cristiana. Al piano superiore, i visitatori troveranno lo spazio diviso in cinque sezioni tematiche.

Il progetto di Tadao Ando è una progressione di pareti con una serie di aperture sempre più grandi, che creano un cono prospettico. Queste aperture collegano la vista dei due dipinti più grandi, uno a ogni estremità dello spazio, come al pianterreno; in questo caso però i due dipinti non sono figurativi ma suggeriscono piuttosto l’astrazione di luce e acqua. Sulle pareti di Ando e intorno a esse è esposta una selezione dei dipinti a olio più piccoli di Zeng. Sullo sfondo dei maestosi spazi della Misericordia – pregni di storia e riccamente decorati da affreschi – il progetto di Zeng offre al suo pubblico l’esperienza viscerale dell’arte.

Nato a Wuhan, in Cina, nel 1964, Zeng Fanzhi si è laureato presso lo Hubei lnstitute of Fine Arts di Wuhan nel 1991. Durante i primi anni della sua formazione, Zeng si è immerso nell’arte occidentale, nella filosofia e nelle tecniche del Realismo Socialista del 1985 New Wave Movement in Cina. Questi interessi sono stati determinanti nel permeare le prime serie di dipinti, Meat Series e Hospital Triptychs. Questi primi lavori, tra il 1989 e il 1994, hanno preparato la scena per una pratica pittorica intensamente personale ed espressiva, che documenta un periodo prolifico di sviluppo sociale ed economico della storia cinese.

Lavorando sulla scia della rapida modernizzazione e urbanizzazione della Cina, Zeng ha poi rivolto la sua attenzione alle figure presenti nelle industrie che lo circondavano. Ispirate da artisti quali Francis Bacon, Willem De Kooning, Max Beckmann, queste opere, note come le serie Mask e Behind the Mask, si pongono a cavallo tra realismo e immaginazione per rivelare una preziosa riflessione autobiografica e introspettiva sui suoi tempi e un’attenzione meticolosa al dettaglio tecnico, che si fonde con un ricco corpo di ritrattistica e immagini uniche.

Negli ultimi due decenni, Zeng ha familiarizzato di nuovo con la filosofia della pittura cinese tradizionale e in particolare con i lavori che vanno dalla dinastia Wei del nord a quelle Song e Yuan, dal quarto al quindicesimo secolo. Arricchito da questi nuovi interessi, Zeng si è avvicinato ulteriormente all’astrazione. I lavori raggruppati nella serie Abstract Landscape hanno sperimentato quattro fasi evolutive caratterizzate da paesaggi fortemente gestuali, che presentano la stessa energia dinamica della sua ritrattistica. Queste tele sono attraversate da linee meticolose e calligrafiche, che si fondono, oscurandoli, con gli oggetti leggibili dello sfondo, per indagare la tensione complessa tra natura, mondo animale e umanità.

In parallelo alle sue sperimentazioni con il paesaggio astratto, Zeng ha continuato a sviluppare un linguaggio più sperimentale nello studio dei ritratti: la serie We include facce distorte dipinte a distanza molto ravvicinata, con pennellate ampie e circolari che creano un aspetto frenetico e urgente. Per creare questi dipinti, Zeng usa tutto il corpo, allungandosi su grandi tele per stendere il colore con più pennelli contemporaneamente.

Nato a Osaka nel 1941, Tadao Ando è un architetto autodidatta famoso a livello mondiale e fondatore, nel 1969, della Tadao Ando Architect & Associates. I suoi lavori più rappresentativi includono la Church of the Light [Chiesa della luce], Osaka, Giappone, la Pulitzer Arts Foundation [Fondazione d’Arte Pulitzer], St. Louis, MO, e il Chichu Art Museum [Museo d’Arte Chicu], Naoshima, Giappone. Ha ricevuto innumerevoli premi, tra cui il Premio Istituto Giapponese di Architettura (1979), il Premio Accademia Giapponese d’Arte (1993), il Premio di  Architettura Pritzker (1995), la Medaglia d’oro dell’Istituto Americano di Architettura (2002), l’onorificenza Persona con meriti culturali (2003), la Medaglia d’oro dell’Unione Internazionale degli Architetti (2005), la Medaglia d’oro per le arti del Centro John Kennedy (2010), l’Ordine per i meriti culturali (2010), l’Ordine francese delle arti e delle lettere (Commandeur) (2013), il titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia (2015), il premio lsamu Noguchi (2016), e il titolo di Comandante della Legion d’Onore (2021). I suoi lavori sono stati oggetto, per citarne solo alcune, di mostre personali al Museum of Modem Art, New York (1991), al Centro Pompidou, Parigi (1993, 2018), e ad Armani / Siros, Milano (2019). È stato visiting professor presso le università di Yale, Columbia e Harvard. Dal 1997 è professore presso l’Università di Tokio, ed è attualmente professore emerito.


Negli anni, il LACMA ha sviluppato un ricco programma di arte cinese attraverso mostre innovative, partnership internazionali e acquisizioni significative. Di recente il museo ha consolidato il suo patrimonio di arte cinese contemporanea. Nel 2019 il LACMA ha acquisito il monumentale Untitled (2018) di Zeng Fanzhi, grazie alla generosità di Dominic ed Ellen Ng, e ha effettuato altre acquisizioni cruciali, tra cui la donazione promessa da Gérard e Dora Cognié, nel 2018, di oltre 300 dipinti cinesi contemporanei a inchiostro e l’acquisizione delle Zodiac Heads di Ai Weiwei, una donazione da parte del (defunto) Budi Tek nel 2022. A Los Angeles, il LACMA ha presentato numerose mostre di arte cinese contemporanea, tra le quali si evidenziano Legacies of Exchange: Chinese Contemporary Art from the Yuz Foundation (2022); Ai Weiwei: Circ/e of Animals/Zodiac Heads (2022); lnk Dreams: Se/ections from the Fondation INK Collection (2021); e The A/Iure of Matter: the MateriaiArt of China (2019).


Contatti stampa:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net
 
Museo LACMA Los Angeles
press@lacma.org

BERLINDE DE BRUYCKERE all’Abbazia di San Giorgio a Venezia con “ City of Refuge III”

Berlinde De Bruyckere: Installation for the Sacristy of San Giorgio Maggiore Abbey, 2024 (shown in progress), Wax, iron and epoxy © Berlinde De Bruyckere. Courtesy the artist and Hauser & Wirth
Photo: © Mirjam Devriendt
BERLINDE DE BRUYCKERE
CITY OF REFUGE III

Venezia, Abbazia di San Giorgio Maggiore
20 aprile – 24 novembre 2024

Evento Collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Curatori: Carmelo A. Grasso, Ory Dessau, Peter Buggenhout

Il 20 aprile 2024, viene inaugurata una mostra di nuove opere dell’artista belga Berlinde De Bruyckere concepite appositamente per gli spazi sacri dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore. La chiesa benedettina del XVI secolo, situata sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, è uno dei principali esempi di architettura palladiana della città. Intitolata “City of Refuge III”, la mostra è stata realizzata in collaborazione con la Benedicti Claustra Onlus, ramo no-profit della Comunità Benedettina, e con il suo Direttore Carmelo A. Grasso, che insieme a Ory Dessau e Peter Buggenhout forma il team curatoriale.

Oscillando tra trascendenza e immanenza materiale, “City of Refuge III” è costituita da tre nuovi gruppi di opere di De Bruyckere che dialogano con l’architettura monumentale della chiesa, la sua funzione, il suo simbolismo, la sua storia. In esposizione: una serie di sculture di arcangeli nella navata centrale e nelle navate laterali, un’installazione di grandi dimensioni presso la Sacrestia della chiesa, e teche contenenti opere scultoree lungo il corridoio della Galleria del Monastero. Prendendo il titolo dall’omonima canzone di Nick Cave, “City of Refuge III” è la terza di una serie di mostre dell’artista che tematizzano l’arte come luogo di rifugio e riparo: un tema qui accentuato dall’intensità spirituale del luogo.

Nel 2013, De Bruyckere è stata selezionata per rappresentare il Belgio alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte — La Biennale di Venezia dove, in collaborazione con il premio Nobel J.M. Coetzee, ha inaugurato la sua monumentale opera site-specific “Kreupelhout — Cripplewood”. Nel corso della sua attività, De Bruyckere ha riprodotto forme ibride con caratteristiche umane, animali e organiche. Attingendo dall’eredità dei grandi maestri europei, dal Rinascimento fiammingo, dall’iconografia cristiana, dalla mitologia e dal folclore, l’artista stratifica storie esistenti con nuove narrazioni ispirate da eventi attuali. Crea un terreno psicologico di pathos, tenerezza e disagio. Indagando le dualità di amore e sofferenza, pericolo e
protezione, vita e morte, le opere di De Bruyckere trascendono le implicazioni teologiche, sfociando nel regno dell’universale e del profano.

Berlinde De Bruyckere: Arcangelo II (San Giorgio), 2023-2024 (work in progress), 2024, Wax, animal hair, silicone, iron, epoxy,
251 x 82 x 105 cm. Courtesy the artist and Hauser & Wirth © Berlinde De Bruyckere Photo: Mirjam Devriendt

Il primo gruppo di opere che occupa la Basilica pone in evidenza l’archetipo dell’arcangelo. Il soggetto appare come una figura velata e ibrida, che giustappone l’umano al divino, il creaturale o terreno al celeste, il temporale all’eterno. Si tratta di un’installazione di arcangeli, ognuno dei quali emerge da un gruppo scultoreo modulare composto da un piedistallo irregolare a forma di pilastro con patina argentata, uno schermo a specchio inclinato che moltiplica il soggetto e l’ambiente circostante, e uno stendardo monumentale che accentua l’aspetto rituale dell’ambiente e delle opere.

Nella Sacrestia, De Bruyckere espone un’installazione di tavoli da saldatura in metallo con tronchi d’albero abbattuti o morti, ricoperti da una colata di cera. L’installazione dà vita a uno scenario post-apocalittico in cui i frammenti di natura morta subiscono una cristallizzazione ulteriore, instaurando così un orizzonte di redenzione, di ringiovanimento e rinascita, che conferisce alla scena un potenziale di crescita. In dialogo con gli arredi liturgici in legno della Sacrestia, l’installazione del tronco d’albero suggerisce un ambiente di precarietà per il dipinto sull’altare, opera di Giuseppe Porta (detto Salviati), raffigurante la presentazione di Gesù al tempio da parte di Maria e Giuseppe.

Un terzo gruppo di sculture nella Galleria del Monastero deriva dalle eccezionali opere dell’intagliatore fiammingo del XVI secolo Albert van den Brulle, che decorò il coro della Basilica con bassorilievi in noce raffiguranti la vita di San Benedetto. De Bruyckere ha risposto a questi elementi cinquecenteschi allestendo una sequenza di nuove teche in cui i motivi dei bassorilievi di van den Brulle vengono ripresi, fossilizzati per un contesto più attuale.

Infine, sempre nella Galleria del Monastero, sono esposte opere recenti della produzione dell’artista. Queste opere forniscono un ideale ulteriore contesto ai lavori creati per l’occasione. Tra questi, si trovano esempi della serie scultorea “Anderlecht” e collage della serie “It Almost Seemed a Lily,” entrambe produzioni di De Bruyckere.

Berlinde De Bruyckere è nata a Gand, in Belgio, nel 1964, dove tuttora vive e lavora. Dalla prima esposizione a metà degli anni Ottanta, le sculture e i disegni di De Bruyckere sono stati esposti in numerose mostre presso importanti istituzioni di tutto il mondo. Tra queste, la mostra in corso “No Life Lost” presso Artipelag, Gustavsberg, Svezia, e le mostre personali “Crossing a Bridge on Fire” al MAC / CCB, Lisbona, Portogallo (2023); “City of Refuge II,” Diözesanmuseum, Freising, Germania (2023); “City of Refuge I,” La Commanderie de Peyrassol, Flassans-sur-Issole, Francia (2023); “PEL / Becoming the figure,” Arp Museum, Remagen, Germania (2022); “Plunder / Ekphrasis,” MO.CO. Montpellier, Francia (2022); “Engelenkeel,” Bonnefanten Museum, Maastricht, Paesi Bassi (2021); “Berlinde De Bruyckere,” Middelheimmuseum, Anversa, Belgio (2020); “ALETHEIA,” Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, Italia (2019); “It Almost Seemed a Lily,” HVB, Mechelen, Belgio (2018); “Embalmed,” Kunsthal Aarhus, Danimarca (2017); “Suture,” Leopold Museum, Vienna, Austria (2016); “The Embalmer,” Kunstraum Dornbirn, Austria e Kunsthaus Bregenz, Austria (2015).

La Benedicti Claustra Onlus, ramo no-profit della Comunità Benedettina dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore, nasce nel 2012 dal desiderio dei monaci benedettini di promuovere e recuperare un dialogo tra Chiesa e Arte Contemporanea attraverso collaborazioni e progetti site-specific per l’evangelizzazione e la crescita di un autentico umanesimo.
Guida la Comunità Benedettina l’Abate Dom Stefano Visintin O.S.B.
Direttore della Benedicti Claustra Onlus e Curatore Istituzionale dei progetti espositivi è Carmelo A. Grasso.


Contatto stampa:
Rachel John, SUTTON
rachelj@suttoncomms.com

Roberta Barbaro
Studio ESSECI
roberta@studioesseci.net

Andrea Schwan
Andrea Schwan Inc.
andrea@andreaschwan.com

Carpi (MO), Musei di Palazzo dei Pio: PER UGO DA CARPI INTAIATORE (1524 – 2024)

Ugo da Carpi, Ostensione del Volto Santo, 1524-1525,
Fabbrica di San Pietro, Città del Vaticano, crediti Mallio Falcioni
CARPI (MO)
MUSEI DI PALAZZO DEI PIO
24 FEBBRAIO – 29 GIUGNO 2024
 
UNA MOSTRA CELEBRA
UGO DA CARPI (1469/70 – 1532) INCISORE
 
L’esposizione ruota attorno alla tavola con la Ostensione del Volto Santo, a cinquecento anni dalla sua realizzazione, custodita nella basilica di San Pietro
in Vaticano.
 
A cura di Manuela Rossi e Pietro Zander

Dal 24 febbraio al 29 giugno 2024, i Musei di Palazzo dei Pio celebrano Ugo da Carpi (1469/70-1532), incisore.
La mostra, dal titolo Per Ugo da Carpi intaiatore. La tavola del Volto Santo da San Pietro in Vaticano, curata da Manuela Rossi e Pietro Zander, organizzata col patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano, oltre che della Diocesi di Carpi e del Museo Diocesano Tridentino di Trento, col contributo di Fondazione Cassa Risparmio di Carpi e BPER Banca, ruota attorno alla pala d’altare che Ugo da Carpi realizzò proprio cinquecento anni fa (1524-2024), in preparazione del Giubileo del 1525.

La tavola, opera devozionale di grande rilievo, un tempo esposta sull’altare del Volto Santo in San Pietro, secondo per importanza solo a quello papale sopra la tomba dell’apostolo, presenta la figura della Veronica vestita con una tunica gialla e un mantello violaceo, in piedi sull’uscio di una porta sopra il terzo gradino di una scala che sembra formare una sorta di podio.

Allargando le braccia, stringe tra le mani i lembi di un sudario sul quale è impresso il Volto Santo del Signore Gesù, scuro e con il caratteristico profilo a tre punte della venerata reliquia custodita da almeno tredici secoli nella basilica di San Pietro.

Ai suoi fianchi si ergono gli apostoli Pietro, che sorregge le simboliche chiavi, e Paolo che sostiene con la sinistra un libro mentre con la destra si appoggia a una lunga spada.

Copia da Ugo da Carpi, da Raffaello Sibilla che legge
XVI secolo Xilografia, sui toni dell’ocra 220 x 180 mm
Carpi, Musei di Palazzo dei Pio

Per quest’opera, Ugo da Carpi s’ispirò alla xilografia La Veronica mostra il velo del Volto Santo tra gli apostoli Pietro e Paolo realizzata da Albrecht Dürer nel 1510 – presente in mostra, proveniente dai Musei Civici di Pavia -, adattata all’altare di San Pietro da Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, che l’intagliatore carpigiano frequentò a Roma proprio in quel periodo, alla vigilia dell’Anno Santo.

Parmigianino non solo rielaborò l’idea compositiva di Dürer in un formato quasi quadrato ma, stemperando nella morbida consistenza del disegno acquerellato le asprezze dell’intaglio xilografico, ne predispose anche la traduzione sulla tavola.

Nonostante non abbia goduto di grande fortuna, a causa della stroncatura che ne fece Michelangelo Buonarroti e riportata nelle Vite di Giorgio Vasari, le recenti analisi diagnostiche eseguite dai Musei Vaticani hanno rivelato la straordinaria unicità di quest’opera; non si tratta infatti di un dipinto – come esplicita lo stesso Ugo nella firma: “fata per Ugo da Carpi intaiatore senza penello” -, quanto di un capolavoro dell’incisione, prodotto attraverso la stampa a più matrici, di cui era maestro.

La Veronica testimonia inoltre l’intento di Ugo da Carpi di elaborare una tecnica alternativa alla pittura, tale che garantisse una sua riproducibilità multipla e che conservasse il vantaggio di poterla realizzare a più colori e in grandi dimensioni.

Ed è la tecnica incisoria la chiave di lettura e d’interpretazione dell’opera xilografica di Ugo da Carpi, ma non solo, che introduce l’esposizione della tavola vaticana.

La rassegna analizza quindi la figura e l’opera di Ugo da Carpi, di cui viene presentato un ritratto eseguito a fine Settecento da Antonio Montanari, detto il Postetta. Si potranno infatti ammirare alcuni esemplari di xilografie a chiaroscuro conservati nei Musei di Palazzo dei Pio a Carpi, come La Morte di Anania, considerata la prima incisione a quattro legni di Ugo da Carpi, o come Davide che uccide Golia, ispirate a opere di Raffaello, e soprattutto il Diogene, il suo chiaroscuro più celebre, realizzato a quattro mani con Parmigianino.

Di particolare interesse per approfondire il tema tecnico di xilografia e chiaroscuro è il legno inciso del XVI secolo, Arboro di frutti della Fortuna di autore anonimo, proveniente dalla Galleria Estense di Modena, presentato a fianco del foglio stampato, che giunge in prestito dal Museo Diocesano Tridentino di Trento.

Completa il percorso una sezione dedicata alla xilografia di grandi dimensioni, nella quale l’opera di Ugo da Carpi viene contestualizzata nell’ambito del mercato veneziano di opere incise che si sviluppa intorno alla bottega di Tiziano Vecellio. Nella mostra a Palazzo dei Pio si trovano quattro esemplari di questa produzione degli inizi del XVI secolo, raramente esposti, tra cui il Sacrificio di Abramo(789 x 1076 mm), inciso da Ugo da Carpi, pubblicato da Bernardino Benalio nel 1515 e attribuito all’invenzione di Tiziano e Domenico Campagnola, e degli stessi artisti la Sommersione dell’esercito del Faraone (1220×2200 mm), una delle più grandi xilografie mai realizzata, proveniente dalle collezioni del Museo Diocesano Tridentino di Trento.

Alcune delle opere in mostra sono state riprodotte nei disegni a rilievo, realizzati dal Museo tattile statale “Omero” di Ancona, per consentire l’accessibilità a persone ipovedenti e non vedenti.

Catalogo SAGEP editore


PER UGO DA CARPI INTAIATORE
La tavola del Volto Santo da San Pietro in Vaticano
Carpi (MO), Musei di Palazzo dei Pio
24 febbraio – 29 giugno 2024
 
Orari
dal martedì al venerdì, ore 10-13
sabato, domenica, festivi, ore 10-18
Chiuso lunedì
Aperture straordinarie: 1° aprile (Lunedì dell’Angelo), 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno
 
Biglietti
Intero, €8,00
Ridotto, €5,00 (18-25 anni, soci Touring Club e FAI e per gruppi di almeno 25 persone)
 
MUSEI DI PALAZZO DEI PIO
Carpi (MO), piazza dei Martiri, 68
Info: T. 059.649955 – 360
         E musei@comune.carpi.mo.it
         W palazzodeipio.it/imusei
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | clara.cervia@clp1968.it
T. 02.36755700 | www.clp1968.it

Venezia, Mostra “Cyfest 15 – Festival Internazionale di Media Art

Alexander Shishkin-Hokusai, Movie For Young Serpent, video.
CYFEST 11: Weather Forecast: Digital Cloudiness, 2018. Photo Yuri Goryanoy

Organizzato da 
CYLAND Foundation Inc. 

Tema: Vulnerabilità
Date: 15 aprile—30 agosto 2024
Sede: CREA – Cantieri del Contemporaneo, Giudecca 211-b, 30133 Venezia

Programma

15-19 aprile — Apertura per la stampa
19 aprile — Serata di apertura con la performance di Nao Nishihara
22 aprile — Vulnerability. Il panel riunirà pensatori e professionisti di fama internazionale di varie discipline (arte, scienza, tecnologia, economia e design) per discutere del valore della vulnerabilità. Maggiori informazioni qui

CYFEST, uno dei maggiori festival internazionali di Media Art dell’Europa orientale, è stato fondato da un gruppo di artisti e curatori indipendenti nel 2007. Fin dalla sua creazione, il suo obiettivo principale è quello di esaminare il dialogo tra i vari linguaggi visivi e le culture tecnologiche, esplorando varie modalità di cooperazione e condivisione tra professionisti dell’arte e comunità scientifiche. CYFEST riunisce artisti, curatori, educatori, ingegneri, programmatori e attivisti dei media di tutto il mondo e crea una piattaforma per la mappatura, la mediazione e la documentazione della new media art a diversi livelli regionali e internazionali.

CYFEST è uno dei pochi eventi culturali nomadi al mondo: durante l’anno, i progetti del festival vengono presentati presso le principali istituzioni culturali di tutto il mondo. Ogni anno il programma del festival comprende diversi progetti espositivi, sound art, video e programmi didattici.

Samvel Baghdasaryan, Haun(t)remor, installation, 2000.
CYFEST 15_ Vulnerability, 2023. Photograph by Ann Prilutskaya

Il primo CYFEST prevedeva un piccolo programma di eventi. La presentazione del festival ha preso avvio con l’installazione Silver Clouds di Andy Warhol, proveniente dal museo dell’artista a Pittsburgh (USA). Il festival ha inoltre proposto la mostra “History of the E.A.T. 1960-2000”, dedicata al laboratorio Experiments in Art and Technology degli ingegneri Billy Klüver e Fred Waldhauer e degli artisti Robert Rauschenberg e Robert Whitman. Negli anni successivi, CYFEST si è costantemente ampliato, diventando via via sempre più articolato. Dal 2007 al 2023 vi hanno partecipato oltre 350 artisti e collettivi. Tra questi, i pionieri della musica elettronica, alcuni dei musicisti sperimentali più influenti della storia degli Stati Uniti: David Rosenboom, Phill Niblock e Al Margolis; l’artista austriaco post-concettuale, curatore e teorico della Media Art, direttore dello Z.K.M. Center for Art and Media di Karlsruhe, Peter Weibel; l’artista, fondatore e caporedattore della rivista “e-flux” Anton Vidokle; l’innovativo videoartista Bjørn Melhus; l’artista concettuale e autrice delle prime installazioni totali Irina Nakhova e altri. I progetti del festival a Venezia e New York, tra il 2019 e il 2023, sono stati organizzati in collaborazione con la Kolodzei Art Foundation e hanno riunito opere di importanti artisti contemporanei del: Erik Bulatov, Ilya Kabakov, Mihail Chemiakin, Ernst Neizvestny, Francisco Arana Infante, Valentina Povarova, Lydia Masterkova, Komar e Melamid, Faith Ringgold, Chakaia Booker e altri.

Dal 2020, il CYFEST collabora con la Società Internazionale per le Arti, le Scienze e la Tecnologia (ISAST) Leonardo, contribuisce al Leonardo Journal e organizza i LASER Talks. L’ultimo numero di Leonardo, pubblicato da M.I.T. Press, contiene testi dell’artista francese di fama mondiale ORLAN, la cui opera mette in atto la più significativa metamorfosi biotecnologica e trans-personale nella storia dell’arte, e del collettivo multidisciplinare di artisti, designer e scrittori Slavs and Tatars, riconosciuto a livello internazionale.

CYFEST 15: Vulnerability comprende una serie di mostre itineranti svoltesi in tutto il mondo in importanti istituzioni culturali e pubbliche. Ha avuto luogo a Yerevan e a Miami, nel 2023, e proseguirà a Venezia e New York, nel 2024.

Nella nuova grande mostra collettiva convergono la (anti)fragilità degli spazi biologici, sociali e cibernetici, i ricordi personali e l’immaginazione scientifica, il facsimile della pioggia e l’indicizzazione, scritture semiotiche, l’esplorazione artistica della co-autorialità non umana e la connessione tra i pattern di maglieria e gli insiemi di Mandelbrot.

Andy Warhol with the contribution of Billy Klüver, Silver Clouds, installation, 1966, reprint 2007. CYBERFEST 2007, Photo: CYLAND Media Art Lab

Il programma prevede installazioni, performance e contenuti discorsivi. Tra le proposte principali troviamo il progetto multidisciplinare Drop Tracer di Tuula Närhinen, che affronta le azioni non umane e la relazione tra le immagini e il mondo naturale. Le pelli coltivate da batteri di Ann Marie Maes indagano il potenziale scultoreo dei materiali organici e le interfacce tra l’umano e il non umano, il macroscopico e il microscopico. Tra i pionieri della Science Art, il collettivo Where Dogs Run esamina i termini degli insiemi di Mandelbrot espressi attraverso pattern di maglieria in un’installazione performativa dal vivo. Mariateresa Sartori, attraverso la tecnica del frottage, dà valore alla geologia inedita e getta luce sulla storia poco conosciuta della cava di Rosà (Vicenza). L’installazione multimediale di Elena Gubanova e Ivan Govorkov ricrea il concetto di “densità temporale” sviluppato dall’astronomo sovietico Nikolai Kozyrev. La mostra presenta anche i monotipi Re-Pressions, esposti solo in rare occasioni, dell’acclamato artista armeno Samvel Baghdasaryan (1956-2017), le opere di videoarte sperimentale di Fabrizio Plessi, le sculture in tessuto gonfiabile di Irina Korina, gli oggetti architettonici e urbanistici realizzati con LED riciclati da Alexandra Dementieva, la nuova installazione di Anna Frants e molto altro ancora.

Artisti: Samvel Baghdasaryan, Ludmila Belova, Max Blotas, Alexandra Dementieva, Alexey Dymdymarchenko, Yvetta Fedorova, Anna Frants, Elena Gubanova & Ivan Govorkov, Irina Korina, Natalia Lyakh, AnneMarie Maes, Phill Niblock & Katherine Liberovskaya, Tuula Närhinen, Nao Nishihara, Fabrizio Plessi, Mariateresa Sartori, Monica Naranjo Uribe, Where Dogs Run.

CYFEST 15 è organizzato da CYLAND International MediaArtLab. Lo sponsor generale del progetto è One Market Data. La realizzazione di questo progetto è stata resa possibile dalla collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, il Centro Studi sull’Arte Russa – CSAR, LEONARDO ISAST, Samvel Baghdasaryan Art Foundation, e Weave


Contatto stampa
Davide Federici
Studio associato di Davide Federici
Ufficio stampa e comunicazione
info@davidefederici.it

Rovigo, Palazzo Roncale: in mostra l’uomo Matteotti oltre il martirio

La Lancia Kappa targata Roma 55-12169 usata da Dumini, Volpi, Viola, Malacria e Poveromo
per il sequestro di Giacomo Matteotti
GIACOMO MATTEOTTI (1885 –1924)
Storia di un uomo libero
Rovigo, Palazzo Roncale
5 aprile – 7 luglio 2024

Mostra a cura di Stefano Caretti

È un Matteotti a tutto tondo quello che emergerà, dal 5 aprile al 7 luglio, in Palazzo Roncale a Rovigo, dalla mostra “Giacomo Matteotti (1885 –1924). Storia di un uomo libero” promossa dal Comitato Provinciale per le Celebrazioni del Centenario della morte di Giacomo Matteotti e dalla Regione del Veneto, con il sostegno della Fondazione Cariparo, e la collaborazione dell’Archivio di Stato di Rovigo, della Direzione Musei regionali Veneto del Ministero della Cultura e il  patrocinio del  Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della morte di Giacomo Matteotti, della Fondazione di studi storici “Filippo Turati” di Firenze e della Fondazione Giacomo Matteotti  di Roma.

Lo anticipa il professor Stefano Caretti, tra i massimi studiosi di Matteotti e di storia del socialismo, docente di Storia contemporanea all’Università di Siena. 

Dell’uomo politico polesano la mostra rievocherà l’attività di pubblico amministratore in diverse realtà del territorio rodigino, l’impegno   nell’attività sindacale nelle leghe e cooperative e quello parlamentare, irriducibile oppositore del fascismo e infine segretario del Partito Socialista Unitario.  Così come sarà ricordato, anche con la emersione di documenti, mai prima esposti, patrimonio dell’Archivio d Stato di Rovigo, il suo assassinio e infine il suo funerale.

Ma, in parallelo, ad essere approfondito in mostra sarà anche il Matteotti privato, le sue letture, la passione personale e familiare per la musica, il fondamentale rapporto con la moglie Velia e la famiglia.

Alla mostra rodigina ha assicurato la sua collaborazione anche il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso (Ministero della Cultura), che metterà a disposizione un corpus di manifesti che documentano quanto la vicenda Matteotti abbia influito nell’Italia del tempo.

“Pochi uomini politici hanno saputo ispirare – sottolinea il curatore della mostra, professor Caretti – intere generazioni e suscitare echi così profondi e duraturi, anche all’estero, come Matteotti, ma pochi sono stati al tempo stesso glorificati e meno conosciuti. Certo ha nociuto in qualche modo alla comprensione della complessa personalità di Matteotti il prevalere dell’aurea mitica, e quindi astratta, sulla figura concreta dell’uomo. Una sublimazione ideale che ha puntato esclusivamente sul <<martire>>, sulla <<vittima>>>, sull'<<apostolo>> sull'<<eroe>>, sfumando così i tratti veri del personaggio, favorendone la metamorfosi in un simbolo sostanzialmente etico e sacrificandone lo spessore umano e la portata storica della sua opera.

M. Bruno Frombolini, 1946, Votate per il Partito Socialista, manifesto pubblicitario.

Scopo della mostra è appunto quello di sottrarre la figura di Giacomo Matteotti a una astratta rappresentazione del martire e restituire la corposità della sua presenza reale nei luoghi, nelle umane relazioni, nelle scelte ideali e culturali, che lo videro operare dalla sua appartata periferia polesana per giungere alle esperienze ai vertici della politica nazionale. La mostra si sviluppa come una sorta di racconto per immagini e documenti, sovente di rara reperibilità, che riescono, con la loro pregnante immediatezza visiva, a ricostruire il senso complessivo di una vita non racchiudibile nella pur nobile fissità del martirologio, ma che anzi in tal modo spiega quel percorso di rigoroso impegno civile e di dovere etico capace di giungere al sacrificio estremo.   

La sua rappresentazione di organizzatore di leghe e cooperative, amministratore locale, deputato in Parlamento nella irriducibile opposizione al fascismo, e infine segretario del Partito socialista unitario, restituisce una nuova e concreta immagine di Giacomo Matteotti.


Ufficio Stampa:
Studio ESSECI
Sergio Campagnolo +39 049 663499
Ref. Simone Raddi simone@studioesseci.net

La programmazione triennale di Palazzo Sarcinelli con ARTIKA

Eugène Le Poittevin, Bagno a Étretat, olio su tavola, 1858
Programmazione triennale
Conegliano (Tv), Palazzo Sarcinelli
Da ottobre 2024 a marzo 2027

ARTIKA presenta alla Città di Conegliano, nella prestigiosa sede di Palazzo Sarcinelli, una programmazione di mostre a carattere triennale. Il progetto prevede la realizzazione di tre grandi mostre, dedicate ad altrettanti momenti significativi della storia dell’arte. I progetti saranno sviluppati da ARTIKA in sinergia con importanti partner pubblici e privati, la cui importanza nel settore è resa evidente dal curriculum degli stessi.

Il primo progetto è un omaggio al celebre e controverso Banksy. La mostra si propone di presentare al pubblico, oltre ai capolavori dell’artista di Bristol, anche una “mostra nella mostra” per analizzare l’evoluzione del movimento della Street art dagli esordi di Keith Haring al giorno d’oggi. Obey, Mr Brainwash, TVboy e Banksy: molti tra i grandi interpreti della street art saranno presenti in questa esposizione esclusiva.

Il secondo progetto è incentrato sul ritratto di donna, tra i generi più rappresentativi della storia dell’arte. Il taglio curatoriale, partendo dalla Belle Époque analizza la trasformazione radicale nella ritrattistica del Novecento. Dalla bellezza “classica” di Giovanni Boldini e gli altri interpreti della pittura fin de siècle a Parigi, fino alle rivoluzioni avanguardiste e al Novecento di Sironi.

Il terzo progetto è dedicato ad uno dei movimenti artistici più amati in Occidente: l’Impressionismo. L’esposizione, composta da 70 opere, analizza la produzione di artisti attivi nel nord della Francia. Tra le grandi firme compaiono Monet, Renoir, Boudin, Corot e Courbet.

L’Assessore alla Cultura della Città di Conegliano dichiara: “Conegliano nel prossimo triennio è anche cultura con nuove sfide, complesse ed ambiziose. Una rigenerazione ed una rilettura della Città del Cima anche a livello culturale; Palazzo Sarcinelli diventa infatti teatro di tre importanti mostre a partire dal 2024. Tre realtà davvero preziose, che porteranno a Conegliano numerosi turisti e visitatori per conoscere il percorso storico-artistico dei grandi nomi che esporremo. L’arte rappresenta un mezzo per mettere persone diverse in comunicazione tra di loro, un modo per costruire la conoscenza reciproca e offrire prospettive per la ricchezza e la varietà dell’arte nel mondo. Ringrazio ARTIKA per il risultato del grande lavoro svolto e che si svolgerà nella nostra Città, un risultato che sicuramente porterà orgoglio e dinamismo a Conegliano”.

BANKSY, Bomb Love, serigrafia su carta, 2003
(Mostra BANKSY)

A cura di Daniel Buso in collaborazione con Deodato Arte
Periodo: 2024-2025

Banksy, con il suo stile sarcastico e beffardo, ha imperniato la propria poetica artistica sulla critica al capitalismo, alla guerra, al controllo sociale e alle disuguaglianze. L’aura di mistero che lo circonda è uno degli elementi che egli stesso utilizza per sovvertire i codici culturali contemporanei offrendo, con le sue opere, messaggi allo stesso tempo semplici e universali. Ogni opera di Banksy ha un significato profondo, a volte ironico, a volte dissacrante, sempre di forte denuncia sociale. La mostra, accanto all’anonimo artista di Bristol, presenta un focus dedicato all’evoluzione del movimento della Street art dagli esordi di Haring al giorno d’oggi. L’arte di strada in pochi anni è passata dall’essere un’espressione underground e minoritaria, rifuggita dalle grandi gallerie e dai musei, per poi divenire la corrente artistica più conosciuta e mainstream del mondo. L’efficace metodo comunicativo di Banksy è stato raccolto ed elaborato da artisti come Obey e Mr. Brainwash, oggi esponenti di punta della Street art e Mr.Savethewall, artista italiano che si definisce in tal senso un “post-street artist”.

Ma, con il successo, sono arrivate anche le critiche. Possiamo ancora definire street opere che vengono vendute per milioni di dollari? È giusto che, dopo anni di propaganda contro il sistema dell’arte, ora siano proprio gli artisti della Street art al suo vertice? La mostra, attraverso le opere degli street artist più importanti del nostro tempo, indaga le contraddizioni intrinseche di un movimento che ha spiazzato il mondo, ribaltando tutte le previsioni.

Giovanni Boldini, L’attrice Alice Regnault, olio su tela, 1880-1884 ca. (Mostra Universi al femminile)

A cura di Antonio D’Amico in collaborazione con Museo Bagatti Valsecchi
Periodo: 2025-2026

Una grande mostra che propone opere di prestigiose collezioni private e di alcuni musei italiani, con l’ambizione di raccontare storie di donne di fine Ottocento e Novecento: donne popolane e borghesi, lavoratrici, madri di famiglia, illustri protagoniste dei salotti alla moda, donne di “potere” e donne leggendarie, tutte ritratte sullo sfondo della società del tempo dai più importanti pittori: tra cui Hayez, Boldini, Zandomeneghi, Campigli, Carrà, De Nittis, Irolli, Grosso, Sironi e Picasso. Pittori che presentano approcci differenti e sensibilità personalissime, con stati d’animo che non solo rivelano la loro ricerca ma svelano ai nostri occhi le ideologie che popolano gli universi femminili in un tempo che corre veloce tra due secoli! Dalla Belle Époque e fino agli anni Cinquanta del Novecento l’arte documenta la frenesia dei mutamenti sociali e la donna diventa soggetto prediletto dagli artisti che la eleggono a veicolo del cambiamento e simbolo di progresso, chiave di lettura per comprendere la contemporaneità e specchio di atmosfere affascinanti che guardano al futuro.

Ai poli opposti del percorso espositivo troviamo, da un lato, la donna della Belle Époque dipinta da Boldini, vaporosa, sempre disinvolta e fiera del proprio aspetto; dall’altro, invece, Le Corsage a Carreaux di Pablo Picasso è testimonianza del passaggio verso una nuova epoca storica artistica: mediante il ritratto di figure apparentemente classiche, l’artista esplora l’animo umano traghettando definitivamente la società nell’era moderna.

Gustave Courbet, La spiaggia a Trouville, olio su tela, 1865
(Mostra Impressionisti)

A cura di Alain Tapié in collaborazione con Ponte
Periodo: 2026-2027

L’Impressionismo ha lasciato una traccia profonda nella storia dell’arte muovendo i suoi passi in Francia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, e proprio da questi inizi prende movimento la mostra evento di Conegliano.

Più di settanta importanti opere raccontano la fascinazione degli artisti per la Normandia, territorio che diventa microcosmo naturale generato dalla forza della terra, del vento, del mare e della nebbia. Un paesaggio naturale dotato di una propria ‘fisicità’ vera e vibrante.

I dipinti provengono da diverse istituzioni e recano la firma di autori come Monet, Renoir, Bonnard, Boudin, Corot, Courbet, Daubigny, ma anche – e non solo – Delacroix e Dufy.

La Normandia ha esercitato una irresistibile forza di attrazione tra gli artisti del XIX secolo, a partire dalla scoperta che ne fecero i pittori e gli acquarellisti inglesi che attraversarono la Manica per studiare il paesaggio, le rovine e i monumenti in terra francese. L’attitudine degli artisti inglesi a dipingere ‘dal vero’, immersi nella natura e non più nel chiuso dei propri atelier, a cogliere l’immediatezza e la vitalità del paesaggio naturale ha costituito un modello ed è stata fonte di ispirazione per intere generazioni successive della pittura francese. Gli artisti inglesi parlano della Normandia, della sua luce nordica, dell’esperienza visuale che nasce dall’incontro con una natura piena di forza e di contrasti. A poco a poco Honfleur, Le Havre, Rouen diventano luoghi di intensa creazione artistica di pittori ‘parigini’ come Corot e Courbet. In questo ambiente affondano le loro radici i principali movimenti d’avanguardia del Novecento, dall’Impressionismo ai Fauves.


Spazio espositivo
Palazzo Sarcinelli, Via XX Settembre 132, Conegliano
 
Periodo espositivo
da ottobre 2024 a marzo 2027
 
Per informazioni
+39 351 809 9706
email: mostre@artika.it
website: www.artika.it
 
Ufficio Stampa
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
Tel. 049.663499 roberta@studioesseci.net (rif. Roberta Barbaro)

Lissone, MAC – Museo d’Arte Contemporanea: ALICE RONCHI. Amami Ancora

Lissone (MB)
MAC | Museo d’arte contemporanea
Dal 18 febbraio al 19 maggio 2024
Amami ancora
La prima personale in una istituzione museale italiana di
Alice ronchi

L’esposizione, che inaugura il programma espositivo triennale del nuovo direttore Stefano Raimondi, propone un dialogo tra quaranta disegni e sculture di Alice Ronchi e le opere della collezione permanente del museo brianzolo che si sviluppa su tutti i quattro piani dell’edificio.

A cura di Stefano Raimondi

Il MAC | Museo di Arte Contemporanea di Lissone (MB) accoglie la prima personale in una istituzione pubblica di Alice Ronchi (Ponte dell’Olio, PC, 1989), dal titolo Amami Ancora.
La mostra, che apre il programma espositivo triennale ideato dal neodirettore Stefano Raimondi, inaugura il progetto Prime, con cui il MAC si pone come centro di ricerca e di sperimentazione per dare voce ad artisti contemporanei che, con le loro opere, dialogheranno con quelle presenti nella Collezione permanente, acquisite durante lo storico Premio Lissone, in particolare tra il 1946 e il 1967, quando la città fu luogo significativo a livello internazionale per la documentazione della ricerca artistica europea.

La rassegna prende avvio proprio dall’indagine che Alice Ronchi ha svolto sulla collezione permanente del MAC, stabilendo un rapporto d’intimità e affezione sia con i partecipanti al Premio Lissone nel periodo 1946-1967, sia con diversi autori le cui creazioni da diversi anni si trovano nei depositi del museo brianzolo. Attraverso un’approfondita analisi, fatta di studi sui documenti, incontri con gli eredi e ricerche sul campo, Alice Ronchi restituisce alle opere e ai suoi ideatori una rinnovata centralità e un’opportunità per un ricongiungimento emotivo con lo spettatore.

Per l’occasione Alice Ronchi presenta un nuovo intervento, accanto a importanti lavori storici, ad altri inediti e ad alcuni rimasti per anni nel suo studio che entrano in dialogo con quelli della collezione del MAC di figure quali Claude Bellegarde, Cheval-Bertrand, Peter Brüning, Giorgio De Chirico, Piero Dorazio, Gino Meloni, Achille Perilli, Mario Schifano, Eugenio Tomiolo e altri. Il titolo, Amami Ancora, richiama la necessità delle opere di vivere e di uscire dalla nostalgia che le racchiude nei depositi, per essere nuovamente apprezzate e riscoperte.

Amami Ancoraafferma Alice Ronchi – è un progetto le cui radici risiedono nel mio cuore da molto, ancora non sapevo quali forme avrebbe assunto, ma per anni l’ho nutrito con un’attenta ricerca rivolta agli artisti della prima metà del ‘900 italiano; dedicandomi per lo più alle opere su cui lo sguardo dello spettatore sembrava non posarsi da tempo. Un percorso intimo di dialogo con la storia, una ricerca ancora in divenire che ha trovato la sua prima espressione nella mostra al MAC di Lissone”.

“L’intervento principale – prosegue Alice Ronchi -, chiave di lettura dell’intero progetto, non risiede unicamente nella selezione delle opere bensì nel mio desiderio di portarle con me lungo tutti i piani del museo, di trasferirle dai depositi e dal piano interrato, dove attualmente la collezione del premio è esposta e di condividere quel luogo alla pari attivando un nuovo ed inedito dialogo onorando la sua storia. Ringrazio Stefano Raimondi per aver accolto con entusiasmo la mia proposta e per averla resa possibile”.

MAC, Lissone, Alice Ronchi. Amami Ancora – installation view 2024, Lissone

L’allestimento, che occupa tutti i quattro piani dell’edificio, prende avvio dal piano interrato, dove i lavori di artisti quali Peter Brüning e Piero Ruggeri, caratterizzati da pennellate nervose e da colorazioni cupe, per lo più nere, esprimono un chiaro turbamento; salendo, i toni si alleggeriscono, le opere, pur portando con sé l’esperienza del dolore, lasciano trasparire l’espressione della fragilità dell’animo seguita dalla purezza e del desiderio di gioia.

Fondamentale in questo percorso di ascesa è il ruolo svolto dalla luce, che da sempre è parte integrante, insieme al colore e alla materia, della cifra espressiva di Alice Ronchi. A tal proposito, la decisione di liberare dalle pellicole oscuranti le vetrate che avvolgono il MAC, offre al visitatore la possibilità di essere avvolto dalla luce e di ammirare da una prospettiva insolita le opere esposte.

“Il primo segno evidente e fondamentale di rilancio del museo – dichiara Stefano Raimondi – è architettonico ed è visibile prima ancora di entrare nel museo, attraverso il grande lavoro svolto dall’amministrazione comunale per riportare il MAC a essere quell’incredibile “museo di luce” per cui era stato progettato. Le enormi vetrate, che permettono un dialogo tra l’interno del museo e la piazza circostante sono state ripristinate, così come sono stati riaperti i numerosi punti di luce naturale occlusi nel tempo; si potrà finalmente godere della visione delle opere d’arte in un contesto unico in Italia nel suo genere”.

Un vero e proprio riposizionamento come spiega l’Assessore alla Cultura Carolina Minotti: “Il nuovo corso del MAC, che inizia con la mostra di Alice Ronchi, evidenzia già alcuni importanti interventi di valorizzazione del museo previsti dall’Amministrazione Comunale – dall’architettura alla comunicazione, dalle collezioni all’accessibilità – che crede fermamente nel valore dell’arte e della cultura contemporanea come elementi indispensabili per una crescita civile e sociale”.

“Siamo orgogliosi del fatto che il Museo si proponga come uno spazio in cui gli artisti contemporanei possano esprimersi e interagire con la ricca storia artistica del nostro territorio – dichiara il Sindaco Laura Borella -.  L’obiettivo è far sì che il MAC diventi un luogo di scoperta e di confronto, in cui gli artisti possano esprimersi liberamente e in cui il pubblico possa apprezzare e comprendere l’arte contemporanea nella sua forma più autentica. Spero che questa iniziativa possa essere solo l’inizio di un percorso ricco di scoperte e di nuove prospettive, perché crediamo che l’arte sia un potente strumento di crescita culturale e sociale”.

Durante il periodo di apertura della mostra, si terranno iniziative didattiche, sviluppate dall’artista, per le scuole.


Il MAC – Museo d’ Arte Contemporanea è una delle principali realtà museali di Monza e della Brianza dedicate all’arte contemporanea con un forte radicamento nel territorio grazie alle lungimiranti iniziative culturali organizzate dal secondo dopoguerra in poi.

L’attuale sede espositiva del Museo è stata inaugurata alla fine del 2000 con l’intenzione di dare una rilevante sistemazione alla prestigiosa collezione, proveniente, nel suo primo corpus, dallo storico Premio Lissone tenutosi dal 1946 al 1967, a testimonianza di un’esperienza culturale che ha sostenuto sul nascere le più avanzate tendenze artistiche internazionali di quegli anni. Sono presenti opere appartenenti, tra gli altri, a Reggiani, Tàpies, Vedova, Birolli, Dorazio, Feito, Appel, Scanavino, Dufrêne, Schifano.

L’impegno programmatico è consistito proprio nell’acquisire e conservare le opere vincitrici, a cui si aggiungono dal 1957 i premi-acquisto per la giovane pittura internazionale e le donazioni da parte di privati, per dare avvio alla costituzione di un museo, che ha trovato una prima accoglienza all’interno del Palazzo della Selettiva artigiana del Mobile e dell’Arredamento, passando poi, dal 1977 al 1995, alla Civica Galleria d’arte contemporanea in Palazzo Terragni, fino a giungere nella sede attuale appositamente realizzata nel 2000. Le collezioni del museo sono in costante ampliamento poiché dal 1999 il Premio è stato riattivato.

L’edificio, progettato dall’architetto Marco Terenghi nell’ambito del piano di riqualificazione dell’area circostante la stazione ferroviaria Lissone-Muggiò, è frutto di una reinterpretazione del razionalismo già presente in Brianza e si caratterizza, nel percorso espositivo, per il rapporto di continuità e alternanza tra spazio interno e ambiente esterno. La struttura mantiene inoltre la parte più significativa dell’insediamento originario del mobilificio Angelo Meroni, conservando i reparti murari di un avancorpo preesistente a cui si è aggiunta la nuova e imponente ala retrostante.

Grazie alla specificità delle sue raccolte e allo svolgimento di importanti eventi culturali – come le rinnovate edizioni del Premio Lissone Pittura, cui si alterna, a partire dal 2007 e con cadenza biennale, il Premio Lissone Design – il MAC – Museo d’ Arte Contemporanea rappresenta una testimonianza significativa nel panorama della produzione artistica europea, a partire dalla seconda metà del ’900 e sino ai nostri giorni.


ALICE RONCHI. Amami Ancora
Lissone, MAC – Museo d’Arte Contemporanea (viale Elisa Ancona 6)
18 febbraio – 19 maggio 2024
 
Orari
Mercoledì e Venerdì: 10.00-13.00
Giovedì: 16.00-19.00
Sabato e Domenica: 10.00-12.00 / 15.00-19.00
Ingresso libero
 
Informazioni
T. 039 7397368 – 039 7397202 | museo@comune.lissone.mb.it
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Marta Pedroli | tel. +39.02.36755700
marta.pedroli@clp1968.it | www.clp1968.it

Roma, Museo Orto Botanico – Serra Espositiva: FRAGILE ECOSYSTEM Installazione di Giulia Pompilj

FRAGILE ECOSYSTEM
Installazione di Giulia Pompilj

 
Inaugurazione 7 marzo 2024 ore 17.00 su invito
 
Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma
 
Dall’8 marzo al 6 aprile 2024

Il giorno 7 marzo 2024 alle ore 17.00 il Museo Orto Botanico – Sapienza Università di Roma presenta negli spazi della Serra Espositiva l’installazione site specific Fragile Ecosystem di Giulia Pompilj, con la collaborazione di Edoardo Tedone – soundscape design. 
L’installazione, realizzata con tessuti e tinture di origine vegetale, riflette sulla precarietà dell’ambiente naturale e richiama le silhouette e gli echi di un ecosistema in via di estinzione. I tessuti in cotone, attraversati dal vento, evocano l’effimero paesaggio di un mondo al suo stato terminale, nel quale, nascosto tra le pieghe, un debole bagliore resta in vita, a simboleggiare la resilienza della natura di fronte alle avversità. Al centro di Fragile Ecosystem è quella tensione che intercorre tra un ecosistema e gli elementi che lo compongono, spostando così il punto di osservazione sulla complessa rete di effimere relazioni di cui l’ambiente si nutre.

La forza di un ecosistema risiede nella sua capacità di ripristinare l’equilibrio in caso di perturbazioni. Tuttavia, tutti gli ecosistemi, se sottoposti a prove eccessive, possono rivelarsi fragili. La specificità e le condizioni che ne permettono lo sviluppo rendono alcuni ecosistemi più vulnerabili di altri: se una componente viene meno a causa di disturbi eccessivi o prolungati, anche gli ecosistemi più robusti possono subire danni irreparabili.

L’inserimento dell’opera all’interno del Giardino Botanico di Roma, luogo di biodiversità e di tutela della flora, apre un dialogo suggestivo sulla fragilità dell’esistenza biologica, coadiuvato dalla capacità dell’artista di trasformare processi materiali in veicoli narrativi e divulgativi.

L’inaugurazione del giorno 7 marzo è su invito; l’apertura al pubblico dall’8 marzo al 6 aprile 2024 seguirà gli orari del museo. 

Giulia Pompilj esplora la complessa trama di aspetti biologici, storici e sociali che plasmano gli ecosistemi. La curiosità intellettuale di Giulia ha trovato una vivace espressione presso la Design Academy Eindhoven nei Paesi Bassi, dove si è laureata nel dipartimento “Food Non-Food” nel gennaio 2020. Durante il suo percorso accademico, si è immersa nei mondi del bio e del research design. Durante lo stage a Mater Iniciativa, un centro di ricerca gastronomica in Peru, Giulia ha forgiato una metodologia distintiva: questo metodo coinvolge l’uso del processo di tintura naturale e della ricerca etnobotanica per trasformare le molecole vegetali in colori. Il risultato è una rappresentazione visiva della profonda connessione tra gli abitanti locali e il loro ambiente naturale. Giulia considera questa forma di ricerca, di intuizioni e scienza, un potente mezzo di comunicazione. L’impegno di Giulia per l’arte è riflesso nella serie di mostre internazionali alle quali ha preso parte. Le sue opere, come “What Does Colour Mean”, ora in mostra ad Hong Kong Design Institute e “WARMI” , mostrano la sua capacità di fondere arte e scienza. Oltre alle mostre, Giulia coinvolge il pubblico attraverso conferenze, workshop e pubblicazioni. Eventi notevoli includono “Dirty Dyes” presso il Textile Art Camp di Berlino, o “Behind the Beauty of Fashion”video proiettato durante New York Textile Month, oltre a contribuire a DAMN Magazine. Il suo impegno per l’istruzione si estende a workshop sui processi di tintura naturale, come “Tintura Naturale” presso OZ Officine Zero a Roma e “Natural Dye” presso BGK Holbeak in Danimarca o “Water Lab” per l’Università dell’Arte e del Design a Karlsruhe in Germania. Giulia ha partecipato a residenze artistiche, tra cui “Spark Narration” presso ACED ad Amsterdam e “Metabolic Relation” presso DieDAS a Saaleck, in Germania.


FRAGILE ECOSYSTEM
Installazione di Giulia Pompilj

Soundscape design: Edoardo Tedone
La mostra è accompagnata da una collezione di lampade in ceramica a tiratura limitata

Inaugurazione 7 marzo 2024 ore 17.00 su invito

Degustazione a cura di Altrovino (www.altrovino.eu)

Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma

Apertura al pubblico: dall’8 marzo al 6 aprile 2024

Orari: dal lunedì alla domenica  9.00 – 17.30 (ultimo ingresso 16.30) – non è necessaria la prenotazione
Biglietteria: 06 49917107 (10:00 – 17:30)
Tariffe: intero 5,00 € (non è necessaria la prenotazione) – ridotto 4,00 € 6-18 anni; over 65; studenti universitari e scuole; soci enti convenzionati – gratuito 0-5 anni; studenti e personale Sapienza Università di Roma; diversamente abili e relativi accompagnatori; docenti accompagnatori di gruppi scolastici

Museo Orto Botanico
info-ortobotanico@uniroma1.it
https://web.uniroma1.it/ortobotanico

Giulia Pompilj
giuliapompilj@gmail.com
www.giuliapompilj.com

Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart
roberta.melasecca@gmail.com