Venezia, Spazio Thetis: Metaverse Art Exhibition GENKI

KICKING OFF A NEW ERA

“The 1st Annual METAVERSE Art@Venice”

gEnki

A cura di Angelo Maggi e Fu Sen

27.04 > 23.11.2022

Spazio Thetis – Arsenale Nord, Venezia

CHENGZHILU -Future Body

Genki, un innovativo progetto espositivo che mette in dialogo la filosofia orientale con il metaverso e NFT art  

Il progetto espositivo “The 1st Annual METAVERSE Art @VENICE” è ideato da Victoria LU, artista eccentrica, docente e forse la più nota nota critica d’arte del mondo artistico cinese, con la cantante virtuale Autumn e si compone in due sezioni, Cookie Cookie 2.0 personale dell’artista co-ideatrice CryptoZR a cura di Li Zhenhua e dalla collettiva gEnki  entrambe ospitate a Spazio Thetis all’Arsenale di Venezia nel periodo della Biennale Arte nei cinquecenteschi edifici dell’Officina Lamierini e della Tesa 106.

gEnki a cura di Angelo Maggi e di Fu Sen presenta le ricerche sviluppate congiuntamente da professori, studenti e artisti di Università di diverse parti del mondo, ed è stato promosso dall’ Università IUAV di Venezia e dalla Scuola di Dottorato di Storia delle Arti dell’Università Cà Foscari di Venezia.

L’esposizione si sviluppa attraverso un percorso di installazioni digitali, opere NFT legate alla blockchain, con performance su web che sfrutta le potenzialità della realtà virtuale ed è incentrata su un nuovo modello di “curatela autonoma decentralizzata”, che continuerà anche in futuro in versione cloud.

La mostra è stata organizzata in modo spontaneo da un gruppo di artisti con i loro sostenitori, i curatori sono stati selezionati dagli artisti stessi, così come i contenuti sono stati curati in modo indipendente, tutto secondo i principi del DAO (abbreviazione di Distributed Autonomous Organization) quindi con un elevato grado di decentramento, utilizzando tecniche di crowdfunding per la raccolta di fondi, co-organizzazione, interconnessione di piattaforme, applicati al concetto curatoriale. 

Durante i sette mesi di esposizione, il numero di artisti presenti sia online che offline, arriverà a superare i 300, e diversi eventi si susseguiranno coinvolgendo numerosi artisti che popoleranno i metaversi, mondi virtuali paralleli, interagendo in tempo reale con Venezia da ogni parte del mondo.gEnki ha l’intento di coinvolgere il pubblico e stimolare l’apprezzamento delle nuove tendenze dell’arte digitale e mira in particolare al coinvolgimento della Generazione Z,ovvero tutti coloro che sono nati tra il 1995 e il 2009 e che sono stati influenzati sin dalla nascita dalla tecnologia, dai dispositivi di messaggistica istantanea, dagli smartphone e dai giochi online e sono, pertanto, anche conosciuti come “Nativi Digitali”.

Con il continuo aggiornamento dei vari dispositivi hardware e software come 5G, AI, big data, blockchain, tecnologia di realtà virtuale, aumentata xR (Extented Reality), si sono sviluppate nuove arti multimediali e nuovi elementi visivi, i cui contenuti trasformativi e interattivi si possono trovare ovunque sulla Rete.

Gli utenti attraverso la vita virtuale nella Rete possono superare i limiti dello spazio fisico, oltrepassando la barriera tra la cognizione cerebrale, immaginazione mentale e mondo reale.  È il cosiddetto “METAVERSO” che è divenuto un hot topic non solo tra i creativi ma anche tra gli investitori a livello mondiale.

Genki è un concetto filosofico antico in Cina e Giappone, che si riferisce all’origine del mondo, e rappresenta l’energia vitale che genera ogni cosa, dando giustificazione dei fenomeni di formazione, sviluppo, mutamento e fine. Essere Genki significa dare il meglio di se stessi e  creare un legame positivo con le persone. Lo studio del Genki si riferisce alla percezione umana della natura e del mondo, può, quindi, contribuire a far comprendere il legame tra il mondo fisico e il mondo virtuale? Possono varie modalità di interazione immersiva tra persone, cose e ambiente nel Metaverso, creare valore e suggerire un’interpretazione del senso dell’esistenza?

Il Metaverso,  composto da mondi virtuali paralleli collegati tra loro,  si sviluppa nel digitale, la sua materia infatti è costituita da dati e informazioni, ed è frutto di diversi elementi tecnologici tra cui video, realtà virtuale e realtà aumentata, ma è anche in stretta correlazione con l’universo fisico, in quanto ne condivide la stessa struttura spazio-temporale.

Si accede al Metaverso tramite alcuni dispositivi come computer o smartphone, e per rendere l’esperienza più immersiva, anche con visori di realtà aumentata. Gli utenti nel Metaverso creando avatar realistici possono vivere esperienze virtuali, svolgere attività, fare acquisti ed investimenti, partecipare a conferenze o concerti, interagendo socialmente con nuove modalità.

L’avatar trasporta ciò che desideriamo rappresentare, anche di noi stessi, in nuova dimensione, alimentando una riflessione sul tema dell’identità in una realtà “altra” che è non solo digitale, ma anche globale.

Il metaverso sarà il riferimento per realizzare esperimenti di cooperazione incrociata, potenziamento tecnologico, apertura e tolleranza, uguaglianza e libertà, prendendosi cura del futuro, proteggendo l’ambiente, aspirando a un coinvolgimento globale e stimolando interazioni intellettuali e l’immaginazione.

Discriminazioni egoistiche e razziste imperversano nel mondo odierno, mentre gEnki vuole indicare un cambiamento, proporre un nuovo modello di aiuto reciproco e di condivisione in cui un’arte senza confini di nazionalità, genere o età, attraverso la sua bellezza, possa dare speranza.

Gli Artisti di gEnki si dichiarano come un gruppo di nuovi esseri umani disposti a esistere nell’universo parallelo del Metaverso attraverso l’immaginazione virtuale e al di fuori dello spazio fisico.

Il comitato scientifico è formato da Angelo Maggi, Fei Jun, Xue Lei, Popil and Chen Xu.

La curatela è affidata al Prof. Angelo Maggi, Vicerettore per le Relazioni internazionali presso l’Università IUAV di Venezia e al curatore PhD. Sen Fu. Rick Juang è il curatore tecnico. Il progetto di allestimento è stato curato dallo studio di architettura andreanalesso di Padova.

Il futuro è arrivato, voliamo oltre il futuro!

Vilii Digital Model

NOTE SUL PERCORSO ESPOSITIVO

Negli affascinanti edifici cinquecenteschi di Spazio Thetis, all’Arsenale di Venezia durante la Biennale Arte, l’innovativo progetto espositivo presenta un percorso di installazioni digitali e performance sul web su schermi a led immersivi che si snoda tra due padiglioni, Lamierini e la tesa 106, dove si alternano progetti di singoli a progetti corali di numerosi artisti, nell’ottica di condivisione tipica del Metaverso.

Impossibile citarli tutti e difficile operare una selezione tra i progetti incentrati su temi attuali e talvolta filosofici, come il dialogo tra l’impermanenza e l’immortalità digitale, la fluidità di genere, (Serie Theirs) il conflitto tra tradizione e tecnologia pacificabile nel Metaverso, (Odissey in the Metaverse e Cosmo NFT Chamber) visioni di nuovi modelli di civiltà basata sul riciclo e la sostenibilità. (ONE TON PROJECT ) .

Altri Artisti riflettono sulle nuove modalità di transazione monetaria delle criptovalute per indurre lo spettatore a ripensare al collettivismo e alla centralità. (₿, Who is Satoshi) non manca il fashion, con sfilate di moda con tecnologia Extended Reality, per creare esperienze immersive di integrazione online e offline. (FASHION IN EXTENDED REALITY)

Le considerazioni sul corpo nella realtà fisica e digitale si spingono ad indagare attivamente il legame virtuale tra il corpo e lo spazio, a partire dai dati prodotti dallo “spazio corporeo negativo”, l’area esterna tra due parti del corpo misurandole e ricavando dati per elaborare uno spazio virtuale che offre l’esperienza visiva di qualcosa che non poteva esser visto prima. (Future Body)

Fei Jun, artista presente anche nell’edizione 2019 della Biennale Arte al Padiglione nazionale Cina e docente in diverse Accademie di arte e tecnologia tra New York e la Cina, con il suo progetto We Humans on Mars esplora con romanticismo la possibilità di crisi esistenziale degli immigrati virtuali sul Pianeta Rosso , che guardano la Terra e la vita precedente da lontano con distacco filosofico e una curiosità nuova, il tutto attraverso una tecnologia 3d da gaming multiplayer, che ne offre una versione ludicizzata.

Diversi gli Artisti che propongono dialogo tra l’estetica e la tecnologia come in Cosmo Chamber la prima collezione NFT connotata da una notevole sensibilità verso l’estetica orientale, i cui creatori cercano di creare un Metaverso NFT usando come riferimento le tradizioni storiche asiatiche. Ogni artista porta il proprio apporto stilistico visivo unico nel progetto ma condivide con gli altri un interesse per l’estetica artistica dell’Estremo Oriente.

Nel progetto Future Trip i giovanissimi artisti appartenenti alla Generazione Z, dopo un attento studio delle costruzioni tradizionali e tribali cinesi, le hanno rappresentate come potrebbero apparire nel Metaverso  e  il pubblico potrà entrare virtualmente in questa ipotetica realtà futura. 

L’allestimento espositivo culmina con l’originale installazione di un grande monitor di 4 metri per 3 posizionato all’interno di una piscina per esperimenti scientifici appartenente alla società di ingegneria marina, Thetis spa, che ospita la mostra, attualmente vuota e protetta da una rete, lo schermo riproduce un video musicale Born a Drum Queen dell’artista ADUO con scene di danza dei tamburi da cui emerge il processo che va dalla competizione iniziale alla successiva integrazione tra i danzatori tradizionali e i danzatori contemporanei, creando un dialogo tra cultura classica e modernità.

Da notare inoltre la numerosa presenza di affermate crypto artiste donne, ancora rare nel mondo occidentale in questa nuova frontiera dell’arte.

Liu Jiaying in arte CryptoZR nella personale COOKIE COOKIE 2.0 al padiglione Lamierini, incentra il suo lavoro sul metaverso e sulle comunità online della blockchain e delle nuove possibilità di spazi e relazioni. Una mostra ibrida tra virtuale e reale con un’esposizione digitale dove l’unica opera fisica è la scultura YAP721 ispirata alla moneta di pietra dell’isola di Yap, che diede vita alla prima forma di moneta su registro e al primo antenato della blockchain. Altro tema centrale per il lavoro di CryptoZR è infatti quello delle criptovalute, del trading e della creazione del credito.

HASHTAGS

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Spazio Thetis rappresenta la parte culturale e artistica di Thetis spa, società di ingegneria che sviluppa progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio e che vanta un’importante collezione permanente di arte contemporanea, L’attività artistica di Spazio Thetis si concentra su alcune tematiche: land art, arte ambientale, arte e scienza promuovendo e sostenendo l’arte contemporanea attraverso diverse iniziative presso la propria sede nell’antico Arsenale veneziano con il parco giardino costellato di opere d’arte.  In tanti anni di attività ha collaborato con importanti istituzioni come musei, gallerie e fondazioni per la realizzazione di mostre temporanee, eventi collaterali Biennale e Padiglioni nazionali, ma anche in qualità di promotore e organizzatore esso stesso. 

BIOGRAFIE

VICTORIA LU

VICTORIA LU nasce in una famiglia di intellettuali a Taiwan ed emigra negli Stati Uniti all’inizio degli anni ‘70. Si forma sia presso il Collegio di Cultura Cinese a Taipei e presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Bruxelles, conseguendo successivamente la Laurea Triennale e Magistrale in Pittura presso l’Università statale della California. Inizia a scrivere come critica d’arte e l’attività curatoriale negli anni Settanta. Tornata a Taiwan, inizia ad aiutare il governo a elaborare delle politiche riguardo l’arte pubblica e la promozione dell’educazione artistica verso il grande pubblico. Victoria Lu è stata la prima donna critica d’arte e curatrice del mondo artistico contemporaneo cinese. Attualmente insegna al programma di Dottorato in “Creative Industry” presso l’Università Shih-Chien di Taipei e presso la Scuola di Cinema e Audiovisual di Barcellona. Collabora, inoltre, con diverse istituzioni culturali ed è Direttrice Creativa del Museo di Arte Contemporanea di Shanghai, dell’Art Center Bund 18 di Shanghai, del Museo di Arte contemporanea Moon River di Pechino e del Museo Today Art di Pechino. È direttrice del Programma di Ricerca Estetica URBart all’ Università Autonoma di Barcellona e all’EINA Istituto Universitario di Design e Arte di Barcellona e Presidentessa dell’ Hub Creativo Future Pass di Taipei, Shanghai, Hangzhou e Los Angeles. Ha curato l’evento collaterale alla 54esima Biennale di Venezia “Future Pass: From Asia to the World”.

ANGELO MAGGI

ANGELO MAGGI è professore associato di Storia della rappresentazione fotografica dell’architettura e Storia dell’architettura contemporanea presso l’Università IUAV di Venezia. Attualmente ricopre il ruolo di mandatario del Rettore Iuav per le Relazioni Internazionali. Orientato agli studi della fotografia d’architettura, nell’insegnamento svolto presso numerose università italiane ed estere e nei lavori recenti, egli ha approfondito temi relativi alla rappresentazione intesa come strumento di indagine storiografica. Maggi ha largamente pubblicato saggi e libri. E’ autore di studi scientifici sulle figure di John Soane, Robert Byron, Evelyn George Carey, Giorgio Casali, Italo Zannier, Luigi Ghirri, Helmut Gernshiem, Lucia Moholy e attualmente svolge un lavoro di riscoperta e rivalutazione del fotografo d’architettura e saggista George Everard Kidder-Smith con contributi editoriali e partecipazione a conferenze internazionali.

SEN FU

SEN FU è nato nel 1987 a Qingdao, in Cina. Ha conseguito la laurea triennale in New Media e un Master in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università Ca’Foscari di Venezia dove sta lavorando ad una tesi sulla Storia dei Padiglioni della Biennale Cinese.

Ha avuto le seguenti esperienze lavorative presso la Biennale di Venezia: Regia del documentario di “Future Pass” per Evento Collaterale 2011; Assistente curatore di “Cracked Culture” e “Eastern Border”, Evento Collaterale 2011; Assistente curatore “The voice of unseen” per Evento Collaterale 2013; Curatore della mostra “A light-year”, Evento Collaterale, nel 2015; Produttore di “Modus” per Evento Collaterale nel 2017. Curatore e produttore di “Chinese Medicine” presso la Ierimonti Gallery di New York nel 2018. Coordinatore dell’evento collaterale Biennale Architettura 2021 di Venezia dal titolo Hakka Earthen Houses on variation – Co-operative Living, Art and Migration Architecture in China a Forte Marghera.


MOSTRA
1° Annual METAVERSE Art @ VENICE
gEnki
a cura di Angelo Maggi e Fu Sen
27.04.2022 > 23.11.2022

IDEAZIONE e ORGANIZZAZIONE
Victoria Lu
CURATORE TECNICO
Richard Juang

COMITATO SCIENTIFICO
Phd. Angelo Maggi, Fei Jun, Xue Lei, Popil and Chen Xu.

PATROCINI E PROMOTORI
Università IUAV, Venezia  
Scuola di Dottorato di Storia delle Arti, Università Ca’ Foscari, Venezia
Qingdao Wanmei Shengshi Technology Information Co., Ltd
Huahan International Culture Development Company

PROGETTO DI ALLESTIMENTO
Studio di Architettura andreanalesso – Padova

SITO WEB
www.annualmetaverseart.com

SOCIAL
Instagram @annualmetaverseart

DOVE
Spazio Thetis – Officina Lamierini e Tesa 106
Arsenale Nord, Venezia
Vaporetto linea 4.1- 4.2 – 5.1- 5.2 Fermata: Bacini

ORARI DI VISITA
Dal martedì alla domenica (lun chiuso) dalle 10 alle 18

Ufficio stampa nazionale e PR
FG Comunicazione – Venezia
Cristina Gatti
Tel (39) 338 6950929
Email cristina.gatti@fg-comunicazione.it

Ufficio stampa internazionale
Megawatts Communications
Liz Chu
Email 380132079@qq.com

A Palazzo Aldrovandi Montanari di Bologna the rooom presenta la casa editrice e rivista digitale ArtOnWorld 

Giovedì 16 giugno alle ore 18 the rooom (Palazzo Aldrovandi Montanari, Bologna) ospiterà la presentazione della rivista digitale ArtOnWorld alla presenza di Carmela Brunetti, Editore e Direttore Responsabile della testata Artonworld.com, di Marco Tina, CEO di the rooom, di Giorgia Sarti, socia e Cultural Curator di the rooom, il Docente universitario e Avvocato dell’Arte Giulio Volpe e l’artista e arte terapeuta internazionale Mona Lisa Tina.

Sono presenti, fra gli ospiti, noti artisti internazionali come l’israeliana Inbal Kristin, e le artiste italiane Federica Nobili, Rita Vitali Rosati, Maria Chiara Zarabini, il docente di Storia dell’Arte Contemporanea Andrea Del Guercio e l’esperta di Marketing Sensoriale Marina Montalto da Milano.

La sede di the rooom, all’interno dello storico Palazzo Aldrovandi Montanari, ospita la presentazione sia della rivista artonworld.com sia del libro Dalla Naftalina alla luna scritto dall’artista e scrittrice marchigiana Rita Vitali Rosati, edito da Affinità Elettive. Il libro sarà presentato sempre il 16 giugno alle ore 18,30 con la partecipazione dell’autrice.

L’evento è un’occasione per conoscere la produzione di cataloghi digitali a carattere internazionale e della rivista ArtOnWorld. Gli invitati possono inoltre ammirare la mostra fotografica dell’artista Gianluca Chiodi, intitolata “HEARTH”, presentata l’11 maggio 2022 in occasione di ArteFiera e aperta fino al 30 giugno 2022. La mostra rientra nel progetto culturale sulla sostenibilità di cui the rooom, società benefit, si fa promotore.

Media partner della rivista e dell’evento l’ufficio stampa Culturalia diretto da Norma Waltmann.

Note informative sull’azienda the rooom

THE ROOOM, concept agency con sede nell’affascinante cornice di Palazzo Aldrovandi Montanari, offre servizi di comunicazione alle imprese sui temi legati alla sostenibilità ambientale, all’innovazione e alla responsabilità sociale. THE ROOOM è uno spazio di contaminazione tra sfere economiche e creative che prende vita attraverso una programmazione di iniziative multidisciplinari ed eventi sui temi della sostenibilità. Incontri aperti alla partecipazione attiva e alla condivisione di innovazione in cui le persone e le imprese possono trovare ispirazione creativa e consapevolezza.

Note informative su ArtonWorld

ArtOnWorld è una nuova casa editrice multimediale e digitale nata a Roma nel 2020, fondata e diretta dalla storica dell’arte e giornalista Carmela Brunetti, già direttrice responsabile della rivista cartacea Arte Contemporanea News di Roma. Oggi la Brunetti riesce a portare avanti questa azienda, che si identifica nel settore dell’editoria indipendente e sostenibile, grazie alla collaborazione di professionisti e docenti universitari: Giulio Volpe avvocato dell’arte, Roberto Anchisi esperto del comportamento umano e psicoterapeuta, Luca Ticini neuroscienziato, Maria Ernesta Leone Neurologa scrittrice, Andrea Del Guercio docente di arte contemporanea a Brera, la storica dell’arte Francesca Boschetti dei Musei Vaticani, Meeleng da Singapore artista e gallerista, Bill Claxton esperto di certificati digitali, l’artista e arte terapeuta Mona Lisa Tina, Noemi Adabbo Digital Marketing, e uffici stampa internazionali come Culturalia, Nadine Dinter da Berlino e molti altri.

ArtonWorld realizza cataloghi per tutte le ricerche artistiche, monografie di artisti, e cataloghi di design, architettura, scienze e finanza. Ogni tre mesi è pubblicata online la rivista internazionale di arte e finanza artonworld.com, che conta più di 10.000 visualizzazioni al giorno nel mondo, presentando ai lettori il giornalismo indipendente e approfondito: elemento fondamentale che può aiutare una società a crescere libera da pregiudizi e onestà intellettuale. All’interno della rivista si trattano gli argomenti più importanti del nostro tempo e si raccontano storie che altrimenti non sarebbero raccontate. L’obiettivo finale è quello di raggiungere sempre più lettori inquinando il meno possibile.


Media Partner
Ufficio Stampa Culturalia
We MAKe FUTURE Festival sull’innvazione digitale di Rimini

Per informazioni
cellulare e WhatApp + 39 346 7620201
e-mail: carmelbrunetti@gmail.com

Milano, Galleria Gracis: Lorenzo Marini. Alphatype2022 – Un percorso tra lettere liberate e installazioni

Fino al 25 giugno 2022, la Galleria Gracis di Milano (piazza Castello 16) ospita la mostra Alphatype2022 che propone venti opere di Lorenzo Marini che documentano gli ultimi dieci anni di attività dell’artista milanese.

In occasione del Salone del Mobile, dal 7 al 12 giugno, il percorso espositivo ha coinvolto anche lo spazio Certosa Initiative (via Barnaba Oriani 27) con l’installazione Mirrortype, una stanza di acciaio specchiato dove all’interno sono state sospese sette lettere, anch’esse in acciaio specchiato, in uno spazio che apparirà così senza dimensione. Lorenzo Marini ha immaginato un luogo immersivo dove il visitatore potrà essere parte dell’opera stessa, in un dialogo tra lettere, luci, osservatore e musica, grazie all’accompagnamento musicale di Mariella Nava.

MILANO
GALLERIA GRACIS
FINO AL 25 GIUGNO 2022

LORENZO MARINI

ALPHATYPE2022

Un percorso tra lettere liberate e installazioni

La mostra raccoglie venti opere del caposcuola della Type Art.

Lorenzo Marini, Alphatype2022, Galleria Gracis, 2022 foto Fabio Mantegna

La mostra alla Galleria Gracis raccoglie opere che riveleranno le radici artistiche di Marini e il suo originale modo di affrontare il momento creativo. Marini, infatti, lavora orizzontalmente contaminando pittura, serigrafia, installazione ambientale e fotografia, in un universo che spazia dalla grafica all’industrial design, dai linguaggi pubblicitari ai cartoon, fino ad arrivare alle sperimentazioni delle Avanguardie Storiche.
Nei suoi lavori figurazione, unicità o duplicazione delle figure, astrazione, ricchezza del colore o essenzialità del tratto, convivono sullo stesso piano.
Da qui la creazione di un nuovo contesto visivo che libera il linguaggio portando alla luce esperienze percettive e psichiche realizzate in esperienze segniche, verbali o grafiche.

“In questa personale ricombino in ordine casuale le opere delle singole lettere, come un visual dove non c’è nulla da leggere ma solo da guardare. Si creano così le combinazioni alfabetiche dove la diversità tipografica è un valore assoluto. E l’individualità della nostra società viene ampiamente raccontata. Guardo, dunque sono.” commenta Lorenzo Marini.

Nella galleria di piazza Castello sarà anche allestita l’installazione Raintype: 1200 lettere riprodotte su materiale trasparente e appese a fili che pendono dal soffitto, in un gioco di colori.
Per quest’opera, Lorenzo Marini ha disegnato centinaia di type originali che oscillando casualmente nel vuoto, rivelano accostamenti non sempre immediati come suggerirebbe la logica.

Lorenzo MariniNote biografiche

Lorenzo Marini è un artista italiano che vive e lavora fra Milano, Los Angeles e New York. Marini ha frequentato l’Accademia di Belle Arte di Venezia con Emilio Vedova, ma si è laureato in architettura e ha lavorato con successo nel mondo della pubblicità per trent’anni. Nel 2016 Marini ha un’intuizione artistica che lo porta a celebrare la bellezza delle lettere. Nel 2017, forte di questo successo, crea il “Manifesto per la liberazione delle lettere” diventando, di fatto, il caposcuola di una nuova forma d’arte: quella di dedicare ad ogni singola lettera dell’alfabeto un’opera, liberando così le lettere dall’obbligo della funzione, per celebrarne la pura bellezza intrinseca. Le opere pittoriche di Marini possono essere lette come la traduzione in contemporary art di campagne pubblicitarie, con una rigorosa logica degli spazi e degli equilibri, nella sua prima ricerca sui Visual. Così come possono essere lette come un pensiero rivoluzionario sulla bellezza pop dell’alfabeto contemporaneo, in questa seconda fase artistica.


LORENZO MARINI. Alphatype2022

Milano, Galleria Gracis (piazza Castello 16)
25 maggio – 25 giugno 2022

Orari Galleria Gracis:
lunedì-venerdì, 10.00-13.00; 14.00-18.00
Ingresso libero

Informazioni: tel. +39 02 877 807; gracis@gracis.com

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | tel. 02.36755700 | clara.cervia@clp1968.it | www.clp1968.it

Genova: Il SUQ Festival torna alla scenografia del grande Bazar dei popoli – 8 cucine dal mondo

10 giorni intensi all’insegna del dialogo tra culture che si aprono con un concerto per la pace con tante voci e lingue tra cui quelle ucraina e russa 

E poi… il ricordo di Don Gallo nella Giornata del rifugiato con Andrea Costa di Baobab Experience, la presentazione del libro Guerra con Antonio Scurati, il razzismo nel dialogo tra Marco Aime e Kossi Komla Ebri,
 l’incontro con Goffredo Fofi sul ruolo della cultura oggi

3 prime nazionali teatrali, tra cui una dedicata ai 30 anni dall’assedio di Sarajevo

Spettacoli teatrali, musica, incontri, cucine dal mondo, workshop e buone pratiche per l’ambiente

Ecosuq #plasticfree dal 2019

24° SUQ Festival – Teatro del Dialogo

da venerdì 17 a domenica 26 giugno 2022

Piazza delle Feste Porto Antico Genova e altri luoghi del Centro Storico 
#atlante di voci

La 24ª edizione del SUQ Festival – Teatro del Dialogo si terrà dal 17 giugno al 26 giugno 2022 in Piazza delle Feste al Porto Antico di Genova, dove torna ilBazar dei popoli dopo due anni di assenza. La tradizionale e festosa scenografia di Luca Antonucci, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, sarà di nuovo allestita per dare spazio ai sapori, ai profumi e ai colori di abiti, oggetti, spezie e cucine provenienti da tutto il mondo. Così si celebra la vocazione multiculturale del SUQ (mercato in lingua araba), una manifestazione che colora di Mediterraneo la bellissima Piazza delle Feste progettata da Renzo Piano, quest’anno dedicata al tema Atlante di voci declinato in particolare intorno alla parola Confini. 

Diretto da Carla Peirolero, che ne è anche l’ideatrice insieme a Valentina Arcuri, e riconosciuto best practice d’Europa per il dialogo tra culture e la promozione della diversità, nel 2022 rilancia le tematiche che gli sono da sempre care: intercultura, ambiente, innovazione, sguardi sull’attualità e soprattutto sulla migrazione

Angolo Suq con lampade – cucine e artigianato

Saranno davvero molte le voci così come le lingue che si alterneranno sul palco del Suq, a cominciare da quelle del Concerto per la pace “La dolce voce del Suq”  nella la serata inaugurale (17 giugno alle 21.30): Elena e Oksana Nadyak,  musiciste e cantanti ucraine che si accompagnano con lo strumento tradizionale la bandura; sullo stesso palco a simboleggiare il messaggio che ha da sempre contraddistinto la Compagnia del Suq, si esibirà anche la cantante russa Tatiana Zakharova, con lei Alessandra Ravizza, capace di  alternare il canto in arabo a quello in italiano; Laura Parodi ed Esmeralda Sciascia con sonorità che spaziano dalla musica popolare a quella africana; il rapper di origini nigeriane Preci P, e il trio musicale con Jamal Ouassini, italo marocchino, violinista che ha collaborato con i più importanti cantanti italiani e direttore della Tangeri Café Orchestra,Franco Minelli chitarrista e compositore, Marco Rabolini, percussioni.  

Al centro del Festival la rassegna Teatro del dialogo, composta da 8 spettacoli con 3 prime nazionali:

1)  il progetto Amunì – Babel Crew di Palermo, che porta al Festival OIDA (18 e 19), un esperimento teatrale di body percussion ispirato alle Baccanti di Euripide nella rilettura di Beercock; 

2) Pazi Snajper – Attenzione cecchino (il 22) di Roberta Biagiarelli, anche in scena insieme a Sandro Fabiani, produzione del Teatro Miela di Trieste, a 30 anni dall’assedio di Sarajevo, occasione per tornare a quella guerra, anche con un incontro a tema a cui partecipa Silvio Ferrari; 

3) ImbaRazzismi (19 e 20) della Compagnia del Suq ispirato al libro omonimo di Kossi Komla Ebri con Alberto Lasso, Carla Peirolero Enrico Campanati Kalua Rodriguez, Jo Choneca, Esmeralda Sciascia. 

Tra gli altri titoli, è da citare Radio International (il 24), di Beppe Rosso e Hamid Ziarati, produzione della Compagnia ACTI che, come il Teatro Miela di Trieste, lavora al confine, in questo caso a ovest, con il Festival delle Migrazioni. Con loro il Suq darà vita a una collaborazione che si estende per tre anni. Si prosegue con Radio Ghetto Voci libere (il 20) della Compagnia Cranpi, “per farci attraversare in punta di piedi, ascoltando le voci di chi ci vive, il confine che divide noi, da chi sta nei ghetti”. Lo spettacolo si svolgerà all’Isola delle Chiatte, un luogo simbolico, bagnato da quello stesso mare che rappresenta una via per la speranza ma anche una frontiera da superare. Completano la rassegna, Gli altri (il 26) della Compagnia Corp Citoyen dove protagonista è l’attore italo tunisino Rabii Brahim, che ci mostra un dialogo sulla percezione dell’Altro, a tratti comico e irriverente, in un sottile equilibrio tra finzione e realtà; Il settimo continente (il 21), dove il rapporto tra l’uomo e la plastica assume connotati grotteschi e divertenti grazie ai tre artisti della Compagnia La Ribalta che si improvvisano maghi nei goffi tentativi di far sparire la plastica; Laudato sì (il 23) con l’attore e regista Michele Sinisi che si avventura nella complicata sfida di parlare di Dio, muovendosi tra uno scritto papale e il “cantico delle creature” di San Francesco, alla Chiesa di San Pietro in Banchi

Oltre a Chiesa di BanchiIsola delle ChiattePiazza delle Feste, gli spettacoli teatrali saranno ospitati al Teatro della Tosse e a Piazza Scuole Pie, nel Centro Storico, per un Festival sempre più diffuso

Il teatro al Suq è solidale: con l’acquisto dei biglietti gli spettatori riceveranno un coupon che Coop Liguria trasformerà in una Card per l’acquisto di beni di prima necessità per l’Associazione ucraina Pokrova che a Genova si occupa di accoglienza dei profughi.

Al 24° SUQ Festival non mancherà la musica con l’arrivo, tra gli altri, della cantante italo senegalese Awa Fall (il 22) ; per gli incontri il dialogo Tutto il mondo è paese, il razzismo oggi  tra Marco Aime e Kossi Komla Ebri di cui è stato tradotto recentemente il libro Imbarazzismi  – Quotidiani imbarazzi in bianco e nero in arabo, perché il tema valica i confini e appartiene al mondo, purtroppo. Vale la pena di citare poi lo scrittore Antonio Scurati (il 24) che presenterà al Suq il suo ultimo libro Guerra (Bompiani) e Andrea Costa di Baobab Experience, che sarà al Festival il 20 giugno, Giornata mondiale del Rifugiato, nel ricordo di Don Gallo.Il 25 approfondimento sul Teatro sta cambiando, o no? Con Oliviero Ponte di Pino e Giulia Alonzo a intervistare Deniz Ozdogan e Rabii Brahim

Chef Kumalé – Foto Giovanna Cavallo
Foto Giovanna Cavallo

Elemento di straordinaria attrazione del Festival sono le diverse cucine che si possono assaggiare, per questa edizione otto: vegana, tunisina, messicana, marocchina, persiana, senegalese, scandinava, indiana e, naturalmente, le iniziative solidali. Il programma definitivo giorno per giorno sarà presto reso pubblico, ma per i tanti fan che ogni anno lo aspettano, vale confermare la presenza di Chef Kumalé con 4 showcooking dedicati al tema delle Cucine senza confini, per un viaggio che si inaugura con la presentazione, il 17 giugno dell’ebook Ricettario Ucraino, il cui ricavato va a finanziare Medici senza frontiere.

Ogni giorno alle 16 il Suq Festival si apre con i laboratori per bambini, molti dei quali dedicati a tematiche ambientali. 

Sostenuto dal 2014 dal MiC – Ministero della Cultura, il SUQ Festival 2022 è patrocinato dalla Commissione Nazionale Italiana UNESCO e dal Ministero della Transizione Ecologica per l’impegno nei confronti delle tematiche ambientali e la scelta di essere plastic free. Partner istituzionali storici sono Comune di Genova, Regione Liguria, Camera di Commercio di Genova e Porto Antico di Genova Spa. Maggior sostenitore è la Fondazione Compagnia di San Paolo Principali partner e sponsor Eco Suq sono Novamont Spa, Coop Liguria, Amiu, Emac,  Iren, Banca Etica. Media partner RAI Radio 3 

Tutte le iniziative sono a ingresso gratuito esclusi gli spettacoli teatrali. Prezzi accessibili: €10 (intero) e €7 (ridotto).. 

Biglietti sospesi per cittadini in difficoltà, in collaborazione con diverse associazioni di volontariato. 

Programma completo e aggiornamenti sul sito  http://www.suqgenova.it/suq-festival/suq-festival-2022/

#AspettandoilSUQ ha ottenuto risalto e successo la rassegna di video ritratti di artisti dal background migratorio Performing Italy  prodotta da Suq Genova Festival e Teatro e commissionata da Istituto Italiano di cultura di Londra, per raccontare il nuovo volto del teatro italiano. 
Performing Italy #2 – 7 artisti dal background migratorio nel teatro contemporaneo italiano


Info festival@suqgenova.it, cell. 329 2054579 
#suqfest22 #atlantedivoci #confini

Melina Cavallaro – mobile 340 3872275
Uff. stampa & Promozione FREE TRADE Roma, Media Relations per la Città di Genova 
Valerio de Luca –  resp. addetto stampa – mobile 393 9482876
Via Piave 74, 00198 Roma

Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo: ES-SENZE

Per la rassegna biennale MU-VE Contemporaneo Palazzo Mocenigo propone Es-senze, la prima mostra in Italia che veda artisti creare utilizzando come materia il solo profumo.

Fino al 27 novembre 2022

Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo
Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo

ES-SENZE

Bruna Esposito | Riverberi… (2022)
Gong, drum mallet, rope, laurel wreath.
Courtesy the artist; FL Gallery/Wizard, Milan

Coinvolti nell’originale progetto curato da Pier Paolo Pancotto gli artisti Mircea Cantor, Mateusz Choròbski, Jason Dodge, Bruna Esposito, Eva Marisaldi, Florian Mermin, Giuseppe Penone, Paola Pivi, Namsal Siedleck, Achraf Touloub, Nico Vascellari e Luca Vitone. Artisti diversi per generazione, cultura e sintassi, associati però da un comune orientamento che li induce a esplorare, ciascuno a proprio modo, una dimensione creativa alternativa a quelle consuete: l’olfatto e le componenti sensoriali correlate.

Odori e profumi provocano una tale varietà di sensazioni che spesso mancano i mezzi – parole, immagini, gesti – per descriverle. Testimoniano imprese passate, rievocano emozioni mai sopite, richiamano alla mente fatti, persone, cose ancora vive nella memoria più segreta di ciascuno di noi. Al contempo, possono fare il contrario, dando voce all’indicibile, descrivendo l’ineffabile, materializzando l’incorporeo. Per tale ragione alcuni artisti visivi si affidano a loro per esprimere ciò che talvolta appare altrimenti inenarrabile. Es-senze esplora tale tendenza, per evidenziare gli aspetti più indicativi del fenomeno e mettere in luce la molteplicità di aspetti che ne caratterizzano lo sviluppo.

Nelle sale al piano nobile di Palazzo Mocenigo le opere danno vita a un inedito viaggio olfattivo, un percorso multisensoriale attraverso il quale immergersi virtualmente nelle loro riflessioni, abitualmente esplicitate in altra forma: plastica, pittorica, grafica o installativa. Come se l’arte riuscisse idealmente a emanare un proprio profumo. I lavori in mostra avvolgono lo spettatore in un’estrema varietà di fragranze dai toni altrettanto eterogenei, tanti quante sono le sensazioni che riescono a evocare.

Senza alcuna ambizione alla esaustività, la mostra, curata da Pier Paolo Pancotto, vuole aprire un varco iniziale in un ambito di ricerca ancora poco indagato, almeno secondo i parametri adottati in questa circostanza. Infatti, se vari sono gli artisti che in epoche diverse e con linguaggi altrettanto differenti si sono cimentati nel dare corpo e visibilità al concetto di profumo assai meno sono coloro i quali hanno assunto il profumo come materia prima delle loro indagini trattandolo alla pari di altri sistemi espressivi come la pittura, la scultura, il disegno. L’esposizione, pertanto, mira a gettare un primo sguardo sull’operato di questi ultimi, presentandone alcuni a scopo esemplificativo, delineandosi come un progetto preliminare, dal carattere sperimentale, aperto a possibili, più ampi sviluppi.

Mostra in collaborazione con: Mavive; The Merchant of Venice
Con il contributo di: Accademia del Profumo; Camera di Commercio Venezia Rovigo; Cosmetica Italia; Givaudan; MAG Broker di assicurazione – Specialty Fine Art
Con il supporto di: Claudia Scattolini Fragrance Designer
Si ringrazia: Académie de France à Rome, Villa Medici; Istituto Polacco di Roma; Eduardo Secci, Firenze-Milano; Lorenzo Bassetti, Roma.

ELENCO ARTISTI E OPERE:
Mircea Cantor (Oradea, Romania, 1977). Vive e lavora sulla Terra.
Born to be burnt (2006-2021)
Mateusz Choròbski (Radomsko, Polonia, 1987). Vive e lavora a Varsavia.
37 Old Road (2022)
Jason Dodge (Pennsylvania, 1969) Vivea Møn, Danimarca.
Untitled (2022)
Bruna Esposito (Roma, Italia, 1960). Vive e lavora a Roma.
Riverberi… (2022)
Eva Marisaldi (Bologna, Italia, 1966). Vive e lavora a Bologna.
Dialogo (1996)
Florian Mermin (Longjumeau, Francia, 1991). Vive e lavora a Parigi.
Effleurement (2021)
Giuseppe Penone (Garessio, Italia, 1947). Vive e lavora a Torino.
Spazio di luce (2008)
Paola Pivi (Milano, Italia, 1971). Vive e lavora ad Anchorage, Alaska.
Untitled (white sofa-bed) (2022)
Namsal Siedlecki (Greenfield, USA, 1986). Vive e lavora a Seggiano, Grosseto.
Nuovo positivo (testa) (2022)
Achraf Touloub (Casablanca, Marocco, 1986). Vive e lavora a Parigi.
Regulate (2016)
Nico Vascellari (Vittorio Veneto, Italia, 1976). Vive e lavora a Roma.
Spirit (2022)
Luca Vitone (Genova, Italia, 1964). Vive e lavora a Milano.
Imperium (2014)


Contatti per la Stampa:
Fondazione Musei Civici di Venezia
Valentina Avon
M +39 348.2331098
press@fmcvenezia.it        

Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro
Tel. 049 663499
roberta@studioesseci.net

Roma, Palazzo Bonaparte: EVENTO “Carolyn Carlson dialoga con Bill Viola” > Aperte le prevendite

23 giugno 2022
Palazzo Bonaparte, Roma

Arthemisia e Daniele Cipriani Entertainment
presentano

CAROLYN CARLSON
DIALOGA CON BILL VIOLA

Aperte le prevendite

La visita alla mostra di “Bill Viola. Icons of Light”
è inclusa nel costo del biglietto

Il 23 giugno la danza di Carolyn Carlson incontra la videoarte di Bill Viola.
La “Poetessa della Danza”, famosissima danzatrice e coreografa statunitense Carolyn Carlson torna a Roma dopo nove anni, con un evento speciale e site-specific nelle sale del primo piano di Palazzo Bonaparte che attualmente ospitano la mostra del più grande videoartista di tutti i tempi, Bill Viola.

Una performance unica e “itinerante” che Carolyn Carlson ha ideato intorno alla mostra di “Bill Viola. Icons of Light”, nelle sale di quella che fu la residenza ultima di “Madame Mère”.
Ad andare in scena sarà la performance dal titolo Carolyn Carlson – Bill Viola in tre repliche – il 23 giugno alle ore 19,30 – 20,30 – 21,30 – in cui la celebre coreografa, accompagnata dal gorgoglio che emerge dai video “acquatici” di Viola, condurrà gli spettatori di sala in sala, danzando tra le opere in mostra: uno scambio vicendevole tra le arti, un raffinato dialogo tra anima e movimento.

In un connubio quasi inevitabile, come Bill Viola, Carolyn Carlson unisce la dimensione spirituale orientale con quella occidentale e, di lei, si può dire che irradi la luce e l’energia del sole californiano che l’ha vista nascere, illuminando le tinte – prima di lei, spesso fosche – della danza moderna e arricchendole di quei contenuti filosofici che caratterizzano il pensare intellettuale della sua patria d’adozione. Come Viola, la sua arte è una continua sperimentazione e riflessione, un dialogare con lo spazio, un visionario percorso interiore attraverso emozioni.
Particolarmente sensibile agli influssi dell’arte visiva, non è un caso che la Carlson abbia scelto come ispirazione per questo suo nuovo lavoro le video-opere di Bill Viola, sospese nello spazio e atemporali; che in qualche maniera la riavvicinano all’elemento acqua che fu il leitmotiv della stagione veneziana in cui la Carlson guidò una sua propria compagnia di danzatori presso il Teatro La Fenice.

Con il patrocinio dell’Ambasciata di Francia, l’evento “Carolyn Carlson – Bill Viola” fa parte della rassegna Dancing into Visual Art ed è organizzato da Arthemisia con la Daniele Cipriani Entertainment.
Sotto il coordinamento della sua storica collaboratrice e coreografa Simona Bucci, Carolyn Carlson – androgina e flessuosa come se gli anni la sfiorassero appena – si esibirà insieme a Sara Orselli, solista italiana della sua compagnia con sede a Parigi.

Le tre performance “Carolyn Carlson – Bill Viola” sono eventi unici per un massimo di trenta spettatori ciascuno.
La visita alla mostra di Bill Viola. Icons of Light è inclusa nel costo del biglietto.

Aperte le prevendite

L’ARTISTA

Nata in California, Carolyn Carlson si definisce soprattutto una nomade.
Dalla Baia di San Francisco all’Università dello Utah, dalla compagnia di Alwin Nikolais a New York a quella di Anne Béranger in Francia; dall’Opera di Parigi al Teatrodanza La Fenice di Venezia, al Théâtre de la City di Helsinki, dal Ballet de l’Opéra de Bordeaux al Cartoucherie di Parigi, dalla Biennale di Venezia a Roubaix, Carolyn Carlson è una viaggiatrice instancabile, sempre alla ricerca di sviluppare e condividere il suo universo poetico.
Erede delle concezioni di movimento, della composizione e della pedagogia di Alwin Nikolais, è arrivata in Francia nel 1971. L’anno successivo ha firmato, con Rituel pour un rêve mort, un manifesto poetico che definisce un approccio al suo lavoro che non rinnega da allora: una danza sicuramente rivolta alla filosofia e alla spiritualità. Al termine “coreografia”, Carolyn Carlson preferisce quello di “poesia visiva” per designare il suo lavoro. Dare vita a opere che testimoniano il suo pensiero poetico, e una forma d’arte completa in cui il movimento occupa un posto privilegiato.

Per quattro decenni, la sua influenza e il suo successo sono stati considerevoli in molti paesi europei. Ha svolto un ruolo chiave nell’emergere della danza contemporanea francese e italiana con il GRTOP all’Opera di Parigi e il Teatrodanza alla Fenice. Ha realizzato più di cento pezzi, molti dei quali costituiscono pagine importanti della storia della danza: da Density 21.5 L’anno del cavallo, da Blue Lady Steppe, da Maa a Signes, da Writings on water Inanna.
Nel 2006 il suo lavoro è stato incoronato dalla Biennale di Venezia con il primo Leone d’Oro mai assegnato a un coreografo.
È anche Comandante delle Arti e delle Lettere e Ufficiale della Legion d’Onore.

Fondatrice dell’Atelier de Paris, presso La Cartoucherie nel 1999, Carolyn Carlson con la sua Company è stata artista associata al Théâtre National de Chaillot dal 2014 al 2016. Nel 2017, parallelamente all’attività principale dell’azienda incentrata sulla divulgazione, stanno emergendo nuove forme di creazione: una mostra per musei e un lungometraggio danzato per il cinema. Nel 2019 ottiene la nazionalità francese e l’anno successivo viene eletta membro della sezione coreografia dell’Académie des Fine Arts.

La coreografa americana, naturalizzata francese, vive e lavora da molti anni oltralpe dove è, a ragione, considerata una delle figure più rappresentative della danza contemporanea, tant’è vero che dal 15 giugno potrà fregiarsi del titolo di Académicienne de France, essendo stata eletta alla prestigiosa istituzione. Sotto la “Coupole” dove in pompa magna si tengono le investiture, Carolyn Carlson andrà a occupare il quarto e ultimo posto della sezione coreografia, accanto a Thierry Malandain, Blanca Li e Angelin Preljocaj, e indosserà la sontuosa divisa ricamata – con tanto di spada cerimoniale – introdotta proprio dallo stesso Napoleone.
È sempre un avvenimento d’eccezione uno spettacolo della Carlson, personalità unica della modern dance – difficilmente paragonabile sia ai pionieri che l’hanno preceduta, sia a chi è venuto dopo – che usa la danza quale linguaggio visivo per tuffarsi nella psiche umana e portare in superficie la vera natura dell’essere.


Sede
Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia, 5
Roma

Informazioni e prenotazioni
T. + 39 06 87 15 111

Siti internet
www.mostrepalazzobonaparte.it
www.arthemisia.it

Biglietti
Mostra + performance
90,00 € a persona

Ufficio StampaArthemisia

press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Gli amici Fauves di Matisse, i tre di Le Havre: Othon Friesz, Raoul Dufy, Georges Braque

di Sergio Bertolami

50 – I protagonisti

In questo breve e rapido excursus riguardante il gruppo stretto intorno a Matisse non rimane che accennare ai tre di Le Havre. Lo formano protagonisti eccellenti come Othon Friesz, Raul Dufy e Georges Braque. I primi due sono nati nell’importante città famosa per il suo porto, affacciato sulla Manica, secondo solo a Marsiglia. Il terzo artista, Georges Braque, è in verità di Argenteuil, ma la famiglia si trasferisce ben presto Le Havre, dove vi rimarrà per circa un decennio. Tutti e tre seguono i corsi serali della locale scuola di belle arti. Dipingono i primi paesaggi a Trouville e Honfleur e infine fanno il grande salto stabilendosi a Parigi per completare i propri studi artistici. Il primo impatto naturalmente è quello con lo stile degli impressionisti, ma quando fanno amicizia con Matisse, non resistono ai suoi convincimenti e aderiscono alla pittura dei Fauves.

Othon Friesz, Jardin à Honfleur, 1902
Othon Friesz, Un dimanche à Honfleur, 1907
Othon Friesz, Rouen, 1908
Othon Friesz, Paysage sur la terrasse, 1909

Othon Friesz (Le Havre 1879 – Parigi 1949) desiste dagli studi liceali per frequentare, assieme a Braque e Dufy, la Scuola di Belle Arti. Nel 1898, grazie a una borsa di studio, si trasferisce a Parigi, dove conosce Matisse, Rouault, Marquet e contribuisce ad avviare il linguaggio fauve (Ritratto di Fernand Fleuret, 1907, Parigi, Musée National d’Art Moderne). Nonostante ciò, dopo il 1908, con la scoperta della pittura di Cézanne mette in atto una tavolozza terrosa e una solida struttura delle forme, attraverso una grafia ad arabesco di richiamo liberty (Cassis, 1909, Zurigo, Kunsthaus). È un modo per tornare ad esercitare una pittura più costruita come in Lavori d’autunno (Oslo, Museo). Nel 1906 con Braque si reca ad Anversa, e dopo il 1908 esegue una serie di paesaggi ambientati sulle coste del Mediterraneo. Chi dimentica che il padre di Othon Friesz era un capitano di mare? e che i suoi racconti di viaggi e di paesi lontani lo avevano affascinato sin dall’infanzia? Viaggia in Italia, in Portogallo, in Algeria, e ovunque trae interessanti occasioni per i suoi dipinti. Scavalcati gli anni della guerra (alla quale partecipa), si stabilisce definitivamente a Parigi, dove a partire dal 1924 insegna all’Accademia scandinava. Nel 1937 collabora con Dufy alla decorazione del palazzo di Chaillot. In questi anni dipinge nature morte, nudi e ritratti.

Raoul Dufy: Der 14. Juli in Le Havre (Die beflaggte Straße), 1906,
Raoul Dufy: Strand in Sainte-Adresse, 1906,
Raoul Dufy, Tra i fiori, 1907
Raoul Dufy, Ballo in campagna a Falaise, 1906

Raoul Dufy (Le Havre 1877-Forcalquier, Provenza, 1953) impiegatosi, per volontà del padre, sin dall’età di quattordici anni, dal 1895 frequenta i corsi serali della Scuola di belle arti, dove incontra Friesz e Braque. Nel 1900 a Parigi, grazie ad una borsa di studio, si iscrive alla Scuola nazionale superiore di Belle Arti e dall’anno successivo inizia ad esporre in pubblico. È in questo periodo che subisce l’influenza di Matisse e si interessa agli effetti di colore, come nel dipinto 14 luglio, del 1907. Ma si avvicina anche a Cézanne e a Braque. In breve, l’incontro di Dufy con la pittura dei Fauves è concomitante, né più né meno, con varie altre influenze attraverso le quali cerca spunti per avviare un percorso artistico personale. Eccolo dunque confrontarsi con gli espressionisti del gruppo Cavaliere Azzurro, oppure con i cubisti che l’amico Braque gli propone. La svolta avviene dopo il 1910, quando scopre le costiere del Mediterraneo, in particolare Nizza. È la definitiva maturazione stilistica. Dopo la Prima guerra mondiale compie viaggi in Provenza, Sicilia e Marocco, e soggiorna in varie località francesi, da Parigi, a Marsiglia, a Nizza. Sono gli anni in cui i suoi soggetti spaziano dagli ippodromi, ai caffè, ai locali notturni, ai teatri e sale da concerto. Non manca il mare, con vedute dai colori brillanti e dal disegno fluido e armonioso. Quando abita a Vence con Matisse, dipinge molti dei suoi quadri migliori come le Bagnanti, le Corse di cavalli, scorci di Venezia e di Nizza, piene di freschezza e di colori. Dufy è ricordato non solo come pittore, ma anche come decoratore e scenografo. Già attorno al 1910, si dedica all’arte decorativa, quale disegnatore di stoffe e di arazzi (per il sarto Poiret predispose cliché in legno per lo stampaggio di tessuti) si occupa di ceramica e d’illustrazioni editoriali. Attività artistiche in piena ascesa, che gli consentono di esaltare le sue tonalità squillanti, che mettono in luce un tocco grafico palpitante e allusivo. S’interessa altresì d’incisione: vale ricordare i modelli in legno per il Bestiaire di Apollinaire o le litografie per i Madrigali di Mallarmé. Nel corso degli anni a venire curerà pure costumi e scene per varie opere teatrali come Palm Beach (Ballets de Paris, 1926). Nel 1937 esegue per l’Esposizione universale di Parigi il grande dipinto dell’Electricité.

Georges Braque, L’Olivier près de l’Estaque, 1906 
Georges Braque, Le Viaduc de l’Estaque, 1907–08
Georges Braque, Le Viaduc de L’Estaque, 1908
Georges Braque, La guitare, 1909–10 

Concludo con Georges Braque (Argenteuil 1882-Parigi 1963). Anche per lui, come per i suoi amici di Le Havre, l’esperienza maturata tra i Fauves è un punto di partenza per sviluppare le proprie attitudini. Senz’altro è un’esperienza che gli permette di emanciparsi dagli insegnamenti ricevuti in ambito accademico, come all’Académie Humbert, che frequenta dal 1902 al 1904, appena trasferitosi a Parigi. Opere quali Port Miou oppure L’imbarcadero del porto di L’Estaque sono distinte da un’atmosfera solare che restituisce armonia d’animo. Espone per la prima volta al Salon des Indépendants nel 1906. Il periodo Fauve di Braque è piuttosto breve e si limita ad un paio d’anni, quando lavora con Friesz ad Anversa, a L’Estaque, infine a La Ciotat. L’anno successivo, la mostra commemorativa di Cézanne e l’incontro con Picasso mettono in crisi le sue certezze, stimolandolo ad intraprendere la nuova strada del Cubismo. Il 1907 è, infatti, l’anno in cui l’amico Picasso realizza Les demoiselles d’Avignon, una svolta nell’arte del primo Novecento. Ma questa è un’altra storia e a questo contesto torneremo.

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L’articolo conclude la seconda stagione sull’Arte del Novecento, dedicata ad Espressionismo e Fauves.
Ringraziamo per l’interesse mostrato.

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Gianrico Carofiglio – Rancore

Come è morto, davvero, Vittorio Leonardi? Perché Penelope Spada ha dovuto lasciare la magistratura? Un’investigazione su un delitto e nei meandri della coscienza. Un folgorante romanzo sulla colpa e sulla redenzione.

«Cosa vogliono le vittime dei reati? Le persone ingiuriate dal crimine, quelle che hanno perso i propri cari o la propria dignità? La punizione dei colpevoli? Certo, anche questo. Ma la punizione – la vendetta piú o meno regolata dalle leggi – è in gran parte un’illusione ottica. Ciò che le vittime vogliono davvero è la verità. L’unica cosa che nel lungo periodo è capace di guarire le ferite, di placare il dolore»

Un barone universitario ricco e potente muore all’improvviso; cause naturali, certifica il medico. La figlia però non ci crede e si rivolge a Penelope Spada, ex Pm con un mistero alle spalle e un presente di quieta disperazione. L’indagine, che sulle prime appare senza prospettive, diventa una drammatica resa dei conti con il passato, un appuntamento col destino e con l’inattesa possibilità di cambiarlo. Nelle pieghe di una narrazione tesa fino all’ultima pagina, Gianrico Carofiglio ci consegna un’avventura umana che va ben oltre gli stilemi del genere; e un personaggio epico, dolente, magnifico.

(Tratto dalla scheda editoriale su IBS).

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 

Comprendere l’arte: Le vibrazioni cromatiche del Divisionismo di Piernicola Musolino

Piernicola Musolino, Occhio ribelle

Mostre ed eventi che scorriamo sulle pagine di Experiences celano spesso l’opportunità di sviluppare riflessioni che gioverebbe cogliere. Riguardano tematiche e realizzazioni, oppure forme espressive o semplicemente l’uso di specifiche parole. Partiamo quest’oggi da una parola, Divisionismo, citata a proposito di una mostra che si apre sabato 11 e durerà fino a martedì 21 giugno. Nella prestigiosa cornice del Teatro Vittorio Emanuele di Messina saranno infatti esposte le opere recenti del pittore Piernicola Musolino. Come è scritto nelle pagine di presentazione della mostra, il pittore messinese lavora sulla scomposizione delle forme e dei colori, sia attraverso una ricerca naturalistica che astratta. Ciò che predomina è una declinazione di toni differenti che montano e smontano il tema prescelto in figure geometriche che si succedono in una fantasmagorica alternanza di luci, colori, immagini, figure. Il soggetto nel quadro è solo lo spunto di partenza. Ciò che più conta è l’effetto che riesce a creare su chi lo guarda.

È detto nel suo testo critico che la tecnica di Musolino, sulla scia del “Divisionismo”, trasforma e traduce le immagini in pure vibrazioni cromatiche. I critici d’arte usano spesso un linguaggio apparentemente criptico per chi ha poca dimestichezza con certe problematiche specifiche. Cos’è il “Divisionismo”? A leggere la nota che segue è possibile comprendere, per brevi linee, da dove nasce e quali indirizzi ha sviluppato questa corrente pittorica, che ha trovato negli artisti diverse manifestazioni scaturite da differenti richiami e sensibilità. Piernicola Musolino offre al pubblico dei suoi estimatori una propria chiave di lettura del Divisionismo.   

LA MOSTRA
LA MOSTRA

Cos’è il “Divisionismo”?

Il Divisionismo è una corrente espressiva che si sviluppa all’interno della continua e frastagliata ricerca della pittura neoimpressionista. Prende questo nome soprattutto in Italia ed ha come punto di riferimento la variante francese, più conosciuta, chiamata Puntinismo (Pointillisme). I fondamenti teorici si basano sulla separazione dei colori in singoli punti o linee che si mescolano otticamente nella retina. I divisionisti partivano dall’assunto che l’occhio dell’osservatore combinasse otticamente i colori, ciò permetteva all’artista di non amalgamare sulla tavolozza i pigmenti pittorici. In questo modo, sempre secondo i divisionisti (ma il punto fu contestato), si otterrebbe la massima luminosità possibile scientificamente provata. Il fondatore di questo nuovo stile fu il pittore Georges Seurat che intorno al 1884 lo presentò col nome di cromoluminarismo, con riferimento diretto alle teorie scientifiche di Michel Eugène Chevreul, Ogden Rod e Charles Blanc.

Paul Signac, Ritratto di Félix Fénéon, 1890

Fondamenti tra scienza e arte

Il divisionismo si sviluppò nella pittura del XIX secolo quando gli artisti scoprirono teorie scientifiche della visione che sostenevano un allontanamento dai principi dell’impressionismo, all’epoca già ben sviluppato. Le teorie scientifiche e le regole del contrasto cromatico che avrebbero guidato la composizione per i divisionisti contrapponevano il movimento neoimpressionista all’impressionismo, caratterizzato dalla rappresentazione della natura, della luce e dei suoi effetti su colori e forme. Tra scienziati e artisti, le cui teorie neoimpressioniste sulla luce o sul colore hanno ottenuto un notevole impatto per lo sviluppo del divisionismo, si includono Charles Henry, Charles Blanc, David Pierre Giottino Humbert de Superville, David Sutter, Michel Eugène Chevreul, Ogden Rood e Hermann von Helmholtz. Il divisionismo ottenne rapida attenzione positiva, ma altrettanto negativa, da parte della critica d’arte favorevole all’adozione di teorie scientifiche nelle nuove tecniche pittoriche. Interessati al movimento, vale citare in particolare Félix Fénéon, Arsène Alexandre e Antoine de la Rochefoucauld.

Georges-Pierre Seurat, Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, 1884-1886

Le origini

Il divisionismo trova le sue origini nel capolavoro di Georges Seurat Domenica pomeriggio sull’isola di Grande Jatte, una grande tela di (207,6×308 cm) dipinta tra 1884–86. Seurat – uscito dall’École des Beaux-Arts di Parigi, ammiratore dei pittori della scuola di Barbizon – già dal 1883, insieme ad altri suoi colleghi, iniziò a sperimentare nuovi modi per manifestare quanta più luce possibile su tela. Nel 1884, presenta a una mostra la prima opera importante in tal senso, Bagnanti ad Asnières (Une baignade à Asnières), oltre a piccoli schizzi da cui prenderà spunto Domenica pomeriggio sull’isola di Grande Jatte. Nasceva così, in queste continue e precise ricerche condotte in lunghissime ore di applicazione nel suo studio, la teoria del cromoluminarismo. Inizialmente, il dipinto della Grande Jatte fu realizzato separando semplicemente i colori, ma nell’inverno del 1885-86 venne definito secondo l’interpretazione delle teorie scientifiche del colore e della luce, migliorandone le proprietà ottiche.

La stella dei colori di Charles Blanc

Teoria del colore

La grammatica del disegno artistico di Charles Blanc introdusse Seurat alla teoria del colore e della visione che ispirò il cromoluminarismo. Il lavoro di Blanc, basandosi sulle teorie di Michel Eugène Chevreul e Eugène Delacroix, affermava che la miscelazione ottica dei punti di colore creava l’impressione di colori più vividi e più puri rispetto al tradizionale impasto dei pigmenti. Tale impasto è un processo sottrattivo con i colori primari ciano, magenta e giallo. D’altra parte, quando la luce colorata viene miscelata otticamente, si forma una combinazione additiva, i cui colori primari sono rosso, verde e blu. Secondo Jean Sutter (The Neo Impressionists. Greenwich, CT: New York Graphic Society, 1970) i dipinti di Seurat, in realtà, non raggiungevano una vera fusione ottica; pertanto, questa teoria era certamente più utile ad evocare un senso ottico di vibrazioni di colore, dove i toni contrastanti conservavano la loro identità unica e indipendente, inoltre, per sfruttare la teoria del contrasto simultaneo di Chevreel, i colori contrastanti (tecnicamente detti “colori complementari”) potevano essere collocati gli uni accanto agli altri.

Il Divisionismo in Francia e in Europa

Le teorie di Seurat attirarono molti dei contemporanei, mentre agli artisti del movimento neoimpressionista si unirono artisti che cercavano una risposta all’impressionismo, aprendo nuove strade espressive. Paul Signac in particolare divenne uno dei principali fautori della teoria divisionista, soprattutto dopo la morte di Seurat nel 1891. Infatti, il libro di Signac D’Eugène Delacroix au Néo-Impressionnisme, pubblicato nel 1899, conia e articola il termine neoimpressionismo. Oltre a Signac, altri artisti francesi hanno adottato il divisionismo. Tali pittori, per lo più erano iscritti alla Société des Artistes Indépendants, ed esponevano al Salon of Independents. Tra questi possiamo menzionare Camille e Lucien Pissarro, Albert Dubois-Pillet, Charles Angrand, Maximilien Luce, Henri-Edmond Cross e Hippolyte Petitjean. Pur tuttavia, partendo dal divisionismo delle origini, l’influenza di questa teoria può essere intravista in alcuni successivi dipinti di Henri Matisse, Jean Metzinger, Robert Delaunay e Pablo Picasso. Nel 1907, proprio Metzinger e Delaunay furono identificati dall’influente critico francese Louis Vauxcelles come divisionisti dai grandi “cubi”, le cui rappresentazioni permettevano composizioni piccole ma altamente simboliche. Si stava in altri termini formando un nuovo contesto dal quale prenderanno vita le opere cubiste. Allo stesso tempo, autori come Piet Mondrian, Jan Sluijters e Leo Gestel, nei Paesi Bassi, a partire dal 1909 svilupparono tecniche pittoriche di scomposizione della tela simili a quelle dei divisionisti. I futuristi in seguito (1909-1916) adattarono questo stile, in parte influenzato dall’esperienza parigina di Gino Severini (dal 1907), nel loro dinamismo che interessò grafica, pittura e scultura.

Gino Severini, La danza del pan-pan al Monico, 1911

Il Divisionismo in Italia

L’influenza di Seurat e Signac su alcuni pittori italiani si manifestò alla prima Triennale nel 1891 a Milano. Fra questi, Vittore Grubicy de Dragon e poi Gaetano Previati nei suoi “Principi scientifici del divisionismo” del 1906. Molti altri artisti, soprattutto nel Nord Italia, sperimentarono diverse soluzioni. Giuseppe Pellizza da Volpedo applicò la tecnica pittorica alle problematiche sociali e politiche; Angelo Morbelli ed Emilio Longoni seguirono il suo percorso artistico. Tra le opere divisioniste di Pellizza da Volpedo si ricordano Speranze deluse del 1894 e Sole Nascente del 1904, nonché il suo capolavoro, Il quarto stato olio su tela di grandi dimensioni (293×545 cm). Su questa scia, il divisionismo trovò altrettanti sostenitori anche nel campo della pittura di paesaggio. Basti ricordare Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Angelo Morbelli e Matteo Olivero. Altri pittori, aderenti ai temi pittorici di genere, furono Plinio Nomellini, Rubaldo Merello, Giuseppe Cominetti, Camillo Innocenti, Enrico Lione, Arturo Noci. Il divisionismo fu importante anche nelle opere Ricordi di viaggio del futurista Gino Severini del 1911, Giacomo Balla Lampada ad arco del 1909; Carlo Carrà Uscita di scena del 1910 e Umberto Boccioni La città si risveglia dal 1910.

LEGGI SU WIKIPEDIA LE VOCI:
Divisionismo
Puntinismo

St. Moritz (Svizzera), Museo Segantini: All’ovile. Genesi di un capolavoro

La rassegna documenta quanto lo studio degli effetti luministici in un ambiente chiuso sia stato di fondamentale importanza per la creazione di uno dei maggiori capolavori divisionisti del maestro italiano.
Il percorso espositivo si completa con il dipinto Ritorno all’ovile del 1888 dalla Collezione Otto Fischbacher e tre disegni coevi.
Una sezione presenta le indagini diagnostiche condotte sulla tela di All’ovile che rivelano un ripensamento, poi cancellato.

ST. MORITZ (SVIZZERA) | MUSEO SEGANTINI
FINO AL 20 OTTOBRE 2022

GIOVANNI SEGANTINI. ALL’OVILE
GENESI DI UN CAPOLAVORO

A cura di Annie-Paule Quinsac

Giovanni Segantini, Ritorno all’ovile, 1888 © Stephan Schenk

Fino al 20 ottobre 2022, il Museo Segantini a St. Moritz (Svizzera) ospita la mostra Segantini. All’ovile. Genesi di un capolavoro.

L’esposizione, curata da Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo ragionato di Segantini, e prodotta congiuntamente alle Gallerie Maspes di Milano, in collaborazione con METS Percorsi d’arte, presenta una delle opere divisioniste più importanti del maestro trentino, realizzata nel 1892.

All’ovile fa parte di un ciclo di tre dipinti dedicati agli effetti della luce di lanterna in un ambiente chiuso e buio che ripropongono, con un linguaggio moderno e sperimentale, la tradizione luminista seicentesca, da Caravaggio ai fiamminghi e alle acqueforti di Rembrandt, che Segantini ben conosceva.

La prima, la più monumentale, “Le due madri. Studio di lanterna” del 1889, si trova alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano; la seconda, “All’arcolaio”, del 1891, è conservata dal 1898 in Australia alla National Gallery di Adelaide.

Nonostante siano tutte di altissima qualità, l’effetto magico della luce che avvolge la scena è particolarmente percettibile in All’ovile, proprio per la dimensione più intimista di questo quadro.

Per quanto riguarda la tecnica divisionista, qui Segantini va oltre la resa suggestiva della luce utilizzando trattini di colori puri giustapposti. L’utilizzo di oro in polvere e in particelle incorporate all’impasto fresco gli consente di accentuare le vibrazioni della luce.

Come sempre colpisce la sua capacità di suggerire l’essenza delle cose, la loro fisicità: dal vello delle pecore al tessuto del vestito della donna, al suo volto e al legno della mangiatoia e della culla.

Che il motivo della luce di lanterna in un interno con le sue valenze simboliche abbia affascinato e ispirato Segantini, lo dimostrano altre opere presenti nel percorso espositivo, come i disegni I miei modelli (1890) e All’arcolaio (1891-93).

A questi si affiancano due capolavori della collezione Otto Fischbacher Giovanni Segantini Stiftung, in deposito al museo engadinese: un dipinto e un disegno intitolati entrambi Ritorno all’ovile.

Se la luce della lanterna all’interno della stalla è simbolo di calore, sicurezza e tregua, anche se solo temporanea, dalle fatiche della vita del pastore, Ritorno all’ovile del 1888 raffigura invece un esterno dominato dalla luce fredda e ostile di un crepuscolo autunnale. L’atmosfera di mestizia e rassegnazione, accentuata dalla figura curva della pastora stanca di ritorno dal lavoro, è mitigata dall’ingresso della stalla fortemente illuminato, promessa di ricovero e riposo.

Nel disegno più tardo Ritorno all’ovile del 1891-92, lo stesso motivo è rappresentato in una forma simbolicamente accentuata. 

Completa la rassegna una sezione che presenta i risultati delle indagini diagnostiche realizzate da Davide Bussolari e Stefano Volpin, che consentono di andare oltre gli aspetti percettibili a occhio nudo, ed “entrare” nel lento percorso creativo dell’artista e di scoprire l’esistenza di un ripensamento poi cancellato.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano/inglese) Gallerie Maspes edizioni.

Giovanni Segantini – Note biografiche

Segantini nacque il 15 gennaio 1858 ad Arco, in provincia di Trento, che allora faceva parte dell’Impero austro-ungarico. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano e ottenne il suo primo successo con il dipinto “Il coro della chiesa di Sant’Antonio in Milano” (1879).

Nel 1881 Segantini lasciò Milano e si trasferì con la compagna Bice Bugatti in Brianza. L’allontanamento dalla città e dall’accademia con i suoi canoni e i soggetti mitologici e religiosi obbligati fu una scelta di principio. A quel tempo la Brianza era una regione rurale, Segantini concentrò il suo studio sulla vita quotidiana dei contadini e dei pastori. Nel 1882 nacque il primo figlio, Gottardo; seguirono Alberto, Mario e Bianca.

Nell’agosto 1886 il pittore, dopo un lungo viaggio esplorativo, si stabilì con la famiglia a Savognin, un villaggio di contadini di montagna nell’Oberhalbstein (cantone dei Grigioni). Nell’inverno del 1886/87 il suo mercante d’arte, Vittore Grubicy, gli fece visita e informò il suo protetto sulle tendenze artistiche più moderne in Francia. Fu però soprattutto il paesaggio montano con la sua luce intensa che portò Segantini ad un nuovo linguaggio pittorico. Con il passare del tempo questi arricchì di un contenuto simbolico i paesaggi alpini meticolosamente osservati, in modo da creare visioni allegoriche di rara luminosità. L’allontanamento dalla pittura realista di genere avvenne in una fase di crisi del realismo in tutta Europa.

Dopo otto anni di soggiorno a Savognin, Giovanni Segantini si trasferì in Engadina con la sua famiglia. Nel 1894 prese in affitto lo Chalet Kuoni a Maloja. Anche qui l’artista, i cui dipinti erano tra i più costosi dell’epoca, mantenne il lussuoso stile di vita dell’alta borghesia milanese, sperperando così in breve tempo i guadagni considerevoli. I mesi invernali li trascorreva a Soglio in Val Bregaglia.

All’età di 41 anni, Segantini morì inaspettatamente di peritonite il 28 settembre 1899 sul monte Schafberg sopra Pontresina, mentre stava lavorando al quadro centrale del suo Trittico della natura.


GIOVANNI SEGANTINI. ALL’OVILE.
Genesi di un capolavoro
St. Moritz (Svizzera), Museo Segantini (via Somplaz 30)
20 maggio – 20 ottobre 2022

Orari: martedì-domenica, 11.00-17.00

Biglietti:
Adulti, CHF 15.00
Studenti (16–25 anni), CHF 10.00
Bambini da 6 a 16 anni, CHF 3.00
Bambini sotto i 6 anni, gratuito
Giornalisti con tesserino stampa, CHF 10.00

Informazioni:
Tel. +41 81 833 44 54; info@segantini-museum.ch / info@kubus-sils.ch

Sito internet:
www.segantini-museum.ch

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