Teresa Lazzaro ci ha lasciato – Cantarono per lei i blue-jay e aleggiarono le farfalle: verde era il bosco dove passò

Teresa Lazzaro

«Non capivi il mondo e le sue scorie
l’eternità e il confine del dolore
la mortalità che ha avvolto
gli amici di un tempo tanto cari».

Teresa Lazzaro

Domattina staremo per l’ultima volta insieme a Maresa e pregheremo per lei. Ognuno prega come sa farlo. Maresa che amava la poesia si chiedeva in uno dei suoi versi: «Come pregano i poeti spesso la gente si chiede». E rispondeva: con un Silenzio orante, mentre rimani a contemplare il bello che ti circonda. Potrebbero essere le acque del Lungarno o quelle dello Stretto di Messina che osservava dalle finestre di casa sua, le piccole piante del terrazzo e le profumate rose del giardino, un sorso di vin santo o il pane abbrustolito sulla fiamma.

Ora, fra i tanti amici che se ne sono andati, e Dio sa se ci mancano, ci sarà anche lei. Scriveva di non saper dipingere o danzare, ma di sapere raccogliere all’alba parole di gioia e tenerezza. L’ultima notte ha dormito solo tre ore, come spesso accadeva. Ma attraverso il respiro delle onde e le carezze di venti farfalle riusciva ad afferrare il Silenzio. «Parlo sempre di 20 farfalle, i bambini di Bullenhuser Damm ai quali ho dedicato la mia casa e dove loro hanno ripreso a vivere».

Per anni Maresa, cattolica praticante, si è dedicata a mantenere viva la memoria e la ricerca sulla Shoah. La cura della memoria – diceva – non può fermarsi ad un solo giorno all’anno, nel Giorno della Memoria, quando la invitavano a parlarne nelle scuole. La cura della memoria – spiegava – è l’ascolto dei sopravvissuti che ad Auschwitz, Terezin, Plazow, Lodz hanno avuto un braccio tatuato dai morsi della fame, del freddo e della paura. Come studiosa ha visitato molti dei campi legati all’Olocausto. E sui venti bambini assassinati a Bullenhuser Damm, le sue venti farfalle, ha scritto un libro di poesie intense e di testimonianze toccanti.

L’idea di raccogliere componimenti e relazioni è nata quando è stata invitata a Uppsala in Svezia, per parlare della propria esperienza. Ad Amburgo, per la ricorrenza del 70° anniversario, ne ha presentato la versione in inglese. La sua casa in breve è diventata un luogo per relazionarsi col mondo in mille modi, per ospitare persone che di quelle tragiche vicende continuano a riferire. «Nella mia casa ha vissuto con me Inge Auerbacher che è una dei 99 bambini sopravvissuti a Terezin. Qui ho tradotto il suo libro». S’intitola Io sono una stella, uscito per Bonpiani.

“Venti farfalle e una nuova primavera” è solo l’ultimo libro di Maresa, al quale era forse più affezionata, perché come scriveva «Bullenhuser Damm è dentro di me. Non smetterò mai di raccontare quanto accaduto». Ma ci sono anche molti altri testi, come Ravensbrück, breve viaggio nella memoria, oppure la traduzione in italiano dei pannelli in mostra al Museum of History and Holocaust Education, negli Stati Uniti. E poi una miriade di poesie, che progettavamo sempre di raccogliere in volume.

In questa pagina, però, vorremmo richiamarci alla sua prima pubblicazione poetica. Riguarda l’incontro pubblico per la presentazione di “Blue-jay e quadrifogli”, una storia di affetti e commozioni, che rilegge in versi luoghi e persone di un’esistenza. Come il grande amore per il collega americano conosciuto durante il periodo d’insegnamento negli Stati Uniti. In occasione della presentazione di “Blue-jay e quadrifogli”, Maresa sognava di entrare nell’Aula Magna dell’università di Messina a braccetto del suo maestro. Il maestro era il grande poeta Mario Luzi, ma quel pomeriggio il sogno non si realizzò, perché il suo amico Mario – sono parole di Maresa – aveva un impegno cui nessuno può sottrarsi. A quell’impegno non si è sottratta neppure Maresa. A differenza di molti, però, siamo convinti che lei abbia saputo trovare sé stessa nel momento in cui ha cercato «di ascoltare Dio che parla nel Silenzio».

Non posso più chiederti 
di Teresa Lazzaro

Non posso più chiederti
di conquistare con me l’infinito
sebbene oggi più di ieri
il mio infinito coincide con il tuo.

Anch’io sento dentro di me
quella voce che lotta
quella voce che grida:
“Sud è il mio amore
Sud è bambini che piangono
nelle bocche di vicoli abbandonati
Sud è l’amore condannato
Sud è il mio più strano amore
Sud è la canzone dei primordi.”

A te che me l’hai fatta
riascoltare
posso ora dire che
cosa è il Sud per me:
incontaminazione
dolore
lotta
inarrestabile dissoluzione
impenetrabilità
commistione di gerghi
compromissione
compromessi
sofferenza.

Il nostro infinito
oggi coincide
ma siamo ormai
due linee parallele
e non c’incontreremo più.

Qui, nel mio profondo Sud
capisco perché devo
perderti per sempre.

Qui, nel mio profondo Sud
invecchierà il mio volto
lontano dal tuo
costretto ad invecchiare
laddove non vorrebbe.

Dal libro “Blue-jay e quadrifogli”

Un poeta va e un poeta viene

di Sergio Bertolami

Un poeta va e un poeta viene e tra i due è il filo della continuità dei sentimenti. Il poeta che va è Mario Luzi, il poeta che viene è Teresa Lazzaro, che gli amici chiamano Maresa. Idealmente uno incorona l’altro. Maresa non è legata a Luzi soltanto da una stagione felice, perché anche da lontano – lui in Toscana, lei in Sicilia – è vissuta insieme a Luzi, amico da sempre, un padre dopo la morte di suo padre. Lo ha spiegato nell’aula magna dell’Università di Messina ad un pubblico attento, perché non è di tutti i giorni rimanere incantati alla lettura di una poesia e scoprire all’improvviso un poeta che forse solo Luzi conosceva davvero. In verità Mario – come affettuosamente lo chiama Maresa – aveva preso con lei un impegno: presentare la sua opera prima. Lo aveva preso davanti a Bilenchi che rivolgendosi al maestro famigliarmente gli diceva che sarebbe stato un “bischero” se non lo avesse fatto.

Alla presentazione di “Blue-jay e quadrifogli”, una storia d’amore che rilegge in versi i luoghi e le persone di una vita, maestro ed allieva avevano progettato di entrare in sala a braccetto. Sembra che così non sia stato, perché Mario – sono parole di Maresa – aveva un impegno cui nessuno può sottrarsi. Sembra, ma era solo apparenza, che Mario non ci fosse. Attraverso quel filo di sentimenti era tuttavia presente: viveva nelle liriche  e nelle parole che l’amica affettuosamente gli ha dedicato,  rileggendo le pagine del diario giovanile, con voce delicata e schiva. Le pubblichiamo nella nostra rivista on-line, perché come una eco si propaghi la lingua dei poeti, che sanno guardarsi dentro, mentre noi spesso lo dimentichiamo.  A fare attenzione Mario è negli stessi versi di Maresa, nei suoni familiari, nelle immagini limpide, impalpabili: eppure narrano di cose terrene. Questi versi Luzi ha fatto a tempo a presentarli, con una lettera scritta ad agosto dell’anno passato ed ora posta a prefazione.

«Ho potuto finalmente e in pace, con la dovuta concentrazione disvolgere la matassa dei tuoi versi. Ci voleva questa condizione di libertà attenta e irrelata: le tue poesie non si possono leggere come le altre. Il bello è che danno molto, non esigono niente, ma coinvolgono la vitalità cordiale e l’immaginazione sensuale e affettiva dei tuoi lettori…». Vale la pena di leggere per intero questa lettera e non solo il suo incipit. E’ pubblicata nel bel libro di Maresa (Teresa), dove i blue-jay che la risvegliavano all’alba, ora risvegliano presente e futuro di noi lettori.  Non ci sono incertezze in Maresa, dal maestro ha appreso la strada e da ora in poi la percorrerà con la sicurezza che sa dare la poesia quando ravviva coscienze sopite. Non la fermerà neppure la marginalità del suo – nostro – “profondo Sud”, perché la sosterrà la sua fede interiore, salda come la sua poesia. Ne siamo certi.

Note biografiche

Teresa Lazzaro è nata a Messina l’8 Dicembre 1955. Si è laureata in Lingue all’Università degli Studi di Perugia, con una tesi sull’evoluzione dello stile di Henry James. Nel 1979 ha ottenuto una borsa di studio quadriennale per conseguire un Ph.D. negli Stati Uniti presso la prestigiosa UNC­Chapel Hill, dove è stata borsista Teaching Assistant sia al Dipartimento di Linguistica che al Dipar­timento di Lingue Romanze.

Si è specializzata in Linguistica e Poesia cavalleresca prima di insegnare come Temporary Assistant Professor alla University ofGeorgia- Athens, e come Visiting Professor alla San Diego State University e alla University of Massachussetts ad Amherst. Dall’85 all’87 è stata anche Chair del Curriculum d’Italianistica del consorzio Five Colleges, organizzando un convegno su “Ariosto e la corte Estense” e dedicandosi all’insegnamento multimediale della lingua italiana.GKA per essersi distinta nello studio e nella ricerca, membro attivo nel Center for Intemational Scholarly Exchange si è adoperata per il gemel­laggio tra la University of Massachussetts e l’Università di Siena.

Come Professore Erasmus all’Università di Messina ha curato il Convegno ed il Volume “L’Uomo e il Parco” e poi, ottenuta una borsa di studio di spe­cializzazione biennale in Geografia Economica, èstata Segretaria Scientifica del Convegno INSULA 2000 ed ha curato il volume degli Abstracts. Nell’anno accademico 1989-90 è stata anche Vice Rettore all’Università per Stranieri di Reggio Calabria.

Numerosi i suoi contributi di critica letteraria e di poesia a volumi italiani e stranieri. Nel 1989 ha ricevuto il premio Internazionale di Poesia A. Gatto.

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