CENTO (FE) PINACOTECA SAN LORENZO E ALLA ROCCA DAL 9 NOVEMBRE 2019 AL 15 FEBBRAIO 2020 EMOZIONE BAROCCA – IL GUERCINO A CENTO Catalogo Silvana Editoriale Sito internetwww.guercinoacento.it
Nella città che gli ha dato i natali e che mai ha smesso di amare, l’esposizione presenta 79 opere di cui 72 dell’artista seicentesco, appartenenti in gran parte al patrimonio culturale cittadino, in grado di documentare la sua evoluzione stilistica, dalla formazione alla maturità. L’iniziativa, che regala l’occasione di ammirare in due sedi prestigiose alcuni capolavori, mai più visti dal 2012, a seguito del terremoto che ha colpito la regione, propone anche un itinerario guerciniano in alcune chiese della città e del territorio e una ricca serie d’iniziative collaterali.
Cento (FE) rende omaggio al suo cittadino più illustre, Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666). Dal 9 novembre 2019 al 15 febbraio 2020, alla Pinacoteca San Lorenzo e alla Rocca, si tiene la mostra EMOZIONE BAROCCA. Il Guercino a Cento che documenta l’evoluzione stilistica dell’artista centese, dalla formazione alla maturità.
La rassegna, curata
da Daniele Benati, promossa e organizzata da: Comune di Cento, Assessorato alla
Cultura e Centro Studi Internazionale ‘Il Guercino’, si avvale
dell’organizzazione di CMV Servizi srl con il supporto della Fondazione Teatro
‘G. Borgatti’ e di Ascom, per una serie di iniziative che coinvolgeranno gli
esercizi commerciali della città. La mostra ha ottenuto il patrocinio del
Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Regione
Emilia-Romagna, UNESCO, Chiesa di Bologna, Alma Mater Studiorum, The Sir Denis Mahon
Charitable Trust e il supporto del Gruppo Hera Spa, Fondazione Cassa di
Risparmio, Cassa di Risparmio Spa, Associazione Imprenditori Centesi per la
Cultura, Associazione Amici della Pinacoteca Civica di Cento e Coop Alleanza
3.0.
Particolarmente
simbolica la data scelta per l’inaugurazione, l’8 novembre, giorno del
compleanno di Sir Denis Mahon, lo storico d’arte che dedicò la
vita al Barocco italiano e che, con le
sue scoperte e i suoi studi, portò alla luce eccezionali artisti come Guercino, fino ad allora
pittore non riconosciuto nella sua grandezza.
La mostra presenta 27 dipinti, 32 affreschi e 20
disegni, opere in gran parte appartenenti al patrimonio culturale cittadino,
mai più esposti al pubblico dopo il terremoto del 2012, come le tele della
Cappella Barbieri della Chiesa del Rosario, cappella di famiglia del pittore
ricostruita all’interno del percorso espositivo, insieme ad altre opere della Pinacoteca
Civica di Cento, attualmente inagibile.
Il percorso
espositivo, che parte dalla Pinacoteca San Lorenzo, si apre con i lavori di tre
maestri cui il Guercino guardò con particolare interesse negli anni dei suoi
esordi: Ludovico Carracci (Madonna in trono e Santi, dalla
Pinacoteca civica di Cento), vero modello per il pittore di Cento e di cui
l’anziano artista bolognese fu fervente sostenitore e appassionato ammiratore, Carlo Bononi (I Santi Lorenzo e Pancrazio, dalla chiesa di San Lorenzo a
Casumaro, frazione di Cento) uno dei protagonisti della pittura del Seicento da
cui apprese il senso plastico delle forme e il ferrarese Scarsellino dal quale imparò il cromatismo della pittura veneta.
Oltre al già ricco
nucleo di opere di Cento saranno presentate altre tele pregevoli provenienti da
città vicine come l’Assunta con angeli e
i santi Pietro e Girolamo proveniente dalla Cattedrale di Reggio Emilia, un’opera che per la prima volta esce dal
duomo cittadino, il San Francesco con San
Luigi di Francia oranti proveniente dalla Parrocchiale di Brisighella e la spettacolare Madonna col Bambino dormiente proveniente dalla Collezione Salamon di Milano.
Un’importante
porzione della mostra verrà riservata nella Pinacoteca San Lorenzo alla ricca collezione di disegni di Guercino di
proprietà della Pinacoteca Civica di Cento, e altri fogli che provengono da
collezioni private e istituti bancari che documentano la sua straordinaria
capacità inventiva e il suo innato talento grafico.
Alla Rocca il
visitatore sarà poi accompagnato tra le opere giovanili del Guercino,
caratterizzate da una grave forza chiaroscurale, da intensi contrasti cromatici
e da una pittura che risente del tonalismo di scuola veneziana. Saranno esposti
un nucleo rilevante di affreschi,
oltre al ciclo decorativo che Il Guercino e i suoi allievi hanno eseguito nella
Casa Chiarelli (già Benotti) a Cento, di recente acquisiti
dal Comune e mai esposti al pubblico fra cui destano particolare interesse le
opere realizzate a tempera su tela con la tecnica del guazzo: Paesaggio con festa da ballo di campagna
e Paesaggio con briganti che attaccano la
festa da ballo. Questa acquisizione è stata oggetto di trattazione da parte
della prestigiosa rivista The Burlington
Magazine e rappresenta un apporto significativo alla conoscenza
dell’attività del giovane Guercino come decoratore di alcune dimore signorili
della sua città natale.
Chiude idealmente il percorso la prima opera di Guercino finora conosciuta,
realizzata all’età di otto anni sul muro della casa paterna a Cento, che
raffigura la Madonna della Ghiara.
La rassegna si pone
l’obiettivo di promuovere e di valorizzare il patrimonio culturale e le eccellenze
di Cento. A tal proposito, gli organizzatori hanno studiato un itinerario guerciniano che comprende le
chiese di San Sebastiano, di Santa Maria Maddalena, di San Biagio, di
Sant’Isidoro di Penzale, dei SS. Rocco e Sebastiano, depositarie di opere di
Guercino e di seguaci della sua scuola. Al “Centro
Pandurera” della Fondazione Teatro Borgatti, inoltre, saranno esposte 33 incisioni, provenienti dalla collezione
della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento, realizzate sui modelli del
Guercino da artisti del ‘600, ‘700 e ‘800.
L’iniziativa mira
poi a coinvolgere l’intera città, attraverso una serie di eventi collaterali
come i led wall nel Palazzo del
Governatore, sulla piazza dedicata al pittore centese; l’applicazione per smartphone,
realizzata dall’Università di Bologna in collaborazione con il Comune di Cento,
che accompagnerà il visitatore alla scoperta dei luoghi guerciniani della
Città, e ancora le lavagne interattive che presenteranno i lavori effettuati
dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Alma
Mater Studiorum dell’Università di Bologna Laboratorio Diagnostico, in
collaborazione con il Centro Studi Internazionale ‘Il Guercino’, su tre opere
di Guercino, La Madonna col Bambino
benedicente, il Miracolo di San Carlo
e San Carlo in preghiera coi due angeli,
per conoscere la tecnica e i materiali dei pigmenti dal pittore centese, e il
ciclo di conferenze su alcuni dipinti e tematiche relative al Guercino.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato
da Silvana Editoriale.
IMMAGINE DI APERTURA – Guercino, Sibilla, 1620, olio su tela, Cento, Fondazione Cassa di Risparmio
MONTELUPO FIORENTINO (FI) AL PALAZZO PODESTARILE DAL 30 NOVEMBRE 2019 AL 26 GENNAIO 2020 LA PERSONALE DI MATTEO CIBIC PARADISO DREAMS A cura di Silvana Annicchiarico
L’esposizione presenta oltre 100 opere in ceramica di uno dei più visionari designer italiani della nuova generazione. Una sezione proporrà una serie di lavori inediti che reinterpreteranno la grande tradizione ceramica di Montelupo, realizzati in collaborazione con il Laboratorio di Ceramiche d’Arte Dolfi di Ivana Antonini.
Una delle capitali della ceramica incontra uno dei più visionari e apprezzati designer italiani della nuova generazione.
Dal 30 novembre 2019 al 26 gennaio 2020, Palazzo Podestarile di Montelupo Fiorentino (FI) ospita la personale di Matteo Cibic (1983), la cui carriera testimonia una forte tangenza con la ceramica che l’ha portato a creare diverse collezioni di oggetti iconici, facilmente riconoscibili. L’esposizione, dal titolo Paradiso Dreams, promossa dalla Fondazione Museo Montelupo, col contributo della Regione Toscana nel programma regionale Toscanaincontemporanea2019, curata da Silvana Annicchiarico, presenta una selezione di opere ceramiche tra quelle più significative e innovative di Matteo Cibic.
“Questa mostra – afferma Silvana Annicchiarico – vuole
stimolare un cortocircuito fra la grande tradizione artigianale della ceramica
montelupina e l’immaginario onirico, fantastico e surreale di un giovane
designer dallo sguardo intimamente contemporaneo com’è Matteo Cibic.
Intensificare i rapporti e le relazioni fra linguaggi e tradizioni diverse, fra
antico e moderno, fra reale e fantastico, fra funzionale e ludico: credo sia
questa la strada più feconda per promuovere oggi l’innovazione e la ricerca nel
territorio culturalmente ed economicamente fecondo che sta al crocevia fra
arte, artigianato e design.”
Il percorso espositivo è articolato in diverse tappe, ognuna delle quali accoglie un progetto diverso, frutto di una specifica visione, che ha generato ogni volta una differente collezione. Il cuore dell’esposizione è la sezione Montelupo, una serie di oggetti inediti, realizzati appositamente per questo appuntamento con il Laboratorio Ceramiche d’Arte Dolfi di Ivana Antonini, ceramista tra le più conosciute del territorio, con l’obiettivo di reinterpretare, valorizzare e innovare la grande tradizione montelupina.
La mostra si apre con Animagic, una sorta di bestiario
immaginario, popolato da animali fantastici realizzati in ceramica placcata oro
24 carati e prosegue con Dermapoliesis, una serie di piante e di forme
organiche in ceramica, conservate sotto campane di vetro capaci di preservarne
idealmente l’aspetto per poterle trasmettere ai posteri. Si tratta di prototipi
che incarnano un’idea di come potranno essere le piante nel futuro, in grado di
generare profumi, cookies, maglieria. Una sorta di utopia del futuro in cui la
flora e la fauna autoprodurranno materiali lavorati per soddisfare le diverse
necessità degli uomini.
La mostra testimonia inoltre l’estrema ecletticità del designer, attraverso il progetto Luce Naga, delle sinuose luci dorate in ceramica che si ispirano alla tipografia indiana. Il percorso prosegue con la sezione Domsai, dei tamagochi da scrivania costituiti da cactus messi sotto delle campane di vetro soffiato e collocati su gambette in ceramica, per poi sfociare nel mondo fantastico di Vasonaso, una serie di opere che rileggono in chiave ironica la quotidianità, al limite dell’ossessione, di Giorgio Morandi e delle sue nature morte piene di vasi, bottiglie e bicchieri. Il progetto Vasonaso conduce Matteo Cibic a realizzare una collezione di 365 vasi, uno al giorno, ognuno dei quali presenta un’appendice a forma di naso. Come le bottiglie di Morandi, anche i suoi vasi sono accomunati da caratteristiche somatiche o di colore e possono essere raggruppati per ceppi genealogici. “Ogni vaso – ritiene Cibic – nasconde un naso, che lo rende unico, gli dà una personalità definita e diventa lo strumento di relazione con gli altri vasi”. Si tratta di un vero e proprio viaggio nei sogni surreali e metafisici di Matteo Cibic amplificato dallo scenografico allestimento da lui disegnato. Il Catalogo edito da All’Insegna del Giglio riunisce per la prima volta tutto il lavoro ceramico di Matteo Cibic attraverso fotografie inedite e numerosi disegni.
Note biografiche
Matteo Cibic (1983) è un designer e direttore creativo italiano. È conosciuto per la creazione di oggetti che si caratterizzano per le loro funzioni ibride e per le forme antropomorfe e cariche d’ironia. Lavora sia utilizzando processi industriali, sia a fianco di piccoli artigiani; le sue opere sono prodotte per marchi del lusso, collezionisti e aziende hi-tech. Ha esposto in musei
italiani e internazionali come il Musée Pompidou di Parigi, lo Shanghai Museum
of Glass, il Triennale Design Museum di Milano, il Mudac – Museum of
Contemporary Design and Applied Arts di Losanna, oltre che in manifestazioni
come la Saint Étienne Design Biennale, Biennale Internazionale d’Arte di
Venezia e in gallerie come Rossana Orlandi di Milano, Mint Gallery di Londra,
Seeds Gallery di Londra, Secondome Gallery di Roma, Le Mill di Mumbai, Superego
di Asti.
IMMAGINE DI APERTURA – Matteo Cibic, Vaso Naso p3 della collezione di 366 opere iniziata a gennaio e conclusa a dicembre del 2016.
Padova, Palazzo del Monte di PietàINCONTRO E ABBRACCIO nella Scultura del Novecento da Rodin a Mitoraj Mostra a cura di Alfonso Pluchinotta in collaborazione con Maria Beatrice Autizi 16 Novembre 2019 – 09 Febbraio 2020 Sito web: http://www.incontroabbraccio.it
Mostra d’arte a sviluppo tematico – tra le poche in Italia – “Incontro e Abbraccio” esplora, attraverso una potente rassegna di ben 120 sculture del Novecento, le molteplici singolarità della condizione umana. 120 opere, spesso capolavori, di Auguste Rodin, Vincenzo Gemito, Arturo Martini, Pietro Canonica, Jacques Lipchitz, Agenore Fabbri, Virgilio Guidi, Luciano Minguzzi, Fernad Legèr, Henry Moore, Marcel Duchamp, George Segal, Salvator Dalì, Lorenzo Quinn, Igor Mitoraj fino alle tendenze iconiche di fine secolo. Tutti riunite per sottolineare le tante “attese” da cui siamo circondati. “Attese” di persone che chiedono il sostegno di una parola, il riconoscimento di uno sguardo, la condivisione di un gesto. L’obiettivo di un percorso espositivo così concepito è quello di offrire una visione dell’Uomo, aperto e positivo, in contrapposizione a chiusure, indifferenza o disimpegno. In ragione di questo obiettivo, la scelta delle opere e la loro collocazione in mostra non risponde ad una cronologia di realizzazione, a ragioni di assonanza stilistica o ad altri criteri che afferiscono alla storia e critica d’arte. La scelta è condotta su tutt’altro registro, persino più affascinate e certo coinvolgente: a fare da filo conduttore sono precisi temi in dialogo tra loro: il cammino della vita, la formazione, l’incontro, la relazione, la lontananza, l’attesa e la compassione.
“Tra le espressioni artistiche, – scrive Maria Beatrice Autizi – , la scultura è quella che riesce a rappresentare meglio le problematiche dell’uomo, per la tridimensionalità e per la relazione dei corpi e delle forme nello spazio: quello spazio intimo della materia che racconta il corpo trasformandolo in forma e luogo di accadimenti nelle più diverse modulazioni, ora armoniche in una compostezza classica, ora enfatizzando il movimento con cui la materia racconta se stessa, ora sollecitando le superfici con tonalità impressioniste, o ripiegando su narrazioni liriche, o simboliste, o metafisiche”. L’opera d’arte scultorea si fa qui sollecitazione, introspezione, ricerca delle forme e dei gesti. L’arte plastica esalta la complessità dei volumi e richiama l’attenzione sul dettaglio, aspetto valorizzato dalla possibilità data ai visitatori di rigirare e toccare alcune delle opere in mostra. Soprattutto la figura umana a più dimensioni suscita osservazioni diverse, invita a riflettere sulla vita, le sue grandezze e le sue fragilità, più di quanto potrebbero le immagini bidimensionali di uso comune. “Ci stiamo diseducando alla tridimensionalità, al tatto, alla durata che genera rappresentazione, avvertendoci così del rischio di diventare osservatori frettolosi, meno capaci di cogliere le disposizioni dell’animo e dell’affettività”, sottolinea Alfonso Pluchinotta. “Nell’epoca digitale, l’Umanesimo appare sempre più lontano, scavalcato (ma non domato) dalla velocità e dalle nuove possibilità di comunicazione, che limitano l’esercizio dell’attenzione e della riflessione, il farsi della sedimentazione e della memoria, la dimensione reale e rispondente dei contatti”.
Una mostra dalla forte attualità sociale, quindi. E, non a caso, a promuoverla è la Fondazione Salus Pueri, onlus creata nel 1992, a Padova, per far sì che la Pediatria del locale Policlinico sia sempre più “casa”, naturalmente temporanea ma familiare, per i più piccoli. Al progetto hanno aderito l’Università agli Studi di Padova, la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la Solgar farmaceutici, Inartis, Poligrafo, Assicurazioni Generali, con il patrocinio della Commissione Europea e di Regione, Provincia e Comune. Per il valore sociale oltre che culturale della grande rassegna, l’ingresso sarà gratuito, salvo una donazione libera a sostegno delle attività della Fondazione Salus Pueri. “Incontro e abbraccio” non è solo questa grande mostra. Il progetto le affianca infatti una serie di incontri con Vittorino Andreoli, psichiatra, già Direttore del Dip. di Psichiatria dell’Università di Verona; Barbara Volpi, docente al Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica de La Sapienza, Roma; Salvatore Piromalli, filosofo, operatore sociale, Responsabile Associazione Le Città Invisibili; Patrizia Manganaro, docente di Storia della Filosofia Contemporanea alla Lateranense di Roma. Chimati ad approfondire i temi della grande mostra.
IMMAGINE DI APERTURA – Giorgio DE CHIRICO, Ettore e Andromaca, 1968, Bronzo, 1/3 Dimensioni: cm 95 (h) x 38 x 37,5 Galleria Phaseart, Piacenza
REGGIO EMILIA A PALAZZO MAGNANI E AI CHIOSTRI DI SAN PIETRO DAL 16 NOVEMBRE 2019 ALL’8 MARZO 2020 LA MOSTRA: WHAT A WONDERFUL WORLD PAGINA WEB DELLA MOSTRA Sito internet: www.palazzomagnani.it
L’esposizione è un affascinante percorso nella lunga storia dell’Ornamento tra arte e natura, dall’età antica ai grandi protagonisti della storia dell’arte, con opere di autori quali Albrecht Dürer, Leonardo da Vinci, Giovan Battista Piranesi, William Morris, Koloman Moser, Maurits Cornelis Escher, Pablo Picasso, Henri Matisse, Giacomo Balla, Andy Warhol, Keith Haring, Peter Halley, Shirin Neshat. L’esposizione rivela i significati profondi dell’Ornamento, visto non più come semplice e superficiale abbellimento, ma quale fenomeno che investe la quotidianità e il nostro rapporto con la dimensione estetica, attraversando processi storici sottesi, intrecci tra culture, prestiti di natura filosofica, sociologica e antropologica.
Dal 16 novembre 2019 all’8 marzo 2020, Palazzo Magnani e i Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia ospitano la mostra What a wonderful world. La lunga storia dell’Ornamento tra arte e natura, un avvincente e inedito viaggio attraverso i secoli, per comprendere quanto la Decorazione e l’Ornamento raccontino di noi e del mondo. L’esposizione – promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani, in collaborazione con Comune di Reggio Emilia, Provincia di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – ripercorrerà alcune delle numerose declinazioni in cui si esplica l’azione ornamentale attraverso oltre 200 opere, provenienti da importanti collezioni private e da istituzioni museali nazionali e internazionali tra le quali il Victoria&Albert Museum di Londra, il Museo Ermitage di San Pietroburgo, il Musée du quai Branly di Parigi, Le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.
Oltre ad alcuni pezzi della protostoria, la mostra attraverserà più di duemila anni di storia dell’arte, dall’età romana al Medioevo fino ai giorni nostri, con opere di autori quali Albrecht Dürer, Leonardo da Vinci, Moretto, Giovan Battista Piranesi, William Morris, Alphonse Mucha, Koloman Moser, Maurits Corneils Escher, Pablo Picasso, Henri Matisse, Giacomo Balla, Gino Severini, Sonia Delaunay, Josef e Anni Albers, Victor Vasarely, Arman, Andy Warhol, Keith Haring, Peter Halley, Wim Delvoye, Maggie Cardelus, Enrica Borghi, Claudio Parmiggiani, Malcolm Kirk, Shirin Neshat, Meyer Vaisman e molti altri. Il progetto, a cura di Claudio Franzoni e Pieluca Nardoni, è frutto di un lavoro importante messo i in campo dal Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani, presieduto da Marzia Faietti e composto da Gerhard Wolf, Vanni Codeluppi, Marina Dacci e Walter Guadagnini. Il percorso espositivo intende indagare le origini e gli sviluppi del multiforme matrimonio tra vita quotidiana, arte e Decorazione per poi affrontare in modo dettagliato le esperienze di tanta artedel Novecento e del nuovo millennio in cui i temi dell’Ornamento sono stati di nuovo rimessi in gioco.
Per confrontarsi con un lessico per definizione
vastissimo e con il suo utilizzo altrettanto diversificato, la rassegna propone diverse sezioni. La prima s’inoltra nel mondo naturale per analizzare come piante e animali si ornino modificando il loro aspetto esteriore e per indagare le ragioni di queste provvisorie o permanenti alterazioni della propria forma esterna. La seconda si concentrerà sulla pratica, da sempre usata dall’uomo, di adornare il proprio corpo, attraverso gli indumenti e gli accessori, come orecchini, collane, monili vari, nei quali il ruolo “ornamentale” è almeno pari a quello funzionale. Uno degli itinerari offerti dalla mostra sarà interamente dedicato a un’esperienza locale sbocciata nella prima metà del Novecento, quella dell’Ars Canusina, inventata e condotta dalla psichiatra reggiana Maria Bertolani Del Rio (1892-1978), all’interno del manicomio San Lazzaro di Reggio Emilia. Una sezione seguirà l’evoluzione del motivo ornamentale vegetale nei secoli e nelle varie culture, dai vasi attici ai capitelli romanici, alle traduzioni ottocentesche di William Morris, a cui si aggiunge il motivo dell’intreccio; allontanandosi da una visione naturalistica e prendendo spunto a volte dalle stesse pratiche artigianali legate, per esempio, all’oreficeria e alla produzione di tessuti, il Medioevo predilesse la descrizione minuziosa di grovigli, trame intricate, nodi. Il visitatore sarà avvolto dagli ipnotici motivi a nodo dei plutei dell’abbazia di Bobbio (IX sec.) e delle incisioni ricavate da disegni di Albrecht Dürer e Leonardo da Vinci.
L’esposizione prosegue con una serie di sale che contestualizzano e illustrano l’attuale
visione dell’ornamento,
perfezionatasi tra Ottocento e Novecento: l’infatuazione per l’elemento
ornamentale che caratterizza la seconda metà del XIX secolo (da William Morris
al clima Art Nouveau, con opere di Morris, Mucha e Moser) si scontra con il
rifiuto totale della decorazione a favore della mera funzionalità dell’oggetto
(da Adolf Loos a Le Corbusier fino a Marcello Nizzoli). Dalla seconda metà del Novecento, fino ai nostri
giorni, si assiste a una rivincita delle forme ornamentali. L’Ornamento si è
infatti insinuato anche in una cultura figurativa apparentemente avversa come
quella di molte avanguardie artistiche tra il primo Novecento e il secondo
dopoguerra. Al precedente clima Art Nouveau si contrappongono, in arte,
le Avanguardie storiche, come i Cubisti, i Futuristi, gli Astrattisti di vario
genere, interessate per lo più a raffigurare le “essenze” del mondo. La mostra proseguirà guardando ai modi con cui l’arte
occidentale del Novecento assume le tendenze
decorative di culture distanti nello spazio o nel tempo. Chiuderà
idealmente il percorso un
approfondimento nel campo della musica.
31 Ottobre 2019 – 13 Aprile 2020 Urbino, Galleria Nazionale delle Marche | Palazzo Ducale di Urbino RAPHAEL WARE. I colori del Rinascimento Mostra a cura di Timothy Wilson e Claudio Paolinelli. Direzione di Peter Aufreiter Sito web: http://www.gallerianazionalemarche.it
La Galleria Nazionale delle Marche, dal 31 ottobre 2019 al 13 aprile 2020, svela 147 raffinati esemplari di maiolica rinascimentale italiana, provenienti dalla più grande collezione privata del settore al mondo. Una raccolta di altissimo livello appartenente ad un colto collezionista che ha concesso di esporre il suo tesoro al Palazzo Ducale di Urbino, in concomitanza con la grande mostra “Raffaello e gli amici di Urbino promossa dalla Galleria Nazionale delle Marche e che si potrà ammirare al Palazzo Ducale dal 3 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020. Ciascuna delle 147 maioliche testimonia, a livelli altissimi, come la grande stagione rinascimentale italiana sia riverberata su ogni forma artistica e, nello specifico, in quella della maiolica. Tecnica, o meglio arte, che esprime in pieno la ricerca estetica, il clima culturale, ma anche il modus vivendi, che fanno dell’Italia e dei suoi artisti, tra Quattrocento e Cinquecento, il faro culturale dell’Occidente. Già dal Seicento, nei paesi europei, la maiolica cinquecentesca italiana diventa una vera e propria passione collezionistica ed, a quella istoriata, da considerarsi a pieno titolo un aspetto della pittura rinascimentale, viene associato il nome del grande pittore urbinate: in inglese Raphael ware. E Raphael ware è anche il titolo di questa affascinante mostra. A curarla, con la direzione di Peter Aufreiter, sono Timothy Wilson e Claudio Paolinelli.
Seguendo il gusto rinascimentale per la decorazione figurata, i pittori di maiolica – tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento – iniziano a coprire ogni superficie disponibile dei loro oggetti, con istorie di ogni sorta. Le composizioni possono essere invenzioni originali degli stessi maestri ceramisti o riecheggiare quelle delle arti maggiori, ed ancora, essere estratte da xilografie o incisioni. Nel ducato di Urbino, Casteldurante, Gubbio, Pesaro ma, soprattutto, il capoluogo, divengono famosi per l’istoriato. Urbino è infatti la città che, nella seconda metà del Quattrocento, il Duca Federico trasforma in una delle capitali del Rinascimento, richiamandovi i massimi esponenti della cultura del tempo ed edificandovi il Palazzo Ducale, capolavoro indiscusso della storia dell’architettura di ogni tempo. La città che, di lì a poco, proprio per il clima culturale instauratovi, dà i natali a Raffaello, il pittore la cui levatura ancora giganteggia nel panorama artistico universale. Proprio il contesto che dà vita al genio raffaellesco, fornisce l’humus creativo e la formazione artistica necessari alla nascita ad alcuni dei più grandi artisti della maiolica italiana: Nicola da Urbino, Francesco Xanto Avelli e Francesco Durantino. Ad accogliere la mostra è, al secondo piano del Palazzo Ducale di Urbino, la luminosa Loggia del Pasquino, con l’intenzione di mostrare questi raffinati oggetti nella piena luce naturale poiché la maiolica – più di ogni altra forma d’arte del tempo – mostra i suoi colori perfettamente conservati come all’origine, quando uscì dalla bottega del ceramista. La loggia è posta a fianco alle sale che espongono una parte delle ceramiche della collezione permanente e l’allestimento – appositamente creato – verrà poi utilizzato proprio per ampliare lo spazio espositivo dedicato a questa sezione.
IMMAGINE DI APERTURA–Piatto, Deruta, 1510/1530 ca.
MODENA – FMAV – FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE MATA – EX MANIFATTURA TABACCHI DAL 12 OTTOBRE AL 17 NOVEMBRE 2019 LA MOSTRA DEI VINCITORI DEL PREMIO DAVIDE VIGNALI 2018/2019 VIII EDIZIONE
Il concorso seleziona ogni anno le più significative opere fotografiche e video realizzate dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna. La cerimonia di premiazione dei giovani artisti e l’inaugurazione della mostra si terranno, alla presenza del noto fotografo Olivo Barbieri, sabato 12 ottobre 2019, alle ore 11 al MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena.
Dal 12 ottobre al 17 novembre 2019, il MATA –Ex Manifattura Tabacchi di Modena ospita la mostra dei vincitori dell’ottava edizione del Premio Davide Vignali 2018/2019, dedicato al ricordo del giovane ex-alunno dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, prematuramente scomparso. Promosso da Fondazione Modena Arti Visive, dalla Famiglia Vignali e dall’Istituto d’Arte Venturi di Modena, il concorso seleziona ogni anno le più significative opere fotografiche e video realizzate dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna.
La cerimonia di premiazione e l’inaugurazione della mostra, che vedranno la partecipazione straordinaria del noto fotografo Olivo Barbieri,sono in programma sabato 12 ottobre 2019alle ore 11, al MATA – Ex Manifattura Tabacchi a Modena. La giuria – composta dal fotografo Olivo Barbieri, dalla Famiglia Vignali, da Paola Micich, da Antonella Battilani e Maria Menziani dell’Istituto d’Arte Venturi e da Daniele Pittèri, Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi di Fondazione Modena Arti Visive – ha attribuito il primo premio aClara Grilanda e Gianmarco Onofri, studenti del Liceo Artistico e Musicale Statale di Forlì e autori del video Essere Maschi. Il secondo riconoscimento è andato a Luz Angelica Moccia, una studentessa del Liceo Chierici di Reggio Emilia, per la serie Incontri onirici, mentre il terzo classificato è risultato Mamoudou Cisse dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, per la serie Viaggi. I vincitori riceveranno un premio di € 1.000; il secondo classificato parteciperà a un workshop di Fondazione Modena Arti Visive; al terzo, verrà donata una selezione di libri editi dalla Fondazione. Il
Premio Venturi, riservato a uno studente dell’omonimo istituto modenese,
è stato assegnato a Sara Perfetto, autrice della serie fotografica Marionetta, a cui andranno € 500.
“Anche
quest’anno le immagini presentate al concorso ci hanno messo in contatto con
mondi giovanili diversi, introspettivi, di grande intensità emotiva – affermanoMarisa Spallanzani e Doriano Vignali, genitori di Davide e co-promotori del
Premio. Ci hanno mostrato diversi stili espressivi e comunicativi, invitato
a scoprire percorsi culturali molto diversi tra loro, e fatto nascere ricordi
intimi, personali, profondi. È un riaffiorare di visioni, che emergendo
dal mondo giovanile di oggi, ci ricordano Davide, la sua giovinezza, la sua
energia scalciante e ribelle, la sua fantasia, la sua creatività”.
Il
Premio Davide Vignali costituisce per Fondazione Modena Arti Visive
un’importante occasione di collaborazione e scambio con le realtà più vicine
alle nuove generazioni, riflettendo l’attenzione da sempre rivolta verso la
formazione di giovani artisti.
Oltre
alle opere dei vincitori, la mostra raccoglie i progetti di Zita Alberti (Liceo Artistico Toschi,
Parma), Carlotta Borghi (Istituto
d’Arte Venturi di Modena), Rares Stefan
Burnea (Liceo Ulivi, Parma), Tommaso
Cardia (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Alberto Ferrari (Liceo Artistico Chierici, Reggio Emilia), Elena Guizzardi (Istituto d’Arte
Venturi, Modena), Andrea Landi
(Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Viola
Manfrini (Liceo Artistico Arcangeli, Bologna), Nicole Marchetti (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Niccolò Milanesi (Istituto d’Arte
Venturi, Modena), Filippo Poppi
(Liceo Corni, Modena), Chiara Rossi
(Liceo Artistico Cassinari, Piacenza), Serena
Zanasi (Istituto d’Arte Venturi, Modena).
Parallelamente alla mostra, prende avvio la nuova edizione 2019/2020 del Premio: il bando, riservato a tutti gli studenti di quinta delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna, rimarrà aperto fino al 10 aprile 2020. Maggiori informazioni sul sito di Fondazione Modena Arti Visive www.fmav.org
IL PREMIO
DAVIDE VIGNALI
Il Premio Davide Vignali nasce nel 2011 dall’urgenza di
reagire alla tragica e prematura scomparsa di Davide Vignali. Accogliendo un
desiderio espresso dalle sue ex insegnanti (le professoresse Antonella
Battilani e Maria Menziani dell’Istituto Venturi di Modena), la famiglia
Vignali ha ideato il concorso con l’intento di dare vita all’energia di Davide
ed evocare la sua umanità, la sua vivacità, il suo desiderio di realizzare
qualcosa di importante. Fin da subito si è aggiunta la collaborazione di
Fondazione Fotografia Modena, da anni impegnata nel sostegno dei giovani artisti
e della loro formazione e oggi parte di Fondazione Modena Arti Visive.
IMMAGINE DI APERTURA – Elena Guizzardi, Estraniarsi, 2019 (Particolare)
PAVIA SCUDERIE DEL CASTELLO VISCONTEO 12 OTTOBRE 2019 – 9 FEBBRAIO 2020 HOKUSAI, HIROSHIGE, UTAMARO Capolavori dell’arte giapponese WEBSITE: http://www.scuderiepavia.com
La rassegna presenta oltre 150 opere che testimoniano la grande produzione di stampe policrome giapponesi ukiyo-e, e la loro influenza sull’arte europea, soprattutto francese di fine Ottocento. I lavori dei grandi maestri nipponici saranno infatti messi a confronto con quelli di autori quali Edouard Manet, Henri Toulouse Lautrec, Pierre Bonnard, Paul Gauguin, Camille Pissarro e altri, provenienti per la maggior parte dalla Johannesburg Art Gallery.
Dal 12 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020, alle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia, una mostra pone a confronto il fascino delle stampe giapponesi di autori quali Katsushika Hokusai (1760‐1849), Utagawa Hiroshige (1797‐1858) e Kitagawa Utamaro (1753‐1806) con quelle di artisti quali Edouard Manet, Henri Toulouse Lautrec, Pierre Bonnard, Paul Gauguin, Camille Pissarro e altri. La rassegna, Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Capolavori dell’arte giapponese, promossa dal Comune di Pavia – Settore Cultura, Turismo, Istruzione, Politiche giovanili, prodotta e organizzata da ViDi, in collaborazione con Musei Civici di Pavia, curata da Tara Weber, registrar della Johannesburg Art Gallery, Laura Aldovini, conservatore dei Musei Civici di Pavia, e Paolo Linetti, direttore del Museo d’Arte Orientale Collezione Mazzocchi di Coccaglio, vuole infatti mostrare le meraviglie delle ukiyo-e, ovvero le raffinate incisioni a colori su legno sviluppatesi nel Paese del Sol Levante a partire dal XVII secolo, e la profonda influenza che ebbero sulla storia dell’arte europea, soprattutto francese, del XIX secolo.
L’esposizione presenta oltre 150 opere, provenienti dalla collezione d’arte asiatica della Johannesburg Art Gallery, formatasi a partire dal 1938, a cui si aggiungono 30 stampe di proprietà dei Musei Civici di Pavia, databili al 1856-1857, eseguite da Kunisada Utagawa allievo di Toyokuni, grande maestro della tecnica ukiyo-e nell’Epoca di Edo. È inoltre possibile ammirare la celeberrima Grande Onda di Hokusai. Le ukiyo-e, letteralmente “immagini del mondo fluttuante”, sono il prodotto della giovane e impetuosa temperie culturale fiorita nelle città di Edo, l’attuale Tokyo, Osaka e Kyoto, contraddistinte da una tecnica artistica utilizzata durante la seconda metà del Seicento, a partire dalle opere monocromatiche di Hishikawa Moronobu, realizzate con inchiostro cinese, quindi colorate a mano con dei pennelli. Fu solo nel Settecento che si sviluppò la tecnica della stampa policromatica che decretò il successo di queste stampe in patria e nell’Occidente.
Il percorso esplora le tematiche più riconoscibili delle ukiyo-e: si parte con l’analisi della storia della stampa giapponese, approfondendo in particolare come l’inserimento di un elemento di stile come il colore si sia poi evoluto nel corso degli anni per diventare un’imprescindibile caratteristica delle incisioni. Maestri del paesaggio è il titolo della sezione che raccoglie alcune opere a soggetto naturalistico di Hokusai e Hiroshige, cui molti artisti occidentali si rifecero per proporre l’immagine del Giappone, nella seconda metà dell’Ottocento, e che precede quella dedicata alla natura, ovvero agli animali che la popolano, dagli uccelli ai pesci. Particolarmente suggestiva è la parte dedicata alla bellezza femminile, all’eleganza delle forme del corpo e dei ricchi costumi delle donne della società nipponica, che si contrappone a quella delle cortigiane e alla vita nel quartiere del piacere. Tra i vari aspetti della società giapponese dell’epoca, si segnala un ricco nucleo di stampe dedicate al tradizionale teatro Kabuki, una forma di drammaturgia che portava sulla scena temi che spaziavano dal leggendario al soprannaturale, da avvenimenti storico-militari a episodi di vita contemporanea. In questa sezione si colloca il nucleo dei Musei Civici di Pavia: la mostra è infatti anche occasione per valorizzare i fogli provenienti dal lascito di Renato Sòriga, già direttore del museo pavese fino al 1939, che andò così ad arricchire la già ricca collezione di stampe del museo, originatasi da quella celebre del marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1835).
Gli artisti europei, in special modo quelli francesi, rimasero particolarmente colpiti dalle stampe ukiyo-e. Autori come Manet, Toulouse-Lautrec, Gauguin scoprirono nelle xilografie giapponesi una freschezza e una semplicità di forme e colori che ricercavano da tempo per trasformare e rivoluzionare la loro modalità pittorica. La collezione della Johannesburg Art Gallery, che già nel 1938 stava prendendo in considerazione lo sviluppo di una raccolta d’arte proveniente da Paesi asiatici, è cresciuta attraverso sia la donazione che l’acquisizione di circa 200 stampe giapponesi. Dal 1991 queste stampe non sono mai state mostrate al pubblico in un’esposizione di tale portata.
IMMAGINE DI APERTURA – Hokusai Katsushika (1760-1849) Il villaggio di Sekiya sul fiume Sumida – numero 32 dalla Serie Le 36 vedute del Monte Fuji, Xilografia policroma su carta da gelso – nishiki-e 1831-1832, 284 x 263. (Particolare).
L’esposizione ripercorre la storia del fenomeno assicurativo, dal Medioevo a oggi, attraverso 280 pezzi tra manifesti pubblicitari (di autori quali Boccioni, Carboni, Dudovich, Metlicovitz), targhe incendio, preziosi testi antichi, polizze dalla metà del Trecento al Novecento. Tra le curiosità, le polizze per la casa all’Havana di Hemingway, quella di Marilyn Monroe sul rischio d’incidenti automobilistici, stipulata pochi mesi prima della sua morte, o quella sulla vita del cardinal Montini, futuro papa Paolo VI. Tutto il materiale proviene dalla Fondazione Mansutti di Milano, che conserva una collezione, unica al mondo, sulla storia dell’assicurazione.
Dall’11 ottobre 2019 al 15 gennaio 2020, APE Parma Museo, l’innovativo centro culturale e museale ideato e realizzato da Fondazione Monteparma nel cuore della città ducale, ospita la mostra Ond’evitar tegole in testa! Sette secoli di assicurazione che ripercorre le tappe fondamentali del fenomeno assicurativo, dal Medioevo a oggi. L’esposizione, inserita tra le iniziative di Parma 2020 – Capitale Italiana della Cultura, curata da Marina Bonomelli e Claudia Di Battista, organizzata da Fondazione Mansutti in collaborazione con Fondazione Monteparma e Università di Parma (DSEA – Dipartimento Scienze Economiche e Aziendali), col patrocinio del Comune di Parma e della Regione Emilia Romagna e con il sostegno di primari operatori e intermediari assicurativi, presenta 280 pezzi, tra cui 94 manifesti di compagnie italiane e straniere dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni ’70 del Novecento, 120 targhe incendio prodotte tra Ottocento e Novecento. E ancora 40 preziosi testi antichi, tra cui il manoscritto quattrocentesco di San Bernardino, e 26 polizze assicurative dalla metà del Trecento al Novecento. Il materiale proviene interamente dalla Fondazione Mansutti di Milano, che conserva una collezione specialistica, unica al mondo, sulla storia dell’assicurazione.
Fondazione Monteparma ha accolto con entusiasmo l’invito del locale Ateneo ad aprire le porte di APE Parma Museo al mondo delle assicurazioni, realizzando un’esposizione di grande interesse, tanto sul versante storico e dell’attualità, quanto su quello artistico e della comunicazione pubblicitaria. Presentando diverse chiavi di lettura, la mostra si rivolge sia a chi segue i temi della storia e dell’economia – per studio, lavoro o interesse personale – sia al grande pubblico che potrà addentrarsi, in modo piacevole e divertente, in un mondo spesso poco conosciuto, ma affascinante come quello dell’assicurazione, partendo dalle sue origini per arrivare ai giorni nostri, fino a prefigurarne gli sviluppi futuri. Fondazione Mansutti si prefigge di diffondere la conoscenza del fenomeno assicurativo illustrando la storia delle sue nobili radici e mettendo a disposizione del pubblico raccolte archivistiche e museali che ne documentano l’evoluzione. Ora, ha vivo il convincimento che questa nuova esposizione – nelle magnifiche sale di APE Parma Museo – potrà superare il successo ottenuto nel 2016 con la mostra “Scacco al rischio” presentata nel Palazzo Sormani a Milano.
Il percorso espositivo si snoda seguendo due temi ben
definiti. Nel primo, si analizza lo sviluppo dell’assicurazione, fenomeno
socio-economico nato in Italia a metà del Trecento, grazie all’intuizione di
mercanti fiorentini e genovesi che portò alla creazione del “contratto
assicurativo”. La mostra si apre proprio con la polizza di assicurazione più
antica a noi pervenuta, stilata da un notaio genovese il 18 febbraio 1343,
proveniente dall’Archivio di Stato di Genova. Nel XIV secolo, il ceto
mercantile aveva raggiunto una notevole potenza economica e politica, fino ad
allora sconosciuta. Gli scambi commerciali marittimi con l’Estremo Oriente si
erano sviluppati a tal punto da ritenere indispensabile trovare il modo di
contenere i rischi per non annullare il guadagno ottenuto con viaggi tanto avventurosi.
Con il “contratto assicurativo” si trasferiva il rischio della perdita di un
carico o della stessa nave ad altri che fossero disposti a prenderlo su di sé
al fine di ottenere, a loro volta, un’analoga copertura per le loro spedizioni.
Questa pratica si diffuse per tutto il Quattrocento, tanto da diventare vitale
per il commercio.
La seconda parte della
mostra segue l’evoluzione stilistica della grafica pubblicitaria assicurativa,
attraverso manifesti, stampati nell’arco di oltre un secolo, dalla seconda metà
dell’Ottocento alla prima metà del secolo scorso. Le compagnie assicurative non rimasero indifferenti a questa
nuova forma di comunicazione pubblicitaria al punto che incaricarono alcuni dei
più famosi artisti dell’epoca di reclamizzare i loro prodotti. La rassegna
propone una ricca e inedita selezione di manifesti, creati da cartellonisti e artisti
di talento e fama, quali Umberto Boccioni, Adolf Hohenstein, Marcello
Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, Federico Seneca, Erberto Carboni e molti
altri.
Tra le rarità, si segnala il manoscritto in pergamena originale di San Bernardino da Siena del 1470, De contractibus et usuris, nel quale, pur riconoscendo l’importanza dei commerci e la legittimità del guadagno, si cercava di definire i confini tra la liceità dell’assicurazione e i pericoli dell’usura a essa connessi. Molte sono le curiosità disseminate lungo il percorso espositivo. Tra queste, la polizza che Ernest Hemingway stipulò contro l’incendio e i cicloni, per la sua casa cubana all’Havana, denominata Finca La Vigìa, acquistata nel 1939 per 12.500 dollari, dove scrisse due capolavori della letteratura del Novecento come Per chi suona la campana e Il vecchio e il mare. O ancora quella che Marilyn Monroe stipulò contro il rischio d’incidenti automobilistici pochi mesi prima della sua morte.
Molto singolare è anche la polizza sulla vita sottoscritta
nel 1959 da Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, proclamato
Santo l’anno scorso, con cui la compagnia, in caso di morte del Cardinale in
qualsiasi epoca dovesse avvenire, si impegnava a pagare agli eredi il capitale
di un milione di Lire.La rassegna si chiude con uno spazio dedicato al futuro
dell’assicurazione, così come lo immagina la Fondazione Mansutti e con un
omaggio dell’artista Ugo Nespolo al
matematicoJakob Bernoulli e alla legge dei grandi numeri. Accompagna la mostra il volume “I
manifesti e l’assicurazione. Cento anni di pubblicità” (Silvana editoriale)
illustrato da 130 manifesti della
Fondazione Mansutti con in copertina la fantastica immagine del 1924 realizzata
dal parmigiano Erberto Carboni per la Compagnia Cremonese.
IMMAGINE DI APERTURA – Manifesto di Briot per la Amicale des Mobilisés de l’Assurance, Parigi, 1933 (Particolare)
DAL 6 OTTOBRE 2019 AL 6 GENNAIO 2020 AL COMPLESSO MUSEALE PALAZZO DUCALE DI MANTOVALA MOSTRA “CON NUOVA E STRAVAGANTE MANIERA”.GIULIO ROMANO A MANTOVA Con il sostegno eccezionale del Musée du Louvre di Parigi
Mantova 2019: anno di Giulio Romano.
La figura di Giulio Romano, pseudonimo di Giulio
Pippi de’ Jannuzzi (Roma, 1492 o 1499 – Mantova, 1546), il più talentuoso tra
gli allievi di Raffaello, sarà celebrata da un importante evento in programma a Palazzo Ducale di Mantova.
Dal 6
ottobre 2019 al 6 gennaio 2020, si
terrà “Con nuova e stravagante
maniera”. Giulio Romano a Mantova,
una mostra nata dalla collaborazione tra il Complesso Museale Palazzo Ducale di
Mantova e il Musée du Louvre di Parigi, curata da Peter Assmann, Laura Angelucci,
Paolo Bertelli, Roberta Serra, con la collaborazione di Michela Zurla, che intende illustrare la figura di Giulio
Romano e la sua “nuova maniera” di fare arte, in particolare nella città gonzaghesca,
mettendone in luce le peculiarità e l’aspetto fortemente innovativo.
Intesa
Sanpaolo, nell’ambito di Progetto Cultura, è partner
della mostra.
Il
progetto elaborato dal comitato scientifico – composto da Peter Assmann, Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato
Berzaghi, Paolo Carpeggiani, Sylvia Ferino-Pagden, Augusto Morari, Roberta
Serra e Luisa Onesta Tamassia – vede il coinvolgimento del Département des Arts Graphiques del Musée du Louvre che, per la prima
volta, concederà in prestito un nucleo di settantadue disegni, che
ripercorreranno, in maniera organica e completa, la carriera professionale di
Giulio Romano, dagli esordi a Roma, alla lunga e intensa attività a Mantova,
evidenziando la molteplicità dei suoi interessi.
Il suo genio poliedrico, infatti, si espresse in
forme artistiche e discipline estremamente varie, dall’architettura alla
pittura, dagli arazzi all’oreficeria, trovando un comune denominatore nella
pratica del disegno, nella quale Giulio eccelse fin dagli anni di formazione
nella bottega di Raffaello.
Accanto
alle opere del Louvre la mostra proporrà un’ulteriore e ricca selezione di disegni, provenienti dalle più importanti collezioni
museali italiane e straniere (tra cui l’Albertina di Vienna, il Victoria &
Albert Museum di Londra, la Royal Collection a Windsor Castle), oltre a
dipinti, arazzi e stampe.
Saranno inoltre utilizzate le più recenti tecnologie digitali al fine di ricreare, attraverso ricostruzioni 3D, oggetti e ambienti giulieschi. “L’iniziativa di Palazzo Ducale su Giulio Romano – afferma Peter Assmann, direttore del Complesso Museale Palazzo Ducale – vuole essere un grande evento culturale che mostri al mondo l’eccezionalità della figura storica del più celebre allievo ed erede di Raffaello. Maestro del Manierismo, Giulio Romano ha lasciato a Mantova testimonianze straordinarie del suo talento di pittore, architetto e uomo di cultura. “Con nuova e stravagante maniera”, con la prestigiosa collaborazione di una rinomata istituzione europea come il Louvre, rappresenta un’importante chance per la città: andare oltre la tradizionale concezione di mostra temporanea per riunire tutte le forze produttive locali intorno a Palazzo Ducale e rafforzare l’immagine di Mantova come città d’arte in Europa e nel mondo. Al di là della sua importanza culturale specifica si tratta di un’occasione per fare rete tutti insieme verso un unico grande obiettivo di crescita collettiva”.
“La
mostra Con nuova e stravagante maniera.
Giulio Romano a Mantova – sottolinea Jean-Luc
Martinez, presidente e direttore del Musée du Louvre di Parigi -, che si
svolgerà a Palazzo Ducale di Mantova nell’autunno 2019, è il frutto di un
partenariato eccezionale tra il Musée du Louvre e il Complesso Museale Palazzo
Ducale di Mantova. L’evento espositivo permetterà di presentare negli ambienti
di Palazzo Ducale una scelta di settantadue fogli di Giulio Romano (1492 o 1499
– 1546) scelti all’interno del ricco fondo di disegni di mano dell’artista
conservato al Louvre, il più importante oggi noto”.
“La
presentazione dei disegni del Louvre – prosegue Jean-Luc Martinez -, completata
dalla scelta di un’ulteriore quarantina di opere provenienti da altre
istituzioni, offrirà al pubblico la possibilità di percorrere tutta la carriera
di Giulio Romano, l’allievo di Raffaello che fu maggiormente influenzato dal
suo stile e dal suo modo di lavorare. Questi fogli saranno eccezionalmente
messi a confronto con le opere finite allo scopo di illustrare la relazione
che, all’epoca, legava il maestro, i collaboratori e gli allievi: tra questi
ultimi possiamo citare Fermo Ghisoni, Rinaldo Mantovano e, soprattutto, Giovan
Battista Bertani, colui che gli succederà nella direzione dei lavori in Palazzo
alla sua scomparsa nel 1546”.
La
mostra si articolerà in tre sezioni
che approfondiranno aspetti diversi dell’attività di Giulio Romano mettendo in
luce la “nuova e stravagante maniera” della sua arte, secondo la definizione
coniata da Giorgio Vasari nelle Vite de’
più eccellenti pittori, scultori e architetti.
La
prima, Il segno di Giulio,
allestita al piano terreno del Castello di San Giorgio, analizzerà la
produzione grafica di Giulio come progettista, designer epittore
presentando il suo fondamentale apporto all’elaborazione del linguaggio
manierista. Dagli interventi architettonici agli schizzi per dipinti e oggetti,
ogni singolo segno è una novità assoluta da tradurre, copiare e imitare. La
forza creatrice di Giulio sarà esaminata attraverso una selezione del corpus dei disegni conservati al Musée
du Louvre di Parigi.
Attraverso
questi disegni si illustreranno i momenti immediatamente precedenti l’arrivo
nella città gonzaghesca di Giulio Romano per poi presentare la sua lunga
attività mantovana, in particolare il suo lavoro come disegnatore e
progettista. I suoi fogli raccontano l’evoluzione del suo operare e illustrano
le esperienze relative ai diversi cantieri mantovani, del territorio e fuori lo
Stato dei Gonzaga, come testimoniato dai disegni per Palazzo Te.
La
prima sezione si chiuderà indagando il suo rapporto con le arti e il passaggio
tra la fase di progetto e la sua realizzazione. I disegni qui esposti trattano
dell’attività del Pippi come designer,
inventore di argenterie e arazzi, avendo cura di affrontare la produzione di
Giulio ad ampio spettro. In mostra si troverà una decina di fogli in relazione
con dipinti e oggetti come vasellame o trionfi da tavola. Sarà inoltre
presentato un arazzo della serie dei Giochi di putti (Modena, Raffaele
Verolino), che sarà esposto accanto al disegno preparatorio (Chatsworth, The
Devonshire Collections) e a un frammento del cartone preparatorio oggi al
Louvre.
La sezione dal titolo Al modo di Giulio, occuperà la Corte Nuova e l’Appartamento di
Troia, suggerendo un dialogo diretto tra i disegni dell’artista e la
decorazione della residenza dei Gonzaga. Il Palazzo Ducale fu il cantiere nel
quale Giulio Romano riversa la sua genialità e la sua capacità d’innovare. Sala
per sala, laddove è ancora possibile, s’instaurerà una relazione tra i suoi
disegni e gli ambienti reali. È il caso, ad esempio, della Sala dei cavalli dove sarà esposto il disegno preparatorio per la
decorazione del soffitto con la Caduta di
Icaro, confronto che sarà apprezzabile tramite uno specchio.
In
mostra si potranno inoltre ammirare i rilievi eseguiti da Ippolito Andreasi
detto l’Andreasino che hanno tramandato l’aspetto originario delle stanze
progettate da Giulio, particolarmente importanti per approfondire la
comprensione delle parti non sopravvissute ai secoli. Così avviene per il Camerino dei Cesari e per la Loggia dei marmi detta poi dei Mesi, ambienti per i quali i disegni
dell’Andreasi permettono un confronto diretto tra l’idea di Giulio Romano e
quanto sopravvive negli ambienti stessi.
La
rassegna si chiuderà nell’appartamento della Rustica con Alla maniera di Giulio, nella quale verrà approfondito, da
un lato, il tema di Giulio Romano architetto, analizzato grazie a numerosi
disegni provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche europee, tra cui
spicca la Copia da Giulio Romano di
Andrea Palladio (Londra, Royal Institute of British Achitects), e, dall’altro,
quello della sua eredità, con le opere di allievi e discepoli, come Fermo
Ghisoni, Giovanni Battista Bertani, Lorenzo Costa e altri.
In
questa sezione sarà creato un approfondimento sulle case del Pippi, in
particolare su quella di Mantova e sulla produzione di opere religiose. Si
potranno qui osservare alcune pale d’altare eseguite da artisti della cerchia
di Giulio Romano a confronto con i disegni originali del maestro.
La mostra, con il patrocinio di Mantova Città d’Arte e Cultura, in
partnership con Intesa Sanpaolo, Air Dolomiti, con il supporto di Finservice,
con gli sponsor Fondazione Comunità Mantovana Onlus, Fondazione Banca Agricola
Mantovana, Mantova Outlet Village, Ghirardi, Lubiam, e con gli sponsor tecnici
Skira e Gruppo Mauro Saviola, ha ottenuto il sostegno di diversi partner, enti
e forze produttive del territorio mantovano: l’operazione culturale si è posta
sin da subito l’obiettivo di coinvolgere le principali energie del contesto
locale strutturando un ricco calendario di eventi a partire dai mesi
primaverili del 2019 per tutto il proseguo dell’anno.
Catalogo
Skira.
“Giulio Romano Mantova. Il 2019 è l’anno in cui
celebriamo l’artista e il suo genio – sottolinea Mattia Palazzi, sindaco di Mantova -, del quale troviamo traccia e
splendida testimonianza ovunque nella nostra città. Dalle grandi mostre del
Ducale e di Palazzo Te a numerosi e significativi altri eventi, Giulio Romano
sarà protagonista di un anno ricco di proposte culturali uniche e irripetibili,
realizzate in stretta collaborazione con tutte le principali realtà culturali
del territorio. Un anno speciale dunque per visitare la nostra città che dal
2016, anno in cui stata Capitale italiana della cultura, non ha mai smesso di
puntare sull’originalità. Per questo oggi Mantova può definirsi a pieno titolo
una città che produce cultura e lo fa con un respiro internazionale”.
“Il Polo di Mantova del Politecnico di Milano –
ricorda Federico Bucci, prorettore
del Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano -, consolida
ulteriormente la collaborazione con il Palazzo Ducale rendendo disponibili le
proprie competenze sia nell’elaborazione del progetto scientifico della mostra,
grazie al fondamentale contributo del Professore emerito Paolo Carpeggiani, sia
attraverso un allestimento espositivo degli esiti delle attività di didattica e
ricerca, svolte dal Polo di Mantova, sugli interventi di Giulio Romano nella
Reggia dei Gonzaga”.
“Fin dalla prima
presentazione – afferma Franco Amadei,
segretario generale della Fondazione Comunità Mantovana – è apparsa chiara
l’importanza di una mostra dedicata al grande artista Giulio Romano: vuoi per
la partnership del museo del Louvre (condivisione assai inusuale e
perciò esaltante) vuoi per il concetto del progetto, volto a far dialogare
mirabilmente architetture e immagini e disegni. La Fondazione della Comunità
Mantovana non poteva quindi restarne indifferente e il sostegno si è fatto
ancor più convinto allorché si è compresa la volontà di creare un evento non
solo di richiamo internazionale ma di coinvolgimento delle potenzialità del
territorio mantovano. Siamo
perciò lieti di far parte di quella numerosa schiera di attori impegnati a
contribuire al successo della originale esposizione mantovana, unica perché
ricca di testimonianze e di realizzazioni”.
“Abbiamo deciso di supportare la mostra di Giulio
Romano – afferma l’amministratore delegato di Gruppo Finservice, Guido
Rovesta – per accrescere ancora di più il richiamo culturale e
l’inestimabile bellezza della città di Mantova. Desideriamo contribuire allo
sviluppo del territorio, apprezzando le importanti risorse culturali che lo
stesso offre. Sosteniamo l’iniziativa con l’intento preciso di ampliare
l’affluenza e le possibilità di partecipazione del pubblico, attraverso le
straordinarie aperture serali. Desideriamo dare sviluppo al territorio e
all’occupazione. Un impegno che sentiamo profondamente nostro e che siamo
orgogliosi di accogliere attraverso questa prestigiosa iniziativa di richiamo
internazionale”.
“La Fondazione Banca Agricola Mantovana – sottolinea
il direttore Fiorenza Bacciocchini – ha sempre considerato Palazzo
Ducale uno dei monumenti mantovani sul quale orientare i propri interventi,
consapevole della sua centralità nella storia della nostra città e
dell’attrattiva turistica che esercita a livello internazionale. Dopo
l’intervento finanziario del 2019, finalizzato al restauro della Galleria
della Mostra, che ospiterà parte del percorso espositivo dedicato a Giulio
Romano, non poteva dunque mancare il sostegno delle Fondazione Bam anche a
questo straordinario evento. Una mostra inedita, che celebra il grande genio
del Maestro cinquecentesco attraverso un percorso espositivo che raccoglie
opere provenienti dal Louvre e anche da altre prestigiose istituzioni museali.
Un evento sul quale, certamente, si concentrerà l’attenzione di studiosi,
intellettuali e del grande pubblico, e che farà risplendere nuovamente nel
mondo Mantova e il suo territorio”.
Tra le iniziative legate alla mostra di Giulio
Romano, si distingue, per l’alto tasso di esclusività ed innovazione, la caspule collection a cura di Lubiam, azienda mantovana leader nel menswear d’alta gamma.
Ispirata
dallo stretto intreccio tra arte e moda, la capsule sarà disegnata da Giovanni e Giulia Bianchi, appartenenti
alla quarta generazione della famiglia e alla guida del team creativo
dell’azienda. I capi dedicati alla mostra saranno firmati Luigi
Bianchi Mantova Sartoria, marchio storico, oggi sinonimo di stile ed
esclusività. Una collezione rigorosamente Made In Italy, che si
contraddistingue per le lavorazioni preziose e per l’utilizzo di materiali di
qualità eccellente. In questa speciale occasione, la collezione vedrà nascere
al suo interno una selezione di capi dedicati all’opera di Giulio Romano, che
non subisce l’effetto del tempo ma rimane integra e attuale ancora oggi.
Racconta Giulia Bianchi: “L’aspetto che rende questo progetto così
stimolante non deriva solamente dall’indiscusso prestigio della Mostra e dei
partner coinvolti, ma dalla richiesta che ci viene fatta di mettere a
disposizione la nostra creatività ed il know-how
dell’azienda per realizzare dei capi assolutamente inediti. Una sfida che ci
lusinga e ci vedrà impegnati a fondo per rispettare il tema proposto. A
differenza di altri tipi di partnership
che abbiamo già sperimentato nel campo dell’arte, questa collaborazione si
traduce in un vero e proprio lavoro a quattro mani con il Museo”.
Dario Pistone, AD di Multi Outlet Management Italy, società
che gestisce l’Outlet di Mantova e il network Land Of Fashion, afferma “il
nostro Village di Mantova ha aderito subito al sostegno di una Mostra così
importante e di caratura internazionale, vista la partecipazione del Louvre,
certi che sarà per tutto il territorio una grande occasione di affluenza
turistica e di valorizzazione delle risorse. Ci aspettiamo che il 2019 porti
alla città di Mantova grande visibilità e che al nostro Village possano
giungere rilevanti numeri di turisti e visitatori, oltre a quelli davvero
considerevoli che possiamo già vantare”.
Mantova
Outlet Village si trova a pochi chilometri dalla storica città di Mantova e
dalle bellezze del Lago di Garda. Inaugurato nel 2003, conta più di 110 negozi
e si configura come una delle realtà economiche di maggiore interesse della sua
area. I visitatori del Village sono amanti della città, molti dei quali turisti
provenienti da Verona e dal Lago di Garda e grazie al posizionamento strategico
sull’A22.
IMMAGINE DI APERTURA – Giulio Romano e bottega, Orfeo ucciso dalle baccanti, Collezione privata
m.a.x. museo, CHIASSO (Svizzera) DAL 29 SETTEMBRE 2019 AL 16 FEBBRAIO 2020 MARCELLO DUDOVICH (1878-1962) Fotografia fra arte e passione
Nell’ambito della Biennale dell’immagine di Chiasso Bi11, l’esposizione indaga il particolare rapporto tra fotografia e cartellonistica, nell’opera di uno dei punti di riferimento della grafica pubblicitaria del Novecento. La rassegna presenta oltre 300 opere, tra cui 200 fotografie vintage inedite, 32 manifesti originali, 25 schizzi e bozzetti, oltre a riviste dell’epoca, lettere, cartoline e documenti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private.
Dal 29 settembre 2019 al 16 febbraio 2020, il m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) ospita la mostraMARCELLO DUDOVICH (1878-1962). fotografia fra arte e passione, che analizza il particolare rapporto tra fotografia e cartellonistica, nell’opera di uno dei punti di riferimento della grafica pubblicitaria del Novecento. L’esposizione, curata da Roberto Curci e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo, presenta oltre 300 opere, tra cui 200 fotografie inedite vintage, 32 manifesti originali, 25 schizzi e bozzetti, oltre a riviste dell’epoca, lettere, cartoline e documenti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, come il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, la Civica Raccolta delle stampe “Achille Bertarelli” del Castello Sforzesco di Milano, il Gabinetto dei disegni di Castello Sforzesco di Milano, il Civico Archivio fotografico di Milano, il Civico Museo Revoltella – Galleria d’Arte moderna di Trieste, la Galleria Campari di Sesto San Giovanni. Di particolare interesse è il confronto con Leopoldo Metlicovitz, uno dei padri del moderno cartellonismo italiano, del quale sono esposte venti fotografie inedite, dal Civico Archivio Fotografico di Milano.
Il percorso si apre con alcuni scatti giovanili di Dudovich, in cui l’artista è modello di se stesso in pose raffinate e un po’ dandy e continua nella sala dedicata alla Belle Époque (1910-1914) periodo in cui Dudovich, da poco assunto dalla rivista satirica “Simplicissimus” di Monaco di Baviera per esserne il “cronista mondano”, comprende quanto la fotografia possa offrirgli come spunto d’ispirazione, preliminare alla creazione delle illustrazioni destinate al giornale bavarese e, successivamente, ai manifesti pubblicitari. Sono immagini còlte spesso negli ippodromi frequentati dall’alta società, in Italia (ai Parioli) e all’estero, da Parigi a Montecarlo, da Ostenda a Deauville. La rassegna prosegue analizzando il periodo tra le due guerre (1920-1935), che segna l’apice della carriera di Dudovich, anche da un punto di vista imprenditoriale, essendo divenuto responsabile e direttore artistico della società Star-IGAP dove cura la creazione, distribuzione e affissione dei manifesti murali in tutta Italia. Diversi sono i soggetti cui s’ispira per
realizzare le sue opere di cartellonistica; uno di questi è la vita nei campi,
da cui attinse per una serie di bozzetti e manifesti di esposizioni
zootecniche. L’altro, è quello dell’universo femminile. In questo caso, a
fargli da modelle sono spesso attrici note e famose, da Gea della Garisenda a
Maria Melato, da Nella Regini a Ines Lidelba, all’amica Pina Brillante, che
appartengono al mondo dello spettacolo, ovvero del cinema, del teatro,
dell’operetta, del varietà e della musica, in particolare quella classica e
operistica. Accanto a queste immagini si trova una serie di opere realizzate
per il cinema che negli anni della seconda guerra mondiale visse un vero
proprio momento di popolarità.
Uno degli aspetti più interessanti dell’esposizione al m.a.x. museo è la possibilità di tracciare un percorso completo che dall’ispirazione data dalla fotografia, passa al bozzetto a matita o a tempera, fino al manifesto finito. Gli spunti, infatti, provengono spesso da scatti realizzati dallo stesso Dudovich, talora con scene quasi estemporanee e casuali che coinvolgono familiari e amici, che si ritrovano in un buon numero di manifesti, spesso legati a un gesto o a un atteggiamento ricorrente. Elementi puntualmente tratti da fotografie si scoprono in alcune delle realizzazioni per La Rinascente degli anni venti e trenta. Con una certa metodicità, l’artista triestino sembra ricorrere a temi o stilemi che si riferiscono alla fotografia. Così compaiono a più riprese nei suoi lavori i leitmotiv della donna appoggiata a un tronco d’albero, della donna con in mano una bottiglia o un bicchiere e, soprattutto, della donna con le braccia levate. La mostra testimonia quanto l’utilizzo del mezzo fotografico gli sia stato prezioso per i suoi lavori nell’editoria, come quelli eseguiti per il “Simplicissimus” di Monaco, o per le principali riviste culturali italiane del primo Novecento, come “La Lettura” (supplemento, dal 1901, del “Corriere della Sera”), “Ars et Labor” (rivista edita da Ricordi a partire dal 1906 come prosieguo della precedente “Musica e Musicisti”), “Il Secolo XX” (editore Emilio Treves, dal 1902), “La Donna” (Mondadori, dal 1905). Un focus particolare è dedicato al legame con Leopoldo Metlicovitz e le Officine Grafiche Ricordi in rapporto alla comune passione per la fotografia. Le venti fotografie di Metlicovitz – conservate al Civico Archivio Fotografico di Milano ed esposte per la prima volta al pubblico – consentono un confronto con quelle di Dudovich, che si caratterizzano per uno stile più immediato e disinvolto.
In contemporanea, Villa Bernasconi a Cernobbio (CO) accoglie una speciale sezione della mostra con otto grandi manifesti cromolitografici realizzati nel primo decennio del Novecento e alcune fotografie messe in relazione a essi.La rassegna sarà ospitata nella primavera 2020 negli spazi della Scuderie del Museo del Castello di Miramare di Trieste. Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano-inglese) Albert Skira (Milano-Ginevra) che presenta testi dei curatori e di Giovanna Mori (conservatore della Civica Raccolta di Stampe “Achille Bertarelli”, Milano), Elena Mosconi (docente di storia del cinema muto, Università di Pavia), Daniela Pacchiana (ricercatrice di storia della fotografia). L’iniziativa, col patrocinio del Consolato Generale d’Italia di Lugano, organizzata in collaborazione con il Museo del Castello di Miramare di Trieste, è promossa dal Dicastero Educazione e Attività culturali del Comune di Chiasso, con il sostegno della Repubblica e Cantone Ticino-Fondo Swisslos, dell’AGE SA, dell’associazione amici del m.a.x. museo (aamm), in partenariato con il Museo Villa Bernasconi di Cernobbio (CO), in collaborazione con il Laboratorio cultura visiva del Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI-Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.
MARCELLO DUDOVICH. Note
biografiche
Marcello Dudovich nasce a Trieste il 21 marzo 1878, da famiglia di origini dalmate. Dopo aver frequentato con scarso profitto le scuole Reali, si iscrive alla Scuola per capi d’arte – Sezione di pittura decorativa. Allievo fra il 1893 e il 1895 del prof. Giuseppe Marass, pittore formatosi all’Accademia di Venezia, ottiene il giudizio “eminente” nelle materie Disegno a mano libera ed Elementi di disegno figurale. È introdotto da un cugino nell’ambiente dei pittori cittadini (ammira soprattutto l’opera di Arturo Rietti) e del Circolo Artistico triestino. Pure in questi anni si situa un viaggio a Monaco di Baviera, che rafforza nel giovane Dudovich l’ammirazione per la pittura di Bocklin e von Stuck. Nel 1887 Marcello Dudovich è a Milano sotto la guida del direttore tecnico delle Officine Grafiche Ricordi il triestino Leopoldo Metlicovitz. Quattordici anni dopo Dudovich è a Bologna dove lavora per il famoso editore Edmondo Chappuis che gli affida alcune opere cartellonistiche. All’inizio del Novecento inizia a collaborare come illustratore facendo disegni per copertine di numerose riviste, fra cui si ricorda: “La Lettura”, “Novissima”, “Ars et Labor”, “Rapiditas”, “Il Secolo XX”, “Varietas”, ecc. Conosce a Bologna Elisa Bucchi, giornalista di moda, che diventerà sua moglie e con la quale – nonostante i molti dissidi e le lunghe separazioni – il rapporto affettivo rimarrà strettissimo fino alla morte di lei. Nel 1906 a Milano, dove lavorerà da Ricordi soprattutto per i cartelloni dei grandi magazzini di abbigliamento dei Fratelli Mele di Napoli. Nel 1909 è nominato socio onorario dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e due anni dopo vince il concorso per il manifesto della Marca Zenit della Ditta Borsalino, che diverrà celeberrimo. Quindi viene invitato dalla casa editrice Albert Langen a entrare nello staff della rivista satirica “Simplicissimus” di Monaco di Baviera, come disegnatore della pagina mondana e “inviato speciale”. Allo scoppio della guerra mondiale torna definitivamente in Italia; vive e lavora a Torino, realizzando manifesti anche per la nascente industria cinematografica, che nella città piemontese ha all’epoca la propria “capitale”. Nel 1920 Marcello Dudovich ritorna stabilmente a Milano e si mette in proprio, fondando assieme all’avvocato Arnaldo Steffenini una società editrice, la Star. Inizia coi grandi magazzini milanesi della Rinascente una lunga e fruttuosa collaborazione, che si protrarrà fino agli anni Cinquanta con una serie di manifesti realizzati per le varie “stagioni” di moda o per particolari avvenimenti (fiere del bianco, vendite speciali, ecc.).
All’inizio degli anni Trenta causa notevole scalpore un intervento censorio attuato sul romanzo di Mura Sambadù, amore negro, pubblicato nel 1934 con illustrazioni interne di Dudovich: la storia d’amore tra Silvia e il “negro” Sambadù venne giudicata amorale da parte del Ministero dell’Interno con requisizione del libro. Agli anni 1936 e 1937 risale un lungo soggiorno in Libia e forse collabora a qualche iniziativa artistica nella colonia nordafricana. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale vive tra Milano, Varese e la Riviera romagnola, a Riccione e a Rimini. Si dedica sempre più assiduamente alla pittura pura, prediligendo i lavori a tempera e riprendendo soggetti e temi della Belle Epoque; dal 1942, con mostre a Pallanza e a Milano, comincia a esporre in numerose, fortunate personali, che si andranno infittendo nel decennio successivo. Nel 1951 compie un nuovo viaggio in Libia: esegue ritratti femminili e a Tripoli, al Circolo degli Italiani e nell’Ufficio di informazioni degli Stati Uniti, vengono allestite sue mostre personali. Al Congresso nazionale della pubblicità di Firenze del 1960 gli viene conferita la medaglia d’oro del Premio “Vita di pubblicitario”. Muore a Milano, nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile, all’età di ottantaquattro anni. Verrà sepolto con tutti gli onori nel Cimitero monumentale di Milano.
IMMAGINE DI APERTURA – Marcello Dudovich, Modella in posa riflessa nello specchio, fotografata da Dudovich, c. 1950 Gelatina al bromuro d’argento 7 x 10 cm Collezione privata Salvatore Galati (Particolare)
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