Gorgonzola: un formaggio tutto italiano dal sapore straordinario

Il Gorgonzola è un formaggio molto antico, ma la sua origine è velata di un alone leggendario: F. Massara, antico scrittore di cronache, pensava che il gorgonzola dovesse considerarsi un perfezionamento di quel cacio che Ansperto da Biassono, arcivescovo di Milano dall’868 all’881, menzionò nel suo testamento. Altri affermano che il gorgonzola sarebbe stato fatto per la prima volta nella località omonima nell’anno di grazia 879. Altri ancora dicono invece che la nascita avrebbe avuto luogo a Pasturo, nella Valsassina, grande centro caseario da secoli, grazie alla presenza di quelle ottime grotte naturali la cui temperatura media è costante tra i 6 ed i 12 °C, e ne consente la perfetta riuscita. Un’altra ipotesi vede una nascita del gorgonzola più folcloristica: in un autunno tra il VIII e il IX secolo, dei mandriani di ritorno dalle malghe alpine fecero una sosta a Gorgonzola. Uno di loro aveva dimenticato gli strumenti per lavorare il latte e farne crescenza o quartirolo, così lasciò la cagliata in un recipiente e la unì a quella del mattino, ma l’unione delle due paste aveva creato il Gorgonzola.

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GORGONZOLA

La Porcellana di Doccia: dall’antica Cina alla Toscana dei Medici

La porcellana è stata per secoli un materiale esotico importato dalla Cina. In Europa non se ne conoscevano la composizione e le tecniche di fabbricazione. Tra il 1585 e il 1610 Francesco I de’ Medici finanziò a Firenze la produzione di una pseudo-porcellana, destinata all’uso della corte e ai doni diplomatici, ma la vera ricetta rimase segreta fino al 1710, quando Böttger scoprì l’ingrediente base, il caolino, riuscendo così a sfornare la prima autentica porcellana dura europea. Da quel momento la porcellana europea divenne un vero e proprio status symbol: ancor più che possederne degli esemplari, era segno di splendore e di potenza promuoverne la fabbricazione. Il marchese Carlo Ginori fu uno dei primi a cimentarsi nell’impresa, che a quei tempi costituiva una sfida artistica, scientifica ed economica. Nel 1737 fondò a Doccia una manifattura che, da allora, non ha mai interrotto la sua attività.

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LA PORCELLANA DI DOCCIA

Uova e coniglietti di cioccolata: i cioccolatieri europei danno forma alla Pasqua

Se tornassimo indietro di 200 anni, le uniche uova di Pasqua disponibili erano uova vere (sebbene splendidamente decorate). Fu solo agli inizi del XIX secolo che i pasticcieri europei escogitarono furbamente un piano per crearne un’alternativa dolce. Sono i cioccolatieri francesi e tedeschi ad avere il merito di aver inventato le uova di cioccolata, sebbene fossero molto scure e amare quando furono realizzate per la prima volta. A quell’epoca il cioccolato era così costoso che le uova potevano essere acquistate solo dalle famiglie più abbienti. Inoltre, le uova di Pasqua disponibili al tempo non erano vuote all’interno, perché i pasticcieri del tempo non avevano ancora trovato il modo di modellare il cioccolato con facilità.

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UOVA E CONIGLIETTI DI CIOCCOLATA

SU FOCUS: Com’è nata la tradizione delle uova di Pasqua?

La Carta di Fabriano: un sistema produttivo rimasto intatto da centinaia d’anni

Fabriano è una delle pochissime città al mondo dove ancora oggi la carta viene fabbricata a mano a testimonianza della volontà di non recidere i legami con una tradizione ultracentenaria. Qui nacque la prima carta occidentale, merito delle innovazioni tecnologiche che questo territorio apportò alla fabbricazione del prodotto.

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LA CARTA DI FABRIANO

Liquirizia di Calabria: qualità superiore con Denominazione di Origine Protetta

Molto probabilmente la pianta della liquirizia venne importata in Calabria dai Greci circa 700 anni prima di Cristo. In questi luoghi la radice di liquirizia trovò un microclima e un  habitat ideale che ne consentì addirittura lo svilupparsi di un diverso ecotipo, come dimostrano le mappature genetiche effettuate e che ne hanno consentito l’individuazione rispetto a liquirizie di altra provenienza. Per comprendere su quali basi era sorta questa attività nella regione e con quali prospettive si era poi sviluppata, bisogna risalire al XIV secolo e alla logica del latifondo. Non a caso la quasi totalità delle ditte produttrici sono state di proprietà di famiglie nobili e feudatarie, le quali con investimenti irrisori e soprattutto senza compromettere l’usuale ciclo agricolo, riuscirono lentamente a consolidare l’ancora incerto mercato della liquirizia.

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LIQUIRIZIA DI CALABRIA

Il legno di Cuneo: dagli oggetti d’uso quotidiano al mobile d’arte

La maggior concentrazione di aziende del legno nella provincia di Cuneo, si trova in Valle Varaita, valle che annovera circa 90 aziende attive nella produzione di arredi e serramenti, ma anche di giocattoli e strumenti musicali. La produzione del mobile, che si consolida tra gli anni ’50 e ’70 con lo stile rustico “Valle Varaita”, conosce momenti di grande sviluppo: negli anni ’60 ogni mese autotreni carichi di mobili erano diretti in Valle Susa, Valle d’Aosta, Svizzera e Tirolo. Occorre menzionare alcuni maestri artigiani, come Boerio, Beoletto, Bessone che, percorrendo i decenni della crescita del settore ligneo, apportarono modifiche allo stile alpino che reggerà fino agli anni ’80.

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IL LEGNO DI CUNEO

Riduzione del consumo di suolo e patrimonio paesaggistico ed ambientale

dell’Arch. Andrea Donsì                                                                           
Delegato distrettuale Service Tutela del paesaggio e rispetto dell’ambiente

Il Distretto Lions 108 Yb Sicilia promuove un evento sul tema ”Riduzione del consumo di suolo e patrimonio paesaggistico ed ambientale” che avrà luogo venerdì 12 aprile 2019 a Messina. L’evento è accreditato presso gli Ordini provinciali (Ingegneri, Architetti, Geologi, Agronomi) ed è gemellato con l’evento Progetto Comfort 2019 EcoMed, Fiera del Mediterraneo dell’Ambiente che si svolgerà dall’11 al 13 aprile presso Le Ciminiere di Catania.

Finalità dell’evento proposto
Lo scopo dell’iniziativa consiste nell’avviare una interlocuzione operativa a livello regionale sul tema della riduzione del consumo di suolo in Sicilia coinvolgendo le associazioni ambientaliste, gli ordini professionali, le istituzioni preposte per imbastire una piattaforma logistica (tavolo tecnico qualificato – laboratorio progettuale) finalizzata alla redazione di una proposta di legge condivisa nell’ambito della riforma urbanistica regionale. Il metodo immaginato per avviare questo percorso intende concentrare l’attenzione soprattutto sui passaggi necessari per costruire una consapevolezza “dal basso” come motore propulsivo utile a favorire processi di crescita sociale proiettati in modo costruttivo nell’ambito dell’attività parlamentare.

Percorso finalizzato alla costituzione di un tavolo regionale permanente sull’ambiente
Per l’avvio del percorso sono state invitate le associazioni ambientaliste a livello regionale (Legambiente, FAI, WWF, Italia Nostra, Slow Food, CAI, SIGEA, INBAR, Centro Educazione Ambientale, IBAS, Fondazione UNESCO, Forum “Salviamo il paesaggio”, Compagnia delle Opere, Amici della Terra, Marevivo, Fare Verde, Wilderness) e le Consulte Regionali degli Ordini professionali (Ingegneri, Architetti, Geologi, Agronomi). Ai soggetti coinvolti è stato chiesto di produrre un contributo propositivo in materia di consumo di suolo ed i contenuti prodotti saranno messi a disposizione in occasione di un incontro preparatorio che avrà luogo venerdì 29 marzo 2019 presso la Sala Ovale di Palazzo Zanca alle 17,30, in prossimità quindi dell’evento programmato, nel corso del quale sarà avviato il confronto preliminare finalizzato alla individuazione dei punti condivisi su cui impostare il percorso propositivo che sarà presentato proprio in occasione del convegno del 12 aprile 2019. L’intento, ovviamente, consiste nel determinare le condizioni per l’avvio di una dialettica costruttiva con

l’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente anche attraverso la costituzione di un TAVOLO REGIONALE PERMANENTE SULL’AMBIENTE proprio per individuare i meccanismi ed i passaggi necessari utili a favorire questa interlocuzione nell’ottica di una elaborazione concettuale, strategica ed operativa capace di strutturare positivamente il percorso immaginato. Il progetto che si intende attuare prevede la ratifica di un protocollo di intesa con l’Assessorato al Territorio e Ambiente che contempli le modalità di costituzione del tavolo tecnico ed i meccanismi di interlocuzione con l’Assessorato ed i Dipartimenti.

Aceto Balsamico di Modena: cultura e storia di una città

A Modena sono sempre esistiti diversi tipi di aceto ottenuti col mosto di uva, in relazione allo sviluppo nella storia di diverse ricette, di diversi metodi di preparazione e di invecchiamento. L’origine di questi prodotti risale alla tradizione degli antichi Romani.
Il termine balsamico invece è relativamente giovane, usato per la prima volta nei registri degli inventari ducali della Reggia Estense di Modena nel 1747 e probabilmente il nome stesso nasceva dall’uso terapeutico che allora se ne faceva.
Con la nascita dello Stato Italiano, i mercati destarono sempre più interesse riguardo al balsamico, sviluppando anche notevoli ricerche storiche e bibliografiche attorno a questo prodotto che, uscendo timidamente dalla segretezza e dalla ritualità delle acetaie, riscuoteva tanto successo.
Nel 1839 il conte Giorgio Gallesio fermatosi in visita presso la residenza dell’amico Conte Salimbeni di Nonantola per studiare le varietà delle uve e dei vini nel modenese, rimase così colpito e incuriosito dall’acetaia famigliare dell’amico, che dedicò vari giorni allo studio delle tecniche di produzione.

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ACETO BALSAMICO DI MODENA

Le Fisarmoniche di Castelfidardo: sfidano i nuovi gusti musicali

L’antenato della fisarmonica fu lo “tcheng” o “sheng”, un antichissimo strumento cinese e degli altri paesi del sud-est asiatico risalente addirittura a 4500 anni fa. Fu lo “tcheng”, infatti, a utilizzare per primo l’ancia libera, principio sul quale si basa anche la fisarmonica. Il deposito del brevetto della fisarmonica risale al 1829 a opera di Cyrill Demian a Vienna, ma il fondamentale rimaneggiamento avvenne in Italia nella seconda metà dell’Ottocento. A Castelfidardo infatti, nel 1860, la sconfitta dell’esercito pontificio a opera delle truppe piemontesi segnò un traguardo fondamentale nell’unificazione italiana con l’annessione dei territori delle Marche e dell’Umbria al Regno Italico. Questo territorio fu la culla che vide nascere i primi “organetti” o “fisarmoniche”, strumenti conosciuti grazie alle truppe francesi al servizio dello Stato Pontificio e poi perfezionati e adattati ai gusti etno-musicali.

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LE FISARMONICHE DI CASTELFIDARDO

Colosseo, Foro Romano, Palatino: l’area statale più visitata

Musei e siti archeologici statali sono stati visitati, nel 2018, da oltre 55 milioni di persone (55.504.372), con un incremento superiore ai cinque milioni rispetto all’anno solare 2017 (50.169.316). L’incremento riguarda sia gli ingressi a pagamento, 24.938.547 nel 2018, 24.068.759 nel 2017, sia, in misura maggiore, gli ingressi gratuiti che passano da 26.100.557 del 2017 a 30.565.825 del 2018.
In ragione dell’aumento dei visitatori si è registrato anche un incremento degli incassi lordi. Si è così passati dai 193.915.765 euro euro del 2017 ai 229.360.234 del 2018 con un segno più di ben 35.444.469 milioni di euro.

Per quanto riguarda i singoli ingressi
> il sito statale più visitato resta saldamente l’area Colosseo – Foro Romano – Palatino che fa segnare un +8,73% passando da 7.036.104 visitatori del 2017 a 7.650.519 del 2018. 
> Al secondo posto l’area archeologica di Pompei che aumenta il numero di visitatori del 7,78% passando da 3.383.415 ingressi a 3.646.585 del 2018.
> Terza la galleria degli Uffizi con il Corridoio Vasariano che fa registrare un leggerissimo decremento, dello 0,19%, calando da 2.235.328 a 2.231.071 visitatori.
Tra i 30 siti più visitati nel 2018 il maggior incremento è stato dei Musei Reali di Torino (+27,82), Palazzo Pitti a Firenze (+24,23%), le Grotte di Catullo e il museo archeologico di Sirmione (+18,83%) e il Giardino di Boboli a Firenze che risale la classifica fino ad essere il quinto sito più visitato in Italia con il suo +17,92.

Nella classifica dei primi 30 siti più visitati in Italia
– 8 si trovano nel Lazio,
– 6 in Campania,
– 5 in Toscana,
– 4 in Lombardia,
– 3 in Piemonte,
– 2 in Veneto
– e uno ciascuno in Puglia e Friuli Venezia Giulia.

Fonte: Ufficio Stampa MiBAC –
Redattore: RENZO DE SIMONE
Roma, 15 febbraio 2019