Venezia, Ca’ Pesaro, Sale Dom Pérignon: MAURIZIO PELLEGRIN. Me stesso e io

Maurizio Pellegrin, Head 4, 2022,
acrilico su legno, 25×20 cm acrylic on wood, 25×20 cm

Maurizio Pellegrin
l’inesausta ricerca per costruire la propria identità,
nello scollamento tra Sé reale e Sé ideale

Fino al 1 aprile 2024 

a cura di Elisabetta Barisoni 
in collaborazione con Marignana Arte e Galleria Michela Rizzo
con il sostegno di Banca Prealpi

The Others è un film del 2001 con protagonista Nicole Kidman: la trama è semplice quanto geniale e tiene lo spettatore sul filo della suspence e del mistero per 104 minuti. I protagonisti, che per tutta la pellicola si pensa siano disturbati e ossessionati dai fantasmi e dalle creature dell’aldilà, si scoprono alla fine essere loro i morti, i disturbatori del mondo dei vivi, gli altri. Il titolo dell’opera site-specific che Maurizio Pellegrin ha realizzato per Ca’ Pesaro, The Others, è non solo efficace ma anche molto utile per interpretare l’intera rassegna che presentiamo oggi a Venezia. Gli altri sono gli uno- nessuno – centomila dell’impossibile autoritratto che egli cerca di portare a compimento, circondandosi di volti e di vite, perlopiù appartenenti a figure anonime della Storia.

L’esposizione è concepita in occasione e in dialogo con Il Ritratto veneziano dell’Ottocento che abbiamo inaugurato lo scorso 21 ottobre nelle sale del secondo piano del Museo. La rassegna ricostruisce un’esposizione storica, realizzata nel 1923, un secolo fa, dal primo direttore di Ca’ Pesaro, Nino Barbantini. Genere pittorico che, come ricorda lo stesso Pellegrin, attraversa la storia dell’arte occidentale fin dall’età greco- romana e attiene alla formazione del nostro universo archetipico, il ritratto è legato al tema dell’identità ma si pone in relazione anche con la collettività che lo genera. Il ritratto nell’Ottocento parte da premesse molto diverse da quelle che abbiamo noi oggi. Sempre legato al tema dell’identità, si accompagna tuttavia al senso della morte, alla contiguità tra il mondo dei morti e dei vivi ripresi sulla tela. Come per la fotografia, laddove alcuni autori si specializzarono nel genere dello scatto post-mortem, così in pittura sono numerosi i casi di coppie o gruppi familiari che prevedono e comprendono persone già scomparse al tempo in cui l’opera venne realizzata. Per l’Ottocento il ritratto non è la documentazione del qui e ora che invece ha per i nostri tempi, testimonianza di qualcosa che accade davvero, della perenne connessione con il mondo dell’attualità; il ritratto nel XIX secolo è piuttosto una celebrazione, un atto di amore che unisce le dinastie familiari, consacra all’eternità gli appartenenti al nucleo di affetti, che siano questi i figli scomparsi prematuramente o gli avi di cui si desidera mantenere viva la memoria. Pellegrin instaura un dialogo con l’interpretazione ottocentesca del ritratto e non a caso cerca di costruire la propria identità raccogliendo, ed esponendo, non volti di suoi contemporanei ma di persone del XVIII e XIX secolo. Sono dipinti collezionati e accumulati in modo quasi ossessivo e ripetitivo, che lo accompagnano nella sua ricerca del Sé. Non dialogano tra loro ma parlano in modo quasi esclusivo con l’artista e rappresentano ai suoi occhi una moltitudine di solitudini, di storie e vicende che si affiancano o si accavallano sulla parete.

L’inesausta ricerca di Pellegrin per costruire la propria identità, nello scollamento tra Sé reale e Sé ideale, passa anche attraverso le immagini della testa e della testa- memoria dell’artista che è la città di Venezia. Anche i numeri, i simboli e le cifre che accompagnano i suoi autoritratti fanno parte di un alfabeto personale che diventa geroglifico del presente e del futuro, sostanza archeologica delle macerie su cui l’artista ragiona ogni giorno. Alle teste e alle immagini di Venezia si affiancano i lacerti, reperti di un’umanità che ha lasciato sul muro le tracce del proprio passaggio privato, nella serie dei Corsets. Sono opere in cui emerge il tema del ritratto come assenza mentre il cortocircuito tra presente e passato si vivifica attraverso il confronto tra i corsetti e i bustini appesi a muro, biancheria intima di donne del passato, e le delicate e preziose stoffe che abbigliano le splendide immagini femminili nella contigua mostra dell’Ottocento.

Mi auguro che il pubblico, come noi adesso, possa giungere a riflessioni e nuove questioni grazie al dialogo che si instaura tra le due esposizioni, messe a disposizione di una contemporaneità che ha fatto dell’iper-presenza e della ricerca identitaria la propria forza e al contempo la propria dannazione; augurandoci di non capire, arrivati ai titoli di coda, che in realtà eravamo già andati e che in fondo gli altri eravamo noi.


Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
In collaborazione con 
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net

Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce 2076
30135 Venezia
Tel. +39 041 721127
capesaro.visitmuve.it

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