Si racconta che Giufà una mattina se ne andò per finocchi ed erbe selvatiche e si ridusse a tornare in paese che era ormai notte. Mentre camminava c’era la luna annuvolata, che si affacciava e scompariva. Si sedette su d’una pietra e si mise a fissare la luna che si affacciava e scompariva, e quando si affacciava le diceva: «Affaccia, affaccia»; quando spariva: «Sparisci, sparisci». E non smetteva di ripetere: «Affaccia, affaccia! Sparisci, sparisci!».
Intanto sotto la strada c’erano due ladruncoli che squartavano una vitellina che avevano rubato. Quando intesero dire: «Affaccia e sparisci» si spaventarono che venisse la Giustizia; se la diedero a correre e lasciarono la carne.
Giufà, quando vide scappare i ladri, andò a vedere e trovò la vitellina squartata. Prese il coltello, cominciò a tagliarne la carne, ne riempì un sacco e se ne andò.
Arrivato da sua madre: «Ma’, aprite»
Sua madre gli disse: «Perché sei venuto così di notte?».
«Venni di notte perché ho portato la carne che domani dovrete vendere tutta, ché mi servono denari».
Gli rispose sua madre: «Domani tu torni in campagna, che io vendo la carne».
Quando fece giorno Giufà se ne andò e sua madre vendette tutta la carne.
La sera tornò Giufà e le disse: «Ma’ l’avete venduta la carne?».
«Sì, l’ho data a credito alle mosche».
«E la grana quando ve la dovranno dare?».
«Quando l’avranno».
Passarono otto giorni, ma denari le mosche non ne portarono; si parte Giufà e va dal Giudice e gli dice: «Signor Giudice, voglio fatta giustizia, ché detti la carne a credito alle mosche e non sono (ancora) venute a pagarmi».
Il giudice gli rispose: «Sentenzio che dove ne vedi l’ammazzi».
Giusto giusto una mosca andò a posarsi proprio sopra la testa del Giudice, Giufà (senza farselo ripetere due volte) gli sferrò un cazzotto (tanto forte) che gliela fracassò.
Fonte dell’immagine: www.behance.net
Illustrazione della storia: Marina De Santis