UNGARETTI POETA E SOLDATO Il Carso e l’anima del mondo – Spettacolo teatrale di e con Marco Goldin

Antonella Ruggiero (foto di Piero Biasion)
UNGARETTI POETA E SOLDATO
Il Carso e l’anima del mondo
 
Lo spettacolo teatrale

Spettacolo teatrale di e con Marco Goldin
Musiche originali al pianoforte Remo Anzovino
Canta Antonella Ruggiero
Letture Gilberto Colla
Tromba solista Diego Cal
Animazioni e montaggio Alessandro Trettenero

5 tappe in Friuli Venezia Giulia con Goldin, Anzovino, Ruggiero per il grande poeta Ungaretti.

Il tour teatrale dal 10 al 23 aprile toccherà Gorizia, Tolmezzo, Monfalcone, Udine e Pordenone.

Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo“, spettacolo teatrale di e con Marco Goldin, percorrerà, in cinque tappe, il Friuli Venezia Giulia. Questo il calendario delle rappresentazioni: 10 aprile: Gorizia, Teatro Comunale “Giuseppe Verdi”; 11 aprile: Tolmezzo, Teatro Comunale “Luigi Candoni”; 16 aprile: Monfalcone, Teatro Comunale “Marlena Bonezzi”; 17 aprile: Udine, Teatro nuovo “Giovanni da Udine”; 23 aprile: Pordenone, Teatro Comunale “Giuseppe Verdi”. Unica tappa fuori regione, quella del 15 aprile, a Treviso, al Teatro Comunale “Mario Del Monaco”, come omaggio alla città natale di Marco Goldin.

L’ingresso per tutte le date è gratuito, come voluto dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dai Comuni di Gorizia e Monfalcone che la tournée teatrale sostengono. Prenotazione obbligatoria su biglietto.lineadombra.it.

Il popolare critico, negli 80 minuti dello spettacolo, ripercorrerà la storia di Giuseppe Ungaretti sul Carso, tra letteratura, storia, luoghi e pittura. Tema cui, dal 26 ottobre 2024 al 4 maggio 2025, sarà dedicata una originalissima doppia mostra a Gorizia, Museo Civico di Santa Chiara e, in parallelo, “Da Boccioni a Martini. Arte nelle Venezie al tempo di Ungaretti sul Carso”, a Monfalcone, nella Galleria Comunale d’arte contemporanea.

Tornando allo spettacolo, il prologo sarà affidato alla voce straordinaria di Antonella Ruggiero, superba interprete di tre canzoni i cui testi sono stati scritti da Marco Goldin su musiche di Remo Anzovino. Questi brani (due dei quali inseriti nel prologo) serviranno a far entrare lo spettatore nel mezzo del racconto teatrale. Ciò avverrà attraverso l’espediente narrativo di una madre che in brevi scene, che corrispondono alle canzoni, si rifarà alle lettere, immaginarie, che il figlio le manda dai luoghi delle battaglie sul Carso. 

Una madre che aspetta in Calabria, davanti al mare, il ritorno di quel figlio dalla guerra. Dalla Calabria perché una parte preponderante dei commilitoni di Ungaretti, nella sua brigata Brescia (diciannovesimo reggimento, definito il “reggimento calabrese”), provenivano proprio da lì e comunque dal meridione d’Italia.

L’intento registico di Goldin non è di puntare, in questa parte dello spettacolo, sulla tragicità della guerra, e piuttosto sugli aspetti di liricità diffusa colti nel paesaggio, a cominciare da quello stellato notturno e dal mare. Aspetti che insieme hanno a che fare con la memoria e la sperata previsione di un diverso futuro.

Marco Goldin (foto di Simone Di Luca)

Marco Goldin racconterà quindi sul palcoscenico la storia del soldato Giuseppe Ungaretti dal momento del suo arrivo al fronte alla fine del 1915. Remo Anzovino ha scritto le musiche originali e le eseguirà dal vivo al pianoforte, mentre Gilberto Colla leggerà, nei momenti a ciò riservati, in una sorta di ansa sinuosa, alcune delle poesie de Il porto sepolto, libro che sarà parte importante di tutta l’azione teatrale, tra fisicità e spirito.

Come in tutti gli spettacoli di Marco Goldin – e si ricordi solo a titolo di esempio quello recente, assai fortunato, sugli ultimi giorni di Van Gogh con le musiche di Battiato – una parte fondamentale l’avrà l’aspetto visivo, con le strabilianti animazioni e i montaggi curati da Alessandro Trettenero, su uno schermo di 6×3 metri che dominerà il palcoscenico.

Parte visiva che comprenderà tante tracce storiche, tra filmati d’epoca e fotografie. Ma poi immagini di enorme suggestione appositamente girate negli ultimi mesi con i droni sul Carso, e lungo l’Isonzo, nelle varie stagioni dell’anno, così da collocare dal punto di vista geografico la storia di Ungaretti poeta e soldato proprio sul Carso, tra le trincee della prima linea, sul monte San Michele, e la retrovia.

Questi veri e propri mini-film contemporanei verranno spesso associati ai quadri che dodici pittori italiani hanno dipinto, dopo avere percorso e ripercorso, nello scorso autunno, i sentieri tra il San Michele e l’Isonzo, sulle tracce del grande poeta. Dedicati quindi, quegli stessi quadri, proprio ai luoghi di Ungaretti sul Carso, come si vedrà nelle mostre dell’autunno 2024 a Gorizia e Monfalcone.

Poi naturalmente nello spettacolo si farà ricorso a immagini dello stesso Ungaretti, sia sue fotografie storiche, sia disegni e quadri che sempre quei pittori hanno realizzato. Tutto questo armonizzato in un linguaggio, insieme tecnologico e poetico, di continue transizioni, animazioni e movimenti di camera anche all’interno delle opere dipinte, attraverso la mano sapiente di Alessandro Trettenero. 

Nello spettacolo teatrale ci saranno quindi parti di puro racconto, parti di racconto accompagnato dalla musica, così come accadrà per le letture delle poesie, poi anche parti di musica in solo, suonata da Remo Anzovino su un nuovissimo Steinway gran coda. Con la partecipazione anche di Diego Cal, con la sua tromba.

Il finale sarà una sorpresa di fortissima suggestione.


Info: www.lineadombra.it 
 
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499
Rif. Roberta Barbaro roberta@studioesseci.net

Venezia e il numero 10 al centro del concept di InspiringPR 2024

Svelato il concept grafico ideato da Matteo Baldan per la decima edizione del Festival delle Relazioni Pubbliche di FERPI, organizzata da FERPI Triveneto a Venezia, alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, sabato 18 maggio.

C’è Venezia nel concept della decima edizione di InspiringPR. La Serenissima, che anche quest’anno ospiterà il Festival delle Relazioni Pubbliche nelle sale affrescate della Scuola Grande San Giovanni Evangelista sabato 18 maggio, è di ispirazione all’immagine grafica.
Spiega il socio Matteo Baldan da diversi anni ideatore dei concept di InspiringPR: “Venezia è il turchese delle acque che incontra il giallo ocra, l’arancio e il rosso dei ponti e delle casette a due o tre piani che costeggiano irregolari i canali e le calli. Con la tavolozza della Serenissima abbiamo colorato forme da cui in negativo affiora il numero 10, ossia in numero dell’edizione del festival e il numero di parole su cui quest’anno si concentreranno gli interventi degli speaker“.

Per celebrare il decennale di InspiringPR, promosso da FERPI e organizzato dalla delegazione del Triveneto in collaborazione con i ragazzi di UniFERPI Padova e Gorizia, saranno 10 i concetti esplorati da 10 speaker d’eccezione. Ciascuno interpreterà una delle seguenti parole: Responsabilità, Accoglienza, Intelligenze, Attenzione, Curiosità, Fantasia, Speranza, Prospettiva, Generosità Autenticità.

Anche quest’anno, Il Festival si propone come un evento unico nel panorama delle Relazioni Pubbliche: un momento di incontro, di networking e d’ispirazione aperto non solo a chi lavora nei diversi ambiti della comunicazione e delle imprese, ma anche a chi, seppur non del settore, influenza sensibilmente la professione.

InspiringPR premierà, inoltre come da tradizione, la campagna/azione di relazioni pubbliche che si è distinta nel periodo tra il 1° maggio 2023 e il 1° aprile 2024 per la sua particolare capacità di “ispirazione”. Per partecipare alla nuova edizione di InspiringPR Award le iscrizioni devono pervenire entro il 10 aprile 2024, inviando le candidature via e-mail a: award@inspiringpr.it.  Possono aderire le campagne/azioni di relazioni pubbliche realizzate in Italia e all’estero da aziende, enti pubblici, organizzazioni profit e non profit, agenzie di comunicazione e liberi professionisti. Il regolamento completo è su inspiringpr.it/award.

Con il rinnovato supporto della famiglia e di Mindshare Italia, InspiringPR conferma anche il premio studio “È il digitale, bellezza!”in memoria di Adriana Ripandelli, una delle prime persone in Italia ad aver profondamente creduto nella rivoluzione digitale, investendo forza e professionalità in progetti innovativi che hanno illuminato d’ispirazione i propri settori. Il premio è rivolto agli studenti delle Università italiane (corsi di laurea triennale o magistrale nei settori Comunicazione, Relazioni Pubbliche, Marketing, Digital Media ed Economia Aziendale) ed è dedicato a un’innovativa tesi di laurea con focus specifico sulla comunicazione digitale, discussa dal 1° maggio 2023 al 1° aprile 2024.  Il vincitore, che sarà premiato durante InspiringPR, si aggiudicherà un premio di 2.000 euro e uno stage post-laurea in Mindshare Italia della durata di sei mesi, con rimborso spese e ticket, da iniziare entro sei mesi dall’aggiudicazione del premio nella sede di Milano. Per partecipare è necessario inviare il materiale (1 copia digitale in pdf, un breve abstract di massimo 1 cartella di testo, voto conseguito e riferimenti completi di contatto), entro e non oltre il 10 aprile 2024, all’indirizzo e-mail: premiostudio@inspiringpr.it. Per maggiori informazioni sul premio è possibile consultare inspiringpr.it/premio-studio-adriana-ripandelli.

Tutte le informazioni sulla decima  edizione del Festival sul sito web http://www.inspiringpr.it e sui canali ufficiali dell’evento in FacebookLinkedInInstagramTwitter e YouTube.


FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana – rappresenta da oltre 50 anni in Italia i professionisti della Comunicazione e delle Relazioni Pubbliche, persone che ogni giorno ne fanno un mestiere e un tema di ricerca, studio e insegnamento. FERPI è impegnata per valorizzare la professione dei comunicatori presso i pubblici di riferimento, supportare la crescita professionale dei soci e non solo con qualificati percorsi di formazione, offrire un aggiornamento costante sulle mutazioni in atto grazie anche al confronto internazionale, promuovere la cultura della sostenibilità, partecipare attivamente al dibattito pubblico intorno alle policy del lavoro, della società civile, della democrazia.


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L’intervento realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure. Riqualificata anche la chiesa di San Lorenzo

  1. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine in luce diffusa del dipinto prima del restauro.
  2. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine in luce diffusa del dipinto durante il restauro, al termine della pulitura e in fase di stuccatura.
  3. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine in luce diffusa del dipinto dopo il restauro.
  4. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine in luce diffusa di un particolare del dipinto durante l’intervento di pulitura.
  5. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine in Ultravioletto di un particolare del dipinto durante l’intervento di pulitura.
  6. Rosso Fiorentino, Deposizione di Cristo dalla Croce, San Sepolcro, Chiesa di San Lorenzo.
    Immagine riflettografica IR (1600 nm) di un particolare del dipinto.

Ha fatto ritorno a Sansepolcro la preziosa pala della Deposizione di Cristo, capolavoro cinquecentesco di Rosso Fiorentino, che aveva lasciato sette anni fa il capoluogo valtiberino per essere sottoposto a un importante restauro divenuto ormai improrogabile, affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

Com’è nato il restauro

Il progetto per il restauro della tavola di Rosso Fiorentino nasce in occasione della grande mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della ‘maniera’” ospitata nel 2014 a Palazzo Strozzi a Firenze. In tale occasione, la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro con la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo facevano notare la grande sofferenza della pellicola pittorica. La principale criticità era dovuta ai numerosissimi sollevamenti diffusi sull’intera superficie, causati dall’estrema rigidità del supporto ligneo, rigidità dovuta a un precedente intervento di restauro, avvenuto probabilmente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 dopo il terremoto che colpì Sansepolcro nel 1789. Infatti a seguito di questa calamità furono aggiunte cinque traverse in legno di pioppo avvitate sul supporto, che hanno ostacolato i naturali movimenti del legno, e le forze così scaturite si sono ripercosse sul fronte del dipinto creando i sollevamenti. Al termine della mostra l’opera fece ritorno a Sansepolcro nel 2015 e grazie alla disponibilità dell’Opificio delle Pietre Dure a far eseguire il restauro nei propri laboratori e alla volontà manifestata dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, furono avviate dalla Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo le procedure tra le istituzioni coinvolte. Il 20 gennaio 2016 il delicato dipinto fu movimentato in sicurezza presso il laboratorio di restauro della Fortezza da Basso di Firenze.

Il restauro

Come consueto per l’Opificio l’intervento è stato preceduto da una diagnostica completa ed approfondita che ha permesso di conoscere tecniche esecutive e materiali presenti, tanto originali che di restauro.

In primo luogo si è intervenuti sulla struttura, con la rimozione meccanica dell’ammannitura e delle cinque traverse non originali. Dopo aver completato il risanamento del tavolato le due traverse originali sono state rifunzionalizzate mediante un sistema a molle che asseconda, controllandoli, i naturali movimenti del legno. Si è poi proceduto al restauro degli strati pittorici. Prima di poter effettuare la fermatura del colore è stata necessaria una prima pulitura degli spessi strati di vernice non originale. Conclusa la fermatura la pulitura, complessa e delicata, è stata condotta a più riprese: l’opera presentava molte patinature, ridipinture a coprire una superficie molto compromessa in quanto abrasa da puliture aggressive di antichi restauri (le abrasioni interessavano più di ¼ della superficie pittorica); erano presenti anche molte sgocciolature e ritocchi alterati. Le lacune, dovute per la maggior parte a pratiche devozionali, non erano fortunatamente di grandi dimensioni e comunque compromettevano parti figurative importanti. Su di esse, dopo aver effettuato la stuccatura e il ricollegamento materico della superficie, è stata eseguita l’integrazione cromatica mediante selezione, mentre le diffuse abrasioni sono state abbassate di tono mediante leggere velature.

Il restauro, le cui tempistiche sono state dettate oltre che dalla complessità dell’intervento anche e soprattutto dalla pandemia, si è concluso nel maggio 2023.

“Il complesso intervento di restauro ha permesso di restituire la completa leggibilità a un testo fondamentale nello svolgimento della pittura della prima Maniera italiana – spiega Sandra Rossi, Direttore del Settore di restauro dei dipinti mobili, Opificio delle Pietre Dure -. Le indagini sulla tecnica pittorica dell’artista ne hanno, infatti, rivelato l’espressività e la modernità fuori dal comune: una pennellata caratterizzata da un tratteggio incrociato continuamente spezzato, quasi grafico. Sono emersi, inoltre, interessanti dettagli operativi come l’utilizzo della tecnica detta ‘al risparmio’ che, lasciando intenzionalmente a vista il fondo cromatico bruno, lo rende elemento figurativo. Il restauro ha, infine, svelato commoventi dettagli, come la presenza di una piccola margherita in primo piano, da tempo non più visibili a causa delle precarie condizioni di conservazione della pellicola pittorica”.

“È un momento di grande soddisfazione – dice mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro – il ritorno a Sansepolcro della Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino perché è il frutto di un lavoro in sinergia di diversi enti, in particolare l’Opificio delle Pietre Dure, la Soprintendenza, il Comune di Sansepolcro, la Diocesi, la parrocchia, l’associazionismo e tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questo evento e di questo recupero. È motivo di soddisfazione e anche significativo perché viene ricollocato in prossimità della Settimana Santa che ci prepara a vivere il mistero di Cristo morto e risorto. Questo dipinto presentandoci proprio la deposizione di Cristo è un grande invito a riscoprire la bellezza dell’arte nella nostra Diocesi e insieme a viverla come proposta di meditazione”.

“Sansepolcro – dice Emanuela Daffra, Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure – nonostante le perdite subite nel corso del tempo, ha ancora la fortuna di custodire uno straordinario patrimonio di opere d’arte collocate nei luoghi per le quali furono pensate. Non è scontato e spiega la particolare soddisfazione nel vedere nuovamente la tavola di Rosso all’interno della sua cornice settecentesca, a suggello di una collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure ormai ‘storica’ per continuità e qualità di risultati, come mostrano i casi pierfrancescani del Polittico della Misericordia e della Resurrezione“.

“Questo episodio – commenta Gabriele Nannetti, Soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo è la conferma di un modello virtuoso di interazione tra gli uffici della diocesi e quelli del Ministero della cultura, sia per quanto riguarda la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo, ma anche per quanto riguarda l’Opificio delle Pietre Dure che opera su tutto il territorio nazionale e che ha sede a Firenze, il risultato si è raggiunto anche grazie a un percorso condiviso e accompagnato in tutte le sue fasi”.

Altri lavori

Già nel 2022, grazie al contributo dei fondi 8×1000 della Conferenza Episcopale Italiana la Diocesi aveva investito circa 7mila euro nella chiesa di San Lorenzo in Sansepolcro – la sede dove è custodito da secoli – per la realizzazione di un moderno impianto antintrusione e di videosorveglianza di ultima generazione. Contestualmente, per completare le verifiche sulla sicurezza della chiesa – dove l’opera avrebbe fatto ritorno – veniva fatta istanza all’Opificio delle Pietre Dure per la collaborazione con il Laboratorio di Climatologia e Conservazione preventiva; il laboratorio installava tre sonde per la rilevazione e la registrazione dei parametri termoigrometrici nell’arco dei dodici mesi.

“Le mostre d’arte quando sono di alto valore scientifico diventano iniziative molto importanti – dice Serena Nocentini, dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali -. Esse sono da considerare grandi eventi anche per la vita culturale della Diocesi e non solo della comunità civile. Proprio in occasione della mostra ospitata a Palazzo Strozzi e in sinergia con la nostra Soprintendenza, è nata questa prestigiosa collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure. Grazie alla loro dedizione e all’altrettanta maestria è stato permesso di restituire alla comunità la bellezza e la forza espressiva di questa inestimabile opera. La Deposizione di Rosso Fiorentino è tra i capolavori più ammirati e studiati nella nostra Diocesi, ma prima di tutto usando le parole di san Giovanni Paolo II in merito all’arte sacra ‘è esperienza di universalità. Non può essere solo oggetto o mezzo. È parola primitiva, nel senso che viene prima e sta al fondo di ogni altra parola’. E proprio per questo, la nostra più grande gioia è che l’opera sia tornata nella sua chiesa originaria, perché quando vi sono le condizioni, le opere sacre devono restare nel loro contesto”.

Il pavimento e la cornice

Nel frattempo, in molti, a Sansepolcro, si erano fatti portavoce dell’esigenza di intervenire sul pavimento della chiesa, realizzato negli anni ’60 con piastrelle in ceramica blu. Per assecondare questa richiesta, la Diocesi si è attivata per la progettazione e per richiesta di autorizzazione presso la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio, del nuovo pavimento in cotto, il cui costo, 36.300 euro, è stato coperto per tre quarti con le risorse rinvenienti dagli oneri di urbanizzazione destinati agli edifici di culto e, per la quota rimanente, circa 8mila euro, attraverso iniziative di auto finanziamento di cui si è fatta promotrice la parrocchia del Duomo di Sansepolcro e alcune associazioni cittadine (Compagnia Artisti e Vivere a Sansepolcro, Rotary Club Sansepolcro, Lions Club Sansepolcro, Caserma Archeologica, Amici del Poliedro, Associazione Campanari, Gruppo Lunedì d’Estate, Gruppo Cavalieri del Trebbio, Teatro Popolare, Volontariato San Lorenzo, Gruppo Filarmonica e alcuni privati). I lavori sono stati diretti dall’architetto Andrea Mariottini con la collaborazione di David Tripponcini e realizzati dall’impesa Stema di Nako Nasi. Sono state utilizzate pianelle delle Badie di Montefioralle lavorate artigianalmente acquistate dalla ditta Giorni Aldo che si ringrazia per la sponsorizzazione tecnica. Inoltre, con l’autorizzazione della Soprintendenza, e sempre con il contributo della comunità locale è stata eseguita, a opera di Rossana Parigi, la manutenzione della cornice e delle decorazioni in gesso dell’altare maggiore che racchiude la Pala di Rosso Fiorentino.

“Finalmente si riapriranno le porte dell’antica chiesa di San Lorenzo – dice mons. Giancarlo Rapaccini, parroco della Concattedrale di Sansepolcro -. I cittadini e i turisti potranno finalmente ammirare il nuovo pavimento in cotto artigianale dell’Impruneta e soprattutto estasiarsi dinanzi al meraviglioso dipinto della Deposizione di Cristo. Un’opera di straordinario valore artistico restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Un ritorno attesissimo da tutti i biturgensi. È stato emozionante vedere come tante associazioni della città si sono adoperate per reperire i fondi necessari per ridare una degna collocazione al dipinto. La parrocchia, e io personalmente, ci siamo fatti promotori di tale iniziativa senza trovare resistenza. È stato bello lavorare così, tutti insieme, per arricchire la nostra città. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno contribuito, con la speranza di continuare per altri interventi. Chi viene a Sansepolcro, città di Piero della Francesca, deve riempirsi gli occhi di bellezza. E ripartire con il proposito di ritornare”.

La nuova illuminazione

Grazie al fondamentale contributo dell’Amministrazione comunale di Sansepolcro si è provveduto al rifacimento dell’illuminazione; quest’ultima, difatti, per quanto risalente a non molti anni fa, si era dimostrata inadatta per l’adeguata lettura del dipinto: si è così costituito un tavolo tecnico tra Diocesi, Parrocchia e Amministrazione comunale per predisporre il nuovo sistema illuminotecnico affidato alla ditta Opera.

“Il ritorno dell’opera rappresenta un grande evento per l’Amministrazione comunale e per l’intera comunità – dichiara Fabrizio Innocenti, sindaco di Sansepolcro -. Si tratta indubbiamente di una splendida realtà, quella di poter nuovamente ammirare l’opera di Rosso Fiorentino alle nostre latitudini dopo il delicato intervento di restauro che l’ha riguardata. Colgo l’occasione per ringraziare la Diocesi, il costante impegno di monsignor Giancarlo Rapaccini, il generoso contributo delle associazioni cittadine. Anche il Comune ha fatto la sua parte, destinando la somma di 15mila euro per la corretta illuminazione del dipinto. La Deposizione di Rosso Fiorentino sarà così nuovamente fruibile in tutta la sua bellezza e nel suo fascino evocativo, un arricchimento ulteriore al prezioso patrimonio artistico che custodiamo in città e che fa parte del nostro Museo diffuso”.

Notizie storiche

La Deposizione di Sansepolcro è tra i capolavori di Giovan Battista di Jacopo, detto il Rosso Fiorentino (Firenze, 8 marzo 1494 – Fontainebleau, 14 novembre 1540). L’opera fu eseguita a Sansepolcro dove l’artista, fuggito nel 1527 dal Sacco di Roma, aveva trovato rifugio. Secondo il celebre biografo delle Vite, Giorgio Vasari, egli ricevette questa preziosa occasione di lavoro alla generosa rinuncia del pittore biturgense Raffaellino del Colle che, in un primo tempo, aveva ricevuto l’incarico per il dipinto dalla Compagnia di Santa Croce “acciò che in quella città rimanesse qualche reliquia di suo”; ma anche grazie alle raccomandazioni del vescovo Leonardo Tornabuoni, cui il pittore era legato da vincoli professionali e di amicizia. Il Rosso aveva già rappresentato il tema della Deposizione nella bella tavola di Volterra (1521), ma la critica riconosce nell’esemplare di Sansepolcro una più cupa drammaticità che lo spinge a ricorrere perfino al grottesco, come nella mostruosa figura a lato della scala. Siamo di fronte a un’opera di eccezionale forza espressiva, che rivela una religiosità personale intensa, segnata dalla nascente Controriforma e dalla gravità dei tempi, che vedono la stessa Roma in balìa delle milizie e delle bande dei regnanti; nonché a un esempio tra i più illustri del legame con Roma – e dunque degli esempi figurativi moderni quali le opere ultime di Raffaello e della sua scuola, o la potenza cromatica e le torniture poderose degli affreschi della Sistina realizzati da Michelangelo – dei territori della Valtiberina.


NOTIZIE STORICO CRITICHE

La pala fu commissionata a Rosso Fiorentino dalla Confraternita di S. Croce per completare il nuovo altare maggiore ligneo della chiesa di S. Croce, realizzato tre anni prima dagli ebanisti Romano Alberti e Schiatto Schiatti. L’incarico affidato in origine a Raffaellino del Colle fu ceduto dal pittore locale al Rosso, affinchè in città “rimanesse qualcosa di suo” (così scrisse Vasari). Raffaellino invece eseguì la lunetta soprastante rffigurante Dio Padre tra gli angeli. Il contratto tra l’artista e il priore della confraternita fu stipulato il 23 settembre del 1527, dopo che il Rosso, a seguito del Sacco di Roma, riuscì a fuggire ai Lanzichenecchi, giungendo prima a Perugia e poi a Sansepolcro. La Compagnia di Santa Croce nel 1554 accolse nei suoi locali le monache benedettine di San Lorenzo, cui era stato distrutto il monastaro fuori Porta Fiorentina; ciò comportò l’ampliamento dell’edificio, con la costruzione del coro delle monache dietro l’abside della chiesa. L’ampliamento, secondo Franklin (1989), non implicò lo spostamento dell’opera, che fu semplicemente rialzata per permettere l’apertura della grata sopra la mensa d’altare. 

Nel 1808 il convento di San Lorenzo fu soppresso e trasformato in orfanotrofio femminile, ma fortunatamente il dipinto non fu spostato.

Nel 1940, durante il coinvolgimento dell’Italia in Guerra, la pala d’altare si trovava a Firenze per la Mostra del Cinquecento toscano tenuta a Palazzo Strozzi; allo scoppio del conflitto venne ricoverata nei depositi del Museo del Bargello per preservarla dai possibili danni bellici.  

L’opera è ancora conservata nella chiesa di San Lorenzo (già Santa Croce), situata come in origine sull’altare maggiore all’interno di una mostra in stucco tardo settecentesca.

L’opera in origine doveva essere incorniciata all’interno di una carpenteria lignea dorata realizzata nel 1525 da Romano Berto Alberti, detto il Nero e Schiatto Angelo Schiatti; come emerge dai documenti, furono tali legnaioli a realizzare anche il supporto del dipinto. La macchina d’altare lignea, a seguito del grave terremoto del 1789, probabilmente è andata perduta o fu talmente danneggiata da essere sostituita con l’attuale mostra in stucco tardo settecentesca.

STATO DI CONSERVAZIONE E TECNICA ESECUTIVA

L’opera è giunta nel gennaio del 2016 presso i Laboratori di Restauro della Fortezza da Basso a seguito delle criticità riscontrate nel 2014 durante la mostra Pontormo e Rosso: divergenti vie della “maniera” a Palazzo Strozzi.

In tale occasione era stata notata la grande sofferenza della pellicola pittorica. La principale criticità era dovuta ai numerosissimi sollevamenti diffusi sull’intera superficie, causati dall’estrema rigidità del supporto ligneo, rigidità dovuta ad un precedente intervento di restauro, avvenuto probabilmente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 a seguito del terremoto che colpì Sansepolcro nel 1789. Infatti a seguito di questa calamità furono aggiunte cinque traverse avvitate sul supporto, che hanno ostacolato i naturali movimenti del legno, e le forze così scaturite si sono ripercosse sul fronte del dipinto creando i sollevamenti.

Come è di prassi per il nostro Istituto, preliminarmente al restauro sono state eseguite le indagini diagnostiche, fondamentali allo studio della tecnica, alla caratterizzazione dei materiali impiegati dall’artista nonché ad approfondire alcuni aspetti dello stato di conservazione; tutte informazioni fondamentali per poter poi procedere operativamente nell’intervento di restauro. 

Si è iniziato quindi con le indagini non invasive quali la radiografia, il M-NIR e la fluorescenza UV. Oltre al nostro laboratorio scientifico, di grande importanza sono state le collaborazioni con istituti esterni (come l’Unità di ricerca in tecnologia del legno dell’Università di Firenze per la misurazione delle variazioni dimensionali del supporto; l’ENEA per l’XRF puntuale e l’INFN per l’XRF a scansione per la caratterizzazione dei pigmenti; e l’Università di Pisa per la Gascromatografia che ha permesso di caratterizzare il legante).

Da quanto emerso dallo studio attento e approfondito dell’opera e dall’analisi della riflettografia, l’artista già nelle fasi iniziali aveva determinato con estrema precisione l’intera composizione e l’ingombro dei personaggi, infatti non sono visibili modifiche del disegno preparatorio. Quindi molto probabilmente sullo strato di imprimitura a base di bianco di piombo aveva già impostato l’intera composizione, procedendo poi con le incisioni delle scale e della croce sul fondo, considerando fin da subito l’ingombro dei personaggi e dei minimi particolari. Successivamente, prima di iniziare a dipingere, aveva steso sull’intera superficie un fondo cromatico bruno chiaro a base di terre, sul quale è andato a ricalcare alcuni dettagli tramite cartone; questo, per esempio, è ben evidente in corrispondenza della capigliatura e manica della Maddalena. 

In pratica il dipinto era stato pianificato fin nei minimi dettagli già durante la realizzazione dell’underdrawing.

Osservando la tecnica pittorica si può notare tutta l’espressività e la modernità di quest’artista, tecnica caratterizzata da un tratteggio incrociato continuamente spezzato, quasi grafico, tipico del modo di dipingere del Rosso. È una pittura molto veloce in cui si può percepire la gestualità del Rosso, ma nonostante sia una pittura molto veloce emerge anche la minuzia e la raffinatezza di certi particolari di piccole dimensioni (come il cammeo della veste della pia donna sulla sinistra, la margherita e le capigliature).

È un dipinto in cui è evidente la grande vivacità cromatica e il sapiente uso del colore, una tavolozza ricca di pigmenti come il bianco di Pb, l’azzurrite, lo smaltino, il cinabro, l’orpimento e/o realgar e giallo di Pb e Sn. 

La straordinaria libertà di espressione di quest’artista la ritroviamo anche nella raffigurazione del personaggio dal volto ferino e malvagio che troviamo sullo sfondo, con tratti scimmieschi, e che risulta l’unico a guardare dritto lo spettatore. (Sappiano tramite il Vasari che il Rosso aveva un bertuccione e nelle Vite vengono descritti molto accuratamente alcuni aneddoti relativi a tale animale, quindi è stato ipotizzato che questo personaggio raffigurato possa far riferimento al bertuccione che il Rosso tanto amava.)

La grande novità di quest’opera è la tecnica pittorica che il Rosso impiega, una tecnica che possiamo definire a risparmio, in quanto lascia intenzionalmente a vista il fondo cromatico bruno, come è il caso dei bottoni dei polsini della manica di Nicodemo (che prima del restauro non erano visibili perché coperti da ridipinture di un vecchio restauro, in quanto erroneamente interpretati come lacune), e talvolta oltre al fondo cromatico lascia volutamente a vista anche i tratti neri del disegno, come si può ben vedere nella parte in ombra della manica della Maddalena. La grande innovazione rispetto ad altre opere del Rosso, come per esempio la Pala Dei, è che in questo dipinto le parti a risparmio hanno una valenza figurativa, creano delle forme, quindi il fondo bruno non ha una valenza puramente cromatica ma diventa elemento figurativo. 

Per quanto riguarda le modifiche, non si individuano variazioni sostanziali in corso d’opera, e ciò mostra la grande sicurezza ideativa e disegnativa del pittore. Le uniche modifiche che il Rosso effettua sono a livello pittorico. Come mostra la riflettografia, una volta terminata l’opera, il Rosso modifica la testa del personaggio raffigurato di spalle sullo sfondo, precedentemente dipinto come un soldato con un elmo, mentre successivamente l’elmo viene coperto dai capelli. Questa modifica è già evidente ad un’attenta analisi visiva, in quanto la campitura grigia dell’elmo traspare sia in corrispondenza dell’incarnato del collo, sia dei capelli.  L’altra principale modifica che il Rosso compie riguarda il personaggio a cavallo sulla destra, infatti inizialmente raffigura un uomo a torso nudo che poi in una seconda fase copre con una veste verde e un velo rosso. Si può ipotizzare che queste modifiche possano essere dovute per il raggiungimento di un equilibrio cromatico finale.

RESTAURO DEL SUPPORTO

Per quanto riguarda il restauro, dal momento che la principale causa del degrado della pellicola pittorica era dovuta alla rigidità del supporto ligneo (costituito da dieci assi di pioppo), il primo intervento è stato quello strutturale. Dopo il trattamento anossico per la disinfestazione dagli insetti xilofagi e una campagna di misurazioni effettuata dal Gruppo Scienze del Legno dell’Università degli Studi di Firenze, per studiare le deformazioni del legno al variare dei parametri termoigrometrici, si è proceduto con la rimozione meccanica dell’ammannitura e la rimozione delle cinque traverse non originali. Successivamente sono state estratte le farfalle e il listello di restauro situato nel margine inferiore destro; una volta rettificate le sedi, queste sono state tassellate con elementi di pioppo antico. Inoltre sono state ricostruite alcune parti deteriorate del supporto con un’opportuna tassellatura e risanati spacchi e sconnessure con cunei sottili. Dopo aver completato il risanamento del tavolato, sono iniziate le operazioni di adeguamento delle due traverse originali, rifunzionalizzandole mediante un sistema a molle.

RESTAURO DEGLI STRATI PITTORICI

Solo a seguito del restauro del supporto si è potuto procedere con il restauro degli strati pittorici. Prima di poter effettuare la fermatura del colore, è stata necessaria una prima pulitura degli spessi strati di vernice non originale che non permettevano di far penetrare l’adesivo adeguatamente, e quindi non garantivano la corretta adesione dei sollevamenti presenti.

L’intervento di pulitura è proceduto per aree, ed in un primo momento è stato quindi funzionale alla fermatura degli strati preparatori e pittorici, che in questo caso risultava l’operazione più urgente da effettuare. A seguito della fermatura del colore la pulitura è stata ripresa più volte, sempre mediante l’impiego di solventi differenziati e supportati, ed è risultata un’operazione complessa e delicata: l’opera presentava molte patinature, ridipinture a coprire una superficie molto compromessa in quanto abrasa da puliture aggressive di antichi restauri (le abrasioni interessavano più di ¼ della superficie pittorica); inoltre erano presenti anche molte sgocciolature e ritocchi alterati. 

È stato inoltre necessario anche il consolidamento e il riempimento delle numerosissime gallerie e fori di sfarfallamento degli insetti xilofagi, gallerie che in alcune aree avevano causato il collasso del film pittorico privo ormai del sostegno del supporto ligneo. 

Fortunatamente il dipinto non presentava lacune di grandi dimensioni o che andavano a compromettere parti figurative importanti. La maggior parte di esse è stata causata dalle pratiche di culto devozionale (per esempio vi erano varie bruciature di candele, e lungo il bordo superiore erano presenti, per tutta la larghezza del tavolato, tantissime piccole lacune circolari, presumibilmente da attribuire al rito della Velatio. Durante tale rito, che avveniva nel periodo della quaresima, si posizionava un telo a coprire l’opera, e le lacune corrispondono ai fori lasciati dai chiodi usati per fissare il telo alla tavola; a conferma di ciò è stato anche trovato un chiodo in corrispondenza di uno di questi fori). 

In corrispondenza delle lacune, dopo aver effettuato la stuccatura e il ricollegamento materico superficiale, è stata eseguita l’integrazione cromatica mediante la tecnica della selezione, mentre sulle diffuse abrasioni si è proceduto con un abbassamento di tono mediante leggere velature. La fase finale del restauro ha riguardato la verniciatura del dipinto eseguita prima a pennello e poi a nebulizzazione.

Grazie al settore di climatologia, fondamentale è stato il monitoraggio dei parametri termo-igrometrici in corrispondenza dell’altare maggiore della chiesa, in vista della ricollocazione dell’opera.

Soprintendente: Marco Ciatti (fino al 2022), Emanuela Daffra (dal 2022)

Direttore dei Lavori: Cecilia Frosinini (fino al 2020), Sandra Rossi (dal 2020)

Direttore Tecnico: Chiara Rossi Scarzanella (fino a 2019), Chiara Modesti (dal 2019)

Restauratori: Francesca Bettini (dal 2022), Ciro Castelli, Alberto Dimuccio, Chiara Modesti (dal 2019), Luciano Ricciardi (dal 2019) Chiara Rossi Scarzanella (fino al 2019), Andrea Santacesaria (fino al 2022), Caterina Toso (dal 2023)

Documentazione fotografica: Giuseppe Zicarelli, Cristian Ceccanti (2024)

Indagini scientifiche:
Laboratorio Scientifico dell’OPD: Carlo Galliano Lalli (fino al 2018), Giancarlo Lanterna (fino al 2022), Andrea Cagnini (dal 2022), Monica Galeotti (dal 2022), Simone Porcinai (dal 2022) (analisi chimiche)
Andrea Cagnini, con la collaborazione di Ottavio e Daniele Ciappi. (Radiografia X)
Roberto Bellucci (M-NIR)
ENEA: Pietro Moioli e Claudio Seccaroni (XRF)
Unità di ricerca in tecnologia del legno (Dipartimento DAGRI dell’Università degli Studi di Firenze): Paola Mazzanti, Lorenzo Riparbelli, Luca Uzielli (misurazioni delle variazioni dimensionali del supporto)
INFN-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: Chiara Ruberto, Lisa Castelli (XRF a scansione)
Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa: M.P. Colombini, A. Andreotti (Gascromatografia)
Settore di climatologia: Monica Galeotti, Sandra Cassi (Monitoraggio dei parametri termo-igrometrici della chiesa)

Ufficio Stampa Opificio delle Pietre Dure:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. +39. 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)
 
Ufficio Stampa Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro:
Luca Primavera
+39.345.42.15.256
ufficiostampa@diocesi.arezzo.it

Castello Errante: Lanciata la call per l’VIII edizione della Residenza Internazionale del Cinema

Castello Errante 2023

Riaperte le call per l’attesa VIII edizione di Castello Errante! Al via le selezioni per formare la troupe del format innovativo di produzione e promozione del cinema e dell’audiovisivo che, come ogni anno, vedrà giovani professionisti provenienti dall’Italia e dall’America Latina celebrare il cinema e la creatività in un affascinante borgo della Regione Lazio.

L’obiettivo di Castello Errante si confermaquello di coniugare la ricerca e la formazione nel campo dell’audiovisivo, in un contesto diversificato, lontano dalle grandi città: un nuovo modello di produzione audiovisiva, che promuove gli scambi internazionali e le conseguenti ricadute economiche sui territori in cui opera.

È possibile iscriversi e partecipare alle call dal link presente sul sito: www.castelloerranteresidenza.it/call. Castello Errante selezionerà una sceneggiatura per un cortometraggio di finzione e una troupe internazionale che avrà il compito di realizzarla durante la residenza, insieme ad altri progetti artistici.  La candidatura dovrà pervenire entro il termine del 1° Luglio 2024.

La troupe selezionata avrà inoltre l’opportunità di partecipare a diverse masterclass e workshop, con importanti cattedre internazionali del settore, mettendosi alla prova con nuovi formati e producendo contenuti e idee in grado di raccontare e documentare il luogo che la ospita.

Castello Errante lancia inoltre da quest’anno il progetto Showcase, che ha l’obiettivo di facilitare gli incontri tra i giovani talenti italiani e latino-americani e le imprese di produzione audiovisiva italiana. L’appuntamento – che si terrà online nella prima metà di marzo 2024 – offre opportunità di connessione tra i giovani talenti selezionati annualmente da Castello Errante, e una platea di produttrici e produttori a cui proporranno le loro opere da sviluppare. Chiunque fosse interessato a partecipare con la propria società di produzione, può inviare una mail a: organizzazione@castelloerranteresidenza.it.

Castello Errante 2023

Sono in corso i lavori di post-produzione di entrambi i lavori realizzati durante la VII edizione del progetto, che presto intraprenderanno il loro percorso di promozione grazie ai festival e ai partner dell’iniziativa.

Hanno invece intrapreso la fase di distribuzione e promozione i lavori realizzati nella VI edizione di Castello Errante.

Ad aprile in programma l’uscita del documentario diretto dalla regista Marina Fastoso, in cui le protagoniste e i protagonisti di Castello Errante si raccontano intimamente rispetto al significato profondo che il cinema assume nelle loro vite, al loro vagabondare seguendo le onde di un’arte mobile, incantata e scostante, che nutre la loro visione del mondo e i loro sogni. Nella residenza, che si è svolta nel Castello di Santa Severa, nella Regione Lazio, trovano uno spazio fertile in cui poter portare la propria individualità a confronto con altre culture e altre esperienze, così da vivere una commistione artistica e umana irripetibile.

Al via anche la distribuzione di “Cosmo & Wanda”, il cortometraggio di finzione diretto da Jeissy Trompiz e scritto da Lorenzo Carapezzi, che racconta la storia di Anna, una psicologa intrappolata nella stanca routine di una coppia borghese, che decide di separarsi dal marito Umberto, un semiologo saccente che non intende lasciare alla moglie Cosmo e Wanda, i pesciolini rossi del loro acquario. Una riflessione sulle frustrazioni e il regresso dell’animo umano causati da una profonda incapacità di comunicare.

Castello Errante è un progetto organizzato dalla Occhi di Giove S.r.l. con il sostegno di: Ministero della Cultura, Regione Lazio; in collaborazione con IILA – Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana, Roma Lazio Film Commission, Doc/it – Associazione Documentaristi Italiani, AANT – Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie, le Ambasciate di Argentina, Cile, Costa Rica, Colombia, Cuba, Guatemala, Honduras, Haiti, Messico, Nicaragua, Repubblica Domenicana, Uruguay e Venezuela.


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Sulla scia di Dylan Dog. Il fumetto, linguaggio tuttora potente. Nel bene e nel male. Incontro a Roma con Roberto Recchioni

MARIO SAKAMOTO – SARA ARCURI – ROBERTO RECCHIONI – MARIA LUISA PIRAS
Sulla scia di Dylan Dog. Il fumetto, linguaggio tuttora potente. Nel bene e nel male.

Incontro a Roma con Roberto Recchioni.  Un’iniziativa congiunta Rotary Club di Roma e Rotaract Roma

Rientra nella mission del Rotary Club di Roma e della sua presidente Maria Luisa Piras, e del Rotaract Roma, con la sua giovane presidente Sara Arcuri, creare momenti di approfondimento culturale a beneficio dei propri soci e non solo. Così, la serata del 19 marzo, di iniziativa congiunta delle due realtà rotariane, ha avuto come ospite, grazie all’interessamento del Socio Mario Sakamoto,  Roberto Recchioni, sceneggiatore e soggettista per il fumetto e il cinema, illustratore, critico cinematografico, scrittore. Romano, è stato definito “la rockstar del fumetto italiano” per aver scritto di personaggi iconici come Tex, Diabolik e Topolino e aver creato John Doe e Detective Dante (insieme a Lorenzo Bartoli), Battaglia, David Murphy:911 e la serie Orfani. Autore di graphic novels e di alcuni romanzi. A completare, per ora il quadro dei suoi interessi la passione per i videogiochi, ne ha scritto da ultimo uno, e per le moto. Curatore e sceneggiatore di Dylan Dog, la creatura di Tiziano Sclavi in pubblicazione con Sergio Bonelli Editore, dal 20 maggio 2013, e sicuramente responsabile del rilancio dell’Indagatore dell’incubo, il 4 maggio 2023 gli succede Barbara Baraldi. 

Il filo comune

Come conoscitore ed esploratore dell’universo fumetto e del mondo della cultura pop, un filo comune lega le molteplici attività in cui esprime la sua creatività: l’amore per le storie. Le storie, come la musica, salvifiche per l’uomo. Come ha avuto modo di raccontare, in tempi più antichi la capacità di narrare e tramandare storie contenenti informazioni e concetti essenziali e utili ha letteralmente permesso la sopravvivenza di alcune tribù piuttosto che di altre, partendo dalle pitture rupestri veri e propri proto-fumetti. Egualmente oggi, afferma Recchioni, immaginare e raccontare storie non è soltanto una attività meravigliosa, ma farlo attraverso il linguaggio del fumetto rivela tutta la sua potenza e la sua forza espressiva, nel bene come nel male. Il linguaggio in sé è una macchina potentissima in mano all’uomo fin dagli inizi e tanto più quando usato per raccontare storie e innescare, così, altre potentissime leve, le emozioni. Pensiamo alle fiabe, ha detto, alle narrazioni religiose, alla Bibbia, storie capaci di modellare le civiltà, racconti avvincenti capaci di motivare e accrescere la nostra esperienza umana. Storie scritte per appassionare e meravigliare, e trasferire però nel contempo leggi morali o sociali. Pensiamo ai bestiari, testi che legati ad immagini, non tutte reali, che evocavano altresì valori morali ed etici o il loro contrario in una persona, per esempio. I bestiari erano uno degli strumenti in mano al potere per la rappresentazione dei propri nemici. E la cosa tuttora sopravvive in molte espressioni nel nostro gergo comune. 

L’unicum del linguaggio-fumetto

Il fumetto per sua natura stilizza la realtà per necessità di racconto e di mezzi. E a ben guardare, avvisa Recchioni, è pieno di stereotipi e luoghi comuni. La sintesi è la sua forza, ma è una forza fantastica sia per veicolare messaggi positivi sia negativi. C’è violenza nel fumetto, ma oggi che è un mezzo molto più controllato, a ben guardare meno di ieri. L ‘errore comune è tuttavia quello di pensarlo come letteratura per bambini. Non lo è. E il fumetto è anche un linguaggio popolare, di massa, e quindi un’arma, come lo è tutta la comunicazione. Verso il fumetto, come verso l’informazione e la comunicazione tout court oggi, è indispensabile un approccio critico, da lettore attento. In quest’ottica il fumetto si rivela un ottimo metodo per allenare la mente a decodificare il mondo distillando quanto di esso viene rappresentato.

La parabola di Dylan Dog

La vicenda di Dylan Dog, protagonista di una serie riduttivamente forse definibile come horror, nato nel 1986 nell’epoca del pugno di ferro di Margaret Thatcher, lo vede dapprima esprimere tutto il disagio di un personaggio apparentemente incerto, che mette sempre in discussione sé stesso e il mondo e sempre lo vede porsi dalla parte del più debole. Un personaggio, quello di Sclavi, definito “poetico e generazionale”. Durante la sua vita, il “fenomeno Dylan Dog”, diventava il fumetto più venduto in Italia (tra inediti e ristampe raggiungendo il milione di copie mensili) e si affermava sia come fumetto a larga diffusione sia come fumetto d’autore, osannato dalla critica e dagli intellettuali.  Da un certo punto in poi, però, l’editore ha voluto serializzarlo e cristallizzarlo producendo tuttavia come esito una sopravvivenza, piuttosto che una vitalità della testata, senza nulla di nuovo, con poche eccezioni, in qualche numero. Ma l’idea di un mondo invariabile e immutabile attorno all’eroe non aveva rappresentato alcun tipo di problema per oltre vent’anni e i temi affrontati, la narrazione del personaggio e il suo campo d’azione non avevano mai richiesto un’eccessiva attualizzazione della serie.  Poi, dal numero 337 in edicola, quando inizia l’avvenuta di Recchioni con il personaggio, molte cose, dice Recchioni, sono cambiate, ed era giunto il momento di un nuovo Dylan Dog, che si trasformasse “rinnovandosi nella forza e tornando a interpretare il tempo della narrazione presente”. Lo fa letteralmente cambiando abito, cambiando assistente, da Groucho a Gnaghi, nuovi hobby, nuovi alleati e perfino un nuovo passato. Non ha guastato la personale capacità di Recchioni di raccontarsi e raccontare su diverse piattaforme, anche social, che è servita a stimolare un confronto sul personaggio tra i suoi lettori. Vecchi e nuovi. Con il numero 437 si conclude infine l’avventura che legava Recchioni a Dylan Dog e il testimone passa a Barbara Baraldi nuova curatrice del personaggio, e ripensando ai suoi 10 anni appena conclusi, Recchioni ricorda momenti buoni, artisticamente e commercialmente parlando, e momenti meno buoni. E guarda al futuro, in cui continuerà, comunque, a raccontare storie.

Tanti estimatori del fumetto e di Dylan Dog in particolare presenti alla conviviale del 19 marzo presso l’hotel Building di Roma, che si sono confrontati con Roberto Recchioni sul fumetto vecchio e nuovo, sull’evoluzione e le intersezioni con il cinema e la televisione, su domanda e offerta dello stesso e sull’influenza che ha sul pubblico, giovane e meno giovane, ferma restando la sua visione del fumento come una delle più potenti tecnologie. Recchioni ha invitato anche a domandarsi se viste le attuali condizioni del mondo, tra cambiamento climatico, guerre ed altri negativi aspetti, i vecchi fumetti abbiano effettivamente cresciuto una popolazione mondiale migliore di quella di oggi e a leggere criticamente, riconoscendo il potere e la responsabilità degli autori e dei lettori nel plasmare la società attraverso le storie. Qualche firma-copia e l’arrivederci al prossimo incontro con altri protagonisti, come Recchioni, della scena culturale italiana. 


Rotary Club di Roma
e-mailcomunicazione.rotaryclubdiroma@gmail.com

Pisa, Museo della grafica: “Disegnava il Caravaggio?” – Conferenza di Alessandro Zuccari

Il Museo della Grafica (Comune di Pisa, Università di Pisa) 

è lieto di invitarvi alla conferenza

a cura di Alessandro Zuccari (Università La Sapienza, Roma – Accademia dei Lincei)

Giovedì 21 marzo, ore 16:00

Per maggiori informazioni Cliccare il logo

Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060 (62-67-59-70)
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it

Genova, Palazzo ducale: La finalissima del X campionato mondiale di pesto genovese al mortaio

Il Campionato è una grande gara, una festa, una genuina manifestazione di orgoglio della cultura ligure che fra pochi giorni si proporrà alla città e al mondo con lo stesso entusiasmo di 23 anni fa. Tutte le informazioni sui 100 della sfida, le eliminatorie in Italia e all’estero, gli eventi collegati e nuovi input per buongustai, curiosi e operatori del settore. 

I 100 finalisti della X edizione del campionato Mondiale di Pesto al Mortaio sono uomini al 65% e donne al 35 e hanno una età media di 51 anni. Il più giovane è uno studente romano di 23 anni. La concorrente più anziana è una veterana genovese del Campionato (compresa l’edizione digitale del 2021) che quest’anno compie 90 anni.

La selezione è avvenuta come sempre seguendo i tempi di iscrizione e inserendo di diritto i vincitori di gare eliminatorie che sono state 24, di cui 13 in Italia e 11 all’estero alcune delle quali al seguito del Comune di Genova nelle tappe di Ocean Race. I paesi toccati da questa edizione sono stati Francia, Inghilterra, Spagna, Olanda, Stati Uniti, Brasile, Niger e il Sudafrica, con l’intento di promuovere l’immagine di Genova, la sua cultura e i suoi prodotti, in particolare per difendere l’identità e la qualità del pesto originale. La metà delle gare disputate in Italia si sono avute in Liguria sia nelle piccole delegazioni che nelle grandi occasioni di visibilità come il Festival di Sanremo.  Sono già in programma due importanti eliminatorie a Milano ad aprile e a Parigi a maggio valide per la prossima edizione del 2026.

La vincitrice

Nei 100 della X finalissima come sempre accade data la natura del Campionato tutte le professioni sono rappresentate: artigiani impiegati manager imprenditori e consulenti, professori e studenti, casalinghe e pensionati, cuochi e ristoratori, ingegneri ricercatori e tecnici, giornalisti e medici a cui si aggiungono quest’anno un regista una attrice una receptionist e una persona che si è qualificata come “maestro di casa”. I liguri sono 55 e il resto degli italiani 25. Sono di provenienza straniera 20 persone che in questa edizione provengono per nascita o residenza da Stati Uniti, Giappone, Francia, Spagna, Inghilterra, Olanda, Germania, Sudafrica, Brasile, Malta e Svizzera.

Il concorrente più lontano arriva da Itajaì una cittadina nel Sud del Brasile che è stata tappa di Ocean Race e con i suoi 9.846 chilometri sulle spalle per arrivare a Genova batte di poco il concorrente proveniente da Tokio aggiudicandosi la targa che l’Associazione “A Compagna” riconosce a chi arriva al campionato da più lontano.  Il concorrente più vicino abita in Via Cairoli poco distante da Palazzo Ducale!

La giuria è formata da 30 chef gastronomi opinion leader e giornalisti provenienti da tutta Italia, selezionati per esperienza, competenza e attivismo nel mondo del food. Quest’anno in particolare la X finalissima accoglie fra i giudici una delegazione della scuola Alma ritenuta il più autorevole centro di formazione della Cucina e dell’Ospitalità Italiana a livello internazionale.

L’evento sarà condotto da Roberto Panizza Direttore del Campionato coadiuvato da Marisa Passera storica conduttrice di Radio Deejay.

Partecipanti all’opera

Gli altri eventi della giornata sono:

Il Campionato dei Bambini organizzato dal Consorzio del Basilico Genovese DOP non competitivo cui partecipano in 40 (2 per mortaio) seguiti da 6 giudici di poco più adulti

Il Coro Lollipop con 20 coristi di tutte le età guidati dalla cantautrice Antonella Serà, direttrice della scuola di musica genovese “A.L.C.A.demia” che interpreteranno l’Inno del Campionato Mondiale scritto dai Buio Pesto.

La consegna della targa A’Compagna per il concorrente che arriva da più lontano che, come da tradizione, verrà consegnata al momento della proclamazione dei 10 finalisti.

5 Corner informativi di consorzi e associazioni liguri nel settore del food collocati nella Sala del Minor Consiglio: Il Consorzio del Basilico Genovese DOP, il Consorzio dell’Olio Extravergine di Oliva della Riviera Ligure DOP, la Cooperativa dell’Aglio di Vessalico, il Presidio Slow Food della Liguria, l’Enoteca Regionale.

Il Pesto Talk, il “Salotto del Campionato”, piccola area attrezzata per ricevere commenti, interviste, riflessioni sul Pesto, sulla cultura ligure dell’alimentazione e sul Campionato del Mondo.

Il Pesto Party, che si terrà su invito dalle ore 20 alle 22 circa con una decina di ristoranti di “Genova Liguria Gourmet” che proporranno i loro piatti in degustazione con vini liguri e l’esibizione musicale de “i Cugini della Corte”

“Fuori Campionato”: giovedì 21 e venerdì 22 marzo

“Essenza di botanica. Viaggio nei profumi, dalla tavola al verde pubblico”. Enrica Roccotiello dell’Università di Genova con visita guidata all’orto botanico (giovedì 21 marzo ore 15,30-17.00 presso Orto botanico Corso Dogali 1M)  

“Meraviglie al microscopio di una foglia di basilico”. Laura Cornara dell’Università di Genova (venerdì 22 marzo ore 11,30/12 presso Regione Liguria Sala Trasparenza P.zza De Ferrari 1)

Il Fuori Campionato prosegue nel pomeriggio di venerdì dalle 15 alle 16,30, sempre in Sala Trasparenza, con:

“Pesto Genovese Revealed” presentazione del libro di Craig Wales, viaggiatore e fotografo

“What makes a good pesto al mortaio? Insights from participant questionnaires from 2022 pesto championship” ricerca scientifica coordinata da Ben Thuriaux analista e ricercatore

 “Il Pesto che non esiste” conversazione di Roberto Panizza (Associazione Culturale Palatifini) sulle prospettive di mercato, la competizione dei non pesti e la qualità del Pesto

“Pesto&Genovese” Sergio Di Paolo (Associazione Culturale Palatifini) ricerca sull’immagine e la comunicazione del Pesto Genovese nel mondo

Ancora in Sala Trasparenza, alle 16,30: “Pesto Last Minute” brevi lezioni e dimostrazioni per come si produce il vero Pesto Genovese al mortaio

“Un’ora nel Centro Storico, tra curiosità e botteghe”, itinerario turistico gratuito nei caruggi del Centro Storico Genovese, a cura di Confartigianato Liguria (appuntamento venerdì 22 marzo ore 17.15 presso Palazzo Ducale)

La Settimana del Pesto dei Ristoratori Liguri, che aderiscono alla promozione della cucina tradizionale in collaborazione con Ascom, Confesercenti e Genova Liguria Gourmet.

“Vetrine in gara”, concorso a tema di addobbo delle vetrine, sul Pesto e il Campionato in collaborazione con Ascom e Confesercenti. Il negozio vincente verrà premiato durante il Pesto Party.

Wiki Loves Pesto Genovese 2024 concorso fotografico (Regolamento e bando di concorso sulla pagina ufficiale di “Wiki Loves Pesto Genovese 2024” (conclusione il 31 marzo)

I partecipanti esultano

Il campionato mondiale di pesto genovese al mortaio – commenta il Presidente della Camera di Commercio Luigi Attanasio – è un marchio della Camera di Commercio di Genova che è diventato il portabandiera di Genova e del suo territorio durante tutte le tappe della Ocean Race e poi ancora durante la Clia Cruise Week. Un risultato non banale, che lega il nostro prodotto più famoso al suo territorio d’origine e agli ingredienti certificati a partire dal basilico DOP, di cui la Liguria ha prodotto nel 2023 ben 829.000 bouquet, il 56% dei quali in provincia di Genova”

Prosegue l’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Liguria Alessio Piana: “Una manifestazione che, come Regione, non abbiamo mai smesso di sostenere, nemmeno negli anni della pandemia, e che continuiamo oggi, a 17 anni di distanza dalla prima edizione, a valorizzare. Ringrazio Camera di Commercio e l’associazione culturale Palatifini per aver saputo creare, in questi anni, un momento di partecipazione della cittadinanza e condivisione di uno dei tesori della nostra cucina. Il pesto, infatti, nell’immaginario collettivo è un richiamo iconico di tutto quello che di ‘buono’ la Liguria può offrire per arricchire le tavole. E di come, partendo da materie semplici, siamo riusciti a farci conoscere in tutto il mondo”.

“Chi fa il pesto più buono del mondo? –  commenta l’Assessore al commercio del Comune di Genova Paola Bordilli – La domanda solletica quell’orgoglio genovese che tutti condividiamo quando si tratta di rivendicare la paternità di questo straordinario prodotto tipico della nostra tradizione gastronomica.  Con i nostri ingredienti autentici e genuini grazie al Campionato preserviamo la nostra identità culturale ed economica e riusciamo a dare voce e immagine all’intero territorio ligure e alle sue eccellenze. Un lavoro di sinergia pubblico privato che negli anni è sempre più cresciuto e va tutelato e valorizzato”

Chiude il Direttore del Campionato Roberto Panizza: “Quasi vent’anni di lavoro sul Campionato mondiale di pesto al mortaio hanno cambiato la percezione che il mondo ha della nostra salsa. La strada è ancora lunga ma pensiamo di avere supportato attivamente questa crescita: quando abbiamo iniziato trovar il pesto in molti ristoranti di fascia medio alta era quasi impossibile, mentre oggi anche i locali più prestigiosi lo propongono ai clienti. Il lavoro del campionato per promuovere la tradizione del pesto e la sua ricetta è quindi a buon punto e siamo attrezzati per affrontare i prossimi vent’anni.”



Melina Cavallaro 
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FAI: nuovi siti per rivelare il volto Liberty di Catania e il patrimonio dell’hinterland etneo

Teatro Sangiorgi, prospetto – FAI 2024 a Catania
Giornate FAI di Primavera | Sabato 23 e domenica 24 marzo 2024
Palazzi e atelier, teatri e musei, sono già online location e info sulle visite. I Ciceroni trasformeranno ogni tappa in un’esperienza originale a ritroso nel tempo.

Le Giornate FAI di Primavera 2024 si snodano sotto il sole della Catania Nord-Est, tra i palazzi di città edificati dalla borghesia. Sul fil rouge degli anni ruggenti del Liberty e del Gothic revival, saranno percorse le vie abitate dalla classe dirigente che tra il XIX e il XX secolo emerse con spirito imprenditoriale e si impose sulla vecchia nobiltà sedimentata nelle sfarzose ville gattopardesche del centro storico.

Sabato 23 e domenica 24 marzo il Fondo per l’Ambiente Italiano aprirà eccezionalmente le porte di prestigiose residenze, fondazioni, atelier, musei per accogliere il vasto pubblico che è già in attesa di vivere un’esperienza originale a ritroso nel tempo. L’evento diffuso propone numerosi siti e la loro esplorazione sarà valorizzata da centinaia di Apprendisti Ciceroni

Saranno coinvolti nelle tappe anche i volontari del gruppo Fai Ponte tra culture della Delegazione di Catania, così da ampliare l’accesso alla scoperta della città anche in lingue diverse dall’italiano. Online, nel sito web di FAI sono già visibili tutte le location, gli orari e la durata delle visite, inoltre è indicata l’accessibilità per i visitatori in carrozzina di ogni sito.

Dal sepolcro romano custodito nella Villa Modica all’Istituto Ardizzone Gioeni, da Villa Zinagali Tetto al giardino dell’Atelier Mendola, il FAI a Catania mostrerà i tesori architettonici di un periodo di grande sviluppo economico e di una veloce evoluzione culturale. Con le visite alla Fondazione Brodback, al Museo del Cinema, al Teatro Sangiorgi, al Conservatorio Vincenzo Bellini, all’Istituto Nautico sarà palese l’investimento sull’intrattenimento e sulle vie della navigazione di quel tempo, gli Apprendisti Ciceroni tra i reperti storici riveleranno il carattere dinamico ed intraprendente che Catania assunse agli inizi del Novecento grazie ai numerosi imprenditori che ridisegnarono il volto borghese della città. Nell’espansione urbana a nord-est si conservano tutt’oggi espressioni dell’Art Déco per proseguire fra RazionalismoEclettismo, fino alle sfumature degli anni Sessanta e in parte anche degli anni Novanta. Nei due giorni i visitatori potranno immergersi anche in alcune luoghi dell’hinterland etneo: Bronte per visitare il Castello Nelson, ad Acireale per varcare la soglia del Palazzo Patanè Pennisi e per ammirare le chiese barocche, sono in programma anche passeggiate a Vizzini sulla Via dei Baroni, a Giarre per immergersi nella dimora di Don Marcantonio, a Misterbianco per ammirare le opere esposte nel Museo del Carnevale.

Numerose le collaborazioni del FAI sul territorio con partner istituzionali, tra questi la Città Metropolitana di Catania, il Comune di Catania, l’Università di Catania, l’Istituto per ciechi Tommaso Ardizzone Gioeni, l’Associazione Guide Turistiche di Catania, i comuni di Bronte, di Vizzini, di Misterbianco, le Pro Loco di Misterbianco e di Vizzini, l’Associazione Skené, il Circolo Verga e Sicilia Antica di Vizzini.

In ogni sito i visitatori avranno l’opportunità di iscrizione al FAI, incentivati da volontari e delegati. «Potenziare il supporto al Fondo Ambiente – spiega Maria Licatacapo delegazione FAI Catania – significa contribuire alla conoscenza e alla tutela di un prezioso patrimonio comune che vanta siti eterogenei di elevata importanza architettonica e culturale. Le nuove tappe incluse a Catania nelle Giornate FAI di Primavera 2024 offrono uno sguardo intenso sugli stili, le architetture, le mode e gli eventi più importanti che si sono succeduti nella storia più recente della città. Ma danno anche l’opportunità di passeggiate fuori porta alla scoperta dei tesori dell’hinterland etneo».

Atelier Mendola – FAI 2024 a Catania

Il sostegno dei visitatori, in tutti i siti, potrà concretizzarsi con un contributo o con l’iscrizione che riserva ai soci diversi benefit, dall’accesso gratuito ai siti FAI dislocati in tutta Italia alla condivisione di contenuti e agli sconti su prodotti e servizi dei numerosi partner.

«Con grande entusiasmo e voglia di mostrare la bellezza della nostra città in ogni sua forma, il gruppo giovani partecipa alle giornate FAI di primavera a Catania – afferma Enrica Oliveri, capogruppo giovani della delegazione catanese – Attraverso la nostra presenza attiva e il coinvolgimento degli apprendisti ciceroni, primo approccio vivace che si può avere col FAI, abbiamo l’opportunità di celebrare e preservare il patrimonio culturale e storico della nostra città. Durante le giornate e non solo, contribuiamo a sensibilizzare l’importanza della conservazione del nostro passato per le generazioni future. Siamo grati per l’opportunità che i diversi siti aperti in Città ci daranno e guardiamo avanti per continuare a promuovere la conservazione del nostro patrimonio insieme alla comunità».

«Ho potuto constatare che c’è una grande aspettativa – aggiunge Maria Teresa Di Blasi, storica volontaria FAI – I luoghi che sono stati scelti rientrano nella tematica del liberty che tanto successo sta riscuotendo a livello regionale e nazionale”

«Il gruppo Fai Ponte della Delegazione di Catania, al momento primo in Sicilia – afferma il capo gruppo Gabriella Catalano – è la proposta della Fondazione in cui il patrimonio artistico, storico, culturale diventa strumento per favorire l’integrazione tra persone di diversa provenienza».


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Da Catania a Torino: tutti i vincitori di CarlottaXArchitettura 2024, premiato il design che rispetta la storia e l’ambiente

PH premio A

È “The Gold inside” il progetto vincitore del Premio Internazionale CarlottaXArchitettura 2024, che si è svolto domenica 17 marzo all’Auditorium Vivaldi di Torino, nel suo percorso itinerante partito da Catania quattro anni fa, il giorno del compleanno di Carlotta Reitano, l’architetta etnea scomparsa prematuramente (già presidente della Fondazione APPC di Catania), a cui è dedicata l’iniziativa.

Si tratta di un edificio del 900, che si trova nel cuore di Ravenna – firmato da Piraccini+Potente Architettura – dove esistente e nuovo si fondono per dare vita a un’espressione unica di design. «Un esempio luminoso di come l’architettura possa rispettare storia e ambiente, riducendo a zero le emissioni in atmosfera e guidando il cammino verso un futuro sostenibile», come scritto nelle motivazioni dalla giuria presieduta dall’arch. Benedetta Tagliabue (EMBT Barcellona) e formata da Andrea Viganò (Calvi/Ceschia/Viganò Architetti associati), Lilia Cannarella (Consigliere nazionale CNA), Sebastian Carlo Greco e Eleonora Bonanno (Ordine e Fondazione Architetti Catania), Maria Cristina Milanese (Ordine Architetti Torino).

Premiati

«L’intervento di rigenerazione – hanno spiegato i vincitori del Premio Stefano Piraccini e Margherita Potente – si pone l’obiettivo di evidenziare la stratificazione storica: da una parte esprimere la contemporaneità del nuovo edificio sotto l’aspetto compositivo e tecnologico, dall’altra mantenere la testimonianza del passato, conservando le facciate preesistenti, che mantengono in questo modo l’allineamento dei fronti dell’aggregato urbano, trasformandosi in un diaframma che cinge l’intero perimetro del lotto. Le facciate costituiscono una corte con forte carattere di introspezione, tipologia che trova riscontro sia nei palazzi delle città storiche, sia nei lotti gotici. Il colore fà riferimento alla tradizione del mosaico bizantino tipica di Ravenna, dove l’impiego della foglia d’ora contraddistingue i mosaici di chiese e basiliche presenti nella città. In questo modo l’edificio appare come tessera d’oro incastonata nel panorama urbano della città». Altri cinque i riconoscimenti assegnati durante la cerimonia: il Premio “Catania” a Marialaura CalogeroMatteo PennisiGraziano Testa (progetto UFO: una foresta occulta); il Premio “Torino” a Q&A Studio (Barraco, un locale brasiliano a Shanghai); il premio riservato ai giovani progettisti è stato assegnato a Grazzini, Tonazzini, Colombo per la realizzazione del Padiglione Arginvecchio. Menzione per categoria “Restauro” a Sandra Giannini, Santiago Gomes e Paolo Maccario (Casa Caligaris a Torino), mentre per il “Design” è salito sul palco Tomasi Cavalli con il suo progetto “Matrice”.

«Possiamo dire con grande entusiasmo che questo Premio è cresciuto in pochissimo tempo: sia per quantità (oltre 110 candidature) che per qualità dei progetti ricevuti – ha affermato Alessandro Amaro, presidente dell’associazione socioculturale CarlottaX – Grazie a chi lo supporta con grande spirito collaborativo, nel ricordo di mia moglie, Carlotta, che ha sempre creduto nella rete, nelle sinergie virtuose, nei giovani e nella passione per l’architettura con la sua accezione più creativa del termine. Avere la Tagliabue in giuria ha significato creare un ponte con una visione internazionale all’avanguardia, che ha consentito di guardare i progetti con sguardo orientato al futuro». Il Premio – interamente finanziato dalla famiglia Amaro – è promosso dall’associazione CarlottaX in collaborazione con Ordine e Fondazione degli Architetti PPC della provincia di CataniaOrdine degli Architetti PPC della provincia di Torino e Comune di Catania. «Ringraziamo il CNAPPC – conclude Amaro – per il patrocinio e la concessione della piattaforma concorsi AWN».


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AI Act e Intelligence Economica: a Tor Vergata con Cesintes e Ai Open Mind sugli impatti dell’AI Act per il Sistema-Paese

AI Act e Intelligence Economica
 
Prime riflessioni sull’impatto per il Sistema-Paese nell’incontro chiusosi a Tor Vergata.
Dalla teoria alla pratica: necessità di criteri e standard per l’applicabilità dell’AI

A Roma CeSIntES/Università di Roma Tor Vergata e Ai Open Mind,  con il Patrocinio di UNINFO, hanno organizzato il momento di studio “AI ACT e Intelligence Economica. Impatti per il Sistema-Paese”, dove si sono affrontati con un approccio tecnico temi quali: Normazione tecnica e Ai Act; Innovazione normativa EU AI Act ed impatti di sistema; EU Ai Act e Corporate Intelligence; EU, Ai Act ed impatti nella standardizzazione; Ai come fenomeno di intelligence economica. L’obiettivo era quello di offrire un primo contributo allo sforzo di riorganizzazione che il Paese dovrà affrontare nel recepire tempestivamente le nuove regole che deriveranno dall’adozione dell’AI Act, con criteri applicativi oggettivi, protocolli, standard, sistemi di certificazione di processo e professionali dedicati. L’iniziativa aveva il supporto dei Media Partner di Ai Open Mind: Agenzia di Stampa DIRECittà Nuova,  Dirittodellinformazione.itMedia Duemila.

Ne è nato un incontro ricco di spunti e con interventi mirati che, nelle poche ore a disposizione, sono riusciti a dare una panoramica generale dello European Artificial Intelligence Actcon una chiave di lettura di Intelligence Economica e quindi in termini di competitività e sicurezza economica, per le aziende e per il Sistema-Paese, e di standardizzazione come strumento a supporto della coerenza e della sicurezza dei processi di AI. Senza gli standard, infatti, non sarà possibile guardare al futuro e attualizzare i principi europei dell’AI Act, articolati nei suoi titoli e articoli specifici. Sarà un passo importante per passare dalla teoria alla pratica, dalla legge ai modelli tecnici di qualità.

Partendo dalla posizione di privilegio che l’AI Act ci ha fornito, si dovranno infatti seguire la congiunzione ed il coordinamento di norme e standard applicativi efficaci, per valorizzare la capacità di ricerca e innovazione che ci contraddistingue, ed anticipare le grandi forze sovrane e multinazionali, che possono godere di una leva finanziaria decisamente più importante a supporto delle proprie industrie e della propria tecnologia. 

L’applicabilità dell’AI sarà, in particolare, articolata a seconda delle classi di rischio nei contesti considerati, come: riconoscimento biometrico, infrastrutture digitali, istruzione, occupazione, servizi pubblici e privati. Le attività di standardizzazione per l’AI in Italia sono portate avanti, in conformità all’ottica Europea legislativa e tecnologica, dal Comitato Tecnico UNI CT 533 con il supporto di UNINFO-Ente federato UNI per l’informatica. In tale ambito è possibile contribuire – come si auspica – da parte di esperti di Amministrazioni, Imprese e Università alla definizione per l’AI di linee guida nazionali nei vari settori tecnologici, economico/sociali e di monitoraggio, distinguendo i punti di vista di governance, management, processi, servizi e prodotti.

Ci si deve porre l’obbiettivo di anticipare l’innovazione e di far esplodere il concetto di approccio “by design” nel rispetto della sicurezza e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, fortemente sollecitati dai sistemi AI ad alto rischio.

Altra necessità emersa dal confronto, quella dello sviluppo di competenze ed expertise trasversali a supporto di un processo tecnologico quanto normativo, operativo quanto etico. 

Su tutto, però, la priorità di una governance umana del processo con pensiero fisso al “pulsante rosso” che l’uomo deve sempre avere per fermare la tecnologia quando qualche limite viene superato.

Questi gli esiti, in sintesi, della discussione portata avanti, da Francesco FARINA (Direttore Esecutivo CeSIntES e Direttore Didattico Accademia Cybersicurezza Lazio, che ha anche moderato l’incontro, Domenico SQUILLACE, Presidente Uninfo, Santo MIRABELLI (Direttore Divisione Information Technology della Polizia Postale e delle Comunicazioni e componente Tavolo di Lavoro Europol su ‘Strategia per l’Intelligenza Artificiale a supporto delle Forze di Polizia),  Alessandro ROSSI (Comitato tecnico CeSIntES) e Domenico NATALE (Uninfo – Esperto ISO,CEN, UNI).


Ufficio Stampa AI OPEN MIND
Diana Daneluz
e-mail: ufficiostampa.aiopenmind@gmail.com