Bologna: Maison laviniaturra presenta la mostra “Secret Garden” di Alessandra Calò

In occasione di ARTEFIERA 2024 Maison laviniaturra presenta la mostra di Alessandra Calò

a cura di Serena Ribaudo

Opening sabato 27 gennaio 2024 ore 17:30

Dal 27 gennaio al 22 febbraio 2024

Da martedì al sabato su appuntamento

Maison laviniaturra
Via dei Sabbioni 9, Bologna

In occasione di ARTEFIERA 2024Maison laviniaturra presenta la mostra “Secret Garden” di Alessandra Calò, con la curatela di Serena Ribaudo. Questo evento segna un ulteriore capitolo nella stagione espositiva della Maison laviniaturra, celebre atelier-salotto di moda fondato dalla talentuosa fashion designer Lavinia Turra. La Maison prosegue così la mission di promuovere le artiste donne attraverso una serie di mostre che fondono abilmente l’arte visiva e l’alta moda.

A partire dal 27 gennaio 2024, i visitatori avranno l’opportunità di immergersi in un universo unico, dove le creazioni sartoriali di Lavinia Turra si fondono armoniosamente con le opere suggestive di Alessandra Calò. La mostra rappresenta un’esperienza sinestetica, un connubio di mondi apparentemente distanti, ma capaci di dialogare in un ambiente che celebra la creatività in tutte le sue sfaccettature.

Secret Garden” di Alessandra Calò si presenta come una “grande opera d’arte” che va oltre i confini temporali e culturali, trasformando il concetto di identità in un messaggio universale. È un invito a esplorare, a guardare oltre le apparenze, a immergersi nel giardino segreto della mente umana e a connettersi con la memoria collettiva che ci unisce tutti, indipendentemente dalle diversità individuali. Alessandra Calò affronta così il concetto di identità e la preziosa connessione con la memoria collettiva.

Come scrive la curatrice Serena Ribaudo: “The Secret Garden, il fascinoso progetto di Alessandra Calò, mi ha riportato alla mente in maniera fulminante alcuni dei versi più celebri del grande pittore e poeta Dante Gabriel Rossetti tratti dal componimento Sudden light: ‘I have been here before, but when or how I cannot tell’. D’altra parte, con Dante Gabriel Rossetti, la Calò condivide molto da vicino lo sguardo di dolcezza, l’incanto, lo spettacolo del femminile. In Secret Garden vediamo sfilare dinanzi ai nostri occhi un firmamento di donne, stelle fuggevoli nell’ evanescenza, nell’incertezza dei loro tratti fisiognomici, del loro vissuto, della loro identità. Altrimenti dimenticate e abbandonate all’ abisso di un greve oblio, vengono invece ri-novellate, ri-magnetizzate; mirabilmente vengono loro donate una nuova fiamma, una nuova storia, un nuovo cuore segreto. All’interno del loro “diorama” in cui la Calò evoca, grazie all’uso sapiente di elementi di natura, un giardino segreto, queste figure femminili sono trasformate in una sorta di nuovo misterioso Mito nel cui palpito, nei cui misteriosi moti, tutte {e perché no? tutti} ci riconosciamo e ci immergiamo sognanti: ‘I have been here before, but when or how I cannot tell’“.

La mostra vuol essere un viaggio nell’interno della mente umana, un giardino segreto che si svela a coloro che sono capaci di andare oltre l’apparenza. Il cuore del progetto è costituito da una raccolta di antiche lastre negative, raffiguranti ritratti femminili, abbinate a piccoli giardini collocati all’interno di un dispositivo. Ma questo è solo l’inizio: ogni donna ritratta nel progetto viene dotata di un nome e di una storia, un’avventura ispirata liberamente ai racconti di grandi scrittrici contemporanee coinvolte nel processo creativo dell’artista. Ciò che emerge è un intreccio unico di storie e identità, una variegata raccolta di donne provenienti da diverse sfere della vita, dalla letteratura alla musica, dalla poesia all’impegno politico e sociale. Queste donne, con background eterogenei e forme d’espressione artistiche differenti, diventano le protagoniste di racconti che si sviluppano come diari personali, rendendo ogni storia straordinariamente attuale e significativa.

ritratti delle donne, raffigurati sulle antiche lastre negative, giungono a noi senza ulteriori dettagli biografici e ci immergono in un viaggio che attraversa due binari paralleli: il tempo reale e l’immaginazione. Questo doppio binario permette al pubblico di sperimentare una nuova modalità di lettura delle opere, lontana dalla necessità di una chiara e fedele interpretazione ancorata all’immagine. La magia sta nell’ascoltare le voci di queste donne, nascoste dietro i ritratti statici, e nell’esplorare l’intimità delle loro esistenze attraverso frammenti di storie che si intrecciano in un percorso collettivo.

Con questa mostra, Alessandra Calò crea un ponte tra passato e presente, tra realtà e immaginazione, offrendo al pubblico l’opportunità di intraprendere un viaggio unico attraverso le storie intime di donne che, seppur appartenenti a un’epoca passata, parlano ancora con forza e attualità.

Lavinia Turra

Nata a Bologna, cresciuta fra donne che tagliavano e cucivano, ha frequentato da bambina antiche sartorie e imparato l’amore per questo lavoro. Il suo mestiere nasce e cresce con l’uso delle mani, che conoscono e usano non solo i colori e le matite, ma soprattutto le stoffe e i tessuti, adoperando forbici, ago e filo. Arriva a questo lavoro attraverso un’attrazione e una lunga strada di “connivenze” e “complicità” legate all’arte, alla pittura, al teatro.

Curiosa per natura, la relazione personale e l’ascolto sono alla base del suo modo di “vestire” perché l’abito, “deve rappresentare la donna e non travestirla”. Nel 2017 fonda Maison laviniaturra, sentendo la necessità di uno spazio che non solo offra ma accolga, come solo una “casa” sa fare. L’apertura della Maison coincide anche con l’inizio della collaborazione creativa con la figlia Cecilia Torsello, rinnovamento e fresca energia del brand.

n prodotto 100% Made in Italy, tessuti di ricerca, forme timeless e dettagli all’avanguardia: Maison laviniaturra propone una propria idea di lusso, legato all’etica di produzione, all’individualità e ispirata alla cultura del bello.

Alessandra Calò

Alessandra Calòartista e fotografa, sperimenta fin dall’inizio della sua carriera l’uso di nuovi linguaggi che le permettono di approfondire tematiche legate alla memoria, all’identità e al linguaggio stesso della fotografia. Pratica dominante nel suo lavoro è il recupero e la reinterpretazione di materiali d’archivio, con i quali non intende attuare una nostalgica evocazione del passato ma proporre una nuova visione della realtà. Pubblicazioni e libri d’artista ricoprono un ruolo fondante nella sua pratica artistica: Secret Garden (Danilo Montanari Editore) ha vinto la menzione al Premio Bastianelli come miglior libro italiano pubblicato nel 2018.

Le sue opere e libri d’artista fanno parte di importanti collezioni (Museo della Tonnara di Favignana, Musei Civici Reggio Emilia, Collezione Maramotti, Donata Pizzi, Artphilein Foundation, MoMA, Met Museum) e sono stati esposti in prestigiose mostre e festival internazionali, tra cui: Fotografia Europea; Circulation(s) Festival de la jeune photographie européenne (Francia); Les Rencontres de la photographie en Gaspésie (Canada); Ras Al Khaimah Fine Art Festival (Emirati Arabi). Vive e lavora a Reggio Emilia.



INFORMAZIONI UTILI
 
TITOLO: Secret Garden
DI: Alessandra Calò
A CURA DI: Serena Ribaudo
DOVE: Maison laviniaturra, via dei Sabbioni 9, Bologna
OPENING: Sabato 27 gennaio 2024 ore 17.30
QUANDO:Dal 27 gennaio al 22 febbraio 2024
ORARI: Dal martedì al sabato, dalle ore 17:00 alle ore 19:00
Su appuntamento. Per visitare la mostra è necessario telefonare al 320 9188304
 
APERTURA SPECIALE IN OCCASIONE DI ART CITY WHITE NIGHT: Sabato 3 febbraio 2024 dalle ore 20.00 alle ore 24.00
 
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Bologna, CHEAP: con RECLAIM POETRY la poesia riecheggia sui poster in giro per la città

Il diritto alla poesia come esperienza quotidiana.

Una nuova campagna su strada a Bologna, realizzata con Patto per la Lettura: le parole di oltre 30 poetə riecheggiano sui poster in giro per la città, un invito a frequentare la poesia e la sua funzione sociale, attingendo al grande patrimonio delle biblioteche pubbliche.

Archiviata l’esperienza di grande successo dell’infestazione temporanea avvenuta nelle sale del MAMbo, “SABOTATE con grazia”, CHEAP presenta un nuovo intervento inedito, realizzato per Patto per la Lettura di Bologna, la rete coordinata dal Comune di Bologna / Settore Biblioteche e Welfare Culturale che promuove libri, attività, servizi, voci, progetti, luoghi, occasioni, incontri intorno alla lettura nel territorio.

Quest’anno i manifesti di CHEAP,  il progetto di arte pubblica su poster, portano nello spazio pubblico “RECLAIM POETRY – il diritto alla poesia come esperienza quotidiana”. Con questa campagna, CHEAP e Patto per la lettura intendono esplicitare la funzione sociale della poesia, connotare la lettura come esperienza collettiva, decostruire lo stereotipo della lettura come fatto individuale, invitare a riscoprire la poesia attingendo gratuitamente al patrimonio depositato nelle Biblioteche di Bologna, dichiarare la poesia come diritto nell’esperienza quotidiana di tutt*.

Nelle biblioteche è conservato un patrimonio simbolico anche sotto forma di poesia: il progetto di CHEAP per il Patto per la Lettura di Bologna invita a riscoprire un genere a volte poco frequentato, sottolineandone il carattere contemporaneo, le inclinazioni politiche, la natura sociale, la semantica transfemminista. RECLAIM POETRY è, in questo senso, la rivendicazione di una parola poetica radicale.

“Le biblioteche che immaginiamo sono spazi pubblici a cui accedere per diritto, in controtendenza alle dinamiche di privilegio ed esclusione che permeano ogni aspetto della nostra vita sociale. Luoghi in cui sono a portata di mano i saperi, cioè quegli strumenti indispensabili per produrci nell’atto di ragione del prendere una posizioneGate tra il passato e il futuro, sono archivi che dovremmo attraversare per riformulare nuovi immaginari” – commenta CHEAP – “Da questa visione parte il nostro invito a riscoprire le biblioteche, a frequentare la poesia e leggerla come parola contemporanea, capace di raccontare il nostro tempo in maniera radicale”.

Le parole di RECLAIM POETRY sono quelle di: Antonella Anedda – Margaret Atwood – Silvia Bre – Chandra Livia Candiani – Upile Chisala – Cristina Torres Càceres – Diletta D’Angelo – Parwana Fayyaz – Mariangela Gualtieri – Wissal Houbabi – Mohja Kahf – Viola Lo Moro – Meena Kandasamy – Jamila Woods – Maram al-Masri – Simone Marcelli Pitzalis – Roberta Marrero – Klaus Miser – Nikki Giovanni – Stella Nyanzi – Ama Asantewa Diaka – Karen Press – Laura Pugno – June Scialpi – Arundhathi Subramaniam – Kae Tempest – Ida Vitale – Warsan Shire.

I luoghi di RECLAIM POETRY, 55 bacheche, tra centro città, prime periferie e colli: Corte Galluzzi – Via Cà Selvatica – Via del Pratello – Via Irnerio – Via Laura Bassi – Via Sant’Isaia – Via Ugo Bassi – Via Zamboni – Via di Casaglia – Via Mascarella – Via Marchesana – Via San Felice.


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(Marcello Farno) (Ester Apa)

Brescia, Museo Diocesano: Adoremus! I capolavori di Natale 2023

Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Madonna con il Bambino e un angelo, 1540-1550,
Collezione Museo Diocesano Brescia

MUSEO DIOCESANO DI BRESCIA
DAL 15 DICEMBRE 2023 AL 14 GENNAIO 2024

IN COLLABORAZIONE CON LA QUADRERIA BPER

L’esposizione, che ruota attorno al tema della contemplazione, presenta quattro opere: una icona ortodossa del XIX secolo, l’Adorazione dei pastori di Bernardo Licinio, Madonna col Bambino del Moretto e Madonna con Bambino, San Giorgio e San Nicola da Tolentino di Alessandro Tiarini.

Dal 15 dicembre 2023 al 14 gennaio 2024, al Museo Diocesano di Brescia torna Adoremus!, la mostra appositamente pensata per il periodo natalizio e realizzata in collaborazione con la quadreria BPER.
Per la sua seconda edizione, Adoremus! ruota attorno al tema della contemplazione e presenta quattro capolavori, due di proprietà del Museo Diocesano di Brescia, uno in deposito alla Fondazione Brescia Musei e uno proveniente dalla quadreria BPER.

Il percorso espositivo si apre con una preziosa icona ortodossa del XIX secolo raffigurante la Natività di Cristo di proprietà delMuseo Diocesano di Brescia. La tavola pone in luce l’unicità della iconografia, ambientando le diverse scene all’interno di tre cavità della stessa montagna. Nella parte centrale la Madre è sdraiata su un letto rosso a fagiolo con accanto il Bambino avvolto in fasce a prefigurazione della morte. Accanto a loro i tre magi, che rappresentano le tre età principali dell’uomo, recano doni. Vediamo poi san Giuseppe seduto con la mano sinistra alla guancia che indica il riflettere sull’eccezionalità del mistero che ha assistito, di fronte a lui il demonio nelle vesti di un pastore che alimenta i suoi pensieri agitati. Nella terza grotta c’è l’episodio del primo bagno di Cristo, con la levatrice che prepara l’acqua e il Bambino nudo, in una scena estremamente umana.

Alessandro Tiarini, Madonna col Bambino, San Giorgio e Nicola da Tolentino (o Sant’Antonio da Padova), 1620 ca.
Collezione BPER Banca, Modena

Adoremus! propone quindi l’Adorazione dei pastori di Bernardino Licinio del 1530 circa, in deposito alla Fondazione Brescia Musei. Un’architettura diroccata fa da quinta all’avvenimento miracoloso, due pastori, mediati da Giuseppe, rendono omaggio alla Madre e al Figlio. La critica sostiene che dietro ai volti dei due uomini si celino dei ritratti, la figura in primo piano, introdotta dal morbido gesto di Giuseppe, potrebbe essere il committente Alessandro Averoldi. La scena è arricchita dalla potenza dell’ambientazione: Licinio ci presenta una natura fiorita, ricca di verdi pascoli. Oltre alla scena in primo piano sullo sfondo si apre l’episodio dell’Annuncio ai pastori, che con il gregge popolano il paesaggio collinare.

La terza opera è Madonna con il Bambino e un angelo di Alessandro Bonvicino detto il Moretto, dipinto tra il 1540 e il 1550, sempre della collezione del Museo Diocesano di Brescia. La sacra conversazione mette in scena l’angelo che offre una ghirlanda di fiori al Bambino: il dipinto appartiene al filone di opere devozionali di Moretto destinato ad avere una notevole fortuna. Lo schema di derivazione veneziana è perfezionato dal raffinato colorismo, fatto di tinte delicate che accrescono il tono intimo, pacato e l’umana quotidianità della scena.

Completa la rassegna la Madonna con Bambino, San Giorgio e San Nicola da Tolentino di Alessandro Tiarini, 1628 circa, in prestito dalla Quadreria BPER di Modena. L’autore, formatosi alla bottega di Bartolomeo Cesi, è in grado di rendere, attraverso un’esposizione chiara e dettagliata, il significato letterario del testo sacro e di ottenere il coinvolgimento del fedele. Le quattro figure emergono infatti da una profonda penombra e investite dalla luce provenite da sinistra rivolgono sguardi d’adorazione al Bambino benedicente. Il dialogo muto viene amplificato dalla gestualità delicata, ma sapientemente orchestrata, delle figure.


ADOREMUS!
Brescia, Museo Diocesano (via Gasparo da Salò, 13)
15 dicembre 2023 – 14 gennaio 2024
Inaugurazione: venerdì 15 dicembre ore 11.30
 
Orari:
tutti i giorni, 10.00-12.00; 15.00-18.00 | Chiuso il mercoledì
 
Aperture natalizie: chiusi il 25 dicembre, il 1° gennaio 2024, e il pomeriggio del 31 dicembre
 
Ingresso alle collezioni del Museo e alle mostre:
Intero: €8,00; ridotto: €4,00
 
Informazioni: tel. 030.40233; museo@diocesi.brescia.it; www.museodiocesano.brescia.it
 
Museo Diocesano di Brescia
@museodiocesanobrescia |
@MuseoDioc_BS MuseoDiocesanoBsOfficial
#museodiocesanobrescia
 
Museo Diocesano
Eliana Valenti | comunicazione.museo@diocesi.brescia.it
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | clara.cervia@clp1968.it | Marta Pedroli | marta.pedroli@clp1968.it
T. 02.36755700 | www.clp1968.it

Chiasso (Svizzera), m.a.x. museo: in mostra la grafica artistica della Ditta dolciaria Baj

Confetteria Baj

m.a.x. museo | CHIASSO (SVIZZERA)

DAL 15 DICEMBRE 2023 ALL’8 GENNAIO 2024

L’esposizione presenta alcune grafiche originali vintage e il packaging storico dell’impresa dolciaria e di panettoni.

Dal 15 dicembre 2023 all’8 gennaio 2024, il m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) ospita una mostra dossier che documenta la grafica artistica della Ditta Baj, una impresa dolciaria e di panettoni, largamente conosciuta sia in Italia, sia in Svizzera.
L’esposizione, allestita nell’atrio dell’edificio raccoglie una serie di grafiche originali vintage di etichette, vetrofanie, il packaging storico delle scatole di latta e di cartone, oltre a esempi della réclame artistica della Ditta Baj.

“Nei primi decenni del Novecento – afferma Cesare Baj, pronipote del fondatore, nonché divulgatore scientifico e aviatore – connotati dal grande progresso della scienza e della tecnica, dal forte spirito cosmopolita e dal prorompere delle prime avanguardie letterarie e artistiche è affascinante mettere in evidenza il sottile legame del panettone Baj con l’aeropoeta Filippo Tommaso Marinetti, al quale mi sento legato anche come aviatore, e con il Futurismo in particolare. Da ricordare che proprio nei primi anni del Novecento i cieli “si popolarono di macchine volanti”, che sono presenti anche nelle grafiche d’epoca dei panettoni Baj”.

Confetteria Baj

Questa connessione specifica di innovazione della grafica è maggiormente evidente alla luce della mostra in corso, fino al 7 aprile 2024 al m.a.x. museo Fortunato Depero e Gilbert Clavel. Futurismo = SperimentazionE. ARTOPOLI. Nella prima sala del museo sono infatti esposte anche opere di Marinetti.

L’impresa fu fondata nella seconda metà dell’Ottocento da Giuseppe Baj (nato nel 1839), che lavorò fin da giovanissimo nella pasticceria di famiglia, dove si produceva panettone da tempo immemorabile; documenti risalenti alla fine dell’Ottocento attestano l’inizio dell’attività al 1768. Giuseppe Baj partecipò ventenne, come volontario garibaldino, nei Cacciatori delle Alpi, alle gloriose campagne per l’Unità d’Italia del 1859 e 1860.

Nel 1872 la Confetteria Baj si spostò in Piazza del Duomo, avviando contestualmente un’intensa attività di produzione e commercio di panettoni, cioccolato e altri prodotti dolciari, in uno “stabilimento a forza idraulica ed a vapore”. Giuseppe Baj fu premiato nel 1887 come il migliore produttore di panettoni di Milano e fu uno dei primissimi a elevare il panettone dal livello di produzione artigianale e diffusione locale alla realizzazione di elevati quantitativi, con una consistente diffusione nazionale e internazionale e un’estesa pubblicizzazione del prodotto “panettone” in generale. Il tutto mantenendo un altissimo livello di qualità. Così facendo Giuseppe Baj, con gli altri produttori milanesi di alto livello dell’epoca, pose le basi per lo sviluppo che avrà l’intero comparto nella seconda metà del Novecento.

Poster Panettone Baj

La notorietà dell’attività di Giuseppe Baj si deduce anche dallo slogan che risuonava nella testa di tutti i milanesi tra Ottocento e Novecento: “Quando a Milano non vi era ancora il tramvaj già si gustava il Panettone Baj”.

Il Panettone Baj continuò a essere protagonista anche negli anni Trenta da alcuni dei figli di Giuseppe, tra cui Alfredo, nonno di Cesare Baj, ma a un livello ben lontano dai fasti del passato, fino a estinguersi verso la fine del decennio, allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Dal dopoguerra il dolce milanese poté tornare a offrire momenti di felicità gustativa nelle case di tutto il mondo, ma per rivedere il Panettone Baj si è dovuti giungere al 2023.


La casa madre fu a Milano in Via Santa Radegonda con sedi a Chiasso e Genova (fino alla Prima guerra mondiale).
La Confetteria Baj era frequentata da artisti, musicisti e letterati, che la citarono o descrissero in molte delle loro opere.  Aveva per esempio come cliente fisso il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, che a Natale spediva ad amici e collaboratori un Panettone Baj con copie della sua rivista Poesia, ai giorni nostri oggetti di culto quasi introvabili. Marinetti, nelle sue memorie, parla della volontà di costruire un “panettone gigante della bontà e della veloce digestione, destinato a fugare la preistorica pastasciutta, di sei metri di diametro e due di altezza”. I pomeriggi in Confetteria Baj erano allietati dalle musiche suonate al pianoforte da Teresa, moglie di Giuseppe. La Confetteria Baj, con pochi edifici circostanti, tra cui anche il Caffè Cova, ebbe un curioso primato: l’illuminazione elettrica. Infatti, nel 1883, proprio in Via Santa Radegonda, entrò in funzione la prima centrale elettrotermica in Europa, la seconda nel mondo dopo quella di Chicago, costruita dall’ingegner Colombo su progetto Edison. Fu così che da allora la clientela di Giuseppe Baj venne accolta alla luce delle lampadine elettriche. Per la cronaca, sempre nel 1883, il 26 dicembre, a pochi passi dalla Confetteria Baj, si svolse l’inaugurazione della stagione lirica della Scala, con La Gioconda di Amilcare Ponchielli, fra lo stupore e la meraviglia del pubblico presente. Fu infatti il primo teatro del continente illuminato grazie all’elettricità, per la precisione da 2880 lampade a incandescenza. A oltre un secolo dall’epoca di massimo fulgore del Panettone Baj e dopo svariati decenni di oblio, due diretti pronipoti di Giuseppe Baj, Cesare, con un passato di editore, progettista di giocattoli scientifici e aviatore, e Tomaso, suo figlio, designer della comunicazione, hanno sentito un’ancestrale, irresistibile attrazione. Riguardando i cimeli della produzione dolciaria del loro antenato, le belle réclames risalenti a quasi un secolo e mezzo prima, le robuste confezioni per la spedizione postale dell’epoca, le idilliache fotografie che mostrano i figli di Giuseppe e Teresa in mezzo ai panettoni, in pose destinate a reclamizzare i prodotti di famiglia, i due pronipoti hanno sentito una sorta di “richiamo” verso questo settore dell’imprenditoria tradizionale. È così nata l’idea di riavviare una produzione del Panettone Baj in versione “XXI secolo”, che unisse i pregi di una ricetta vecchia di due secoli e mezzo alle più moderne tecniche di produzione. Per curare tutti gli aspetti produttivi sono stati coinvolti alcuni dei massimi esperti del settore dolciario, persone con decenni di attività alle spalle proprio nel settore del prodotto da forno, in grado di gestire ai massimi livelli la scelta degli ingredienti e il controllo di qualità, ovviamente nel rispetto della ricetta originale.  


La grafica artistica della Ditta Baj
Chiasso (Svizzera), m.a.x. museo (Via Dante Alighieri 6)
17 dicembre – 8 gennaio 2024
 
Orari
martedì – domenica, ore 10.00 – 12.00 e 14.00 – 18.00
 
Ingresso libero
 
Informazioni:
Tel. 0041 58 122.42.52
info@maxmuseo.ch
www.centroculturalechiasso.ch
 
Ufficio stampa Svizzera
Laila Meroni Petrantoni
m.a.x. museo
T. +41 58 122 42 52
M. +41 76 563 34 77
ufficio.stampa@maxmuseo.ch
www.centroculturalechiasso.ch
 
Ufficio stampa Italia
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, T +39 02 36 755 700; M +39 349 6107625
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Roma, finissage della mostra “ALLA RICERCA DEL BELLO: trent’anni di Martenot a Roma”

ALLA RICERCA DEL BELLO

con il concerto a quattro mani dei pianisti Alessandro Drago e Nicoletta Basta

22 dicembre 2023 ore 17

Museo dell’Arte Classica, Polo Museale Sapienza – Sapienza Università di Roma

Piazzale Aldo Moro 5, Roma

Per celebrare il successo della mostra “ALLA RICERCA DEL BELLO: trent’anni di Martenot a Roma“, ospitata presso il Museo dell’Arte Classica Facoltà di Lettere e FilosofiaPolo Museale Sapienza, di Romavenerdì 22 dicembre 2023 alle ore 17 si svolgerà il finissage dell’esposizione con un evento d’eccezione: un sofisticato concerto a quattro mani eseguito dal Duo Zefiro, composto dai due talentuosi pianisti, Alessandro Drago e Nicoletta Basta, che porteranno la loro maestria e passione per la musica in una location suggestiva.

Alessandro Drago, docente di pianoforte presso il Conservatorio di Foggia, condividerà il palco con Nicoletta Basta, concertista, solista e studentessa di Direzione d’Orchestra, per offrire al pubblico un’esperienza unica e coinvolgente, in grado di intrecciare le note musicali con la profondità e la bellezza dell’arte esposta nella mostra.

Il programma previsto è di alto profilo e comprende un totale di ventisei brani. Si inizierà con diciotto Valzer di Schubert, seguiti dalla Grande Sonata DV 617 in tre movimenti. Si proseguirà poi con sei brani di uno Schumann maturo per concludere con La Valse di Ravel.

Il finissage rappresenta l’ultima occasione per visitare la mostra che ha messo in dialogo le più affascinanti sculture greche e romane, riprodotte in gesso presso il Museo dell’Arte Classica della Sapienza di Roma, con le opere di pittura e grafica realizzate dagli allievi dell’Ecole d’arte Martenot, diretta da Loris Liberatori.  Il grande successo che la mostra ha riscosso, sia presso il pubblico che presso la stampa, è dovuto, da un lato, alla sorprendente varietà di opere esposte che ha catturato l’attenzione dei visitatori, creando un dialogo affascinante e multisensoriale tra epoche e stili artistici differenti. Dall’altro lato, l’esposizione ha offerto al pubblico l’opportunità straordinaria di esplorare il Museo dell’Arte Classica, un autentico gioiello, ancora poco conosciuto, all’interno del Polo Museale della Sapienza, diretto dalla dott.ssa Claudia Carlucci. Il museo ha rivelato il suo fascino intramontabile: l’ambiente denso di storia e la ricchezza delle collezioni presenti hanno contribuito a rendere ogni visita un viaggio affascinante nel mondo dell’arte classica.


Come spiega la dott.ssa Claudia Carlucci, si tratta di “un luogo dedicato alla didattica, alla ricerca, alla cultura e all’arte. Insieme al maestro Liberatori lo abbiamo ritenuto adatto ad accogliere la sua idea di mostra, dedicata al metodo didattico Martenot…. La cosa straordinaria è la contaminazione che le opere degli allievi dell’atelier hanno agito sul nostro Museo, creando così un connubio tra arte, cultura e desiderio del bello“. 

Il Metodo Martenot è stato introdotto a Roma trent’anni fa da Loris Liberatori, il quale ha recuperato la didattica dell’arte elaborata negli anni ’30 dalla visionaria musicista e pedagoga francese Ginette Martenot (1902-1996). Basato sul principio della “liberazione del gesto“, il Metodo Martenot non ricerca solo il risultato artistico immediato, ma guida l’individuo attraverso un profondo percorso di crescita verso l’arte, partendo dal concetto che tutti possediamo delle capacità artistiche, le quali purtroppo, il più delle volte, giacciono nascoste e assopite dentro di noi.

L’idea di celebrare questo trentesimo anniversario attraverso una mostra presso il Museo dell’Arte Classica della Sapienza di Roma è un omaggio alla visione comune che unisce il metodo Martenot alla missione del Museo, focalizzato sulla ricerca della perfezione estetica e la valorizzazione della bellezza.


INFORMAZIONI UTILI
TITOLO: ALLA RICERCA DEL BELLO: Trent’anni di Martenot a Roma
DOVE: Museo dell’Arte Classica, Facoltà di Lettere e Filosofia, Polo Museale Sapienza – Sapienza Università di Roma – Facoltà di Lettere e Filosofia, Piazzale Aldo Moro 5, Roma
QUANDO: Dal 9 novembre al 22 dicembre (?)
A CURA DI: Loris Liberatori
OPENING: Giovedì 9 novembre 2023 ore 17.00
INGRESSO GRATUITO
ORARI: Il museo è aperto dal lunedì al venerdì dalle 08.00 alle 20.00
Con il Patrocinio di Roma Capitale

CONTATTI
Ècole d’art Martenot di Loris Liberatori
SITO: https://www.martenot.it/roma.htmlhttps://www.martenot-arts-plastiques.com
FACEBOOK: https://www.facebook.com/ecoledartmartenotdilorisliberatori/
 
Museo dell’Arte Classica, Facoltà di Lettere e Filosofia, Polo Museale Sapienza – Sapienza Università di Roma
SITO: https://web.uniroma1.it/polomuseale/museo-arte-classica
 
UFFICIO STAMPA
CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

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Gallarate (VA), Museo MA*GA: MICHELE CIACCIOFERA. Condensare l’infinito

Studio Michele Ciacciofera, courtesy L’Artista

GALLARATE (VA) – MUSEO MA*GA
17 DICEMBRE 2023 – 7 APRILE 2024

a cura di Alessandro Castiglioni

Dal 17 dicembre 2023 al 7 aprile 2024, il MA*GA di Gallarate (VA) ospita Condensare l’infinito, la personale di Michele Ciacciofera (Nuoro, 1969).

L’esposizione, curata da Alessandro Castiglioni, realizzata col supporto di BUILDING, presenta un progetto che evoca i viaggi dell’artista che, dalla Sardegna, percorrendo l’arco alpino, giungono in Bretagna e infine in Scozia, alla ricerca di quelle forme archetipiche che sono alla base di culti e identità di popoli che tramite pratiche scultoree arcaiche aspiravano a creare un dialogo tra la terra ed il cielo, tra l’umano finito e l’assoluto infinito. L’esperienza diretta dei luoghi e soprattutto la loro interiorizzazione da parte di Ciacciofera sono fattori fondanti per la creazione dell’opera d’arte.

Dopo la tappa al MA*GA, la rassegna verrà accolta, nella seconda metà del 2024, dal Centre d’Art Contemporain Passerelle a Brest, in Bretagna.

Condensare l’infinito rivela la fascinazione dell’artista per le forme megalitiche o monolitiche, come Menhir e stele, capaci di conferire sacralità e riconoscibilità a determinati territori, nonché simboli immortali di una importante rivoluzione tecnologica, sociale, culturale ed economica quale quella che contraddistinse il periodo neolitico, o ancora civiltà come quella Etrusca, Fenicia o Egiziana.

La storia di questi archetipi sembra voler ricollegare la biografia, il microcosmo di Ciacciofera con il macrocosmo delle narrazioni universali: simbolo sono proprio le grandi pietre che seguendo una immaginaria linea geografica attraversano il Mediterraneo, l’Europa continentale e l’Europa del Nord: dalla Sicilia, luogo in cui l’artista è cresciuto, alla Sardegna, sua terra natale, passando lungo l’arco alpino e prealpino attorno al MA*GA, per ripresentarsi nei territori celtici della Bretagna in Francia e nelle isole dell’oltre Manica come la Scozia.

La mostra prenderà così la forma di una installazione ambientale, suddivisa in tre partizioni, ricreando nello spazio espositivo del MA*GA degli allineamenti scultorei, come nelle regioni dove insistono i menhir.  

In un dialogo poetico si confronteranno forme verticali tridimensionali con installazioni orizzontali o ancora con opere pittoriche o sonore, capaci nell’insieme di rievocare tanto il culto delle acque caro al Mediterraneo quanto quello sacrale delle pietre, in un grande inno alla natura a cui complessivamente il lavoro di Ciacciofera è rivolto.

Il visitatore viene subito accolto da una serie di sculture in vetro, realizzate presso il CIRVA-Centre International de Recherche sur le Verre et les Arts Plastiques di Marsiglia, che rielaborano la dimensione non solo fisica del Menhir, coesistendo con delle forme sferiche riferite al mito dell’acqua.

Nel secondo ambiente, delle piccole scatole dal sapore votivo dialogano con nove coloratissime stele, simili a teatrini dall’architettura complessa prodotti dall’artista attraverso il riuso di carte, cartoni e materiali di scarto con un processo creativo simbolicamente e volutamente ecosostenibile. Un’opera sonora appositamente creata per l’occasione accompagna queste stele, creando un ambiente sinestetico e immersivo che vuole invitare lo spettatore a smarrirsi in un luogo tanto naturale quanto immaginario. Questi suoni registrati in presa diretta nella natura e rielaborati ritmicamente attraverso l’uso di pattern elettronici, proseguono il lavoro sonoro già presentato dall’artista per Documenta 14 ad Atene e Kassel con The Density of the Transparent Wind.

Il percorso espositivo al MA*GA si conclude con una installazione site-specific in ceramica e muschio naturale in dialogo con una opera pittorica, sotto forma di trittico, che rimanda alla mostra ospitata da BUILDING TERZO PIANO a Milano e curata da Angelo Crespi, in programma dal 16 gennaio al 17 febbraio 2024. Qui Ciacciofera esporrà una serie di sculture in vetro policromo di Murano già presentate al Petit Palais di Parigi (FIAC 2019) e un dipinto di grande formato.

La mostra è realizzata con il contributo di Regione Lombardia nell’ambito del progetto Italia 2050. Centro di Ricerca per l’arte italiana 1950-2050. Come parte dell’attività istituzionale del MA*GA, la mostra è sostenuta in qualità di main partner da Ricola, SEA Aeroporti di Milano, Missoni, Saporiti Italia; special partner: Banca Generali Private; partner: Lamberti; supporter: Camal – le vie del cotone, Engel & Völkers.

Il percorso espositivo si completa con la sezione allestita all’interno delle Vip Lounge del Terminal 1 dell’aeroporto di Milano Malpensa, dove si potranno ammirare delle sculture murali Janas Code emblematiche della produzione di Ciacciofera. Ritmate da linee perpendicolari che evocano gli assi dello spazio e del tempo che, intersecandosi, ne formano il reticolo, queste opere sono create a partire da un materiale di costruzione, a cui viene attribuita una nuova significazione, ma la cui funzione originaria di supporto è preservata.

La mostra sarà accompagnata da una monografia – Johan & Levi editore – che conterrà materiale inedito e documentazione fotografica relativa alle varie vasi del progetto. Il volume si articolerà come uno studio e un approfondimento del percorso di ricerca di Michele Ciacciofera, in dialogo con le istituzioni che collaborano allo sviluppo di tale progetto. Diversa da un catalogo tradizionale la pubblicazione prenderà la forma di un atlante geografico, in cui approfondimenti teorici e visivi tracciano le storie della nascita del rapporto tra uomo e spazio in modo inedito e sperimentale.

Michele Ciacciofera. (Nuoro, 1969; vive e lavora a Parigi).

Il lavoro di Michele Ciacciofera è caratterizzato dall’uso di svariati medium, dalla pittura alla scultura, con uso di ceramica, vetro, bronzo, pietra ed assemblaggi di materiali, passando dal disegno e dal suono.

Tramite un approccio antropologico, l’artista esplora diverse tematiche legate alle isole di cui è originario, la Sardegna e la Sicilia, attraverso il prisma del Mediterraneo. Memoria collettiva, miti rivisitati e realtà politica contemporanea si mescolano in opere caratterizzate da una sensibilità per la materia e da un’acuta consapevolezza delle problematiche attuali legate alla riconfigurazione degli equilibri socio-economici e ambientali.

Spinto da una costante riflessione e ricerca basata su numerose fonti, Ciacciofera si interessa innanzitutto al soggetto e alla sua narrazione, nonché alle sensazioni che intende trasmettere attraverso la scelta dei materiali utilizzati. Attinge costantemente alla sua formazione in scienze politiche, al suo interesse per l’antropologia, l’archeologia, le questioni ambientali e alla sua ossessione per la memoria individuale e collettiva, per materializzare esperienze poetiche dalla forte capacità comunicativa.

Le sue opere sono state esposte alla 57^ Biennale Internazionale d’arte di Venezia, a Documenta 14 di Kassel e Atene, al Museo MAN di Nuoro, al CAFA Museum di Pechino, al Museo d’Arte Contemporanea di Rochechouart (Francia), al Museo di Rennes, a Summerhall Edimburgo, al IMMA Museum di Dublino e in numerose altre istituzioni museali internazionali.

Ha ricevuto la Civitella Ranieri NYC Foundation Visual Arts Fellowship pour 2015-16. Sono in preparazione due mostre personali in Francia e una in Scozia, due importanti opere pubbliche in Francia e in Italia e un’opera site-specific con cui parteciperà alla VI biennale d’arte contemporanea di Mardin in Turchia (maggio 2024).


MICHELE CIACCIOFERA. CONDENSARE L’INFINITO
Gallarate (VA), Museo MA*GA (vie E. De Magri 1)
17 dicembre 2023 – 7 aprile 2024
 
Con il supporto di BUILDING
 
Inaugurazione: sabato 16 dicembre 2023, dalle 18.00 alle 21.00 (ingresso gratuito)
 
Orari:
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì: ore 10.00 – 18.00
sabato e domenica: 11.00 – 19.00
 
Ingresso:
Intero: €7,00; ridotto: €5,00
 
Museo MA*GA
T +39 0331 706011; info@museomaga.it; www.museomaga.it
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco | T +39 02 36755700 | anna.defrancesco@clp1968.it

Trieste, Museo Sartorio: ETERNO FEMMININO, Arte tra fascino e discrezione

Gino Parin: Vanità, 1927 ca, olio su tela, 167 x 190 cm, collezione privata

Trieste, Museo Sartorio
21 dicembre 2023 – 1 aprile 2024

Mostra a cura di Federica Luser, Michela Messina e Alessandra Tiddia

Vernice per la Stampa: giovedì 21 dicembre, ore 10

Inaugurazione: giovedì 21 dicembre, ore 11

Più che un melting pot Trieste è una costellazione, più che un crogiolo ove tutto si mescola e amalgama, è una partitura a più voci. «Gente con premesse diverse che deve tentare di conciliare gli inconciliabili, che naturalmente non ci riesce e saltan fuori tipi strani, avventurieri della cultura e della vita […]» (Bobi Bazlen).
Dal prossimo 21 dicembre al primo aprile del 2024, a Trieste, il Museo Sartorio propone un fascinoso viaggio nell’Eterno femminino. Arte a Trieste tra fascino e discrezione 1900 – 1940. La mostra, promossa dall’Assessorato alle Politiche della Cultura e del Turismo-Servizio Promozione Turistica, Musei, Eventi culturali e sportivi-P.O. Musei Storici e Artistici del Comune di Trieste, e realizzata da Trart-Società cooperativa di servizi culturali, a cura di Federica Luser, Michela Messina e Alessandra Tiddia, riunisce in quel luogo fascinoso e a suo modo intimo che è il Museo Sartorio, una trentina di ritratti di donne triestine dei primi decenni del ‘900. I dipinti provengono dalle collezioni del Museo Sartorio, dal Museo Revoltella, dalla Collezione d’Arte della Fondazione CRTrieste e da collezioni private, e vogliono offrire uno sguardo particolare su Trieste, attraverso alcune opere dei suoi migliori artisti del secolo.

Una galleria di ritratti femminili propone una Trieste osservata nelle sue pieghe più intime, nei volti e nei corpi di donne di quella borghesia cosmopolita e pluriconfessionale che ha contribuito alla crescita economica e culturale della città nel diciannovesimo secolo e nel primo ‘900. 

Il soggetto della mostra è il mondo femminile, l’eterno femminino. Il focus è su quelle donne triestine i cui sguardi, pose, movenze riflettono la caratteristica principale per cui sono conosciute: quel fascino discreto ma volitivo legato al loro essere indipendenti e sicure di sé. Una sorta di proiezione della coscienza segreta delle donne, ritratte nella loro diversità: muse, amiche, mogli, amanti, donne bellissime e sfrontate, provocanti e soddisfatte, timide e riservate, specchio della Trieste di allora. Un fascino discreto, enigmatico e ambiguo a volte, colto nella mondanità e nel segreto delle stanze.

Antonio Camaur: Ritratto della moglie sul divano blu, 1915 ca.
olio su tela, 97 x 75 cm. Trieste, Museo Sartorio

Franco Asco, Antonio Camaur, Glauco Cambon, Bruno Croatto, Cesare Cuccoli, Oscar Hermann Lamb, Mario Lannes, Pietro Lucano, Giannino Marchig, Piero Marussig, Giovanni Mayer, Argio Orell, Gino Parin, Nino Poliaghi, Arturo Rietti, Ruggero Rovan, Edgardo Sambo, Carlo Sbisà, Cesare Sofianopulo, Vito Timmel, Carlo Wostry sono gli autori delle opere scelte per questa esposizione.

L’arco temporale in cui sono state realizzate le opere si concentra sui primi quattro decenni del XX secolo, anni particolari e di grandi cambiamenti, sospesi tra euforia e dramma a causa delle trasformazioni epocali di una città che, dopo la Prima Guerra Mondiale, vede il proprio mondo sgretolarsi e poi ricostruirsi in forme e modi diversi. Diverse ed eterogenee sono le sensibilità artistiche e i linguaggi espressivi che, pur strettamente determinati da un’esigenza di realtà – una costante dell’arte a Trieste per tutto il ‘900 – oscillano tra i riferimenti simbolisti e postimpressionisti e le atmosfere legate al mondo del Déco come a quelle del Realismo Magico.

Ma ciò che raccorda queste raffigurazioni del femminile, il comune denominatore delle opere selezionate, sta in quell’equazione sottile, talvolta celata, altre volte più manifesta fra queste figure e Trieste, quel fascino discreto e perturbante, quella “scontrosa grazia” che affiora nelle pose, nelle espressioni dei volti, ma anche in uno sguardo, nel rapporto fra l’effigiata e il contesto, spesso espresso da un dettaglio o raccontato nello spazio della tela e che riflette l’immagine di un’essenza sottile, quella di una città controversa: Trieste, appunto.

Scultura e pittura si intrecciano nelle splendide sale del Museo Sartorio, luogo ideale per l’esposizione di questi capolavori della scuola triestina che negli interni di una dimora storica vengono idealmente restituiti all’atmosfera per i quali erano stati concepiti.


Informazioni:
 
Museo Sartorio
Largo Papa Giovanni XXIII, 1 – Trieste
+39 040 675 9321
museosartorio@comune.trieste.it
 
Apertura:
21 dicembre 2023 – 1 aprile 2024
da giovedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00
Chiuso nelle giornate festive del 25 dicembre e 1 gennaio.
Aperto il 26 dicembre.
 
Ingresso libero
 
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo, Padova
Tel. 049663499
Ref. Roberta Barbaro, roberta@studioesseci.net

Portogruaro (VE), Palazzo Vescovile: La Dogaressa tra storia e mito

Manifattura lucchese o veneziana, Diaspro XIV sec.,
Venezia, Palazzo Mocenigo

16 dicembre 2023 – 19 maggio 2024

Portogruaro (VE), Palazzo Vescovile
Via del Seminario, 19

Dopo il successo dell’esposizione “L’Italia di Magnum. Da Robert Capa a Paolo Pellegrin”, che si è chiusa lo scorso febbraio, Palazzo Vescovile di Portogruaro ospita una nuova ed importante mostra: “La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento”, che resterà aperta al pubblico dal 16 dicembre 2023 al 19 maggio 2024.

Il Distretto Turistico Venezia Orientale è il soggetto proponente e organizzatore nell’ambito dell’importante Protocollo Operativo siglato nel giugno del 2021 tra la Fondazione Musei Civici Venezia – MUVE, il Comune di Portogruaro e lo stesso Distretto, al fine di realizzare progetti culturali di respiro e di comprovata qualità scientifica in grado di valorizzare il legame storico e culturale tra la grande Venezia e la piccola Venezia affacciata sulle sponde del fiume Lemene. L’esposizione gode inoltre del sostegno della Regione del Veneto ai sensi della legge sulla valorizzazione dell’identità veneta.

La mostra, coordinata da Chiara Squarcina Dirigente Attività Museali della Fondazione MUVE coadiuvata da Pietroluigi Genovesi, è curata, per MUVE, da Daniele D’Anza e Luigi Zanini e per il Distretto Turistico Venezia Orientale da Pierpaola Mayer responsabile anche della direzione tecnica.

Ken Scott, Abito e soprabito in organza di seta appartenuti a Peggy Guggenheim, 1966, Venezia, Palazzo Mocenigo

L’esposizione è resa possibile grazie alla partecipazione attiva del Comune di Portogruaro, di Banca Prealpi SanBiagio e di molte e importanti aziende del territorio, alcune di queste in continuità altre per la prima volta, che da tempo sostengono e credono in questo progetto culturale, a cui si aggiunge l’importante partenariato tecnico con Italo S.p.A.

La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento propone un percorso espositivo unico ed originale che per la prima volta richiama l’attenzione e fa luce sulla figura della dogaressa, la consorte del doge veneziano, evidenziandone il ruolo e l’importanza ai tempi della Serenissima, e che oggi possiamo considerare al pari di una First Lady ante litteram.

La mostra consente di esplorare la venezianità al femminile attraverso un’antologia di significativi episodi estrapolati dalla vita di alcune tra le più celebri dogaresse, spesso importatrici di mode forestiere, resesi promotrici di progettualità imprenditoriali e di molte altre iniziative innovative e visionarie giunte fino a noi.


La prima “Opulenza bizantina e morigeratezza veneziana” narra come sulla scia dell’ultima dogaressa straniera, la greca Teodora moglie del doge Domenico Selvo (1071–1084), venga introdotta a Venezia la raffinata arte profumiera, che ebbe poi nei secoli successivi un impulso senza eguali, raggiungendo nel Rinascimento l’apice che la portò ad essere riconosciuta come capitale del profumo. Saranno esposti porta profumo veneziani in vetro di Murano del XVII e XVIII sec e una selezione di materie prime impiegate nell’arte profumatoria che consentirà l’interazione con il pubblico attraverso un’interessante esperienza sensoriale olfattiva e tattile.

In questa prima sala si passano inoltre in rassegna gli abiti indossati negli anni dalle dogaresse, le loro trasformazioni, partendo da quello morigerato presentato dalla dogaressa Felicita Malipiero nel dipinto di Bellini, proseguendo con quelli evidenziati nelle riproduzioni incise in alcuni importanti volumi a stampa.

La seconda sezione “Patrocini virtuosi e nobile erudizione” consolida l’autorevole, virtuoso e positivo ruolo ricoperto dalle dogaresse nel concorrere, con i loro patrocini, a difendere ed incrementare la locale produzione artigianale. La dogaressa Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero (1457-1462) e discendente da una delle famiglie più illustri della Repubblica, è passata alla storia come patronessa della stampa e dei merletti. Si deve infatti a lei se Burano divenne allora il primo centro al mondo del merletto. Fu lei a riunire presso di sé un gran numero di giovani donne del popolo e ad avviarle al delicato lavoro dell’intreccio, che dava lustro alla città per la squisitezza del prodotto e mezzi di sostentamento a molta gente del popolo, in particolare alle donne di Burano, dove sorse una vera e propria scuola d’arte.

Nella terza sezione “La cerimonia d’incoronazione della dogaressa” vengono esposti quadri e stampe a testimonianza di questa originalissima pratica. Marchesina, moglie di Lorenzo Tiepolo (1268-1275) passò alla storia per essere stata la prima dogaressa a fare l’ingresso solenne in Palazzo Ducale, insieme al doge, in una processione capeggiata dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. A quarant’anni dal trionfo di Zilia Dandolo Priuli, ebbe luogo a Venezia un’altra famosissima e ancor più pomposa incoronazione, quella di Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani (1595- 1606). La Rosa d’oro che le fu donata nell’occasione venne alla sua morte assegnata al Tesoro della Basilica di San Marco.

Francesco Hayez, I due Foscari, olio su tela, 1840-1850 ca., Firenze, Galleria degli Uffizi

La quarta sezione “Miti e revival del mondo dogale” vede protagonista il quadro di Francesco Hayez I due Foscari, in prestito dalla Galleria degli Uffizi, che ben illustra lo strazio vissuto da Marina Nani, seconda moglie del doge Francesco Foscari (1423-1457), quando il figlio Jacopo venne incarcerato, per aver accettato doni e denari da gentiluomini e persino dal duca di Milano. Essendo egli figlio del doge, tale operazione gli era preclusa: si configurò pertanto il reato di peculato. A nulla valsero le suppliche della donna. La ragion di stato prevaleva su tutto. A questa vicenda Lord Byron dedicò il dramma I due Foscari, rappresentato poi a teatro da Giuseppe Verdi nel 1944.

Lino Selvatico, La contessa Anna Morosini, 1908, olio su tela, Venezia, Ca’ Pesaro (foto Cameraphoto 2002)

La quinta sezione “Le dogaresse del XX secolo”, infine, è riservata all’Ultima Dogaressa, appellativo che venne riservato a quelle donne che si distinsero per il patrocinio riservato alle arti, e che diedero lustro a Venezia in un’epoca in cui la Serenissima Repubblica era già decaduta. Titolo assegnato a Peggy Guggenheim, e prima di lei alla contessa Anna Morosini (di cui è esposto il ritratto di Lino Selvatico, conservato al Museo Fortuny di Venezia), amica di Rilke, di d’Annunzio, di Maeterlinck e di Shaw, del Principe von Bulow e dello Scià di Persia, nonché di sovrani di tutta Europa: donna dotata di una personalità affascinante e complessa. Si affiancano inoltre alcuni Focus del Territorio dedicati ad altre donne, da Isabella da Passano signora della Frattina (1542-1601) a Lucia Memmo (1770-1854) a Marta Marzotto (1931-2016).

L’allestimento pensato in forma dinamica e interattiva oltre ad importanti opere pittoriche di scuola veneta, tra le quali si annovera il ritratto del Doge Alvise I Mocenigo di Jacopo Tintoretto delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, da spazio a disegni, incisioni, vetri, stoffe, merletti ed altri manufatti della cultura materiale veneta, provenienti dalle collezioni civiche veneziane.

“La dogaressa tra storia e mito” offre dunque ai visitatori la possibilità di cogliere quel particolare modo di sentire e di esprimersi che solo una città come Venezia ha consentito nei secoli alle donne, fornendo loro la possibilità di testimoniare la propria intelligenza, lungimiranza e generosità.


Orari                                     
dal martedì al giovedì dalle ore 14:30 alle ore 18:30          
venerdì dalle ore 14:30 alle ore 19:30
sabato, domenica e festivi dalle 10:00 alle 19:00
lunedì chiuso
Su prenotazione sono possibili aperture straordinarie anche al mattino, in altri  
orari e nella giornata di chiusura del lunedì
 
Biglietto d’ingresso             
intero   € 10,00 adulti
ridotto € 8,00 studenti universitari fino a 26 anni, over 65, cittadini residenti nel Comune di Portogruaro, soci FAI, clienti Italo presentando biglietto del treno per raggiungere Portogruaro
studenti e scolaresche € 5,00
omaggio minori fino a 5 anni,disabili + n.1 accompagnatore, minori con handicap L.104/92
           
Visite guidate                       
Scolaresche: € 8,00 per alunno comprensivi di biglietto d’ingresso
Gruppi: € 60,00 minimo 10 pax+n.1 accompagnatore
 
Info e prenotazioni              
tel. 0421 564136 | info@palazzovescovile.it
 
Contatti                                
Distretto Turistico Venezia Orientale | dr.ssa Pierpaola Mayer
tel. 342 8084363 direttore@veneziaorientaledistrettoturistico.it
 
Ufficio Stampa MUVE       
press@fmcvenezia.it | www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
Ufficio stampa mostra        
StudioBegnini
Roberto Begnini con Federica Artusi
studiobegnini.it
info@studiobegnini.it

Bologna, Collezioni Comunali d’Arte: IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua

IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua
Veduta di allestimento
Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, 2023
Foto Giorgio Bianchi – Comune di Bologna

A cura di Matteo Zauli e Eva Degl’Innocenti

15 dicembre 2023 – 4 febbraio 2024
Collezioni Comunali d’Arte | Sala Urbana
Palazzo d’Accursio | Piazza Maggiore 6, Bologna

www.museibologna.it/arteantica

Mostra promossa da Comune di Bologna, Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica, Comune di Faenza, Settore Cultura, Turismo, Sport e Politiche Internazionali Unione della Romagna Faentina, Museo Carlo Zauli
In collaborazione con Scuola Comunale di Musica “Giuseppe Sarti” e Scuola di Disegno, Arti e Mestieri “Tommaso Minardi”

All’interno delle manifestazioni legate al Capodanno, il Comune di Bologna ha voluto segnare una attenzione particolare al tema dell’alluvione che nei mesi scorsi ha colpito il nostro territorio.

Spiegano il sindaco Matteo Lepore e la delegata alla Cultura Elena Di Gioia“Abbiamo voluto comporre, anche all’interno del palinsesto di iniziative culturali di fine anno, un gesto di responsabilità di come, anche attraverso la cultura, si possa fare sia memoria sia condivisione e comunità. Alla perdita insostituibile e dolorosa di persone con le loro vite e affetti, l’alluvione ha travolto anche luoghi privati, pubblici, di vita, lavoro e anche cultura. Ecco che l’invito che abbiamo rivolto alla città di Faenza, attraverso i suoi importanti musei e luoghi culturali, compone un tragitto di opere ferite che contengono la traccia istantanea di ciò che è successo e contemporaneamente contengono una spinta alla rinascita”.

Nella notte del 16 maggio 2023, lo straripamento del fiume Lamone ha travolto e coperto di fango buona parte della città di Faenza, travolgendo l’esistenza di luoghi, cose e persone. Molte istituzioni culturali ne sono state gravemente toccate, tra le quali la Biblioteca Comunale Manfrediana, musei privati, le scuole comunali di musica e di disegno.

L’installazione IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua -promossa da Comune di BolognaSettore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte AnticaComune di FaenzaSettore Cultura, Turismo, Sport e Politiche Internazionali dell’Unione Romagna Faentina in collaborazione con Scuola Comunale di Musica “Giuseppe Sarti” di Faenza e Scuola di Disegno, Arti e Mestieri “Tommaso Minardi” di Faenza e curata da Matteo Zauli (direttore del Museo Zauli) e Eva Degl’Innocenti (direttrice del Settore Musei Civici Bologna) – vuole essere un’istantanea, un fermo immagine oggettuale di un evento che, a oltre sei mesi di distanza, stenta a lasciarsi considerare memoria, condizionando ancora profondamente il presente di quel territorio.
Gli oggetti esposti testimoniano la creazione e la rinascita dopo l’alluvione: dalla distruzione alla rinascita, attraverso la forza della cultura, dell’arte e della creatività. Una memoria che non è testimonianza soltanto di una calamità, di un evento drammatico, ma anche di una straordinaria energia positiva, quella della solidarietà che da allora ha invaso beneficamente i territori colpiti, e che delinea un segno di speranza e di rinascita sull’orizzonte futuro.

Un pianoforte, una cassa per il trasporto di opere d’arte, due sculture in ceramica, sei fotografie, dodici vasi in terracotta e alcune decine di cataloghi d’arte – ogni pezzo scelto per se stesso ma anche per la provenienza che evoca e i simboli che racchiude – sono le presenze fortemente evocative che abitano la Sala Urbana delle Collezioni Comunali d’Artedal 15 dicembre 2023 al 4 febbraio, rappresentando le ferite del patrimonio artistico e culturale devastato in una visione di resilienza e capacità di ricostruzione.

“L’emergenza alluvionale – commenta il sindaco di Faenza, Massimo Isola – se da un lato ha segnato profondamente i nostri territori, allo stesso tempo ha aperto per Faenza tanti ponti e collaborazioni con molti soggetti pubblici e privati del terzo settore. Ciascun soggetto ha trovato in Faenza alcuni elementi distintivi originali ma anche di comunanza rispetto alla propria identità. Con Bologna abbiamo aperto un confronto e in brevissimo tempo ci si è resi conto che sul tema della città d’arte poteva esserci uno spazio di collaborazione importante. Faenza e Bologna hanno entrambe una vivacissima rete museale, un numero importantissimo di artisti e designer. In questa direzione abbiamo pensato di proporre questo progetto che valorizza le nostre reciproche identità che leggono l’evento alluvionale da un’altra prospettiva, con uno sguardo artistico e creativo. La mostra deve essere vista non come un evento conclusivo di un percorso ma come l’inizio di un confronto e di apertura di una fase nella quale due città sulla via Emilia, con diverse dimensioni ma con una profonda comune matrice creativa, possano collaborare. Siamo molto grati e onorati di aver potuto collaborare con il Comune di Bologna alla sua realizzazione”

Il pianoforte
Donato alcuni anni fa alla Scuola di Musica “Giuseppe Sarti” di Faenza, questo pianoforte di marca Heitzmann & Sohn prodotto alla fine dell’Ottocento, apparteneva a Don Vincenzo Cimatti, missionario salesiano in Giappone e musicista autore di 950 composizioni musicali, nato a Faenza nel 1879 e morto a Tokyo nel 1965. Nel secondo dopoguerra lo strumento venne acquistato da Muky, artista, poetessa protagonista della vita culturale della città romagnola che poi lo donò al Comune di Faenza, in dotazione alla Scuola Comunale di Musica Sarti.
Dopo l’alluvione del maggio 2023, lo strumento è musicalmente inservibile, ma resta una testimonianza unica del disastro e ha ripreso vita nella sua trasformazione in installazione di questa esposizione.

IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua
Veduta di allestimento
Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, 2023
Foto Giorgio Bianchi – Comune di Bologna

Vasi in terracotta
Questi sedici vasi, riemersi dal fango e rinvenuti nei corridoi comuni alle scuole comunali faentine di Musica “Giuseppe Sarti” e di Disegno, Arti e Mestieri “Tommaso Minardi” costituiscono una vera e propria memoria storica della scuola di disegno, opera del grande Torniante faentino Gino Geminiani, storico docente della scuola fondata nel 1796 su intuizione ed impulso di Felice Giani.

Carlo Zauli / Zolla
All’interno del percorso espositivo del Museo Carlo Zauli, nella storica cantina delle argilletrovava spazio questa scultura appartenente alla tipologia delle Zolle, un grande esempio delle sculture che l’artista faentino Carlo Zauli (1926-2002) realizzò tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta con un grès nero tedesco, simbolicamente dedicato al campo arato, perfetta sintesi di armonia tra uomo e natura.
L’opera era stata esposta nel 2015 al Museo Civico Medievale di Bologna nella mostra Le Zolle, dedicata a Zauli nell’ambito di ART CITY Bologna e in occasione di Arte Fiera. Nel progetto espositivo le collezioni del Museo Civico Medievale, capolavori archetipici della nostra tradizione artistica e culturale, erano entrate in dialogo con un nucleo rappresentativo di una delle tematiche fondanti della ricerca artistica dello scultore romagnolo: la Terra. Zauli ha indagato, attraverso un linguaggio espressivo e una cifra stilistica a lui propria, il rapporto tra l’individuo e la Terra, nella sua forma più naturale: l’elemento primigenio e costituente della “zolla d’argilla”. La Zolla torna a dialogare con i Musei Civici di Bologna: in origine forma geometrica primigenia, monolitica, di colore nero, si presenta oggi ai nostri occhi divisa un due parti, di colore rosso. Ha mutato forma e colore.
L’opera, travolta dal fango e dagli oggetti che esso ha portato con sé, è caduta spaccandosi e ricoprendosi di quella fanghiglia rossastra dovuta alla fuoriuscita dai sacchi di tonnellate di ossido di ferro conservato in quel luogo diventando così un simbolo fortemente carico di significati e memoria. Duramente colpita dall’alluvione del maggio 2023, tuttavia non distrutta, ma trasformata.

Wei Bao / Trail of flow
Dopo aver vinto il primo premio under 35 al sessantaduesimo Premio Faenza ed essere stato invitato in residenza per due mesi, Wei Bao, giovane talento ceramico attivo a Jingdezhen, in Cina, si è trovato a confrontarsi non soltanto con gli usi e le tradizioni ceramiche del luogo ma anche con la drammatica situazione della città sconvolta dall’alluvione del maggio scorso.
Ne sono nati lavori nei quali l’artista applica alla propria tipica estetica dominata dalla circolarità – simbolo dell’ancestrale lavoro ceramico legato al tornire vasi, ma anche del concetto di tempo della cultura cinese, scandito da eventi che si susseguono ciclicamente – elementi testimoni della catastrofe, in particolare ossidi e argille create nelle cantine del museo Zauli, nel quale gli storici grès usati si sono mescolati a ossidi e al fango dell’alluvione.
Inoltre, il concetto di circolarità della tradizione culturale cinese diventa un messaggio di speranza e rinascita che vede nel ripetersi degli eventi in continuo cambiamento la capacità di mantenere l’armonia nella società. Il fango della distruzione ha dato vita, con le sue argille alluvionali, alla creazione di una nuova opera: Trail of Flow.

Cassa di legno

Una piccola cassa di legno quasi totalmente ricoperta di fango è testimone non soltanto dell’alluvione ma anche del passaggio di un artista in residenza al Museo Carlo Zauli. Si tratta di David Casini, artista toscano invitato nel 2005 e fermatosi poi a Faenza per tre anni. Un artista che oggi vive e lavora a Bologna. La tipica scritta “Fragile” ancora leggibile pare alludere non soltanto alla natura dell’opera che in passato trovò sede nella piccola cassa ma alla condizione degli oggetti di fronte all’imprevedibile scatenarsi degli eventi naturali.

Libri di archivio del Museo Carlo Zauli
Tra le più importanti perdite culturali dovute all’alluvione ci sono certamente i libri. Dalle biblioteche pubbliche a quelle private, dai musei ai negozi essi rappresentano la perdita di memoria e di patrimonio culturale forse più profonda. In questo caso questi libri, irrecuperabili, erano parte dell’archivio storico del Museo Carlo Zauli, ad oggi quasi totalmente sprovvisto di alcuni titoli fondamentali, legati ad episodi fondamentali della vicenda artistica dell’artista romagnolo o dei primi vent’anni di attività museale.

Fotografie di Cristina Bagnara

Subito dopo l’alluvione, il Museo Carlo Zauli si è trasformato in un vero e proprio cantiere, nel quale l’intero staff, gli amici e moltissimi volontari si sono alternati in un duro lavoro di salvataggio e conservazione di elementi di archivio. Stampi in gesso, modelli, opere incompiute, arredi sono stati estratti dal fango, lavati, a volte restaurati. In quelle prime settimane Cristina Bagnara, fotografa cervese che già in passato aveva realizzato un prezioso reportage sul museo, ha documentato lo stato di fatto e le prime attività di recupero dalle quali traspare la vivacità e lo slancio che ha caratterizzato quelle giornate.

Durante il periodo di apertura, sono previste quattro visite guidate condotte da Matteo Zauli:
domenica 17 dicembre 2023 ore 17.00
sabato 30 dicembre 2023 ore 17.00
domenica 14 gennaio 2024 ore 11.00
domenica 28 gennaio 2024 ore 11.00.
Per la partecipazione non è richiesta la prenotazione, ingresso con biglietto museo.

Nata da una collaborazione fortemente voluta dal Settore Musei Civici Bologna con il Museo Carlo Zauli di Faenza, l’esposizione viene presentata alle Collezioni Comunali d’Arte per una doppia valenza simbolica: non solo in quanto il museo situato nel cuore di Palazzo d’Accursio espone le opere che ornavano gli uffici delle magistrature cittadine, oltre a molti altri oggetti d’arte raccolti dal Comune di Bologna grazie ad acquisti e donazioni avvenute nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento, ma anche in quanto la Sala d’Ercole dello stesso Palazzo Comunale ha accolto, nel 1998, la personale Carlo Zauli: trent’anni di scultura,a cura di Andrea Emiliani e Claudio Spadoni. Il legame di Zauli con Bologna è stato particolarmente significativo, come testimoniano le opere realizzate su commissione istituzionale Stele Grande Rilievo per la Facoltà di Lettere e Filosofia e Altorilievo per la sede della Regione Emilia-Romagna.

IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua è la prima espressione progettuale di una convenzione sottoscritta tra Settore Musei Civici Bologna e Museo Carlo Zauli per la realizzazione di attività di ricerca, artistiche, culturali, didattiche, divulgative, partecipative che possano contribuire alla ricerca, valorizzazione, divulgazione e innovazione della cultura della ceramica e delle arti.

La mostra IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua è parte di Festivamente, il cartellone curato dal Settore Cultura e Creatività del Comune di Bologna per le festività 2023-2024 che invita a vivere insieme il periodo delle feste in città, all’insegna della cultura, dell’arte e della socialità.


Il Museo Carlo Zauli è tra le istituzioni culturali più colpite dall’alluvione avvenuta il 16 maggio 2023. Fondato nel 2002 da Matteo, Monica e Laura, il museo è dedicato al loro padre Carlo Zauli, scultore ceramista noto in tutto il mondo e scomparso in quello stesso anno. Nei suoi 21 anni di attività, il museo è sempre stato un luogo amatissimo da tutta la comunità faentina e dagli amanti di ceramica e di arte contemporanea, oltre ad essere casa per artisti e studenti in residenza. Molte sculture di Carlo Zauli, di grande importanza storica, e diverse opere della collezione degli artisti contemporanei sono state gravemente danneggiate e, per tutte loro, occorreranno importanti e costosi lavori di restauro. Per ricostruire gran parte degli spazi espositivi e dei laboratori e rifornire le attrezzature perdute e gli impianti devastati, il museo ha attivato una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe dove è possibile donare un importo di entità libera.


Mostra
IMMANENTE. L’arte di Faenza riplasmata dall’acqua

A cura di
Matteo Zauli e Eva Degl’Innocenti

Promossa da
Comune di Bologna
Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica
Comune di Faenza
Settore Cultura, Turismo, Sport e Politiche Internazionali Unione della Romagna Faentina
Museo Carlo Zauli

Periodo
15 dicembre 2023 – 4 febbraio 2024

Inaugurazione
Giovedì 14 dicembre 2023 ore 15.00

Sede
Collezioni Comunali d’Arte
Palazzo d’Accursio | Piazza Maggiore 6, Bologna

Orari di apertura
Martedì, giovedì 14.00-19.00
Mercoledì, venerdì 10.00-19.00
Sabato, domenica e festivi 10.00-18.30
Domenica 24 dicembre 10.00-14.00
Santo Stefano (martedì 26 dicembre) 10.00-18.30
Domenica 31 dicembre ore 10.00-14.00
Capodanno (lunedì 1° gennaio) 11.00-19.00
Epifania (sabato 6 gennaio) 10.00-18.30
Chiuso Natale (lunedì 25 dicembre)

Ingresso

Intero € 6 | ridotto € 4 | ridotto speciale 19-25 anni € 2 | gratuito possessori Card Cultura
Biglietto integrato Collezioni Comunali d’Arte e Torre dell’Orologio: intero € 8 | ridotto € 5

Informazioni
Collezioni Comunali d’Arte
Palazzo d’Accursio | Piazza Maggiore 6 | 40121 Bologna
Tel. +39 051 2193998
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
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Settore Musei Civici Bologna
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Ufficio Stampa Settore Musei Civici Bologna
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Palermo, Museo Riso-Cappella dell’Incoronata: La gravità delle forze nascoste di Sasha Vinci

Sasha Vinci, La gravità delle forze nascoste, 2023
Crediti fotografici Sasha Vinci, Luigi Nifosì, Gianni Mania

A cura di Serena Ribaudo

Opening: 20 dicembre 2023 ore 18

Fino al 20 gennaio 2024

Cappella dell’Incoronata
Via Incoronazione, 11 – Palermo

Alla Cappella dell’Incoronata, una delle sedi del Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, dal 20 dicembre 2023 al 20 gennaio 2024 l’artista siciliano Sasha Vinci presenta per la prima volta “La gravità delle forze nascoste“, un progetto inedito a cura di Serena Ribaudo dedicato interamente a Palermo, al suo tessuto urbano e sociale. Vinci, noto per le sue audaci sperimentazioni sulla contemporaneità, crea opere che parlano con profondità alla realtà odierna, affrontando le distanze, le paure e le contraddizioni che caratterizzano il presente. Attraverso uno sguardo trasversale, l’artista indaga sulle fratture di questo momento storico, riconsiderando i rapporti tra la natura, l’essere umano contemporaneo e il suo ambiente sociale, con l’obiettivo di acquisire una nuova coscienza etica, estetica e politica, aprendo le porte a nuove prospettive di comprensione e di interazione con il mondo che ci circonda.

Ciò che distingue la ricerca artistica di Sasha Vinci è la continua sperimentazione di diversi linguaggi artistici, utilizzando media come il disegno, la scultura, l’installazione, la performance, la fotografia e il suono. In questo progetto dedicato a Palermo, questi mezzi espressivi convergono per creare un’opera d’arte totale e unica nel suo genere, che coinvolgerà gli spettatori in una straordinaria esperienza multisensoriale.

Come scrive la curatrice Serena Ribaudo: “Il lavoro di Vinci indaga con originalità, pregnanza e sentimento poetico il tessuto urbano, animico ed eterico della città di Palermo. La gravità delle forze nascoste è un omaggio al capoluogo siciliano, ai suoi profili, ai suoi cieli. Una dichiarazione d’amore ad una città, il cui ductus ardente viene simbolicamente auscultato, e decifrato, nelle sue armonie e dissonanze per essere restituito ai cittadini in una nuova forma espressiva come dono straordinario“.

L’artista afferra la gravità, già presente nel titolo stesso della mostra, come una delle forze fondamentali che condiziona corpi, animali e oggetti inanimati. Vinci esplora questa forza onnipresente che regola i moti celesti, unificando l’umanità in una condizione di inevitabile adesione. Anche l’essere umano, pur con la sua presunzione di dominio sulle altre specie, deve piegarsi a questa forza, incapace di controllarla o imprigionarla. Vinci reintroduce diverse simbologie legate alla cosmologia, alla visione platonica del mondo e alla simbologia musicale, impiegando elementi tipici della tradizione siciliana e conferendo loro nuovi significati, sia politici che sociali, risonanti nel tempo presente. La gravità diventa così una metafora potente che permea non solo l’opera di Vinci ma anche le vite di tutti noi.

Sasha Vinci, La gravità delle forze nascoste, 2023
Crediti fotografici Sasha Vinci, Luigi Nifosì, Gianni Mania

Ad arricchire la mostra sarà l’opera site-specific “NON SI DISEGNA IL CIELO / Il Canto di Palermo“. Quest’opera è parte della serie in continua evoluzione “NON SI DISEGNA IL CIELO“, avviata dall’artista nel 2015 a Volterra in Toscana. Attraverso questo progetto, Vinci crea opere sinestetiche e multisensoriali, traducendo lo skyline e le costellazioni di un luogo in armonie musicali, dando voce alla natura e al paesaggio.

Attraverso un intreccio sapiente di opere, Vinci crea una continuità tra passato e presentetra racconto sacro, mitologico e azione civile, conferendo un significato e un’importanza straordinaria per l’essere umano e il cittadino contemporaneo. L’obiettivo della ricerca artistica di Sasha Vinci è quello di creare una visione che va al di là dell’effimero e abbraccia l’essenza stessa dell’esistenza.

La Gravità delle Forze Nascoste” rivela così nuove interazioni tra i corpi, nuovi rapporti che sorgono da noi stessi e che illuminano la vita nelle sue incognite più profonde, lasciando spazio a molteplici possibilità. La gravità è un assioma inconfutabile, a cui nessuno può sottrarsi. Tuttavia, come immersi in un vortice cieco, risorgiamo per manifestarci con una nuova forma, una forma multinaturale. Questa mostra ci invita a guardare oltre la superficie delle cose, a scavare più a fondo nelle fratture del presente.

Il fondamento della ricerca di Sasha Vinci si basa sulla continua sperimentazione di differenti linguaggi artistici. Performance, scultura, disegno, pittura, scrittura, musica sono espressioni che l’artista utilizza per creare opere da cui emerge un pensiero libero che si interroga sulle problematiche dell’esistente, per giungere ad una visione ampia e plurale.  Dal 2012 al 2018 Vinci ha collaborato attivamente con l’artista Maria Grazia Galesi con la quale ha creato il duo Vinci/Galesi, dando vita alla Trilogia del possibile: un progetto di arte pubblica e sociale che coinvolgeva attivamente i cittadini e le comunità. Nel 2008 è stato l’ideatore e il fondatore di SITE SPECIFIC, una realtà indipendente gestita dall’Associazione Culturale non-profit PASS/O. Un progetto ambizioso e di ampio respiro che trasforma la città di Scicli in un Teatro Vivo, un luogo in cui la creatività contemporanea può abitare ed esistere. Nel gennaio del 2013, in collaborazione con altri professionisti, fonda S.E.M. (Spazi Espressivi Monumentali): un modello di sviluppo sostenibile che a Scicli ridisegna la gestione integrata dei monumenti, unendo contenuti culturali dell’arte e delle tradizioni a strategie economiche. Per S.E.M. Sasha Vinci ricopre il ruolo di Direttore Artistico. Da dicembre 2012 a settembre 2013 è stato Direttore Artistico del progetto CLANG. Le opere di Sasha Vinci sono state pubblicate in differenti giornali e riviste nazionali ed internazionali come Hi-Fructose Magazine, Flash Art, Artribune, Arte e Critica, Wall Street International, Exibart ed Exibart on paper, Abitare Magazine, Espoarte, Rivista Segno, Gestalt Gtk, El Pais, Diari De Girona (Dominical), Il Sole 24 ore, Panorama, L’Espresso, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Kairós Magazine, Famiglia Cristiana, La Sicilia, Il Giornale di Sicilia, Il Giornale di Scicli. Dal 2017 collabora attivamente con la galleria d’arte aA29 Project Room.

Serena Ribaudo si è laureata in Storia dell’arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo. Vive tra Palermo e Firenze. È saggista, storico dell’arte, critico d’arte. Si occupa dell’organizzazione e del coordinamento curatoriale, scientifico e tecnico di mostre d’arte contemporanea presso organismi pubblici e privati in Italia e all’estero. Ha dedicato la sua attività in particolar modo alla curatela di mostre ed eventi artistici all’interno di sedi storiche al fine di una maggiore valorizzazione del dialogo tra arte contemporanea e patrimonio artistico-architettonico del passato. Ha collaborato con numerose riviste d’ arte contemporanea tra cui Rivista Segno e Segnonline, Espoarte, Artslife, Grandi Mostre, Arte In.


INFO
TITOLO: La gravità delle forze nascoste
DI: Sasha Vinci
A CURA DI: Serena Ribaudo
QUANDO: Dal 20 dicembre 2023 al 20 gennaio 2024
OPENING: 20 dicembre 2023 ore 18
DOVE: Cappella dell’Incoronata, Via Incoronazione, 11 – Palermo
ORARI: Dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00
https://www.museoartecontemporanea.it

CONTATTI
SITO: https://sashavinci.com/
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