Il Simbolismo: la psicanalisi, come nuova scienza

 

I grandi scopritori della Scienza hanno sempre saputo aprire nuovi campi scientifici ma anche, accettare, con essi, tutte le polemiche seguenti alle novità da loro introdotte.
Sigmund Freud, alla fine del XIX secolo, veniva visto con diffidenza negli ambienti scientifici della Vienna di allora. Molti furono, successivamente, i dissensi con lui e le sue teorie, e diversi
 gli indirizzi di pensiero alternativi che ne nacquero: di Adler, Jung ed altri. Ancora oggi le sue teorie sono al centro di accesi dibattiti e di infinite discussioni, questo perché Freud ha aperto tematiche dalle mille implicazioni, non solo nel campo medico-scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale in genere.

La sua teoria, non scientifica, si basa sull’inconscio e sugli influssi di questo con il comportamento ed il pensiero umano, e nella interazione e comunicazione con gli altri 
 individui.
Già, prima di lui, alcuni ricercatori come Josef Breuer e Jean-Martin Charcot avevano condotto studi sull’isteria, rilevando che questa derivava da un disturbo della psiche e non, come si credeva, da una simulazione dell’individuo. Freud, partendo da questa base, sviluppò alcuni principi basilari della psicoanalisi, legati al rapporto tra medico e paziente (la resistenza e il transfert) e sul metodo di indagine. Quest’ultimo, che finalmente dava all’analista degli “strumenti” per indagare sull’inconscio del paziente, si basava sull’analisi di associazioni libere, lapsus (da cui deriva il “lapsus freudiano”), atti involontari e l’interpretazione dei sogni.

Nel 1896 dopo 10 anni di esperienze nel settore della psicopatologia, in due pubblicazioni Freud usò il termine “psicoanalitico” per la prima volta. Col termine “psicoanalisi” egli intendeva un gruppo di concezioni psicologiche (teoria della psiche) basate su di un metodo per l’indagine di processi mentali, altrimenti inaccessibili, che fosse terapeutico in quanto finalizzato alla cura delle nevrosi.
La peculiarità, tuttavia, della teoria freudiana, l’impulso sessuale e le sue relazioni con l’inconscio, che Freud considerava il fulcro delle malattie psichiatriche, fu ritenuta eccessiva dagli allievi e colleghi, fu contestata e, come abbiamo detto, da questo ha dato luogo alla nascita di scuole scientifiche di diverso orientamento.
Sembra, infatti, dalla consueta storiografia della psicoanalisi, che in Europa le nuove teorie di Freud, basate sulla libido come pulsione principale, animalesca e primitiva, nella vita emotiva dell’uomo, ottennero un impatto assai duro. Lo si accusava principalmente di danneggiare la società mettendo a nudo indecenze e perversioni d’ogni genere. Ne sarebbe nata “una lotta” contro le scandalose nuove teorie. Lo stesso Jung uscì dalla struttura delle teorie freudiane, alla ricerca di motivazioni altre nell’analisi dell’inconscio, tanto che fu accusato in seguito da Freud di “codardia”.

Nei suoi ultimi anni Freud trattò tematiche particolarmente nuove come la dualità tra pulsione di vita e pulsione di morte (nel suo saggio Psicologia e Metapsicologia), cioè la lotta tutta interiore tra volontà alla vita e all’aggregazione e tra la volontà alla morte e alla disgregazione. In “Analisi terminabile e interminabile”, pose invece la questione della difficoltà a proseguire il lavoro psicoanalitico oltre un certo limite (il problema del “fondo roccioso della psicoanalisi”, come lo chiamava egli stesso). Il limite si incontra nell’affrontare l’aspetto biologico della divisione sessuale che, a sua volta, nasconde il lato sulla funzione adattativa-conservatrice della psicoanalisi.

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  PSICANALISI

VIDEO SU: PSICOTERAPIA
SINTESI di Freud e la nascita della psicoanalisi
Freud, il padre della psicoanalisi
Psicoterapia : perchè funziona
La mia esperienza con la psicoterapia

In copertina – Foto del lettino nello studio di Sigmund Freud – estratta da Wikimedia Commens

 

Il Simbolismo: nella musica, Giacomo Puccini

 

Giacomo Puccini era un grande già a partire dal nome. Si chiamava, infatti, per esteso: Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini. Visse a cavallo tra Ottocento e Novecento, dal 1858 al 1924. Fu spettatore e autore di un mondo che cambia, e lui con esso. Ha saputo divenire un grande del mondo operistico italiano e poiché, a quell’epoca, la musica lirica italiana era amatissima, lo è divenuto su tutto il mondo operistico.
Già a partire dalla sua giovinezza, si accostò alle tendenze dominanti, verista prima e dannunziana, poi. Ciononostante, nella sua carriera, non aderì mai completamente ad un movimento artistico, seguendo un’evoluzione attenta ma indipendente. Molti hanno difficoltà tuttora, a classificarlo con chiarezza. Non fu né un teorico, né un concertista, amava la realtà. Scrisse per il suo pubblico, ne curò gli allestimenti e spesso si recava dove sarebbe avvenuta la successiva messa in scena di una delle sue opere. Per cui, ogni suo lavoro otteneva il massimo del successo, sul pubblico, ma soprattutto sui direttori dei teatri lirici, lasciando loro opere perfette, ben controllate, limate e solo dopo presentate. Nonostante quello che si pensi, nella sua vita compose solo 12 opere, di cui tre fanno parte del veloce trittico. Ottenne il massimo da ciascuna e continua ancora a raccoglierlo, visto che le rappresentazioni di sue opere non sono mai cessate, e si svolgono con il massimo del gradimento.

Tuttavia, se era seguito fedelmente dal suo pubblico, non fu così con la critica musicale, soprattutto in Italia. Faticò molto ad essere benaccetto, con una dimostrazione di qualità, opera dopo opera. Ma non fu facile. L’ostilità nei suoi confronti si manifestò aspramente nei primi due decenni del Novecento. A contrastarlo vi fu la cosiddetta Generazione dell’Ottanta, ed in particolare il critico Fausto Torrefranca, amante di musica antica. Questi pubblicò su Puccini un libricino (Giacomo Puccini e l’opera internazionale), dove denunciava come spregevole e commerciale tutto il lavoro di Puccini ed additando l’orrore del melodramma. Torrefranca si dichiarò nostalgico dei tempi della musica strumentale. Nella sua critica egli afferma che Puccini “non riesce mai ad ampliare ciò che ha imparato dagli altri, ma se ne serve come di un “luogo comune” della musica moderna, consacrato dal successo e avvalorato dalla moda”. Così dicendo, però, Torrefranca attesta, implicitamente, il livello internazionale delle composizioni di Puccini. E lo conferma, viceversa, l’apprezzamento di musicisti a lui contemporanei, come Stravinskij, Schoenberg, Ravel e Webern. Infatti, da una parte il nazionalismo di Torrefranc e dall’altra abbiamo lo stile internazionale di Puccini, che finirà per trovare eco e conferma sulla scena mondiale. Tra i suoi massimi estimatori molti stranieri, ad esempio, il francese René Leibowitz e l’austriaco Mosco Carner.

I riferimenti
Ma quali erano i riferimenti musicali ed artistici, di un autore così ecclettico, come Puccini? Dal passato, riemerge il settecentesco Boccherini, a cui Puccini si ispirò per la sua opera Manon Lescaut, ambientata, infatti, un secolo prima. Tuttavia, nel campo musicale, l’autore più presente nella sua produzione, fu Richard Wagner. Sin da giovane Puccini non nascose la sua ammirazione per l’autore tedesco. A lui si rifece nei due saggi di Conservatorio (dal Lohengrin e Tannhäuser) e successivamente da studente acquistò lo spartito del Parsifal (dividendo le spese con Pietro Mascagni, suo amico di stanza).
A quel tempo, mentre gli altri discutevano su Wagner e la sua opera d’arte totale, Puccini (tra i primi estimatori in Italia) ne ammirava, soprattutto, il linguaggio armonico e la struttura narrativa delle opere. Prese a studiare ed analizzare attentamente la tecnica compositiva di Wagner, il suo uso dei Leitmotiv ed i legami tra di loro, in particolare nell’opera wagneriana di Tristano e Isotta. Così la flessibilità dell’opera del maestro tedesco, tra lirica e concertistica, molti critici hanno rilevato anche in Puccini, il doppio uso delle sue composizioni, traducibili in musica semplicemente orchestrale, in sinfonia.

Se Torrefranca fosse vissuto ora, si sarebbe sicuramente ricreduto sulle sue astiose opinioni. Alla luce della rivalutazione, d’oggi (pubblico e critica), rileverebbe quanto il genio di Puccini sta registrando negli ultimi decenni, del secolo scorso ed i primi del terzo millennio. Le meravigliose melodie pucciniane sono un’eredità preziosa quanto bellissima, di sicuro livello “internazionale”..

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  GIACOMO PUCCINI

VIDEO SU GIACOMO PUCCINI
Giacomo Puccini – Frammenti di Vita
The Best of Puccini
LUCIANO PAVAROTTI: Nessun dorma! GIACOMO PUCCINI Turandot
Pavarotti- Tosca- E lucevan le stelle

In copertina – Ritratto fotografico di Giacomo Puccini – estratta da Wikimedia Commens

 

Gli interni della reggia di Madrid 2/2

 

L’edificio al pianoterra possiede alcune zone tematiche legate alla vita di corte. Si inizia con la Farmacia reale, che possiede vasi di medicinali ed erbe antichi, che venivano utilizzati per i nobili della corte ammalati. Si passa poi ad uno spazio armeria, dove si possono ammirare armi ed armature antiche, tra le quali si evidenzia l’armatura a cavallo di Carlo V d’Asburgo.

Si sale al primo piano con lo scalone principale, disegnato dal Sabatini, la cui volta fu affrescata da Corrado Giaquinto. Il dipinto raffigura La monarchia spagnola che rende omaggio alla Religione.
Al piano superiore troviamo gli appartamenti reali e alcune sale, lussuosamente arredate. Si inizia con quella degli Alabarderos ed il Salòn de Columnas. Nella prima spicca un affresco del Tiepolo (l’Apoteosi di Enea). Nella sala sono esposti alcuni dipinti di Luca Giordano ed altri artisti italiani. L’affresco presente nella seconda sala, invece, è di Giaquinto, le sculture sono barocche. Si possono ammirare bellissimi Arazzi, eseguiti su cartoni disegnati da grandi artisti, come, ad esempio, Raffaello.
È preziosamente conservato il Salone del Trono, contenente gli arredi rococò di Carlo III. Sul soffitto un affresco del Tiepolo e alle pareti soffice velluto. Non mancano orologi inglesi e svizzeri. Altri piccoli e grandi ambienti accolgono i visitatori, quali: il Salotto di porcellana, la Biblioteca reale, la Sala di pranzo (per gli incontri di gala) e il Salone Gasparini.
Nella zona nord gli ambienti portano alla Cappella reale, di forma circolare ed affrescata sempre da Giaquinto.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: MADRID

VIDEO SU MADRID:
Madrid in HD – Documentario di viaggio
Madrid – Luoghi dal mondo

 

Il Simbolismo: nella musica, Pietro Mascagni

 

Oltre a scrivere opere liriche, Pietro Mascagni seppe essere un uomo del suo tempo. Vissuto a cavallo dei due secoli (1800-1900), non disdegnò d’essere innovatore e sperimentatore. Seppe essere compositore di operette, canzoni, brani musicali per pianoforte o altro, musica sacra e con “The Eternal City“, dare vita ad una specie di suite sinfonica, fino a scrivere musica per il cinema muto dei suoi tempi.
Conobbe il successo con la prima delle sue opere, Cavalleria rusticana, anche negli Stati Uniti, per poi realizzare nella sua vita altre 15 opere. Nonostante la grande fama mondiale raggiunta, oggi risulta poco conosciuto. Questo si deve al fatto che è poco rappresentato. Se pensiamo che, ad esempio, l’opera Iris raggiunse le 800 produzioni in passato, oggi, Mascagni non può tornare all’attenzione del pubblico se non se ne ravviva la memoria.

Mascagni nel suo volo artistico fu ispirato dai movimenti letterari del tempo. Iniziò con Cavalleria rusticana, di taglio verista, per poi passare a delle composizioni ispirate dal decadentismo e simbolismo, per chiudere poi la sua carriera con composizioni espressioniste (ad esempio, l’ultima il Nerone), declamata e con più toni acuti. La maggior parte dei suoi lavori sono di stampo decadente (Amico Fritz, Ratcliff, Iris, Maschere e Rantzau). Apparentemente contraddittorio, il suo stile si può definire eclettico, dando buona dimostrazione delle sue capacità in tagli stilistici diversi.

Purtroppo questa capacità ecclettica non gli ha giovato, anzi, è la base delle critiche ottenute nel dopoguerra. Molti studiosi gli imputano di non avere continuato con lo stile verista di Cavalleria rusticana, opera con cui Mascagni ottenne maggiore successo. Lo stesso editore Ricordi gli propose di comporre un libretto lirico tratto dalla novella “La lupa” di Giovanni Verga. Mascagni rifiutò per continuare il suo percorso innovativo. Verso la fine della sua carriera non ebbe una buona risposta da pubblico e critica. Gli editori Sonzogno e Ricordi si rifiutarono di pubblicare la sua musica, e Mascagni dovette rivolgersi ad un editore francese. Tant’è che a distanza di qualche decennio Mascagni viene ricordato solo per Cavalleria rusticana, come se avesse composto una sola opera, com’è capitato a Ruggero Leoncavallo, con “Pagliacci”, o a Francesco Cilea, con “Adriana Lecouvreur”.
Tuttavia il suo essere all’avanguardia, non è stato riconosciuto quanto poteva essergli. Ad esempio, alle opere ispirate dall’Orientalismo, quali l’Iris, opera simbolista scritta nel 1898, si preferisce oggi Madama Butterfly di Puccini composta solo nel 1904.
Questa ombra su Mascagni fu dovuta probabilmente nel dopoguerra, alla sua adesione al Fascismo. Ciononostante, bisogna saper andare oltre, come nel caso di Wagner o Pirandello, giudicando a parte l’opera artistica.

L’autorevolezza della sua musica, che seppe raggiungere, si dimostra dai compositori che a lui si rifecero, come ad esempio, Ruggero Leoncavallo nei suoi Pagliacci, o Umberto Giordano che riprese riferimenti sia da Mascagni che da Puccini.
Se ultimamente le sue fatiche non vengono riconosciute e messe in scena, bisogna dire che a livello cinematografico la musica di Mascagni è stata utilizzata come colonna sonora di diversi film, italiani ed americani. Alcune case discografiche minori hanno ripubblicato delle sue opere su CD. E questo è molto importante a livello divulgativo. Il maggiore riconoscimento, tuttavia, gli è stato dato alle Olimpiadi di Roma (1960), quando l’Inno del Sole dell’Iris, è stato utilizzato come inno ufficiale dell’edizione sportiva.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  PIETRO MASCAGNI

VIDEO SU MASCAGNI
Pietro Mascagni – Cavalleria rusticana
Pietro Mascagni – Inno del Sole [HD]
Pietro Mascagni “Messa di Gloria”

In copertina – Ritratto fotografico di Pietro Mascagni – estratta da Wikimedia Commens

 

Il Simbolismo nella musica: Claude Debussy

 

Tra i massimi compositori francesi, centrale è la figura di Claude-Achille Debussy (1862-1918). È considerato il massimo esponente della musica simbolista, anche se alcuni critici musicali lo rapportano pure al decadentismo. Tuttavia l’appartenenza fu negata dallo stesso artista, che dichiarò la sua ispirazione ai poeti Verlaine e Mallarmé (che erano dei simbolisti). Debussy si rifece a loro e alle loro composizioni, per vari pezzi musicali leggeri e innovativi, a differenza di altri dello stesso periodo in cui si sente l’influenza wagneriana. In seguito, seppe portare un colore nuovo nella musica occidentale.

Nacque in una famiglia agiata (anche se poi andò in rovina) Debussy potè permettersi di frequentare il prestigioso Conservatoire national supérieur de musique et de danse, di Parigi. Nel 1884, per le sue capacità nel comporre la scena lirica, intitolata L’enfant prodige, vinse l’importantissimo Prix de Rome. Il viaggio in Italia, specificatamente a Roma (premio del concorso), si svolse tra il 1885 ed il 1887. Soggiornò a Villa Medici. Un buon inizio, auspicio di “buona fortuna”.
In effetti, quasi da subito, riscosse un grandissimo successo ed approvazione in Francia. La sua vita privata fu molto movimentata, in particolare sentimentalmente. Mai stanco di nuove avventure, ebbe relazioni con diverse donne, anche se sposate. Lui si sposò una prima volta, ma, nonostante il legame, seppe passare da una relazione ad un’altra, fino a che non causò uno scandalo a Parigi. L’amata, puntualmente abbandonata, tentò il suicidio, sparandosi al petto. Debussy, insieme alla donna con cui stava in quel momento (che era incinta), fuggì in Inghilterra. Tornato a Parigi, divenne papà per la prima volta, e si sposò per la seconda, mettendo successivamente, come si dice, la testa a posto.

Ebbe funerali di Stato, ma solo dopo la fine della prima guerra mondiale (Debussy era morto a marzo del 1918). Le sue spoglie sono ora contenute nel cimitero di Passy, dietro il Trocadéro, a Parigi. La sua effige, a testimonianza della considerazione in Francia, nei suoi confronti, era sul biglietto della banconota da 20 franchi, fino all’introduzione dell’euro, avvenuta nel 2002.

La tecnica e lo stile 
I francesi, come Debussy, erano antiwagneriani, per partito preso. Debussy e Wagner erano contemporanei, ma si differenziavano a livello compositivo. Mentre, infatti, in Wagner il discorso musicale era aperto e fluente, in una armonia tonale (definita “melodia infinita”, Debussy preferiva un discorso più libero, con il susseguirsi di piccole immagini ricorrenti, anche se ad intervalli identici.
Il francese nella composizione passava dal neoclassicismo al romanticismo, in una astrazione eclettica, propria del suo periodo storico. Gli spartiti erano brevi, ma molto intensi, mai pomposi ed imperiali. Pur essendo simbolista, alcuni critici hanno paragonato il suo stile a quello degli impressionisti: veloce, vario nella sua ricchezza ed esotico.
La sua scrittura ritmica è assai complessa, ma dall’andamento morbido e sospeso, che reinterpreta l’uso, soprattutto, del pianoforte.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  CLAUDE DEBUSSY

VIDEO SU CLAUDE DEBUSSY:
CLAUDE DEBUSSY: CLAIR DE LUNE
The Best of Debussy
Claude Debussy – Rêverie
Claude Debussy – Músico del sueño

Immagine di copertina: Foto del musicista

 

Il Palazzo reale di Madrid 1/2

 

A Madrid, sede della corte spagnola, il re risiedeva nel Palazzo reale. Oggi il re spagnolo qui svolge le cerimonie ufficiali e le incombenze di Stato; ma la sua residenza privata è ubicata nel Palazzo della Zarzuela. La Reggia sorgeva nello stesso luogo dove prima vi era la cosiddetta Alcázar, andata distrutta da un incendio, nel secolo XVIII. In conseguenza di ciò, nel 1735, il re Filippo V commissionò all’architetto siciliano Filippo Juvara la costruzione del nuovo palazzo. L’architetto morì l’anno seguente ed il compito passò al suo assistente Giovanni Battista Sacchetti. La costruzione si protrasse per 26 anni.

L’edificio spagnolo possiede ben 3418 stanze, per un’area di 135.000 metri quadrati. È la terza reggia più grande d’Europa. È successiva solo al Palazzo del Quirinale di Roma e all’Ak Saray di Ankara. Il prospetto della Reggia spagnola è stato composto in stile tardo barocco italiano, ma con un chiaro riferimento anche al Palazzo del Louvre. Le colonne presenti si differenziano in due fasce stilistiche: in quella bassa sono secondo l’ordine tuscanico (più possenti) e in ordine ionico nella fascia superiore (più aggraziate). Non poteva mancare una vasta zona a verde. Qui sono posizionati i cosiddetti Giardini di Sabatini, di ispirazione francese, realizzati negli anni ’30, dove erano allocate le scuderie reali.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: SPAGNA

VIDEO SULLA REGGIA DI MADRID:
Palazzo Reale di Madrid
Palacio Real de Madrid
MADRID (Spagna). Cambio della Guardia al Palazzo Reale. “di Claudio La Valle”
Palacio Real de Madrid – Historia – visita

 

Il Simbolismo: Wagner ed il mito germanico

 

La carriera di Wagner viene suddivisa in tre periodi: il primo, di opere giovanili, in cui si rifaceva a Bach, Mozart e Bellini. Un secondo, di passaggio e transizione (in cui compose il Tannhäuser e il Lohengrin). Ed il terzo della maturità (il periodo della Tetralogia). Wagner, nella sua ricerca personale giunge alla pienezza di sé, ispirandosi alle mitologie nordiche e teutoniche, ad un periodo arcano, nascosto nella memoria, in cui tornare, nostalgicamente, alla felicità persa ed alla ricerca di una redenzione del mondo.
A questi tre periodi biografici, potremmo, purtroppo, aggiungerne un quarto, del tutto “involontario”. È uno spazio temporale successivo alla sua morte: quello delle interpretazioni del suo lavoro e della sua arte. I giudizi post-mortem sono liberi, quanto indipendenti, ma se a giudicare c’è Adolf Hitler, allora possono esserci problemi, per molti, per tutti.

Wagner ed il nazismo
I significati delle opere di Wagner, a volte sono contraddittori, si colorano di simboli e riferimenti complessi. Il suo obiettivo era la vittoria della fratellanza universale o il richiamo dello spirito germanico? Dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale dalla Germania, i miti wagneriani tornarono utili alla riaffermazione dell’identità tedesca, contro tutto e contro tutti. Stop al giudaismo, al comunismo e contro le imposizioni del capitalismo. Insomma: il mito artistico di Wagner tornò utile all’affermazione del nazismo. Effettivamente, Wagner, in vita, fu amico del filosofo francese Joseph Arthur de Gobineau, che sosteneva l’anti semitismo, e che egli stesso condivideva. Certo non poteva sospettare l’uso distorto dei suoi ideali compositivi, in funzione dell’arianesimo, della seconda guerra mondiale e del conseguente Olocausto degli ebrei nei lager di sterminio. Lo spirito teutonico wagneriano era, comunque, un ideale astratto. Così come era teorico il suo antigiudaismo. Se scrisse il libro Il giudaismo nella musica, con posizioni razzistiche, anni dopo ebbe a commentare: “Se dovessi scrivere di nuovo sui giudei, direi che non ho nulla contro di loro. È solo che ci sono piombati addosso, tra noi tedeschi, troppo in fretta, e non eravamo ancora pronti ad assorbirli”.

Furono le interpretazioni schizofreniche di Adolf Hitler, grande appassionato di Wagner, a dare alle sue opere il taglio nazista vero e proprio, mentre ideale ed artistico era quello di Wagner. Così troviamo la nascita di una razza superiore (ne L’anello del Nibelungo) ed il supremo sacrificio teutonico (nello stesso), la nuova arte e la nuova Germania (ne I maestri cantori di Norimberga), poi il gusto delle parate (dalla parata popolare, che si svolge nella medesima opera), la purezza dell’amore che si fa purezza dello spirito tedesco contro lo spirito impuro degli stranieri (dal Tristano e Isotta) a cui si oppongono gli ariani, sommi custodi del Santo Graal (dal Parsifal).

È come se noi moderni dessimo un senso reale ad un film fantasy per bambini, con regine mitiche, streghe, incantesimi o anelli magici. E poi ci scatenassimo una guerra mondiale. Naturalmente, come supposizioni astratte, dai miti nordici di Wagner, si possono estrarre anche significati opposti, per niente guerrafondai, ma, anzi, al contrario, ideali condivisibili e universali. Da un’opera d’arte, come tale, ognuno ne può trarre un proprio significato.
Thomas Mann nel testo Dolore e grandezza di Richard Wagner (del 1937), scrive; “Questo rivolgersi al passato significa il distacco dal mondo borghese di una corrotta cultura, dominata dal capitalismo, per far ritorno al popolo come forza etnica, elemento redentore e purificatore”. Aggiungendo poi (essendo antinazista) che l’uso di Wagner nell’esperimento totalitario del tempo era pura menzogna.
Il primo concerto di Wagner eseguito in Israele è avvenuto nel 2001, ad opera di un direttore d’orchestra argentino, Daniel Barenboim, ebreo e appassionato wagneriano.

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  SECONDA GUERRA MONDIALE

VIDEO SUI MITI DI WAGNER:
Sceneggiato “Wagner” con Richard Burton. ENG. WITH ITALIAN SUBTITLES P.1
Hitler e il Clan Wagner
Richard Wagner – “Symphony in C Major”
13 febbraio 1883 Richard Wagner
Armonia e Fratellanza – Richard Wagner

Fonte immagine: L’anello del Nibelungo

 

Il Simbolismo: le innovazioni musicali di Wagner

 

Detto grossolanamente, Richard Wagner fu una specie di cantautore della musica classica di fine Ottocento. Egli, infatti, introdusse nell‘opera lirica la possibilità di comporre sia la musica che la sceneggiatura (il libretto) dell’opera stessa. Il tutto da “autodidatta”. Fu una vera rivoluzione. Ne ottenne: tessitura contrappuntistica, colore e armonia, l’orchestrazione, e l’introduzione del Leitmotiv. Questo poteva essere legato a sentimenti, personaggi o luoghi specifici. Il mix fu tale che Wagner può essere considerato un precursore della musica moderna. Un vero “visionario”. Il suo approccio globale alla composizione (che egli chiamava “opera totale”), gli permise un ampio orizzonte, riassumendo in sé l’insieme delle arti poetiche, visuali, musicali e drammaturgiche (vedi nel Tristano).
A livello delle tematiche librettistiche, egli prese ispirazione dalla tradizione della mitologia norrena, germanica e dei poemi cavallereschi. Wagner fu anche così moderno e precursore da crearsi un proprio teatro, dove rappresentare le sue composizioni, il Festspielhaus di Bayreuth, in cui si svolge, tuttora, ogni anno, un festival a lui dedicato.

Al di là, comunque, delle prospettive, Wagner diede un forte impulso allo sviluppo della musica classica, alla fine del XIX secolo, anche se molti lo ritengono legato al romanticismo. Il suo approccio alla composizione musicale fu così rivoluzionario e così avanzato, che gli costò polemiche e contestazioni, ma anche critiche positive. Il pubblico, infatti, si divise in due: “wagneriani” e “antiwagneriani”. C’è chi fece di più. Il filosofo Nietzsche in un primo tempo sostenne l’opera wagneriana (Wagner come drammaturgo principale del secolo), per poi divenire critico, poi del tutto antiwagneriano. I suoi scritti sono quindi a cavallo delle polemiche sul musicista. È citato liberamente, oggi, in un verso o nell’altro dai commentatori moderni di Wagner.
Il musicista, alla fine della carriera, comunque, ottenne quel successo che il suo genio meritava (1813-1883).

Tra le innovazioni avanguardistiche del tedesco vi è l’uso delle ouverture delle opere liriche, come opere musicali a sé stanti. Le composizioni così, grazie alla creazione di finali da parte dello stesso Wagner divennero vere e proprie sinfonie autonome, e possono essere suonate, indipendentemente dall’opera stessa, da un’orchestra moderna in una versione concertistica. Tra gli esempi, possiamo citare: il preludio del Parsifal e la marcia funebre del Sigfrido. L’innovazione, però, ottenne anche degli insuccessi, come nel preludio del Tristano, a cui viene preferita la versione originale del dramma lirico.

Le composizioni di Wagner non sono semplici opere liriche. Egli cercava l’opera d’arte totale, dove si fondessero più generi: musica, canto, poesia, recitazione e psicologia dei personaggi. Il tutto, per coinvolgere l’immaginazione dello spettatore, in un’esperienza totale, quasi senza soluzione di continuità, atto dopo atto. L’uso nei drammi, di numerosi e continui leitmotiv, che si susseguono, mantengono l’attenzione dello spettatore, viva e personale, in un tentativo di coinvolgimento, quasi freudiano.
Ciononostante, la densità dei componimenti, gli valse l’accusa di essere pesante ed oppressivo. In realtà, i drammi wagneriani non possono essere paragonati alle opere liriche tradizionali. Sono un’esperienza totalmente diversa.

I riferimenti culturali e politici ci fanno riflettere su quanto lui sia un “eroe del suo tempo”. Infatti, nel lavoro di Richard Wagner troviamo collegamenti alla società a lui contemporanea. Sono molteplici e svelano quanto noi dipendiamo dal nostro presente. Nei drammi e nei testi wagneriani ritroviamo spunti filosofici di Feuerbach e Schopenhauer, con atteggiamenti positivistici dal primo, e pessimistici, dal secondo. Vi sono altri riferimenti politici in rapporto alle teorie di Marx, con interventi di Wagner a sostegno di Bakunin, e, viceversa, i suoi miti germanici che ispireranno nella psicanalisi il lavoro di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung (tratti dal Parsifal e dal Sigfrido).

ENCICLOPEDIA TRECCANI:  RICHARD WAGNER

VIDEO SU RICHARD WAGNER:
Richard Wagner – Cavalcata delle Valchirie
Richard Wagner – “Tristan und Isolde”, Prelude
The Best of Wagner

 

L’organizzazione della reggia di Varsavia 2/2

 

L’edificio ruota intorno ad un grande cortile pentagonale. Due delle cinque stecche di questo si affacciano sulla piazza del castello. Sopra la porta d’ingresso ecco la “Torre di Sigismondo”, una torre con orologio, postovi nel 1622. La seconda di queste stecche si collega all’Ala orientale, in direzione della Vistola. Un’altra torre (detta Grodzka) segna la parte più antica del palazzo, risalente al periodo dei duchi di Masovia, nel XIV secolo. Infatti, la facciata sul cortile di questa ala mostra lasciti architettonici del periodo gotico.
La parte più antica è separata dall'”Ala sassone”, la parte più recente, dalla torre di Ladislao, eretta nel 1571 e ristrutturata parzialmente nel periodo che va dal 1637 al 1643. Essa presenta una bellissima terrazza panoramica, la galleria Kubicki, che dà direttamente sul fiume prospicente di Varsavia. L’Ala sassone, a sua volta, continua con l’ala Bacciarelli, costruita nel XVIII secolo. Questa prende il nome dall’antica scuola d’arte, diretta da Maurizio Bacciarelli. Attualmente accoglie gli uffici della reggia.

Nel Palazzo reale sono ospitati gli edifici del Parlamento polacco. Proprio in esso, nel 1573, furono, infatti, redatte le modifiche per la costituzione della Confederazione polacco-lituanae, nel 1791, la Costituzione Polacca, detta di Maggio, che rappresenta in Europa, la prima costituzione nazionale del continente. La decorazione delle sale del Parlamento fu di Giovanni Battista di Quadro, di cui però esiste solo una copia. Gli stessi arredamenti del Palazzo Reale sono per la gran parte delle riproduzioni da originale, andati perduti durante l’ultima guerra.
I cosiddetti “appartamento del Re” e il “grande appartamento” sono posizionati al primo piano dell’edificio. Nell’appartamento reale è compresa la stanza Canaletto con diverse vedute di Varsavia. Tuttavia, non sono state dipinte propriamente dal pittore veneziano, ma dal nipote Bernardo Bellotto. La cappella reale, creata nel 1776, e la stanza delle udienze, si devono a Domenico Merlini. Nella sala sono conservati quattro quadri di Marcello Bacciarelli. L’appartamento venne utilizzato dal re Stanislao II.

ENCICLOPEDIA TRECCANI: VARSAVIA

VIDEO SU VARSAVIA:
Video guida Varsavia (Gazzetta Italia)
VARSAVIA: BELLA, MODERNA, VIVIBILE – [Living in Poland 47]
Le Guide di PaesiOnLine – Varsavia
Varsavia s’illumina per il Natale 2013

 

Il Simbolismo: la musica dell’Ottocento

 

Il secolo d’oro della musica classica fu senz’altro l’Ottocento. Le ricerche dei secoli antecedenti si completano in questo breve spazio di tempo. Lo sviluppo va dal campo strumentale a quello operistico. Matura, infatti, la forma sinfonica, basata sui concerti. Viene completata la strumentazione dell’orchestra musicale, con la realizzazione di sinfonie classiche di indimenticabili autori e grazie ad altri grandi maestri che danno vita ad opere liriche ed operette allegre.

Con Ludwig van Beethoven (che nasce nel 1770 e muore nel 1827), erede delle composizioni di Mozart, all’inizio del secolo, nasce il concetto di musica assoluta, nel senso di una musica libera dalle funzioni sociali, che possedeva in origine, per approdare a sinfonie e sonate, puramente musicali. Con Beethoven si manifesta la figura del “compositore” che crea arte. Le sue nove sinfonie sono la pietra miliare della musica sinfonica pura, ma, soprattutto, produce la prima manifestazione del romanticismo musicale. A lui seguono in Germania ed in Francia grandi nomi, famosissimi ancora oggi. Appaiono Schubert, Mendelssohn e soprattutto Robert Schumann (in Germania) e Berlioz, Alkan ed il polacco Chopin (in Francia). Questo nel settore sinfonico, mentre tra i virtuosisti di strumenti musicali specifici si trovano nomi del calibro di Franz Liszt e Niccolò Paganini.
Successivamente, a Beethoven, in Germania nella seconda parte del secolo, si dà vita ad una grande stagione sinfonica. Questo si deve a Johannes Brahms (che nasce nel 1833 e muore nel 1897), Anton Bruckner e Gustav Mahler, che umilmente si misurarono con l’eredità del grande maestro. E vinsero la partita realizzando la “Stagione del grande sinfonismo tedesco”.

L’opera lirica
L’Ottocento fu anche il secolo della grande opera lirica italiana. In successione temporale abbiamo Gioachino Rossini (1792-1868), Vincenzo Bellini (1801-1835), Gaetano Donizetti (1797-1848), Giuseppe Verdi (1813-1901) e a cavallo tra Otto e Novecento, dà segno della sua arte Giacomo Puccini (1858-1924). L’opera lirica ottocentesca prende origine dal virtuosismo dell’opera settecentesca e si sviluppa direttamente dall’opera francese, dando vita al canto lirico puro, che la caratterizza. Essa si concretizzò nella seconda metà del secolo. Da rilevare la trasformazione del ruolo dell’orchestra, da semplice accompagnamento del canto, a orchestra sinfonica vera e propria, che fa da sfondo a tutta la composizione canora e scenica.

Tuttavia, in questo stesso periodo l’opera entra in crisi. Con il Tristano e Isotta, di Richard Wagner (del 1865), il sistema tonale, che dà corpo all’opera, inizia la sua lenta crisi espressiva, che porterà, con il nuovo secolo, alla fine della grande stagione operistica, ma anche ad un ripensamento generale. Col nuovo secolo, infatti, la musica, ma, se vogliamo, l’arte in generale, affronta un periodo alla ricerca di nuovi codici linguistici. Diverse sono le proposte. Nella musica si chiede il ritorno alla modalità, ma incontriamo, anche Claude Debussy che avanza l’uso di nuove scale, di provenienza non europea. Altri scelgono l’ipotesi del cromatismo atonale o dodecafonico.

Nel nuovo secolo, il Novecento, si rimette tutto in discussione. Nasce il concetto di musica colta a differenza della musica “popolare”. Quest’ultima finirà per prevalere, veicolata da nuove tecnologie come, inizialmente, la radio.

 

ENCICLOPEDIA TRECCANI: MUSICA

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Immagine di copertina
Raffigurazione di Ludwig van Beethoven, ritratto di Willibrord Joseph Maehler (1804)