9- Edmondo De Amicis, Costantinopoli: La vita a Costantinopoli – Il vestire

9- La vita a CostantinopoliIl vestire

INDICE

L ’arrivo
Cinque ore dopo
Il ponte
Stambul
All’albergo
Costantinopoli
Galata
Il Gran Bazar
La vita a Costantinopoli
Santa Sofia
Dolma Bagcè
Le Turche
Ianghen Var
Le mura
L’antico Serraglio
Gli ultimi giorni
I Turchi
Il Bosforo

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Questo è veramente il periodo di tempo migliore per veder la popolazione musulmana di Costantinopoli, perché nel secolo scorso era troppo uniforme e sarà probabilmente troppo uniforme nel secolo venturo. Ora si coglie quel popolo nell’atto della sua trasformazione, e perciò presenta una varietà meravigliosa. Il progresso dei riformatori, la resistenza dei vecchi turchi, e le incertezze e le transazioni della grande massa che ondeggia fra quei due estremi, tutte le fasi, insomma, della lotta fra la nuova e la vecchia Turchia, sono fedelmente rappresentate dalla varietà dei vestimenti. Il vecchio turco inflessibile porta ancora il turbante, il caffettano e le scarpe tradizionali di marocchino giallo; e i più ostinati fra i vecchi un turbante più voluminoso. Il turco riformato porta un lungo soprabito nero abbottonato fin sotto il mento e i calzoni scuri colle staffe, non conservando altro di turco che il fez. Fra questi, però, i giovani più arditi hanno già buttato via il lungo soprabito nero, portano panciotti aperti, calzoni chiari, cravattine eleganti, gingilli, mazza e fiori all’occhiello. Fra quelli e questi, fra chi porta caffettano e chi porta soprabito, v’è un abisso; non v’è più altro di comune che il nome; sono due popoli affatto diversi. Il turco del turbante crede ancora fermamente al ponte Sirath, che passa sopra all’inferno, più sottile d’un capello e più affilato d’una scimitarra; fa le sue abluzioni alle ore debite, e si rincasa al calar del sole. Il turco del soprabito si ride del Profeta, si fa fotografare, parla francese e passa la sera al teatro. Fra l’uno e l’altro vi son poi i titubanti, dei quali alcuni hanno ancora il turbante, ma piccolissimo, in modo che potranno inaugurare il fez senza scandalo; altri portano ancora il caffettano, ma hanno già inaugurato il fez; altri vestono ancora all’antica, ma non han più né cintura né babbucce, né colori vistosi; e a poco a poco butteranno via tutto il resto. Le donne soltanto conservano tutte l’antico velo e il mantello che nasconde le forme; ma il velo è diventato trasparente e lascia intravvedere un cappelletto piumato, e il mantello copre spesso una veste tagliata sul figurino di Parigi. Ogni anno cadono migliaia di caffettani e sorgono migliaia di soprabiti; ogni giorno muore un vecchio turco e nasce un turco riformato. Il giornale succede al tespì, il sigaro al cibuk, il vino all’acqua concia, la carrozza all’arabà, la grammatica francese alla grammatica araba, il pianoforte al timbur, la casa di pietra alla casa di legno. Tutto si altera, tutto si trasforma. Forse tra meno d’un secolo bisognerà andar a cercare i resti della vecchia Turchia in fondo alle più lontane provincie dell’Asia Minore, come si va a cercare quelli della vecchia Spagna nei villaggi più remoti dell’Andalusia.

Il capitolo è composto da 24 ritratti della città


Edmondo De Amicis
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Edizione elettronica tratta da Liber Liber

Opera di riferimento: “Costantinopoli” di Edmondo De Amicis, Fratelli Treves editori, Milano 1877

Alla edizione elettronica ha contribuito Vittorio Volpi, volpi@galactica.it

Revisione: Catia Righi, catia_righi@tin.it

Pubblicato su Liber Liber da Marco Calvo, al quale vanno i nostri ringraziamenti.

Costantinopoli è un libro di ricordi scritto da Edmondo De Amicis e pubblicato nel 1877. Il soggetto dell’opera è il viaggio di più giorni fatto nel 1874, in compagnia dell’amico pittore Enrico Junck, a Istanbul, capitale dell’Impero Ottomano, quale corrispondente per conto della rivista Illustrazione Italiana.

De Amicis ha elaborato l’opera raccogliendo tre anni dopo la visita le impressioni in un libro, parte dagli appunti presi durante il viaggio e parte da memorie personali.  Ne emergono molte informazioni sulla Istanbul del secolo XIX e sulla storia ottomana. L’opera originale comprendeva anche 45 incisioni di Enrico Junck. La prima edizione fu pubblicata nel 1877 in due volumi. Cesare Biseo ne illustrò un’edizione del 1882, a causa della prematura scomparsa di Junck.

Il Grande Bazar d’Istanbul in un disegno di Cesare Biseo tratto dall’edizione del 1882

L’opera riscosse un successo immediato e fu tradotta in molte lingue, oltre naturalmente al turco, ma ricevette anche critiche severe, come quella di Remigio Zena nel suo diario di bordo In Yacht da Genova a Costantinopoli (1887). Nel suo libro Istanbul – Memory of a City, lo scrittore turco Orhan Pamuk (premio Nobel per la letteratura 2006) ha definito Costantinopoli di Edmondo de Amicis il miglior libro scritto su Istanbul nell’Ottocento, seguito da Costantinopoli di Théophile Gautier (1852). Umberto Eco, nell’introduzione ad una nuova ristampa del 2005, ha affermato che la descrizione della città fatta da De Amicis appare come la più cinematografica.

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