Oskar Kokoschka: “Non esiste un Espressionismo ma solo giovani che cercano di orientarsi nel mondo”

di Sergio Bertolami

36/3 – I protagonisti

Oskar Kokoschka (Pöchlarn 1886 – Montreux 1980). Nasce, nella periferia di una cittadina austriaca del sud, dalla modesta famiglia di un commesso viaggiatore e gli inizi sono abbastanza difficili. Le biografie, invece, tendono sempre all’esaltazione e fanno di suo padre un orafo cecoslovacco, mestiere praticato in realtà dai suoi antenati. La famiglia nel 1887 si trasferisce a Vienna e qui comincia la storia di un ragazzino capace di attirare l’attenzione come uno studente straordinariamente ricco di talento, ma poco incline alle regole ferree. Frequenta la KK Staatsrealschule Währing ed è accettato nella classe di Carl Otto Czeschka, designer di spicco della Wiener Werkstätte, che individua subito le qualità pittoriche del suo allievo. Così, dal 1905 al 1909, eccolo alla Kunstgewerbeschule di Vienna, la Scuola di arti decorative, architettura e arti applicate. Pittore preferito? Immancabilmente Vincent van Gogh. Nel prestigioso istituto, al quale ha potuto iscriversi usufruendo di una borsa di studio, insegnano anche i professori Josef Hoffmann e Koloman Moser. Non può meravigliare, dunque, se le sue prime commesse come artista free-lance gli vengono proprio dalla Wiener Werkstätte. Disegna manifesti, cartoline, dipinge ventagli per signora, e collabora all’allestimento del Cabaret Fledermaus, il locale alla moda che mette in scena vizi e virtù della società viennese. Nei primi anni, Oskar Kokoschka è ben accolto da chi circonda Gustav Klimt e Carl Moll e, grazie a questi, espone con il Gruppo Klimt alle due mostre d’arte del 1908 e 1909. Il plauso, gli viene anche da un intellettuale come l’architetto Adolf Loos, talmente lontano dallo stile Art Nouveau, prevalente all’epoca, che Kokoschka ne rimarrà sempre più influenzato. Loos lo introduce nei circoli dell’avanguardia che fanno riferimento a Karl Kraus, Peter Altenberg e Arnold Schönberg.

Vista aerea di onde che si infrangono sulla spiaggia.
Vista aerea di onde che si infrangono sulla spiaggia.
Oskar Kokoschka, I ragazzi che sognano, ristampa del 1917

Da subito, il giovane gode del successo ottenuto con il suo libro di fiabe. Nel 1907 Fritz Waerndofer, finanziatore della Wiener Werkstätte, aveva infatti commissionato a Kokoschka, ancora studente alla Kunstgewerbeschule, un racconto illustrato per i suoi figli. Gli promette che le tavole originali a colori del libro per bambini sarebbero state esposte alla mostra Kunstschau del 1908. Il giovane, perspicace, coglie l’occasione per elaborare delle immagini che interpretano una sua poesia scritta un anno prima, Die träumenden Knaben (I ragazzi che sognano). Kokoschka confeziona un libro d’artista composto da alcune pagine introduttive con due litografie in bianco e nero e da otto pagine di immagini e testo nelle quali descrive il risveglio della sessualità adolescenziale connesso con la paura di dover lasciare il paradiso dell’infanzia. Le immagini ambientate in isole esotiche richiamano alla memoria Gauguin, mentre il testo allude sia alla letteratura classica di Goethe, sia a quella contemporanea del viennese Altenberg. Nell’autobiografia, apparsa nel 1971, Kokoschka ha spiegato le origini della poesia, nata dalla sua esperienza personale di studente, innamorato della sua compagna di classe svedese Lilith. Quando propone questa sua fantasia adolescenziale autobiografica, l’opera naturalmente appare inappropriata per un pubblico infantile. L’editore, che avrebbe dovuto dare alle stampe il libro, da includere in una serie per bambini, dopo aver visto le bozze di Kokoschka, decide di ritirare la propria offerta. Il libro viene ugualmente pubblicato, ma direttamente dalla Wiener Werkstätte ed è tirato in 500 copie, che saranno vendute con non poche difficoltà. Tuttavia, nel 1917, il volume sarà ristampato, in altri 275 esemplari numerati, dall’editore Kurt Wolff amico dell’artista. L’opera dedicata dall’autore a Klimt, dal quale ha ripreso il formato quadrato, è oggi celebrata dalla critica come il passaggio di Kokoschka dallo Jugendstil all’Espressionismo.

Oskar Kokoschka,
Assassino, speranza delle donne, 1909

Tra il 1908 e il 1909 Kokoschka compone due opere teatrali – Uomo di paglia e sfinge, nonché Assassino, speranza delle donne – ritenute tra le prime sperimentazioni dell’Espressionismo letterario austriaco. L’epiteto di Oberwildling (Super selvaggio), come viene presto soprannominato dalla stampa, Kokoschka se lo guadagna allorché inscena all’Internationale Kunstschau proprio il dramma Assassino, speranza delle donne (Mörder, Hoffnung der Frauen). Ha solo ventidue anni, ma lo scossone che provoca rappresenta l’inizio promettente di una carriera artistica sfolgorante. Un anno dopo pubblica il copione sulla Rivista berlinese Der Sturm di Herwarth Walden, che non riproduce l’autentico testo recitato a Vienna, visto che l’autore ha distribuito agli attori soltanto fogli volanti di appunti. È, insomma, un rifacimento in progress che riunisce ben quattro redazioni diverse dell’opera, scritta fra il 1907 e il 1910. La rappresentazione teatrale, nondimeno, scatena a Vienna un vero scandalo, tanto da creare a Kokoschka problemi anche all’interno della stessa Scuola di Arti Applicate, dove prenderà presto a lavorare come assistente. Persino l’arciduca erede al trono, raccapricciato, inveisce che dovrebbero «rompere tutte le ossa» che ha in corpo all’autore che ha composto quel repellente dramma e uno dei critici più in vista dell’epoca, Ludwig Hevesi, non manca di chiosare: «Il nome dell’Oberwildling è Kokoschka», ma in questo caso quello di Hevesi va colto come un complimento. L’agitazione del pubblico nasce perché alla rappresentazione scenica si assomma anche il tema orrido del manifesto che lo pubblicizza. Una donna pallida tiene fra le braccia il suo uomo grondante di sangue, apparentemente morto. Sullo sfondo compaiono Sole e Luna simboli della battaglia fra sesso maschile e sesso femminile. In breve, alla prima del 4 luglio 1909, l’opera espressionistica suscita l’ira tra gli spettatori.

Oskar Kokoschka con la testa rasata, 1909

Per sottolineare come l’ostracismo del pubblico lo avesse colpito, Kokoschka si fa ritrarre in una foto per Der Sturm con la testa rasata. Non ha tutti i torti, dal momento che i viennesi per molto tempo non lo capiranno affatto, pur precipitandosi alle sue esposizioni, così «da ridere a crepapelle», come ricorderà Loos. I due anni della mostra Kunstschau, contribuiscono tuttavia a far conoscere il nome di Kokoschka, il quale sdegnato volge le spalle alla metropoli del Danubio e si orienta verso la Germania della rivista di Walden o della Brücke e del Blaue Reiter. Espone con Wassily Kandinsky e Franz Marc. Nel 1910, lo stesso anno in cui è fondata la Neue Secession, Kokoschka si trasferisce a Berlino. Il mercante d’arte Paul Cassirer lancia l’artista nell’ambiente internazionale e, solo nel primo anno di attività, Herwarth Walden, editore e critico d’ arte al quale Kokoschka è presentato da Loos, lo incarica di realizzare ben ventotto disegni per la rivista Der Sturm.

Oskar Kokoschka, La bella pattinatrice a rotelle,
frontespizio del periodico Der Sturm Settimanale della cultura e dell’arte, vol. 1, n° 37 (10 novembre 1910)

L’incomprensione da parte del pubblico, in effetti, intacca lo stato d’animo del giovane e gli crea problemi esistenziali. Ricorda Kokoschka nella sua biografia che, quantomeno, per tutto il 1910 quasi morì di fame, e la situazione si protrasse inizialmente anche a Berlino. Qui, però, incontra diversi scrittori e artisti dell’entourage della rivista e della galleria Der Sturm. Così commenta: «Conoscevo personalmente pochi membri del circolo Sturm e mi interessavo molto poco dei loro problemi formali o delle loro idee morali. Non ho contribuito a manifesti programmatici, nemmeno con una firma. Non avevo intenzione di sottomettere la mia indipendenza conquistata a fatica al controllo di qualcun altro. Questa è la libertà per come la intendo io». Naturalmente, i programmi d’azione di quei movimenti artistici tedeschi sono anche per lui, austriaco, di stimolo e di sostegno. Lo coinvolgono emotivamente e concretamente, sia chiamandolo a partecipare agli eventi, sia nel personale processo creativo. Anche se, in età matura, l’Espressionismo di quegli anni, in quanto a concezione del mondo (Weltanschauung), non sembrerà più appartenergli. «Non esiste – asserisce – un Espressionismo tedesco, francese o angloamericano! Ci sono solo giovani che cercano di orientarsi nel mondo».

Oskar Kokoschka, Ritratto di Hans Tietze e Erica Tietze-Conrat, 1909

Adolf Loos gli fa da mecenate: presenta il giovane pittore ai collezionisti della ricca società viennese e a metà ottobre 1909 si fa accompagnare da lui in un viaggio in Svizzera, a Leysin, vicino al lago di Ginevra. È qui che Kokoschka per la prima volta s’impegna sulla pittura di paesaggio. Ed è sempre qui, che dipinge il ritratto di Adolf Loos e di sua moglie Bessie Bruce. Con l’appoggio del suo amico architetto, da questo momento, Kokoschka si dedicherà ai ritratti e lo farà solo in questi anni. Ottiene, infatti, un inaspettato successo, tanto da farlo considerare in tale genere di pittura la punta di diamante delle avanguardie. In realtà, la maggior parte delle commissioni di Kokoschka viene da clienti di Loos, che, in un certo senso, gli ordina i ritratti ogni volta che stringe una sorta di patto con i suoi amici, dichiarandosi disponibile ad acquistarli lui stesso se avessero preferito non farlo a lavoro concluso. In pratica, a partire dal 1909, Kokoschka rompe con l’idea, comunemente diffusa, dei ritratti rappresentativi. Ciò che l’artista pone sulla tela è il proprio mondo emotivo, nell’intento di afferrare nei suoi modelli un qualche aspetto visionario, anche allontanandosi dal reale e mettendo in mostra persino la bruttezza, al punto di deformarne il corpo. Dipinge ad esempio con pennello, mani e unghie, il ritratto di Hans Tietze e Erica Tietze-Conrat nella loro biblioteca, lasciandoli liberi di continuare a lavorare alla scrivania o muoversi nell’ambiente, mentre lui li osserva. L’anno dopo altri due ritratti: il primo dedicato alla duchessa Victoire de Montesquiou-Fezensac, il secondo al marito. Dopo altri ritratti degli amici viennesi, come quello di Felix Albrecht Harta, cofondatore della Secessione viennese, il ritratto del professore Auguste Forel, famoso biologo, dell’amico Karl Kraus e dello scrittore Ludwig Ritter von Janikowsky, Kokoschka ritrae Herwarth Walden (1910), l’attore Karl Etlinger (1911), Frau Karpeles (1911) ed Emil Löwenbach (1914) e continuerà anche durante la guerra col ritratto di Hermann Schwarzwald (1916).

Oscar Kokoshka, Doppio ritratto con Alma Mahler, 1913

Il ritratto che più lo coinvolge, sicuramente, è quello di Alma Schindler, vedova da un anno del compositore Gustav Mahler, figlia del paesaggista Emil Jacob Schindler e (dopo le seconde nozze di sua madre) figliastra del pittore Carl Moll. Una delle più belle ragazze di Vienna, circondata da uno stuolo di ammiratori legati al mondo degli affari, della scienza e dell’arte, che frequentano il suo salotto. Kokoschka s’innamora perdutamente della modella al suo primo ritratto, anche se più che della donna è verosimile che sia conquistato dall’ideale femminile che rappresenta: donna seducente ed emancipata, indipendente finanziariamente, colta, artisticamente talentuosa, aspirante cantante lirica e compositrice di Lieder per voce e pianoforte. Una “leonessa dei salotti viennesi”. Da parte sua, dopo la morte del marito, Alma sta vivendo un periodo di incertezza emotiva e sentimentale. Anche se il pittore appare impacciato, timido, colpito, ne scaturiscono tre anni di passione turbolenta fra due persone che non avrebbero mai potuto vivere insieme. Con Alma, Kokoschka viaggia in Italia, dove rimangono impressionati in particolare da Tintoretto, ma soprattutto dipinge e manifesta il lato peggiore del suo carattere inquieto. Oskar e Alma stringono una relazione tanto segreta quanto segnata da scene esagitate da sospetti e litigi. Una storia che ha interessato da vicino anche un romanziere come Andrea Camilleri (La creatura del desiderio, 2013). Alma rimane incinta e asseconda Oskar a portare avanti la realizzazione di un tetto sotto cui vivere insieme. Il pittore è però folle di gelosia. Non vuole neppure che alcun ricordo appartenuto a Mahler entri nella nuova casa, neppure il busto realizzato da Auguste Rodin. Quando vede recapitare la cassetta che racchiude la maschera mortuaria di Mahler, Kokoschka stravede. La scaglia a terra e offende la giovane vedova e persino il bambino che porta in grembo. In una lettera scrive: «Non posso venire da te in pace finché so che un altro uomo, vivo o morto, ti possiede. Perché mi hai invitato a un ballo di morte e mi costringi a rimanere in silenzio, per ore e ore a guardare la tua schiavitù spirituale, mentre segui il ritmo di un uomo che fu e che deve essere un estraneo per te?». Alma decide di abortire e avviare il rapporto alla sua conclusione. Anche perché non è sola. Torna, infatti, da Walter Gropius – l’architetto che sarà uno dei fondatori del Bauhaus – col quale aveva già intessuto una romantica amicizia, quando Mahler era ancora in vita. Lo raggiunge a Berlino e lo sposa nel 1915.

Oskar Kokoschka, La sposa del vento, 1913

L’appassionato amour fou di Kokoschka si riverbera in numerose opere artistiche e letterarie. Le litografie della Bach-Kantate sono un esempio. Undici illustrazioni della cantata n. 60 di Bach, O Eternità, Tu Parola del Tuono, nelle quali Kokoschka interpreta il ruolo di Hope, mentre Alma Mahler interpreta Fear. Il dialogo tra Paura e Speranza tessuto in musica da Bach serve all’artista ad intrecciare allusioni biografiche sul suo rapporto d’amore con Alma. Lo stesso vale per il lavoro teatrale Orfeo ed Euridice. È però La sposa del vento (2014) la tela più famosa di Kokoschka, che materializza il tormento di quei giorni. I due amanti sono rappresentati sulla fragile imbarcazione della loro esistenza, appena accennata, sommersa dall’andamento ondoso, in un turbinio di pennellate dai colori freddissimi e profondi, in procinto di essere travolti. Da una parte Kokoschka raffigura la tenerezza dell’abbraccio con Alma, mentre la protegge dalle minacce incombenti, dall’altra raffigura la tempesta che a breve sconvolgerà l’Europa con la guerra. Quando l’anno seguente la relazione fra i due avrà irrimediabilmente fine e il conflitto è già in atto, il pittore non saprà darsi pace.

Oskar Kokoschka volontario nel 15° Reggimento Dragoni

All’inizio del 1915, Kokoschka compra un cavallo, che porta con sé quando si offre volontario per il fronte. «Al mio felice ritorno dalla guerra non mi avrebbe aspettato nessuna donna, nessun bambino. Di sicuro, non avevo niente da perdere in guerra né da difendere». Anche per arruolarsi la mediazione dell’amico Adolf Loos è necessaria, affinché Kokoschka possa essere ammesso nel 15° Reggimento Dragoni imperiali “Arciduca Giuseppe”, l’unità di cavalleria più illustre del regno. Le esperienze di guerra di Kokoschka in Galizia e Ucraina, così come sul fronte isontino, le sue due ferite e il suo successivo soggiorno nel sanatorio militare a Dresda – nonché gli intellettuali che incontrerà nel dopoguerra, come il dottore Fritz Neuberger, lo scrittore Walter Hasenclever o l’attrice Käthe Richter – influenzeranno la trasformazione dell’artista in un convinto oppositore della guerra e in un manifesto pacifista ad oltranza.

La creatrice di bambole Hermine Moos con la bambola realizzata per Oskar Kokoschka, 1919

Gli orrori non gli hanno fatto dimenticare, tuttavia, la sua delusione d’amore. Nell’ospedale di Dresda, trova collegamenti artistici con l’accademia locale; ma trova anche un’abile artigiana che, su sua indicazione, può realizzargli una bambola a grandezza naturale con le fattezze di Alma. Non le assomiglia granché, ma cosa importa a chi sta delirando? Fortunatamente Kokoschka rinsavisce, disfacendo la bambola e fugando i demoni che hanno pervaso la sua mente. Seguiranno anni di viaggi e peregrinazioni: in Europa, Oriente, Nord Africa. Farà ancora ritorno a Vienna, mentre la Germania di Hitler bandisce anche lui come rappresentante dell’Arte degenerata, confiscando 417 dipinti dai musei.

Oskar Kokoschka, Autobiografia
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Oskar Kokoschka, Salisburgo 1957

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

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