Bologna, Museo Civico Archeologico: Martedì 21 giugno 2022 presentazione della mostra “I Pittori di Pompei”

I PITTORI DI POMPEI
A cura di Mario Grimaldi

23 settembre 2022 – 19 marzo 2023

Museo Civico Archeologico, Bologna




Attraverso un viaggio nella società del I secolo d.C., il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, gli autori degli straordinari apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per comprenderne il ruolo, il rapporto con la committenza, le tecniche utilizzate, i modelli di riferimento sia greci che locali.
Curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, la mostra è resa possibile da una collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna | Museo Civico Archeologico e Museo Archeologico Nazionale di Napoli che prevede il prestito eccezionale di oltre 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo partenopeo, in cui è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo.


Ufficio stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
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Istituzione Bologna Musei

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Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce: RUOTA A RUOTA. Storie di biciclette, manifesti e campioni

“Ruota a ruota. Storie di biciclette, manifesti e campioni”, dal 26 maggio al 2 ottobre, è in Santa Margherita, nuova sede del Museo Nazionale Collezione Salce. La mostra è a cura di Elisabetta Pasqualin; consulente storica Antonella Stelitano; da un’idea di Chiara Matteazzi.

Fino al 02 Ottobre 2022

Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce (Chiesa di S. Margherita)

RUOTA A RUOTA.
Storie di biciclette, manifesti e campioni

Mostra a cura di Elisabetta Pasqualin. Consulente storica Antonella Stelitano.
Da un’idea di Chiara Matteazzi

Achille Luciano Mauzan per MAGA, Atala, 1919-23

La Direzione Regionale Musei Veneto del Ministero della Cultura propone la grande epopea della bicicletta così come raccontata dai preziosi manifesti patrimonio della Collezione Salce. A firmare le affiches che Elisabetta Pasqualin ha selezionato per questa ricca esposizione, sono artisti come Dudovich, Mazza, Malerba, Ballerio, Villa, Alberto Martini, Codognato, Boccasile. Vale a dire molti tra i maggiori protagonisti della storia dell’illustrazione e dell’arte italiana del secolo passato.

Dalle bici illustrate a quelle che hanno scritto la storia recente del ciclismo. In mostra, infatti, ci saranno anche alcune delle biciclette della collezione Pinarello che hanno portato alla vittoria campioni in tutte le grandi classiche del ciclismo mondiale.

Quando, poco più di due secoli fa, il barone Karl von Drays inventò la bici – all’epoca di legno e senza pedali, dotando di sterzo un primo rudimentale modello del 1791 del conte francese De Sivrac – certo non immaginava che quel suo “attrezzo” sarebbe diventato il più popolare mezzo di trasporto del pianeta. E ancora meno dovette supporlo Leonardo, che nel Codice Atlantico – correva l’anno 1490 – schizzò qualcosa di molto simile alla bicicletta. Di sicuro nessuno dei due poteva supporre che gli eredi di quei loro prototipi avrebbero avuto un peso così importante nella storia sociale del mondo, influendo sul costume, sui viaggi, sul turismo, sul processo di emancipazione della donna, sull’economia. Valga, per fermarci all’ambito trevigiano, il caso della Menon, “Fabbrica di velocipedi in acciaio su commissione” e poi di vetturette, che agli inizi del ‘900 valeva quanto la Fiat, segnando l’inizio di una produzione che, passando poi per la Carnielli e la Bottecchia, porta oggi alla Pinarello, che in questa mostra allinea una illustre serie di sue creazioni.

Ed è proprio dagli albori del Novecento che la mostra prende il via. Antonella Stelitano, che dell’esposizione curata da Elisabetta Pasqualin, è la consulente storica e ha curato una parte dei testi del catalogo, sottolinea che “La bicicletta fa parte del patrimonio culturale del nostro Paese. La storia di questo mezzo è un racconto di eroi che contribuiscono a creare quell’identità nazionale che si esalta nelle imprese di campioni come Girardengo, Coppi e Bartali. Le grandi corse a tappe, prima tra tutte il Giro d’Italia, sono state un collante che ha unito il Paese, mostrandone le bellezze mentre si raccontavano le gesta dei corridori. Gli italiani imparano la geografia leggendo i nomi dei luoghi attraversati dalla corsa, nascono giochi per bambini ispirati al Giro. Nessuno sfugge al fascino di questa manifestazione, nemmeno scrittori importanti come Buzzatti, Gatto, Pratolini, Campanile e Anna Maria Ortese, che al seguito del Giro d’Italia ci regalano un racconto che non è mai solo sportivo. E’ il racconto di un Paese in movimento”.

Due le sezioni principali del percorso espositivo: da una parte lo sport e l’agonismo, con i suoi protagonisti, le produzioni, i marchi e l’esposizione di pezzi storici della collezione Pinarello. Dall’altra gli aspetti sociali: le donne, il costume, i viaggi, il turismo, appunto.

“La “terrazza” – anticipa la curatrice Elisabetta Pasqualin – accoglierà la sezione dedicata allo sport: verranno esposti i manifesti della collezione Salce, che abbracciano un arco temporale che va dai primi del ‘900 al 1955 circa e che illustrano la nascita delle principali industrie: Cicli Maino, con Costante Girardengo, Torpedo con Alfredo Binda e Georges Ronsse, Olympia, Maino, Atala con Ganna, Pavesi e Galletti, poi Piave, Prinetti e Stucchi poi solo Stucchi, Bianchi con Gaetano Belloni, Menon di Roncade, ed altri. Una parte sarà dedicata alle gare ciclistiche locali e nazionali: dal Trofeo Rinascente (1949) ai Campionati del mondo (1939 e 1951), alla cartina del Giro d’Italia (1922) con le immagini dei più grandi ciclisti (e così gli italiani impararono la geografia della propria nazione!)”.

Seguirà una sezione speciale sulla storia dell’industria ciclistica italiana con l’esposizione di biciclette della collezione Pinarello: biciclette che hanno scritto una pagina di storia del ciclismo italiano, accompagnandosi a molti prestigiosissimi successi. Saranno esposte 15 biciclette, con relativi pannelli esplicativi e immagini del campione a esse legato”.

A piano terra troverà spazio una sezione dedicata alla società e alla socialità, che abbraccia un arco temporale che va dalla fine dell’800 agli anni ’40 del Novecento. Sono rappresentate anche le prime industrie straniere, come Townend Cycles (1896), Rambler Bicycles (1900) oltre a quelle italiane, come Maino, Stucchi, Dei, e molte altre.

“Sono manifesti che raccontano la novità e le sfide del futuro: le nuove libertà di muoversi in autonomia, un nuovo tipo di turismo, il divertimento all’aria aperta, una nuova socializzazione, la nuova moda e, per le donne, un nuovo modo di percepire i propri spazi e di emanciparsi”, sottolinea Alberto Fiorin, autore di un saggio su “Bicicletta e turismo” nel catalogo edito da Silvana.
“Con questa nuova proposta, il Museo Salce si conferma una fucina di iniziative in cui l’arte, attraverso la comunicazione pubblicitaria, diventa uno specchio delle trasformazioni culturali e di costume della società”, afferma il Direttore Regionale Musei Veneto, Daniele Ferrara.

In mostra, accanto ai manifesti, anche alcune delle le bici di casa Pinarello che hanno segnato momenti magici della storia del ciclismo degli ultimi decenni. Infatti Il valore aggiunto della mostra è proprio l’unione imprenditoriale e culturale, che fa ben capire il legame profondo che unisce i protagonisti che hanno scritto pagine di storia dello sport su due ruote al ricco patrimonio anche culturale della città.
Nel 1951 Giovanni Pinarello vince la Maglia Nera del 34^ Giro d’Italia. Le 100 mila lire di compenso per quel Giro le investì nella creazione di una azienda che costruisse biciclette. E’ nata così la Pinarello, che già 10 anni dopo ha una sua squadra. C’è in mostra anche la Pinarello con cui Guide de Rosso vinse il Tour de l’Avenir, e ancora la Pinarello di Bertoglio vincitore del tappone dello Stelvio (1975), e quelle di Franco Chioccioli, Miguel Indurain, Andrea Colinelli, Jan Ullrich, Alessandro Petacchi, Sir Bradle Wiggins, Elia Viviani, Chris Froome, Egan Bernal, Richard Carapaz. Una sfilata di campioni che su bici Pinarello hanno marcato momenti unici della storia del ciclismo. Oggi è Filippo Ganna a cavalcare la Bolide, simbolo di aerodinamica, tecnologia, velocità e vittoria. Nella tradizione Pinarello.

“Ruota a ruota. Storie di bici, manifesti e campioni” gode del sostegno di Assindustria Venetocentro, Imprenditori Padova Treviso, del patrocinio di Comune di Treviso e della Provincia di Treviso ed è inserita nel calendario degli eventi del progetto “Capitale della Cultura d’ Impresa 2022”.


Info: www.collezionesalce.beniculturali.it

Ufficio Comunicazione Museo Salce:
Mariachiara Mazzariol mariachiara.mazzariol@beniculturali.it tel 0422 591936
Vincenza Lasala drm-ven.comunicazione@beniculturali.it

Ufficio Stampa della Mostra
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 simone@studioesseci.net rif. Simone Raddi

Roma, Palazzo Bonaparte: PROROGATA la mostra “Jago. The exhibition” fino al 28 agosto

Visto il grande successo e a grande richiesta, proroga fino al 28 agosto la mostra Jago. The exhibition a Palazzo Bonaparte di Roma.
Un’occasione unica per conoscere e poter apprezzare la genialità di JAGO, documentata per la prima volta in una mostra che riunisce una serie di opere realizzate fino ad oggi, dai sassi di fiume scolpiti (da Memoria di Sé a Excalibur), fino alle sculture monumentali di più recente realizzazione (come Figlio Velato e Pietà), passando per creazioni meno recenti ma più direttamente mediatiche quali il ritratto di Papa Benedetto XVI (Habemus Hominem).

Pseudonimo di Jacopo Cardillo, classe 1987, Jago è scultore potente attento agli esempi della nostra tradizione e universalmente noto come “The Social Artist” per le innate capacità comunicative e il grande successo che riscuote sui social.
Sicuro talento nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione, Jago arriva direttamente al cuore del pubblico che lo ama, anzi lo adora. Paragonabile in tal senso a una rockstar, trasmette l’amore per l’arte ai giovani: le dirette streaming e le documentazioni foto e video – attraverso le quali coinvolge il suo pubblico sul web – raccontano il processo inventivo di ogni opera e il percorso condiviso consente una diretta partecipazione dei suoi followers al singolo passaggio esecutivo.
Nelle sue opere, utilizza anche elementi tragici in un costante gioco di rimandi, con una visione sempre tesa alle tematiche del presente, suscitando provocatoriamente negli spettatori riflessioni sullo status dei nostri tempi.

Curata da Maria Teresa Benedetti, l’esposizione JAGO. The Exhibition è prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione di Jago Art Studio.
L’evento è consigliato da Sky Arte.

Dal 4 luglio 2022 la mostra seguirà i seguenti orari:
Tutti i giorni dalle 11.00 alle 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)


Ufficio Stampa Arthemisia
press@artemisia.it | T. +39 06 69380306

Milano, Pinacoteca Ambrosiana: un inedito confronto tra le opere di Carlo Mattioli e “La canestra di frutta” di Caravaggio

Dal 7 maggio al 3 luglio 2022, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospita un inedito confronto tra le opere di Carlo Mattioli (1911-1994), uno dei maestri italiani dell’arte del Novecento e La canestra di frutta di Caravaggio, conservata al museo milanese.

MILANO | PINACOTECA AMBROSIANA
FINO AL 3 LUGLIO 2022

MATTIOLI/CARAVAGGIO.
THE LIGHTFUL FRUIT

Carlo Mattioli, Dal cestino del Caravaggio, 1968, olio su tela, 40×50 cm

Mattioli riduceva gli oggetti, la materia, le luci; si stringeva al suo nucleo, toccava la poesia spoglia delle cose.

Roberto Tassi

La mostra, dal titolo Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit, ideata ed organizzata dalla Fondazione Carlo Mattioli di Parma, col contributo di SCIC Italia, UniCredit Wealth Management, Arti grafiche Castello, presenta venti dipinti a olio che favoriscono la conoscenza dell’opera e del processo creativo del pittore emiliano attraverso il profondo dialogo con il capolavoro caravaggesco e faranno sentire l’eco contemporanea dell’originale, a quattrocento anni dalla sua creazione.

Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit alla Pinacoteca Ambrosiana – afferma Marcella Mattioli, Presidente della Fondazione Carlo Mattioli e figlia dell’artista – è il primo passo del viaggio che la Fondazione ha deciso di intraprendere rileggendo l’opera di Mattioli attraverso nuove forme di comunicazione e una serie di mostre monografiche con dipinti originali e tecnologie multimediali”.

“Questa iniziativa – aggiunge Anna Zaniboni Mattioli, vicepresidente della Fondazione- si confronta con il passato, ma con lo sguardo contraddittorio, lucido e nevrotico dell’uomo di oggi, rendendo più scoperta la volontà di “mostrare” le istanze contemporanee di Carlo Mattioli”.

“La Veneranda Biblioteca Ambrosiana – dichiara Mons. Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, ha accolto questo progetto con grande favore, nella certezza che l’arte sa instaurare un dialogo che non conosce confini di tempo, anche parlando linguaggi diversi come diverse, ma di pari grandezza, possono essere le opere di Caravaggio e Mattioli”.

“Siamo onorati di far parte di questo progetto – sostiene Maria Costanza Marconi Fornari, responsabile Marketing e Comunicazione di SCIC Italia – e di poter omaggiare l’opera di Mattioli a cui siamo accomunati dalle medesime radici territoriali e culturali. Sarà interessante poter assistere al confronto tra la pittura materica e astratta di Mattioli e uno dei quadri più rappresentativi dell’opera di Caravaggio”.

Il coraggio di confrontarsi con un maestro assoluto come Caravaggio e con una delle sue opere più iconiche, sta all’origine di un ciclo di dipinti e disegni che Mattioli volle presentare alla Biennale di Venezia del 1968, ma che rimase visibile solo il giorno dell’inaugurazione, a causa della contestazione sociale e politica che si sviluppò in quell’anno e che coinvolse anche settori come la cultura e l’arte. I Cestini del Caravaggio di Carlo Mattioli tornarono così al silenzio dello studio in cui erano nati.

Il percorso espositivo, suddiviso in tre ambiti tematici spaziali e allestitivi, si propone come una narrazione che si sviluppa attraverso le suggestioni contemporanee di Mattioli.

Il tema analitico e il processo creativo sono allestiti nelle prime due sale all’interno di sette vetrine che propongono una visione suggestiva dei materiali utilizzati dal pittore. Il tema realizzativo è concentrato nella terza sala in dialogo diretto con la Canestra di Caravaggio ed è ottenuto da un suggestivo allestimento basato sulla spogliazione sospesa nella penombra della stanza. Il tema concettuale, nella quarta stanza, propone la visione delle ultime opere relative alla Canestra e, leggermente appartata una sezione video, che narra l’evoluzione del processo esplorativo di Mattioli.

Mattioli affronta il genere e il modello ambrosiano rimanendo in un personale limbo, sospeso fra una figurazione che non sarà mai più completa e un’astrazione cui non ci si può abbandonare del tutto. La relazione col modello diventa un lungo studio filtrato con l’immagine di un ammasso di scatole e foglie appoggiate su un trespolo del suo studio.

Mattioli si accosta al modello secentesco, declinandolo prima in uno studio profondo legato alla volumetria e alla luce, poi ingrandendone i particolari, con il canestro che diventa il fulcro attorno cui ruota tutta la sua ricerca.

Il titolo, The lightful fruit, si propone di giocare sulla doppia visione e percezione della luce che illumina il cestino di frutta ma attraverso il filtro della delicatezza (delight), quasi fosse uno spazio intimo, chiuso e raccolto.

Nelle sequenze filmiche che accompagnano l’esposizione vera e propria le opere sono raccolte in uno spazio irreale, uno spazio argenteo come un dagherrotipo. Questa grammatica visiva si propone di evidenziare gli elementi base che l’artista ha usato, senza porre al centro del discorso i dettagli didascalici del documento. Citazioni, ombre, luci, e un tema ossessivo per declinare un proprio idioma, oltre l’opera di Caravaggio.

Accompagna la mostra un catalogo (edito da Tacuino) con un testo inedito del Professor Claudio Strinati e un prezioso contributo di Roberto Tassi.

Carlo Mattioli, Foglie, olio su tela, 1967, 70×80 cm

Carlo Mattioli – Note biografiche

Carlo Mattioli nasce l’8 maggio 1911 a Modena, da una famiglia di artisti.

Il padre Antonio, insegnante di disegno, si trasferisce con l’intero nucleo familiare a Parma, dove Carlo può seguire regolari studi all’Istituto di Belle Arti. Diplomatosi, comincia immediatamente a insegnare in Istria, ad Arezzo, a Parma, all’Accademia di Firenze e, infine, a quella di Bologna.

Intanto a Parma frequenta e ritrae i giovani intellettuali che allora gravitavano nella vivace orbita culturale della città: Ugo Guanda, Oreste Macrì, Pietrino Bianchi, Mario Luzi, Attilio Bertolucci e altri ancora. Molto riservato e geloso di una dimensione privata e solitaria del proprio lavoro, Mattioli riesce, comunque, a rimanere aggiornato sugli sviluppi dell’arte contemporanea e a coltivare lo studio e l’amore per l’arte antica di cui è un profondo e attento conoscitore.

Dalla fine degli anni Trenta Lina, sposata nel 1937, è l’assoluta protagonista dei suoi dipinti; sono i primi Nudi e i primi Ritratticui si affiancheranno quelli dell’unica figlia Marcella. Si apre anche, negli anni Quaranta, la stagione della grafica che avrà poi altre straordinarie parentesi, come quella delle numerose illustrazioni degli anni Sessanta, testimonianza del suo interesse mai sopito e della sua profonda conoscenza della letteratura europea. Vedono la luce Vanina Vanini e la Chartreuse de Parme di Stendhal (dal 1961), i Ragionamenti dell’Aretino (dal 1960 al 1964), le Novelle del Sermini (1963), il Belfagor del Machiavelli. Culmina nel 1968 il Canzoniere del Petrarca e la Venexiana.

La grafica, tuttavia, lascia gradualmente il posto preminente alla pittura. Ai nudi, in piedi o coricati, dal 1960 al 1963, si aggiungono i nuovi Ritratti, (celebri quelli dedicati a Giorgio De Chirico, Roberto Longhi, Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Giorgio Morandi e Renato Guttuso) che compariranno di tanto in tanto lungo l’arco decennio e poco oltre. Dal 1962 la natura morta affianca e poi sostituisce gradualmente il nudo, e a sua volta lascia il posto, a partire dal 1967, agli studi sul Cestino di Caravaggio, destinati alla tribolata Biennale di Venezia del 1968.  Nati dalla frequentazione con Roberto Longhi i “Cestini” si prolungano, in una riflessione complessa che riguarda anche l’amato Tiziano, fino al 1974 anno in cui si affermano finalmente le vedute del duomo di Parma adagiato sui tetti della città.

Ritornando alle mostre, del 1943 è la prima personale, su sollecitazione di Ottone Rosai, alla Galleria del Fiore di Firenze. Dal 1948 Mattioli è puntualmente presente alle varie edizioni della Biennale di Venezia dove riceve, nel 1956, dalla commissione presieduta da Roberto Longhi, il Premio Comune di Venezia per un disegnatore. Lo stesso anno vince anche la Quadriennale di Roma.

Agli inizi degli Anni Settanta compaiono i celeberrimi Notturni, talvolta impreziositi da un albero o come cielo soltanto, attraversato da nubi e illuminato dalla presenza della luna; o come cielo alto sopra il dorso del duomo, o al di là di una siepe; o ancora, come notte che scurisce una spiaggia; o infine, notte che avvolge un nudo femminile disteso, inarcato come il profilo di una collina.

A metà degli anni Settanta i Paesaggi, che occupano anche tutto il decennio successivo, si aprono a tonalità per lui fino ad allora inedite: le spiagge, i campi di papaveri e di lavanda, le ginestre, le aigues mortes, gli alberi, la Versilia, le colline di Castrignano, le foreste di Birnam, i boschi. Dal 1974 al 1985 nascono i ritratti della nipote Anna impastati con i nuovi colori dei paesaggi. Nel 1982 vengono creati i muri e le travi del ciclo per una crocefissione, tenebrosa preparazione per i grandi Crocifissi. Ma anche l’Arte Sacra, come possono testimoniare le numerose opere realizzate e donate a chiese e istituzioni religiose a partire dagli anni Cinquanta, è capitolo profondamente rilevante nella sua produzione.

Nel 1983 muore Lina. Nello stesso anno avviene la grande donazione all’Università di Parma. La maestosa antologica del 1984 a Palazzo Reale di Milano inaugura una lunghissima serie di esposizioni in prestigiose sedi in Italia e all’estero.

Nel 1993 esegue gli ultimi quadri a olio, i calanchi e le Apuane di notte. Poi l’ultima serie di tempere su antiche copertine di libri.

Muore a Parma il 12 luglio del 1994.


MATTIOLI/CARAVAGGIO. The lightful fruit
Milano, Pinacoteca Ambrosiana (piazza Pio XI, 2)
7 maggio – 3 luglio 2022

Orari: Da martedì a domenica 10.00-18.00
Da maggio a fine settembre 2022: il giovedì fino alle 22.00
Lunedì chiuso
Per accedere al museo è necessario indossare la mascherina.

Biglietti (Pinacoteca+mostra): intero €15.00 / ridotto €10.00
Catalogo: Tacuino

Social
FB @fondazionecarlomattioli 
IG fondazionecarlomattioli

Sito web: fondazionecarlomattioli.com

Informazioni: tel. 02.806921; contatti@ambrosiana.it

Ufficio stampa Veneranda Biblioteca Ambrosiana
Marta Menegon
M +39 3475810150
mail.press@ambrosiana.it
www.ambrosiana.it

Ufficio stampa Fondazione Carlo Mattioli
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, T +39 02 36755700; M +39 349 6107625;
anna.defrancesco@clp1968.it;
www.clp1968.it

Al Forte Sofia di Verona la mostra antologica e gli eventi di “OLTRE…” dello scultore Sisto Righi 

“OLTRE…”

Antologica di

Sisto Righi

Mostra ed eventi

24 – 25 – 26 giugno 2022

Forte Sofia
Via Monte Novegno – Verona

Sisto Righi – Una delle opere in mostra

Lo scultore Sisto Righi va oltre. Dopo le personali in Italia e all’estero, le tante collettive, dopo la presenza alla Biennale di Venezia, dopo gli allestimenti spettacolari, oggi, dopo oltre dieci di attività, lo scultore sanmarinese ha deciso di rompere il muro di cinta del “sistema arte” con una intensa tre giorni dentro il Forte asburgico veronese.

Sento un’urgenza di intima spiritualità, lontano dal “benessere” egoistico. È un movimento che sorge dal basso, una voglia di pace, condivisione, fratellanza. Anche nel mondo artistico.

Da venerdì 24 a sabato 26 giugno, il Forte Sofia si accenderà di luci, musica e performance. Lo scultore e ceramista Sisto Righi presenterà “Oltre…”, la summa del suo percorso artistico: più di 40 opere dislocate in tutti gli spazi dell’antico fortilizio, con i suoi materiali prediletti: legno, ceramica, resine, metalli.

Partecipano coralmente all’evento: il Collettivo Movimento Centrale Danza &Teatro con “Il sussurro del corpo”, musica di Eloisa Manera e Stefano Greco / PHASE DUO, regia di Claudio Gasparotto; si ascolteranno le vibrazioni delle campane tibetane e i gong, e poi, meditazione dinamica, esperienze egizio-esseni e sciamaniche, dal Sudamerica voce e chitarra di Marika, mentre Letizia Ghiotti accompagnerà il “viaggio” con il suo violino.

Il ricavato della manifestazione andrà al “Progetto Cafal” per la costruzione di una Scuola nella Guinea-Bissau, in collaborazione con la Onlus “One Bridge to Idomeni” impegnata nei Balcani.

Sisto RighiNote biografiche

Sisto Righi è nato nel 1958 a San Marino dove vivo e lavora. Ha partecipato a diverse collettive, esposto a Londra e Tokyo, Roma, Verona, alla Biennale di Venezia e realizzato diverse mostre personali in Toscana, Umbria, San Marino. Ha iniziato a dedicarsi totalmente all’arte nel 2010.


Programma

/ venerdì 24 giugno 2022
ore 17.30: Apertura cancello
ore 18.30: Vernissage e introduzione alla mostra e all’evento
ore 19.30: Il sussurro del corpo: performing art Collettivo Movimento Centrale Danza&Teatro
ore 20.30: Meditazione dinamica (portare cuscini o tappetini)
ore 21.30: Musiche sudamericane – esegue per chitarra e voce Marika

/ sabato 25 giugno 2022
ore 16.00: Apertura cancello
ore 17.30: Introduzione alla mostra e all’evento
ore 18.00: Tavola rotonda sul significato di “Oltre…” – Intervengono Filomeno Lopes -giornalista, filosofo e musicista della Guinea-Bissau, le Associazioni ReteBG e OBTI.
ore 21.00: Concerto gruppo musicale Stregoni

/ domenica 26 giugno 2022
ore 16.00: Apertura cancello
ore 17.30: Introduzione alla mostra e all’evento: Sisto Righi si racconta
ore 19.00: TestimonianzeGuinea-Bissau
ore 21.00: ConcertoErnesto Nanque da Silva


INFO

“OLTRE…”
Antologica di Sisto Righi
Mostra ed eventi
24 – 25 – 26 giugno 2022

Forte Sofia
Via Monte Novegno – Verona

Ingresso: 5 euro valido per le tre serate, comprensivo di assicurazione (portare coperta, tappetino)
Durante i giorni dell’evento saranno presenti servizio ristorazione e bar, stand artigianato Guinea Bissau

Per informazioni
tel. 335 7341714
Pagine FB: “Sisto Righi scultore”; “Rete Guinea-Bissau”

Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next
tel 3494945612 – roberta.melasecca@gmail.com
www.melaseccapressoffice.itwww.interno14next.it

Roma, Libreria Scuderie del Quirinale: Presentazione volume di Salvatore Settis e Giulia Ammannati “RAFFAELLO TRA GLI STERPI. Le rovine di Roma e le origini della tutela”

Martedì 21 giugno alle ore 18.30 alla Libreria delle Scuderie del Quirinale a Roma (Via XXIV Maggio 16) si terrà la presentazione del volume  Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela di Salvatore Settis e Giulia Ammannati, SKIRA editore.

Con gli autori intervengono Marzia Faietti, Storica dell’arte e docente all’Università di Bologna e Claudio Parisi Presicce, Direttore dei Musei Capitolini. Modera Fabio Isman, giornalista e autore.

INGRESSO LIBERO

Salvatore Settis e Giulia Ammannati

Raffaello tra gli sterpi.
Le rovine di Roma e le origini della tutela 

SKIRA editore

Presentazione Martedì 21 giugno ore 18.30
alla Libreria delle Scuderie del Quirinale a Roma (Via XXIV Maggio 16)

Raffaello raccomanda al Papa Leone X la conservazione delle antichità romane, Giovanni Riepenhausen, Roma Biblioteca Hertziana

La Lettera a Leone X (1519-1520) non fu mai completata né mai raggiunse il destinatario, eppure continua a sollevare interrogativi e dubbi. Chi ne fu l’autore? Il principale manoscritto (a Mantova) è interamente di mano di Baldassarre Castiglione, ma chi si rivolge al Papa dicendo “io” è sempre e solo Raffaello, che studiava le rovine “per molti lochi pieni de sterpi inculti e quasi inaxessibili”.

La morte precoce del grandissimo artista (6 aprile 1520), del cui lavoro sul testo resta traccia in un manoscritto di Monaco, spiega perché uno scritto così impegnativo rimase incompiuto. Ma quale fu la parte di Raffaello e quale il ruolo del Castiglione? Perché tante correzioni e varianti nei manoscritti? Si può identificare il gioco delle parti fra i due co-autori? A chi spetta l’idea di ricostruire in disegno Roma antica e di tutelarne i monumenti? Al Papa, a Raffaello o a Castiglione?

Della Lettera non esiste “il” testo in forma compiuta, ma varie stesure successive: Raffaello tra gli sterpi ne propone una nuova edizione fondata su un attentissimo esame paleografico e filologico. Il lettore troverà in questo libro non solo il testo critico dei due principali manoscritti ma anche un confronto sinottico e genetico, che evidenzia la stratificazione di bozze, correzioni, versioni alternative, individuando in parallelo sia la stesura del Castiglione sia la forma testuale su cui Raffaello lavorò negli ultimi mesi di vita. Il saggio di apertura affronta questi temi alla luce di un’accurata ponderazione delle circostanze documentarie e della storia culturale e istituzionale: le rovine, le raccolte di antichità, i provvedimenti di salvaguardia (prima e dopo il 1519-20) dei Papi e del Comune. Ne riusciranno illuminati lo scenario culturale della Roma di Leone X, lo sguardo di Raffaello su Roma antica, il suo rapporto con Castiglione, l’audace progetto che prese forma negli ultimi mesi di vita dell’artista, e infine l’eredità intellettuale che questa lettera non spedita lasciò alle generazioni successive, e fino a noi.

Note biografiche

Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, ha diretto a Los Angeles il Getty Research Institute (1994-99) e a Pisa la Scuola Normale Superiore (1999-2010).

Giulia Ammannati insegna Paleografia latina alla Scuola Normale Superiore di Pisa; si è occupata di Giotto, del Duomo e della Torre di Pisa, del testo di Apuleio.



STUDIO LUCIA CRESPI
Ufficio Stampa SKIRA
Via Francesco Brioschi, 21 – 20136 Milano
T   02 89401645 
M  chiara@luciacrespi.it

Possagno (TV): CANOVA E IL DOLORE. Le stele Mellerio. Il rinnovamento della rappresentazione sepolcrale

Al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV) prosegue il secondo appuntamento espositivo del 2022 degli Anniversari Canoviani, iniziativa che celebra i 200 anni dalla morte del genio del Neoclassicismo. Inaugurata il 5 maggio la mostra rimarrà aperta fino al 05 Novembre.

Possagno (Tv), Museo Gypsotheca Antonio Canova
Fino al 05 Novembre 2022

CANOVA E IL DOLORE.
Le stele Mellerio. Il rinnovamento della rappresentazione sepolcrale

http://www.museocanova.it

Canova e il dolore. Crediti fotografici – Filippo Guerra / Otium (otium.it)

La mostra “Canova e il dolore. Le stele Mellerio. Il rinnovamento della rappresentazione sepolcrale”, ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Francesco Leone e Stefano Grandesso, con la direzione artistica di Contemplazioni, trova il suo apice nella ricomposizione, per la prima volta dal loro smembramento, dei due monumenti Mellerio, voluti dal conte Giacomo Mellerio in memoria dello zio Giovanni Battista e della moglie Elisabetta Castelbarco, dopo aver visitato lo studio romano di Canova. Il conte rimase colpito proprio da un monumento funebre al quale l’artista stava lavorando e gli commissionò le due stele funerarie, a cui Canova attese dal giugno 1812 al 1814, che giunsero a Gerno, presso Villa «Gernetto» Mellerio nell’agosto del 1814 per essere collocate in una cappella fatta costruire appositamente. Alle due opere canoviane si aggiunse nel 1825 il monumento che Giacomo Mellerio commissionò allo scultore Giuseppe De Fabris per commemorare la figlia Giovannina scomparsa prematuramente.
Tra il 1962, quando sono ancora documentate in situ, e il 1975, anno in cui il «Gernetto» fu acquistato dal Credito Italiano, le due stele furono rimosse dalla loro originaria collocazione. Nel 1978, bloccate dalla Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici di Palermo mentre stavano per essere esportate in Germania, le due opere furono acquisite dalla Regione Siciliana. Altre strade invece presero i rilievi del monumento di De Fabris, oggi conservati in due diverse collezioni private ed eccezionalmente e per la prima volta ricomposti in occasione di questa esposizione. Vittorio Sgarbi, presidente di Fondazione Canova onlus e del Comitato nazionale ha osservato con decisione:
“Altra è la villa il Gernetto, con la sua storia, senza il mausoleo Mellerio. Canova ne è la consacrazione.
E attribuisce senso alla architettura nel dialogo con la scultura, con un peculiare valore estetico e storico. Una tappa fondamentale della evoluzione dei monumenti funerari dal Rinascimento al Neoclassico.
Le stele Mellerio sono storia, e non hanno senso a Palermo. Il proprietario della villa, Silvio Berlusconi, che ha immaginato una prospettiva culturale per la villa il Gernetto, ha il diritto e il dovere di rivendicare, attraverso la Soprintendenza e la magistratura, il risarcimento delle condizioni originali della cappella.”

In mostra, oltre a questa straordinaria ricomposizione, si potranno ammirare opere provenienti da collezioni pubbliche e private nazionali e internazionali, suddivise in tre sezioni: la prima dedicata alle stele Mellerio e al monumento di De Fabris, la seconda al rinnovamento della rappresentazione sepolcrale operato da Canova e l’ultima che ripercorre gli omaggi di molti artisti a Canova e alle sue invenzioni. Il direttore del Museo, Moira Mascotto “È una mostra dal grande valore storico, artistico e culturale.
I numerosi prestiti, uniti al patrimonio del Museo, hanno permesso di creare un percorso ricco di interesse e di novità. Tra le molte opere esposte, troviamo un nucleo di disegni inediti provenienti da una collezione privata e dati in custodia al Museo per i prossimi anni. La mostra è stata inoltre occasione per restaurare i due modelli in gesso delle Stele Mellerio e il Taccuino di disegni che appartengono alla collezione di Possagno.”

All’interno del percorso espositivo, infatti, saranno anche presenti dei disegni canoviani inediti, il taccuino canoviano di Possagno esposto al pubblico per la prima volta dopo il restauro da parte del Museo Canova e i disegni di Felice Giani e della sua cerchia, provenienti dal Museo del Prado e qui per la prima volta esposti.
“Il vero e proprio culto tributato a Canova dai contemporanei si traduce in una serie di omaggi artistici che in mostra sono rappresentati da opere esemplari. In esse il repertorio delle invenzioni canoviane viene continuamente studiato, reimpiegato e variato, riflettendo anche sul ruolo stesso della scultura, capace di eternare la memoria umana nel marmo.” Interviene Stefano Grandesso, curatore della mostra.
“In termini foscoliani, con Canova il sepolcro si elevò a luogo deputato alla riflessione laica sui misteri dell’esistenza umana e della morte. Come la poesia in Foscolo, così la scultura in Canova, con la sua armonia, divenne il pascolo della memoria, la testimone che “vince di mille secoli il silenzio”. Conclude Francesco Leone, curatore della mostra.

L’iniziativa sarà corredata da attività didattiche ed eventi quali visite guidate con i curatori e visite guidate tematiche sul percorso mostra ogni fine settimana.

Di particolare rilievo sono le collaborazioni, con la presenza tra i prestatori anche del Museo del Prado, uno degli istituti museali di maggior rilievo a livello internazionale. In particolare, hanno collaborato a vario titolo alla buona riuscita dell’iniziativa: Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Bicentenario della morte di Antonio Canova; Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso; Comune di Possagno; Provincia di Treviso; Archivio Storico e Musei Civici di Bassano del Grappa; Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese; Regione Siciliana; Museo del Prado di Madrid.


Info e contatti
Museo Gypsotheca Antonio Canova
Via A.Canova 74, Possagno (TV)
Uff stampa: comunicazione@museocanova.it
www.museocanova.it

Orari di apertura del Museo
Dal martedì al venerdì, dalle 9:30 alle 18:00 Sabato, domenica e festivi dalle 09:30 alle 19:00. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Aperture straordinarie nei giorni festivi (Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 26 dicembre).

Chiasso (Svizzera), m.a.x. Museo: Vito Noto. Quarant’anni di grafica e design. Il senso delle idee

L’esposizione, prima antologica del designer svizzero, presenta 200 pezzi, fra oggetti, modelli, prototipi, disegni tecnici, bozzetti preparatori, studi di logo, francobolli, monete e macchinari, capaci di ripercorrere oltre quarant’anni di carriera.

In occasione della rassegna, Vito Noto ha donato al m.a.x. museo tutta la sua biblioteca d’artista e tutto il suo archivio, composto da un migliaio di dossier.

CHIASSO (SVIZZERA) | m.a.x. Museo

FINO ALL’11 SETTEMBRE 2022

VITO NOTO

QUARANT’ANNI DI GRAFICA E DESIGN.
IL SENSO DELLE IDEE

A cura di Mario Piazza e Nicoletta Ossanna Cavadini

Vito Noto, WOW Temperamatite Eisen 2003 6,5 x 6,5 x 3 cm
Product design Collezione d’arte m.a.x. museo, Chiasso Fotografia © Carlo Pedroli

Dall’8 maggio all’11 settembre 2022 il m.a.x. museo a Chiasso (Svizzera) ospita la mostra VITO NOTO. Quarant’anni di grafica e design. Il senso delle idee, prima antologica dedicata al designer svizzero, ma siciliano di nascita (Ragusa, 1955), in grado di ripercorrerne oltre quarant’anni di carriera in campi come il visual design, il product design e l’industrial design.

La rassegna, curata da Mario Piazza e Nicoletta Ossanna Cavadini, affronta l’iter creativo e professionale di Vito Noto – già premio Design Preis Schweiz (1995), Compasso d’Oro (1991 e 1994), I’F Die Gute Industrieform (1985 e 1990), ADI Design Index (2000, 2002 e 2016) e A’Design Awards (2017) – attraverso duecento pezzi fra oggetti, modelli, prototipi, disegni tecnici, bozzetti preparatori, studi di logo, francobolli, monete e macchinari.

“Quello di Vito Noto – afferma Nicoletta Ossanna Cavadini – è una continua ricerca, un continuo porsi domande per trovare nel mondo delle idee risposte innovative applicate al design. Questo suo caratteristico metodo di lavoro è maturato nel corso degli anni attraverso un’elaborazione arricchita dalla sua sensibilità estetica di designer unitamente ad esperienze derivate dalla sua formazione pragmatica svizzera e dalle sue radici latine molto creative, ma anche dalla sua indagine puntuale e meticolosa che applica alle esigenze funzionali”.

Il percorso espositivo si apre con due importanti progetti di Vito Noto, paradigmi della sua idea di design: la macchina tessile Stäubli di Sargans – una incorsatrice automatica universale -, simbolo del grande impegno verso il disegno industriale, e nove modelli di orologi da parete, testimonianza di un particolare approccio al design di oggetti e di prodotti di largo consumo per l’ambiente domestico.

La mostra prosegue con una serie di opere che documentano il suo periodo formativo alla Scuola Politecnica di Milano degli anni settanta, che rivelano il suo metodo di lavoro, le tecniche di rappresentazione, il processo di elaborazione del percorso progettuale fino alla realizzazione del prodotto, quindi con la sezione che raggruppa oggetti e prodotti per l’ambiente domestico, come un prototipo di divano, il progetto di una lampada, di caffettiere, di diversi oggetti in vetro (brocche, bicchieri, caraffe), e una ampia e approfondita ricerca per la realizzazione di oggetti domestici a partire dalla forma del cono come archetipo progettuale e un lavoro work-in-progress sulla forma del tempo con orologi a parete, da tavolo, da polso e un campione degli infiniti studi di quadranti.

Si continua con alcuni esempi di prodotti per il mondo dell’ufficio – da registratori di presenze ad affrancatrici postali, da portaoggetti a box e astucci per l’archiviazione, da contenitori per raccolta differenziata ad armadi di stoccaggio verticale e un’ampia campionatura di temperamatite, con forme tradizionali e innovative – e con i numerosi progetti per macchinari e macchine utensili per l’industria tessile, idraulica ed elettrica.

Un particolare angolo è riservato alla grafica di francobolli celebrativi (come quelli per il Centenario del Salone internazionale dell’automobile di Ginevra (1905-2005), l’Esposizione filatelica universale HELVETIA 2022, la serie ProPatria – Itinerari Storici), i lavori di corporate image, il disegno di marchi e logotipi, la manualistica per retail di prodotto.

Completa l’esposizione un’ampia selezione di lavori e progetti per il mondo della ricerca sanitaria e medicale, dove il designer deve strettamente interfacciarsi con ricercatori scientifici e tecnici di laboratorio per comprendere i modi di operare e i protocolli esecutivi.

Il catalogo Skira comprende saggi di Alessandro Bruni, Medardo Chiapponi, Cinzia Ferrara, Nicoletta Ossanna Cavadini, Mario Piazza e Viviana Trapani.

La mostra, col patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Lugano e col patrocinio dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, è resa possibile grazie al Dicastero Attività culturali del Comune di Chiasso, con il sostegno della Repubblica e Cantone Ticino – Fondo Swisslos, dell’AGE SA e di Lions Club Lugano Ceresio (per i restauri dei modelli), e il contributo dell’associazione amici del m.a.x. museo (aamm).
Si ringrazia la SUPSI-Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana – in particolare il Laboratorio di cultura visiva del Dipartimento ambiente costruzioni e design – per la collaborazione nell’ambito del progetto grafico, così come One Logistics Group, Tectel, MyAcademy e Trattoria della Zocca per lo sponsoring tecnico.

In occasione della personale, Vito Noto ha donato al m.a.x. museo tutta la sua biblioteca d’artista e tutto il suo archivio costituito da più di un migliaio di dossier di progettazione e presentazione di elaborati grafici, al cui interno di trovano schizzi, bozzetti, documentazione varia, rilievi fotografici di campioni, modelli in poliuretano e prototipi vari, materiali che permettono di ricostruire il percorso creativo del designer ticinese.

Vito Noto, Cono centrotavola WMF Wüttembergische Metallwaren Fabrik GmbH 1985 Lamiera argentata e dorata 33 x ø 34 cm Product design Collezione privata Vito Noto, Cadro Fotografia © Carlo Pedroli

Vito Noto – Note biografiche

Vito Noto nasce nel 1955 a Ragusa. All’età di tre anni con i genitori emigra in Svizzera, nell’Emmental, vicino a Lucerna. Nel 1969, dopo un breve ritorno in Sicilia, la famiglia rientra in Svizzera, scegliendo come luogo di residenza il Canton Ticino.

Nel 1974, dopo aver incontrato Max Huber che a Milano insegnava visual design e che gli fornisce preziosi suggerimenti, intraprende gli studi in industrial design alla Scuola Politecnica, dove si laurea nel 1976. Fra i rinomati designer italiani suoi insegnanti figurano Alberto Rosselli, Isao Hosoe, Narciso Silvestrini, Bruno Munari, Max Huber, Achille Castiglioni, Bob Noorda, Gillo Dorfles.

Trascorso un breve periodo ad Amburgo come collaboratore responsabile di grafica identitaria promozionale e di product design presso lo studio Value Design, si trasferisce a Parigi per iniziare l’attività nel 1979 per Endt-Fulton Partner, per cui sviluppa prodotti per aziende quali HPF, Thomson CSF, CGA, Schlumberger, Centre George Pompidou.

Nel 1982 si trasferisce con la moglie a Cadro (oggi frazione di Lugano) e qui fonda il proprio studio di progettazione industriale.

Per l’industria meccanica Albe disegna la macchina utensile “RM16”, ottenendo poi riconoscimenti all’IF Die Gute Industrie Form ad Hannover nel 1985.

Nel 1984 partecipa alla costituzione grafica della nuova immagine coordinata Bticino, e nello stesso anno WMF lo incarica, insieme ad altri designer, di sviluppare il concetto di tavola imbandita per l’avvento del nuovo millennio, il cui risultato porta alla progettazione del “Cono” centrotavola.

A partire da metà degli anni ‘80 comincia la collaborazione con Hamilton per cui disegna prodotti negli ambiti di laboratorio ed ospedaliero fino al 2008. Nel 1986 inizia a disegnare postazioni di lavoro per Lista: l’armadio di stoccaggio verticale “Listamat” viene premiato all’IF Industrie Forum Design Hannover nel 1990.

Alla fine degli anni ‘80 e agli inizi degli anni ‘90 lavora (a macchinari e corporate identity) per TEM Hamilton Medical, Socos, Primavera, Benninger, Ortho Diagnostic – Johnson&Johnson e Tecan Medical, Schindler, L.G.L., Ariete, Lista Kunststofftechnick, Hildebrand.

Nel contempo inizia a interessarsi a nuovi linguaggi: si dedica alla produzione di orologi da parete, fondando il marchio ®Perditempo, per il quale sviluppa concetti di lettura alternativi caratterizzati da orologi con lancette che scorrono al contrario, quadranti che indicano le 24 ore oppure dotati di una lancetta unica. In questi anni vari progetti vengono selezionati per il Premio Compasso d’oro. Nel 1995

Vito Noto viene insignito del Design Preis Schweiz con il progetto “F.A.M.E.”, microlaboratorio disegnato per Hamilton, premiato per le qualità estetiche e la funzionalità tecnica della macchina.

Il 2000 si caratterizza soprattutto per il lavoro svolto con il produttore svizzero Pierre Junod, realizzando una serie di orologi da polso con il design di lettura a 24 ore degli orologi da parete “Giorno/Notte” e a 12 ore.

Nel 2005 inizia la sua produzione di design di francobolli per La Posta Svizzera e il Liechtenstein.

Nel 2006 viene annoverato nella rosa dei 25 designer svizzeri pubblicati nel volume DESIGNsuisse, curato da SRG SSR idée suisse con la collaborazione di Hochparterre, selezione di soli tre studi ticinesi con Bruno Monguzzi e The Red Box di Alberto Bianda e Paolo Jannuzzi.

Fra il 2007 e il 2009, in collaborazione con La Posta Svizzera, Pro Patria e la fondazione ViaStoria dell’Università di Berna, realizza per ogni anno le tre serie dedicate agli itinerari culturali svizzeri (tra cui il percorso storico europeo della via Valtellina). Nel 2011, i 6 valori postali per il Principato del Liechtenstein dal titolo “Energie alternative” ottengono la menzione tra i migliori 10 francobolli al mondo.

Al 2017 risale la serie di monete commemorative dei passi alpini svizzeri Klausen (2018), Furka (2019) e Sustenpass (2020) per la Zecca svizzera SwissMint, nonché il premio Golden A’Design Awards ricevuto per l’orologio da polso “Giorno/Notte” da ventiquattr’ore di Perditempo e il caminetto a bioetanolo “Piro”.

Lo studio di Vito Noto festeggia nel 2022 il quarantesimo anniversario di attività, che prosegue su commissione e su propria iniziativa sia per nuovi clienti sia per quelli storici.


VITO NOTO. QUARANT’ANNI DI GRAFICA E DESIGN. IL SENSO DELLE IDEE
Chiasso (Svizzera), m.a.x. museo (Via Dante Alighieri 6),
8 maggio – 11 settembre 2022

A cura di Mario Piazza e Nicoletta Ossanna Cavadini

Orari
martedì – domenica, ore 10.00 – 12.00 e 14.00 – 18.00

Ingresso
Intero: CHF/Euro 10.
Ridotto: CHF/Euro 7.- (AVS/AI, over 65 anni, studenti, FAI SWISS, FAI, TCS, TCI, convenzionati)
Scolaresche e gruppi di minimo 15 persone: CHF/Euro 5.-
Metà prezzo: Chiasso Card
Gratuito: Carta Raiffeisen, bambini fino a 7 anni, Aiap, associazione amici del m.a.x. museo, giornalisti, ICOM, Passaporto Musei Svizzeri, Visarte
Entrata gratuita: ogni prima domenica del mese

Ufficio stampa Svizzera
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m.a.x. museo
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Roma, Museo Nazionale Romano: Nasce il Museo dell’Arte Salvata nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano

Sotto l’egida del Ministero della Cultura e grazie al sostegno della Direzione generale Musei, il Museo dell’Arte Salvata farà parte del Museo Nazionale Romano, andando ad arricchire il percorso museale delle Terme di Diocleziano e delle altre tre sedi di Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi.

La prima esposizione di ritrovamenti, in occasione dell’inaugurazione del Museo, è stata possibile grazie al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.

MUSEO DELL’ARTE SALVATA

Cratere cerimoniale con quattro anse sormontate da coppette in ceramica d’impasto rosso sovradipinta di bianco (“white-on-red”) di produzione nord laziale (Crustumerium) con uccelli acquatici. VII sec. a.C.

Il Museo dell’Arte Salvata avrà sede a Roma, all’interno del Museo Nazionale Romano, nell’Aula Ottagona – più comunemente nota come Planetario – delle Terme di Diocleziano.

Il Museo – la cui costituzione è stata annunciata dal Ministro della cultura Dario Franceschini poche settimane fa, dopo l’ennesimo successo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) – sarà un luogo dove raccontare stabilmente il salvataggio dell’arte nelle sue diverse forme.

Fatto salvo il principio che ogni opera debba tornare al suo territorio di provenienza, il Museo dell’Arte Salvata vuole essere un luogo dove questi beni potranno transitare ed essere esposti al pubblico per un periodo di tempo delimitato: opere d’arte trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente e poi, finalmente, riportate a casa, per ricucire quel tassello rubato alla storia e al patrimonio nazionale.

Le restituzioni dovute alla diplomazia culturale o a seguito delle indagini del Comando Carabinieri TPC e del lavoro dei Caschi blu della cultura, il ritrovamento tra le macerie dei terremoti e in seguito agli interventi in caso di calamità naturali e conflitti, i salvataggi grazie ai grandi restauri, senza contare i recuperi fortuiti di antichità o dovuti agli scavi di emergenza per lavori pubblici e privati, i capolavori restaurati dall’Istituto Centrale per il Restauro (ICR): tutte queste opere d’arte troveranno nel Museo dell’Arte Salvata un approdo per un periodo durante il quale saranno esposte al pubblico prima di essere ricollocate nei musei di appartenenza.

“Opere d’arte trafugate, reperti archeologici dispersi, venduti o esportati illegalmente: si tratta di una perdita significativa per il patrimonio culturale di un paese, espressione della sua memoria storica e dei valori collettivi, nonché dell’identità di un popolo” – dichiara Dario Franceschini, Ministro della Cultura. “Tutelare e valorizzare queste ricchezze – prosegue – è un dovere istituzionale, ma anche un impegno morale: è necessario assumersi questa responsabilità nei confronti delle generazioni future, affinché possano conservare, con queste testimonianze, quel valore identitario che permette di riconoscersi in una storia culturale comune”.

“Tra le centinaia di opere che il Reparto Operativo TPC ha riportato dagli Stati Uniti nel 2021, spicca una serie di ceramiche e di terrecotte votive e architettoniche provenienti da diverse culture dell’Italia centrale e meridionale preromana. La prima mostra presentata al Museo dell’Arte Salvata, nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, è dedicata a una selezione di questi materiali di grande rilievo e costituisce la prima tappa di un percorso di ricerca e valorizzazione – chiosa Massimo Osanna, Direttore generale Museiche riporterà, dopo la mostra, le opere nei territori di provenienza”.

“Siamo lieti di accogliere, in seno al Museo Nazionale Romano, il Museo dell’Arte Salvata che nasce per volontà del ministro Dario Franceschini e con l’impegno congiunto della Direzione generale Musei. Siamo entusiasti pure di questa prima esposizione che si è potuta realizzare grazie al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e del loro operato fondamentale per il Paese e soprattutto per le opere d’arte. Auspico che il nuovo Museo accolga grandi progetti di mostre, fungendo da una parte da “porto sicuro”, per quelle opere che da qui ripartiranno per una collocazione definitiva, lontano da tutto ciò che può arrecar loro danno; dall’altra da “setaccio”, a separare per poi ricollocare al giusto posto, le stesse che saranno sottoposte a indagini per verificarne il grado di autenticità e provenienza: tutto questo per coglierne appieno l’importanza archeologica, storica e artistica dei tesori ritrovati ed esposti per la prima volta al pubblico al Museo Nazionale Romano, nel Museo dell’Arte Salvata” – aggiunge Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano.

“Proteggere il patrimonio culturale è la missione che ci è stata affidata, e ad essa per nulla al mondo vorremmo sottrarci. È una difesa necessaria oggi, come lo è stata in ogni tempo.
La tutela del patrimonio, rimessa all’articolo 9 della Costituzione, nella storia d’Italia ha avuto i più vari paladini. Ha coinvolto sovrani, pontefici e intellettuali. Dal 1969 il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è fra i tenaci custodi delle nostre opere. Ammontano a più di tre milioni i beni riguadagnati e ciò che appare in questa esposizione è solo una parte del “bottino” rientrato con uno degli ultimi recuperi” – afferma Roberto Riccardi, Generale di Brigata, Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

L’allestimento del nuovo Museo, composto da teche e pannelli modulabili a seconda delle necessità delle opere, permetterà ogni volta di cambiare la disposizione all’interno dell’Aula che diventerà uno spazio espositivo ad hoc per accogliere sempre nuovi tesori rendendoli fruibili dal grande pubblico.
L’incessante recupero di opere d’arte permetterà un turnover regolare: mentre i pezzi esposti saranno collocati nei musei di pertinenza, nuove opere recuperate saranno esposte al fine di rendere continuo l’aggiornamento sul magistrale lavoro di recupero costantemente in corso.

LA PRIMA ESPOSIZIONE

In occasione dell’apertura al pubblico del Museo, saranno esposti i recenti ritrovamenti frutto delle attività di contrasto al traffico illecito di beni culturali svolta dal Reparto Operativo TPC, sempre sulle tracce dell’arte.

L’esposizione si fonda sugli oggetti che il Reparto Operativo TPC ha fatto rientrare dagli Stati Uniti d’America in un arco temporale compreso fra il dicembre 2021 e la scorsa settimana: un corpus imponente di opere con numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà.

Sono reperti che risalgono a diverse attività investigative condotte dai “Carabinieri dell’Arte” in collaborazione con le Autorità statunitensi, sequestrati presso direzioni museali, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Avevano sopportato la consueta trafila dei traffici illeciti di settore: scavi clandestini, ricettazione, esportazione illecita. La restituzione all’Italia è avvenuta il 15 dicembre 2021 presso il Consolato generale di New York, ove alcuni pezzi sono rimasti in mostra per qualche mese.

Le opere, al termine dell’esposizione temporanea, grazie al coordinamento con la Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e al direttore generale dei musei dello Stato Massimo Osanna, saranno collocate tra il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, il Museo Nazionale Archeologico Cerite all’interno del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia e lo stesso Museo Nazionale Romano.

Tra le opere esposte spiccano i reperti più antichi che risalgono all’epoca orientalizzante (VII sec. a.C.): provengono per lo più dall’Etruria meridionale ma anche dal Lazio, come la Giara (pithos) in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco (“white on red”) di produzione etrusca (Cerveteri) con scena mitologica dell’accecamento di Polifemo e animali (cavalli, felini) del terzo quarto del VII sec. a.C. (il coperchio è di pertinenza dubbia, vetrina 1) e il Cratere cerimoniale con quattro anse sormontate da coppette in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco (“white on red”) di produzione nord laziale (Crustumerium) con uccelli acquatici (VII sec. a.C., vetrina 10B).

Alla seconda metà dal VI sec. a.C. risalgono le anfore con scene figurate: alcune sono attiche e illustrano l’evoluzione stilistica di questo periodo, altre sono etrusche e coprono lo stesso arco cronologico come l’Anforetta etrusca a figure nere con guerrieri affrontati sulla pancia e occhioni sulla spalla (fine del VI sec. a.C., vetrina 4)

Le necropoli etrusche hanno restituito un’enorme quantità di ceramiche del VI e del V sec. a.C. Forse provengono proprio dall’Etruria gli esemplari recuperati dal Comando TPC negli Stati Uniti, anche se le origini precise sono sconosciute, come per l’opera esposta Coppa (kylix) attica a figure rosse con Dioniso (all’interno) e satiri con menadi (all’esterno) di inizio V sec. a.C. (vetrina 5)

Tra la seconda metà del V e la prima metà del IV sec. a.C. si sviluppano in Magna Grecia delle produzioni a vernice nera e figure rosse: in mostra il Cratere a forma di calderone (lebes) con scena di banchetto (symposion) con il gioco del kottabos (verso la metà del IV sec. a.C., vetrina 6) e il Piatto con due anse a figure rosse sovra-dipinte con maschera centrale sovra-dipinta e scena di guerra tra Greci e Amazzone (amazzonomachia) della seconda metà del IV sec. a.C. (vetrina 7), entrambi di produzione apula.

Da una grande stipe votiva, in un santuario non identificato dell’Etruria meridionale o del Lazio, proviene la Testa votiva in terracotta di produzione etrusco-laziale del IV sec. a.C., sulla quale si osservano alcune tracce di policromia che fanno rivivere i volti antichi (vetrina 10A).

Gli oggetti saranno in mostra a partire dal 16 giugno fino al 15 ottobre 2022 e per l’occasione il Museo sarà aperto al pubblico dal martedì alla domenica, dalle ore 11 alle 18.

MUSEO DELL’ARTE SALVATA, ISOLA DI CULTURA

L’edificio, situato nell’angolo occidentale delle Terme, presenta una pianta quadrata all’esterno e ottagonale all’interno. La copertura, una cupola con otto costolature, era in origine decorata da marmi e stucchi. La sua ubicazione e l’assenza di sistemi di riscaldamento ha fatto supporre che fungesse da frigidarium minore. L’Aula ha avuto diverse funzioni dal 1878 e con l’apertura di Via Cernaia fu isolata dal resto del complesso della Terme di Diocleziano.
Nel 1983 in occasione della ristrutturazione del Museo Nazionale Romano, l’architetto Giovanni Bulian ha iniziato un progetto di trasformazione di alcuni spazi dell’intero complesso, compresa l’Aula Ottagona. Una parte importante del piano di Bulian all’epoca non fu realizzata: prevedeva l’unione dell’Aula al complesso delle Terme, con l’eliminazione del primo tratto di Via Cernaia, per permettere la rilettura delle antiche strutture diocleziane.

L’apertura al pubblico del Museo dell’Arte Salvata è il primo passo per la realizzazione di un progetto più ampio che prevede l’attuazione del disegno di Bulian e ha come progetto finale la nascita di un’isola della cultura nel centro di Roma.


Uffici Stampa

MUSEO NAZIONALE ROMANO
Angelina Travaglini | mn-rm@beniculturali.it
Adele Della Sala | ads@ufficiostampa-arte.it | M. +39 366 4435942
Anastasia Marsella | am@ufficiostampa-arte.it | M. +39 380 3079809

Museo dell’Arte Salvata
Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano
Via Giuseppe Romita 8 – 00185 Roma

Orari
Dal martedì alla domenica 11.00 – 18.00
Lunedì chiuso.
La biglietteria chiude un’ora prima.

L’esposizione
Dal 16 giugno al 15 ottobre 2022
Sarà ad accesso gratuito per i possessori del biglietto d’ingresso alle Terme di Diocleziano o del biglietto combinato per l’accesso a tutte le sedi, acquistabile on-line oppure presso le biglietterie.
L’accesso gratuito è garantito ai possessori della MNR Card.

Biglietto d’ingresso delle Terme di Diocleziano
Intero € 8 (+2 € di prevendita in caso di acquisto on line)
Ridotto € 2 (+2 euro di prevendita in caso di acquisto on line)

Biglietto combinato per l’accesso a tutte le sedi del Museo Nazionale Romano
Permette l’ingresso una volta in ciascuna delle sedi e due volte nella sede di Palazzo Massimo e sarà valido una settimana dal giorno dell’acquisto.
Intero € 12 (+2 euro di prevendita in caso di acquisto on line)
Ridotto € 8 (+2 euro di prevendita in caso di acquisto on line)

Venezia, Spazio Thetis: Metaverse Art Exhibition GENKI

KICKING OFF A NEW ERA

“The 1st Annual METAVERSE Art@Venice”

gEnki

A cura di Angelo Maggi e Fu Sen

27.04 > 23.11.2022

Spazio Thetis – Arsenale Nord, Venezia

CHENGZHILU -Future Body

Genki, un innovativo progetto espositivo che mette in dialogo la filosofia orientale con il metaverso e NFT art  

Il progetto espositivo “The 1st Annual METAVERSE Art @VENICE” è ideato da Victoria LU, artista eccentrica, docente e forse la più nota nota critica d’arte del mondo artistico cinese, con la cantante virtuale Autumn e si compone in due sezioni, Cookie Cookie 2.0 personale dell’artista co-ideatrice CryptoZR a cura di Li Zhenhua e dalla collettiva gEnki  entrambe ospitate a Spazio Thetis all’Arsenale di Venezia nel periodo della Biennale Arte nei cinquecenteschi edifici dell’Officina Lamierini e della Tesa 106.

gEnki a cura di Angelo Maggi e di Fu Sen presenta le ricerche sviluppate congiuntamente da professori, studenti e artisti di Università di diverse parti del mondo, ed è stato promosso dall’ Università IUAV di Venezia e dalla Scuola di Dottorato di Storia delle Arti dell’Università Cà Foscari di Venezia.

L’esposizione si sviluppa attraverso un percorso di installazioni digitali, opere NFT legate alla blockchain, con performance su web che sfrutta le potenzialità della realtà virtuale ed è incentrata su un nuovo modello di “curatela autonoma decentralizzata”, che continuerà anche in futuro in versione cloud.

La mostra è stata organizzata in modo spontaneo da un gruppo di artisti con i loro sostenitori, i curatori sono stati selezionati dagli artisti stessi, così come i contenuti sono stati curati in modo indipendente, tutto secondo i principi del DAO (abbreviazione di Distributed Autonomous Organization) quindi con un elevato grado di decentramento, utilizzando tecniche di crowdfunding per la raccolta di fondi, co-organizzazione, interconnessione di piattaforme, applicati al concetto curatoriale. 

Durante i sette mesi di esposizione, il numero di artisti presenti sia online che offline, arriverà a superare i 300, e diversi eventi si susseguiranno coinvolgendo numerosi artisti che popoleranno i metaversi, mondi virtuali paralleli, interagendo in tempo reale con Venezia da ogni parte del mondo.gEnki ha l’intento di coinvolgere il pubblico e stimolare l’apprezzamento delle nuove tendenze dell’arte digitale e mira in particolare al coinvolgimento della Generazione Z,ovvero tutti coloro che sono nati tra il 1995 e il 2009 e che sono stati influenzati sin dalla nascita dalla tecnologia, dai dispositivi di messaggistica istantanea, dagli smartphone e dai giochi online e sono, pertanto, anche conosciuti come “Nativi Digitali”.

Con il continuo aggiornamento dei vari dispositivi hardware e software come 5G, AI, big data, blockchain, tecnologia di realtà virtuale, aumentata xR (Extented Reality), si sono sviluppate nuove arti multimediali e nuovi elementi visivi, i cui contenuti trasformativi e interattivi si possono trovare ovunque sulla Rete.

Gli utenti attraverso la vita virtuale nella Rete possono superare i limiti dello spazio fisico, oltrepassando la barriera tra la cognizione cerebrale, immaginazione mentale e mondo reale.  È il cosiddetto “METAVERSO” che è divenuto un hot topic non solo tra i creativi ma anche tra gli investitori a livello mondiale.

Genki è un concetto filosofico antico in Cina e Giappone, che si riferisce all’origine del mondo, e rappresenta l’energia vitale che genera ogni cosa, dando giustificazione dei fenomeni di formazione, sviluppo, mutamento e fine. Essere Genki significa dare il meglio di se stessi e  creare un legame positivo con le persone. Lo studio del Genki si riferisce alla percezione umana della natura e del mondo, può, quindi, contribuire a far comprendere il legame tra il mondo fisico e il mondo virtuale? Possono varie modalità di interazione immersiva tra persone, cose e ambiente nel Metaverso, creare valore e suggerire un’interpretazione del senso dell’esistenza?

Il Metaverso,  composto da mondi virtuali paralleli collegati tra loro,  si sviluppa nel digitale, la sua materia infatti è costituita da dati e informazioni, ed è frutto di diversi elementi tecnologici tra cui video, realtà virtuale e realtà aumentata, ma è anche in stretta correlazione con l’universo fisico, in quanto ne condivide la stessa struttura spazio-temporale.

Si accede al Metaverso tramite alcuni dispositivi come computer o smartphone, e per rendere l’esperienza più immersiva, anche con visori di realtà aumentata. Gli utenti nel Metaverso creando avatar realistici possono vivere esperienze virtuali, svolgere attività, fare acquisti ed investimenti, partecipare a conferenze o concerti, interagendo socialmente con nuove modalità.

L’avatar trasporta ciò che desideriamo rappresentare, anche di noi stessi, in nuova dimensione, alimentando una riflessione sul tema dell’identità in una realtà “altra” che è non solo digitale, ma anche globale.

Il metaverso sarà il riferimento per realizzare esperimenti di cooperazione incrociata, potenziamento tecnologico, apertura e tolleranza, uguaglianza e libertà, prendendosi cura del futuro, proteggendo l’ambiente, aspirando a un coinvolgimento globale e stimolando interazioni intellettuali e l’immaginazione.

Discriminazioni egoistiche e razziste imperversano nel mondo odierno, mentre gEnki vuole indicare un cambiamento, proporre un nuovo modello di aiuto reciproco e di condivisione in cui un’arte senza confini di nazionalità, genere o età, attraverso la sua bellezza, possa dare speranza.

Gli Artisti di gEnki si dichiarano come un gruppo di nuovi esseri umani disposti a esistere nell’universo parallelo del Metaverso attraverso l’immaginazione virtuale e al di fuori dello spazio fisico.

Il comitato scientifico è formato da Angelo Maggi, Fei Jun, Xue Lei, Popil and Chen Xu.

La curatela è affidata al Prof. Angelo Maggi, Vicerettore per le Relazioni internazionali presso l’Università IUAV di Venezia e al curatore PhD. Sen Fu. Rick Juang è il curatore tecnico. Il progetto di allestimento è stato curato dallo studio di architettura andreanalesso di Padova.

Il futuro è arrivato, voliamo oltre il futuro!

Vilii Digital Model

NOTE SUL PERCORSO ESPOSITIVO

Negli affascinanti edifici cinquecenteschi di Spazio Thetis, all’Arsenale di Venezia durante la Biennale Arte, l’innovativo progetto espositivo presenta un percorso di installazioni digitali e performance sul web su schermi a led immersivi che si snoda tra due padiglioni, Lamierini e la tesa 106, dove si alternano progetti di singoli a progetti corali di numerosi artisti, nell’ottica di condivisione tipica del Metaverso.

Impossibile citarli tutti e difficile operare una selezione tra i progetti incentrati su temi attuali e talvolta filosofici, come il dialogo tra l’impermanenza e l’immortalità digitale, la fluidità di genere, (Serie Theirs) il conflitto tra tradizione e tecnologia pacificabile nel Metaverso, (Odissey in the Metaverse e Cosmo NFT Chamber) visioni di nuovi modelli di civiltà basata sul riciclo e la sostenibilità. (ONE TON PROJECT ) .

Altri Artisti riflettono sulle nuove modalità di transazione monetaria delle criptovalute per indurre lo spettatore a ripensare al collettivismo e alla centralità. (₿, Who is Satoshi) non manca il fashion, con sfilate di moda con tecnologia Extended Reality, per creare esperienze immersive di integrazione online e offline. (FASHION IN EXTENDED REALITY)

Le considerazioni sul corpo nella realtà fisica e digitale si spingono ad indagare attivamente il legame virtuale tra il corpo e lo spazio, a partire dai dati prodotti dallo “spazio corporeo negativo”, l’area esterna tra due parti del corpo misurandole e ricavando dati per elaborare uno spazio virtuale che offre l’esperienza visiva di qualcosa che non poteva esser visto prima. (Future Body)

Fei Jun, artista presente anche nell’edizione 2019 della Biennale Arte al Padiglione nazionale Cina e docente in diverse Accademie di arte e tecnologia tra New York e la Cina, con il suo progetto We Humans on Mars esplora con romanticismo la possibilità di crisi esistenziale degli immigrati virtuali sul Pianeta Rosso , che guardano la Terra e la vita precedente da lontano con distacco filosofico e una curiosità nuova, il tutto attraverso una tecnologia 3d da gaming multiplayer, che ne offre una versione ludicizzata.

Diversi gli Artisti che propongono dialogo tra l’estetica e la tecnologia come in Cosmo Chamber la prima collezione NFT connotata da una notevole sensibilità verso l’estetica orientale, i cui creatori cercano di creare un Metaverso NFT usando come riferimento le tradizioni storiche asiatiche. Ogni artista porta il proprio apporto stilistico visivo unico nel progetto ma condivide con gli altri un interesse per l’estetica artistica dell’Estremo Oriente.

Nel progetto Future Trip i giovanissimi artisti appartenenti alla Generazione Z, dopo un attento studio delle costruzioni tradizionali e tribali cinesi, le hanno rappresentate come potrebbero apparire nel Metaverso  e  il pubblico potrà entrare virtualmente in questa ipotetica realtà futura. 

L’allestimento espositivo culmina con l’originale installazione di un grande monitor di 4 metri per 3 posizionato all’interno di una piscina per esperimenti scientifici appartenente alla società di ingegneria marina, Thetis spa, che ospita la mostra, attualmente vuota e protetta da una rete, lo schermo riproduce un video musicale Born a Drum Queen dell’artista ADUO con scene di danza dei tamburi da cui emerge il processo che va dalla competizione iniziale alla successiva integrazione tra i danzatori tradizionali e i danzatori contemporanei, creando un dialogo tra cultura classica e modernità.

Da notare inoltre la numerosa presenza di affermate crypto artiste donne, ancora rare nel mondo occidentale in questa nuova frontiera dell’arte.

Liu Jiaying in arte CryptoZR nella personale COOKIE COOKIE 2.0 al padiglione Lamierini, incentra il suo lavoro sul metaverso e sulle comunità online della blockchain e delle nuove possibilità di spazi e relazioni. Una mostra ibrida tra virtuale e reale con un’esposizione digitale dove l’unica opera fisica è la scultura YAP721 ispirata alla moneta di pietra dell’isola di Yap, che diede vita alla prima forma di moneta su registro e al primo antenato della blockchain. Altro tema centrale per il lavoro di CryptoZR è infatti quello delle criptovalute, del trading e della creazione del credito.

HASHTAGS

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Spazio Thetis rappresenta la parte culturale e artistica di Thetis spa, società di ingegneria che sviluppa progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio e che vanta un’importante collezione permanente di arte contemporanea, L’attività artistica di Spazio Thetis si concentra su alcune tematiche: land art, arte ambientale, arte e scienza promuovendo e sostenendo l’arte contemporanea attraverso diverse iniziative presso la propria sede nell’antico Arsenale veneziano con il parco giardino costellato di opere d’arte.  In tanti anni di attività ha collaborato con importanti istituzioni come musei, gallerie e fondazioni per la realizzazione di mostre temporanee, eventi collaterali Biennale e Padiglioni nazionali, ma anche in qualità di promotore e organizzatore esso stesso. 

BIOGRAFIE

VICTORIA LU

VICTORIA LU nasce in una famiglia di intellettuali a Taiwan ed emigra negli Stati Uniti all’inizio degli anni ‘70. Si forma sia presso il Collegio di Cultura Cinese a Taipei e presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Bruxelles, conseguendo successivamente la Laurea Triennale e Magistrale in Pittura presso l’Università statale della California. Inizia a scrivere come critica d’arte e l’attività curatoriale negli anni Settanta. Tornata a Taiwan, inizia ad aiutare il governo a elaborare delle politiche riguardo l’arte pubblica e la promozione dell’educazione artistica verso il grande pubblico. Victoria Lu è stata la prima donna critica d’arte e curatrice del mondo artistico contemporaneo cinese. Attualmente insegna al programma di Dottorato in “Creative Industry” presso l’Università Shih-Chien di Taipei e presso la Scuola di Cinema e Audiovisual di Barcellona. Collabora, inoltre, con diverse istituzioni culturali ed è Direttrice Creativa del Museo di Arte Contemporanea di Shanghai, dell’Art Center Bund 18 di Shanghai, del Museo di Arte contemporanea Moon River di Pechino e del Museo Today Art di Pechino. È direttrice del Programma di Ricerca Estetica URBart all’ Università Autonoma di Barcellona e all’EINA Istituto Universitario di Design e Arte di Barcellona e Presidentessa dell’ Hub Creativo Future Pass di Taipei, Shanghai, Hangzhou e Los Angeles. Ha curato l’evento collaterale alla 54esima Biennale di Venezia “Future Pass: From Asia to the World”.

ANGELO MAGGI

ANGELO MAGGI è professore associato di Storia della rappresentazione fotografica dell’architettura e Storia dell’architettura contemporanea presso l’Università IUAV di Venezia. Attualmente ricopre il ruolo di mandatario del Rettore Iuav per le Relazioni Internazionali. Orientato agli studi della fotografia d’architettura, nell’insegnamento svolto presso numerose università italiane ed estere e nei lavori recenti, egli ha approfondito temi relativi alla rappresentazione intesa come strumento di indagine storiografica. Maggi ha largamente pubblicato saggi e libri. E’ autore di studi scientifici sulle figure di John Soane, Robert Byron, Evelyn George Carey, Giorgio Casali, Italo Zannier, Luigi Ghirri, Helmut Gernshiem, Lucia Moholy e attualmente svolge un lavoro di riscoperta e rivalutazione del fotografo d’architettura e saggista George Everard Kidder-Smith con contributi editoriali e partecipazione a conferenze internazionali.

SEN FU

SEN FU è nato nel 1987 a Qingdao, in Cina. Ha conseguito la laurea triennale in New Media e un Master in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università Ca’Foscari di Venezia dove sta lavorando ad una tesi sulla Storia dei Padiglioni della Biennale Cinese.

Ha avuto le seguenti esperienze lavorative presso la Biennale di Venezia: Regia del documentario di “Future Pass” per Evento Collaterale 2011; Assistente curatore di “Cracked Culture” e “Eastern Border”, Evento Collaterale 2011; Assistente curatore “The voice of unseen” per Evento Collaterale 2013; Curatore della mostra “A light-year”, Evento Collaterale, nel 2015; Produttore di “Modus” per Evento Collaterale nel 2017. Curatore e produttore di “Chinese Medicine” presso la Ierimonti Gallery di New York nel 2018. Coordinatore dell’evento collaterale Biennale Architettura 2021 di Venezia dal titolo Hakka Earthen Houses on variation – Co-operative Living, Art and Migration Architecture in China a Forte Marghera.


MOSTRA
1° Annual METAVERSE Art @ VENICE
gEnki
a cura di Angelo Maggi e Fu Sen
27.04.2022 > 23.11.2022

IDEAZIONE e ORGANIZZAZIONE
Victoria Lu
CURATORE TECNICO
Richard Juang

COMITATO SCIENTIFICO
Phd. Angelo Maggi, Fei Jun, Xue Lei, Popil and Chen Xu.

PATROCINI E PROMOTORI
Università IUAV, Venezia  
Scuola di Dottorato di Storia delle Arti, Università Ca’ Foscari, Venezia
Qingdao Wanmei Shengshi Technology Information Co., Ltd
Huahan International Culture Development Company

PROGETTO DI ALLESTIMENTO
Studio di Architettura andreanalesso – Padova

SITO WEB
www.annualmetaverseart.com

SOCIAL
Instagram @annualmetaverseart

DOVE
Spazio Thetis – Officina Lamierini e Tesa 106
Arsenale Nord, Venezia
Vaporetto linea 4.1- 4.2 – 5.1- 5.2 Fermata: Bacini

ORARI DI VISITA
Dal martedì alla domenica (lun chiuso) dalle 10 alle 18

Ufficio stampa nazionale e PR
FG Comunicazione – Venezia
Cristina Gatti
Tel (39) 338 6950929
Email cristina.gatti@fg-comunicazione.it

Ufficio stampa internazionale
Megawatts Communications
Liz Chu
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