Picasso, Depero, Klee, Sarzi, hanno guardato al “gioco creativo” come fonte di ispirazione estetica

Fortunato Depero, Gallina (Marionette dei Balli Plastici) 1918 (ricostruzione 1980) legno, 62 x 56 x 13 cm
Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto –
Fondo Depero (MD 0026-f) – Foto © Archivio fotografico e Mediateca Mart

MARIONETTE  E  AVANGUARDIA
PICASSO DEPERO KLEE SARZI

Reggio Emilia, Palazzo Magnani

17 novembre 2023 – 17 marzo 2024

Quella proposta dalla Fondazione Palazzo Magnani a Reggio Emilia, dal 17 novembre 2023 al 17 marzo 2024, è una mostra-spettacolo assolutamente originale, nel senso che una mostra così in Italia non si è mai vista. E nemmeno all’estero.
Ad andare in scena sarà “Marionette e Avanguardia. Picasso · Depero · Klee · Sarzi“, coordinata da James Bradburne, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani.

L’esposizione si sviluppa attorno al concetto di “quarta parete”, ovvero la capacità di coinvolgimento emotivo che fa di uno spettacolo ben riuscito una realtà capace di immergere lo spettatore nella storia messa in scena. Quando una marionetta o un burattino rompe la quarta parete, conquista la fiducia del pubblico, dando allo spettacolo il potere di sfumare la divisione tra palcoscenico e mondo, tra arte e vita.

A capirlo bene sono stati quegli artisti – protagonisti del mondo dell’Arte e del Teatro di figura – che, piuttosto che liquidare le marionette e i burattini (in inglese si usa per entrambi il termine puppets) come semplici giochi per bambini, hanno preso sul serio il loro entusiasmo e anzi, hanno guardato al “gioco creativo” come a una fonte di ispirazione estetica per cercare nuove modalità di espressione visiva. La nozione stessa di “bambino” come distinto dall’adulto si è manifestata in vari modi nel corso del Novecento e ha stimolato alcuni artisti a sfruttare il potenziale educativo del “teatro di figura”, spesso apparentemente legato ai bambini, per creare un mondo migliore e migliorare i cittadini in un momento cruciale del loro sviluppo.

Mentre alcuni artisti vedevano il potenziale delle marionette e dei burattini per immaginare un mondo migliore, i satirici usavano spettacoli trasgressivi e pungenti per attaccare l’establishment politico. Rivolgendosi a un pubblico adulto e attingendo a una solida tradizione di satira politica del “teatro di figura”, i burattini, in particolare, sono stati usati anche per criticare le condizioni politiche e sociali. La miniatura di un burattino, infatti, lo rende un portavoce sicuro per una protesta a voce alta, perché la sua mordacità è mitigata dalla carineria. Chi potrebbe essere infastidito da un puppet? I burattini dicono la verità al potere in un modo in cui gli attori teatrali tradizionali non possono mai farlo.

A Palazzo Magnani ad accogliere i visitatori sono i costumi a grandezza naturale disegnati da Pablo Picasso per Parade, balletto coreografico che i Ballets russes di Sergej Djaghilev portarono in scena a Parigi nel 1917.

Poi una folla di puppets: le marionette (manipolate dall’alto) e i burattini (manipolati dal basso), dagli esemplari più antichi, come i Pulcinella o gli Arlecchino della Commedia dell’Arte, a quelli di Otello Sarzi, reggiano di adozione, realizzati con materiali sperimentali.

Due palcoscenici (a simulare una baracca e un castelet) allestiti nelle sale a piano terra, consentiranno a tutti i visitatori di cimentarsi con il “teatro di figura”. Grazie alla collaborazione con la Compagnia marionettistica Carlo Colla di Milano e l’Associazione 5T di Reggio Emilia, un ricco programma di micro-spettacoli/performance, interpretati da professionisti del “teatro di figura”, anima i fine settimana per tutta la durata della mostra. Vedendoli all’opera c’è da chiedersi: “Le marionette e i burattini vanno in paradiso quando muoiono?”, domanda del tutto naturale, collocandosi i puppets in una zona grigia, tra creature viventi e oggetti inanimati.

Alcuni protagonisti dell’Arte si sono “appropriati” e cimentati in questa forma d’arte per la loro qualità di incantesimo e ambiguità. I registi come mezzo per sostituire gli attori. Il sogno di dare vita agli oggetti e le conseguenze della loro autonomia hanno affascinato scrittori e artisti da Collodi a Capek, ma anche tanti artisti italiani come i futuristi Enrico Prampolini e Fortunato Depero: le marionette esprimevano un’estetica macchinica, erano astratte e, dopo la devastazione della Prima guerra mondiale, catturavano la triste realtà dei soldati di ritorno amputati e mutilati, come illustrato da Sironi, Carrà e de Chirico.

Fino alla fine degli anni Venti, Vienna era una delle capitali culturali europee e, insieme a Berlino, una fucina di creatività nell’arte, nel teatro, nella musica, nella filosofia e nelle scienze.

Alla fine dell’Ottocento, sull’onda dell’orientalismo, le classiche marionette giavanesi cominciarono ad apparire sulle scene europee. L’artista e illustratore austriaco Richard Teschner, in particolare, sviluppò l’arte della marionetta a bastone fino a raggiungere un punto culminante, che influenzò artisti da Parigi a Mosca.

Grazie alla riscoperta da parte di Oskar Schlemmer del classico di Kleist Sul teatro delle marionette (1810), le marionette, i giocattoli e i giochi per bambini divennero un elemento centrale della pratica del Bauhaus nella Weimar degli anni Venti: Paul Klee, Andor Weininger, Lothar Schreyer, Sophie Täuber Arp e Oskar Schlemmer.

L’indagine si sposta quindi sull’avanguardia russa con “Le marionette e la Rivoluzione”. Quando Lenin e la moglie Natalia Krupskaya decisero di combattere l’analfabetismo e di formare il nuovo cittadino sovietico, capirono che l’uso delle marionette era l’ideale e, lavorando con artisti, architetti e scrittori di primo piano, figure come Natalia Sats, Samuil Marshak, El Lissitzky, Aleksandra Ekster, Nina Efimova, hanno sperimentato nuove forme di teatro per bambini.

L’esposizione si completa con un omaggio a Otello Sarzi (Vigasio, VR 1922 – Reggio Emilia 2001) grazie alla stretta collaborazione con la Fondazione Famiglia Sarzi. Nato da una tradizione di burattinai che durava da generazioni, Otello fu un giovane aiutante della compagnia itinerante di famiglia che, nel tempo, entrò in contatto con alcuni dei protagonisti della scena artistica, teatrale e cinematografica italiana dell’epoca.  Nel 1957, a Roma, Otello inizia la sua opera creativa e innovativa con il “T.S.B.M.” Teatro Stabile Burattini e Marionette, intrattenendo importanti collaborazioni, mettendo in scena testi di Brecht (Un uomo è un uomo), Garcia Lorca (Il teatrino di Don Cristobal) e Arrabal (Pic-nic) e realizzando, con tecniche innovative, anche figure molto grandi. Ne è un esempio la figura gigante di carta realizzata da Otello Sarzi per lo spettacolo Mavra di Igor Stravinskij rappresentato al Festival “Due Mondi” di Spoleto nel 1984. La compagnia intraprende tournée anche all’estero e, nel 1969, si stabilisce presso Reggio Emilia, alternando presenze nazionali, europee e internazionali. Frequenti sono le collaborazioni con la televisione italiana. Numerosi i suoi spettacoli di rilievo, spesso anche tecnicamente molto complessi, ambiziosi e sempre caratterizzati da un forte impegno culturale e un’esplicita consapevolezza politica. Otello Sarzi rappresenta, in Italia, uno dei momenti più alti e importanti del “teatro di figura” nel secondo dopoguerra.

El Lissitzky
Interpretazione 3D di Giramondo, (IN DER ZEIT), “The Time Traveller” (1923)
costruzione e design di Henry Milner, 2009 da El Lissitzky, Figure.
Il Design plastico dello spettacolo elettro-meccanico
“Vittoria sul sole”
Vernice di cellulosa su legno, metallo, plexiglass, 60,5 x 42 x 28 cm
Paesi Bassi, Eindhoven, Collezione Van Abbemuseum
Photography: Perry van Duijnhoven, Eindhoven

Ritengo che l’obiettivo principale della mostra sia quello di aprire uno spazio dell’immaginazione in cui un bastone possa tornare a essere un cavallo, un drago o un flauto“, chiosa James M. Bradburne, che della mostra è il coordinatore scientifico.

Questa proposta assolutamente originale rappresenta un altro bel traguardo raggiunto da Palazzo Magnani nel segno non soltanto della qualità artistica, ma anche di una grande attenzione a due tratti distintivi della nostra comunità: l’estro, il genio e la fantasia del nostro territorio, qui testimoniati dalle opere di Otello Sarzi, e il sistema educativo, un’altra nostra eccellenza, pure protagonista di questo progetto“, dice il Presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giorgio Zanni.

“Una mostra davvero unica – aggiunge l’Assessora alla cultura e al marketing territoriale del Comune di Reggio Emilia, Annalisa Rabitti – che parla di marionette e burattini come un mondo artistico, scoprendolo nel percorso dei grandi nomi dell’arte del Novecento come Picasso, Depero, Klee e mette in relazione questi grandissimi con Otello Sarzi, una figura poetica che ha segnato la storia artistica ed educativa di Reggio Emilia.  Questa, infatti, diventa un’occasione per valorizzare il nostro patrimonio cittadino e metterlo in connessione con il patrimonio internazionale del “teatro di figura”. Una mostra sognante, Marionette e Avanguardia parlerà un linguaggio trasversale, tanto ai bambini quanto al mondo degli adulti, che anche grazie a laboratori e incontri collaterali alla mostra, sarà l’occasione per far riemergere la parte più bella di noi adulti, la meraviglia tutta infantile che le marionette e i burattini sanno evocare”.

Rossella Cantoni, la Presidente della Fondazione Famiglia Sarzi, racconta: “Nel 2022, anno del centenario della nascita di Otello Sarzi, avevamo proposto alla Fondazione Palazzo Magnani una mostra che rendesse omaggio alla portata innovativa del lavoro dell’artista burattinaio. Successivamente la scelta compiuta dalla Fondazione Magnani e da James Bradburne, ha allargato molto gli orizzonti e gli obiettivi, accogliendo il nome di Otello Sarzi accanto ai prestigiosi Picasso, Depero, Klee, Teschner. Questa scelta ci rende pieni d’orgoglio per il riconoscimento alla grande creatività, alla tecnica rappresentativa e all’impegno sociale espressi da Otello Sarzi nei tanti decenni di vita e di lavoro espressi nella nostra Reggio Emilia“.

Dopo il lavoro svolto con le mostre “What a Wonderful World” e “L’arte inquieta. L’urgenza della creazione”, con questo progetto espositivo – dice Maurizio Corradini, Presidente della Fondazione Palazzo Magnani – la Fondazione prosegue nel suo progetto di valorizzazione del patrimonio locale, ponendolo in dialogo con i grandi movimenti artistici europei. La mostra sarà anche l’occasione per riscoprire una parte importante della vocazione educativa della nostra città, (quando personaggi straordinari si trovarono a lavorare fianco a fianco, sperimentando e innovando), nonché l’opportunità di riappropriarsi di quella forza creativa, quel potere di immaginazione, che ognuno di noi ha fin dalla tenera età, ma che fatica a mantenere nel corso della vita.”

Arricchiranno la mostra una serie di attività collaterali – visite guidate, conferenze, attività formative e didattiche per scuole di ogni ordine e grado, corsi di aggiornamento per insegnanti – progettati e realizzati dal Dipartimento didattico della Fondazione Palazzo Magnani in collaborazione con Fondazione Reggio Children Fondazione Famiglia Sarzi; eventi esclusivi per aziende nonché progetti speciali per soggetti con fragilità in collaborazione con FCR – Farmacie Comunali Riunite (progetto Reggio Emilia Città senza Barriere), ASP Reggio Emilia Città delle persone, Consorzio Oscar Romero (progetto Strade), AUSL di Reggio Emilia, con l’obiettivo di parlare a diversi pubblici, nella consapevolezza che l’arte, fruita e praticata, sia la strada maestra per coniugare sviluppo individuale e coesione sociale.

Hanno contribuito alla realizzazione della mostra: Attolini Spaggiari Zuliani & Associati Studio Legale e Tributario, FCR- Farmacie Comunali Riunite, Coopservice Soc. Coop., NaturaSì e Emak S.p.A..  

La mostra è, inoltre, l’occasione per stimolare riflessioni attraverso una serie di incontri pubblici su tematiche storico-artistiche, ma anche di stretta attualità. Se da un lato viene approfondito il contesto storico dei movimenti e dei protagonisti della mostra, così come la dimensione pedagogica del burattino in alcune delle grandi tradizioni europee, fino alle sperimentazioni degli anni Settanta e Ottanta del Novecento che hanno fatto di Reggio Emilia una delle capitali mondiali della ricerca in ambito educativo, dall’altro l’attenzione è portata su alcuni aspetti meno noti del teatro di figura come il tema dell’embodiment e del doppio, fino agli automi e agli avatar digitali; l’utilizzo del teatro di figura come strumento per prendersi cura delle persone e delle relazioni, gli aspetti  filosofici, psicologici e psichiatrici ad esso correlati.

Giovanni Stanghellini, Mauro Sarzi, Alessandro Bergonzoni,  Fulvio De Nigris, Adriano Ferrari, Martina Mazzotta, Gabriele Vacis, Christian Fuchs, Nicoletta Misler,  Moreno Pigoni sono solo alcuni dei protagonisti che ci accompagneranno in questo viaggio meraviglioso.

Marionette e avanguardia nasce anche per far rivivere il valore della creatività e il potere  dell’immaginazione in ognuno di noi, per questo durante il primo weekend di apertura, tutto Corso Garibaldi sarà animato da eventi e spettacoli: ci sarà il mercato tradizionale con artigianato artistico, negozi aperti anche la domenica, performance sui trampoli, laboratori per famiglie e, naturalmente, spettacoli di burattini!


Mostra in collaborazione con:

Nel 2020 James M. Bradburne ha fondato il Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura dell’Infanzia (CIRCI) con la seguente missione: preservare, studiare e comunicare l’esperienza dell’infanzia e i valori della curiosità, della creatività e dell’apprendimento. CIRCI si impegna a difendere la competenza, la curiosità, l’immaginazione, l’ambizione, i desideri e i diritti umani fondamentali del bambino tramite ricerche archivistiche, progetti sperimentali e collaborazioni artistiche. Il centro è ospitato presso la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano ed è coordinato da un consiglio di amministrazione indipendente e internazionale. Tra le ricerche condotte sino ad ora ed attualmente in corso di realizzazione: il libro per bambini nella collezione sovietica dei coniugi Hans Edward e Hedwig Adler; il libro per l’infanzia nella collezione dell’architetto viennese Otto Prutscher; la pedagogia della DDR nella collezione berlinese di libri per bambini di Hein Köster; la propaganda nella collezione dell’Archivio dei Quaderni di Scuola di Milano; la rappresentazione del conflitto nei disegni dei bambini (1914-2022); un’opera di marionette ispirata al racconto “Il viaggio sul pesce” di Tom Seidmann-Freud, nipote di Sigmund Freud.

La Fondazione, costituita nel 1996 per volontà di Otello Sarzi, si pone come fine la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico della Famiglia Sarzi, teatranti e burattinai da generazioni, nonché la promozione dei valori culturali ed artistici espressi durante la loro lunga attività professionale. Il 21 giugno 2019 viene inaugurato il nuovo percorso museale “La casa dei burattini di Otello Sarzi” che illustra la storia, l’attività e il pensiero di questa famiglia di teatranti divenuta protagonista del Teatro di figura nazionale e internazionale. La sede espositiva si trova a  Cavriago (Reggio Emilia) in Via Buozzi 2.


Ufficio stampa: Studio ESSECI di Sergio Campagnolo s.a.s.
Simone Raddi, tel. 049.66.34.99; simone@studioesseci.net

Ufficio stampa Fondazione Palazzo Magnani
Stefania Palazzo, tel. 0522.444409; s.palazzo@palazzomagnani.it

Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano: “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”

MNIR, Elmo di Coţofenești

21 novembre 2023 – 21 aprile 2024

Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano

Oltre 1000 opere provenienti da 47 musei della Romania esposte per la prima volta in Italia

Dal 21 novembre 2023 il Museo Nazionale Romano ospita nelle Aule delle Terme di Diocleziano la mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”, la più grande e prestigiosa esposizione di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni, per ripercorrere lo sviluppo storico e culturale del proprio territorio nell’arco di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C.

La mostra, a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, si riallaccia alle esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romani, 2022), ampliandone il percorso: a Roma infatti (fino al 21 aprile 2024) saranno presentati circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova, per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano.

MNIR, Testa dalla tomba principesca di Peretu

La realizzazione dell’evento è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione generale Musei.

Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: sono trascorsi infatti 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima agenzia diplomatica della Romania in Italia.

MINAC, Glykon di Tomis

L’esposizione, il cui tema centrale è la costruzione della Romanità, mette insieme importanti reperti – come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; il magnifico elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col sorprendente cimiero a forma di aquila; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. – per seguire l’evoluzione storica dell’attuale Romania e raccontare i numerosi contatti e scambi avvenuti grazie all’abbondanza di risorse del territorio e alla posizione privilegiata tra l’Europa e l’Asia.


Museo Nazionale Romano
mn-rm@cultura.gov.it
Ufficio stampa Angelina Travaglini
mn-rm.eventi@cultura.gov.it

Ambasciata della Romania in Italia

roma@mae.ro

Ufficio stampa mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”
Adele Della Sala
ads@ufficiostampa-arte.it

A Bologna Lippo di Dalmasio, il più noto e celebrato dei pittori bolognesi del tardo Medioevo

Scultore bolognese (inizio XV sec.) Sepolcro di dottore (Pietro di Boncompagni?), 1408 ca.
Pietra calcarea, cm 75 x 195 – Bologna, Museo Civico Medievale, n. inv. 1652

A cura di Massimo Medica e Fabio Massaccesi

Mostra promossa da Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica e Dipartimento delle Arti – Alma Mater Studiorum Università di Bologna
In collaborazione con Pinacoteca Nazionale di Bologna

18 novembre 2023 – 17 marzo 2024
Museo Civico Medievale | Lapidario
Via Manzoni 4, Bologna


www.museibologna.it/arteanticaì

Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna presentano la prima mostra monografica dedicata a Lippo di Scannabecchi detto Lippo di Dalmasio, il più noto e celebrato dei pittori bolognesi del tardo Medioevo, documentato a Pistoia e a Bologna dal 1377 al 1410.
Lippo di Dalmasio e le arti a Bologna tra Trecento e Quattrocento, a cura di Massimo Medica e Fabio Massaccesi, è visibile nel Lapidario del Museo Civico Medievale dal 18 novembre 2023 al 17 marzo 2024. L’inaugurazione si è svolta venerdì 17 novembre 2023 alle ore 17.30.

Promossa dai Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici Bologna congiuntamente con il Dipartimento delle Arti – Alma Mater Studiorum Università di Bologna, con cui si rinnova in questa circostanza uno stretto rapporto di cooperazione e scambio di lungo corso, e in collaborazione con la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’iniziativa espositiva si configura idealmente come capitolo conclusivo di un ciclo di mostre dedicato ai principali protagonisti della pittura gotica bolognese, che con le loro prolifiche botteghe dominarono la scena cittadina tra Trecento e Quattrocento: Vitale da Bologna (2010), Simone dei Crocifissi e Jacopo di Paolo (2012) e Giovanni da Modena (2015).

Conferenza stampa della mostra Lippo da Dalmasio 16.11.2023

Attraverso un aggiornato lavoro di ricerca, la presentazione di due opere inedite e una campagna di restauri eseguiti per questa occasione, la mostra intende proporre una rivalutazione organica della personalità e del percorso di Lippo di Dalmasio in riferimento al contesto del sistema culturale in cui si trovò ad operare, restituendo nella sua reale collocazione storico-artistica l’ampiezza sfaccettata e l’altissima qualità tecnica della sua produzione, soggetta nei secoli a giudizi altalenanti, oltre la fama stereotipata di pittore prettamente devozionale.

Si devono ai critici d’arte seicenteschi bolognesi Francesco Cavazzoni (Pitture et sculture et altre cose notabileche sono in Bologna e dove si trovano, 1603) e Carlo Cesare Malvasia (Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, 1678) le prime attestazioni di riconoscimento dell’artista come uno degli autori più compiuti della tradizione pittorica emiliana del XIV secolo e fonte di ispirazione per importanti innovatori barocchi come Guido Reni.
Il clima controriformato gli attribuì un primato nella frequentazione di soggetti mariani, cristallizzandone la fama di ‘pittore cristiano e devoto della Madre di Dio’ con l’attribuzione del soprannome “Lippo delle Madonne”, in parte giustificato dalla sopravvivenza di molte sue opere raffiguranti l’iconografia della Madonna con il Bambino detta “dell’Umiltà”, venerate come immagini miracolose e parte delle quali esposte in mostra (affresco Chiesa di Santa Maria della Misericordia; tempera su tela, BPER Banca; affresco inedito, collezione Michelangelo Poletti).
Le stesse ragioni che ne avevano consacrato la fortuna in base ai parametri del gusto post-tridentino contribuirono a decretarne la svalutazione nella percezione critica in epoca moderna. Nella letteratura artistica del XIX e XX secolo la sua arte venne considerata monotona, modesta e priva di originalità e la sua reputazione rimane ambivalente fino ad anni recenti (risale al 2013 la pubblicazione del primo studio monografico dedicato all’artista). Del resto, la considerazione qualitativa delle opere giunte fino a noi è stata ed è tuttora resa problematica anche dallo stato conservativo in cui ci sono pervenute. Molte, infatti, hanno perduto nel tempo le caratteristiche tecniche a causa del degrado ambientale e a interventi di restauro che ne hanno alterato l’originaria complessità.

Figlio del tuttora misterioso pittore Dalmasio (Bologna, 1315 circa – Bologna, 1374 circa) e nipote del noto artista Simone di Filippo Benvenuti detto Simone dei Crocifissi (Bologna, 1330 circa – Bologna, 1399), Lippo appartenne alla prestigiosa famiglia ghibellina degli Scannabecchi.
Come il padre, fu a lungo attivo in Toscana, a Pistoia, dove è probabile abbia intrapreso la sua attività, ottenendo le prime importanti commissioni. Tale esperienza dovette comunque incidere sulla sua prima formazione, portandolo poi a svolgere un importante ruolo di raccordo tra i due versanti dell’Appennino che gettò un ponte tra la tradizione stilistica neogiottesca riferibile ai fiorentini Orcagna (Andrea di Cione Arcangelo e i fratelli Jacopo e Nardo) e quella sviluppata nel solco di Vitale di Bologna, dalla quale deriva l’accento vivacemente comunicativo delle sue immagini sacre.

Ugualmente determinante dovette essere la sua parentela con Simone dei Crocifissi, con cui Lippo condivise, una volta rientrato a Bologna intorno al 1390, l’atteggiamento fortemente conservatore e “normalizzante” nei confronti dei modi più immaginosi di Vitale da Bologna. Ciò gli permise presto di contribuire al clima di intensa vitalità artistica fiorita intorno all’appena avviato cantiere di San Petronio (1390), come testimonia l’atto del suo coinvolgimento nel 1393 per la realizzazione di un’ancona su tela con la Madonna in trono e santi, ora perduta, per il temporaneo altare maggiore della Basilica, eseguita insieme a Giovanni di Ottonello.

Come risulta dall’ampia documentazione superstite, Lippo seppe abbinare, in questi anni, una carriera di grande successo, contrassegnata da prestigiose commissioni che ne fecero uno dei protagonisti assoluti della stagione pittorica gotico-internazionale a Bologna, ad una brillante ascesa sociale in ambito civico testimoniata dal conferimento di cariche pubbliche di rilievo, fra cui quella di notaio, cavaliere e giudice.

Partendo dall’intento di ricerca e valorizzazione del patrimonio conservato nelle raccolte permanenti dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, il percorso espositivo si compone di 32 opere – tra dipinti su tavolaaffreschisculture e manoscritti – e si articola in tre sezioniTra Bologna e Pistoia: i rapporti con l’arte toscanaBologna 1390 e Un pittore per la città 1400-1410 verso il tardogotico. Accanto ai dipinti e agli affreschi di Lippo di Dalmasio, sono presentate opere di alcuni degli artisti più rinomati a lui contemporanei – Simone dei CrocifissiJacopo di PaoloNicolò di GiacomoGiovanni di Fra SilvestroDon Simone CamaldoleseLorenzo MonacoJacobello e Pierpaolo Dalle Masegne -, prestati per l’occasione da importanti musei, biblioteche, chiese italiane e collezioni private.

Lippo di Dalmasio e le arti a Bologna tra Trecento e Quattrocento Veduta di allestimento
Museo Civico Medievale, Bologna, 2023
Foto Roberto Serra

La prima sezione Tra Bologna e Pistoia: i rapporti con l’arte toscana ripercorre i problematici inizi dell’artista, facendo riferimento ai rapporti allora intercorsi tra Bologna e la Toscana, documentati anche nell’ambito della scultura (Andrea da Fiesole) e della miniatura (Don Simone Camaldolese e Lorenzo Monaco).

La seconda sezione Bologna 1390 ripercorre invece l’attività dell’artista dopo il suo rientro a Bologna, nel corso degli anni novanta del Trecento: appartiene a questo momento l’anconetta Lambertini firmata e datata 1394 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) esposta per la prima volta a fianco delle ante laterali, oggi conservate al Museo Stibbert di Firenze.
Sempre da Firenze proviene dal Museo Casa Rodolfo Siviero una inedita Croce dipinta, recentemente riconosciuta a Lippo di Dalmasio da indipendenti ricerche di Daniele Benati ed Emanuele Zappasodi, che viene presentata a confronto dell’altra Croce delle Collezioni Comunali d’Arte di Bologna, ugualmente attribuita allo stesso artista, proveniente dalla chiesa di San Girolamo della Certosa e frutto di un ammodernamento integrale di un dipinto più antico.
Questa sezione consente inoltre la verifica di raffronti e influenze in relazione alle opere di alcuni dei più noti miniatori (Nicolò di Giacomo, Giovanni di Fra Silvestro) e pittori del momento come documentano le tavole esposte di Simone dei Crocifissi e di Jacopo di Paolo. Artisti con cui Lippo ebbe certamente occasione di interagire, come dimostra anche il polittico dei Pii Istituti Educativi (Bologna, Pinacoteca Nazionale), in cui uno spiccato neogiottismo si fonde con i ricordi della prima esperienza toscana.

L’ultima sezione Un pittore per la città 1400-1410 verso il tardogotico presenta la fase ormai matura dell’artista, scomparso nel 1410, ovvero quando il cantiere di San Petronio era già avviato da quasi vent’anni, durante i quali la città venne ad aprirsi alle più diverse sollecitazioni della cultura tardogotica di cui soltanto in parte Lippo seppe fare tesoro (Adorazione dei Magi, Bologna, Pinacoteca Nazionale), rimanendo profondamente legato fino alla fine alla sua formazione trecentesca.

La mostra si avvale di un comitato scientifico composto da Silvia Battistini, Daniele Benati, Giancarlo Benevolo, Gabriella Bernardi, Mark Gregory D’Apuzzo, Gianluca del Monaco, Fabio Massaccesi, Massimo Medica, Ilaria Negretti, Raffaella Pini, Angelo Tartuferi.

Il catalogo pubblicato da Dario Cimorelli Editore, a cura di Massimo Medica, Fabio Massaccesi e Silvia Battistini, contiene saggi di Giancarlo Benevolo, Raffaella Pini, Daniele Benati, Angelo Tartuferi, Fabio Massaccesi, Massimo Medica, Mark Gregory D’Apuzzo, Gianluca del Monaco, Ilaria Negretti, Silvia Battistini.

Nell’ambito della mostra viene organizzato un ciclo di conferenze di prossimo annuncio e di visite guidate a cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza. Inoltre, dal 22 novembre, tutti i mercoledì dalle ore 14 alle 18 è disponibile al pubblico un servizio di mediazione culturale.
Si ringrazia Roberto Serra.


Albo dei prestatori:
Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Milano
Arcidiocesi di Bologna, chiesa di Santa Maria della Misericordia
Arcidiocesi di Bologna, Museo della Basilica di Santo Stefano
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano
La Galleria BPER Banca, Modena
Diocesi di Pistoia, chiesa di San Bartolomeo in Pantano
Fondo Edifici di Culto, Museo della Basilica di San Domenico, Bologna
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia
Collezione Micherlangelo Poletti, San Martino in Soverzano (BO)
Collezione privata Savelli, Bologna
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo (PR)
Fondazione Musei Civici Venezia – Museo Correr, Venezia
Museo Casa Rodolfo Siviero, Firenze
Museo Stibbert, Firenze
Pinacoteca Nazionale, Bologna
Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale
Settore Musei Civici Bologna | Collezioni Comunali d’Arte
Settore Musei Civici Bologna | Museo Davia Bargellini
e tutti coloro che hanno preferito rimanere anonimi.


Informazioni
Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica
Via Manzoni 4 | 40121 Bologna
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