Galileo Galilei – Dopo 360 anni dalla condanna la Chiesa ammette l’errore

 

Galileo di fronte al Sant’Uffizio, dipinto di Joseph-Nicolas Robert-Fleury

 

21 giugno 1633: Galileo Galilei è costretto all’abiura. 31 ottobre 1992: il Vaticano cancella la condanna del grande scienziato. Sono trascorsi 359 anni, 4 mesi e 9 giorni durante i quali Galileo non è stato considerato tra i figli legittimi della Chiesa. La punizione del Tribunale dell’Inquisizione consegue l’avere appoggiato gli studi di Niccolò Copernico, padre della teoria eliocentrica con la quale si dimostra non più valida la teoria geocentrica espressa da Tolomeo e avvalorata dalla Chiesa. Alla presenza dei membri della Pontificia accademia delle scienze, presieduta da papa Giovanni Paolo II, a Galileo è stata oggi restituita tutta la dignità di uomo e di scienziato. Ripercorriamo in breve le date del processo, leggiamo l’atto di abiura, ovvero la rinuncia libera e perpetua, sotto giuramento, ai principi e ai comportamenti, ai quali Galileo aveva in un primo momento aderito.

Le date del processo (1633)
12 aprile: inizia il processo a Galileo Galilei accusato di non avere seguito il “precetto” del cardinale Bellarmino che gli ha intimato di non sostenere o insegnare la teoria copernicana. Tale teoria ritiene, contrariamente alle scritture, che la terra si muove intorno al sole, il quale rimane immobile.
21 aprile: la Congregazione del Santo Uffizio sentenzia che, per quanto è scritto nel suo “Dialogo”, Galileo deve essere condannato dalla Chiesa.
30 aprile: Galileo dichiara di aver riletto il suo libro, ammettendo che si potrebbe avere l’impressione che egli stia avvalorando la teoria copernicana. Per questo chiede scusa.
10 maggio: Galileo spiega che nel “precetto” del cardinale Bellarmino non ha compreso il divieto di insegnare la dottrina copernicana. Per questo chiede scusa ancora una volta.
16 giugno: la Congregazione del Sant’Uffizio decide che Galileo, dopo avere espresso l’abiura de vehementi, sia condannato al carcere giurando di non esporre più verbalmente o per iscritto la teoria sulla mobilità della Terra e sull’immobilità del Sole.
21 giugno: Galileo è interrogato per l’ultima volta. Alle domande del Tribunale inquisitorio, Galileo dichiara di avere messo a confronto le convinzioni antitetiche di Tolomeo e di Copernico. Tuttavia, in seguito alla proibizione del 1616, che esprimeva l’opposizione teologica al sistema Copernicano, ora dava «per verissima e indubitata l’opinione di Tolomeo». Era, infatti, giunto alla convinzione che nessuna delle due dottrine si potesse avvalere di una valida dimostrazione, di conseguenza «per procedere con sicurezza si dovesse ricorrere alla determinazione di più sublimi dottrine».
22 giugno: nella sala del capitolo del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, Galileo Galilei pronuncia la formula dell’abiura. Il Tribunale – composto dagli inquisitori generali, cardinali Gaspare Borgia, Felice Centini, Guido Bentivoglio, Desiderio Scaglia, Antonio e Francesco Barberini, Laudivio Zacchia, Berlinghiero Gessi, Fabrizio Verospi e Marzio Ginetti – emette la sentenza contro Galileo, «veementemente sospetto d’eresia», condannato al carcere formale e alla recita settimanale dei sette Salmi penitenziali per la durata di tre anni. Pochi mesi dopo la condanna, La pena viene in seguito modificata negli arresti domiciliari presso la villa Il Gioiello ad Arcetri (Firenze), dove Galieo rimane confinato fino alla morte.

Abiura di Galileo Galilei (letta pubblicamente il 22 giugno 1633)
«Io Galileo, fìg.lo del q. Vinc.o Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la S.a Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo S. Off.o, per aver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere ne insegnare in qualsivoglia modo, ne in voce ne in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo e imobile e che la terra non sia centro e che si muova; Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non fìnta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più ne asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.
Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Off.o imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate.
Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.
Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633.
Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria».

 

IL PROCESSO A GALILEO GALILEI, sostenitore della teoria copernicana eliocentrica sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria geocentrica, sostenuta dalla Chiesa cattolica, iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna per eresia e con l’abiura forzata delle sue concezioni astronomiche. Nella Chiesa, due erano i maggiori Ordini tutelari della cultura scientifica e teologica: l’Ordine dei gesuiti, che vantava nelle sue fila numerosi matematici e fisici, e quello domenicano, fedele all’insegnamento dottrinario di san Tommaso, e pertanto sospettoso di ogni novità che a quella metafisica potesse in qualunque modo opporsi. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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LA REPUBBLICA

Il Vaticano cancella la condanna di Galileo

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