Torna a Fano, dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, la Pala di Perugino

Pala di Perugino durante il restauro

Fano: dal 7 dicembre la Pala di Perugino torna con una mostra

Fano, Palazzo Malatestiano, sala Morganti

7 dicembre 2023 – 7 aprile 2024

a cura di Anna Maria Ambrosini Massari

con Emanuela Daffra

INAUGURAZIONE: giovedì 7 dicembre 2023, ore 10

Torna in città, dopo un grande lavoro di restauro, la Pala di Durante, opera identitaria per Fano, conosciuta anche come Pala di Fano, dipinta da Pietro Perugino, il più grande maestro del suo tempo.

Il Palazzo Malatestiano di Fano ospiterà la mostra-dossier fino al 7 aprile 2024.

Sarà un ritorno molto importante e atteso, degna conclusione delle celebrazioni dei cinque secoli dalla morte di Pietro Vannucci, universalmente noto come Pietro Perugino. La Pala di Durante rientra alla sua sede, infatti, dopo un mirabile restauro condotto da un laboratorio di eccellenza, quale è l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che attirerà l’attenzione internazionale su uno dei capolavori del maestro umbro, al suo tempo considerato ‘il primo pittore al mondo’, come lo descrive anche il contratto redatto a Fano.

Un’opera identitaria per la città, detta infatti anche Pala di Fano, che sarà presentata al pubblico dal 7 dicembre 2023 al 7 aprile 2024 presso la sala Morganti del Palazzo Malatestiano, nella mostra-dossier Pietro Perugino a Fano. ‘Primus pictor in orbe’.

La conferenza inaugurale si terrà giovedì 7 dicembre, alle ore 10. La mostra sarà aperta al pubblico dal pomeriggio.

La mostra, curata da Anna Maria Ambrosini Massari con Emanuela Daffra, è realizzata dal Comune di Fano, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure e con il contributo della Regione Marche.

Pala di Perugino durante il restauro

Primus pictor in orbe‘: ‘primo pittore al mondo’, così viene descritto Perugino nel contratto del 1488 che lo portava a lavorare a Fano dove avrebbe realizzato due opere eminenti: la Madonna con il bambino in trono e i santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e la Maddalena, detta Pala di Durante, e l’Annunciazione.

La Pala di Durante, dipinta a olio su tavola, fu eseguita per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Nuova di San Lazzaro e fu realizzata a più riprese, tra il 1488 e il 1497. È così definita dal nome che compare nell’iscrizione sul piedistallo ai piedi della Vergine: Durante di Giovanni Vianuti, che nel 1485 fece un lascito ai frati Minori Osservanti, il cui convento venne più tardi trasferito nell’attuale sede della chiesa di Santa Maria Nuova.

Il pannello principale raffigura la Madonna con il Bambino seduta su un alto trono con ai lati i santi. Il gruppo è disposto all’ombra di un chiostro rinascimentale, aperto sullo sfondo verso un luminoso paesaggio collinare. A completamento della pala, una lunetta con Cristo in Pietà tra i dolenti e santi Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea e una predella con cinque Storie della vita della Vergine, alla cui realizzazione o perlomeno progettazione grafica, alcuni storici dell’arte ritengono che abbia collaborato il più geniale allievo di Perugino e futuro protagonista della scena artistica, Raffaello Sanzio, allora appena quattordicenne.

La Pala di Durante, restituita allo splendore perduto, sarà testimone di un evento senza precedenti che evidenzia la forza di un caso emblematico.

La mostra-dossier consentirà di vedere come mai prima la Pala e ogni sua sezione, attorno a cui saranno disposti resoconti dell’eccezionale restauro e confronti fondamentali, grazie a riproduzioni digitali. In particolare, quello con la cosiddetta ‘pala gemella’, realizzata per l’altare maggiore della chiesa degli osservanti di Senigallia. Un confronto accattivante, con elementi didattici e scientifici di straordinaria importanza, che ci portano dentro le grandi botteghe artistiche del tempo.

Il percorso espositivo, e le sue ricostruzioni virtuali e riproduzioni, racconteranno i momenti che comprendono l’attività fanese, dallo scorcio degli anni Ottanta per arrivare alla conclusione della Pala di Durante nel 1497, quando Perugino era all’apice della carriera e, dopo il successo della direzione del cantiere sistino in Vaticano, lavorava a un ritmo vorticoso che imponeva il riutilizzo di invenzioni fortunate, con variazioni più e meno significative e con l’aiuto di collaboratori.

L’epocale restauro, curato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ha riportato la Pala al suo splendore ed ha permesso di approfondire lo studio dell’opera del Perugino, attraverso un’estesa campagna di indagini diagnostiche, radiografiche, fotografiche e multispettrali e dell’esame dei manufatti al verso, ad opera di un gruppo di lavoro multidisciplinare di restauratori specializzati, storici dell’arte, esperti scientifici e fotografi. Sezione di centrale importanza, che accompagnerà il percorso della mostra, sarà quindi quella relativa alla documentazione del restauro, fonte indubbiamente di molte nuove e ulteriori acquisizioni e precisazioni.

La mostra “Pietro Perugino a Fano” pone la città di Fano al centro di una fase cruciale per la storia dell’arte, a partire dalla disamina delle ‘pale gemelle’ e più in generale dell’attività di Perugino per i committenti fanesi e del loro ruolo centrale ed emblematico.


Per informazioni:
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano
Tel. 0721 887845-847 – museocivico@comune.fano.pu.it
 
Ufficio Stampa Opificio delle Pietre Dure:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. +39. 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)

Bologna: Concluso il progetto sul patrimonio digitale di musei e biblioteche del Comune

Conferenza stampa “Restart La cultura a Bologna è digitale” svoltasi nella Sala stampa “Luca Savonuzzi” di Palazzo d’Accursio, a Bologna.
Da sinistra: Antonella Mampieri (Referente Archivio fotografico e Catalogo Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica), Eva Degl’Innocenti (direttrice Settore Musei Civici Bologna), Elena Di Gioia (delegata alla Cultura di Bologna e Città metropolitana), Veronica Ceruti (direttrice Settore Biblioteche e Welfare culturale Comune di Bologna), Elisa Rebellato (Responsabile Biblioteche di ricerca e conservazione – Settore Biblioteche e Welfare culturale Comune di Bologna).

Si conclude il progetto biennale portato avanti dal Settore Biblioteche e Welfare culturale e dal Settore Musei Civici Bologna, sostenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito del Fondo Cultura 2021, finalizzato al potenziamento delle tecnologie in ambito culturale e all’ampliamento del patrimonio digitale di musei e biblioteche.
I risultati saranno presentati alla città mercoledì 6 dicembre in Archiginnasio.

Potenziare l’uso delle tecnologie in ambito culturale e ampliare il patrimonio digitale di musei e biblioteche sono gli obiettivi portati avanti negli ultimi due anni grazie a Restart. La cultura a Bologna è digitale, progetto a cura del Settore Biblioteche e Welfare culturale e del Settore Musei Civici del Comune di Bologna, sostenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito del Fondo Cultura 2021.

Il Dipartimento Cultura Sport e Promozione della città – cui afferiscono i due Settori – ha da tempo avviato progetti e interventi di adeguamento strutturale e implementazione delle tecnologie digitali per continuare a rispondere a quella che fino a qualche anno fa veniva definita la “sfida del digitale”, ma che oggi è un orizzonte di lavoro irrinunciabile.
Un elemento acceleratore di tali processi è stata senz’altro la pandemia da Covid-19, durante la quale le azioni in campo digitale hanno assunto un carattere di vera e propria urgenza, poiché solo grazie a questi strumenti è stato possibile, nei mesi di forzata chiusura al pubblico in presenza, garantire il proseguimento di alcuni servizi fondamentali delle Biblioteche e dei Musei. Per consentire modalità di fruizione del patrimonio bibliotecario e museale sono state infatti ideate e potenziate molteplici iniziative: prestito digitale, fornitura di riproduzioni, Document Delivery, palinsesti seriali sui social media, dirette streaming, sviluppo di app, video e virtual tour solo per citare le attività principali.

Restart. La cultura a Bologna è digitale è stato realizzato, anche a partire da tali istanze, grazie al cofinanziamento previsto dal bando del Ministero della Cultura del 20/5/2021, vinto dal Comune di Bologna per l’Area Nord-Est.
L’importo totale del progetto ammonta a € 392.000, di cui 235.200 finanziati dal MiC.

È la figura nodale di Pelagio Palagi (Bologna, 1775 – Torino, 1860) – artista, architetto ed eclettico collezionista di antichità, incisioni e disegni, destinati per suo lascito testamentario al Comune di Bologna dai quali trae origine l’attuale rete culturale cittadina – a fare da filo conduttore tra i soggetti coinvolti e le azioni realizzate: la Biblioteca dell’Archiginnasio, con la messa on line della nuova biblioteca digitale ARBOR e con il restauro di 157 disegni realizzati dallo stesso Palagi; il Museo Civico Archeologico, il Museo Civico Medievale, il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, il Museo civico del Risorgimento, il Museo del Patrimonio Industriale e il Museo internazionale e biblioteca della musica con inventariazione, catalogazione, digitalizzazione e ricostruzione tridimensionale del patrimonio.

Disegno restaurato
con progetto Restart. La cultura a Bologna è digitale (2996)
Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio

Il progetto e i risultati conseguiti saranno presentati in un evento aperto al pubblico mercoledì 6 dicembre 2023 alle ore 17.30 nella Sala dello Stabat Mater in Archiginnasio.

Interverranno: Elena Di Gioia, delegata alla cultura di Bologna e Città metropolitana; Osvaldo Panaro, direttore Dipartimento Cultura Sport e Promozione della città; Veronica Ceruti, direttrice Settore Biblioteche e Welfare culturale; Eva Degl’Innocenti, direttrice Settore Musei Civici Bologna.
I referenti e le referenti di Biblioteche e Musei che hanno preso parte alle fasi operative, tra il 2021 e il 2023, racconteranno gli interventi realizzati.
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Gli obiettivi principali portati avanti grazie a Restart sono stati:
1. incrementare il patrimonio digitale dei musei e delle biblioteche;
2. adottare soluzioni per la conservazione a medio e lungo termine e per l’interoperabilità e la condivisione dei dati del patrimonio digitalizzato.

I criteri che hanno portato alla scelta dei materiali da digitalizzare sono stati condivisi tra i diversi musei e biblioteche partecipanti e hanno incluso: la rilevanza del documento o degli oggetti nel suo insieme, il valore dell’opera come documento dei tempi, la connessione o legame significativo e diretto con la realtà e la cultura locale, l’appartenenza del documento e dell’oggetto a fondi significativi della biblioteca o del museo in questione.

Per il Settore Biblioteche e Welfare culturale gli obiettivi previsti da Restart si sono realizzati grazie ad attività che hanno interessato la Biblioteca dell’Archiginnasio.
Nell’obiettivo 1 – incremento del patrimonio digitale – sono rientrati interventi di restauro, condizionamento e digitalizzazione di una consistente sezione dei disegni di Pelagio Palagi. La collezione palagiana custodita presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe della Biblioteca comprende nel suo complesso circa 4.000 disegni autografi e di artisti a lui coevi, confluiti nelle raccolte Disegni Palagi e Disegni di autori vari. Entrambi i fondi nel corso degli ultimi anni sono stati oggetto di un approfondito studio e di un accurato lavoro di catalogazione secondo lo standard ICCD.
All’interno del considerevole nucleo di disegni sono stati selezionati 157 elaborati, per la maggior parte di grandi dimensioni, che versavano in condizioni critiche e che, per motivi conservativi, erano esclusi dalla consultazione. L’intervento di restauro di tali disegni, affidato al laboratorio specializzato Formula Servizi,  si è concluso nei tempi previsti, rendendo nuovamente consultabili i 157 disegni restaurati e condizionati e mettendo a
disposizione le relative immagini digitali ad alta definizione. A completamento del progetto sono stati riprodotti ad alta definizione anche 853 disegni di grande formato, selezionati tra le raccolte del Gabinetto disegni e stampe, al fine di offrire una modalità di consultazione potenziata degli originali, preservandone lo stato di conservazione.
Ha invece risposto alle richieste dell’obiettivo 2 – adottare soluzioni per la conservazione a medio e lungo termine e per l’interoperabilità e la condivisione dei dati del patrimonio digitalizzato – la realizzazione diuna nuova piattaforma digitale per l’Archiginnasio.
Negli ultimi vent’anni l’Archiginnasio ha implementato con propri documenti la Biblioteca digitale Archiweb presente sul proprio sito, all’interno della quale sono stati pubblicati nuclei di documenti riguardanti la storia di Bologna, i fondi della Biblioteca, gli strumenti di ricerca più richiesti e utilizzati, una selezione di documenti unici e maggiormente consultati.

Complessivamente Archiweb raccoglie nei propri server circa 1 milione e mezzo di file e l’utilizzo e la consultazione da parte degli utenti è costantemente in crescita: negli ultimi 10 anni la media è stata di 800.000 pagine consultate e 80.000 visitatori all’anno. Tali numeri hanno imposto il superamento dell’obsolescenza del software e l’aggiornamento dei server di pubblicazione suggerendo l’adozione di un sistema capace di offrire maggiore interoperabilità e nuovi servizi all’utenza.

Grazie a Restart è stata così ideata e realizzata la nuova piattaforma ARBOR ARchiginnasio Bologna Online Resources, basata sulle più aggiornate soluzioni tecnologiche, in particolare sul protocollo IIIF (International Image Interoperability Framework), per l’accesso tramite un’interfaccia unica, con funzioni di ricerca avanzate, alle raccolte digitali delle Biblioteche di conservazione e specializzate del Comune di Bologna, che consentirà l’utilizzo di funzionalità innovative di fruizione per diversi pubblici. Il protocollo IIIF metterà in dialogo la nuova Biblioteca digitale con le più importanti biblioteche digitali, che già si sono allineate a questo standard (Gallica, DigiVatLib, The British Library, ma anche, per restare in ambito emiliano, Estense Digital Library). Le banche dati che componevano Archiweb sono confluite in ARBOR (https://arbor.medialibrary.it/home/index), ospitata su server MLOL, con un’unica interfaccia e funzioni di ricerca multipla, e saranno a disposizione del pubblico a partire dal 6 dicembre.

Per il Settore Musei Civici Bologna gli obiettivi del progetto – e in particolare l’obiettivo 1 – sono stati realizzati grazie ad una serie di attività che hanno coinvolto sei sedi.

Il Museo Civico Archeologico ha proposto due progetti: la produzione di modelli tridimensionali di cinque sarcofagi egizi e la ricostruzione tridimensionale del  monumento sepolcrale a cuspide da Maccaretolo, a partire dall’acquisizione digitale dei tre elementi architettonici superstiti conservati in museo.
Il rilievo fotogrammetrico e laser scanning di cinque sarcofagi antropoidi di XXIV-XXVI dinastia, uno dei nuclei di eccellenza della Collezione Egizia del museo, ha permesso la produzione dei relativi modelli tridimensionali, che possono avere una serie di applicazioni sia nel campo della ricerca che in quello della divulgazione.

L’attività di digitalizzazione, condotta dal Politecnico di Milano, ha visto l’impiego di due differenti tecniche per l’acquisizione del dato rispondenti ad esigenze diverse. Nello specifico sono state adottate tecniche laser scanner a luce strutturata e tecniche fotogrammetriche.
L’attività di digitalizzazione ha interessato i cinque diversi sarcofagi, ciascuno di essi composto da due parti: coperchio e alveo.
I modelli tridimensionali dei sarcofagi così ottenuti sono già disponibili alla comunità scientifica per lo studio del layout pittorico e testuale, in attesa di renderli disponibili anche al pubblico del museo. Questi forniscono inoltre importanti informazioni per eventuali interventi conservativi e studi interdisciplinari.
Il monumento sepolcrale a cuspide da Maccaretoloappartiene ad un tipo architettonico i origine ellenistica, molto diffuso in Emilia-Romagna e Veneto durante la prima età imperiale romana, dove caratterizzava le sepolture di personaggi appartenenti ai ceti più elevati della società. Il monumento era costituito da un podio quadrangolare, sormontato da un corpo a forma di cella templare con finta porta e coronato da una cuspide piramidale, che terminava in alto con un capitello corinzio. Proviene dal territorio a nord est di Bologna, nei pressi di San Pietro in Casale, in località Maccaretolo e fu scoperto nei primi decenni dell’Ottocento; dell’imponente struttura rimangono solo una statua maschile, il capitello che coronava la guglia (esposti nell’atrio del museo) e una voluta angolare.
L’acquisizione digitale dei tre elementi conservati in museo, unitamente ai dati di tipo archeologico e bibliografico relativi a questa classe di monumenti sepolcrali, ha permesso di realizzare un’accurata ricostruzione tridimensionale della tomba nella sua integrità, con il posizionamento dei frammenti rilevati nella giusta collocazione originaria. In questo modo è stata favorita e valorizzata la fruizione dei frammenti superstiti, aumentandone la comprensione e la corretta contestualizzazione.

Scansione 3D della statua di togato
parte del monumento sepolcrale a cuspide di Maccaretolo
Bologna, Museo Civico Archeologico


Le scansioni 3D dei tre elementi e la ricostruzione del monumento sono visibili ai seguenti link:
Statua Maccaretolo
Capitello Corinzio Maccaretolo
Monumento sepolcrale a cuspide da Maccaretolo
Voluta Maccaretolo

Il progetto del Museo Civico Medievale ha interessato la collezione dei materiali extraeuropei presentinella collezione di Pelagio Palagi.
L’attività ha previsto la verifica dei materiali conservati al museo, premessa fondamentale alla successiva attività di catalogazione e digitalizzazione. Tale verifica ha permesso di effettuare delle lievi integrazioni all’elenco dei materiali conosciuti e la contestuale
eliminazione di alcune opere non pertinenti perché di produzione europea. Il numero totale degli oggetti catalogati e digitalizzati è così risultato essere di 135.
Contestualmente si è svolta, sia presso la sede del museo che presso le Collezioni Comunali d’Arte, la campagna fotografica per un totale di 300 immagini acquisite.
Gli oggetti digitalizzati sono consultabili su PatER, il Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, al seguente link: https://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=48976.

Per il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna l’attività ha riguardato la Collezione Grafica.
Il patrimonio in carico al museo comprende una cospicua collezione di opere grafiche inventariate e in parte già catalogate. Si segnalano, tra le altre, opere di Davide Benati, Giuseppe Chiari, Pirro Cuniberti, Piero Manai, Plinio Mesciulam, Luciano Ori, Tullio Pericoli, Lamberto Pignotti, Sepo (Severo Pozzati), Adriano Spatola, Giuseppe Uncini, Claudio Verna, Grazia Varisco, Nanda Vigo e Jacques Villeglé. Il progetto è stato finalizzato a garantire la documentazione fotografica in digitale di 1.050 opere delle quali esisteva solo una datata riproduzione in bianco e nero. La campagna fotografica ha consentito di verificare dati e condizioni conservative di questo particolare nucleo, di aggiornare tutte le relative schede cartacee e di creare nuove schede catalografiche con il software Artview, anche ai fini di una prossima pubblicazione sul sito del museo. La consultazione è già possibile, su richiesta, per tutta l’utenza.

Per il Museo civico del Risorgimento il progetto ha interessato una parte della collezione di manifesti e bandi bolognesi, e in particolare i bandi emessi sotto l’Ancien Régime e quelli del periodo 1798-1828.
L’intera raccolta, finora non inventariata e solo parzialmente digitalizzata, comprende oltre 7.000 pezzi. Il progetto, suddiviso in due tranche, ha previsto di completare la digitalizzazione e soprattutto di realizzare l’inventario dei documenti della raccolta, e la loro pubblicazione- in corso di completamento – sul portale Storia e Memoria di Bologna.
La raccolta pubblicata documenta così la vita di Bologna sotto i diversi governi e nelle diverse fasi che si sono succedute, fino all’Unificazione: il dominio pontificio, il periodo rivoluzionario, l’epoca napoleonica, e la Restaurazione.
La raccolta è consultabile al seguente link: Manifesti, bandi e fogli volanti bolognesi 

Per il Museo del Patrimonio Industriale il progetto ha interessato l’Archivio Storico Aldini-Valeriani e il Fondo Calzoni.
Il museo che conserva l’eredità storica (oggetti, modelli, strumentazione scientifica, documentazione libraria e archivistica) della prima scuola tecnica bolognese, l’Aldini Valeriani, è la sede in cui i materiali dell’Istituto vengono non solo conservati, ma ancora interrogati e fatti oggetto di studi per restituire alla città una parte significativa della sua storia. In questi ultimi anni sono partite diverse campagne di ricerca e valorizzazione che stanno coinvolgendo le collezioni più antiche, ma anche la biblioteca storica, che è stata riordinata, ripulita e riposta in nuove scaffalature, e l’archivio, che è stato oggetto di due importanti tranche di intervento nell’ambito del progetto Restart.
La prima tranche ha indagato la stretta relazione tra i processi formativi di aggiornamento della cultura tecnica promossi dall’Aldini Valeriani e l’aggiornamento della struttura produttiva di Bologna, concretizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento in una vera e propria alleanza formativa tra aziende del territorio e scuola. Sono stati di conseguenza inventariati 9 faldoni per un totale di circa 9.000 pagine. Grazie ad un’ulteriore attività di verifica presso altri istituti cittadini (Archivio storico del Comune di Bologna e Biblioteca dell’Archiginnasio), la ricognizione si è allargata da 9 faldoni iniziali a 24.
Si è quindi proceduto con la digitalizzazione dei materiali appartenenti all’Archivio Storico Aldini Valeriani e al Fondo Calzoni del museo e dei materiali aggiuntivi rintracciati nei due istituti cittadini. Il totale delle scansioni e delle digitalizzazioni fotografiche effettuate è stato di 2.166.
La seconda tranche del progetto ha consentito la digitalizzazione, il riordino e la catalogazione dell’Archivio del Gabinetto Aldini, permettendo una dettagliata revisione dell’inventario redatto all’inizio degli anni ottanta del Novecento. Tali materiali saranno presto disponibili sulla piattaforma xDams, il portale digitale degli archivi della Regione Emilia-Romagna.
Dei circa 50.000 documenti di cui si stima sia composto l’intero Archivio, è stato riordinato e inventariato per la piattaforma xDams l’intero fondo e sono state descritte nel dettaglio le prime due serie archivistiche (Ex Gabinetto Aldini e Carte e corrispondenze d’ufficio) per un totale di 327 unità archivistiche; sono stati infine digitalizzati circa 2.000 documenti, andando così ad incrementare ulteriormente i materiali digitali già acquisiti nella prima fase del progetto.

Infine, per il Museo internazionale e biblioteca della musica il progetto ha previsto la valorizzazione dei manoscritti di musica di Gioachino Rossini, di musicisti del periodo napoleonico (Tommaso Marchesi, Giuseppe Pilotti, Francesco Sampieri, Ottavio Bossi) e di una parte della sezione Alunni, a partire dall’istituzione del Liceo Musicale fino all’ultimo anno di frequenza di Gioachino Rossini (1804-1810), tutti posseduti dal museo.
In totale sono stati catalogati e digitalizzati 121 manoscritti, per un totale di circa 7.000 scatti realizzati.
La catalogazione ha interessato il manoscritto nella sua interezza, nei casi in cui sia stata eseguita la digitalizzazione della sola partitura. Le notizie bibliografiche, in corso di completamento, sono state realizzate secondo i più recenti standard catalografici e sono confluite nel catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN). Il punto di accesso al catalogo (Opac) è consultabile alla pagina: OPAC SBN

Ogni scheda catalografica contiene il link alla digitalizzazione.
Le immagini digitali sono state inserite all’interno del database interno alla biblioteca denominato Gaspari On Line, ed integrate nella scheda descrittiva del singolo documento, già presente a catalogo. Il file PDF con l’elenco dettagliato dei manoscritti riprodotti sarà inserito, sotto apposita voce, nella pagina del catalogo Gaspari dedicata ai progetti di digitalizzazione, al link: Biblioteca online

All’interno del catalogo Gaspari la ricerca del singolo manoscritto digitalizzato è possibile attraverso il catalogo dei libri, mediante chiavi di ricerca come titolo, autore o collocazione; la maschera di ricerca è raggiungibile all’indirizzo della biblioteca di musica.



Informazioni
Settore Biblioteche e Welfare Culturale
www.bibliotechebologna.it
 
Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it

Ufficio Stampa / Press Office Settore Musei Civici Bologna
Tel. +39 051 6496658 / 051 2193469
ufficiostampabolognamusei@comune.bologna.it
Elisabetta Severino elisabetta.severino@comune.bologna.it ù
Silvia Tonelli silvia.tonelli@comune.bologna.it

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Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
X: @bolognamusei

Bologna, Palazzo Albergati: “ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie”. Più di una mostra

Mario Ricci, Per le corna, 2012, Olio su tela e legno laccato, 228×178 cm
Mario Consiglio, Osservatorio ideale (mucca), 2013 Resina, neon, cartone, muschio e acrilico, 136x208x62 cm Photo: Andrea Adriani
Sandro Gorra, Ballerina, 2023, Bronzo patinato, 100x180x100 cm

Il nuovo progetto presentato in anteprima mondiale da Arthemisia a Palazzo Albergati di Bologna “Animali Fantastici” è molto più di una mostra.
Rappresenta una nuova frontiera dell’intrattenimento, in cui si fondono animali, arte, magia, divertimento e sogno.
Il museo si trasforma in un immenso spazio aperto, in cui gli animali trovano il loro habitat ideale, accogliendo tutti, grandi e piccoli, esperti d’arte e curiosi.

Saranno oltre 90 gli animali che varcheranno la soglia magica di Palazzo Albergati, realizzati da 23 grandi artisti contemporanei.

È il primo zoo d’artista realizzato al mondo, privo di gabbie, senza distanze e animato da pitture, sculture e installazioni di animali di ogni specie; un superzoo che vedrà le sale nobili del Palazzo trasformarsi in un nuovo habitat museale, un safari pedonale dove le opere accompagnano il visitatore in una passeggiata dentro una favola, dove gli animali convivono nel più rispettoso degli ecosistemi artistici.

La mostra ANIMALI FANTASTICI. Il Giardino delle Meraviglie, ideata e curata da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, è prodotta ed organizzata da Arthemisia.

La mostra vede come media partner Radio Birikina e mobility partner Cotabo. Il catalogo è edito da Skira.


Hashtag e tag ufficiali
AnimaliFantasticiBologna
@arthemisiaarte
Sito
www.palazzoalbergati.com
www.arthemisia.it

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

Ginevra, ONU: L’arte italiana celebra i Diritti Umani al Palazzo delle Nazioni

Emilio Isgrò: Enciclopedia Treccani, Vol. nn. II (Dinastia), IX (Radici), XIX (Italia), 1970,
3 inchiostri su libro su scatola di legno e plexiglas, cm 60 x 112 x 40 cad.
Collezione Peruz. Ph. Courtesy Archivio Emilio Isgrò

Ginevra, Palazzo delle Nazioni

4 dicembre 2023 – 15 dicembre 2024

Mostra presentata dal Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con Associazione Genesi

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana

A cura di Ilaria Bernardi

Il 10 novembre del 1948, all’indomani della seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava e proclamava la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, uno dei più significativi, e attuali, documenti della storia recente del mondo.
75 anni dopo, dal 4 al 15 dicembre del 2023, l’Italia si fa promotrice, al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra, dell’importante mostra “Arte italiana e Diritti Umani”, a cura di Ilaria Bernardi, promossa dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione dell’Associazione milanese Genesi, che dal 2020 è impegnata nella difesa dei Diritti Umani attraverso l’arte contemporanea.

La mostra è inclusa della mostra nel quadro della campagna promossa dall’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) per il 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Allo scopo di porre in luce come l’arte italiana dal dopoguerra ad oggi abbia sotteso urgenti tematiche sociali, peraltro affini a quelle espresse dalla Dichiarazione, sono stati selezionati 16 artisti, italiani per nascita o naturalizzazione, di cui tre senior emersi negli anni Cinquanta e Sessanta, quindi dopo l’emanazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e tredici emersi negli ultimi trent’anni, quindi dopo l’emanazione La Dichiarazione e il Programma d’Azione di Vienna del 1993 che segnarono l’inizio di un rinnovato impegno per rafforzare e sviluppare l’insieme degli strumenti giuridici posti a tutela dei diritti umani, costruiti sin dal 1948 sulla base della Dichiarazione Universale.

Ad accogliere le opere dei 16 artisti selezionati sarà la grande sala di fronte alla Sala del Consiglio dei Diritti Umani. Ad ogni artista sarà dedicato uno spazio all’interno del quale sarà esposta una o due sue opere, corredate da un testo di approfondimento che le collega idealmente a un tema focale della Dichiarazione. La mostra delineerà così una narrazione per “capitoli” successivi (gli spazi dei singoli artisti) che nel loro insieme saranno capaci di ripercorrere i concetti chiave della Dichiarazione Universale

Al centro della Sala del Consiglio dei Diritti Umani saranno collocate le opere dei tre grandi maestri: la Venere degli stracci (1967) di Michelangelo Pistoletto, tre esemplari dell’Enciclopedia Treccani (1970) di Emilio Isgrò, e Atleti di Ercolano (1985) di Mimmo Jodice, che, se osservate oggi, sembrano rinviare idealmente a tematiche molto attuali quali la sostenibilità ambientale, il diritto all’istruzione e la tutela del patrimonio artistico.

Attorno a questo nucleo centrale, si snoderanno, l’uno accanto all’altro, gli ambienti dedicati agli artisti delle generazioni successive, le cui opere, in base ai temi ad esse intrinseci, verranno associate a un tema cardine della Dichiarazione.

Marinella Senatore: NUI SIMU [That’s Us], 2010,
video HD monocanale, stereo, colore, 15’ Courtesy l’artista, Riso – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, Palermo e La Biennale di Venezia, Venezia

Il video NUI SIMU [That’s Us] (2010) di Marinella Senatore realizzato attraverso la libera partecipazione di ex minatori di Enna, sarà utile per ricordare il diritto a un lavoro dignitoso, mentre l’opera They Will Say I Killed Them (2017-2018) di Danilo Correale, reinviando a sei film mai girati perché bloccati dalla censura, permetterà di approfondire il tema, già insito nell’opera partecipativa di Senatore, relativo al diritto di libertà di espressione.

Associata alla libertà di espressione e al contempo al tema dei diritti alla salute, sarà invece Still life (2023) di Irene Dionisio che riporta alle tragedie e all’isolamento del Covid e al ruolo suppletivo affidato in tale contesto alla dimensione digitale. Utili per ricordare il diritto alla salute saranno altresì On Walking (2017) e Alfabeto (2018) Rossella Biscotti che narrano di una complessa riabilitazione ottenuta anche grazie al progresso della tecnologia medica.

Ulteriore diritto fondamentale è quello a un ambiente sano e sostenibile, che permetta all’uomo un contatto diretto con la natura. A tale diritto saranno associate le Meridiane (2020) disegnate da Stefano Arienti seguendo le luci e le ombre create dal sole sulla carta, e En route to the South (2015) and En route to the South, learning to be nomadic (2017) di Elena Mazzi che affrontano il tema della agricoltura sostenibile con particolare attenzione all’apicoltura.

Senza titolo (2019-2021) di Francis Offman, sottendendo la questione della diaspora, della ricerca di radici e di identità, sarà invece efficace per parlare del diritto alla memoria.

La questione della condizione femminile, così importante nel mondo di oggi, sarà analizzata attraverso tre opere che sottendono all’ambiente domestico come possibile luogo della violenza: si tratta dell’istallazione Mirror no.12 (2021) di Silvia Giambrone (2021), nonché di Home Is Where You Leave Your Belt (2019) e di The Fire Bites (2019) di Monica Bonvicini.

Fondamentale è altresì il diritto all’infanzia che sarà trattato mediante due lavori: il video The Picture of Ourselves (2013) di Rä di Martino che ha per soggetto principale una bambina; e il dittico Self Portrait as my Mother on the Phone e Self Portrait as my Father on the Phone (2019) di Silvia Rosi che, immedesimandosi con i suoi genitori, cerca di riappropriarsi delle sue radici.

La mostra si concluderà con affondo sul diritto alla multiculturalità, al quale saranno associate le opere di due giovanissimi artisti: Observer les Ètoiles (2021) di Victor Fotso NyieNaître au monde, c’est concevoir (vivre) enfin le monde comme relationship #1 (2022), e Paysages Corporels – elle n’est pas déracinée di Binta Diaw.

“Questa è l’essenza della diplomazia culturale: utilizzare la nostra arte, la nostra cultura, il nostro patrimonio per esprimere un messaggio politico, a difesa dei nostri valori fondamentali. E con ottimismo e fiducia guardiamo alle generazioni più giovani, alla loro consapevolezza e determinazione, affinché la tutela dei diritti umani sia anche in futuro sempre più tenace e incisiva” (Alessandro De Pedys, Direttore Generale per la diplomazia pubblica e culturale).

“La mostra Italian Art and Human Rights ha un’elevata valenza artistico-curatoriale e un risvolto di estrema rilevanza internazionale per l’Italia. La scelta del progetto espositivo proposto dall’Italia per accompagnare il programma delle celebrazioni del 75° anniversario della Dichiarazione Universale dimostra infatti l’impegno e la sensibilità non solo dell’arte, ma anche delle istituzioni italiane a garanzia e difesa dei diritti umani” (Letizia Moratti, Presidente Associazione Genesi).

“Nella consapevolezza di non poter essere omnicomprensiva di tutti gli artisti italiani che si sono occupati di tematiche collegabili a quelle espresse dalla Dichiarazione Universale, la mostra Italian Art and Human Rights desidera delineare un racconto che, seppur parziale, riesca a toccare i temi cardine della Dichiarazione attraverso specifiche opere di importanti artisti italiani di differenti generazioni” (Ilaria Bernardi, curatrice della mostra).

Il coordinamento della mostra è affidato all’impresa culturale Suazes e a Silvana Editoriale che ne pubblicherà un’importante catalogo bilingue (ita/eng) curato da Ilaria Bernardi, riccamente illustrato e con testi dello storico Marcello Flores e della curatrice, oltre a testi istituzionali dell’Onorevole Ministro Antonio Tajani, del Direttore Generale per la diplomazia pubblica e culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Alessandro De Pedys, del Direttore Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Pasquale Ferrara, del Rappresentante Permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite Ambasciatore Vincenzo Grassi, della Presidente dell’Associazione Genesi Letizia Moratti.

Mimmo Jodice: “Atleti di Ercolano” – Museo Archeologico, Napoli, 1985,
(data del negativo: 1985; data della stampa: 1997).
Stampa Fine Art su su carta baritata Silver, cm 64,5 x 212,2. Collezione Renata Novarese.
Ph. Courtesy Paolo Pellion, Torino

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Venezia: David Seymour, una grande mostra a Palazzo Grimani

Venice, Italy, 1950 © David Seymour/Magnum Photos

“Tutto ciò di cui hai bisogno’, disse una volta mentre un noto fotografo parlava della psicologia dietro una delle sue foto, ‘è un po’ di fortuna e muscoli sufficienti per far scattare l’otturatore.’ Avrebbe potuto aggiungere: un buon occhio, un cuore e un fiuto per le notizie. Perché tutti questi erano evidenti nel suo lavoro”.

(Judith Fried su David Seymour)

Venezia , Museo di Palazzo Grimani 

6 dicembre 2023 – 17 marzo 2024

Mostra promossa dalla Direzione regionale Musei Veneto – Museo di Palazzo Grimani in collaborazione con Suazes.

Con il patrocinio dell’Ambasciata di Polonia a Roma.

A cura di Marco Minuz.

Molti non sanno che la celebre fotografia realizzata a Venezia che coglie l’approdo apparente del gondoliere alla stazione di rifornimento della Esso sul Canal Grande è stata realizzata da David Seymour nel 1950 in concomitanza di un progetto dedicato all’Europa del dopoguerra.

In quell’occasione il fotografo realizzò un importante reportage dedicato a Venezia caratterizzato da uno sguardo attento, curioso e a volte ironico. Scatti che ritraggono momenti di vita quotidiana o particolari specifici della città lagunare come gli onnipresenti pennuti dell’universo veneziano, i colombi.

È a David ‘Chim’ Seymour che il Museo di Palazzo Grimani (Direzione regionale Musei Veneto del Ministero della Cultura) dedica, dal 6 dicembre 2023 al 17 marzo 2024, il secondo appuntamento con i maggiori protagonisti della fotografia internazionale del Novecento e che hanno, nella loro carriera, scelto di interpretare quell’unicum che è rappresentato da Venezia.

Il progetto, promosso dalla Direzione regionale Musei Veneto – Museo di Palazzo Grimani in collaborazione con Suazes, ha debuttato lo scorso anno con la fortunata monografica su Inge Morath presentata con il titolo “Fotografare da Venezia in poi”, ammirata da oltre 30 mila persone.

“Questa mostra d’inserisce in una specifica progettualità che mira a far conoscere la produzione artistica di celebri maestri della fotografia e al contempo mostrare loro reportage dedicati alla città lagunare, esponendoli all’interno dei meravigliosi spazi di Palazzo Grimani”, anticipa il curatore Marco Minuz.

Nel caso di questa mostra dedicata a David Seymour saranno circa 200 i pezzi esposti tra fotografie, documenti, lettere e riviste d’epoca. Ad essere rappresentati nelle 150 immagini selezionate, collocate cronologicamente tra il 1936 e il 1956, saranno i più importanti reportage del fotografo polacco, come la Francia del 1936, la Guerra Civile spagnola, l’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, il progetto del 1948 intitolato “Children of War”, commissionato dall’UNICEF e dedicato agli orfani di guerra, Israele ed Egitto negli anni Cinquanta del secolo. A questi si aggiungono le serie Ritratti e Personalità, nonché il già menzionato nucleo di foto realizzare a Venezia.  

A completare la descrizione del “mondo” di Chim, una cinquantina di documenti, tra cui una sezione con alcuni documenti dedicati alla Maleta Mexicana, la celebre valigia messicana piena di tesori fotografici che si credevano perduti per sempre (riferiti alla guerra civile spagnola) e invece ritrovati con commozione e sorpresa a Parigi nel 1995 ed ora di proprietà dell’ICP di New York.

David Szymin nacque nel 1911 a Varsavia da una famiglia di editori che realizzavano opere in yiddish ed ebraico. La sua famiglia si trasferì in Russia allo scoppio della prima guerra mondiale per tornare successivamente a Varsavia nel 1919.

Dopo aver studiato stampa a Lipsia, chimica e fisica alla Sorbona negli anni Trenta, Szymin decise di rimanere a Parigi. David Rappaport, un amico di famiglia proprietario della celebre agenzia fotografica Rap, gli prestò una macchina fotografica. Uno dei primi servizi di Szymin, dedicato ai lavoratori notturni, registrava l’influenzata del lavoro di Brassaï “Paris de Nuit” del 1932. Szymin – o “Chim” – iniziò in questo periodo a lavorare come fotografo freelance. Dal 1934 i suoi reportage apparvero regolarmente su riviste illustrate come Paris-Soir e Regards. Attraverso Maria Eisner e la nuova agenzia fotografica Alliance, Chim incontrò Henri Cartier Bresson e Robert Capa.

Dal 1936 al 1938 Chim testimoniò la guerra civile spagnola e, dopo la sua conclusione, si recò in Messico con un gruppo di emigrati repubblicani spagnoli. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trasferisce a New York dove adottò il nome di David Seymour. Entrambi i suoi genitori furono uccisi dai nazisti. Seymour prestò servizio nell’esercito degli Stati Uniti dal 1942 al 1945 ottenendo una medaglia al merito per il suo lavoro nell’intelligence.

Nel 1947, insieme a Cartier-Bresson, Robert Capa, George Rodger e William Vandivert, fondò a New York l’agenzia Magnum Photos. L’anno successivo venne incaricato dall’UNICEF di fotografare i bambini europei bisognosi.

Continuò a fotografare avvenimenti importanti in Europa, star di Hollywood in location  europee e la nascita dello Stato di Israele.

Dopo la morte di Robert Capa nel 1954 divenne presidente di Magnum. Mantenne questo incarico fino al 10 novembre 1956, quando, viaggiando nei pressi del Canale di Suez per fotografare uno scambio di prigionieri, fu ucciso dal fuoco di una mitragliatrice egiziana.


Museo di Palazzo Grimani
Ramo Grimani, Castello 4858  30122 Venezia Tel. 041.241.1507
 
Orari:
martedì-domenica dalle 10.00 alle 19.00; ultimo ingresso ore 18.00.
lunedì chiuso
 
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
www.studioesseci.net
Referente Simone Raddi: simone@studioesseci.net
 
Direzione regionale Musei Veneto
Tel. 0412967611
Museo di Palazzo Grimani
Tel. 0412411507
drm-ven.grimani@cultura.gov.it

Roma, Piazza Albina: OPENBOX4 MITO-MORFOSI di Lucrezia Testa Iannilli e Alberto Timossi

A cura di AdA-Cultura
Testo di Daniela Gallavotti Cavallero

Domenica 3 dicembre 2023 inaugura il progetto OPEN BOX4 MITO-MORFOSI, alle ore 11.00 a Piazza Albina e a seguire nei Giardini di Sant’Alessio, con le installazioni di Lucrezia Testa Iannilli Alberto Timossi, accompagnato da un testo di Daniela Gallavotti Cavallero, a cura di AdA-Cultura, Daniela Gallavotti Cavallero, Alessandro Olivieri e Mara van Wees.

Con OPENBOX4 MITO-MORFOSI, si giunge alla quarta edizione di un progetto espositivo, ideato da AdA Associazione Amici dell’Aventino ETS e promosso in co-organizzazione con il Municipio Roma I Centro, che persegue le finalità statutarie di AdA di custodia e valorizzazione dei luoghi del colle. Un progetto pilota incentrato sul dialogo tra la scultura contemporanea e i giardini dell’Aventino, che vuole dare la possibilità agli artisti di esporre le proprie opere in un contesto paesaggistico e storico unico.

L’evento di quest’anno porta l’attenzione sul mito e sulla trasformazione, la metamorfosi. 

“Per la sua natura appartata e selvatica, ai margini dell’acropoli su cui è sorta Roma, l’Aventino è da sempre luogo del Mito. A cominciare dal re Aventino, figlio di Ercole e di una sacerdotessa di nome Rhea, il “bell’Aventino con il capo coperto da una pelle di leone”, come lo ricorda Virgilio nell’Eneide, ucciso e sepolto sul colle a cui avrebbe poi dato il nome. L’altura fu poi scelta da Remo per avvistare in cielo gli uccelli, da cui avrebbe voluto trarre gli auspici per la fondazione della sua Roma, e che furono invece l’inizio di un dissidio concluso nel fratricidio. La più terribile delle figure mitiche legate all’Aventino è Caco, che Dante ricorda nella Divina Commedia come un centauro. Era figlio di Vulcano e viveva nelle caverne che erodono la ripida scarpata del colle verso il Tevere: “Questi è Caco, che sotto il sasso di monte Aventino di sangue fece spesse volte laco”. Caco uccideva i pastori e faceva sparire con l’inganno i loro armenti, tirandoli nelle sue caverne per la coda, così che le loro orme sembrassero andare in direzione opposta.  Quando rubò il bestiame di Ercole l’eroe lo uccise. Con poche eccezioni, il mito affonda le sue radici nel sangue, nella sopraffazione, nella doppiezza dell’agire. Le storie leggendarie ambientate all’Aventino non fanno eccezione.  

I sentimenti forti, la violenza di quei modelli che sono anche alla base delle Metamorfosi di Ovidio sono del tutto estranei alla trascrizione moderna delle iconografie antiche che propone Lucrezia Testa Iannilli. I suoi centauri che appaiono tra gli alberi di piazza Albina, a volte nella sintesi uomo-cavallo, altre scorporando la forma umana e quella equina, inducono alla calma contemplazione senza tempo dell’età dell’oro. Nelle immagini esposte nel giardino di Sant’Alessio sembra di percepire il proposito ovidiano nel primo verso del suo poema, la rappresentazione del “mutamento di corpi in altri nuovi”: il levriero che pensa con il muso appoggiato alla “sua” mano e quello con arti umani, la ragazza con l’occhio di civetta, a mostrare come le anatomie possano accostarsi e fondersi senza cesure in una sorta di possibile riallestimento del repertorio naturale.

Anche gli interventi di Alberto Timossi nei due giardini dell’Aventino possono essere letti come un caso di trasformazione, non figurata e perciò meno scoperta. I suoi materiali vengono dal repertorio dell’edilizia moderna, sono grandi tubi rossi piegati o spezzati, che diventano pezzi anatomici, come gigantesche vene affioranti, e possono mettere in evidenza un interno scabro, irregolare, di grandi carotidi. In questo caso la metamorfosi è quella che subisce l’ambiente, che trapela ancora all’Aventino in piccoli  spazi nella sua primigenia forma agreste, a piazza Albina e nel giardino di Sant’Alessio, tutt’intorno lacerato dagli interventi dell’antropizzazione, violenti fino a esporre l’interno fuor di pelle.”
Testo di Daniela Gallavotti Cavallero


Per la sua natura appartata e selvatica, ai margini dell’acropoli su cui è sorta Roma, l’Aventino è da sempre luogo del Mito. A cominciare dal re Aventino, figlio di Ercole e di una sacerdotessa di nome Rhea, il “bell’Aventino con il capo coperto da una pelle di leone”, come lo ricorda Virgilio nell’Eneide, ucciso e sepolto sul colle a cui avrebbe poi dato il nome. L’altura fu poi scelta da Remo per avvistare in cielo gli uccelli, da cui avrebbe voluto trarre gli auspici per la fondazione della sua Roma, e che furono invece l’inizio di un dissidio concluso nel fratricidio. 

La più terribile delle figure mitiche legate all’Aventino è Caco, che Dante ricorda nella Divina Commedia come un centauro. Era figlio di Vulcano e viveva nelle caverne che erodono la ripida scarpata del colle verso il Tevere: “Questi è Caco, che sotto il sasso di monte Aventino di sangue fece spesse volte laco”. Caco uccideva i pastori e faceva sparire con l’inganno i loro armenti, tirandoli nelle sue caverne per la coda, così che le loro orme sembrassero andare in direzione opposta.  Quando rubò il bestiame di Ercole l’eroe lo uccise. 

Con poche eccezioni, il mito affonda le sue radici nel sangue, nella sopraffazione, nella doppiezza dell’agire. Le storie leggendarie ambientate all’Aventino non fanno eccezione. 

I sentimenti forti, la violenza di quei modelli che sono anche alla base delle Metamorfosi di Ovidio sono del tutto estranei alla trascrizione moderna delle iconografie antiche che propone Lucrezia Testa Iannilli. I  suoi centauri che appaiono tra gli  alberi di piazza Albina, a volte nella sintesi uomo-cavallo, altre scorporando la forma umana e quella equina, inducono alla calma contemplazione senza tempo dell’età dell’oro. Nelle immagini esposte nel giardino di Sant’Alessio sembra di percepire il proposito ovidiano nel primo verso del suo poema, la rappresentazione del “mutamento di corpi in altri nuovi”: il levriero che pensa con il muso appoggiato alla “sua” mano e quello con arti umani, la ragazza con l’occhio di civetta, a mostrare come le anatomie possano accostarsi e fondersi senza cesure in una sorta di possibile riallestimento del repertorio naturale.

Anche gli interventi di Alberto Timossi nei due giardini dell’Aventino possono essere letti come un caso di trasformazione, non figurata e perciò meno scoperta. I suoi materiali vengono dal repertorio dell’edilizia moderna, sono grandi tubi rossi piegati o spezzati, che diventano pezzi anatomici, come gigantesche vene affioranti, e possono mettere in evidenza un interno scabro, irregolare, di grandi carotidi. In questo caso la metamorfosi è quella che subisce l’ambiente, che trapela ancora all’Aventino in piccoli  spazi nella sua primigenia forma agreste, a piazza Albina e nel giardino di Sant’Alessio, tutt’intorno lacerato dagli interventi dell’antropizzazione, violenti fino a esporre l’interno fuor di pelle.


INFO

OPENBOX4 MITO-MORFOSI
Opere di Lucrezia Testa Iannilli e Alberto Timossi
Promosso da: Associazione Amici dell’Aventino ETS, Municipio Roma I Centro

A cura di AdA-Cultura, Daniela Gallavotti Cavallero / Alessandro Olivieri / Mara van Wees.
Testo di Daniela Gallavotti Cavallero

Inaugurazione 3 dicembre 2023
ore 11.00 Piazza Albina
a seguire Giardini di Sant’Alessio
Degustazione a cura di Casale del Giglio

Fino al 9 febbraio 2024 – Ingresso libero

Orari:
Giardini di Sant’Alessio: ore 9 / tramonto
Piazza Albina: aperto 24/7

AdA Associazione Amici dell’Aventino ETS
info@aventino.org

Ufficio stampa
Roberta Melasecca –
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart

Bologna e San Giovanni in Persiceto: Bologna pittrice | il Lungo Ottocento | 1796 – 1915

Alessandro Guardassoni (Bologna, 1819 – 1888)
Autoritratto tra il cavalletto e la macchina fotografica, 1859/60 ca.
Olio su tela – Bologna, Fondazione Gualandi a favore dei sordi

A cura di Roberto Martorelli e Isabella Stancari

1 dicembre 2023 – 17 marzo 2024
Bologna e San Giovanni in Persiceto, varie sedi

Promosso da Settore Musei Civici BolognaIn collaborazione con Comune di San Giovanni in Persiceto, Confcommercio Ascom Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Genus Bononiae

La direttrice del Settore Musei Civici Bologna, Eva Degl’Innocenti, è lieta di annunciare Bologna pittrice | il Lungo Ottocento | 1796 -1915, un esteso programma di attività – tra visite guidate, conferenze, laboratori e mostre temporanee – dedicate alla pittura bolognese dall’età napoleonica all’inizio della Grande Guerra, che si svolgerà tra Bologna e San Giovanni in Persiceto dal 1 dicembre 2023 al 17 marzo 2024.

Curata da Roberto Martorelli e Isabella Stancari, e realizzata in collaborazione con Comune di San Giovanni in PersicetoConfcommercio Ascom Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Genus Bononiae, l’iniziativa costituisce l’introduzione propedeutica alla rassegna La pittura a Bologna nel lungo Ottocento 1796 – 1915, che avrà luogo dal 21 marzo al 30 giugno 2024 come mostra diffusa su numerose sedi espositive, in cui sarà reso visibile al pubblico un ampio catalogo di opere, molte delle quali mai esposte prima, variegato per generi e temi rappresentati.

Il progetto espositivo, ideato e coordinato dal Museo civico del Risorgimento del Settore Musei Civici Bologna a partire dai tre album fotografici che documentano la produzione artistica e architettonica a Bologna nella seconda metà del XIX secolo donati da Raffaele Belluzzi (1839-1903), promotore del museo stesso e successivamente suo primo direttore, ha trovato l’adesione di numerosi enti, musei, gallerie, associazioni e studiosi da lungo tempo impegnati nella valorizzazione e nello studio del patrimonio artistico e culturale del XIX secolo conservato in ambito cittadino.

Dopo diversi decenni in cui la città di Bologna non dedica al tema una ricognizione monografica – risale al 1983 l’ultima occasione espositiva che ha consentito una lettura storicizzata di ampio respiro con la mostra Dall’Accademia al vero. La pittura a Bologna prima e dopo l’Unità curata da Renzo Grandi alla Galleria d’Arte Moderna – la mostra si prefigge l’ambizioso obiettivo di proporre con nuovo slancio interpretativo una visione complessiva sulla ricchezza e la complessità di questa fervida stagione pittorica, facendo il punto sulle nuove scoperte e ricostruzioni biografiche acquisite negli ultimi anni.

Con la fine del dominio pontificio e l’entrata nel Regno d’Italia, Bologna entra in un periodo tumultuoso ed estremamente complesso: i mutamenti urbanistici, sociali ed economici, l’avvio dell’industrializzazione, l’acuirsi delle lotte sociali e politiche, fino all’entrata in guerra nel 1915. Similmente agli altri centri urbani della nazione, questo susseguirsi di eventi si riflette anche nell’ambito della cultura e delle arti, favorendo un serrato confronto tra cultura d’accademia e avanguardia. Ancora oggi è forte la propensione a definire tout court la scuola artistica locale “accademica”, senza però mai andare oltre questa considerazione, che sebbene importante, non deve essere considerata esclusiva. E ciò porta a non valutare pienamente neppure il ruolo dell’Accademia di Belle Arti, che con i suoi Concorsi Curlandesi e Baruzzi, è stata tra i principali crocevia del confronto artistico nazionale.

Rodolfo Fantuzzi (Bologna, 1781 – Bologna, 1832)
Veduta di un castello di notte con luna in mezzo al quadro,
1809-1810 – Olio su cartone
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (Legato Valorani, 1853)

Nel corso del “Lungo Ottocento”, inoltre, in città si costituiscono istituti quali il Collegio Venturoli (1825), associazioni come la Francesco Francia (1894) o il Comitato per Bologna Storica e Artistica (1899), il movimento artistico dell’Aemilia Ars cresciuto intorno alla figura di Alfonso Rubbiani, altre gilde e cenacoli di minore durata: tutte occasioni per poter declinare il gusto contemporaneo. La Società protettrice delle Belle Arti con le sue esposizioni favorisce la vendita delle opere ai privati, non trascurabile incentivo per gli artisti a produrre opere meno accademiche, adatte ad un pubblico borghese e meno elitario. Tutto questo fervore artistico ed organizzativo si riflette anche in un impressionante numero di pubblicazioni periodiche e riviste d’arte, e aiuta lo sviluppo di una delle più importanti tipografie italiane dell’epoca – la Litografia Chappuis – con cui collaborano artisti del calibro di Marcello Dudovich.

Pelagio Palagi (Bologna, 1755 – Torino, 1860)
Leonida condanna Cleombroto, 1807-1810 ca. – Olio su tela
Bologna, Collezioni Comunali d’Arte (deposito MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Bologna, pur non avendo le dimensioni di altri grandi centri italiani (Milano, Roma, Torino, Genova), era – ieri come oggi – il crocevia geografico e culturale della penisola. Il 1888 è l’anno della svolta. Sotto il magistero carducciano, la città si candida di fatto al ruolo di capitale culturale della Terza Italia: le celebrazioni per l’ottavo centenario dell’Università e l’Esposizione Emiliana pongono Bologna al centro dell’attenzione nazionale, mostrando i progressi compiuti dalla città dopo l’Unità d’Italia. In questa prospettiva l’arte svolge un ruolo vitale, con il grandioso padiglione della Musica nei Giardini Margherita e con l’Esposizione delle Belle Arti in san Michele in Bosco. D’altra parte, gli artisti bolognesi non mancheranno di partecipare alle grandi esposizioni nazionali ed internazionali, svolgendo spesso un ruolo di primissimo piano, ricevendo commissioni da case regnanti, governi e famiglie di rilievo internazionale.

Bologna pittrice | il Lungo Ottocento | 1796 -1915 rappresenta dunque la prima espressione progettuale di un impegno sinergico che mira ad avvicinare alla cultura figurativa ottocentesca pubblici diversificati per fasce di età e interessi, promuovendo la conoscenza di figure, luoghi e raccolte legati, a vario titolo, a questa produzione artistica ampiamente testimoniata sul territorio.Il vasto affresco del clima e del gusto dell’epoca sarà delineato attraverso 3 mostre temporanee13 conferenze23 visite guidate1 rievocazione storica e 12 luoghi di un itinerario ottocentesco, riportando alla luce la valenza degli artisti più noti così come di taluni ingiustamente trascurati o dimenticati, per un incontro coinvolgente con il secolo che vide la formazione della coscienza unitaria del nostro paese accompagnarsi alla nascita della pittura moderna.

Il calendario completo degli appuntamenti è disponibile sui siti web www.museibologna.it e 
www.storiaememoriadibologna.it/ottocento.



Informazioni
Museo civico del Risorgimento
Piazza Carducci 5 | 40125 Bologna
Tel. + 39 051 225583
www.museibologna.it/risorgimento | www.storiaememoriadibologna.it/ottocento
museorisorgimento@comune.bologna.it
Facebook: Museo civico del Risorgimento – Certosa di Bologna
YouTube: Storia e Memoria di Bologna
Instagram: @certosadibolognaofficial
 
Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
X: @bolognamusei
 
Ufficio Stampa Settore Musei Civici Bologna
UfficioStampaBolognaMusei@comune.bologna.it
Silvia Tonelli – Tel. +39 051 2193469 – silvia.tonelli@comune.bologna.it
Elisabetta Severino – Tel. +39 051 6496658 – elisabetta.severino@comune.bologna.it

Roma, Plus Arte Puls: mostra collettiva IO SIAMO – Una riflessione collettiva sull’arte e la società

Allestimento – Foto: Alessandra Pedonesi

a cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi

Progetto promosso dall’Associazione Culturale in tempo

Plus Arte Puls
Viale G. Mazzini 1 – Roma

Fino al 2 dicembre 2023 è possibile visitare, presso Plus Arte Puls, la mostra IO SIAMO. Necessità di un’esperienza, promossa dall’Associazione Culturale in tempo di Roma, a cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi. Nel corso del finissage di sabato 2 dicembre, dalle ore 17.30 alle ore 20.00, gli artisti dialogheranno con i visitatori interessati alla loro opera sui temi proposti dall’iniziativa e in relazione alla loro ricerca.

Il progetto da cui nasce la mostra è il risultato di una riflessione sui mutamenti epocali che connota l’Associazione. Mutamenti che impongono grandi domande sulla condizione umana, sulla vita e, non per ultimo, sulla creatività e l’arte. In questa direzione, tra difficoltà e slanci, si è sempre mossa l’esperienza associativa, ormai quasi quindicinale, che afferma la necessità dell’arte e la sua funzione come processo creativo dell’essere che, attraverso l‘intelligenza della mano che sente e pensa, si esprime generando l’opera. Un processo che origina da una soggettività che oggi nella propria indicibile interiorità è capace di captare il senso e tradurre quei sintomi non verbalizzabili del disagio del vivere contemporaneo. Un cercare interiore, dove l’inconsapevolezza svolge un ruolo centrale e orientativo.

Al contrario, l’intelligenza artificiale, che può solo simulare e non generare, quando si sostituisce al processo creativo dell’essere, minaccia il binomio insostituibile di arte e umano, pena la perdita dell’identità. Con questo progetto l’Associazione intende dichiarare la priorità della difesa dei fondamentali della nostra specie e la sacralità dell’essere di cui l’arte è custode. Per questa ragione, gli artisti protagonisti del percorso Io siamo si autodefiniscono artisti dell’aura, riferendosi a Benjamin, per sottolineare quel quid imponderabile e unico che è l’opera.

Allestimento – Foto: Alessandra Pedonesi

Le opere esposte sono state realizzate durante il percorso durato un anno, scandito da incontri che ha visto l’Associazione con i propri artisti, volta per volta protagonisti, in un dialogo entusiasmante, non facile, nell’identificare nuovi parametri, oltre quelli canonici di lettura dell’opera che ormai hanno perso senso e valore. Al progetto hanno partecipato e dato il loro contributo in catalogo: Ennio Calabria – presidente onorario dell’Associazione, Rita Pedonesi – presidente, Ida Mitrano, Tiziana Caroselli, Danilo Maestosi e Carla Mazzoni. In catalogo figurano anche brevi riflessioni degli artisti. 

Venti gli artisti dell’Associazione partecipanti: Anna Addamiano, Patrizia Borrelli, Ennio Calabria, Antonella Catini, Stefano Ciotti, Giovambattista Cuocolo, Dario Falasca, Carlo Frisardi, Simonetta Gagliano, Giuseppe Indaimo, Ana Maria Laurent, Danilo Maestosi, Lina Passalacqua, Alessandra Pedonesi, Stefano Piali, Marilisa Pizzorno, Nino Pollini, Vinicio Prizia, Rasta Safari, Nicola Santarelli. 


IO SIAMO
Necessità di un’esperienza

A cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi
Promosso da: Associazione Culturale in tempo
In collaborazione con Plus Arte Puls
Media Partner: associazione culturale blowart

Inaugurazione 23 novembre 2023 ore 18.00
Plus Arte Puls
Viale G. Mazzini 1 – Roma
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Fino al 3 dicembre 2023

Orari: lunedì ore 16.00 – 19,30; da martedì a sabato 11.00-13.00 / 16.00 -19.30; domenica 11.00 -13.00 
Associazione in tempo
intempo@live.it

Comunicazione
Roberta Melasecca
associazione culturale blowart – Melasecca PressOffice – interno14next

roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it

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Leonella Masella alla Rocca di Umbertide (PG): una riflessione su rifiuti e industrializzazione 

Leonella Masella 
Dei in terra – studio per inferno

A cura di Enzo Francesco Testa
Testi critici di Helia Hamedani e Annamaria Corbi

Finissage 3 dicembre 2023
ore 10.30-12.30 / 16.30-18.30

Rocca di Umbertide – Centro per l’Arte Contemporanea 
Via Guidalotti 14 – Umbertide (PG)

Fino al 3 dicembre 2023, presso gli spazi della Rocca di Umbertide – Centro per l’Arte Contemporanea, è possibile visitare la mostra Dei in terra – studio per inferno di Leonella Masella a cura di Enzo Francesco Testa, con i testi critici di Helia Hamedani e Annamaria Corbi e i testi in catalogo di Ferruccio Ulivi, Carla Guidi, Annamaria Corbi, Marina DeCataldo, Adelinda Allegretti, Silvia Litardi, Simona Antonacci, Helia Hamedani, Laura De Luca.

Durante il finissage del 3 dicembre sarà presente l’artista che illustrerà il processo del suo lavoro. 

Il progetto espositivo si avvale del patrocinio della Regione Umbria, del Comune di Umbertide, del Comune di Santa Maria Tiberina, del Comune di Città di Castello e de La Casa degli Artisti di Perugia

Come scrive Helia Hamedani: <<La mostra personale di Leonella Masella presenta una vasta raccolta delle opere dell’artista degli ultimi decenni. Le opere dell’esposizione parlano di guerre e migrazioni, della trasformazione delle città e dei labirinti nel tempo spazio. La poetica del lavoro dell’artista è complessa e stratificata come la sua esperienza vissuta da curiosa viaggiatrice e responsabile essere umano nel mondo contemporaneo. […] Ispirandosi, già da tanti anni, a William Morris, Leonella riflette sul processo di sviluppo nell’epoca moderna e le conseguenze dell’industrializzazione. Nasce da qui anche la sua riflessione sul problema dei rifiuti, tanto che per denunciare la perdita di creatività e la dignità dell’essere umano come lavoratore, usa i rifiuti industriali come materia del suo lavoro artistico. Così, per guidarci verso le altre possibilità, creare dei mondi immaginari tra finzione e realtà>>.

E continua ancora Hamedani: <<Questa mostra racconta le storie dell’evoluzione dell’uomo moderno ma anche le possibilità della salvezza che Masella con la sua vivace fantasia e a volte con saporito umorismo, ci dimostra attraverso molteplici linguaggi. Queste opere, nonostante testimonino le complesse atrocità del mondo attuale, aprono altre finestre alla consapevolezza umana>>. Infatti vi è in esse, come delinea Annamaria Corbi nel suo testo Il Paradiso non era possibile, <<il senso di solitudine che riposa nei paesaggi di tante aree metropolitane contemporanee; vi è adombrato un sentimento, di per sé contraddittorio, quasi di amore e repulsione, per una scienza che, con le sue tecnologie avanzate, ischeletrisce, e quasi denuda di ogni vitalità, le grandi conquiste avvenute in passato, lasciando a vista un futuro onirico, lo spettro di una realtà chimerica […] Leonella Masella mette in campo la convinzione del coesistere nell’arte contemporanea di tante realtà che, seppur diverse, sono compatibili le une alle altre, affacciate tutte su un orizzonte che, a tratti, seppur si oscura, incessantemente, risorge novello a indicare nuove vie e nuove esperienze>>. 

Allestimento

Leonella Masella – Note biografiche

Leonella Masella. Nata a Taranto, trascorre l’infanzia e l’adolescenza fra Italia e varie località estere in Europa, Asia, ed Estremo Oriente. Si laurea in Scienze politiche e lavora per le Nazioni Unite in paesi difficili come Mozambico, Sudan, Cambogia, Angola, a stretto contatto con i drammatici problemi di popolazioni in lotta non tanto per lo sviluppo quanto per la stessa sopravvivenza. Dal 1990 al 1995 ha vissuto e lavorato in Namibia dove nel 1993 ha iniziato la sua formazione accademica in materia artistica conseguendo nel 2001 il Diploma di Laurea Triennale in Arti Visive e Storia dell’Arte (Intermediate Degree Certificate) presso la Facoltà dell’Università del Sudafrica, Pretoria (UNISA). Dal 1989 al 2000 segue corsi di tecniche di incisione e stampa, di pittura e disegno in Italia e all’estero. Nel 2003 vince il Premio della Critica al Concorso Internazionale ESPOARTE, ARTEAM, Albissola Marina (SV) Nel 2014 il Premio della Critica alla Biennale d’Arte Contemporanea Anagni- Frosinone (FR). Tra le mostre recenti: 2022 Fontane – installazione permanente sulla Terrazza del Nuovo Mercato Trionfale, Roma;  2021 Stati d’Arte V Edizione collettiva Villa Fidelia, Spello (PG); 2021 Maker Faire Rome, The Europea Edition (IX Edizione) – Gazometro Ostiense, Roma; 2021 Drap Art, Barcellona, Spagna; 2021 Riscarti Festival, Terrazza del Nuovo Mercato Trionfale, Roma; 2021 Miami New Media Festival (MNMF) DorCAM Doral Contemporary Art Museum, Miami, Florida, USA; 2021 Hortus conclusus – Museo diffuso Acqualagna (PU); 2020 I Edizione Festival del tempo – Sermoneta, LT; 2019 Miami New Media Festival (MNMF) DorCAM Doral Contemporary Art Museum, Miami, Florida, USA 2019 Macro Asilo 22-23 ottobre, Roma; 2018 Stend/Art – 27 Stendardi d’artista sotto i Portici di Piazza Vittorio, Roma- collettiva di Arco di Gallieno; 2018 Bestiario – Nuovo Mercato Esquilino, Padiglione Merci varie, Roma; 2017 Fontane al Mercato Esquilino Piazzetta Centrale del Nuovo Mercato Esquilino per il Natale di Roma. (www.leonellamasella.com)


INFO

Leonella Masella
Dei in terra – studio per inferno
A cura di Enzo Francesco Testa
Testi critici di Helia Hamedani e Annamaria Corbi
Testi in catalogo di Ferruccio Ulivi, Carla Guidi, Annamaria Corbi, Marina DeCataldo, Adelinda Allegretti, Silvia Litardi, Simona Antonacci, Helia Hamedani, Laura De Luca
Con il patrocinio di: Regione Umbria, Comune di Umbertide, Comune di Santa Maria Tiberina, Comune di Città di Castello, La Casa degli Artisti di Perugia
Thanks to: Bar Centrale, Gardenumbria, Rasagnolo

Inaugurazione 12 novembre 2023 ore 11.30

Rocca di Umbertide – Centro per l’Arte Contemporanea
Via Guidalotti 14 – Umbertide (PG)
Fino al 3 dicembre 2023
Orari: martedì 16.30 – 18.30, mercoledì 10.30-12.30, giovedì 16.30-17.30, venerdì, sabato, domenica 10.30-12.30 / 16.30-18.30; lunedì chiuso – ingresso libero e gratuito

Ufficio stampa
Roberta Melasecca –
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart
tel 349 494 5612 – roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it