Kandinsky e Il Cavaliere Azzurro: “Il cavallo porta il cavaliere, ma il cavaliere guida il cavallo”

di Sergio Bertolami

33 – Der Blaue Reiter di Wassily Kandinsky e Franz Marc

Il Cavaliere Azzurro – questa è la traduzione di Der Blaue Reiter – richiama alla memoria un quadro che porta lo stesso titolo, un olio su tela di 50×60 centimetri, dipinto di Wassily Kandinsky nel 1903. Due anni prima della fondazione della Brücke. All’epoca Wassily ha 37 anni e da sette si è trasferito a Monaco da Mosca. È un giovane maturo, deciso a intraprendere la strada della pittura, studiando arte all’Akademie der Bildenden Künste, consapevole di rinunciare alla sua laurea in giurisprudenza, all’offerta d’insegnare materie giuridiche all’Università di Dorpat in Estonia e a una promettente carriera di avvocato. Il 1903 è un anno particolare, perché conosce una giovane artista che è anche una sua alunna, Gabriele Münter, e per lei divorzierà dalla moglie, sua cugina Anna Chimyakina, più grande di sette anni, conosciuta all’Università. Soprattutto in quell’anno particolare realizza quel dipinto divenuto un’icona dell’arte moderna. In origine è chiamato semplicemente Der Reiter (Il Cavaliere), ma verrà ribattezzato per sottolineare l’aspetto premonitore e inconscio che prelude alla nascita di uno dei maggiori movimenti d’avanguardia europei. Raffigura un misterioso messaggero coperto di mantello e cappuccio azzurro, al galoppo su di un cavallo bianco, mentre attraversa un prato verdissimo che ha per sfondo una foresta di betulle e monti in lontananza del medesimo azzurro. C’è chi scrive che il dipinto di per sé non significa niente, ma ha rappresentato un’importante pietra miliare nella transizione artistica di Kandinsky dall’impressionismo (la cui matrice è evidente in quest’opera) all’arte astratta. Giudizio incauto, visto che Kandinsky, dei cavalieri, ha fatto un tema dominante della sua opera iniziale. Problema dei critici è che, con Kandinsky, non possono inventare niente, perché è un pittore che usa anche scrivere, e molto bene: «Con gli anni ho imparato che il lavoro con il batticuore, un senso di oppressione al petto e di angoscia in tutto il corpo, con dolori intercostali, non basta. Può salvare l’artista, ma non la sua opera. Il cavallo porta il cavaliere con forza e velocità, ma il cavaliere guida il cavallo. Il talento trascina l’artista con forza e rapidità verso grandi altezze, ma l’artista conduce il suo talento». Il cavallo rappresenta il talento di Kandinsky, dunque, e Kandinsky il san Giorgio del Novecento. Questo per sua ammissione, scritto nero su bianco in Regard sur le passé (Sguardi sul passato, 1913) dove raccoglie le immagini del proprio mondo autobiografico e immaginativo. La sua memoria, asserisce, è composta soprattutto di colori; della sua stessa infanzia ricorda particolarmente i colori che, con il tempo, hanno preso il posto degli oggetti le cui immagini tendono a sbiadirsi: «I primi colori che mi fecero grande impressione sono il verde chiaro e brillante, il bianco, il rosso carminio, il nero e il giallo ocra. Avevo allora tre anni. Quei colori appartenevano a oggetti che non rivedo più chiaramente, come rivedo, invece, i colori».

Wassily Kandinsky, Il cavaliere azzurro, 1903

Il Cavaliere Azzurro è anche il nome del gruppo artistico nato nel 1911 dalla sua fervida fantasia, e che aggiunge, da quel momento in poi, una tessera significativa all’Espressionismo tedesco. Perché le premesse ideologiche del movimento, che si proponeva di comunicare in modo immediato stati d’animo e sentimenti, erano già state chiarite da Kirchner nel manifesto del 1905. Ma ora, accanto all’Espressionismo psicologico della Brücke (Il Ponte) – rimasto soltanto un fenomeno tedesco col suo linguaggio aspro e contestatario incentrato sulla deformazione dell’immagine per evidenziare gli aspetti esecrabili della realtà – si affermerà l’Espressionismo astratto del Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro). La diffusione sarà internazionale. E dire che il nome è una trovata di Franz Marc e Kandinsky, come racconta lui stesso, mentre sedevano a un tavolino del caffè-giardino di Sindelsdorf: «Entrambi amavamo l’azzurro, Marc i cavalli, io i cavalieri. Così il nome venne da sé». Secondo Kandinsky, l’emblema del Cavaliere Azzurro, folgorazione casuale durante quella conversazione con Marc, potrebbe essere visto come una sorta di programma breve – come breve e misurato era il manifesto xilografico di Kirchner per Die Brücke – un programma rappresentato dal colore azzurro (che è come un blu cosmico che tende ai toni più chiari) in connessione con la quieta naturalezza del cavallo e il dinamico incalzare del cavaliere per attraversare il confine. Quel confine che finora ha separato le arti, dal momento che uno degli sforzi più importanti di Kandinsky è trasmettere l’idea che l’arte è sinestetica, trascende cioè i confini tra le sue varie forme. L’idea di sinestesia non è distante da tutti noi; viene espressa inconsapevolmente nel linguaggio quotidiano quando ci riferiamo ad uno “sguardo silenzioso”, a un “dolce suono”, una “luce calda o fredda”, quando dinanzi ad un quadro affermiamo di “sentire il colore” o ascoltando una musica di “vedere lo stormire delle fronde o il gorgogliare di un ruscello”. Nello stesso modo, il colore può avere un timbro, così come una musica può avere un tono.

Citazione di Eugène Delacroix

In che modo spiegare tutto questo, e tanto altro ancora, al pubblico di una mostra? Aspettare che un critico lo faccia interpretando un artista? «La maggior parte dei testi sull’arte sono scritti da persone che non sono affatto degli artisti, quindi tutti i termini e i giudizi sono sbagliati». La citazione perentoria, del pittore romantico Eugène Delacroix, campeggia isolata in una pagina dell’Almanacco del Cavaliere Azzurro. Suona come protesta contro tutta la critica d’arte del tempo e sembra volere uccidere la ricerca storico-artistica. La misura di tutte le cose, secondo il gruppo del nuovo movimento Der Blaue Reiter, non è nelle osservazioni di presunti esperti, bensì nelle mani stesse degli artisti. La nota di biasimo è rafforzata da una litografia che mostra San Giorgio a cavallo, mentre conficca la sua lancia nella gola del drago. Cavalieri cristiani e figure equestri occupano buona parte delle illustrazioni del volume. L’innamoramento per questi temi rappresenta in Kandinsky la strada verso una vita semplice, non convenzionale, in armonia con la natura e il mondo rurale, quello dell’Alta Baviera.

Wassily Kandinsky, Ritratto di Gabriele Münter, 1903

La storia inizia nel 1908, quando Kandinsky e Gabriele Münter, che fanno coppia ma non sono sposati, incontrano, durante le vacanze a Murnau, Marianne von Werefkin e Alexej von Jawlensky, anche loro legati da un “matrimonio selvaggio”. L’anno successivo, Gabriele decide di acquistare una casa a Murnau, ancora oggi esistente, fra le cui mura trascorrere, lei e Wassily, soprattutto le estati, tornandoci ogni anno fino al 1914. La soluzione va intesa come una scelta di vita, che influenzerà tutto il periodo immediatamente precedente lo scoppio della guerra. Esprime nello stesso tempo amore per la natura e critica verso le costrizioni della città, ma rappresenta anche la volontà di provare a sperimentare una stabile esistenza affettiva. In dodici anni, trascorsi insieme, i due non arriveranno mai al matrimonio. Annota Wassily: «Il carattere di Gabriele non poteva andare d’accordo con il mio … e io non ero disposto a fare concessioni». L’interesse di Kandinsky e Münter per l’arte popolare, in particolare per la pittura su vetro dell’Alta Baviera, è comunque un momento di visione comune. Scaturisce dal convincimento che tutte le arti debbano condividere uguali diritti, come è possibile riscontrare dai documenti pubblicati più tardi nell’Almanacco.

La casa di Gabriele Münter a Murnau, la cosiddetta “Casa Russa”.

L’amicizia tra Gabriele Münter e Marianne Werefkin, come tra Alexej von Jawlensky e Wassily Kandinsky produrrà anche una collaborazione artistica e una reciproca influenza. Anzitutto nella rappresentazione del luminoso paesaggio lacustre dell’Alta Baviera, dominato dalla catena alpina, reso attraverso il trattamento del colore luminoso, brillante e acceso, con superfici a spatola di chiaro dinamismo. Gabriele Münter descrive questa ricerca come un passaggio «dal dipingere la natura – più o meno impressionista – al sentire un contenuto – all’astrarre – nel senso di dare un estratto» di quel contenuto. È questo un concetto nevralgico. Sotto l’impulso di Kandinsky il gruppo di amici intende intraprendere nuove vie espressive, verso la creazione di spazi immateriali, verso l’astrazione lirica e fantastica della realtà. Così i quattro, nel 1909, insieme a Adolf Erbslöh, Oscar Wittenstein, Alexander Kanoldt, Hermann Schlittge, Alfred Kubin, e molti altri, danno vita all’associazione Neue Künstlervereinigung München (NKVM, ovvero Nuova associazione di artisti di Monaco), della quale Wassily Kandinsky, viene eletto presidente. Già prima di organizzare le mostre del 1909 e del 1910, introduce nello statuto della NKVM la cosiddetta “clausola dei quattro metri quadrati”, scaturita da una discussione col pittore Charles Johann Palmié: «Ogni membro titolare ha il diritto di esporre due opere, non soggette al giudizio della giuria, purché non superino una superficie totale di 4 metri quadrati».

Wassily Kandinsky, Murnau: case sull’Obermarkt, 1908 

All’interno dell’associazione monacense, tuttavia, non si respira un’aria tranquilla. Si creano dubbi e disaccordi, perché la maggior parte dei membri non approva la progressiva tendenza all’astrazione manifestata da Kandinsky. Quando le forze conservatrici della NKVM scatenano la loro aperta opposizione verso la pittura sempre più irreale di Kandinsky, richiedendo opere «più comprensibili», il pittore a gennaio del 1911 lascia la presidenza. Gli subentrano prima Erbslöh poi Franz Marc. Gli attacchi nell’ambiente rimangono violenti: «O si suppone che la maggior parte dei membri e degli ospiti dell’associazione sia inguaribilmente malata di mente, o si ha a che fare con degli impudenti bluffatori, che non ignorano la necessità di sensazionalismo dei nostri tempi, cercando solo di sfruttare la situazione». La scissione si verifica quando in preparazione della terza esposizione, verso la fine del 1911, il quadro di Kandinsky intitolato Composizione VGiudizio Universale, è respinto adducendo il pretesto che la somma delle misure delle opere che il pittore vorrebbe presentare supera le prescrizioni dello statuto. Kandinsky lascia l’associazione, e Franz Marc, Alfred Kubin, Gabriele Münter escono con lui per formare il nucleo centrale del Blaue Reiter.

Wassily Kandinsky, Primo acquerello astratto, 1910

Qualche mese prima, per l’esattezza il 19 giugno 1911, Wassily Kandinsky in una lettera a Franz Marc aveva menzionato per la prima volta l’idea di una pubblicazione da eseguire insieme. Non poteva immaginare che un anno dopo avrebbero avviato quella che immaginavano come una serie di volumi intestati Almanach Der Blaue Reiter. In verità, la serie si ridurrà ad un numero unico, il quale però è diventato così famoso da essere considerato uno dei più importanti scritti programmatici dell’arte del XX secolo. «Beh, ho un nuovo programma», riferisce Kandinsky nella lettera a Marc. «Piper sarà la casa editrice e noi due dovremmo essere i curatori. Una sorta di Almanacco annuale con riproduzioni e articoli soltanto di artisti. […] Il volume dovrà rispecchiare l’intero anno, e una catena rivolta al passato e una orientata al futuro dovrebbero dare vita a questa specie di specchio. […] Presenteremo i burattini egiziani delle ombre accanto a uno scarabocchio infantile, un disegno ad inchiostro cinese accanto a Rousseau il doganiere, un giornale popolare accanto a Picasso, e molto altro! A poco a poco diventeremo letterati e musicisti. Il volume potrebbe intitolarsi Die Kette (La catena) o qualcosa di simile».

Wassily Kandinsky, Composizione V (Giudizio Universale), 1911

In questa bozza di progetto, Kandinsky precorre l’idea di mettere uno accanto all’altro artisti di differenti paesi ed espone il principio fondamentale del libro: la giustapposizione comparativa di opere d’arte afferenti a culture, geografie ed epoche diverse, una combinazione di arte elitaria e arte popolare, senza dimenticare le sculture del Camerun, del Messico o della Nuova Caledonia oppure la pittura europea sia antica che moderna. Una bozza di progetto che troverà riscontro nella pubblicazione del 1912, con sedici testi, 141 illustrazioni e tre spartiti musicali. Un esempio concreto del nuovo canone artistico. Contemporaneamente al volume d’arte, Kandinsky e Marc organizzano in tutta fretta la loro prima mostra. Dal 1910, Franz Marc e Maria Franck (che sposerà l’anno seguente) vivevano insieme a Sindelsdorf, a 15 chilometri da Murnau. Per cui tutti questi preparativi hanno sede nella casa di Murnau di Gabriele Münter, dove si intessono stimolanti discussioni per tutto l’autunno del 1911, fra Wassily e Franz, Maria e Gabriele, nonché altri artisti loro amici, come Heinrich Campendonk e i cugini August e Helmuth Macke.

Prima mostra Der Blaue Reiter alla Galleria Thannhauser, Monaco di Baviera, 1911, foto di Gabriele Münter
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Il 18 dicembre 1911 puntualmente la mostra è presentata nella Galleria Thannhauser col titolo di Prima mostra degli editori del “Blaue Reiter”. L’Almanacco, invece, è pubblicato a Monaco di Baviera a maggio del 1912, destinato esclusivamente dagli artisti che lo hanno redatto agli artisti e ai cultori illuminati che lo leggeranno. Vi compaiono saggi di Marc, Kandinsky e Macke e, in chiusura, spartiti musicali di Scriabin e Schoenberg. Accompagnano i testi, riproduzioni di dipinti e illustrazioni di maestri come El Greco, Van Gogh, Matisse, Picasso, Rousseau, non manca il gruppo della Brücke con Kirchner ed Heckel e chiaramente il gruppo del Blaue Reiter. Immagini che si confrontano con xilografie, intagli e arazzi medievali, dipinti dell’arte vetraria bavarese, ombre egizie, bronzi del Benin e disegni fanciulleschi, manufatti realizzati fuori d’Europa, provenienti dall’America Latina, dall’Alaska, dal Giappone e dall’Africa. Una manifestazione imponente e straordinaria di cultura aperta e tollerante, resa ancora più eccezionale se si pensa che solo due anni più tardi il mondo sarà lacerato con l’esplosione della Prima guerra mondiale. La prima edizione raggiunge le 1200 copie e va esaurita in breve tempo. Cosicché proprio in quell’anno tragico 1914, l’editore Richard Piper pubblica una seconda edizione dell’opera, esattamente identica alla prima.

Copertina dell’Almanacco del cavaliere azzurro pubblicato nel 1912

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

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